Language of document : ECLI:EU:T:2012:96

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

29 febbraio 2012 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario denominativo SERVO SUO – Marchio comunitario denominativo anteriore SERVUS – Impedimenti relativi alla registrazione – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑525/10,

Azienda Agricola Colsaliz di Faganello Antonio, con sede a Refrontolo, rappresentata da G. Massa e P. Massa, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato inizialmente da G. Mannucci, successivamente da P. Bullock, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Weinkellerei Lenz Moser AG, con sede a Linz (Austria), rappresentata da C.‑R. Haarmann, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI del 16 agosto 2010 (procedimento R‑1571/2009‑2), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Weinkellerei Lenz Moser AG e l’Azienda Agricola Colsaliz di Faganello Antonio,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente, K. Jürimäe, e dal sig. M. van der Woude (relatore), giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale,

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 5 novembre 2010,

visto il controricorso dell’UAMI depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 marzo 2011,

visto il controricorso dell’interveniente depositato nella cancelleria del Tribunale il 30 marzo 2011,

in seguito all’udienza del 6 dicembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 20 marzo 2007 la ricorrente, Azienda Agricola Colsaliz di Faganello Antonio, ha depositato una domanda di registrazione di marchio comunitario presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo SERVO SUO.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 33 ai sensi dell’accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Bevande alcoliche (tranne le birre)».

4        La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 40/2007, del 6 agosto 2007.

5        Il 27 settembre 2007 l’interveniente, la Weinkellerei Lenz Moser AG, ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 41 del regolamento n. 207/2009), alla registrazione del marchio richiesto, per i prodotti di cui al precedente punto 3. Il motivo addotto a sostegno dell’opposizione era l’esistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009].

6        L’opposizione si fondava su più registrazioni anteriori, in particolare quella del marchio comunitario denominativo SERVUS, depositato il 24 luglio 1997 e registrato il 24 febbraio 1999, che contraddistingue prodotti della classe 33 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Bevande alcoliche (tranne le birre), vini, spumanti».

7        Con decisione del 10 novembre 2009, la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione, ritenendo che esistesse un rischio di confusione tra il marchio anteriore e il marchio richiesto.

8        Il 21 dicembre 2009 la ricorrente ha proposto ricorso all’UAMI, ai sensi degli articoli 58‑64 del regolamento n. 207/2009, contro la decisione della divisione d’opposizione.

9        Con decisione del 16 agosto 2010 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto integralmente il ricorso. Essa ha ritenuto, in primo luogo, che i prodotti contraddistinti dal marchio anteriore fossero identici a quelli oggetto del marchio richiesto. In secondo luogo, essa ha considerato che i segni in conflitto presentavano una somiglianza di grado medio sotto il profilo visivo e fonetico. Essa è anche pervenuta alla conclusione che i marchi in conflitto erano identici sotto il profilo concettuale per il pubblico italiano. Di conseguenza, la commissione di ricorso ha ritenuto che sussistesse un rischio di confusione tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

 Conclusioni delle parti

10      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare e riformare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

11      L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

12      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, un unico motivo attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in quanto la commissione di ricorso avrebbe, ingiustamente, ritenuto che sussistesse un rischio di confusione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore. La commissione di ricorso avrebbe, da un lato, effettuato una valutazione errata, alla luce della giurisprudenza, della loro somiglianza visiva, fonetica e concettuale, in particolare omettendo di applicare il principio di interdipendenza tra i fattori, e, dall’altro, avrebbe erroneamente concluso per l’identità dei prodotti contraddistinti dai marchi in conflitto.

13      L’UAMI e l’interveniente contestano la fondatezza dell’argomentazione della ricorrente.

14      Secondo quanto disposto dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) del regolamento n. 207/2009, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa della sua identità o somiglianza col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

15      Secondo la giurisprudenza, costituisce un rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato complessivamente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e prendendo in considerazione tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie. Tale valutazione complessiva implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, in particolare tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del Tribunale del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc. pag. II‑2821, punti 30‑33 e giurisprudenza ivi citata].

16      Occorre del pari ricordare che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, il rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del Tribunale del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, Racc. pag. II‑43, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

17      Prima di esaminare gli argomenti dedotti dalle parti alla luce di tali principi, occorre rilevare che è con riferimento ai consumatori situati nel territorio dell’Unione europea che deve essere effettuato l’esame del rischio di confusione, come giustamente ritenuto dalla commissione di ricorso senza contestazione della ricorrente.

 Sul pubblico di riferimento

18      Quanto alla definizione di pubblico di riferimento, la ricorrente contesta l’analisi effettuata dalla commissione di ricorso, al punto 19 della decisione impugnata, secondo la quale il pubblico di riferimento nel caso di specie è il consumatore medio di prodotti di largo consumo, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Essa ritiene che il pubblico di riferimento sia composto da consumatori con un livello di attenzione più alto di quello del consumatore medio di altri prodotti di largo consumo e che tale pubblico sia particolarmente attento per quanto concerne l’origine, la denominazione, le caratteristiche e, quindi, il marchio dei prodotti in parola.

19      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

20      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione complessiva del rischio di confusione occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del Tribunale del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, Racc. pag. II‑449, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

21      Si evince inoltre da una giurisprudenza costante che i vini sono prodotti di largo consumo per i quali il pubblico di riferimento è il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto [v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2006, Castell del Remei/UAMI – Bodegas Roda (ODA), T‑13/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 46; del 14 novembre 2007, Castell del Remei/UAMI – Bodegas Roda (CASTELL DEL REMEI ODA), T‑101/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 52, e del 12 marzo 2008, Sebirán/UAMI – El Coto De Rioja (Coto D’Arcis), T‑332/04, non pubblicata nella Raccolta, punto 29].

22      Dato che i prodotti oggetto della domanda di registrazione sono destinati al largo consumo, occorre dichiarare che, come sostengono l’UAMI e l’interveniente, il pubblico di riferimento è composto da consumatori medi, che al momento di acquistare tali prodotti dimostrano un livello di attenzione medio. Il fatto che, come afferma la ricorrente, i vini che essa vende siano, eventualmente, vini di qualità che godono di una certa notorietà nulla toglie a questa constatazione, dato che la registrazione del marchio comunitario è stata chiesta non soltanto per vini che siano di tale qualità, ma anche, in generale, per le «bevande alcoliche (tranne le birre)».

 Sul confronto tra i prodotti

23      La ricorrente sostiene che i prodotti contraddistinti dai marchi in conflitto si diversificano per le loro caratteristiche organolettiche, la loro provenienza, le loro modalità di utilizzo, i loro canali di distribuzione, i settori di mercato interessati e, di conseguenza, non sono rivolti agli stessi consumatori. Inoltre, il marchio richiesto sarebbe dotato di un carattere distintivo forte rafforzato dalla normativa europea sulla trasparenza in materia di provenienza dei vini.

24      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

25      Come si evince dal punto 20 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti di cui trattasi fossero identici in quanto i prodotti contraddistinti dal marchio richiesto sono inclusi nell’elenco dei prodotti contraddistinti dal marchio anteriore.

26      Occorre considerare, a questo proposito, che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore. Infatti, secondo costante giurisprudenza, qualora i prodotti oggetto del marchio anteriore includano i prodotti di cui alla domanda di marchio, tali prodotti sono considerati identici [v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 23 ottobre 2002, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), T‑104/01, Racc. pag. II‑4359, punti 32 e 33; del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, Racc. pag. II‑4891, punto 34, e dell’8 dicembre 2005, Castellblanch/UAMI‑Champagne Roederer (CRISTAL CASTELLBLANCH), T‑29/04, Racc. pag. II‑5309, punto 51].

27      Nella fattispecie, i prodotti designati dal marchio richiesto, ossia le «bevande alcoliche (tranne le birre)», compresi nella classe 33, sono inclusi nell’elenco dei prodotti contrassegnati dal marchio anteriore, ossia le «bevande alcoliche (tranne le birre) vini, spumanti», appartenenti alla medesima classe. Pertanto, i prodotti di cui trattasi devono essere considerati identici ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

28      Gli argomenti della ricorrente riguardanti il fatto che i prodotti in parola sono differenti per quel che concerne le loro caratteristiche organolettiche, la loro provenienza, le loro modalità di utilizzo, i loro canali di distribuzione e i settori di mercato interessati, non sono, al riguardo, pertinenti, dal momento che, come rileva l’UAMI, i prodotti contraddistinti dal marchio anteriore sono le «bevande alcoliche (tranne le birre)» in generale, che includono esplicitamente i vini e i vini spumanti tra cui il «prosecco», senza specificarne l’origine, la provenienza o la qualità. Occorre inoltre rilevare, in primo luogo, che la ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova atto a fondare i suoi argomenti quanto alla diversità dei prodotti di cui trattasi a livello di canali di distribuzione, natura o utilizzo. In secondo luogo, si deve sottolineare che una differenza di provenienza dei prodotti non è idonea a dimostrare l’assenza di rischio di confusione, in quanto non si può escludere che una stessa impresa produca prodotti simili in luoghi diversi (v., in tal senso, sentenza CRISTAL CASTELLBLANCH, punto 26 supra, punti 52 e 53).

29      Quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale il marchio richiesto è dotato di un forte carattere distintivo rafforzato dalla normativa europea sulla trasparenza in materia di provenienza dei vini, occorre sottolineare, da un lato, che detto carattere distintivo non rileva nell’ambito dell’esame della somiglianza dei prodotti e, dall’altro, che l’esistenza di una simile normativa non è di natura tale da confutare questa valutazione, in particolare tenuto conto del fatto che i prodotti contraddistinti dai marchi in conflitto non comprendono esclusivamente i vini.

30      Quindi, giustamente la commissione di ricorso ha considerato che i prodotti di cui trattasi erano identici. Pertanto, occorre respingere gli argomenti della ricorrente riguardanti il confronto tra i prodotti.

 Sul confronto tra i segni

31      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non si sofferma ad analizzare i vari dettagli (v. sentenza della Corte del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, Racc. pag. I‑4529, punto 35, e giurisprudenza ivi citata).

32      In generale, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti [sentenza del Tribunale del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, Racc. pag. II‑4335, punto 30]

33      Inoltre, occorre ricordare che per giurisprudenza costante, in virtù del carattere unitario del marchio comunitario, una registrazione dev’essere negata quando un motivo di impedimento relativo esista anche solo in una parte dell’Unione [sentenze del Tribunale del 6 ottobre 2004, New Look/UAMI–Naulover (NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection, da T‑117/03 a T‑119/03 e T‑171/03, Racc. pag. II‑3471, punto 34, e del 14 dicembre 2006, Mast‑Jägermeister/UAMI–Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, Racc. pag. II‑5409, punto 76].

34      Occorre dunque verificare se l’impressione d’insieme prodotta dai segni in conflitto, considerata dalla commissione di ricorso, in esito all’esame della loro somiglianza sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale, non sia viziata da errore.

 Sulla somiglianza visiva

35      Per quanto riguarda la somiglianza visiva, la ricorrente considera che la commissione di ricorso ha, in particolare, commesso un errore, da un lato, sopravvalutando l’importanza dell’elemento comune «serv» e, dall’altro, non tenendo conto a sufficienza del fatto che il marchio richiesto era composto da due parole mentre il marchio anteriore era composto solamente da una parola. Al riguardo, essa sostiene che la commissione di ricorso si è contraddetta affermando che il confronto tra i segni in conflitto doveva essere complessivo, mentre in realtà essa avrebbe confrontato solo lettere e sillabe. La ricorrente le contesta inoltre di non avere fondato la valutazione della somiglianza tra detti segni su vere rappresentazioni grafiche.

36      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

37      In via preliminare, per quanto riguarda gli allegati al ricorso forniti dalla ricorrente che mettono a confronto rappresentazioni grafiche dei marchi in conflitto, occorre ricordare che le modalità concrete di applicazione dei marchi denominativi ai prodotti di cui trattasi sono prive di rilevanza ai fini della valutazione della somiglianza visiva, valutazione che si effettua sulla base dei segni quali registrati o richiesti all’UAMI [v., in questo senso, sentenza del Tribunale del 9 giugno 2010, Muñoz Arraiza/UAMI – Consejo Regulador de la Denominación de Origen Calificada Rioja (RIOJAVINA), T‑138/09, Racc. pag. II‑2317, punto 50].

38      Per quanto riguarda il raffronto visivo tra i segni quali registrati o richiesti, occorre constatare, in primo luogo, che la circostanza che l’elemento «serv» sia presente nei due marchi costituisce un fattore di somiglianza particolarmente importante alla luce del ruolo significativo che esso svolge nella percezione che il pubblico di riferimento ha di ciascuno di tali marchi. Infatti, nel marchio anteriore come nel marchio richiesto, l’elemento «serv» è posizionato all’inizio del segno. Orbene, si deve ricordare che il consumatore in generale presta maggiore attenzione all’inizio di un segno denominativo che non alla sua fine [sentenza del Tribunale del 7 settembre 2006, Meric/UAMI – Arbora & Ausonia (PAM-PIM’S BABY-PROP), T‑133/05, Racc. pag. II‑2737, punto 51, e giurisprudenza ivi citata]. Va notato, inoltre, che la ricorrente non ha fornito elementi idonei a suggerire che tale principio non si applichi al caso di specie.

39      In secondo luogo, occorre constatare, come sostengono l’UAMI e l’interveniente, che oltre all’elemento comune «serv», le sei lettere del marchio anteriore sono presenti nel marchio richiesto, che cinque di queste sei lettere sono disposte nel medesimo ordine nei due marchi e che l’elemento aggiuntivo «suo» del marchio richiesto contiene solo tre lettere, posizionate alla fine, su un totale di otto lettere, il che ne limita l’importanza sotto il profilo visivo.

40      In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso non ha applicato correttamente, sotto il profilo visivo, la regola giurisprudenziale della valutazione complessiva, occorre dichiarare che la commissione di ricorso, al punto 23 della decisione impugnata, ha proceduto ad un’analisi fondata sull’esame delle lettere e delle sillabe. Essa ha ritenuto che tra i marchi in conflitto esistesse una somiglianza visiva di grado medio in quanto, benché i segni in conflitto differissero, da un lato, per la lettera «o» e per la posizione della lettera «u» e, dall’altro, per il numero delle parole, le quattro lettere iniziali dei due segni erano identiche e detti marchi avevano in comune una seconda lettera «s».

41      Un’analisi del genere non è criticabile. Infatti, l’esame della somiglianza visiva dei segni in conflitto, allo scopo di valutare l’impressione d’insieme da essi prodotta, può tener conto, in particolare, nel caso di marchi denominativi, della loro lunghezza, delle lettere che li formano e dell’ordine di tali lettere [v., in tal senso, sentenze del Tribunale RESPICUR, punto 20 supra, punto 55; del 20 novembre 2007, Castellani/UAMI – Markant Handels und Service (CASTELLANI), T‑149/06, Racc. pag. II‑4755, punto 54, e del 25 marzo 2009, Kaul/UAMI–Bayer (ARCOL), T‑402/07, Racc. pag. II‑737, punto 83]. Occorre, peraltro, sottolineare che la ricorrente non ha dedotto elementi tali da confutare la pertinenza di tale principio al presente caso. Di conseguenza, si deve ritenere che giustamente la commissione di ricorso abbia fondato la sua valutazione circa l’impressione visiva d’insieme prodotta dai segni in conflitto su un’analisi basata sul numero e l’ordine delle lettere che compongono tali segni.

42      Occorre, poi, sottolineare che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la commissione di ricorso ha ben tenuto conto del fatto che il marchio richiesto fosse composto da due parole mentre il marchio anteriore soltanto da una. Risulta, infatti, dal punto 28 della decisione impugnata che la commissione di ricorso ha preso in considerazione l’argomento della ricorrente, ma non lo ha ritenuto sufficiente a far concludere nel senso di una somiglianza visiva di grado debole o dell’insussistenza di tale somiglianza.

43      Tenuto conto dei precedenti punti 41 e 42, si deve rilevare che la presenza di due lettere e di una parola in più nel marchio richiesto, nonché l’assenza della vocale «o» nel marchio anteriore, per quanto non irrilevanti sotto il profilo visivo, non sono sufficienti a confutare la constatazione di una somiglianza visiva media tra i segni di cui trattasi. Infatti, sebbene i marchi in conflitto presentino talune differenze, il consumatore non scomporrà i marchi in base alle lettere che differiscono tra loro e che non sono descrittive di un prodotto o di un servizio, ma si dedicherà a una valutazione complessiva del segno, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 31. Sempre da una giurisprudenza costante si evince, inoltre, che il consumatore solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto tra i vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria [sentenza del Tribunale del 30 giugno 2004, BMI Bertollo/UAMI – Diesel (DIESELIT), T‑186/02, Racc. pag. II‑1887, punto 38, e giurisprudenza ivi citata].

44      Si deve dunque considerare che giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che le differenze rilevate dalla ricorrente tra i marchi in conflitto, sotto il profilo visivo, non fossero tali da rimettere in discussione l’esistenza tra di essi di una somiglianza visiva di grado medio.

 Sulla somiglianza fonetica

45      Per quanto riguarda la somiglianza fonetica, la ricorrente sostiene in particolare che la commissione di ricorso non ha sufficientemente preso in considerazione le differenze sillabiche tra i marchi in conflitto, nonché il fatto che la vocale «o» è assente nel marchio anteriore.

46      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

47      Si evince dal punto 24 della decisione impugnata che la commissione di ricorso è arrivata alla conclusione che esisteva una somiglianza fonetica di grado medio tra i marchi in conflitto.

48      Questa conclusione non può essere validamente contestata, in primo luogo, considerata l’identità dell’elemento «serv». Secondo la commissione di ricorso, l’elemento «serv» si pronuncerà probabilmente in modo identico nell’insieme del territorio di riferimento. La ricorrente non contesta né questo argomento né il fatto che l’accento tonico cada, nei marchi in conflitto, sulla prima sillaba «ser».

49      In secondo luogo, occorre constatare che la posizione identica delle consonanti «v» e «s» nei due marchi così come la circostanza che l’insieme delle lettere del marchio anteriore sia incluso nel marchio richiesto contribuiscono ad accentuare fortemente la somiglianza fonetica, come sostiene l’UAMI.

50      In terzo luogo, occorre constatare, come sostengono l’UAMI e l’interveniente, che la consonante «s» situata all’inizio della terza sillaba, nel marchio richiesto, sarà pronunciata insieme alla seconda sillaba da una parte del pubblico di riferimento, il che, pertanto, accentuerà la somiglianza fonetica degli elementi «vos» e «vus» dei marchi in conflitto e contribuirà a che il marchio richiesto non sia percepito come costituito da due parole distinte.

51      Di conseguenza, se è vero, come sostiene la ricorrente, che il marchio anteriore non contiene vocali «o», benché le consonanti siano identiche e posizionate nello stesso ordine del marchio richiesto, e che quest’ultimo contiene effettivamente due sillabe supplementari, occorre affermare, come ha fatto la commissione di ricorso, che sussiste una somiglianza fonetica di grado medio. A questo riguardo, occorre ricordare che il fatto che il numero di sillabe sia differente non può di per sé essere sufficiente ad escludere prima facie l’esistenza di una somiglianza tra i segni, ove tale somiglianza dev’essere valutata sulla base dell’impressione complessiva prodotta dalla loro pronuncia completa [v., in tal senso, sentenza della Corte del 17 aprile 2008, Ferrero Deutschland/UAMI e Cornu, C‑108/07 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 48, e sentenza del Tribunale del 17 marzo 2004, El Corte Inglés/UAMI – González Cabello e Iberia, Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), T‑183/02 e T‑184/02, Racc. pag. II‑965, punto 85].

52      Pertanto, occorre respingere l’insieme degli argomenti della ricorrente riguardanti la somiglianza fonetica.

 Sulla somiglianza concettuale

53      Per quanto riguarda la somiglianza concettuale, la ricorrente considera che la commissione di ricorso, da un lato, ha commesso un errore quanto al significato dell’espressione «servo suo» in lingua italiana e, dall’altro, ha sottovalutato la capacità di taluni consumatori di cogliere le differenze di significato tra i marchi in conflitto.

54      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

55      In primo luogo, si evince dal punto 25 della decisione impugnata che la commissione di ricorso ha effettivamente attribuito all’espressione «servo suo» lo stesso significato in italiano attribuitole dalla ricorrente, ovvero quello della sottomissione alla volontà altrui, e non il significato di una formula di saluto. Di conseguenza, nei limiti in cui la ricorrente non contesta che i consumatori italiani possano attribuire un significato simile al marchio anteriore, occorre dichiarare che essa non ha fornito alcun elemento in grado di confutare la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale detti consumatori accosterebbero concettualmente i marchi in conflitto. Il primo argomento della ricorrente deve dunque essere respinto in quanto infondato.

56      In secondo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale la commissione di ricorso ha sottovalutato la capacità di taluni consumatori, in particolare i consumatori italiani, francesi e spagnoli, di comprendere le differenze di significato tra i marchi in conflitto, occorre dichiarare, innanzitutto, che detto argomento riposa su un’interpretazione errata della decisione impugnata. Si evince, infatti, dal punto 25 della decisione impugnata che la commissione di ricorso ha concluso per una probabile confusione concettuale soltanto con riferimento all’Italia, nei limiti in cui «servus» è una parola latina che significa «servo» e può essere compresa dal pubblico italiano. Un simile accostamento concettuale tra i marchi in conflitto sarebbe possibile anche in Spagna, dove la parola «siervo», che significa «servo», si avvicina alla prima parola del marchio richiesto «servo», e dove la popolazione sarebbe parimenti in grado di comprendere il significato della parola latina «servus». La commissione di ricorso ritiene invece altamente improbabile che sussista un accostamento concettuale per gli altri paesi dell’Unione, in particolare per quelli in cui la parola «servus» è una formula di saluto.

57      La ricorrente, poi, fonda la sua censura, da un lato, su alcuni estratti di siti Internet che contengono traduzioni della parola «servus» dal tedesco all’inglese e all’italiano, e, dall’altro, sul fatto che il consumatore di riferimento è particolarmente accorto e che, di conseguenza, sarà in grado di percepire meglio la differenza concettuale tra i marchi in conflitto.

58      In primo luogo, occorre dichiarare che tali estratti di siti Internet dimostrano che in tedesco la parola «servus» è una formula di saluto. Nei limiti in cui il pubblico di riferimento per il quale è stato constatato un rischio di confusione è costituito da consumatori italiani e, in misura minore, da consumatori spagnoli, la traduzione della parola «servus» dal tedesco all’inglese e all’italiano non può confutare la fondatezza della decisione impugnata. Occorre infatti ricordare che, in forza della giurisprudenza citata al precedente punto 33, la registrazione di un marchio comunitario va negata quando esiste un impedimento relativo anche in una parte soltanto del territorio di riferimento.

59      In secondo luogo, quanto al grado di attenzione dei consumatori, occorre ricordare che, come è già stato accertato al precedente punto 22, il consumatore di riferimento manifesta, nella specie, un livello di attenzione medio, e non alto. Non si deve quindi presumere che il consumatore di riferimento sarà particolarmente attento all’aspetto concettuale dei marchi di cui trattasi. Il secondo argomento della ricorrente non può dunque essere accolto. Pertanto, tutti gli argomenti della ricorrente riguardanti la somiglianza concettuale vanno respinti in quanto infondati.

60      Risulta dunque dall’insieme delle considerazioni che precedono che la commissione di ricorso non ha commesso errori nel concludere per l’esistenza di una somiglianza di grado medio sotto il profilo visivo e fonetico tra i marchi in conflitto, nonché per l’esistenza di una somiglianza concettuale limitata al pubblico italiano.

 Sulla valutazione complessiva del rischio di confusione

61      La valutazione complessiva del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. In tal senso, un debole grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenza della Corte del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, Racc. pag. I‑5507, punto 17, e sentenza VENADO con riquadro e a., punto 33 supra, punto 74].

62      La commissione di ricorso ha considerato che, nei limiti in cui i prodotti controversi erano identici, i segni in conflitto presentavano una somiglianza di grado medio sotto il profilo visivo e fonetico ed esisteva una somiglianza concettuale per il pubblico italiano, occorreva concludere per l’esistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

63      La ricorrente contesta l’analisi della commissione di ricorso sostenendo, in particolare, che quest’ultima, da un lato, ha sottovalutato l’importanza dell’aspetto visivo, e, dall’altro, non sarebbe dovuta arrivare alla conclusione che sussisteva un rischio di confusione dopo aver accertato una somiglianza di grado medio tra i marchi in conflitto.

64      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

65      Tenuto conto dell’identità dei prodotti di cui trattasi (v. supra punto 30) e della somiglianza di grado medio tra i marchi in conflitto (v. supra punto 60), nonché dell’interdipendenza tra i fattori che devono essere presi in considerazione nell’ambito della valutazione complessiva del rischio di confusione, va dichiarato, alla stregua della commissione di ricorso, che nel caso di specie sussiste un rischio di confusione per il pubblico di riferimento.

66      Siffatta conclusione non può essere rimessa in discussione dai vari argomenti dedotti dalla ricorrente.

67      In primo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale la commissione di ricorso ha sottovalutato l’importanza del confronto visivo nella sua valutazione complessiva del rischio di confusione, occorre ricordare che, prima di tutto, è già stato accertato che la commissione di ricorso non ha commesso errori nel dichiarare che esisteva una somiglianza di grado medio sotto il profilo visivo (v. supra punto 44). Si evince inoltre dal punto 27 della decisione impugnata che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la commissione di ricorso ha attribuito all’aspetto visivo tanta importanza quanta all’aspetto fonetico. Infine, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale la somiglianza visiva è più importante della somiglianza fonetica per la categoria di prodotti di cui trattasi, è sufficiente ricordare, come fanno giustamente l’UAMI e l’interveniente, senza che la ricorrente deduca argomenti in senso contrario, che secondo costante giurisprudenza, nel settore dei vini, occorre attribuire una particolare importanza all’aspetto fonetico [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 23 novembre 2010, Codorniu Napa/UAMI – Bodegas Ontañon (ARTESA NAPA VALLEY), T‑35/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 62, e giurisprudenza ivi citata].

68      In secondo luogo, laddove la ricorrente sostiene che, per poter accertare l’esistenza di un rischio di confusione, è necessario provare l’esistenza di una notorietà del marchio anteriore nonché l’esistenza di un pregiudizio indebitamente subito dal titolare del marchio anteriore, occorre dichiarare, come ha giustamente rilevato la commissione di ricorso al punto 30 della decisione impugnata, che tali due condizioni devono essere soddisfatte solo in caso di opposizione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. Poiché l’opposizione dell’interveniente si fonda sull’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, l’argomento della ricorrente va respinto in quanto infondato.

69      Di conseguenza, occorre respingere il motivo unico attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e, pertanto, il ricorso nel suo complesso.

 Sulle spese

70      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, essendo rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda formulata in tal senso dall’UAMI.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Azienda Agricola Colsaliz di Faganello Antonio è condannata alle spese.

Pelikánová

Jürimäe

Van der Woude

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 febbraio 2012.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.