Language of document : ECLI:EU:T:2009:312

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

8 settembre 2009 (*)

«Aiuti di Stato – Settore dell’energia – Aiuti all’investimento per la realizzazione di una rete di teleriscaldamento – Decisione che dichiara l’aiuto compatibile con il mercato comune – Obbligo per l’impresa beneficiaria del previo rimborso di precedenti aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili – Nozione di unità economica»

Nella causa T‑303/05,

ACEAElectrabel Produzione SpA, con sede in Roma, rappresentata dagli avv.ti L. Radicati di Brozolo, M. Merola, C. Bazoli e F. D’Alessandri,

ricorrente,

sostenuta da

Electrabel, con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dagli avv.ti L. Radicati di Brozolo, M. Merola, C. Bazoli,

interveniente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci e dalla sig.ra E. Righini, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 16 marzo 2005, 2006/598/CE, relativa all’aiuto di Stato che l’Italia – Regione Lazio – intende concedere per la riduzione dell’emissione di gas a effetto serra (GU 2006, L 244, pag. 8),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dalla sig.ra V. Tiili, presidente, dal sig. F. Dehousse (relatore) e dalla sig.ra I. Wiszniewska‑Białecka, giudice,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 dicembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La ricorrente, ACEAElectrabel Produzione SpA (in prosieguo: la «ricorrente») è una società di produzione di energia elettrica, controllata dall’ACEAElectrabel Holding SpA (in prosieguo: la «ACEAElectrabel»), una joint venture creata dalla ACEA SpA (in prosieguo: la «ACEA») e dall’Electrabel SA (in prosieguo: la «Electrabel») per operare nel settore dell’energia elettrica e del gas. Gli accordi di costituzione dell’ACEAElectrabel prevedevano che l’ACEA trasferisse alla ricorrente due impianti di produzione termoelettrici e cinque centrali idroelettriche, laddove l’Electrabel avrebbe conferito una serie di progetti per la costruzione di impianti.

2        In data 28 gennaio 2002, la Repubblica italiana notificava alla Commissione, a termini dell’art. 88, n. 3, CE, due progetti di aiuto all’investimento riguardanti, il primo, la costruzione di una rete di teleriscaldamento sul territorio di Torrino‑Mezzocammino (in prosieguo: il «provvedimento di cui trattasi») e, il secondo, la costruzione di una nuova centrale eolica.

3        Con lettera 13 maggio 2003, la Commissione notificava alla Repubblica italiana la propria decisione con cui riteneva l’aiuto compatibile quanto al secondo progetto ed avviava, riguardo al provvedimento di cui trattasi, il procedimento di indagine formale previsto dall’art. 88, n. 2, CE. La Commissione invitava le parti interessate a presentare proprie osservazioni al riguardo (GU 2003, C 188, pag. 8).

4        L’ACEA, beneficiaria dell’aiuto, presentava le proprie osservazioni l’8 settembre 2003. La Repubblica italiana presentava le proprie osservazioni in data 23 luglio 2003, 18 marzo e 29 aprile 2004.

5        Il 26 marzo 2005 la Commissione emanava la decisione 2006/598/CE, relativa all’aiuto di Stato che l’Italia – Regione Lazio – intende concedere per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (GU 2006, L 244, pag. 8; in prosieguo la «decisione impugnata»).

 La decisione impugnata

6        Il provvedimento di cui trattasi riguarda una rete di teleriscaldamento situata nel comprensorio di Torrino-Mezzocammino, nei pressi di Roma, destinata ad essere alimentata dall’energia prodotta da una centrale di cogenerazione, parzialmente modernizzata e convertita, che fornirà il riscaldamento ad un nuovo quartiere. I costi di investimento del progetto ammontano a EUR 9 500 000 e l’aiuto a EUR 3 800 000 (v. ‘considerando’ 5 e 6 della decisione impugnata).

7        A termini del ‘considerando’ 8 della decisione impugnata, beneficiaria del provvedimento di cui trattasi era l’ACEA, l’ex azienda municipalizzata di Roma. A seguito di una serie di riorganizzazioni che hanno coinvolto varie società, tra cui l’Electrabel, destinataria dell’aiuto è ora divenuta la ricorrente. Quest’ultima è controllata dall’Electrabel Italia Spa e dall’ACEAElectrabel, in ragione del 50% del capitale ciascuna. La prima è controllata al 100% dall’Electrabel (Belgio). Quanto al capitale della seconda, la Electrabel Italia ne detiene il 40,59% e l’ACEA il 59,41%.

8        La Commissione ha ritenuto che il provvedimento di cui trattasi fosse conforme alle disposizioni della disciplina in materia di tutela dell’ambiente. L’istituzione ha tuttavia avviato il procedimento ex art. 88, n. 2, CE, ritenendo che dovessero applicarsi i principi enunciati dalla Corte nella causa Deggendorf (sentenza del Tribunale 13 settembre 1995, cause riunite T‑244/93 e T‑486/93, TWD/Commissione, Racc. pag. II‑2265, confermata dalla Corte con sentenza 15 maggio 1997, causa C‑355/95 P, TWD/Commissione, Racc. pag. I‑2549; in prosieguo: la «giurisprudenza Deggendorf») (‘considerando’ 9 della decisione impugnata).

9        La Commissione ha infatti constatato che il beneficiario dell’aiuto, vale a dire l’ACEA, era una delle aziende municipalizzate del settore energetico che avevano beneficiato dei regimi di aiuto esaminati dalla Commissione stessa nella propria decisione 5 giugno 2002, 2003/193/CE, sugli aiuti di Stato sotto forma di esenzioni fiscali e di prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico (GU 2003, L 77, pag. 21) (‘considerando’ 10 della decisione impugnata).

10      Nella decisione 2003/193/CE, la Commissione ha dichiarato che i regimi controversi erano incompatibili ed illegittimi, imponendo alla Repubblica italiana, all’art. 3 della decisione medesima, di provvedere al recupero degli importi eventualmente erogati in tale contesto. Avverso tale decisione l’ACEA ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale (causa T‑297/02) (‘considerando’ 11 della decisione impugnata).

11      Nonostante due solleciti inviati dalla Commissione alle autorità italiane, queste ultime facevano presente di non aver proceduto al recupero delle somme di cui l’ACEA aveva beneficiato (‘considerando’ 12 della decisione impugnata).

12      La Commissione ha conseguentemente ritenuto di non essere in grado di determinare l’importo dell’aiuto che l’ACEA aveva già ricevuto, né di poter valutare l’effetto cumulativo del precedente e del nuovo aiuto, né il suo probabile impatto distorsivo sul mercato comune (‘considerando’ 13 e 14 della decisione impugnata).

13      Per quanto attiene alla sussistenza di un aiuto di Stato, la Commissione ritiene che il provvedimento di cui trattasi sia finanziato tramite risorse provenienti dal bilancio del governo regionale. Peraltro, a parere della Commissione, detto provvedimento sarebbe selettivo in quanto opererebbe a vantaggio di una sola impresa, l’ACEA, ora divenuta la ricorrente. Tale condizione varrebbe anche riguardo al requisito dell’incidenza sugli scambi, in quanto, da un lato, il riscaldamento fornito tramite il generatore di calore del teleriscaldamento sostituisce il calore delle piccole caldaie alimentate da altre fonti energetiche oggetto di scambio tra gli Stati membri e, dall’altro, in quanto l’ACEA e l’Electrabel costituiscono imprese attive in molti settori energetici, nei quali esiste commercio intracomunitario. La Commissione ritiene, infine, che il provvedimento di cui trattasi falsi la concorrenza, favorendo un’impresa la cui posizione potrebbe risultare rafforzata sul mercato mondiale dell’energia, dando così luogo ad un mutamento delle condizioni di mercato. La Commissione ritiene, in conclusione, che sussistano i quattro requisiti che consentono di ritenere che il provvedimento di cui trattasi costituisce un aiuto di Stato (‘considerando’ 34‑41 della decisione impugnata).

14      Alla luce dell’analisi effettuata ai ‘considerando’ 42‑47 della decisione impugnata, la Commissione ritiene di poter dichiarare il provvedimento di cui trattasi compatibile con il mercato comune. Essa riconosce, segnatamente, che tale provvedimento è destinato a perseguire obiettivi ambientali.

15      La Commissione dedica inoltre i ‘considerando’ 50-60 della decisione impugnata all’individuazione del destinatario dell’aiuto. Essa afferma, anzitutto, di non essere stata informata del fatto, prima dell’avvio del procedimento di indagine formale ex art. 88, n. 2, CE, che beneficiaria dell’aiuto fosse divenuta la ricorrente. Inoltre, pur riconoscendo che si tratta di imprese formalmente distinte, essa deduce, da una serie di elementi, che l’ACEA e la ricorrente devono essere considerate come una sola unità economica e che, malgrado la riorganizzazione interna, il gruppo stesso, ivi inclusa l’ACEA, dev’essere considerato quale beneficiario dell’aiuto.

16      Ai ‘considerando’ 61-78 della decisione impugnata, la Commissione analizza la giurisprudenza Deggendorf, cit. supra al punto 8, e la sua applicazione al caso di specie. A suo parere, tale giurisprudenza consente di sospendere il versamento dell’aiuto compatibile fintantoché il precedente aiuto incompatibile ed illegittimo non sia stato restituito. Orbene, da un lato, l’aiuto versato all’ACEA, di cui è stato disposto il recupero dalla decisione 2003/193, non sarebbe stato recuperato. Dall’altro, facendo la ricorrente parte del gruppo ACEA, il beneficiario del nuovo aiuto sarebbe fondamentalmente lo stesso.

17      In conclusione, la Commissione dichiara il provvedimento di cui trattasi compatibile con il mercato comune, ma sospende il versamento dell’aiuto alla ricorrente fintantoché la Repubblica italiana non avrà fornito la prova che l’aiuto dichiarato illegittimo ed incompatibile nella decisione 2003/193 non sia stato restituito dall’ACEA, ai sensi della giurisprudenza Deggendorf, citata supra al punto 8 (‘considerando’ 82 e 83, e art. 1, n. 2, del dispositivo della decisione impugnata).

 Procedimento e conclusioni delle parti

18      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 agosto 2005, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

19      Il 6 dicembre 2005, l’Electrabel ha chiesto di intervenire a sostegno della ricorrente. Tale intervento è stato ammesso dal presidente della Quinta Sezione con ordinanza 7 aprile 2006.

20      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, la ricorrente è stata invitata dal Tribunale a produrre un documento, a rispondere ad una serie di quesiti e ad esprimere il proprio parere in merito ad un’eventuale sospensione del procedimento nell’attesa della decisione conclusiva nella causa T‑297/02. La ricorrente ha risposto al Tribunale con comunicazione 7 giugno 2007, cui ha accluso il documento richiesto. In tale comunicazione, pur riconoscendo il collegamento tra la detta causa ed il presente procedimento e rimettendosi al riguardo alla saggezza del Tribunale, la ricorrente ritiene che la decisione impugnata nella specie debba essere annullata indipendentemente dall’esito della causa T‑297/02 e che la sospensione non sarebbe quindi opportuna. La ricorrente ha inoltre fatto presente al Tribunale che, a quanto le risultava, l’ACEA avrebbe recentemente provveduto alla restituzione dell’aiuto oggetto della decisione 2003/193.

21      Parimenti invitata dal Tribunale a presentare osservazioni in merito all’eventuale sospensione del presente procedimento, la Commissione ha fatto valere, nella propria comunicazione 8 giugno 2007, che il primo motivo dedotto nella specie è totalmente estraneo all’oggetto della controversia nella causa T‑297/02 e che le questioni esaminate nella specie rivestono importanza di principio. Quanto all’opportunità di sospensione del presente procedimento, la Commissione si è rimessa al giudizio del Tribunale.

22      A seguito di tale scambio di corrispondenza, in data 24 luglio 2007 il Tribunale ha chiesto alle parti e alla Repubblica italiana di fornire, qualora ne fossero a disposizione, la prova concreta dell’eventuale restituzione dell’aiuto da parte dell’ACEA e, in caso affermativo, di presentare osservazioni in ordine alle conclusioni da trarne riguardo al presente procedimento.

23      Con lettera 21 agosto 2007, la Commissione ha risposto che, a quanto le risultava, l’ACEA aveva recentemente provveduto al rimborso di taluni importi, senza poter peraltro confermare che tali rimborsi corrispondessero alla corretta esecuzione della decisione 2003/193. Essa si è riservata quindi il diritto di proseguire l’esame delle informazioni recentemente fornite dalle autorità italiane e di richiedere informazioni integrative.

24      Con lettera 7 settembre 2007, la Repubblica italiana ha confermato che l’ACEA aveva provveduto al rimborso dell’importo di EUR 1 511 135,88 riguardo all’anno 1998 e dell’importo di EUR 1 534 938,78 per l’esercizio 1999.

25      La ricorrente ha confermato, dal canto suo, con lettera 10 settembre 2007, di non disporre di alcuna prova scritta che dimostri la restituzione degli aiuti, da parte dell’ACEA, oggetto della decisione 2003/193.

26      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata a decorrere dal nuovo anno giudiziario, il giudice relatore è stato destinato alla Prima Sezione, cui la presente causa è stata conseguentemente attribuita.

27      In data 11 dicembre 2007, la ricorrente ha inviato al Tribunale copia di una lettera dalla stessa indirizzata in pari data alla Commissione. In tale lettera, inclusa negli atti di causa con decisione del presidente della Prima Sezione, la ricorrente si richiamava alla risposta delle autorità italiane per affermare che l’ACEA aveva integralmente rimborsato l’aiuto dichiarato illegittimo dalla decisione 2003/193. Essa riteneva quindi che la condizione sospensiva prevista dalla decisione impugnata si fosse realizzata ed invitava la Commissione a confermare tale circostanza alle autorità italiane, in modo da consentire il rapido versamento dell’aiuto oggetto della decisione impugnata.

28      Invitata dal Tribunale a formulare proprie osservazioni in merito al documento depositato dalla ricorrente, la Commissione ha fatto nuovamente presente, con lettera 14 febbraio 2008, che gli importi rimborsati dall’ACEA costituivano una percentuale ben ridotta rispetto alle conseguenze finanziarie della decisione 2003/193 come calcolate dall’ACEA nel proprio bilancio relativo all’esercizio 2004. La Commissione ha sottolineato che la condizione sospensiva cui era subordinato il versamento dell’aiuto controverso non poteva essere quindi considerata soddisfatta.

29      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 2 dicembre 2008.

30      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–       annullare la decisione impugnata nella parte in cui la Commissione qualifica come aiuti di Stato il provvedimento di cui trattasi e sospende il versamento dell’aiuto sino a quando la Repubblica italiana non abbia fornito la prova della restituzione, da parte dell’ACEA, dell’aiuto dichiarato illegittimo ed incompatibile dalla decisione 2003/193;

–      condannare la Commissione alle spese.

31      L’interveniente conclude che il Tribunale voglia accogliere la domanda della ricorrente con condanna della Commissione alle spese, ivi comprese quelle relative al proprio intervento.

32      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–      respingere il ricorso;

–      condannare la ricorrente e l’interveniente alle spese.

 In diritto

33      A sostegno del proprio ricorso la ricorrente deduce tre motivi. Il primo attiene, sostanzialmente, alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE, nonché a vari vizi insiti nella motivazione e nell’istruttoria relativamente alla qualificazione come aiuto di Stato. Il secondo motivo attiene alla violazione dell’art. 88 CE e del regolamento del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’art. [88] CE (GU L 83, pag. 1), nonché ad errori di diritto ed all’insufficienza e contraddittorietà della motivazione quanto all’identità del destinatario dell’aiuto. Il terzo motivo verte sull’illegittimità della sospensione del versamento dell’aiuto e sull’assenza di pertinenza del rinvio alla giurisprudenza Deggendorf, citata supra al punto 8.

1. Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 87, n. 1, CE, all’assenza, all’insufficienza ed alla contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata nonché all’insufficienza dell’istruttoria relativa alla qualificazione del provvedimento di cui trattasi come aiuto di Stato

Argomenti delle parti

34      A parere della ricorrente, sostenuta dall’Electrabel benché questa non abbia dedotto argomenti specifici al riguardo, la Commissione ha erroneamente qualificato il provvedimento di cui trattasi come aiuto di Stato. Infatti, tale provvedimento non sarebbe idoneo a falsare la concorrenza e non inciderebbe sugli scambi intracomunitari.

35      Il prodotto di cui trattasi, vale a dire il calore generato dalla produzione combinata di calore e di elettricità e distribuito tramite una rete centralizzata per l’intero quartiere, non sarebbe concorrenziale. Si tratterebbe di un prodotto unico per il quale, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione nella decisione impugnata, non esisterebbe alcun sostituto.

36      La ricorrente sottolinea, inoltre, che il calore prodotto dalla rete di teleriscaldamento non può, per sua stessa natura, costituire oggetto di scambi intracomunitari. Considerato che il calore verrebbe prodotto e offerto unicamente in una determinata area del territorio italiano, non potrebbero esservi altri clienti né altri fornitori del prodotto se non quelli che si trovano nell’area servita dall’impianto di cui trattasi. Atteso che il provvedimento di cui trattasi non supererebbe il livello locale, esso non potrebbe avere nessun impatto sul commercio intracomunitario. Del resto, il mercato delle reti di teleriscaldamento sarebbe stato sempre considerato dalle autorità italiane della concorrenza quale mercato a sé stante. In casi analoghi, la Commissione avrebbe sempre ritenuto che misure di tal genere non fossero suscettibili di incidere sugli scambi intracomunitari e che non potessero essere qualificate, conseguentemente, come aiuti di Stato.

37      Infine, a parere della ricorrente, le somme destinate al finanziamento della rete di teleriscaldamento sono vincolate al progetto medesimo e non possono essere destinate ad attività esercitate su altri mercati. La Commissione, non avendo dimostrato il contrario, non potrebbe pertanto affermare che l’incidenza sugli scambi deriverebbe, in ogni caso, dal fatto che la ricorrente operi in altri mercati di portata sovranazionale, quali la generazione di energia elettrica. La ricorrente aggiunge che il finanziamento della rete di teleriscaldamento non può, in alcun modo, costituire una riduzione dei costi che possa ripercuotersi su altri mercati, in quanto, in assenza di finanziamento, il progetto non risponderebbe più ai requisiti di economicità.

38      Nella replica, la ricorrente precisa di non aver mai inteso sostenere che, atteso che il beneficiario non effettua esportazioni, il provvedimento di cui trattasi non produrrebbe effetti sugli scambi. Essa aggiunge che, se è pur vero che, affinché vi sia un’incidenza sugli scambi, non è necessario che un’impresa esporti i propri prodotti verso altri paesi della Comunità, è parimenti vero che tale impresa deve però essere in concorrenza con imprese operanti in altri Stati membri ed i cui prodotti siano o possano essere oggetto di esportazioni verso lo Stato membro erogatore degli aiuti.

39      La ricorrente afferma peraltro che, secondo costante giurisprudenza, la Commissione è tenuta a provare le circostanze sulle quale essa si basa per ritenere una misura idonea ad incidere sugli scambi comunitari e sulla concorrenza. Orbene, la Commissione non avrebbe fornito il minimo elemento in tal senso.

40      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

Giudizio del Tribunale

Sui vizi di motivazione della decisione impugnata e dell’istruttoria

41      La ricorrente deduce l’assenza, l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata nonché l’insufficienza dell’istruttoria relativa alla qualificazione del provvedimento di cui trattasi come aiuto di Stato.

42      In primo luogo, per quanto attiene alla censura relativa all’assenza ed all’insufficienza della motivazione della decisione impugnata, si deve anzitutto rilevare che l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legittimità nel merito dell’atto controverso. La motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenze della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punti 63 e 67, e 7 marzo 2002, causa C‑310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑2289, punto 48).

43      Applicato alla qualificazione di un provvedimento di aiuto, questo principio richiede che siano indicati i motivi per cui la Commissione ritiene che il provvedimento di aiuto di cui trattasi rientri nella sfera di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE (sentenze del Tribunale 30 aprile 1998, causa T‑214/95, Het Vlaamse Gewest/Commissione, Racc. pag. II‑717, punto 64, e causa T‑16/96, Cityflyer Express/Commissione, Racc. pag. II‑757, punto 66).

44      In tal senso, per quanto, in taluni casi, possa evincersi dalle circostanze stesse in cui l’aiuto è stato concesso che esso è atto ad incidere sugli scambi fra Stati membri ed a falsare o a minacciare di falsare la concorrenza, la Commissione è tenuta quanto meno ad evocare queste circostanze nella motivazione della sua decisione (v. sentenza della Corte 24 ottobre 1996, cause riunite C‑329/93, C‑62/95 e C‑63/95, Germania e a./Commissione, Racc. pag. I‑5151, punto 52).

45      Una motivazione generica, fondata sul richiamo dei principi sanciti dalla giurisprudenza e sul fatto che non possano essere esclusi effetti sugli scambi o sulla concorrenza, non può, di per sé, essere considerata conforme ai requisiti dettati dall’art. 253 CE. La decisione della Commissione deve contenere elementi, concreti e specifici rispetto alle circostanze della specie, che consentano di comprendere sotto quale aspetto gli aiuti controversi siano idonei a produrre effetti di tal genere (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 marzo 1990, causa C‑142/87, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑959, punti 36‑40).

46      Alla luce della giurisprudenza richiamata supra, non può ritenersi che la decisione impugnata sia priva di motivazione. Infatti, come esposto supra al punto 13, nella decisione impugnata la Commissione ha qualificato il provvedimento di cui trattasi come aiuto di Stato dopo aver verificato la sussistenza di tutti e quattro i requisiti che consentono di affermare l’esistenza di un aiuto.

47      Per quanto riguarda, in particolare, l’incidenza sugli scambi, la Commissione dedica a tale questione i ‘considerando’ 37‑39 della decisione impugnata. Il ‘considerando’ 39 così recita:

«Lo scopo del teleriscaldamento è quello di sostituirsi al riscaldamento individuale delle abitazioni di un intero quartiere. In altri termini il riscaldamento fornito tramite il generatore di calore del teleriscaldamento sostituisce il calore delle piccole caldaie, che a loro volta sono alimentate da altre fonti energetiche, quali il petrolio, il gas, o l’elettricità. Petrolio, gas e elettricità sono oggetto di scambio tra gli Stati membri. Vi è un effetto sostitutivo, per cui il progetto in esame incide sugli scambi. In ogni caso, sia ACEA che Electrabel sono imprese attive in molti settori, in particolare energia e produzione di elettricità, in cui vi è commercio intracomunitario. La terza condizione per l’esistenza di un aiuto è soddisfatta».

48      Quanto agli effetti sulla concorrenza, il successivo ‘considerando’ 40 afferma quanto segue:

«Infine la misura falsa la concorrenza, in quanto favorisce un’impresa, la cui posizione può risultare rafforzata sul mercato globale dell’energia, portando così ad un mutamento nelle condizioni di mercato. L’incidenza sugli scambi e le distorsioni della concorrenza prodotte da tale misura risultano in tal modo confermate e compatibili con le conclusioni della Commissione in altri casi».

49      Si deve quindi necessariamente rilevare che, conformemente alla giurisprudenza richiamata supra, la Commissione ha esposto nella decisione impugnata elementi concreti e specifici rispetto alle circostanze della specie che dimostrano, a suo parere, gli effetti del provvedimento di cui trattasi sugli scambi e sulla concorrenza. L’istituzione invoca, segnatamente, l’effetto di sostituzione del calore fornito dalla rete di teleriscaldamento rispetto alle altre fonti di energia nonché la presenza della ricorrente sul mercato mondiale dell’energia tramite l’ACEA e l’Electrabel, i due gruppi che la controllano.

50      Del resto, dal ricorso emerge che la ricorrente ha ben compreso la motivazione contenuta nella decisione impugnata e che essa è stata in grado di provvedere alla propria difesa. Si rinvia, al riguardo, ai punti 35 e 37 supra.

51      Orbene, per quanto attiene all’obbligo di motivazione in materia, si deve precisare che è sufficiente che la Commissione accerti che gli aiuti controversi siano idonei ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri e minaccino di falsare la concorrenza, senza che sia necessario delimitare il mercato rilevante (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 giugno 2000, cause riunite T‑298/97, T‑312/97, T‑313/97, T‑315/97, da T‑600/97 a T‑607/97, T‑1/98, da T‑3/98 a T‑6/98 e T‑23/98, Alzetta e a./Commissione, Racc. pag. II‑2319, punto 95). Parimenti, la Commissione, qualora abbia correttamente spiegato sotto quale aspetto gli aiuti controversi fossero idonei a produrre tali effetti, non è tenuta a procedere ad un’analisi economica della situazione effettiva del mercato di cui trattasi, della quota di mercato delle imprese beneficiarie degli aiuti, della posizione delle imprese concorrenti e delle correnti di scambi di cui trattasi tra gli Stati membri (v, in tal senso, sentenza del Tribunale 29 settembre 2000, causa T‑55/99, CETM/Commissione, Racc pag. II‑3207, punto 102).

52      Si deve precisare, infine, che, nella sua valutazione tanto degli aiuti esistenti quanto dei nuovi aiuti che devono essere notificati ovvero degli aiuti che essa ritenga illegittimamente concessi, in violazione dell’obbligo di notificazione dettato dall’art. 88, n. 3, CE, la Commissione non è tenuta a dimostrare i loro reali effetti (sentenza CETM/Commissione, cit. supra al punto 51, punto 103).

53      È quindi sufficiente che la Commissione abbia correttamente esposto sotto quale aspetto il provvedimento di cui trattasi sia idoneo ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri. Orbene, dai precedenti punti 47-49 emerge che, nella decisione, la Commissione ha fornito tali argomenti concreti e specifici rispetto alle circostanze della specie. La motivazione della decisione impugnata, tenuto conto del fatto che non è solo generica ma consente di comprendere nella specie sotto quale profilo il provvedimento di cui trattasi sia idoneo a produrre effetti sugli scambi e sulla concorrenza, dev’essere ritenuta sufficiente. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Commissione non è tenuta a fornire dati precisi che dimostrino l’incidenza del provvedimento di cui trattasi sulla concorrenza.

54      Pertanto, si deve ritenere che le indicazioni, contenute nella decisione impugnata, relative all’incidenza sul commercio e alla distorsione della concorrenza consentono alla ricorrente ed al giudice di conoscere le ragioni per le quali la Commissione ha considerato che il provvedimento di cui trattasi costituiva un aiuto di Stato.

55      In secondo luogo, per quanto attiene alle censure denunciate nella rubrica del primo motivo, secondo cui la motivazione della decisione impugnata sarebbe contraddittoria e l’istruttoria sarebbe stata insufficiente, si deve necessariamente rilevare che il ricorso non contiene alcun argomento al riguardo. Orbene, la sola menzione di tali censure nella rubrica del motivo non può consentire al Tribunale di pronunciarsi.

56      Si deve infatti rammentare che, a termini dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso introduttivo del procedimento deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di predisporre la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza il sostegno di altre informazioni. L’atto introduttivo del procedimento deve pertanto chiarire in cosa consiste il motivo sul quale il ricorso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura (sentenza del Tribunale 12 gennaio 1995, causa T‑102/92, Viho/Commissione, Racc pag. II‑17, punto 68). Esigenze analoghe sono richieste laddove venga dedotta una censura a sostegno di un motivo (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑352/94, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. II‑1989, pag. 333).

57      Conseguentemente, il primo motivo dev’essere dichiarato parzialmente irricevibile e parzialmente infondato nella parte attinente all’assenza, all’insufficienza ed alla contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata nonché all’insufficienza dell’istruttoria.

Sulla violazione dell’art. 87, n. 1, CE

58      La ricorrente contesta la qualificazione del provvedimento di cui trattasi quale aiuto di Stato, considerato che, a suo parere, tale provvedimento non sarebbe atto ad incidere sulla concorrenza e, in ogni caso, non pregiudicherebbe in alcun modo il commercio intracomunitario.

59      A tal riguardo, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza della Corte, allorché un aiuto concesso dallo Stato rafforzi la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi ultimi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto. Non è necessario, a tal fine, che l’impresa beneficiaria dell’aiuto partecipi direttamente alle esportazioni. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, la produzione interna può risultarne invariata o aumentare, con la conseguenza che le possibilità delle imprese con sede in altri Stati membri di esportare i loro prodotti nel mercato di questo Stato membro ne sono diminuite (sentenza della Corte 14 settembre 1994, cause riunite da C‑278/92 a C‑280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑4103, punto 40).

60      Parimenti, quando uno Stato membro concede aiuti ad imprese che operano nei settori dei servizi e della distribuzione, non è necessario che le imprese beneficiarie esercitino esse stesse le loro attività al di fuori del detto Stato membro affinché gli aiuti influenzino gli scambi comunitari, specie quando si tratta di imprese installate presso frontiere tra due Stati membri (sentenza 7 marzo 2002, Italia/Commissione, punto 42 supra, punto 85).

61      La condizione in base alla quale l’aiuto deve essere tale da incidere sugli scambi tra Stati membri non dipende dalla natura locale o regionale dei servizi forniti o dall’importanza del settore d’attività (v., in tal senso, sentenza della Corte 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I‑7747, punto 82).

62      Conseguentemente, come d’altronde la ricorrente stessa riconosce nella propria replica, il fatto che essa non effettui esportazioni non può, di per sé, implicare che il provvedimento di cui trattasi non produca effetti sugli scambi. Il carattere locale della rete di teleriscaldamento di cui trattasi non esclude tanto meno, di per sé, un eventuale pregiudizio per gli scambi tra gli Stati membri.

63      La ricorrente fa tuttavia valere che, affinché tale condizione sia soddisfatta, l’impresa beneficiaria deve trovarsi in concorrenza con imprese operanti in altri Stati membri ed i cui prodotti possano essere oggetto di esportazioni. Orbene, a suo parere, il calore generato dalla rete di teleriscaldamento non potrebbe, per sua natura, costituire oggetto di importazioni o di esportazioni.

64      A tal riguardo, dal ‘considerando’ 5 della decisione impugnata emerge che il progetto consiste in una rete di teleriscaldamento che sarà alimentata dall’energia prodotta da un impianto di cogenerazione, oggetto di parziale ripotenziamento e conversione, che fornirà il riscaldamento ad un nuovo quartiere. Peraltro, nel ‘considerando’ 39 della decisione impugnata (v. supra punto 47) viene precisato che lo scopo del teleriscaldamento è quello di sostituirsi al riscaldamento individuale delle abitazioni di un quartiere prodotto da altre fonti di energia, che costituiscono oggetto di scambi tra gli Stati membri.

65      Da un lato, si deve necessariamente rilevare che tale rete di teleriscaldamento non è, di per sé, produttore di calore, ma che è alimentata dall’energia di un impianto di cogenerazione. Ancorché, come sostiene la ricorrente, tale calore venga recuperato nella fase di raffreddamento dell’impianto e prodotto a costo zero, esso costituisce nondimeno un sottoprodotto dell’impianto, il quale è, a sua volta, alimentato da una fonte di energia che costituisce oggetto di scambi tra gli Stati membri.

66      Dall’altro, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il calore così prodotto e che circola nella rete di teleriscaldamento costituisce per l’utente finale un sistema di riscaldamento al pari di quello prodotto da altre fonti di energia primarie o secondarie che utilizzano altri tipi di impianti.

67      Di conseguenza, erroneamente la ricorrente afferma che il provvedimento di cui trattasi è destinato alla realizzazione di un prodotto che non si trova in alcuna concorrenza con altri prodotti. Come esposto dalla Commissione al ‘considerando’ 39 della decisione impugnata, sussiste un effetto di sostituzione che dimostra l’incidenza del provvedimento di cui trattasi sugli scambi. La produzione di calore proveniente da impianti di cogenerazione si colloca nel mercato dell’energia sul quale la concorrenza è accesa.

68      Orbene, la ricorrente si presenta come soggetto esercente attività di generazione di energia elettrica. Nell’ambito di tale attività di produzione di energia – in particolare elettrica – quale la propria, la ricorrente non può sostenere di non trovarsi in concorrenza con altre imprese di altri Stati membri e che non vi siano scambi tra gli Stati membri.

69      Si deve infatti ricordare, in particolare, che il mercato interno dell’elettricità [direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 giugno 2003, 2003/54/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE (GU L 176, pag. 37)] e quello del gas [direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 giugno 2003, 2003/55/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE (GU L 176, pag. 57)] sono in fieri. L’apertura del mercato interno in tali settori doveva essere realizzata entro il 1° luglio 2004 per le imprese ed essere totalmente completata il 1° luglio 2007.

70      A tal riguardo, la circostanza che un settore economico sia stato oggetto di una liberalizzazione a livello comunitario è tale da evidenziare un’incidenza reale o potenziale degli aiuti sulla concorrenza, nonché gli effetti di tali aiuti sugli scambi tra Stati membri (v., in tal senso, sentenze della Corte 13 febbraio 2003, causa C‑409/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑1487, punto 75, e 15 dicembre 2005, causa C‑66/02, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑10901, punto 116).

71      È certamente vero che il provvedimento di cui trattasi riguarda, in definitiva, unicamente la rete di teleriscaldamento locale. Tuttavia, il settore interessato è quello dell’energia, nell’ambito del quale il provvedimento di cui trattasi rafforza la posizione della ricorrente rispetto alle altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari e di energia.

72      Qualificando il provvedimento di cui trattasi come aiuto di Stato, la Commissione non ha pertanto violato l’art. 87, n. 1, CE.

73      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il primo motivo dev’essere pertanto respinto.

2. Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 88 CE e del regolamento n. 659/1999, nonché ad errori di diritto e all’insufficienza e contraddittorietà della motivazione per quanto attiene all’individuazione del destinatario dell’aiuto

Argomenti delle parti

74      La ricorrente, sostenuta dall’Electrabel, deduce l’erroneità, l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata per quanto attiene all’individuazione del beneficiario dell’aiuto.

75      L’affermazione della Commissione, secondo cui essa non sarebbe stata informata del fatto che il destinatario dell’aiuto era divenuto la ricorrente, sarebbe manifestamente priva di rilievo. La Commissione sarebbe stata, in realtà, a conoscenza di tale circostanza in un momento in cui sarebbe stata perfettamente in grado di tenerne conto e di modificare, di conseguenza, le proprie valutazioni.

76      La posizione della Commissione, consistente nel considerare le due imprese, vale a dire la ricorrente e l’ACEA, quale unica entità economica si fonderebbe solamente sul fatto che l’ACEA avrebbe ammesso di detenere il controllo della ricorrente, la quale sarebbe consolidata con l’ACEA nel bilancio di quest’ultima. La ricorrente non contesta di essere controllata dal gruppo ACEA, bensì di appartenere a tale gruppo, cosa, a suo parere, ben diversa.

77      La ricorrente sottolinea, a tal riguardo, l’inspiegabilità dell’affermazione della Commissione che nega qualsivoglia rilevanza al fatto che l’ACEA eserciti il controllo sulla ricorrente congiuntamente all’Electrabel, entità totalmente distinta dall’ACEA.

78      Il ragionamento della Commissione sarebbe errato fin dalla sua premessa. Infatti, l’ACEA potrebbe influire sulla gestione della ricorrente solamente per effetto di un accordo tra gli azionisti della joint venture che le consentono di esercitare un controllo congiunto. Per contro, l’Electrabel deterrebbe, direttamente o indirettamente, non meno del 70% del capitale della ricorrente. Tale partecipazione sarebbe consolidata nel suo bilancio. Conseguentemente, applicando il criterio della consolidazione, cui la Commissione fa ricorso, la ricorrente dovrebbe essere considerata come appartenente al gruppo Electrabel e non al gruppo ACEA. L’ACEA affermerebbe d’altronde espressamente di esercitare il controllo sulla ricorrente congiuntamente con l’Electrabel.

79      La ricorrente aggiunge, peraltro, che la conclusione della Commissione secondo cui essa farebbe parte del gruppo ACEA è incoerente rispetto ai criteri di applicazione della disciplina della concorrenza.

80      Assumendo la nozione di gruppo generalmente accolta nel diritto della concorrenza, le imprese soggette al controllo congiunto di due imprese distinte non potrebbero essere considerate, in linea di principio, appartenenti alla stessa entità economica delle società madri.

81      La ricorrente deduce che, sulla base della disciplina in materia di concentrazioni di imprese, essa non è controllata dall’ACEA, né tanto meno dell’Electrabel.

82      Analogamente, nell’ambito dei rapporti tra la società madre e la joint venture da questa controllata, il divieto di accordi anticoncorrenziali non troverebbe applicazione solamente se il controllo congiunto fosse esercitato unitamente ad altre imprese del gruppo, in quanto, in tal caso, la joint venture non avrebbe alcun potere decisionale autonomo. Nella propria decisione 15 maggio 1991, 91/335/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’art. 85 del Trattato CEE (IV/32.186 Gosme/Martell-DMP) (GU L 185, pag. 23, punto 30), la Commissione avrebbe specificamente affermato che una società controllata al 50% non costituirebbe un’unica entità economica con una delle società madri, essendo soggetta al controllo di più di un’impresa.

83      La ricorrente aggiunge che, nell’ambito dei regolamenti di esenzione per categoria, vengono considerate appartenenti al medesimo gruppo solamente le imprese facenti capo a soggetti già legati fra loro da rapporti di controllo interno.

84      In applicazione di tali principi, la ricorrente afferma che essa non verrebbe considerata appartenente al gruppo ACEA se essa facesse parte di una concentrazione di rilevanza comunitaria e non sarebbe esente dal divieto dettato dall’art. 81 CE qualora essa concludesse un accordo anticoncorrenziale con l’ACEA.

85      In ogni caso, la ricorrente deduce che la sua attività concreta è determinata principalmente dell’Electrabel, la quale svolge un ruolo decisivo nella gestione quotidiana della sua attività, ancorché questa non possa determinare da sola l’orientamento strategico della ricorrente.

86      A parere della ricorrente, i precedenti richiamati dalla Commissione nella decisione non fornirebbero alcun sostegno alla sua tesi, riguardando imprese controllate da un unico soggetto.

87      Infine, la ricorrente, sostenuta dall’Electrabel, deduce che l’insinuazione secondo cui essa sarebbe stata costituita dall’ACEA al fine di aggirare l’obbligo di restituzione degli aiuti risulta poco rispettosa per le imprese interessate e del tutto inverosimile. Tale ipotesi presupporrebbe, infatti, la connivenza di un gruppo della statura dell’Electrabel, il che sarebbe manifestamente assurdo.

88      La joint venture tra l’ACEA e l’Electrabel sarebbe un progetto economico di grandissima portata, costituendo il veicolo tramite il quale l’Electrabel mirerebbe ad affermarsi come operatore primario sul mercato dell’elettricità in Italia, necessitando, al tempo stesso, dell’investimento di risorse molto rilevanti. Parimenti, l’ACEA avrebbe rinunciato ad uno status di operatore indipendente sul mercato dell’energia a favore di un progetto comune con uno dei maggiori operatori europei. A fronte di un progetto globale di così grande portata e così ambizioso, non si potrebbe sostenere di essere in presenza di una semplice riorganizzazione interna. Inoltre, la creazione della joint venture sarebbe stata decisa ben prima dell’avvio, da parte della Commissione, del procedimento in esame e tale operazione non consentirebbe di evitare il recupero presso l’ACEA dell’aiuto dichiarato illegittimo dalla decisione 2003/193.

89      La ricorrente sottolinea parimenti che, dal punto di vista economico, le conseguenze negative della decisione impugnata riguardano principalmente l’Electrabel quale azionista di maggioranza, mentre quest’ultima non sarebbe interessata dal precedente procedimento e non avrebbe beneficiato in alcun modo dei pretesi aiuti oggetto della decisione 2003/193.

90      La Commissione non spiegherebbe il motivo per il quale la ricorrente avrebbe conservato il vantaggio concorrenziale proveniente dai pretesi aiuti di Stato a favore dell’ACEA, né il motivo per il quale il conferimento del ramo di azienda alla ricorrente non sarebbe stato animato da una logica commerciale o di mercato.

91      A parere dell’Electrabel, la Commissione giunge alla conclusione che la ricorrente e l’ACEA costituirebbero un’entità economica muovendo esclusivamente dall’assunto che la creazione della ricorrente da parte dell’Electrabel e dell’ACEA sarebbe destinata ad eludere le conseguenze della decisione 2003/193. La Commissione non motiverebbe i propri sospetti con elementi precisi e concordanti. Essa presupporrebbe semplicemente che la ricorrente appartenga al gruppo ACEA. Orbene, il peso dell’Electrabel sarebbe superiore a quello dell’ACEA, atteso che essa detiene il 70% degli attivi della ricorrente. La decisione impugnata non conterrebbe alcuna valutazione circa la natura dei rapporti tra la ricorrente e l’Electrabel.

92      L’Electrabel fa peraltro valere che la Commissione non rispetta le regole sulla base delle quali occorre procedere all’individuazione esatta dell’effettivo beneficiario di un aiuto e del soggetto tenuto al rimborso di un aiuto illegittimo. L’appartenenza ad un gruppo non costituirebbe mai la circostanza determinante per individuare il destinatario dell’ordine di recupero. Questo consisterebbe, secondo la giurisprudenza, nel godimento effettivo degli aiuti in questione, di cui la Commissione dovrebbe fornire la prova. Il gruppo non potrebbe essere considerato quale beneficiario dell’aiuto se non in casi particolari, giustificati dall’esistenza di una serie di circostanze specifiche, tra le quali il perseguimento di attività economiche identiche o parallele, la presenza sullo stesso mercato, il controllo da parte dello stesso soggetto e l’assenza di autonomia delle singole società del gruppo.

93      La Commissione conclude, anzitutto, nel senso dell’irricevibilità di tale motivo nella parte riguardante la violazione dell’art. 88 CE e del regolamento n. 659/1999. Poiché il ricorso non conterrebbe alcun argomento al riguardo, essa si troverebbe nell’impossibilità di difendersi ed il Tribunale non potrebbe pronunciarsi in proposito.

94      La Commissione contesta, inoltre, la fondatezza della tesi della ricorrente e dell’Electrabel.

Giudizio del Tribunale

Sul secondo motivo, nella parte relativa alla violazione dell’art. 88 CE e del regolamento n. 659/1999

95      Si deve necessariamente rilevare che, come affermato dalla Commissione, il ricorso non contiene alcun argomento attinente alla violazione dell’art. 88 CE ovvero del regolamento n. 659/1999.

96      Orbene, si deve rammentare che, a termini dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che l’atto introduttivo deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta del motivo stesso non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura (sentenza Mo och Domsjö/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 333).

97      Conseguentemente, il solo riferimento ad una violazione dell’art. 88 CE e del regolamento n. 659/1999, come contenuto nel ricorso, in assenza di deduzioni precise al riguardo, non può essere ritenuto sufficiente.

98      In ogni caso, anche a voler tener conto delle precisazioni apportate dalla ricorrente a tal riguardo nella propria replica, esse non consentono di comprendere la censura sollevata.

99      Infatti, la ricorrente ivi espone che è «incontestabile che l’atto impugnato non è conforme ai principi consolidati in materia di recupero degli aiuti di Stato». Orbene, da un lato, né la causa in esame, né il presente motivo vertono sul recupero degli aiuti di Stato. Dall’altro, tale affermazione non è minimamente comprovata. La ricorrente si limita a considerazioni del tutto generiche ed in parte relative al terzo motivo.

100    Il motivo dev’essere quindi dichiarato irricevibile nella parte relativa alla violazione dell’art. 88 CE e del regolamento n. 159/1999.

Sul secondo motivo, nella parte relativa ad errori di diritto, all’insufficienza ed alla contraddittorietà della motivazione per quanto attiene all’individuazione del destinatario dell’aiuto

101    In limine, si deve ricordare che, qualora persone fisiche o giuridiche, giuridicamente autonome, costituiscano un’unità economica, occorre considerarle come una sola impresa ai fini dell’applicazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza. Nel campo degli aiuti di Stato, la questione dell’esistenza di un’unità economica sorge, in particolare, laddove si tratti di individuare il beneficiario di un aiuto (v., in tal senso, sentenza della Corte 14 novembre 1984, causa 323/82, Intermills/Commissione, Racc. pag. 3809, punti 11 e 12). A tal riguardo, è stato affermato che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale nel determinare se talune società, appartenenti ad un gruppo, debbano essere considerate come un’unità economica ovvero come giuridicamente e finanziariamente autonome ai fini dell’applicazione del regime degli aiuti di Stato (sentenza del Tribunale 29 giugno 2000, causa T‑234/95, DSG/Commissione, Racc. pag. II‑2603, punto 124; vedi, parimenti, in tal senso, sentenza del Tribunale 25 giugno 1998, cause riunite T‑371/94 e T‑394/94, Racc. pag. II‑2405, punti 313 e 314).

102    Tale potere discrezionale della Commissione implica la considerazione e la valutazione di fatti e di circostanze economiche complesse. Poiché il giudice comunitario non può sostituire la propria valutazione dei fatti, specificamente sul piano economico, a quella dell’autore della decisione, il sindacato del Tribunale deve, in quest’ambito, limitarsi alla verifica dell’osservanza delle norme relative alla procedura e alla motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, come anche dell’insussistenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere (sentenza del Tribunale 14 ottobre 2004, causa T‑137/02, Pollmeier Malchow/Commissione, Racc. pag. II‑3541, punto 52).

103    Per quanto attiene al beneficiario del provvedimento di cui trattasi, dal ‘considerando’ 8 della decisione impugnata (v. supra punto 7) emerge che si trattava originariamente dell’ACEA. Tuttavia a seguito di una serie di riorganizzazioni, la ricorrente ne è divenuta ormai la beneficiaria.

104    Ne deriva che la Commissione ha preso atto del mutamento di beneficiario del provvedimento di cui trattasi, di cui è stata informata con comunicazione della Repubblica italiana del 23 luglio 2003, con cui le è stata trasmessa una lettera della Regione Lazio 21 luglio 2003. Tale mutamento di beneficiario ha obbligato la Commissione, alla luce dell’appartenenza della ricorrente al gruppo ACEA, a svolgere lunghe considerazioni sull’identità del beneficiario (‘considerando’ 50‑60 della decisione impugnata) e sull’applicazione della giurisprudenza Deggendorf, cit. supra al punto 8 (‘considerando’ 61‑78 della decisione impugnata). A tal riguardo, si deve rilevare che, per quanto lo schema contenuto nel ‘considerando’ 8 della decisione impugnata sia focalizzato sull’ACEA, la Commissione non nasconde il fatto che la ricorrente è controllata congiuntamente dall’Electrebel e dall’ACEA, facendo peraltro presente che tale circostanza resta irrilevante (‘considerando’ 56 della decisione impugnata). Non si può pertanto ritenere che la decisione impugnata non sia motivata al riguardo.

105    La ricorrente contesta di formare con l’ACEA un’unità economica e che il gruppo ACEA dev’essere considerato beneficiario del provvedimento di cui trattasi, contestando altresì la motivazione sulla quale tale conclusione si fonda.

106    La Commissione fonda il proprio ragionamento, sostanzialmente, sui rapporti tra l’ACEA e la ricorrente, nonché sul trasferimento del ramo di attività di cui trattasi dall’una all’altra. Essa evoca, peraltro, il rischio di aggiramento dell’obbligo per le imprese di rimborsare gli aiuti dichiarati illegittimi.

107    In primo luogo, per quanto attiene ai rapporti tra l’ACEA e la ricorrente, è pacifico che questa sia controllata al 50% dall’Electrabel Italia ed al 50% dall’ACEAElectrabel. La prima è controllata al 100% dalla Electrabel (Belgio) e la seconda al 40,59% dall’Electrabel Italia e dal 50,41% dall’ACEA.

108    Da tale schema di partecipazioni le parti traggono tuttavia conclusioni differenti. Secondo la Commissione, la ricorrente appartiene al gruppo ACEA, laddove la ricorrente insiste, dal canto suo, sul ruolo centrale dell’Electrabel, detentrice direttamente o indirettamente, del 70% del suo capitale.

109    Si deve necessariamente rilevare che la ricorrente è legata, al tempo stesso, al gruppo Electrabel e al gruppo ACEA. È pur vero che, laddove si tenga conto delle partecipazioni dirette e indirette nella ricorrente, la partecipazione dell’Electrabel risulta la più importante. Resta tuttavia il fatto che l’ACEA detiene la maggioranza del capitale dell’ACEAElectrabel, che a sua volta detiene il 50% del capitale della ricorrente. Contrariamente a quanto affermato da quest’ultima, l’ACEA non è, rispetto ad essa, un «semplice socio minoritario», o addirittura «un terzo».

110    Si deve rilevare a tal riguardo che, nella sentenza 29 aprile 2004, causa C‑91/01, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑4355, punti 51‑53), la Corte ha affermato che un’impresa può essere considerata facente parte di un gruppo ancorché questo ne detenga solamente il 24%. Ne consegue che l’appartenenza di un’impresa ad un gruppo non è automaticamente connessa ad una partecipazione maggioritaria del gruppo nell’impresa medesima.

111    Dal ‘considerando’ 56 della decisione impugnata emerge, da un lato, che l’ACEA ha espressamente affermato di detenere il controllo della ricorrente, congiuntamente con l’Electrabel e, dall’altro, che la ricorrente è menzionata, nella relazione finanziaria dell’ACEA, tra le società dell’area di consolidamento. Al ‘considerando’ 57 della decisione impugnata la Commissione afferma che la relazione finanziaria dell’ACEA del primo semestre del 2004 include la ricorrente nell’elenco delle società «sulle quali la capo gruppo esercita il controllo congiuntamente con altri soci ed in base ad accordi connessi», società incluse nell’area di consolidamento dell’ACEA.

112    La ricorrente non contesta tali elementi, ma nega loro qualsiasi efficacia probatoria. Essa sostiene che l’Electrabel potrebbe parimenti, ed a maggior ragione, affermare di controllarla e che l’Electrabel consolida la propria partecipazione nel capitale della ricorrente a concorrenza del 70%.

113    A tal riguardo, il controllo congiunto della ricorrente da parte dell’ACEA e dell’Electrabel significa che l’una e l’altra detengono entrambe un potere di controllo sulla ricorrente. Ancorché la partecipazione consolidata dell’Electrabel sia superiore, l’ACEA possiede nondimeno un potere di controllo sulla ricorrente.

114    Da tali considerazioni emerge che la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove ha tenuto conto del fatto che l’ACEA controlla la ricorrente congiuntamente con l’Electrabel. Inoltre, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la decisione impugnata appare, a tal riguardo, sufficientemente motivata e non presenta alcuna contraddizione. Il ragionamento della Commissione e gli elementi sui quali esso si fonda risultano infatti chiaramente dai ‘considerando’ 53‑60 della decisione impugnata.

115    Tale conclusione non è inficiata dagli argomenti dedotti dalla ricorrente.

116    In primo luogo, il fatto che la Commissione si sia concentrata, nella propria analisi, principalmente sui legami tra l’ACEA e la ricorrente trova spiegazione nel fatto che la prima aveva già ricevuto un aiuto di Stato, ragion per cui la Commissione poteva temere gli effetti sulla concorrenza derivanti da un cumulo di aiuti di Stato in seno allo stesso gruppo. La Commissione non aveva gli stessi motivi per esaminare i legami tra la ricorrente e l’Electrabel. Essa non ha peraltro negato il controllo esercitato da quest’ultima, congiuntamente con l’ACEA sulla ricorrente.

117    A tal riguardo, si deve sottolineare che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, l’oggetto della controversia non consiste nel determinare se «l’esistenza di un controllo congiunto sia sufficiente ad imputare alla società comune la responsabilità di un aiuto concesso ad una delle persone giuridiche che la controllano». La Commissione non imputa alla ricorrente la responsabilità dell’aiuto concesso all’ACEA. Essa non chiede la restituzione dell’aiuto dichiarato illegittimo alla ricorrente. All’art. 1, n. 2, della decisione impugnata, essa decide di sospendere il versamento dell’aiuto dichiarato compatibile sino al rimborso del primo aiuto da parte dell’ACEA.

118    In secondo luogo, il fatto che la ricorrente sia consolidata, per una quota più rilevante, nel bilancio dell’Electrabel, in quanto quest’ultima aggiunge alla sua partecipazione diretta del 50% nella ricorrente una partecipazione indiretta del 20,3% tramite l’ACEAElectrabel, non osta a che la ricorrente figuri parimenti nell’area di consolidamento dell’ACEA, come la Commissione afferma ai ‘considerando’ 56 e 57 della decisione impugnata senza essere contraddetta dalla ricorrente.

119    In terzo luogo, per quanto attiene al ruolo decisivo svolto dall’Electrabel nella gestione quotidiana dell’attività della ricorrente, si deve sottolineare che il fatto che l’Electrabel sia rappresentata da otto membri su dodici nel consiglio di amministrazione della ricorrente e da quattro membri su sei nel suo comitato esecutivo risulta da accordi tra soci che non rispondono necessariamente ad una rigida logica partecipativa, bensì possono obbedire ad altre esigenze. Peraltro, la ricorrente stessa afferma che, per le materie più importanti, occorre l’accordo di uno dei membri rappresentanti l’ACEA. Quest’ultima detiene quindi un potere di veto. Infine, anche ammesso che il ruolo svolto dall’Electrabel nella gestione della ricorrente sia decisivo sotto taluni aspetti, resta il fatto che quest’ultima fa parimenti parte del gruppo ACEA.

120    In secondo luogo, al ‘considerando’ 58 della decisione impugnata, la Commissione fa riferimento al trasferimento del ramo di azienda interessato e, quindi, del progetto di cui trattasi, dall’ACEA alla ricorrente. La Commissione ne deduce l’esistenza di una continuità economica tra le attività esercitate attualmente dalla ricorrente e precedentemente dall’ACEA.

121    A tal riguardo, la ricorrente non contesta che talune attività dell’ACEA le siano state trasferite. Essa fornisce taluni dettagli del detto trasferimento nel proprio ricorso. Essa contesta, per contro, che possa essere considerata quale beneficiaria degli aiuti oggetto della decisione 2003/193. Essa nega, inoltre, che tale trasferimento di attività abbia avuto come obiettivo l’aggiramento degli effetti dell’ordine di recupero connesso alla decisione 2003/193.

122    Nella propria lettera 21 luglio 2003, la Regione Lazio informa la Commissione del fatto che, a decorrere dal 1° dicembre 2002, l’ACEA ha ceduto alla ricorrente il settore di produzione di calore e di vapore, ragion per cui l’aiuto notificato dalla Repubblica italiana dovrà essere versato dalla ricorrente.

123    Tale trasferimento del ramo di azienda interessato, ivi compreso il progetto in questione, è sufficiente a dimostrare che la ricorrente prosegue al riguardo l’attività precedentemente esercitata dall’ACEA ed è divenuta beneficiaria del provvedimento di cui trattasi.

124    Non è pertinente, a tal proposito, accertare se l’apporto del ramo di azienda interessato alla ricorrente sia stato animato o meno da una logica commerciale di mercato. La constatazione del trasferimento e l’esposizione dei rischi ivi connessi relativi alle norme in materia di aiuti di Stato sono sufficienti a giustificare il ragionamento della Commissione a tal riguardo. Sotto tale profilo, non può essere quindi rilevato alcun difetto di motivazione nella decisione impugnata.

125    In terzo luogo, la Commissiona aggiunge, al ‘considerando’ 59 della decisione impugnata, un terzo elemento che depone, a suo parere, nel senso del riconoscimento di un’unità economica tra l’ACEA e la ricorrente, vale a dire il rischio di aggiramento della decisione 2003/193. Per giungere alla conclusione che, nella specie, è impossibile escludere l’intenzione di aggirare tale decisione, la Commissione muove da due indizi. Il primo consiste nella presenza, nell’accordo di conferimento, di una clausola che esclude qualsiasi eventuale contenzioso eventualmente riguardante il ramo di azienda trasferito alla ricorrente (‘considerando’ 58 della decisione impugnata). Il secondo risiede nel fatto che, al momento del trasferimento, per mezzo del detto accordo, del ramo di cui trattasi alla ricorrente, la decisione 2003/193, con cui gli aiuti fiscali sono stati dichiarati incompatibili e ne è stato disposto il rimborso, era stata già adottata e l’ACEA l’aveva contestata (‘considerando’ 59 della decisione impugnata).

126    La ricorrente, sostenuta dall’Electrabel, contesta tuttavia che il patto di azionariato tra l’ACEA e l’Electrabel abbia perseguito un obiettivo di aggiramento. Tuttavia, nessuno degli argomenti da questa dedotti possono rimettere in discussione né il ragionamento né le conclusioni formulate dalla Commissione al riguardo.

127    In primo luogo, il fatto che la creazione della ricorrente possa collocarsi in un’operazione strategica ed economica di grande ampiezza non può, di per sé, escludere la volontà di premunirsi contro le conseguenze, ancorché indirette, di avvenimenti precedenti, quali l’obbligo di rimborso incombente all’ACEA ed il divieto di beneficiare di un nuovo aiuto prima dell’effettuazione del rimborso stesso.

128    In secondo luogo, anche ammesso che la clausola di cui trattasi figuri generalmente in tale tipo di accordo, resta il fatto che essa è volta a proteggere il beneficiario del ramo di azienda contro i rischi patrimoniali eventualmente risultanti da fatti precedenti alla conclusione del contratto, come del resto esposto dalla ricorrente nella propria replica. Tale clausola potrebbe quindi produrre il risultato di escludere qualsiasi obbligo per la ricorrente di restituzione dell’aiuto percepito dall’ACEA.

129    In terzo luogo, è certamente vero che la costituzione della ricorrente era stata decisa già prima dell’avvio del presente procedimento. Essa è tuttavia successiva alla decisione 2003/193 che ha dichiarato gli aiuti controversi illegittimi e incompatibili, ordinandone il rimborso. L’obbligo di rimborso incombente all’ACEA era quindi già noto.

130    Conseguentemente, la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove ha ritenuto, in conclusione, che fosse impossibile escludere l’intenzione di aggirare la decisione 2003/193. Si deve sottolineare, a tal riguardo, che la Commissione afferma semplicemente che l’intenzione di aggirare la detta decisione non è esclusa e non che il patto di azionariato, con cui la ricorrente è stata costituita, fosse volta a tale aggiramento. Atteso che, nella decisione impugnata, la Commissione ha accertato, nella specie, la sussistenza del rischio di aggiramento della decisione 2003/193, non le incombeva l’obbligo di dimostrare l’obiettivo di aggiramento della decisione stessa. Il suo ragionamento poteva essere quindi validamente fondato sull’esistenza di indizi idonei ad accertare il rischio di aggiramento.

131    Resta da verificare se i singoli elementi esaminati supra consentissero alla Commissione di concludere, senza incorrere in manifesti errori di valutazione, che l’ACEA e la ricorrente dovessero essere considerate come una sola unità economica.

132    Le parti divergono quanto al contenuto di tale nozione e, a sostegno delle reciproche tesi, invocano differenti sentenze e disposizioni della normativa comunitaria.

133    Si deve rilevare, in limine, che le loro tesi fanno più volte riferimento, in tale contesto, alla materia delle intese e delle concentrazioni.

134    La ricorrente insiste, in particolare, sul fatto che l’ACEA non sarebbe in grado di determinare autonomamente la propria condotta commerciale. La ricorrente costituirebbe quindi un centro di direzione economica autonomo. Essa ritiene, conseguentemente, che, alla luce della giurisprudenza, non possa considerarsi che essa formi un’unità economica con l’ACEA e che un accordo anticoncorrenziale con essa connesso ricada nella sfera dell’art. 81 CE.

135    Tuttavia, l’art. 81 CE non è in discussione nella specie e non può ricorrersi alla nozione di unità economica sviluppata dalla giurisprudenza in tale contesto per escludere l’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, che sancisce il divieto di intese. Non è pertanto pertinente, ai fini della specie, accertare se l’art. 81 CE potesse o meno applicarsi.

136    Ad abundantiam, i poteri esercitati dall’Electrabel e dall’ACEA nelle materie più importanti, concernenti l’orientamento strategico della ricorrente, non avvalorano la tesi di un’effettiva autonomia funzionale di quest’ultima. Quindi, anche nel contesto non pertinente dell’applicazione della giurisprudenza in materia di intese, la tesi della ricorrente non risulta convincente.

137    Non è tantomeno pertinente il dibattito tra le parti sull’applicazione di diversi articoli del regolamento (CE) del Consiglio 20 gennaio 2004, n. 139, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU L 24, pag. 1). Non si tratta, nella specie, di applicare i criteri definiti dal Consiglio in tale contesto per individuare le operazioni assoggettate al detto controllo.

138    Atteso che la causa in esame non si colloca né nel settore delle intese né in quello delle concentrazioni, bensì in quello degli aiuti di Stato, occorre far riferimento alla nozione di unità economica elaborata dalla giurisprudenza in tale settore.

139    A tal riguardo, come già rammentato (v. punto 101 supra), la giurisprudenza ha riconosciuto alla Commissione un ampio potere discrezionale per determinare se società facenti parte di un gruppo debbano essere considerate come un’unità economica.

140    Tra gli elementi presi in considerazione dalla giurisprudenza ai fini della determinazione della sussistenza di un’unità economica, deve essere menzionata la partecipazione dell’impresa interessata ad un gruppo di società il cui controllo sia esercitato direttamente o indirettamente da una di esse, il perseguimento di attività economiche identiche o parallele e l’assenza di autonomia economica delle società di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Pollmeier Malchow/Commissione, cit. al punto 102 supra, punti 68‑70), nonché la costituzione di un gruppo unico controllato da un soggetto, malgrado la costituzione di tre nuove società aventi ognuna personalità giuridica distinta (v., in tal senso, sentenza Intermills/Commissione, punto 101 supra, punto 111).

141    Nella specie, da un lato, è pacifico che la ricorrente faccia parte, segnatamente, del gruppo ACEA. Essa è controllata al 50% dall’ACEAElectrabel, a sua volta controllata al 59,41% dall’ACEA, la quale dispone di un potere di veto nelle materie importanti concernenti l’orientamento strategico della ricorrente. Dall’altro, si è verificato il trasferimento di un ramo di azienda dall’ACEA alla ricorrente, la quale ha proseguito tale attività.

142    L’autonomia funzionale, invocata dalla ricorrente, non risulta peraltro dimostrata. Infatti, da un lato, l’Electrabel e l’ACEA esercitano sulla ricorrente un potere di controllo congiunto, ove l’ACEA può opporre il proprio veto rispetto alle decisioni importanti concernenti l’orientamento strategico della ricorrente medesima. Dall’altro, la commercializzazione dell’energia prodotta dalla ricorrente è affidata alla società ACEAElectrabel Trading, controllata all’84,17% dall’ACEAElectrabel, a sua volta controllata al 59,41% dall’ACEA.

143    Alla luce di tali differenti elementi, taluni dei quali di per sé sufficienti a fondare la conclusione raggiunta dalla Commissione, questa non è quindi incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove ha ritenuto che, ai fini dell’esame del provvedimento di cui trattasi, l’ACEA e la ricorrente dovessero essere considerate come una sola unità economica e che il gruppo ACEA dovesse essere ritenuto quale beneficiario del provvedimento medesimo.

144    Inoltre, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la decisione impugnata risulta, a tal riguardo, sufficientemente motivata e non contiene alcuna contraddizione. Come evidenzia l’analisi effettuata supra, il ragionamento della Commissione e gli elementi sui quali esso si fonda emergono infatti chiaramente dai ‘considerando’ 53‑60 della decisione impugnata.

145    Alla luce di tutte le suesposte constatazioni, il secondo motivo dev’essere respinto.

3. Sul terzo motivo, relativo all’illegittimità della sospensione del versamento dell’aiuto e all’irrilevanza del rinvio alla giurisprudenza Deggendorf

Argomenti delle parti

146    La ricorrente, sostenuta dall’Electrabel, contesta l’applicazione nella specie della giurisprudenza Deggendorf, cit. supra al punto 8. Le circostanze sarebbero, infatti, differenti.

147    La decisione 2003/193 non presenterebbe le caratteristiche richieste per far sorgere un obbligo individuale di rimborso di un aiuto di Stato illegittimo. Essa non riguarderebbe un aiuto individuale, bensì un regime generale di aiuti. La Commissione si limiterebbe, quindi, a contestare in termini astratti il sistema di esenzione istituito dalla Repubblica italiana a favore delle imprese di servizi pubblici a partecipazione maggioritaria pubblica, senza procedere ad un esame caso per caso degli aiuti di cui ogni singola impresa abbia beneficiato. Nella decisione 2003/193 la Commissione avrebbe riconosciuto che talune situazioni potevano non aver dato luogo ad un aiuto illegittimo. Essa avrebbe incaricato la Repubblica italiana di accertare, al momento del recupero, riguardo ad ogni singolo specifico caso, la sussistenza di un aiuto, compatibile o meno, e in quale misura.

148    Per tale ragione, la circostanza che l’ACEA abbia beneficiato degli aiuti controversi non dimostrerebbe minimamente che, nel suo caso, essi costituissero aiuti illegittimi né, eventualmente, in qual misura. La ricorrente afferma di non comprendere come la Commissione possa, allo stesso tempo, dichiarare di non essere in grado di determinare l’importo esatto dell’aiuto di cui l’ACEA ha beneficiato precedentemente al provvedimento di cui trattasi e valutarne, al ‘considerando’ 62 della decisione impugnata, gli effetti sul mercato. Non avendo la Commissione effettuato alcun esame individuale degli aiuti, la ricorrente ritiene infondato il rilievo dell’istituzione stessa secondo cui né l’ACEA né il governo italiano avrebbero fornito elementi atti a dimostrare che i vantaggi ottenuti dall’ACEA nell’ambito del regime de quo non costituirebbero un aiuto ovvero costituirebbero un aiuto esistente o compatibile.

149    Infine, la ricorrente deduce che la circostanza che la relazione finanziaria dell’ACEA faccia riferimento alla decisione 2003/193 e ai rischi finanziari che ne potrebbero derivare non costituisce la prova dell’illegittimità del vantaggio percepito dall’ACEA, bensì risponde solamente ad un’esigenza di buona amministrazione.

150    A parere della ricorrente, l’impossibilità di procedere al recupero sarebbe conseguenza del mancato accertamento, nei confronti dei beneficiari, singolarmente considerati, dell’illegittimità delle misure oggetto o della decisione 2003/193. In ogni caso, la mancata restituzione non sarebbe imputabile all’ACEA, la quale non avrebbe ricevuto alcun ordine di restituzione. La buona volontà dell’ACEA non potrebbe essere messa in discussione, né spetterebbe ad essa fornirne la prova. La costituzione di una riserva su un conto bancario vincolato sarebbe tanto inutile quanto, in concreto, irrealizzabile.

151    La mancata restituzione non potrebbe essere tanto meno contestata al governo italiano, il quale avrebbe avviato il procedimento di recupero conformemente alla normativa vigente. Il ritardo nel recupero sarebbe, quindi, imputabile solo alla Commissione stessa, in considerazione della sua scelta di limitarsi ad una valutazione generale del regime.

152    Secondo la ricorrente, dalle suesposte considerazioni emergerebbe che la giurisprudenza Deggendorf, cit. supra al punto 8, non è pertinente nella specie. Inoltre, la Commissione ne avrebbe dato un’interpretazione erronea. Tale giurisprudenza non enuncerebbe il principio secondo cui, in caso di mancata restituzione di un aiuto, la Commissione stessa potrebbe vietare, sempre e senza ulteriori condizioni, la concessione di un aiuto fintantoché il beneficiario non abbia restituito l’aiuto dichiarato illegittimo ed incompatibile. La sospensione potrebbe essere ordinata unicamente allo scopo di evitare l’effetto distorsivo della concorrenza che deriverebbe dal cumulo del nuovo aiuto con quello non rimborsato. Non si tratterebbe di punire l’impresa per la violazione di una decisione precedente, né di esercitare pressioni sullo Stato membro per obbligarlo ad esigere la restituzione dell’aiuto, il che necessiterebbe la proposizione di un ricorso per inadempimento.

153    Conseguentemente, a parere della ricorrente, sempre sostenuta dall’Electrabel, spetterebbe alla Commissione provare l’effetto cumulativo delle due misure in questione. Nella causa da cui è scaturita la giurisprudenza Deggendorf, cit. supra al punto 8, la Commissione avrebbe del resto provato l’esistenza di un duplice effetto distorsivo. Orbene, nella specie, essa non avrebbe affrontato il tema degli effetti concreti sulla concorrenza derivanti dal provvedimento di cui trattasi.

154    La ricorrente deduce che, nella specie, non sussiste il minimo effetto di cumulo. Essa costituirebbe un’impresa distinta dall’ACEA, ragion per cui sarebbe impossibile che il provvedimento di cui trattasi si aggiunga ai vantaggi fiscali ottenuti dall’ACEA. Inoltre, il cumulo di tali aiuti non potrebbe dar luogo a distorsioni della concorrenza su qualsivoglia mercato e, in particolare, sul mercato del teleriscaldamento. La difficoltà di valutare l’effetto di cumulo non sarebbe sufficiente a giustificare la sospensione del nuovo aiuto e sarebbe, inoltre, frutto di una scelta di metodo effettuata dalla Commissione. Il preteso effetto di cumulo non risulterebbe, del resto, eliminato con la restituzione dei primi aiuti da parte dell’ACEA.

155    Priva di ogni fondamento sarebbe, inoltre, l’affermazione della Commissione secondo cui una parte dell’aiuto non recuperato potrebbe essere attribuita alla ricorrente. Infatti, l’aiuto, quand’anche fosse andato a beneficio del ramo d’azienda trasferito alla ricorrente – cosa indimostrata –, sarebbe stato comunque preso in considerazione nel valore dell’apporto dell’ACEA nella joint venture, a beneficio della sola ACEA. Tale elemento, oltre ad escludere che la ricorrente possa essere tenuta al rimborso, escluderebbe a fortiori l’effetto di cumulo. La Commissione non avrebbe spiegato in qual modo la ricorrente possa avvantaggiarsi degli aiuti concessi all’ACEA.

156    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

Giudizio del Tribunale

157    Nel capitolo 1.4 della decisione impugnata, intitolato «La giurisprudenza Deggendorf», la Commissione afferma che, dopo più di due anni dall’emanazione della decisione 2003/193, la Repubblica italiana, lungi dall’aver recuperato l’aiuto dichiarato illegittimo e incompatibile, non ha ancora proceduto alla quantificazione degli importi che le imprese in questione devono restituire, ragion per cui essa non è in grado di determinare l’importo esatto dell’aiuto di cui l’ACEA ha beneficiato precedentemente al provvedimento di cui trattasi. Ai ‘considerando’ 62 e 63 della decisione impugnata l’istituzione così prosegue:

«(62) (...) Né il governo italiano, né l’ACEA hanno fornito elementi che mostrino che, nel caso dell’ACEA, i vantaggi derivanti dal regime considerato incompatibile debbano essere considerati come non costituenti aiuto, o costituenti aiuto esistente, o compatibile per via delle caratteristiche specifiche del beneficiario. Al contrario, a causa del loro ammontare, e per la natura delle attività svolte da ACEA in vari mercati all’epoca della concessione dell’aiuto, tra cui la produzione e la distribuzione di energia e elettricità, i vantaggi conferiti ad ACEA devono essere considerati come aventi un effetto sugli scambi comunitari e distortivi della concorrenza. Inoltre i vantaggi sono considerevoli, in quanto corrispondono all’ammontare dovuto per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) per tre anni. Quindi il gruppo ACEA, inclusa [la ricorrente], è ancora nella posizione di percettore di aiuti illegittimi e incompatibili, che devono ancora essere restituiti e la distorsione di concorrenza è ancora operante.

(63) In queste circostante, anche se l’importo esatto del primo aiuto non è determinato, l’effetto cumulativo dei due aiuti all’ACEA ed il loro impatto distorsivo sul mercato comune rendono l’aiuto notificato incompatibile con il mercato comune».

158    Nel capitolo 1.5 della decisione impugnata intitolato «Applicazione alla fattispecie della giurisprudenza Deggendorf», la Commissione rammenta, anzitutto, tale giurisprudenza. Essa conferma poi i suoi precedenti rilievi, secondo cui la ricorrente fa parte del gruppo ACEA ove il beneficiario è sostanzialmente lo stesso. Dopo aver respinto l’argomento relativo al carattere regionale del provvedimento di cui trattasi e del carattere nazionale dell’aiuto oggetto della decisione 2003/193, la Commissione dichiara, al ‘considerando’ 68 della decisione impugnata, quanto segue:

«La giurisprudenza Deggendorf si applica in tutti i casi in cui il destinatario di un aiuto non abbia restituito quanto deciso dalla Commissione, a prescindere dal fatto che si tratti di un aiuto individuale o di un regime di aiuti. La Commissione ritiene che l’ACEA era compresa tra i destinatari dell’aiuto alle municipalizzate, in quanto almeno parte di quell’aiuto è stato dato a tutte le imprese rientranti in quella categoria, e quindi anche all’ACEA».

159    Nell’ambito di tale motivo, la ricorrente deduce argomenti attinenti, in primo luogo, all’assenza di identità tra essa e l’ACEA con conseguente assenza di effetto di cumulo dei due aiuti di cui trattasi, in secondo luogo, alla decisione 2003/193 e, in terzo luogo, all’erroneità dell’interpretazione della giurisprudenza Deggendorf, citata supra al punto 8.

Sull’assenza di identità tra l’ACEA e la ricorrente e sull’assenza di effetto di cumulo tra i due aiuti di cui trattasi

160    Dall’esame effettuato supra, ai punti 101‑143, emerge che la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove ha ritenuto che l’ACEA e la ricorrente formassero una sola unità economica e che il gruppo ACEA dovesse essere considerato quale beneficiario del provvedimento di cui trattasi. Conseguentemente, gli argomenti dedotti dalla ricorrente attinenti all’assenza di identità tra essa e l’ACEA non possono trovare accoglimento.

161    È pacifico che l’ACEA, che comprendeva ancora, all’epoca, il ramo d’azienda poi trasferito alla ricorrente, faceva parte delle imprese municipalizzate del settore energetico interessate dalle misure dichiarate illegittime ed incompatibili dalla Commissione con la decisione 2003/193. Al momento dell’adozione della decisione impugnata, le autorità italiane non avevano ancora proceduto al recupero delle somme di cui l’ACEA aveva beneficiato. Quest’ultima restava quindi beneficiaria di un aiuto illegittimo ed incompatibile non restituito, senza che la sua buona volontà possa peraltro modificare tale constatazione.

162    Orbene, atteso che il beneficiario del provvedimento di cui trattasi è il gruppo ACEA di cui fanno parte la stessa ACEA e la ricorrente, l’effetto di cumulo del primo aiuto e di quest’ultimo provvedimento in seno allo stesso gruppo non può essere quindi contestato.

163    A tal riguardo, la Commissione non era tenuta a dimostrare che la ricorrente aveva beneficiato o poteva beneficiare dell’aiuto illegittimo e incompatibile percepito all’epoca dall’ACEA, atteso che l’effetto di cumulo dev’essere valutato nell’ambito dell’esame del provvedimento di cui trattasi, riguardo al gruppo ACEA e non unicamente riguardo alla ricorrente. Per gli stessi motivi, non è pertinente nemmeno il fatto che il primo aiuto sia stato preso in considerazione o meno nel valore del conferimento dell’ACEA nella joint venture. Parimenti, il mercato interessato dalla distorsione della concorrenza è, nel caso sia del primo aiuto sia del provvedimento di cui trattasi, quello in cui opera il gruppo ACEA.

Sugli argomenti attinenti alla decisione 2003/193

164    La ricorrente deduce che, atteso che la decisione 2003/193 riguarda un regime generale di aiuti e non contiene ordini di recupero individuali, la giurisprudenza Deggendorf, citata supra al punto 8, non può trovare applicazione.

165    In primo luogo, si deve anzitutto rammentare che l’art. 88, n. 2, primo comma, CE attribuisce alla Commissione la responsabilità di attuare, sotto il controllo del giudice comunitario, un procedimento speciale per l’esame permanente e il controllo degli aiuti che gli Stati membri intendono porre in essere (sentenze della Corte 14 febbraio 1990, causa C‑301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑307, punto 16, e 4 febbraio 1992, causa C‑294/90, British Aerospace e Rover/Commissione, Racc. pag. I‑493, punto 10). In particolare, nella sfera della valutazione della compatibilità con il mercato comune degli aiuti ex articolo 87, n. 3, CE, la Commissione usufruisce di un ampio potere discrezionale, il cui esercizio implica valutazioni di ordine economico e sociale che devono essere effettuate in un contesto comunitario (v. sentenza Francia/Commissione, cit., punto 49). La Commissione, quando esamina la compatibilità di un aiuto con il mercato comune, deve prendere in considerazione tutti gli argomenti pertinenti, ivi compreso, eventualmente, il contesto già esaminato in una decisione precedente nonché gli obblighi che tale decisione precedente ha potuto imporre ad uno Stato membro (sentenza della Corte 3 ottobre 1993, causa C‑261/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑4437, punto 20).

166    Nella giurisprudenza Deggendorf, cit. al punto 8 supra, la Corte ne ha dedotto che la Commissione non oltrepassa il potere discrezionale di cui dispone qualora, a fronte di un progetto di aiuti che uno Stato membro intenda concedere ad un’impresa, decida di dichiarare tale aiuto compatibile con il mercato comune, ma con la riserva del previo rimborso da parte dell’impresa medesima di un precedente aiuto dichiarato illegittimo, in considerazione dell’effetto cumulato degli aiuti di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza 15 maggio 1997, TWD/Commissione, punto 8 supra, punti 25‑27).

167    Tale giurisprudenza risponde alla necessità di evitare l’effetto cumulato degli aiuti non rimborsati e degli aiuti previsti che attribuirebbe all’impresa interessata un vantaggio concorrenziale illecito che falserebbe la concorrenza in misura contraria all’interesse comunitario (sentenza 13 settembre 1995, TWD/Commissione, punto 8 supra, punto 83). Orbene, tale esigenza resta la stessa, che si tratti di un aiuto individuale o di un aiuto concesso sulla base di un regime di aiuti.

168    In secondo luogo, si deve necessariamente rilevare che dai ‘considerando’ 43‑45 della decisione 2003/193 emerge che, nell’ambito del procedimento di indagine formale, la Commissione ha proceduto all’esame generale del regime di aiuti di cui trattasi e non dei singoli aiuti concessi alle varie imprese. La autorità italiane non hanno d’altronde chiesto di esaminare singole fattispecie di esecuzione di tale regime né hanno fornito all’istituzione tutte le informazioni necessarie a tal fine.

169    Peraltro, per quanto attiene all’ordine di recupero degli aiuti di cui trattasi, i ‘considerando’ 124 e 125 della decisione 2003/193 così recitano:

«(124) La Commissione constata inoltre che [la Repubblica italiana], in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato, ha dato illegittimamente esecuzione ai regimi di aiuto di Stato istituiti dall’articolo 3, comma 70, e dall’articolo 9 bis del decreto legge n. 318/1986. La Commissione conclude inoltre che detti aiuti di Stato sono incompatibili con il mercato comune.

(125) Ai sensi di una giurisprudenza consolidata e dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999, la Commissione dispone che lo Stato membro interessato deve prendere tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto presso i beneficiari. Nel caso di specie le autorità italiane non hanno sostenuto che il recupero dell’aiuto sarebbe contrario ad un principio generale del diritto comunitario né tanto meno la Commissione ritiene che un tale principio impedisca il recupero dell’aiuto».

170    Conformemente all’art. 88, n. 2, CE la Commissione ha ordinato allo Stato interessato di adottare i provvedimenti di recupero.

171    Per quanto attiene all’esame che ha condotto all’adozione della decisione 2003/193, emerge dalla giurisprudenza che, nel caso di un programma di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiarne le caratteristiche onde stabilire se, in considerazione delle modalità previste dal programma stesso, questo dia un notevole vantaggio ai beneficiari rispetto ai loro concorrenti e sia tale da favorire essenzialmente le imprese che partecipano agli scambi tra Stati membri (sentenza della Corte 14 ottobre 1987 causa 248/84, Germania/Commissione, Racc. pag. 4013, punto 18).

172    La decisione 2003/193 non doveva contenere un’analisi degli aiuti singolarmente concessi sulla base del regime in questione. È solo a livello del recupero degli aiuti che si rende necessario verificare la situazione individuale di ciascuna impresa interessata (v., in tal senso, sentenza 7 marzo 2002, Italia/Commissione, punto 42 supra, punto 91).

173    La Corte ha parimenti ricordato che, per quanto riguarda l’argomento secondo cui il rimborso sarebbe complesso e difficilmente verificabile nonché l’argomento relativo alla larga diffusione del regime degli aiuti nel tessuto produttivo nazionale, è sufficiente rilevare, conformemente alla giurisprudenza della Corte, che il timore di difficoltà interne, anche insormontabili, non può giustificare il fatto che uno Stato membro non osservi gli obblighi che gli incombono ai sensi del diritto comunitario (sentenza della Corte 27 giugno 2000, causa C‑404/97, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑4897, punto 52).

174    Il fatto che lo Stato membro di cui trattasi dimostri la necessità di verificare la situazione individuale di ciascuna impresa interessata dal recupero degli aiuti illegittimi, come d’altronde riconosciuto dalla Corte nella sentenza 7 marzo 2002, Italia/Commissione, punto 42 supra (punto 91), non è tantomeno idoneo a giustificare la mancata esecuzione della decisione che ordina il recupero degli aiuti medesimi (sentenza della Corte 1° aprile 2004, causa C‑99/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑3353, punto 23, e giurisprudenza ivi richiamata).

175    Nella sentenza 1° giugno 2006, causa C‑207/05, Commissione/Italia (,non pubblicata nella Raccolta), la Corte ha del resto affermato che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti per non aver adottato, entro i termini imposti, i provvedimenti necessari ai fini del recupero, nei confronti dei beneficiari, degli aiuti dichiarati illegittimi dalla decisione 2003/193.

176    Dalle suesposte considerazioni emerge che la decisione 2003/193, se è pur vero che riguardava un regime generale di aiuti, implicava nondimeno l’obbligo per le autorità italiane di procedere al recupero degli aiuti illegittimi nei confronti dei beneficiari, obbligo rimasto ancora inadempiuto alla data di emanazione della decisione impugnata, nel senso che nessun aiuto era stato restituito. La ricorrente non può fare valere tale violazione del diritto comunitario invocando l’assenza di un ordine di recupero nei confronti dell’ACEA.

177    Quanto al fatto che l’ACEA sia interessata dalla decisione 2003/193, nella decisione impugnata la Commissione deduce, ai ‘considerando’ 69 e 70, due elementi specifici, vale a dire il ricorso proposto dall’ACEA dinanzi al Tribunale avverso la decisione 2003/193 (causa T‑297/02) ed il riferimento, contenuto nella relazione finanziaria dell’ACEA, a tale decisione e ai rischi finanziari che ne potevano derivare.

178    Per quanto attiene al ricorso proposto dall’ACEA contro la decisione 2003/193, la sua ricevibilità presuppone che essa sia direttamente e individualmente interessata, quale beneficiaria effettiva dell’aiuto controverso di cui è stata chiesta la restituzione, dalla decisione medesima. Si deve tuttavia sottolineare che, ai sensi dell’art. 242 CE, tale ricorso non ha effetti sospensivi. La decisione 2003/193 ha presunzione di validità e trova applicazione. Con sentenza del Tribunale 11 giugno 2009, causa T‑297/02, ACEA/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta), il ricorso dell’ACEA contro la decisione 2003/193 è stato, del resto, respinto.

179    È ben vero che, come affermato dalla ricorrente, il riferimento alla decisione 2003/193 contenuto nella relazione finanziaria dell’ACEA (v. ‘considerando’ 70 della decisione impugnata) non prova che l’ACEA abbia beneficiato di un vantaggio in violazione delle norme del Trattato. Tale riferimento e la quantificazione dei conseguenti rischi finanziari possono perfettamente rispondere ad un’esigenza di buona amministrazione. Resta tuttavia il fatto che, nel proprio bilancio consolidato, l’ACEA fa riferimento ai rilevanti effetti negativi per la propria attività e sui propri risultati che potrebbero derivare dal procedimento di recupero, valutandoli, secondo la decisione impugnata, in EUR 28 milioni per il 1998 e in EUR 290 milioni per il 1999. L’ACEA procede quindi ad una valutazione del beneficio che ritiene di aver ottenuto e pensa che sussista il rischio di doverlo rimborsare.

180    Tale ragionamento è sufficiente a fondare il ragionamento della Commissione, avendo questa parimenti rilevato, nella decisione 2003/193, che tale beneficio era stato concesso all’ACEA in violazione delle norme del Trattato. Orbene, tale decisione ha presunzione di validità e produce tutti i suoi effetti fintantoché il Tribunale non l’annullerà.

181    Nessuno degli argomenti dedotti dalla ricorrente riguardo alla decisione 2003/193 è quindi idoneo a rimettere in discussione l’applicazione della giurisprudenza Deggendorf, citata supra al punto 8.

Sugli argomenti relativi all’erronea interpretazione della giurisprudenza Deggendorf

182    A parere della ricorrente, la giurisprudenza Deggendorf, citata supra al punto 8, esige che la Commissione provi gli effetti distorsivi della concorrenza derivanti dal cumulo del provvedimento di cui trattasi con il precedente aiuto non rimborsato. Orbene, la Commissione non avrebbe affrontato tale questione. Nella specie, non vi sarebbe cumulo e, in ogni caso, il preteso cumulo non potrebbe condurre a distorsioni della concorrenza su qualsivoglia mercato.

183    A tal riguardo, nella sentenza 13 settembre 1995, TWD/Commissione, citata supra al punto 8 (punto 51), il Tribunale ha affermato che:

«Il Tribunale ritiene che, stando così le cose, le decisioni TWD II e TWD III, lette ciascuna nella loro interezza, vanno interpretate nel senso che la Commissione ha concluso che i nuovi aiuti TWD II e TWD III saranno incompatibili con il mercato comune fintantoché non si provvederà alla restituzione dei precedenti aiuti TWD I. In sede di motivazione delle decisioni contestate la Commissione ha infatti ritenuto che l’effetto cumulato dei primi aiuti TWD I e, rispettivamente, dei nuovi aiuti TWD II e TWD III altererebbe le condizioni degli scambi intracomunitari in misura contraria all’interesse comune. Il senso delle decisioni di cui trattasi è pertanto che i nuovi aiuti TWD II e TWD III, se valutati autonomamente, possono essere compatibili con il mercato comune, ma che essi non possono essere autorizzati ai sensi dell’art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato se non si è prima provveduto all’eliminazione dell’effetto cumulato dei precedenti aiuti TWD I e dei nuovi aiuti TWD II e TWD III».

184    Nella stessa sentenza, cit. al punto 8 supra, ha aggiunto quanto segue (punto 59):

«Il Tribunale sottolinea parimenti che la finalità dei ricorsi per inadempimento disciplinati dal Trattato non coincide con quella dell’art. 2 dei dispositivi delle decisioni in oggetto. Nella fattispecie, infatti, lo scopo di un ricorso per inadempimento sarebbe la constatazione di una violazione del Trattato, connessa alla mancata osservanza della decisione TWD I. Tuttavia, come giustamente sostenuto dalla Commissione, le decisioni TWD II e TWD III si riferiscono alle condizioni in presenza delle quali possono essere concessi nuovi aiuti alla TWD, la quale non era assolutamente obbligata a richiederli. In tale cornice, lo scopo dell’art. 2 dei dispositivi di cui trattasi non è di constatare la violazione della decisione TWD I, bensì di impedire il versamento di nuovi aiuti che falsino la concorrenza in misura contraria all’interesse comune».

185    La Corte ha confermato l’interpretazione del Tribunale, respingendo l’impugnazione.

186    A tal riguardo, dalla giurisprudenza Deggenfdorf, citata supra al punto 8, non risulta che la Commissione abbia stabilito che l’effetto cumulato dei due aiuti debba incidere sugli scambi.

187    Al contrario, dalla detta giurisprudenza Deggendorf, citata supra al punto 8, emerge che l’obbligo, incombente sullo Stato membro e sull’impresa potenzialmente beneficiaria di nuovi aiuti, di fornire alla Commissione gli elementi idonei a dimostrare che gli aiuti stessi sono compatibili con il mercato comune si estende parimenti alla necessità di dimostrare l’assenza di effetto cumulato del nuovo aiuto con gli aiuti precedenti illegittimi ed incompatibili con il mercato comune nonché non rimborsati.

188    Ad abundantiam, nella parte in cui il primo aiuto inciderebbe sugli scambi al pari del provvedimento di cui trattasi (v. supra, punti 59‑72), il cumulo dei due aiuti da parte del gruppo ACEA può essere difficilmente ritenuto privo di effetti sugli scambi medesimi.

189    La ricorrente deduce peraltro che, non conoscendo l’importo del primo aiuto, la Commissione non può valutarne gli effetti.

190    A tal riguardo, si deve rinviare, in primo luogo, ai rilievi esposti supra (punti 168‑176), da cui risulta che la determinazione dell’importo dell’aiuto illegittimo percepito incombeva alle autorità italiane, che sono state del resto condannate dalla Corte per inadempimento ai loro obblighi. Ammettere l’inapplicabilità della giurisprudenza Deggendorf, citata supra al punto 8, per il fatto che le autorità dello Stato membro interessato non hanno quantificato l’importo dell’aiuto illegittimo da rimborsare invoglierebbe le autorità medesime a venir meno ai loro obblighi per consentire ai beneficiari degli aiuti di Stato di sfuggire ai principi sanciti da tale giurisprudenza.

191    In secondo luogo, il fatto di non essere a conoscenza degli importi in questione non può impedire alla Commissione di rilevare che il provvedimento di cui trattasi si aggiunge ad un precedente aiuto non rimborsato, ove tale cumulo in seno ad uno stesso gruppo provoca, di per sé, una distorsione della concorrenza.

192    La Commissione non è quindi tantomeno incorsa in un’erronea interpretazione della giurisprudenza Deggendorf, citata supra al punto 8, ragion per cui il terzo motivo deve essere parimenti respinto in toto.

193    Atteso che nessuno dei tre motivi dedotti dalla ricorrente è risultato fondato, il ricorso deve essere respinto.

 Sulle spese

194    A termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, essendo rimasta soccombente, deve essere pertanto condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione. L’Electrabel sopporterà le proprie spese e quelle della Commissione connesse al suo intervento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’ACEAElectrabel Produzione SpA è condannata alle spese, ad esclusione di quelle indicate infra, al punto 3.

3)      L’Electrabel sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione per effetto del suo intervento.

Tiili

Dehousse

Wiszniewska-Białecka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 settembre 2009.

Firme


* Lingua di procedura: l’italiano.