Language of document : ECLI:EU:T:2021:347

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

8 giugno 2021 (*)

«Ricorso di annullamento – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Accordo sul recesso del Regno Unito dall’Unione e dall’Euratom – Decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso – Cittadini del Regno Unito – Perdita della cittadinanza dell’Unione – Insussistenza di incidenza individuale – Atto non regolamentare – Irricevibilità»

Nella causa T‑252/20,

Joshua Silver, residente a Bicester (Regno Unito), e gli altri ricorrenti i cui nomi sono riportati in allegato (1), rappresentati da P. Tridimas, barrister, D. Harrison e A. von Westernhagen, solicitors,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bauer, R. Meyer e J. Ciantar, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento parziale della decisione (UE) 2020/135 del Consiglio, del 30 gennaio 2020, relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto da A. Kornezov, presidente, E. Buttigieg, K. Kowalik-Bańczyk (relatrice), G. Hesse e M. Stancu, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la presente

Ordinanza

 Fatti

1        I ricorrenti, Joshua Silver e gli altri ricorrenti, i cui nominativi sono riportati in allegato, sono cittadini del Regno Unito residenti in Francia e nel Regno Unito.

2        Il 23 giugno 2016 i cittadini del Regno Unito si sono pronunciati mediante un referendum a favore del recesso del loro paese dall’Unione europea.

3        Il 29 marzo 2017 il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha notificato al Consiglio europeo l’intenzione di recedere dall’Unione a norma dell’articolo 50, paragrafo 2, TUE.

4        Il 24 gennaio 2020 i rappresentanti dell’Unione e del Regno Unito hanno firmato l’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 7; in prosieguo: l’«accordo di recesso»).

5        Il 30 gennaio 2020 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione (UE) 2020/135 relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata»). Ai sensi dell’articolo 1 di tale decisione, l’accordo di recesso è stato approvato a nome dell’Unione e della Comunità europea dell’energia atomica.

6        Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito ha receduto dall’Unione e dalla Comunità europea dell’energia atomica. Il 1° febbraio 2020 l’accordo di recesso è entrato in vigore.

 Procedimento e conclusioni delle parti

7        Con atto introduttivo registrato il 23 aprile 2020 i ricorrenti hanno proposto il ricorso di cui trattasi.

8        Con atto separato, depositato il 16 giugno 2020 presso la cancelleria del Tribunale, due dei ricorrenti hanno richiesto il beneficio dell’anonimato. Con decisione del 24 giugno 2020 il Tribunale ha accolto tale domanda.

9        Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 luglio 2020, il Consiglio ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

10      L’8 settembre 2020 i ricorrenti hanno depositato presso la cancelleria del Tribunale le loro osservazioni circa l’eccezione di irricevibilità.

11      Nel frattempo, con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 giugno 2020 la Commissione europea ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 28 ed il 31 agosto 2020 i ricorrenti ed il Consiglio hanno preso atto dell’istanza di intervento.

12      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 agosto 2020 British in Europe, associazione di diritto francese, ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni dei ricorrenti. Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2020 i ricorrenti ed il Consiglio hanno presentato osservazioni sull’istanza di intervento.

13      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 agosto 2020, Plaid Cymru – The Party of Wales, partito politico di diritto britannico, ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni dei ricorrenti. Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2020 i ricorrenti ed il Consiglio hanno presentato osservazioni sull’istanza di intervento.

14      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 agosto 2020, European Democracy Lab, associazione di diritto tedesco, ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni dei ricorrenti. Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2020 i ricorrenti ed il Consiglio hanno presentato osservazioni sull’istanza di intervento.

15      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 agosto 2020, ECIT, fondazione di pubblica utilità di diritto belga, ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni dei ricorrenti. Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2020 i ricorrenti ed il Consiglio hanno presentato osservazioni sull’istanza di intervento.

16      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 agosto 2020, European Alternatives Ltd, che si presenta come un gruppo di organizzazioni della società civile costituito da una società di diritto inglese e gallese, da un’associazione di diritto francese, da un’associazione di diritto tedesco e da un’associazione di diritto italiano, ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni dei ricorrenti. Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2020 i ricorrenti ed il Consiglio hanno presentato osservazioni sull’istanza di intervento.

17      Con ordinanza del 5 novembre 2020, il Tribunale (Decima Sezione), sulla base dell’articolo 130, paragrafo 7, del regolamento di procedura, ha riunito l’eccezione di irricevibilità al merito ed ha riservato la decisione sulle spese.

18      Con decisione dell’11 novembre 2020 il Tribunale ha rinviato la causa dinanzi alla Decima Sezione ampliata in conformità all’articolo 28 del regolamento di procedura.

19      Il Consiglio ha depositato il controricorso l’8 febbraio 2021. L’11 febbraio 2021 il presidente della Decima Sezione ampliata ha stabilito di non notificare il controricorso ai ricorrenti.

20      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale l’8 febbraio 2021 il Consiglio ha invitato il Tribunale a valutare nella presente causa l’opportunità di sospendere il procedimento, ai sensi dell’articolo 69, lettera d), del regolamento di procedura, fino alla statuizione della Corte sulle domande di pronuncia pregiudiziale iscritte a ruolo con i numeri C‑673/20 e C‑32/21 oppure a declinare la propria competenza a norma dell’articolo 128 del medesimo regolamento, affinché la Corte potesse statuire congiuntamente sul ricorso di cui trattasi e su tali domande di pronuncia pregiudiziale. Con lettera depositata presso la cancelleria il 17 febbraio 2021 i ricorrenti hanno chiesto di avere contezza del controricorso, allo scopo di potere presentare le proprie osservazioni sull’opportunità di una sospensione o di una declinatoria di competenza. Il 22 febbraio 2021 il presidente della Decima Sezione ampliata ha stabilito di comunicare ai ricorrenti i punti 42 e 61 del suddetto controricorso. Con lettera depositata presso la cancelleria il 10 marzo 2021 i ricorrenti hanno presentato osservazioni sull’opportunità di una sospensione o di una declinatoria di competenza. Con decisione del 15 marzo 2021 il presidente della Decima Sezione ampliata ha stabilito di non sospendere il procedimento.

21      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata, nella parte in cui essa «li priva (…) del loro status di cittadino[/i] dell’Unione e dei diritti che ne discendono»;

–        condannare il Consiglio alle spese.

22      Nell’eccezione di irricevibilità il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Sul suggerimento di declinare la competenza

23      Ai sensi dell’articolo 54, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando la Corte e il Tribunale sono investiti di cause che abbiano lo stesso oggetto, sollevino lo stesso problema d’interpretazione o mettano in questione la validità dello stesso atto, il Tribunale, dopo aver ascoltato le parti, può sospendere il procedimento sino alla pronunzia della sentenza della Corte o, laddove si tratti di ricorsi presentati a norma dell’articolo 263 TFUE, declinare la propria competenza affinché la Corte possa statuire sui ricorsi medesimi.

24      Da tale disposizione si evince che il Tribunale può declinare la propria competenza solo a condizione che la Corte e il Tribunale siano entrambi investiti di ricorsi di annullamento.

25      Nel caso di specie il Consiglio suggerisce al Tribunale di declinare la propria competenza affinché la Corte possa statuire sul ricorso di cui trattasi congiuntamente a due domande di pronuncia pregiudiziale (precedente punto 20).

26      Ne consegue che il Tribunale non può declinare la propria competenza nella presente causa.

 Sulla possibilità di statuire con ordinanza

27      A norma dell’articolo 130, paragrafi 1 e 7, del regolamento di procedura, su richiesta del convenuto il Tribunale può statuire sull’irricevibilità senza avviare la discussione nel merito. Ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 6, del medesimo regolamento, il Tribunale può decidere di aprire la fase orale del procedimento sull’eccezione di irricevibilità.

28      Secondo la giurisprudenza, la possibilità di rigettare un ricorso in quanto irricevibile con ordinanza motivata, quindi senza che si tenga un’udienza, non è esclusa per il fatto che il Tribunale ha precedentemente adottato un’ordinanza che rinvia all’esame del merito un’eccezione presentata a norma dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura (v., in tal senso, ordinanza del 19 febbraio 2008, Tokai Europe/Commissione, C‑262/07 P, non pubblicata, EU:C:2008:95, punti da 26 a 28).

29      Nel caso di specie, pur avendo deciso con ordinanza del 5 novembre 2020 di pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità del Consiglio unitamente al merito della causa, il Tribunale si ritiene già sufficientemente edotto dai documenti del fascicolo per statuire con ordinanza su tale eccezione.

 Sulleccezione di irricevibilità

30      Il Consiglio sostiene che il ricorso è irricevibile, in quanto i ricorrenti non sono legittimati ad agire avverso la decisione impugnata. In primo luogo, infatti, i ricorrenti non sarebbero destinatari di tale decisione. In secondo luogo la suddetta decisione non li riguarderebbe individualmente. In terzo luogo la decisione impugnata, da un lato, comporterebbe misure di esecuzione e, dall’altro, non sarebbe un atto regolamentare.

31      I ricorrenti contestano l’eccezione di irricevibilità., Asseriscono, da un lato, che la decisione impugnata li riguarda direttamente e individualmente e, d’altro lato, che tale decisione è un atto regolamentare che li riguarda direttamente e non comporta misure di esecuzione.

32      Occorre rammentare che, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste ai commi primo e secondo dello stesso articolo, un ricorso di annullamento contro tre tipi di atti, ossia in primo luogo gli atti adottati nei suoi confronti, in secondo luogo gli atti che la riguardano direttamente e individualmente e in terzo luogo gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura di esecuzione.

33      Nel caso di specie la legittimazione ad agire dei ricorrenti deve essere valutata unicamente sulla base della decisione impugnata. Occorre tuttavia osservare che il controllo di legittimità incombente al giudice dell’Unione su una decisione relativa alla conclusione di un accordo internazionale può vertere sulla legittimità di tale decisione alla luce del contenuto stesso dell’accordo internazionale in questione (v., per analogia, sentenza del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). Ne discende che ai fini della valutazione della legittimazione ad agire dei ricorrenti è necessario tenere conto della natura e del contenuto dell’accordo di recesso.

34      Occorre anzitutto constatare che i ricorrenti non sono destinatari né della decisione impugnata né dell’accordo di recesso. Essi pertanto non sono titolari di un diritto a ricorrere ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, prima parte di frase, TFUE, il che non è d’altronde contestato dai medesimi ricorrenti.

35      In tali circostanze occorre valutare se i ricorrenti vantino un diritto a ricorrere in base all’una o all’altra delle ipotesi previste dall’articolo 263, quarto comma, seconda e terza parte di frase, TFUE.

 Sulla legittimazione ad agire dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE

36      Si deve ricordare che i requisiti, da un lato, dell’incidenza diretta e, dall’altro, dell’incidenza individuale, previsti dall’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE sono cumulativi (v. sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti 75 e 76 e giurisprudenza ivi citata).

37      Nelle circostanze del caso di specie occorre verificare se sia soddisfatto il secondo requisito relativo all’incidenza individuale sui ricorrenti.

38      A tal proposito occorre rammentare che secondo giurisprudenza costante, affinché una persona fisica o giuridica sia ritenuta individualmente interessata da un atto di cui non è destinataria, è necessario che l’atto concerna tale persona a causa di determinate qualità personali di quest’ultima oppure di una situazione di fatto che la caratterizza rispetto a chiunque altro e quindi la distingue in modo analogo ai destinatari (sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 223, e del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punto 93).

39      Perciò la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti di diritto ai quali si applica un provvedimento non comporta affatto che tali soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da detto provvedimento, qualora risulti che tale applicazione sia effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto medesimo (sentenze del 22 novembre 2001, Antillean Rice Mills/Consiglio, C‑451/98, EU:C:2001:622, punto 52, e del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punto 94).

40      Allo stesso modo, la circostanza che un atto normativo possa avere effetti concreti diversi per i vari soggetti di diritto ai quali si applica non è tale da caratterizzarlo in rapporto a tutte le altre persone interessate, dato che l’applicazione di tale atto si svolge in forza di una situazione determinata oggettivamente (sentenza del 22 febbraio 2000, ACAV e a./Consiglio, T‑138/98, EU:T:2000:45, punto 66, e ordinanza del 3 dicembre 2008, RSA Security Ireland/Commissione, T‑227/06, EU:T:2008:547, punto 59).

41      Nondimeno, il fatto che una disposizione abbia, per natura e portata, un carattere generale, in quanto applicabile alla totalità delle persone interessate, non esclude che essa possa tuttavia interessare individualmente talune di esse (sentenze del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 58, e del 23 aprile 2009, Sahlstedt e a./Commissione, C‑362/06 P, EU:C:2009:243, punto 29).

42      Qualora, infatti, l’atto riguardi un gruppo di soggetti identificati o identificabili, nel momento in cui l’atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo, tali soggetti possono essere individualmente interessati da tale atto, in quanto facenti parte di una cerchia ristretta di soggetti. Ciò può accadere in particolare quando l’atto modifica i diritti acquisiti da tali soggetti prima della sua adozione (v., in tal senso, sentenze del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM, C‑125/06 P, EU:C:2008:159, punti 71 e 72 e giurisprudenza ivi citata, e del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione, C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punto 59).

43      Nel caso di specie i ricorrenti sostengono in sostanza che la decisione impugnata li riguarda direttamente ed individualmente, nella misura in cui la stessa li priva del loro status di cittadini dell’Unione e dei diritti connessi a tale status.

44      In particolare, per comprovare il loro interesse individuale, i ricorrenti affermano in primo luogo di fare parte di una cerchia chiusa costituita dalle persone provviste della qualità di cittadini del Regno Unito e perciò anche della qualità di cittadini dell’Unione al momento dell’entrata in vigore dell’accordo di recesso e della decisione impugnata.

45      Secondo i ricorrenti, il carattere «chiuso» di tale cerchia di persone risulterebbe dal fatto che i membri della suddetta cerchia sarebbero tutti identificati o identificabili al momento dell’entrata in vigore dell’accordo di recesso e della decisione impugnata e che nessun nuovo membro potrebbe essere aggiunto successivamente alla medesima cerchia. Infatti coloro, che acquisissero la qualità di cittadini del Regno Unito dopo il recesso di tale Stato dall’Unione, non potrebbero vedersi riconosciuto lo status di cittadini dell’Unione.

46      I ricorrenti sostengono inoltre che lo status di cittadino dell’Unione presenta carattere permanente, nonché in linea di principio irrevocabile e che tale status è stato loro conferito prima dell’adozione della decisione impugnata. La suddetta decisione li priverebbe perciò di un diritto acquisito, che sarebbe un attributo specifico ed esclusivo dei membri della cerchia chiusa, di cui gli stessi ricorrenti fanno parte.

47      I ricorrenti asseriscono, in secondo luogo, che ciascuno di loro è interessato individualmente dalla perdita del proprio status di cittadino dell’Unione e dei diritti connessi a tale status. A tal proposito invocano le conseguenze che deriverebbero dalla perdita dello status di cittadini dell’Unione e dei diritti inerenti a tale status, specialmente per quelli tra loro che hanno già esercitato il diritto di libera circolazione. Essi adducono in particolare:

–        l’acquisto di un’abitazione in Francia, l’acquisizione, effettiva o programmata, della residenza permanente in tale Stato membro e la necessità di beneficiare colà di un’assicurazione sanitaria (quattro ricorrenti);

–        l’esercizio in passato del diritto di petizione al Parlamento europeo (una ricorrente);

–        l’esercizio di un’attività professionale in Francia (un ricorrente);

–        studi universitari seguiti in passato o programmati in futuro in Germania e progetti di attività professionale in tale Stato membro (due ricorrenti);

–        la presenza di familiari o di amici in Francia o in Germania (tre ricorrenti).

48      In terzo luogo i ricorrenti invitano il Tribunale a valutare in senso ampio il requisito dell’incidenza individuale. Tale requisito, infatti, dovrebbe essere interpretato alla luce del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Il presente caso riguarderebbe inoltre il principio di democrazia e atterrebbe all’essenza dell’identità costituzionale dell’Unione.

49      In quarto luogo i ricorrenti ritengono che la questione del loro interesse individuale, specialmente in relazione all’esistenza di un diritto acquisito, sia legata alla questione del carattere permanente ed irrevocabile dello status di cittadino dell’Unione e non possa essere decisa senza un esame nel merito del caso.

50      Occorre anzitutto constatare che l’argomento dei ricorrenti diretto a fondare la propria legittimazione ad agire sulla base dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE, poggia sulla premessa secondo cui la decisione impugnata comporterebbe la «perdita» o la «privazione» del loro status di cittadini dell’Unione e dei diritti connessi a tale status.

51      A tal proposito è certamente vero che né la decisione impugnata né l’accordo di recesso dispongono espressamente la revoca dello status di cittadini dell’Unione dei cittadini del Regno Unito e dei diritti connessi a tale status.

52      Risulta tuttavia chiaramente sia dal tenore letterale sia dall’impianto sistematico dell’accordo di recesso – in particolare dal sesto comma del preambolo, dall’articolo 2, lettere da b) a d), dall’articolo 10, paragrafo 1, lettere da a) a d) e, più in generale, dall’insieme della seconda parte, intitolata «Diritti dei cittadini» – che in tale accordo i cittadini del Regno Unito, ivi compresi i titolari della cittadinanza dell’Unione alla data del recesso del Regno Unito dall’Unione, sono considerati come soggetti che non hanno, o che non hanno più da tale data, la qualità di cittadini dell’Unione. L’accordo suddetto non prevede dunque la conservazione, per i cittadini del Regno Unito, dello status di cittadini dell’Unione e di tutti i diritti connessi a tale status.

53      Orbene, occorre evidenziare che la perdita o la mancata conservazione dello status di cittadino dell’Unione può incontestabilmente pregiudicare in modo significativo i diritti dei cittadini di uno Stato membro che recede dall’Unione (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 64). I cittadini di tale Stato membro espatriati in un altro Stato membro possono tanto più essere pregiudicati dall’uscita dall’Unione del proprio Stato membro di origine a causa dei legami creati, talora da lungo tempo, sotto il profilo sia personale sia professionale ed economico (ordinanza del 16 giugno 2020, Walker e a./Parlamento e Consiglio, T‑383/19, non pubblicata, EU:T:2020:269, punto 41).

54      Tuttavia, in relazione al requisito dell’incidenza individuale e conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 38, spetta ai ricorrenti dimostrare che la decisione impugnata, nella parte in cui li priverebbe dello status di cittadini europei e dei diritti connessi a tale status, li concerna a causa di determinate qualità personali oppure di una situazione di fatto che li caratterizza rispetto a chiunque altro e quindi li distingue in modo analogo ai destinatari.

55      A tal proposito, in primo luogo, è pacifico che l’accordo di recesso, specialmente nella parte in cui non prevede la conservazione dello status di cittadini dell’Unione dei cittadini del Regno Unito, si applica a tutti i cittadini di tale Stato ed assume così una portata generale.

56      Ne consegue che la decisione impugnata, che inserisce l’accordo di recesso nell’ordinamento giuridico dell’Unione, è essa stessa un atto di portata generale e, in quanto tale, riguarda i ricorrenti a motivo della loro qualità oggettiva di cittadini del Regno Unito.

57      In secondo luogo le circostanze invocate dai ricorrenti, menzionate ai precedenti punti da 44 a 46 e relative all’appartenenza ad un gruppo di persone, che hanno acquisito lo status di cittadini dell’Unione per via della loro qualità di cittadini del Regno Unito, non consentono di ritenere che i ricorrenti facciano parte di una cerchia ristretta di persone nell’accezione della giurisprudenza richiamata al precedente punto 42.

58      Infatti, sotto un primo profilo, la decisione impugnata, nella parte in cui priverebbe i cittadini del Regno Unito dello status di cittadini dell’Unione e dei diritti connessi a tale status, è stata adottata tenendo conto della loro qualità oggettiva di titolari della cittadinanza di uno Stato membro che recede dall’Unione (precedente punto 56), senza inoltre prendere in considerazione le peculiarità delle loro situazioni individuali, sicché tale decisione non riguarda specificamente i suddetti cittadini (v., per analogia, sentenza del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punti 66 e 67, e ordinanza del 20 maggio 2020, Nord Stream/Parlamento e Consiglio, T‑530/19, EU:T:2020:213, punto 64). Discende da ciò che i ricorrenti, come dagli stessi riconosciuto, sono interessati dalla decisione impugnata allo stesso modo di tutti gli altri cittadini del Regno Unito. La «cerchia chiusa» da loro invocata deriva dalla stessa natura del regime istituito dalla decisione impugnata (v., per analogia, sentenze del 10 luglio 1996, Weber/Commissione, T‑482/93, EU:T:1996:97, punto 65, e del 6 giugno 2013, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, T‑279/11, EU:T:2013:299, punti 84 e 89).

59      In tale contesto e conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 39, le circostanze che, da un lato, il numero, o addirittura l’identità, delle persone facenti parte della «cerchia chiusa» invocata dai ricorrenti possano essere determinate con maggiore o minore precisione e, dall’altro lato, che tale cerchia non possa essere ampliata dopo l’entrata in vigore della decisione impugnata, non è di per sé idonea a rendere le persone suddette interessate individualmente da tale decisione.

60      Sotto il secondo profilo, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, lo status di cittadino dell’Unione ed i diritti connessi a tale status non possono essere qualificati come diritti «specifici» o «esclusivi». Al momento del recesso del Regno Unito dall’Unione, infatti, tutti i cittadini di quello Stato, allora membro dell’Unione, erano titolari dello status suddetto e dei diritti ad esso connessi. La situazione dei membri della «cerchia chiusa» invocata dai ricorrenti, pertanto, non può essere assimilata a quella della parte ricorrente nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 18 maggio 1994, Codorniu/Consiglio (C‑309/89, EU:C:1994:197, punti 21 e 22), alla quale veniva impedito di utilizzare un marchio registrato, costitutivo di un diritto di proprietà di natura individuale ed esclusiva (v., in tal senso e per analogia, ordinanza del 23 novembre 2015, Beul/Parlamento e Consiglio, T‑640/14, EU:T:2015:907, punto 48).

61      Ne consegue che i ricorrenti non possono fondatamente sostenere che la decisione impugnata li avrebbe privati di un diritto acquisito di carattere specifico o esclusivo. Orbene, la mera esistenza di un diritto quesito o soggettivo, la cui portata o esercizio siano potenzialmente lesi dall’atto controverso non è in quanto tale idonea a individualizzare il titolare del suddetto diritto, quando altre persone possono disporre di diritti analoghi e trovarsi quindi nella stessa situazione di tale titolare (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2011, Enviro Tech Europe e Enviro Tech International/Commissione, T‑291/04, EU:T:2011:760, punto 116 e giurisprudenza ivi citata).

62      In terzo luogo i vari fatti dedotti a titolo personale da ciascuno dei ricorrenti ed enumerati al precedente punto 47 possono, al massimo, dimostrare gli effetti concreti, differenti ed eventualmente significativi, che possono derivare per ciascuno di loro dall’asserita perdita dello status di cittadino dell’Unione e dei diritti connessi a tale status. D’altro canto, nessuno dei fatti suddetti è idoneo a dimostrare che la perdita di tale status e dei diritti ad esso connessi comporterebbe per i medesimi conseguenze talmente particolari e specifiche da distinguerli rispetto a chiunque altro, in modo analogo ai destinatari, ai sensi della giurisprudenza richiamata al precedente punto 38.

63      In quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui il requisito dell’incidenza individuale dovrebbe essere interpretato in senso ampio, occorre rammentare che l’articolo 47 della Carta non ha ad oggetto di modificare il sistema di controllo giurisdizionale previsto dai Trattati, ed in particolare le norme relative alla ricevibilità dei ricorsi proposti direttamente dinanzi al giudice dell’Unione. I requisiti di ricevibilità previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE devono dunque essere interpretati alla luce del diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva, senza tuttavia giungere ad escludere l’applicazione dei requisiti previsti dal Trattato FUE (v. sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti 97 e 98 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punti 43 e 44).

64      Orbene, la tutela conferita dall’articolo 47 della Carta non esige che un singolo possa, in modo incondizionato, proporre un ricorso di annullamento contro atti che non lo riguardano individualmente.

65      D’altra parte la circostanza dedotta dai ricorrenti, secondo cui la presente causa riguarderebbe il principio di democrazia e atterrebbe all’essenza dell’identità costituzionale dell’Unione, è di per sé irrilevante al fine di valutare se essi soddisfacciano il requisito dell’incidenza individuale. I presupposti di ricevibilità previsti all’articolo 263, quarto comma, TFUE, infatti, si applicano ad ogni ricorso di annullamento, indipendentemente dalle questioni di merito sollevate. Il contesto fattuale della presente causa, inoltre, differisce da quello, molto specifico, della causa che ha dato luogo alla sentenza del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento (294/83, EU:C:1986:166, punti da 32 a 37), citata dai ricorrenti, la quale verteva sul diritto a ricorrere di una formazione politica non rappresentata in Parlamento avverso atti del Parlamento relativi alla concessione di stanziamenti in vista della preparazione delle elezioni europee e alla cui adozione avevano partecipato formazioni politiche concorrenti rappresentate in Parlamento.

66      In quinto luogo, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la questione della loro incidenza individuale nel presente caso può essere decisa senza procedere ad un esame nel merito della causa e, in particolare, senza esaminare se lo status di cittadino dell’Unione presenti un carattere permanente e non revocabile.

67      Ciò premesso, si deve ritenere che la decisione impugnata non riguardi individualmente i ricorrenti. Essi pertanto sono sprovvisti della legittimazione ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE, senza che sia necessario esaminare se tale decisione li riguardi direttamente.

 Sulla legittimazione ad agire dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE

68      Si deve ricordare che i requisiti, legati in primo luogo alla natura regolamentare dell’atto impugnato, in secondo luogo all’incidenza diretta sui ricorrenti e in terzo luogo alla mancanza di misure di esecuzione, previsti dall’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE sono cumulativi (v., in tal senso, ordinanza del 19 novembre 2020, Buxadé Villalba e a./Parlamento, T‑32/20, non pubblicata, EU:T:2020:552, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

69      Nelle circostanze del caso in esame occorre innanzitutto esaminare se risulti integrato il primo requisito, relativo al carattere regolamentare della decisione impugnata.

70      È necessario rammentare che la nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE ha una portata più limitata rispetto a quella di «atti» utilizzata all’articolo 263, quarto comma, prima e seconda parte di frase, TFUE. Tale nozione perciò non può includere tutti gli atti di portata generale, ma riguarda una categoria più ristretta degli atti di questa natura (sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 58).

71      Di conseguenza la nozione di «atti regolamentari» da una parte include atti di portata generale e dall’altra non comprende gli atti legislativi (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti 60 e 61).

72      Nel caso di specie, in primo luogo le parti concordano giustamente nel ritenere che la decisione impugnata sia un atto non legislativo di portata generale.

73      Da un lato, infatti, è pacifico che la decisione impugnata è un atto di portata generale (precedente punto 56).

74      Dall’altro lato, occorre ricordare che un atto giuridico può essere qualificato come atto legislativo dell’Unione soltanto se è stato adottato sul fondamento di una disposizione dei Trattati che fa espresso riferimento o alla procedura legislativa ordinaria o alla procedura legislativa speciale (sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 62). Nella fattispecie in esame la decisione impugnata è stata adottata sulla base dell’articolo 50, paragrafo 2, TFUE. Orbene, si deve quindi constatare che, se è vero che tale disposizione precisa che l’accordo volto a definire le modalità del recesso di uno Stato membro è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento, essa non si riferisce espressamente né alla procedura legislativa ordinaria né alla procedura legislativa speciale. Ne discende che la decisione impugnata non può essere qualificata come atto legislativo.

75      In secondo luogo le parti dissentono sulle conseguenze da trarre dal fatto che la decisione impugnata è un atto non legislativo di portata generale. Secondo i ricorrenti, tale decisione potrebbe essere unicamente un atto regolamentare. Secondo il Consiglio, la decisione suddetta non sarebbe né un atto legislativo né un atto regolamentare.

76      A tal proposito occorre osservare che nella sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625), la Corte non ha dichiarato che la nozione di «atti regolamentari» comprendeva tutti gli atti non legislativi di portata generale.

77      Certamente è necessario ricordare che in una sentenza successiva la Corte ha espressamente escluso l’interpretazione secondo la quale esisterebbero atti non legislativi di portata generale non ricadenti nella nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato che tale nozione comprendeva tutti gli atti non legislativi di portata generale. (v. in tal senso sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punti 24 e 28).

78      Occorre tuttavia osservare che nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), l’atto controverso era costituito da una decisione adottata dalla Commissione in materia di aiuti di Stato. Benché tale decisione avesse portata generale, in quanto statuiva su regimi nazionali, essa presentava un marcato carattere amministrativo ed inoltre era stata adottata soltanto dalla Commissione, senza alcun intervento del Consiglio e del Parlamento. In tale contesto la tesi allora sostenuta dalla Commissione, secondo la quale la decisione suddetta sarebbe stata un atto non legislativo di portata generale non rientrante nella nozione di «atti regolamentari», non trovava alcun fondamento nel tenore letterale, nella genesi o nella finalità dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, come rilevato dalla Corte nei punti da 24 a 27 di tale sentenza.

79      La Corte non ha invece ancora avuto occasione di esaminare se le decisioni che approvano la conclusione di un accordo internazionale, e in particolare le decisioni che approvano la conclusione di un accordo volto a definire le modalità di recesso di uno Stato membro, debbano essere qualificate come atti regolamentari ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE.

80      In tale contesto occorre valutare se la nozione di «atti regolamentari» comprenda anche tali decisioni.

81      A questo proposito, in primo luogo si deve osservare che, come ogni accordo internazionale concluso dall’Unione, un accordo volto a definire le modalità di recesso di uno Stato membro vincola le istituzioni della stessa e prevale sugli atti da esse emanati (v., per analogia, sentenza del 13 gennaio 2015, Consiglio e Commissione/Stichting Natuur en Milieu e Pesticide Action Network Europe, C‑404/12 P e C‑405/12 P, EU:C:2015:5, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

82      Da tale prevalenza degli accordi internazionali conclusi dall’Unione sugli atti di diritto derivato discende che nella gerarchia delle norme l’accordo di recesso riveste un rango superiore rispetto agli altri atti di portata generale, sia legislativi sia regolamentari.

83      Ne consegue che la decisione impugnata comporta l’introduzione nell’ordinamento giuridico dell’Unione di norme, contenute nell’accordo di recesso, che prevalgono sugli atti legislativi e regolamentari e che pertanto non possono di per sé presentare carattere regolamentare.

84      In secondo luogo, in considerazione della procedura di adozione e al pari degli altri accordi internazionali conclusi dall’Unione, l’accordo di recesso può essere considerato come l’equivalente, a livello esterno, di un atto legislativo a livello interno [v., in tal senso e per analogia, parere 1/15 (Accord PNR UE-Canada), del 26 luglio 2017, EU:C:2017:592, punto 146].

85      Infatti l’accordo di recesso è stato concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, previa approvazione del Parlamento, secondo la procedura disposta dall’articolo 50, paragrafo 2, TUE. Tale procedura, nella parte in cui comporta l’intervento del Consiglio e del Parlamento, è simile alle procedure legislative ordinaria e speciale di cui all’articolo 289, paragrafi 1 e 2, TFUE e menzionate all’articolo 21, paragrafi 2 e 3, all’articolo 22, paragrafi 1 e 2, all’articolo 23, secondo comma, all’articolo 24, primo comma, all’articolo 25, secondo comma e all’articolo 228, paragrafo 4, TFUE, in forza dei quali le due suddette istituzioni possono adottare disposizioni relative ai diritti connessi allo status di cittadino dell’Unione. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, i cittadini dell’Unione cittadini dello Stato membro che recede partecipano all’adozione della decisione di conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di tale Stato, in quanto l’articolo 50 TUE non prevede l’esclusione di alcun deputato europeo al momento dell’approvazione di un accordo siffatto da parte del Parlamento.

86      La decisione impugnata comporta perciò l’introduzione nell’ordinamento giuridico dell’Unione di norme, contenute nell’accordo di recesso, che sono caratterizzate da una legittimità democratica particolarmente forte, al pari delle norme contenute in un atto legislativo. Orbene, proprio la legittimità democratica particolarmente forte della legislazione adottata secondo una procedura che prevede la partecipazione del Consiglio e del Parlamento giustifica la mancanza di possibilità semplificate per il singolo di proporre ricorsi di annullamento avverso atti legislativi (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:21, paragrafo 38).

87      Inoltre in numerose versioni linguistiche dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE la nozione di «atti regolamentari» fa pensare all’emanazione di norme da parte non tanto dell’organo legislativo quanto dell’organo esecutivo (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:21, paragrafo 41). Orbene, una decisione che approva la conclusione di un accordo internazionale o di un accordo volto a definire le modalità del recesso di uno Stato membro, come la decisione impugnata, non può essere assimilata ad un atto del potere esecutivo.

88      In terzo luogo sarebbe incoerente e paradossale prevedere possibilità semplificate per il singolo di proporre ricorsi di annullamento avverso la decisione impugnata qualificandola come atto regolamentare. Infatti la previsione di tali possibilità semplificate implicherebbe che i singoli possano contestare una data regola giuridica più facilmente nel caso in cui essa sia contenuta in un accordo internazionale, come l’accordo di recesso, e venga in seguito introdotta nell’ordinamento giuridico dell’Unione mediante una decisione che approvi la conclusione dell’accordo in questione, come la decisione impugnata, rispetto al caso in cui la stessa regola giuridica sia contenuta in un atto legislativo di identico contenuto e di rango inferiore nella gerarchia delle norme.

89      In quarto luogo dalla genesi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE risulta che gli autori del progetto del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e in seguito gli autori del Trattato di Lisbona non hanno avuto l’intento specifico di attenuare i requisiti di ricevibilità dei ricorsi dei singoli avverso le decisioni che approvano la conclusione di un accordo internazionale, quali, segnatamente, le decisioni che approvano la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di uno Stato membro. In particolare, i lavori preparatori del progetto del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa – e segnatamente dell’articolo III‑365, paragrafo 4, il cui contenuto è riprodotto in termini identici all’articolo 263, quarto comma, TFUE – non indicano in alcun modo che gli autori suddetti abbiano inteso qualificare tali decisioni come «atti regolamentari» nel senso di tali due articoli.

90      In detto contesto la nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE deve essere interpretata nel senso che essa non include le decisioni che approvano la conclusione di un accordo internazionale, quali in particolare le decisioni che approvano la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di uno Stato membro.

91      La decisione impugnata non può pertanto essere qualificata come atto regolamentare ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE.

92      Tale conclusione non è messa in discussione dagli altri argomenti dei ricorrenti.

93      Sotto un primo profilo, la circostanza che la decisione impugnata sia stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sotto la rubrica «Atti non legislativi» non implicava che tale decisione fosse necessariamente un atto regolamentare. Di conseguenza tale pubblicazione non era idonea ad indurre in errore i singoli circa i mezzi di gravame disponibili avverso la decisione suddetta.

94      Sotto un secondo profilo, la qualificazione della decisione impugnata come un atto di portata generale, che non è né legislativo né regolamentare, non si pone in contrasto con i principi della certezza del diritto e della tutela giurisdizionale effettiva. Infatti tali principi non possono essere intesi come un divieto di graduale chiarimento delle norme sulla ricevibilità dei ricorsi mediante interpretazioni giurisprudenziali, sempreché queste ultime siano ragionevolmente prevedibili (v., per analogia, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 167 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nel caso in esame l’interpretazione della nozione di «atti regolamentari» fornita al precedente punto 90 era ragionevolmente prevedibile in considerazione delle specificità delle decisioni che approvano la conclusione di un accordo internazionale, quali in particolare le decisioni che approvano la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di uno Stato membro.

95      Sotto un terzo profilo, il principio di tutela giurisdizionale effettiva, come sancito dall’articolo 47 della Carta, non esige che un singolo possa proporre in modo incondizionato un ricorso di annullamento direttamente dinanzi al giudice dell’Unione contro atti di portata generale non ricompresi nella nozione di «atti regolamentari» (v., per analogia, in relazione agli atti legislativi, sentenze del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 105, e del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punto 66).

96      Da quanto precede risulta, senza che sia necessario esaminare se la decisione impugnata riguardi direttamente i ricorrenti e se comporti misure di esecuzione, che i ricorrenti sono privi di legittimazione ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE.

97      Ne consegue che il Consiglio può legittimamente sostenere che i ricorrenti sono privi di legittimazione ad agire. L’eccezione di irricevibilità deve pertanto essere accolta e il ricorso deve essere respinto in quanto irricevibile.

  Sulle istanze di intervento

98      Ai sensi dell’articolo 142, paragrafo 2, del regolamento di procedura, l’intervento rimane privo di oggetto quando il ricorso è dichiarato irricevibile. Nel caso di esame, dal momento che il ricorso è stato respinto in quanto irricevibile, non vi è più luogo a statuire sulle istanze di intervento proposte dalla Commissione, da British in Europe, da Plaid Cymru – The Party of Wales, da European Democracy Lab, da ECIT e da European Alternatives Ltd.

 Sulle spese

99      In primo luogo, ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono rimasti soccombenti, occorre condannarli a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Consiglio, conformemente alla domanda di quest’ultimo, fatta eccezione per quelle relative alle domande di intervento.

100    In secondo luogo, a norma dell’articolo 144, paragrafo 10, del regolamento di procedura, se la causa principale si conclude prima della decisione sull’istanza di intervento, le spese dell’istante e delle parti principali relative all’istanza di intervento sono compensate. Nel caso di specie i ricorrenti, il Consiglio, la Commissione, British in Europe, Plaid Cymru – The Party of Wales, European Democracy Lab, ECIT e European Alternatives Ltd sopporteranno ciascuno le proprie spese relative alle istanze di intervento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

così provvede:

1)      Il ricorso è respinto in quanto irricevibile.

2)      Non vi è più luogo a statuire sulle istanze di intervento della Commissione europea, di British in Europe, di Plaid Cymru – The Party of Wales, di European Democracy Lab, di ECIT e di European Alternatives Ltd.

3)      Il sig. Joshua Silver e gli altri ricorrenti, i cui nominativi sono contenuti nell’allegato, sono condannati a farsi carico, oltre che delle proprie spese, delle spese sostenute dal Consiglio dell’Unione europea, fatta eccezione per quelle relative alle domande di intervento.

4)      Il sig. Silver e gli altri ricorrenti, i cui nominativi sono contenuti nell’allegato, il Consiglio, la Commissione, British in Europe, Plaid Cymru – The Party of Wales, European Democracy Lab, ECIT e European Alternatives Ltd sopporteranno ciascuno le proprie spese relative alle istanze di intervento.

Lussemburgo, 8 giugno 2021

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

A. Kornezov


*      Lingua processuale: l’inglese.


1      L’elenco degli altri ricorrenti è allegato soltanto alla versione notificata alle parti.