Language of document : ECLI:EU:T:2011:268

SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

30 maggio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 1, paragrafo 2 – Ambito di applicazione – Esclusione delle clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative – Atto aggiuntivo al contratto di credito notificato dal professionista al consumatore al fine di un adeguamento alla normativa nazionale – Articolo 3, paragrafo 2 – Clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale – Mancata sottoscrizione dell’atto aggiuntivo da parte del consumatore – Presunzione di accettazione tacita di tale atto aggiuntivo – Giurisprudenza nazionale che esclude il controllo giurisdizionale del carattere abusivo di una clausola contrattuale contenuta in tale atto aggiuntivo»

Nella causa C‑176/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunalul Specializat Mureş (Tribunale specializzato di Mureş, Romania), con decisione del 2 marzo 2021, pervenuta in cancelleria il 21 marzo 2023, nel procedimento

UG

contro

SC Raiffeisen Bank SA,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da N. Piçarra, presidente di sezione, N. Jääskinen (relatore) e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo rumeno, da R. Antonie, E. Gane e L. Ghiţă, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, da P. Barros da Costa, A. Cunha, A. Luz e L. Medeiros, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Boitos e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocata generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29 e rettifica in GU 2015, L 137, pag. 13).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra UG, un consumatore, e la SC Raiffeisen Bank SA, relativamente all’accertamento del carattere abusivo di clausole contenute in un contratto di credito stipulato tra dette parti.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Il tredicesimo considerando della direttiva 93/13 enuncia quanto segue:

«[C]onsiderando che si parte dal presupposto che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive; che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative nonché principi o disposizioni di convenzioni internazionali di cui gli Stati membri o la Comunità sono parte; che a questo riguardo l’espressione “disposizioni legislative o regolamentari imperative” che figura all’articolo 1, paragrafo 2 comprende anche le regole che per legge si applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo».

4        L’articolo 1, paragrafo 2, della suddetta direttiva così prevede:

«Le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative e disposizioni o principi di convenzioni internazionali, in particolare nel settore dei trasporti, delle quali gli Stati membri o la Comunità sono parte, non sono soggette alle disposizioni della presente direttiva».

5        L’articolo 3 della direttiva in parola dispone quanto segue:

«1.      Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

2.      Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.

Il fatto che taluni elementi di una clausola o che una clausola isolata siano stati oggetto di negoziato individuale non esclude l’applicazione del presente articolo alla parte restante di un contratto, qualora una valutazione globale porti alla conclusione che si tratta comunque di un contratto di adesione.

Qualora il professionista affermi che una clausola standardizzata è stata oggetto di negoziato individuale, gli incombe l’onere della prova».

 Diritto rumeno

 Legge concernente le clausole abusive

6        L’articolo 3 della Legea nr. 193 privind clauzele abuzive din contractele încheiate între profesioniști și consumatori (legge n. 193, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati tra professionisti e consumatori), del 6 novembre 2000 (ripubblicata nel Monitorul Oficial al României, parte I, n. 543 del 3 agosto 2012; in prosieguo: la «legge concernente le clausole abusive»), dispone, al paragrafo 2, che le clausole contrattuali previste sul fondamento di altri testi legislativi in vigore non sono soggette alle disposizioni della legge in parola.

 OUG n. 50/2010

7        Ai sensi dell’articolo 37 dell’Ordonanța de urgență a Guvernului nr. 50, privind contractele de credit pentru consumatori (decreto legge n. 50, concernente i contratti di credito ai consumatori), del 9 giugno 2010 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 389 dell’11 giugno 2010), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«OUG n. 50/2010»):

«Le seguenti regole si applicano ai contratti di credito a tasso variabile:

a)      il tasso di interesse deve essere correlato alle fluttuazioni degli indici di riferimento Euribor/ROBOR/LIBOR/tasso di riferimento della BNR [Banca Națională a României (Banca nazionale della Romania)], in funzione della valuta del credito, ai quali il creditore può aggiungere un margine, fisso per tutta la durata del contratto;

b)      il margine del tasso di interesse può essere modificato solo a seguito di modifiche legislative che lo impongano espressamente;

c)      conformemente alla politica commerciale di ciascun ente creditizio, in deroga alle disposizioni di cui alla lettera b), il valore del margine e degli indici di riferimento può essere ridotto;

d)      il contratto deve indicare espressamente il metodo di calcolo della variazione del tasso di interesse, precisando la periodicità e/o le condizioni della modifica del tasso di interesse, al rialzo o al ribasso;

e)      gli elementi rientranti nel metodo di calcolo della variazione del tasso di interesse e il valore di quest’ultimo devono essere pubblicati sui siti Internet e in tutti i locali dei creditori».

8        Ai sensi dell’articolo 95 dell’OUG n. 50/2010:

«1.      Per i contratti in corso di esecuzione, i creditori sono tenuti a garantire, entro il termine di 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge, la conformità del contratto alle disposizioni del presente decreto legge.

2.      La modifica dei contratti in corso di esecuzione deve essere effettuata mediante atti aggiuntivi, entro il termine di 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge.

3.      Il creditore deve poter provare di aver impiegato tutta la dovuta diligenza per informare il consumatore quanto alla sottoscrizione degli atti aggiuntivi.

4.      È fatto divieto di introdurre negli atti aggiuntivi clausole diverse da quelle del presente decreto legge. L’introduzione negli atti aggiuntivi di qualsiasi clausola diversa da quelle imposte dal presente decreto legge è considerata nulla di diritto.

5.      La mancata sottoscrizione da parte del consumatore degli atti aggiuntivi di cui al paragrafo 2 è considerata un’accettazione tacita».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        Il 23 marzo 2007 UG ha stipulato con la Raiffeisen Bank un contratto di credito a tasso variabile per un importo di 15 300 franchi svizzeri (CHF) (circa EUR 16 048) (in prosieguo: il «contratto di credito in discussione»). Alla data di conclusione del contratto in parola, il tasso di interesse corrente era del 5,9% annuo, ma, secondo le clausole di detto contratto, il professionista aveva la possibilità di modificare tale tasso in funzione dell’evoluzione del mercato finanziario, portando a conoscenza del mutuatario il nuovo tasso di interesse secondo le modalità previste nelle condizioni generali.

10      Il 10 settembre 2010 la Raiffeisen Bank ha notificato a UG un atto aggiuntivo al contratto di credito in discussione al fine di adeguare quest’ultimo ai requisiti dell’OUG n. 50/2010. Con detta notifica, la Raiffeisen Bank indicava a UG che il legislatore nazionale aveva imposto modifiche a tutti i contratti di credito stipulati con i consumatori. In particolare, dovevano essere apportate modifiche alle clausole contrattuali relative alla determinazione del tasso variabile, rapportandolo a un indice oggettivo in funzione della valuta nella quale il credito è stato concesso, maggiorato di un margine fisso da parte dall’ente creditizio per tutta la durata del contratto. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che tale atto aggiuntivo non è stato sottoscritto da UG, sicché è stato ritenuto che egli vi avesse tacitamente acconsentito, conformemente all’articolo 95, paragrafo 5, dell’OUG n. 50/2010.

11      Il 29 dicembre 2017 UG ha proposto un ricorso dinanzi alla Judecătoria Sighișoara (Tribunale di primo grado di Sighișoara, Romania), diretto in particolare a far accertare il carattere abusivo delle clausole del contratto di credito in discussione relative alla possibilità, per la banca, di modificare il tasso di interesse. UG chiedeva altresì al giudice di primo grado di dichiarare, per tale motivo, la nullità assoluta di dette clausole e la restituzione delle somme versate a titolo delle medesime.

12      Con decisione del 10 giugno 2020, il giudice di primo grado ha respinto il suddetto ricorso, con la motivazione segnatamente che, in considerazione della legge concernente le clausole abusive ‑ che recepisce la direttiva 93/13 nell’ordinamento giuridico rumeno ‑ allo stesso non era consentito esaminare il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di credito in discussione derivanti dall’atto aggiuntivo di cui al punto 10 della presente sentenza, atteso che, inter alia, esse costituiscono il riflesso di un obbligo istituito dalle disposizioni imperative di un atto normativo nazionale, ossia l’OUG n. 50/2010.

13      UG ha impugnato la suddetta sentenza dinanzi al Tribunalul Specializat Mureş (Tribunale specializzato di Mureş, Romania), giudice del rinvio, sostenendo, in particolare, che le disposizioni dell’OUG n. 50/2010 mirano unicamente a rafforzare la tutela dei consumatori e che, per quanto riguarda il contratto di credito in discussione, le modifiche ivi apportate con l’atto aggiuntivo, che gli era stato notificato dalla Raiffeisen Bank, non erano conformi all’atto normativo nazionale in parola.

14      Secondo la Raiffeisen Bank, la clausola del contratto di credito in discussione relativa alla determinazione del tasso di interesse che figurava inizialmente in detto contratto ha cessato di produrre i suoi effetti alla data di entrata in vigore dell’atto aggiuntivo del 10 settembre 2010, atteso che la suddetta clausola era stata sostituita in tale momento dalla clausola in vigore alla data di proposizione del ricorso di UG, in base alla quale detto tasso di interesse è attualmente correlato a un indice di riferimento verificabile, maggiorato di un margine fisso stabilito da parte della banca, conformemente ai requisiti dell’OUG n. 50/2010. La Raiffeisen Bank sostiene di essersi così conformata alla normativa applicabile, attuando le disposizioni nazionali pertinenti.

15      Secondo il giudice del rinvio, la questione se esso possa procedere a una valutazione del carattere eventualmente abusivo di talune clausole contrattuali rientranti nell’ambito di applicazione dell’OUG n. 50/2010 deve essere esaminata alla luce della direttiva 93/13 e della pertinente giurisprudenza della Corte, in particolare alla luce dell’interpretazione restrittiva che deve essere riservata all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, il quale costituisce un’eccezione al regime di tutela dei consumatori contro le clausole contrattuali abusive.

16      Vero è che la Corte sarebbe partita dal principio secondo cui il legislatore nazionale, imponendo alle parti una clausola contrattuale il cui contenuto riproduce una disposizione di diritto nazionale vincolante, avrebbe inteso, in tal modo, stabilire un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di detto contratto, sicché una siffatta clausola non potrebbe essere oggetto di un controllo giurisdizionale del suo carattere eventualmente abusivo. Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che, quand’anche una clausola di un contratto di credito soddisfi i requisiti di cui all’articolo 37 dell’OUG n. 50/2010, il consumatore non sia sempre in grado di rappresentarsi la portata degli obblighi che gli incombono, in quanto detta disposizione si limita a prevedere che il tasso di interesse variabile debba essere determinato non soltanto in funzione di un indice oggettivo, ma anche di un margine fisso che risponda agli interessi del professionista. Inoltre, tale indice oggettivo, benché fissato indipendentemente dalla volontà delle parti, sarebbe soggetto a fluttuazioni sostanziali. Orbene, secondo detto giudice, a differenza di un consumatore medio e avveduto, siffatte fluttuazioni possono essere sfruttate da un professionista grazie alla sua esperienza e alla sua maggiore capacità di anticipazione.

17      Di conseguenza, il giudice in parola dubita che, in mancanza di meccanismi adeguati volti a tutelare il consumatore, le disposizioni pertinenti dell’OUG n. 50/2010 possano essere considerate tali da essere attuate indipendentemente dalla volontà delle parti o essere applicabili d’ufficio, in assenza di qualsiasi altra forma di accordo tra le parti. La valutazione del carattere eventualmente abusivo delle clausole contrattuali che riproducono dette disposizioni non dovrebbe quindi essere sottratta al controllo giurisdizionale.

18      Una siffatta conclusione non sarebbe tuttavia conforme alla giurisprudenza nazionale prevalente, secondo la quale le clausole contrattuali contenute negli atti aggiuntivi configurati da professionisti sulla base dell’OUG n. 50/2010 non possono essere oggetto di un controllo del genere.

19      In tali circostanze, il Tribunalul Specializat Mureş (Tribunale specializzato di Mureş) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, nell’applicazione delle previsioni dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva [93/13], trasposte nel diritto nazionale attraverso le disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, della [legge concernente le clausole abusive],

alla luce, in particolare, dei considerando 12 e 13 della direttiva,

ma tenendo conto anche delle disposizioni degli articoli 80 e 81 [dell’OUG n. 50/2010],

esse debbano essere interpretate nel senso che non escludono la possibilità che i giudici nazionali esaminino anche i sospetti relativi al carattere abusivo delle clausole contrattuali stipulate in atti aggiuntivi ai contratti di credito conclusi dai professionisti con i consumatori prima dell’entrata in vigore di quest’ultimo atto con forza di legge, vale a dire [gli atti aggiuntivi conclusi] in virtù delle disposizioni dell’articolo 95 dell’OUG n. 50/2010, se esse siano state espressamente accettate dal consumatore, secondo le modalità previste dalle disposizioni dell’articolo 40, paragrafo 1, dell’OUG n. 50/2010, concernente i contratti di credito al consumo, oppure se le stesse siano state considerate tacitamente accettate ope legis, secondo le modalità previste dalle disposizioni dell’articolo 40, paragrafo 3, dell’OUG n. 50/2010.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se sarebbe contraria al diritto dell’Unione, in base alle premesse sopra esposte e alle circostanze della controversia pendente, una giurisprudenza dei giudici nazionali la quale stabilisce che l’accettazione espressa dell’atto aggiuntivo formulato secondo le modalità previste dalle disposizioni dell’articolo 40, paragrafo 1, dell’[OUG n. 50/2010] e in forza delle disposizioni dell’articolo 95 della medesima, implica automaticamente la conclusione che detto atto aggiuntivo è stato negoziato e che, di conseguenza, le clausole stipulate nel suo contenuto sono escluse dall’esame di eventuali sospetti che esse abbiano carattere abusivo».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

20      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che esso osta alla valutazione del carattere abusivo delle clausole contenute in un contratto di credito al consumo stipulato tra un consumatore e un professionista in circostanze in cui siano state apportate modifiche da parte di tale professionista a dette clausole al fine di garantire la conformità del suddetto contratto di credito a una normativa nazionale imperativa relativa alle modalità di determinazione del tasso di interesse, in virtù della quale il tasso in parola deve essere sostituito da un tasso di interesse determinato sulla base di uno degli indici di riferimento previsti da tale normativa e maggiorato di un margine fisso stabilito da detto professionista per tutta la durata del contratto.

21      Anzitutto, occorre sottolineare che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 esclude dall’ambito di applicazione di quest’ultima le clausole contrattali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative.

22      Inoltre, tenuto conto dell’obiettivo perseguito da tale direttiva, ossia la tutela dei consumatori contro le clausole abusive nei contratti conclusi con un professionista, l’esclusione prevista a tale articolo 1, paragrafo 2, deve essere interpretata in senso stretto (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Trapeza Peiraios, C‑243/20, EU:C:2021:1045, punto 37).

23      Da un lato, da costante giurisprudenza risulta che l’espressione «disposizioni legislative o regolamentari imperative», letta alla luce del tredicesimo considerando di detta direttiva, comprende sia le disposizioni di diritto nazionale che si applicano tra le parti contraenti indipendentemente dalla loro scelta, sia quelle di natura suppletiva, cioè che si applicano in via residuale, in assenza di un diverso accordo tra le parti (sentenza del 21 dicembre 2021, Trapeza Peiraios, C‑243/20, EU:C:2021:1045, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

24      Per quanto attiene, d’altro lato, al punto se una clausola contrattuale «riproduca», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, una siffatta disposizione legislativa o regolamentare imperativa di diritto nazionale, occorre ricordare che l’esclusione istituita da tale disposizione è giustificata dal fatto che, in linea di principio, è legittimo presumere che il legislatore nazionale abbia stabilito un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di determinati contratti, equilibrio che il legislatore dell’Unione ha espressamente voluto preservare. Inoltre, la circostanza che sia stato stabilito un siffatto equilibrio costituisce non già una condizione per l’applicazione dell’esclusione di cui al citato articolo 1, paragrafo 2, bensì la giustificazione di una simile esclusione (sentenza del 6 luglio 2023, First Bank, C‑593/22, EU:C:2023:555, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

25      Pertanto, nel caso di specie, al fine di valutare se una clausola contrattuale che riproduce una disposizione dell’OUG n. 50/2010 sia esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva 93/13 in virtù dell’articolo 1, paragrafo 2, di quest’ultima, non spetta al giudice del rinvio verificare preliminarmente che, con tale atto, il legislatore nazionale si sia premurato di stabilire un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti del contratto in discussione.

26      Dalla giurisprudenza della Corte, poi, risulta che una clausola di un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista che riproduce una disposizione di diritto nazionale imperativa non applicabile a tale contratto o che si limita a fare riferimento non a una siffatta disposizione, bensì a una normativa nazionale nel suo insieme, non può essere intesa nel senso che riproduce una disposizione di diritto nazionale imperativa, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, e essere, pertanto, sottratta al controllo giurisdizionale del suo carattere eventualmente abusivo (v., in tal senso, sentenze del 21 marzo 2013, RWE Vertrieb, C‑92/11, EU:C:2013:180, punto 30, e del 3 aprile 2019, Aqua Med, C‑266/18, EU:C:2019:282, punti da 35 a 38).

27      Pertanto, perché una clausola contrattuale «riproduca» una disposizione legislativa o regolamentare imperativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, tale clausola deve riprodurre il contenuto normativo di una disposizione imperativa applicabile al contratto di cui trattasi, di modo che la si possa ritenere espressione, in termini concreti, della stessa norma giuridica di cui a tale disposizione imperativa (sentenza del 6 luglio 2023, First Bank, C‑593/22, EU:C:2023:555, punto 25)

28      Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio procedere alle valutazioni necessarie al fine di determinare se la clausola contrattuale in discussione nel procedimento principale riproduca, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, le disposizioni pertinenti dell’OUG n. 50/2010.

29      Nondimeno, tenuto conto degli elementi che emergono dal fascicolo di cui dispone la Corte, risulta che le clausole contrattuali contenute nel contratto di credito in discussione nel procedimento principale derivano dalle disposizioni dell’OUG n. 50/2010. Infatti, le disposizioni in parola hanno obbligato le banche ad apportare determinate modifiche a tutti i contratti di credito al consumo. Detto obbligo legale ha riguardato in particolare le clausole relative alle modalità di determinazione del tasso di interesse variabile. Inoltre, sembra che l’OUG n. 50/2010 abbia privato i consumatori della possibilità di accettare o rifiutare tali modifiche. L’OUG n. 50/2010 prevedeva infatti che se i consumatori non firmavano l’atto aggiuntivo notificato dalla banca, i relativi termini si ritenevano tacitamente accettati dagli stessi.

30      Tuttavia, sebbene l’articolo 37, lettera a), dell’OUG n. 50/2010 prevedesse che il tasso di interesse dei contratti di crediti dovesse essere sostituito da un tasso di interesse determinato sulla base di un indice di riferimento e di un margine fisso, applicabile per tutta la durata del contratto, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta nondimeno che le banche disponevano di un margine di discrezionalità per quanto riguarda tanto la scelta dell’indice di riferimento quanto l’entità di tale margine fisso.

31      Stanti tali circostanze, risulta ‑ ciò che spetta al giudice del rinvio verificare ‑ che la normativa nazionale ha stabilito un quadro generale e le condizioni da rispettare ai fini della fissazione del nuovo tasso di interesse variabile, lasciando nel contempo un margine di discrezionalità agli enti creditizi per il calcolo di tale nuovo tasso.

32      Orbene, nella sua sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138, punti da 33 a 37), la Corte ha dichiarato che l’esclusione prevista all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 non si applicava a una clausola contrattuale che prevedeva che il tasso di interesse applicabile al mutuo fosse fondato su uno degli indici di riferimento ufficiali previsti dalla normativa nazionale, qualora tale normativa non prevedesse l’applicazione imperativa di detto indice, ma lasciasse alla banca la possibilità di definire il tasso di interesse variabile in altro modo.

33      Ne consegue che l’esclusione prevista all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 non si applica nella situazione in cui siano state apportate modifiche da parte di un professionista a talune clausole di un contratto di credito al consumo per garantire la conformità di detto contratto a una normativa nazionale, adottata dopo la stipulazione di quest’ultimo, qualora la normativa in parola si limiti a stabilire un quadro generale per la fissazione del tasso di interesse di detto contratto di credito, lasciando nel contempo a tale professionista un margine di discrezionalità per quanto riguarda tanto la scelta dell’indice di riferimento di tale tasso quanto l’entità del margine fisso che può essere aggiunto a detto tasso.

34      Infine, tenuto conto degli interrogativi del giudice del rinvio, occorre ricordare, a ogni fine utile, che l’applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 ha carattere oggettivo e non dipende, ad esempio, dalle informazioni fornite al consumatore dal professionista, né dalla conoscenza che il consumatore ha delle disposizioni giuridiche applicabili (sentenza del 6 luglio 2023, First Bank, C‑593/22, EU:C:2023:555, punto 31).

35      Pertanto, l’eventuale accettazione, espressa o tacita, delle modifiche del contratto in discussione da parte del consumatore non può avere un’incidenza sul punto se le clausole contrattuali interessate da dette modifiche siano escluse dall’ambito di applicazione della direttiva 93/13 in virtù del suo articolo 1, paragrafo 2.

36      In considerazione dei motivi che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla valutazione del carattere abusivo di clausole contenute in un contratto di credito al consumo stipulato tra un consumatore e un professionista in circostanze in cui siano state apportate modifiche da parte di tale professionista a dette clausole al fine di garantire la conformità del contratto in parola a una normativa nazionale imperativa relativa alle modalità di determinazione del tasso di interesse, qualora detta normativa si limiti a stabilire un quadro generale per la fissazione del tasso di interesse di detto contratto, lasciando nel contempo a tale professionista un margine di discrezionalità per quanto riguarda tanto la scelta dell’indice di riferimento di tale tasso quanto l’entità del margine fisso che può essere aggiunto a quest’ultimo.

 Sulla seconda questione

37      Secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia che gli è sottoposta. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Inoltre, la Corte può essere condotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nella formulazione della sua questione (sentenza del 15 luglio 2021, Ministrstvo za obrambo, C‑742/19, EU:C:2021:597, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

38      Spetta alla Corte trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione tenuto conto dell’oggetto della controversia [sentenza del 21 marzo 2024, Profi Credit Bulgaria (Servizi accessori al contratto di credito), C‑714/22, EU:C:2024:263, punto 48 e giurisprudenza ivi citata].

39      Nel caso di specie, le clausole contrattuali contenute nell’atto aggiuntivo in discussione nel procedimento principale sarebbero state prestabilite dalla Raiffeisen Bank e il ricorrente nel procedimento principale non avrebbe avuto la possibilità di negoziarne le clausole o di avere una qualsivoglia influenza sul loro contenuto. Dalla decisione di rinvio risulta che la giurisprudenza nazionale prevalente ritiene che le clausole contrattuali contenute in atti aggiuntivi configurati da professionisti sul fondamento dell’OUG n. 50/2010 non possano essere oggetto di un esame del loro carattere eventualmente abusivo, anche qualora tali clausole non siano state oggetto di negoziato con il consumatore.

40      In tali circostanze, occorre ritenere che, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 3 della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale in virtù della quale le modifiche apportate da un professionista alle clausole di un contratto di credito al consumo per garantire la conformità di detto contratto a una normativa nazionale, che lascia un margine di discrezionalità al professionista, non possono essere oggetto di un esame del loro carattere eventualmente abusivo, anche qualora tali clausole non siano state oggetto di negoziato con il consumatore.

41      Al riguardo, in virtù dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, solo una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore che non sia stata oggetto di negoziato individuale può essere oggetto di un controllo giurisdizionale del suo carattere eventualmente abusivo.

42      L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva in parola precisa inoltre che si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente da parte del professionista e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto, ipotesi che ricorrerà necessariamente qualora si tratti di un contratto di adesione.

43      Sebbene spetti al giudice del rinvio prendere in considerazione l’insieme delle circostanze in cui una simile clausola è stata presentata al consumatore al fine di determinare se quest’ultimo abbia potuto esercitare un’influenza sul suo contenuto (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punto 35), la Corte ha tuttavia già dichiarato che la mera sottoscrizione di un contratto stipulato da un consumatore con un professionista, nel quale si preveda che, mediante la sottoscrizione, detto consumatore accetta l’insieme delle clausole contrattuali preventivamente redatte dal professionista, non comporta un’inversione della presunzione secondo cui siffatte clausole non sono state oggetto di negoziato individuale (ordinanza del 24 ottobre 2019, Topaz, C‑211/17, EU:C:2019:906, punto 51).

44      La Corte ha altresì dichiarato che una modifica apportata a una clausola relativa ai tassi di interesse che rientri nella politica generale di rinegoziazione dei contratti di mutuo ipotecario a tasso variabile al fine di rendere tale clausola conforme a una decisione di una corte suprema potrebbe costituire un indizio del fatto che il consumatore non abbia potuto esercitare alcuna influenza sul contenuto di detta clausola. Inoltre, la circostanza che il consumatore abbia fatto precedere la sua firma da una menzione manoscritta che indicava che egli avesse compreso il meccanismo della medesima clausola non è sufficiente per stabilire che quest’ultima sia stata oggetto di negoziato individuale (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punti 36 e 38).

45      Ne consegue che il carattere negoziato di una clausola contenuta in un contratto di credito stipulato tra un professionista e un consumatore non può fondarsi su una semplice presunzione, senza che venga provato che il consumatore abbia, in realtà, potuto concretamente negoziare tale clausola ed avere così un’influenza sul suo contenuto.

46      In considerazione dei motivi che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 3 della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale in virtù della quale le modifiche apportate da un professionista alle clausole di un contratto di credito al consumo per garantire la conformità di detto contratto a una normativa nazionale, che lascia un margine di discrezionalità al professionista, non possono essere oggetto di un esame del loro eventuale carattere abusivo, anche qualora tali clausole non siano state oggetto di negoziato con il consumatore.

 Sulle spese

47      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta alla valutazione del carattere abusivo di clausole contenute in un contratto di credito al consumo stipulato tra un consumatore e un professionista in circostanze in cui siano state apportate modifiche da parte di tale professionista a dette clausole al fine di garantire la conformità del contratto in parola a una normativa nazionale imperativa relativa alle modalità di determinazione del tasso di interesse, qualora detta normativa si limiti a stabilire un quadro generale per la fissazione del tasso di interesse di detto contratto, lasciando nel contempo a tale professionista un margine di discrezionalità per quanto riguarda tanto la scelta dell’indice di riferimento di tale tasso quanto l’entità del margine fisso che può essere aggiunto a quest’ultimo.

2)      L’articolo 3 della direttiva 93/13

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a una giurisprudenza nazionale in virtù della quale le modifiche apportate da un professionista alle clausole di un contratto di credito al consumo per garantire la conformità di detto contratto a una normativa nazionale, che lascia un margine di discrezionalità al professionista, non possono essere oggetto di un esame del loro eventuale carattere abusivo, anche qualora tali clausole non siano state oggetto di negoziato con il consumatore.

Firme


*      Lingua processuale: il rumeno.