Language of document : ECLI:EU:T:2021:348

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

8 giugno 2021 (*)

«Ricorso di annullamento – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Accordo sul recesso del Regno Unito dall’Unione e dall’Euratom – Decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso – Cittadini del Regno Unito – Perdita della cittadinanza dell’Unione – Insussistenza di incidenza individuale – Atto non regolamentare – Irricevibilità»

Nella causa T‑198/20,

Harry Shindler, residente a Porto d’Ascoli (Italia), e gli altri ricorrenti i cui nomi sono riportati in allegato (1), rappresentati da J. Fouchet, avocat,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bauer, R. Meyer e J. Ciantar, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento, totale o parziale, da una parte dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 7) e, dall’altra parte, della decisione (UE) 2020/135 del Consiglio, del 30 gennaio 2020, relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto da A. Kornezov, presidente, E. Buttigieg, K. Kowalik-Bańczyk (relatrice), G. Hesse e M. Stancu, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la presente

Ordinanza

 Fatti

1        I ricorrenti, Harry Schindler e gli altri ricorrenti, i cui nominativi sono riportati in allegato, sono cittadini del Regno Unito residenti in Irlanda, Spagna, Francia e Italia.

2        Il 23 giugno 2016 i cittadini del Regno Unito si sono pronunciati mediante un referendum a favore del recesso del loro paese dall’Unione europea.

3        Il 29 marzo 2017 il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha notificato al Consiglio europeo l’intenzione di recedere dall’Unione a norma dell’articolo 50, paragrafo 2, TUE.

4        Il 24 gennaio 2020 i rappresentanti dell’Unione e del Regno Unito hanno firmato l’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 7; in prosieguo: l’«accordo di recesso»).

5        Il 30 gennaio 2020 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione (UE) 2020/135 relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 1). Ai sensi dell’articolo 1 di tale decisione, l’accordo di recesso è stato approvato a nome dell’Unione e della Comunità europea dell’energia atomica.

6        Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito ha receduto dall’Unione e dalla Comunità europea dell’energia atomica. Il 1° febbraio 2020 l’accordo di recesso è entrato in vigore.

 Procedimento e conclusioni delle parti

7        Con atto introduttivo registrato il 30 marzo 2020 i ricorrenti hanno proposto il ricorso di cui trattasi.

8        Il 21 aprile 2020 i ricorrenti hanno presentato una memoria con cui chiedevano che il Tribunale sottoponesse alla Corte alcune questioni pregiudiziali. Il 28 aprile 2020 il presidente del Tribunale ha stabilito di non inserire tale memoria nel fascicolo della causa.

9        Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 luglio 2020, il Consiglio ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

10      Il 21 agosto 2020 i ricorrenti hanno depositato presso la cancelleria del Tribunale le loro osservazioni circa l’eccezione di irricevibilità.

11      Nel frattempo, con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 giugno 2020, la Commissione europea ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale l’8 luglio 2020 il Consiglio ha riferito di non avere alcuna osservazione da formulare al riguardo.

12      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 agosto 2020 British in Europe, associazione di diritto francese, ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni dei ricorrenti. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 26 novembre 2020 il Consiglio si è rimesso al prudente apprezzamento del Tribunale per quanto riguarda l’eventuale ammissione di tale intervento.

13      Con ordinanza del 5 novembre 2020, il Tribunale (Decima Sezione), sulla base dell’articolo 130, paragrafo 7, del regolamento di procedura, ha riunito l’eccezione di irricevibilità all’esame del merito ed ha riservato la decisione sulle spese.

14      Con decisione del 10 novembre 2020 il Tribunale ha rinviato la causa dinanzi alla Decima Sezione ampliata, in conformità all’articolo 28 del regolamento di procedura.

15      Il Consiglio ha depositato il controricorso il 18 gennaio 2021. L’11 febbraio 2021 il presidente della Decima Sezione ampliata ha stabilito di non notificare il controricorso ai ricorrenti.

16      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 19 gennaio 2021 i ricorrenti hanno chiesto la sospensione del procedimento nella presente causa ai sensi dell’articolo 69, lettera d), del regolamento di procedura. Con lettera depositata presso la cancelleria l’8 febbraio 2021 il Consiglio ha presentato osservazioni sulla domanda di sospensione. Con decisione del 10 febbraio 2021 il presidente della Decima Sezione ampliata ha rigettato la suddetta domanda di sospensione.

17      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare totalmente l’accordo di recesso e la decisione 2020/135;

–        in subordine, annullare parzialmente l’accordo di recesso e la decisione 2020/135, «nella parte in cui tali atti distinguono in modo automatico e generale (…) i cittadini dell’Unione e i cittadini del Regno Unito», ed annullare in particolare il sesto comma del preambolo e gli articoli 9, 10 e 127 dell’accordo di recesso;

–        condannare il Consiglio alle spese, «compresi gli onorari di avvocato nella misura di 5 000 [euro]».

18      Nell’eccezione di irricevibilità il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Sulla possibilità di statuire con ordinanza

19      A norma dell’articolo 130, paragrafi 1 e 7, del regolamento di procedura, su richiesta del convenuto il Tribunale può statuire sull’irricevibilità senza avviare la discussione nel merito. Ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 6, del medesimo regolamento, il Tribunale può decidere di aprire la fase orale del procedimento sull’eccezione di irricevibilità.

20      Secondo la giurisprudenza, la possibilità di rigettare un ricorso in quanto irricevibile con ordinanza motivata, quindi senza che si tenga un’udienza, non è esclusa per il fatto che il Tribunale ha precedentemente adottato un’ordinanza che rinvia all’esame del merito un’eccezione presentata a norma dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura (v., in tal senso, ordinanza del 19 febbraio 2008, Tokai Europe/Commissione, C‑262/07 P, non pubblicata, EU:C:2008:95, punti da 26 a 28).

21      Nel caso di specie, pur avendo deciso con ordinanza del 5 novembre 2020 di pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità del Consiglio unitamente al merito della causa, il Tribunale si ritiene già sufficientemente edotto dai documenti del fascicolo per statuire con ordinanza su tale eccezione.

 Sulloggetto del ricorso

22      In via preliminare, in primo luogo occorre notare che i ricorrenti chiedono, in via subordinata, l’annullamento parziale dell’accordo di recesso e della decisione 2020/135, «nella parte in cui tali atti distinguono in modo automatico e generale (…) i cittadini dell’Unione e i cittadini del Regno Unito», e l’annullamento in particolare del sesto comma del preambolo e degli articoli 9, 10 e 127 dell’accordo di recesso (precedente punto 17, secondo trattino).

23      A questo proposito, da tutte le memorie dei ricorrenti risulta che, con la loro domanda di annullamento parziale, essi chiedono in sostanza l’annullamento degli atti menzionati al precedente punto 22, nella parte in cui tali atti priverebbero i cittadini del Regno Unito – ed in particolare quanti di loro hanno esercitato il diritto di libera circolazione nell’Unione e non sono stati autorizzati a votare nel referendum del 23 giugno 2016 – del loro status di cittadini dell’Unione e dei diritti connessi a tale status.

24      In secondo luogo è necessario notare che i ricorrenti chiedono l’annullamento, totale o parziale, non soltanto della decisione 2020/135, ma anche dello stesso accordo di recesso.

25      L’accordo di recesso tuttavia non è un atto unilaterale dell’Unione, ma un atto di diritto internazionale pattizio concluso tra, da una parte, l’Unione e, dall’altra, il Regno Unito.

26      In tal caso il controllo di legittimità, che deve essere garantito dal giudice dell’Unione, ha ad oggetto l’atto adottato dalle istituzioni dell’Unione al fine di attuare l’accordo internazionale in questione, e non quest’ultimo in quanto tale (v., in tal senso, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 286). Il controllo suddetto può nondimeno vertere sulla legittimità di tale atto alla luce del contenuto stesso dell’accordo internazionale in questione (v., per analogia, sentenza del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punto 51).

27      Perciò il giudice dell’Unione, quando viene adito con un ricorso proposto contro un accordo internazionale concluso dall’Unione, riqualifica il ricorso considerandolo proposto in concreto contro la decisione che approva la conclusione di tale accordo (v., in tal senso, sentenza del 9 agosto 1994, Francia/Commissione, C‑327/91, EU:C:1994:305, punti da 13 a 17).

28      Il ricorso deve pertanto essere riqualificato come proposto esclusivamente contro la decisione 2020/135 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Sulleccezione di irricevibilità

29      Il Consiglio sostiene che il ricorso è irricevibile, in quanto i ricorrenti non sono legittimati ad agire avverso la decisione impugnata. In primo luogo, infatti, i ricorrenti non sarebbero destinatari di tale decisione. In secondo luogo la suddetta decisione non li riguarderebbe individualmente. In terzo luogo la decisione impugnata, da un lato, comporterebbe misure di esecuzione e, dall’altro, non sarebbe un atto regolamentare.

30      I ricorrenti contestano l’eccezione di irricevibilità. Asseriscono, da un lato, che la decisione impugnata li riguarda direttamente e individualmente e, d’altro lato, che tale decisione è un atto regolamentare che li riguarda direttamente e non comporta misure di esecuzione.

31      Occorre rammentare che, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste ai commi primo e secondo dello stesso articolo, un ricorso di annullamento contro tre tipi di atti, ossia in primo luogo gli atti adottati nei suoi confronti, in secondo luogo gli atti che la riguardano direttamente e individualmente e in terzo luogo gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura di esecuzione.

32      Nel caso di specie, in considerazione della riqualificazione parziale del ricorso (precedente punto 28), la legittimazione ad agire dei ricorrenti deve essere valutata unicamente sulla base della decisione impugnata. In conformità alla giurisprudenza (precedente punto 26), ai fini di tale valutazione è tuttavia necessario tenere conto della natura e del contenuto dell’accordo di recesso.

33      Occorre anzitutto constatare che i ricorrenti non sono destinatari né della decisione impugnata né dell’accordo di recesso. Essi pertanto non sono titolari di un diritto a ricorrere ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, prima parte di frase, TFUE, il che non è d’altronde contestato dai medesimi ricorrenti.

34      In tali circostanze occorre valutare se i ricorrenti vantino un diritto a ricorrere in base all’una o all’altra delle ipotesi previste dall’articolo 263, quarto comma, seconda e terza parte di frase, TFUE.

 Sulla legittimazione ad agire dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE

35      Si deve ricordare che i requisiti, da un lato, dell’incidenza diretta e, dall’altro, dell’incidenza individuale, previsti dall’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE sono cumulativi (v. sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti 75 e 76 e giurisprudenza ivi citata).

36      Nelle circostanze del caso di specie occorre verificare anzitutto se sia soddisfatto il secondo requisito, relativo all’incidenza individuale sui ricorrenti.

37      A tal proposito si deve rammentare che secondo giurisprudenza costante, affinché una persona fisica o giuridica sia ritenuta individualmente interessata da un atto di cui non è destinataria, è necessario che l’atto concerna tale persona a causa di determinate qualità personali di quest’ultima oppure di una situazione di fatto che la caratterizza rispetto a chiunque altro e quindi la distingue in modo analogo ai destinatari (sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 223, e del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punto 93).

38      Perciò la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti di diritto ai quali si applica un provvedimento non comporta affatto che tali soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da detto provvedimento, qualora risulti che tale applicazione sia effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto medesimo (sentenze del 22 novembre 2001, Antillean Rice Mills/Consiglio, C‑451/98, EU:C:2001:622, punto 52, e del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punto 94).

39      Allo stesso modo, la circostanza che un atto normativo possa avere effetti concreti diversi per i vari soggetti di diritto ai quali si applica non è tale da caratterizzarlo in rapporto a tutte le altre persone interessate, dato che l’applicazione di tale atto si svolge in forza di una situazione determinata oggettivamente (sentenza del 22 febbraio 2000, ACAV e a./Consiglio, T‑138/98, EU:T:2000:45, punto 66, e ordinanza del 3 dicembre 2008, RSA Security Ireland/Commissione, T‑227/06, EU:T:2008:547, punto 59).

40      Nondimeno, il fatto che una disposizione abbia, per natura e portata, un carattere generale, in quanto applicabile alla totalità delle persone interessate, non esclude che essa possa tuttavia interessare individualmente talune di esse (sentenze del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 58, e del 23 aprile 2009, Sahlstedt e a./Commissione, C‑362/06 P, EU:C:2009:243, punto 29).

41      Qualora, infatti, l’atto riguardi un gruppo di soggetti identificati o identificabili, nel momento in cui l’atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo, tali soggetti possono essere individualmente interessati da tale atto in quanto facenti parte di una cerchia ristretta di soggetti. Ciò può accadere in particolare quando l’atto modifica i diritti acquisiti da tali soggetti prima della sua adozione (v., in tal senso, sentenze del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM, C‑125/06 P, EU:C:2008:159, punti 71 e 72 e giurisprudenza ivi citata, e del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione, C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punto 59).

42      Nel caso di specie i ricorrenti sostengono in sostanza che la decisione impugnata li riguarda direttamente ed individualmente, nella misura in cui la stessa li priva del loro status di cittadini dell’Unione e dei diritti connessi a tale status, in particolare del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri e del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni municipali del loro Stato membro di residenza.

43      In particolare, per comprovare la loro incidenza individuale, i ricorrenti affermano di fare parte di una prima cerchia ristretta, formata dai cittadini del Regno Unito che hanno esercitato il diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione (2% della «popolazione britannica generale»). Essi inoltre farebbero parte anche di una seconda cerchia, ancora più ristretta, di cittadini del Regno Unito che hanno risieduto per più di quindici anni al di fuori del Regno Unito e di conseguenza sono stati privati del diritto di voto in occasione delle elezioni legislative nel Regno Unito, nonché del referendum del 23 giugno 2016 in base alla «regola dei quindici anni» (15 years rule) (1,2% della «popolazione britannica»).Tale privazione del diritto di voto avrebbe impedito loro di partecipare ad elezioni determinanti per la conservazione del proprio status di cittadini dell’Unione.

44      I ricorrenti asseriscono del pari che ciascuno di loro è interessato in modo significativo e specifico dalla perdita del proprio status di cittadino dell’Unione e dei diritti connessi a tale status. A tal proposito invocano le conseguenze che deriverebbero per loro dalla perdita dello status di cittadini dell’Unione e dei diritti inerenti a tale status, a motivo di differenti qualità, come in particolare:

–        la qualità di reduce della Seconda Guerra mondiale (un ricorrente);

–        la qualità di «vittime della “regola dei quindici anni”» (cinque ricorrenti);

–        la qualità di persone alle quali è stato impedito di votare o di candidarsi alle elezioni municipali francesi del 2020 (cinque ricorrenti);

–        la qualità di persona che sarà pregiudicata nell’esercizio della sua attività professionale a Gibilterra (una ricorrente);

–        la qualità di persone la cui vita privata e familiare sarà pregiudicata (due ricorrenti);

–        la qualità di persone il cui diritto di proprietà sarà pregiudicato (due ricorrenti);

–        la qualità di persone che saranno assoggettate ad un nuovo prelievo di natura sociale o fiscale sulle proprie pensioni di vecchiaia versate dal Regno Unito (sette dei ricorrenti);

–        la qualità di persone che saranno sottoposte a nuove formalità per entrare o soggiornare nel territorio dell’Unione (tre dei ricorrenti).

45      Occorre anzitutto constatare che l’argomento dei ricorrenti diretto a fondare la propria legittimazione ad agire sulla base dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE, poggia sulla premessa secondo cui la decisione impugnata comporterebbe la «perdita» o la «soppressione» del loro status di cittadini dell’Unione e dei diritti connessi a tale status.

46      A tal proposito è certamente vero che né la decisione impugnata né l’accordo di recesso dispongono espressamente la revoca dello status di cittadini dell’Unione dei cittadini del Regno Unito e dei diritti connessi a tale status.

47      Risulta tuttavia chiaramente sia dal tenore letterale sia dall’impianto sistematico dell’accordo di recesso – in particolare dal sesto comma del preambolo, dall’articolo 2, lettere da b) a d), dall’articolo 10, paragrafo 1, lettere da a) a d) e, più in generale, dall’insieme della seconda parte, intitolata «Diritti dei cittadini» – che in tale accordo i cittadini del Regno Unito, ivi compresi i titolari della cittadinanza dell’Unione alla data del recesso del Regno Unito dall’Unione, sono considerati come soggetti che non hanno, o che non hanno più da tale data, la qualità di cittadini dell’Unione. L’accordo suddetto non prevede dunque la conservazione, per i cittadini del Regno Unito, dello status di cittadini dell’Unione e di tutti i diritti connessi a tale status.

48      Orbene, occorre evidenziare che la perdita o la mancata conservazione dello status di cittadino dell’Unione può incontestabilmente pregiudicare in modo significativo i diritti dei cittadini di uno Stato membro che recede dall’Unione (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 64). I cittadini di tale Stato membro espatriati in un altro Stato membro possono tanto più essere pregiudicati dall’uscita dall’Unione del proprio Stato membro di origine a causa dei legami creati, talora da lungo tempo, sotto il profilo sia personale sia professionale ed economico (ordinanza del 16 giugno 2020, Walker e a./Parlamento e Consiglio, T‑383/19, non pubblicata, EU:T:2020:269, punto 41).

49      Tuttavia, in relazione al requisito dell’incidenza individuale e conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 37, spetta ai ricorrenti dimostrare che la decisione impugnata, nella parte in cui li priverebbe dello status di cittadini dell’Unione e dei diritti connessi a tale status, li concerna a causa di determinate qualità personali oppure di una situazione di fatto che li caratterizza rispetto a chiunque altro e quindi li distingue in modo analogo ai destinatari.

50      A tal proposito, in primo luogo, è pacifico che l’accordo di recesso, specialmente nella parte in cui non prevede la conservazione dello status di cittadini dell’Unione dei cittadini del Regno Unito, si applica a tutti i cittadini di tale Stato ed assume così una portata generale.

51      Ne consegue che la decisione impugnata, che inserisce l’accordo di recesso nell’ordinamento giuridico dell’Unione, è essa stessa un atto di portata generale e, in quanto tale, riguarda i ricorrenti a motivo della loro qualità oggettiva di cittadini del Regno Unito.

52      In secondo luogo le circostanze invocate dai ricorrenti, menzionate al precedente punto 43 e relative all’appartenenza a specifiche categorie di cittadini del Regno Unito, che hanno esercitato il diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione e, per alcuni, che sono stati inoltre privati del loro diritto di voto nelle elezioni organizzate da tale Stato membro, non consentono di ritenere che i ricorrenti facciano parte di una cerchia ristretta di persone nell’accezione della giurisprudenza richiamata al precedente punto 41.

53      Infatti la decisione impugnata, nella parte in cui priverebbe i cittadini del Regno Unito dello status di cittadini dell’Unione e dei diritti connessi a tale status, da una parte non è stata adottata sulla base di criteri propri delle persone appartenenti alle specifiche categorie di cittadini del Regno Unito invocate dai ricorrenti, dall’altra non priva tali persone di un diritto acquisito che sarebbe specifico o esclusivo dei membri delle categorie suddette. Al contrario, da quanto rilevato al precedente punto 51 risulta che l’asserita perdita dello status di cittadino dell’Unione e dei diritti ad esso connessi si applica ad un insieme di persone determinate oggettivamente, vale a dire all’insieme dei cittadini del Regno Unito, indipendentemente dal loro Stato di residenza (v., per analogia, ordinanza del 16 giugno 2020, Walker e a./Parlamento e Consiglio, T‑383/19, non pubblicata, EU:T:2020:269, punti 52 e 53).

54      In tale contesto e conformemente alla giurisprudenza citata ai precedenti punti 38 e 39, le circostanze, da un lato, che il numero, o addirittura l’identità, delle persone appartenenti alle categorie di cittadini del Regno Unito invocate dai ricorrenti possano essere determinate con maggiore o minore precisione e, dall’altro lato, che tali persone siano interessate dall’asserita perdita dello status di cittadini dell’Unione e dei diritti ad esso connessi in misura maggiore rispetto agli altri cittadini del Regno Unito, non è di per sé idonea a rendere le persone suddette interessate individualmente da tale decisione (v., in tal senso e per analogia, ordinanza del 16 giugno 2020, Walker e a./Parlamento e Consiglio, T‑383/19, non pubblicata, EU:T:2020:269, punti 43, 45 e 46).

55      In terzo luogo le varie qualità dedotte a titolo personale da ciascuno dei ricorrenti ed enumerate al precedente punto 44 possono, al massimo, determinare gli effetti concreti, differenti ed, eventualmente, significativi che possono derivare per ciascuno di loro dall’asserita perdita dello status di cittadino dell’Unione e dei diritti connessi a tale status. D’altro canto, nessuna delle qualità suddette è idonea a dimostrare che la perdita di tale status e dei diritti ad esso connessi comporterebbe per i medesimi conseguenze talmente particolari e specifiche da distinguerli rispetto a chiunque altro, in modo analogo ai destinatari, ai sensi della giurisprudenza richiamata al precedente punto 37.

56      In quarto luogo i ricorrenti non hanno fornito alcun elemento di prova che possa dimostrare che essi siano interessati individualmente da aspetti della decisione impugnata diversi dall’asserita perdita dello status di cittadino dell’Unione e dei diritti connessi a tale status.

57      Ciò premesso, si deve ritenere che la decisione impugnata non riguardi individualmente i ricorrenti. Essi pertanto sono sprovvisti della legittimazione ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE, senza che sia necessario esaminare se tale decisione li riguardi direttamente.

 Sulla legittimazione ad agire dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE

58      Si deve ricordare che i requisiti, legati in primo luogo alla natura regolamentare dell’atto impugnato, in secondo luogo all’incidenza diretta sui ricorrenti e in terzo luogo alla mancanza di misure di esecuzione, previsti dall’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE sono cumulativi (v., in tal senso, ordinanza del 19 novembre 2020, Buxadé Villalba e a./Parlamento, T‑32/20, non pubblicata, EU:T:2020:552, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

59      Nelle circostanze del caso in esame occorre innanzitutto esaminare se risulti integrato il primo requisito, relativo al carattere regolamentare della decisione impugnata.

60      È necessario rammentare che la nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE ha una portata più limitata rispetto a quella di «atti» utilizzata all’articolo 263, quarto comma, prima e seconda parte di frase, TFUE. Tale nozione perciò non può includere tutti gli atti di portata generale, ma riguarda una categoria più ristretta degli atti di questa natura (sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 58).

61      Di conseguenza la nozione di «atti regolamentari» da una parte include atti di portata generale e dall’altra non comprende gli atti legislativi (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti 60 e 61).

62      Nel caso di specie, in primo luogo le parti concordano giustamente nel ritenere che la decisione impugnata sia un atto non legislativo di portata generale.

63      Da un lato, infatti, è pacifico che la decisione impugnata è un atto di portata generale (precedente punto 51).

64      Dall’altro lato, occorre ricordare che un atto giuridico può essere qualificato come atto legislativo dell’Unione soltanto se è stato adottato sul fondamento di una disposizione dei Trattati che fa espresso riferimento o alla procedura legislativa ordinaria o alla procedura legislativa speciale (sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 62). Nella fattispecie in esame la decisione impugnata è stata adottata sulla base dell’articolo 50, paragrafo 2, TFUE. Orbene, si deve quindi constatare che, se è vero che tale disposizione precisa che l’accordo volto a definire le modalità del recesso di uno Stato membro è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento, essa non si riferisce espressamente né alla procedura legislativa ordinaria né alla procedura legislativa speciale. Ne discende che la decisione impugnata non può essere qualificata come atto legislativo.

65      In secondo luogo le parti dissentono sulle conseguenze da trarre dal fatto che la decisione impugnata è un atto non legislativo di portata generale. Secondo i ricorrenti, tale decisione potrebbe essere unicamente un atto regolamentare. Secondo il Consiglio, la decisione suddetta non sarebbe né un atto legislativo né un atto regolamentare.

66      A tal proposito occorre osservare che nella sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625), la Corte non ha dichiarato che la nozione di «atti regolamentari» comprendeva tutti gli atti non legislativi di portata generale.

67      Certamente è necessario ricordare che in una sentenza successiva la Corte ha escluso l’interpretazione, secondo la quale esisterebbero atti non legislativi di portata generale non ricadenti nella nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato che tale nozione comprendeva tutti gli atti non legislativi di portata generale (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punti 24 e 28).

68      Occorre tuttavia osservare che nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), l’atto controverso era costituito da una decisione adottata dalla Commissione in materia di aiuti di Stato. Benché tale decisione avesse portata generale, in quanto statuiva su regimi nazionali, essa presentava carattere amministrativo ed era stata adottata soltanto dalla Commissione, senza alcun intervento del Consiglio e del Parlamento. In tale contesto la tesi allora sostenuta dalla Commissione, secondo la quale la decisione suddetta sarebbe stata un atto non legislativo di portata generale non rientrante nella nozione di «atti regolamentari», non trovava alcun fondamento nel tenore letterale, nella genesi o nella finalità dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, come rilevato dalla Corte nei punti da 24 a 27 di tale sentenza.

69      La Corte non ha invece ancora avuto occasione di esaminare se le decisioni che approvano la conclusione di un accordo internazionale, e in particolare le decisioni che approvano la conclusione di un accordo volto a definire le modalità di recesso di uno Stato membro, debbano essere qualificate come atti regolamentari ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE.

70      In tale contesto occorre valutare se la nozione di «atti regolamentari» comprenda anche tali decisioni.

71      A questo proposito, in primo luogo occorre rilevare che, come ogni accordo internazionale concluso dall’Unione, un accordo volto a definire le modalità di recesso di uno Stato membro vincola le istituzioni della stessa e prevale sugli atti da esse emanati (v., per analogia, sentenza del 13 gennaio 2015, Consiglio e Commissione/Stichting Natuur en Milieu e Pesticide Action Network Europe, C‑404/12 P e C‑405/12 P, EU:C:2015:5, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

72      Da tale prevalenza degli accordi internazionali conclusi dall’Unione sugli atti di diritto derivato discende che nella gerarchia delle norme l’accordo di recesso riveste un rango superiore rispetto agli altri atti di portata generale, sia legislativi sia regolamentari.

73      Ne consegue che la decisione impugnata comporta l’introduzione nell’ordinamento giuridico dell’Unione di norme, contenute nell’accordo di recesso, che prevalgono sugli atti legislativi e regolamentari e che pertanto non possono di per sé presentare carattere regolamentare.

74      In secondo luogo, in considerazione della procedura di adozione e al pari degli altri accordi internazionali conclusi dall’Unione, l’accordo di recesso può essere considerato come l’equivalente, a livello esterno, di un atto legislativo a livello interno [v., in tal senso e per analogia, parere 1/15 (Accord PNR UE-Canada), del 26 luglio 2017, EU:C:2017:592, punto 146].

75      Infatti l’accordo di recesso è stato concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, previa approvazione del Parlamento, secondo la procedura disposta dall’articolo 50, paragrafo 2, TUE. Tale procedura, nella parte in cui comporta l’intervento del Consiglio e del Parlamento, è simile alle procedure legislative ordinaria e speciale di cui all’articolo 289, paragrafi 1 e 2, TFUE e menzionate all’articolo 21, paragrafi 2 e 3, all’articolo 22, paragrafi 1 e 2, all’articolo 23, secondo comma, all’articolo 24, primo comma, all’articolo 25, secondo comma e all’articolo 228, paragrafo 4, TFUE, in forza dei quali le due suddette istituzioni possono adottare disposizioni relative ai diritti connessi allo status di cittadino dell’Unione.

76      La decisione impugnata comporta perciò l’introduzione nell’ordinamento giuridico dell’Unione di norme, contenute nell’accordo di recesso, che sono caratterizzate da una legittimità democratica particolarmente forte, al pari delle norme contenute in un atto legislativo. Orbene, proprio la legittimità democratica particolarmente forte della legislazione adottata secondo una procedura che prevede la partecipazione del Consiglio e del Parlamento giustifica la mancanza di possibilità semplificate per il singolo di proporre ricorsi di annullamento avverso atti legislativi (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:21, paragrafo 38).

77      Inoltre in numerose versioni linguistiche dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE la nozione di «atti regolamentari» fa pensare all’emanazione di norme da parte non tanto dell’organo legislativo quanto dell’organo esecutivo (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:21, paragrafo 41). Orbene, una decisione che approva la conclusione di un accordo internazionale o di un accordo volto a definire le modalità del recesso di uno Stato membro, come la decisione impugnata, non può essere assimilata ad un atto del potere esecutivo.

78      In terzo luogo sarebbe incoerente e paradossale prevedere possibilità semplificate per il singolo di proporre ricorsi di annullamento avverso la decisione impugnata qualificandola come atto regolamentare. Infatti la previsione di tali possibilità semplificate implicherebbe che i singoli possano contestare una data regola giuridica più facilmente nel caso in cui essa sia contenuta in un accordo internazionale, come l’accordo di recesso, e venga in seguito introdotta nell’ordinamento giuridico dell’Unione mediante una decisione che approvi la conclusione dell’accordo in questione, come la decisione impugnata, rispetto al caso in cui la stessa regola giuridica sia contenuta in un atto legislativo di identico contenuto e di rango inferiore nella gerarchia delle norme.

79      In quarto luogo, dalla genesi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE risulta che gli autori del progetto del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e in seguito gli autori del Trattato di Lisbona non hanno avuto l’intento di attenuare i requisiti di ricevibilità dei ricorsi dei singoli avverso le decisioni che approvano la conclusione di un accordo internazionale, quali, segnatamente, le decisioni che approvano la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di uno Stato membro. In particolare, i lavori preparatori del progetto del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa – e segnatamente dell’articolo III‑365, paragrafo 4, il cui contenuto è riprodotto in termini identici all’articolo 263, quarto comma, TFUE – non indicano in alcun modo che gli autori suddetti abbiano inteso qualificare tali decisioni come «atti regolamentari» nel senso di tali due articoli.

80      In detto contesto la nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE deve essere interpretata nel senso che essa non include le decisioni che approvano la conclusione di un accordo internazionale, quali in particolare le decisioni che approvano la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di uno Stato membro.

81      La decisione impugnata non può pertanto essere qualificata come atto regolamentare ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE.

82      Da quanto precede risulta, senza che sia necessario esaminare se la decisione impugnata riguardi direttamente i ricorrenti e se comporti misure di esecuzione, che i ricorrenti sono privi di legittimazione ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE.

83      Ne consegue che il Consiglio può legittimamente sostenere che i ricorrenti sono privi di legittimazione ad agire. L’eccezione di irricevibilità deve pertanto essere accolta e il ricorso deve essere respinto in quanto irricevibile.

 Sulle istanze di intervento

84      Ai sensi dell’articolo 142, paragrafo 2, del regolamento di procedura, l’intervento rimane privo di oggetto quando il ricorso è dichiarato irricevibile. Nel caso di specie, dal momento che il ricorso è stato respinto in quanto irricevibile, non vi è più luogo a statuire sulle istanze di intervento proposte dalla Commissione e da British in Europe.

 Sulle spese

85      In primo luogo, ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1 del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono rimasti soccombenti, occorre condannarli a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Consiglio, conformemente alla domanda di quest’ultimo, fatta eccezione per quelle relative alle domande di intervento.

86      In secondo luogo, a norma dell’articolo 144, paragrafo 10, del regolamento di procedura, se la causa principale si conclude prima della decisione sull’istanza di intervento, le spese dell’istante e delle parti principali relative all’istanza di intervento sono compensate. Nel caso di specie i ricorrenti, il Consiglio, la Commissione e British in Europe, sopporteranno ciascuno le proprie spese relative alle istanze di intervento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

così provvede:

1)      Il ricorso è respinto in quanto irricevibile.

2)      Non vi è più luogo a statuire sulle istanze di intervento della Commissione europea e di British in Europe.

3)      Il sig. Harry Shindler e gli altri ricorrenti, i cui nominativi sono contenuti nell’allegato, sono condannati a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea, fatta eccezione per quelle relative alle domande di intervento.

4)      Il sig. Shindler e gli altri ricorrenti, i cui nominativi sono contenuti nell’allegato, il Consiglio, la Commissione e British in Europe sopporteranno ciascuno le proprie spese relative alle istanze di intervento.

Lussemburgo, 8 giugno 2021

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

A. Kornezov


*      Lingua processuale: il francese.


1      L’elenco degli altri ricorrenti è allegato soltanto alla versione notificata alle parti.