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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

LAILA MEDINA

presentate il 19 ottobre 2023 (1)

Causa C276/22

Edil Work 2 Srl,

ST Srl

contro

STE Sarl,

con l’intervento di:

CM

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Libertà di stabilimento – Articoli 49 e 54 TFUE – Ambito di applicazione – Attività transfrontaliere – Esercizio di un’attività economica in uno Stato membro diverso da quello di costituzione – Lex societatis – Gestione e organizzazione di società – Oggetto principale – Legge applicabile»






1.        Una società italiana il cui bene principale era un castello situato in Italia ha trasferito la propria sede in Lussemburgo. La società si è trasformata in una società di diritto privato a responsabilità limitata ed è stata costituita secondo il diritto lussemburghese. Sei anni dopo, i soci della stessa hanno nominato un’amministratrice unica che ha nominato, a sua volta, un mandatario generale. Quest’ultimo ha poi ceduto la proprietà del summenzionato castello ad un’altra società, la ST Srl (in prosieguo: la «ST»), che l’ha a sua volta venduto alla ricorrente nel procedimento principale, la società Edil Work 2 Srl (in prosieguo: la «Edil Work 2»).

2.        La controversia nel procedimento principale riguarda, in sostanza, la validità dei due conferimenti in esame, che dipende dal diritto nazionale applicabile all’attribuzione dei poteri di cui trattasi. Se fosse applicabile il diritto lussemburghese, tali conferimenti sarebbero validi in forza di tale diritto; se, per contro, fosse applicabile il diritto italiano, tali conferimenti sarebbero privi di validità in forza di una disposizione in base a cui un mandato generale può essere attribuito unicamente ai componenti del consiglio di amministrazione della società.

3.        È in tale contesto che la Corte suprema di cassazione (Italia) ha sottoposto alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale vertente, in sostanza, sulla compatibilità con gli articoli 49 e 54 TFUE della legislazione italiana che disciplina il diritto internazionale privato, in base a cui una società con sede in un altro Stato membro dell’Unione europea è soggetta alla legge italiana se essa è costituita in Italia oppure se la sede dell’amministrazione o l’«oggetto principale» di tale società si trova in Italia (2).

I.      Contesto normativo

4.        L’articolo 25 della legge del 31 maggio 1995, n. 218 – Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato (in prosieguo: la «legge 218/1995») (3), intitolato «Società ed altri enti», così dispone:

«1.      Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti.

2.      In particolare sono disciplinati dalla legge regolatrice dell’ente: a) la natura giuridica; b) la denominazione o ragione sociale; c) la costituzione, la trasformazione e l’estinzione; d) la capacità; e) la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi; f) la rappresentanza dell’ente; g) le modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità; h) la responsabilità per le obbligazioni dell’ente; i) le conseguenze delle violazioni della legge o dell’atto costitutivo.

3.      I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati».

5.        L’articolo 2381, secondo comma, del codice civile italiano stabilisce che, se lo statuto o l’assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti. Il giudice del rinvio osserva che, in base a tale disposizione, il consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata può conferire le proprie attribuzioni soltanto ai componenti del suo consiglio di amministrazione.

II.    Fatti

6.        Nel 2004 una società italiana a responsabilità limitata con patrimonio e attività costituiti unicamente dal complesso immobiliare situato nei pressi di Roma e denominato Castello di Tor Crescenza (in prosieguo: il «Castello») ha trasferito la propria sede nel Granducato di Lussemburgo, dove è stata costituita ed è divenuta la STE, una società di diritto privato a responsabilità limitata. Il 30 agosto 2010 vi è stata un’assemblea straordinaria della società STE, tenutasi in Lussemburgo, nella quale è stata nominata amministratrice unica (gérante) SB (4). In quella occasione, SB ha nominato FF mandatario generale (mandataire général) della STE e gli ha conferito il potere di compiere, «nel Granducato di Lussemburgo e all’estero, in nome e per conto della società, tutti gli atti e le operazioni necessarie, senza eccezioni ed esclusioni, sempre comunque nei limiti dell’oggetto sociale della società».

7.        Nel 2012, FF ha conferito il Castello alla società italiana ST, che lo ha poi conferito alla Edil Work 2, una società italiana controllata da FF.

8.        Nel 2013 la STE ha chiamato in causa – davanti al Tribunale di Roma (Italia) – la ST e la Edil Work 2, chiedendo che fosse dichiarata la nullità dei due atti di conferimento in conseguenza della inefficacia dell’attribuzione dei poteri a FF. Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda, ritenendo che il mandato a FF fosse stato validamente attribuito.

9.        In sede di impugnazione, la Corte d’appello di Roma (Italia) ha accolto la domanda. Essa ha anzitutto affermato che ai sensi della legge 218/1995 si applica la legge italiana, in quanto il Castello – «l’unico e intero patrimonio» della società –, ossia l’«oggetto principale», si trova in Italia. Il medesimo giudice ha quindi stabilito che il conferimento a un soggetto terzo rispetto alla società, quale FF, di poteri illimitati di gestione si poneva in contrasto con l’articolo 2381, secondo comma, del codice civile, che prevede la delega da parte del consiglio di amministrazione della società delle proprie attribuzioni unicamente a componenti del medesimo consiglio. Lo stesso giudice ha così dichiarato la nullità dell’attribuzione dei poteri da parte dell’amministratrice della società a FF e, di conseguenza, l’inefficacia dei successivi conferimenti del Castello alle due società convenute.

10.      Le società Edil Work 2 e ST hanno proposto ricorso dinanzi alla Corte suprema di cassazione, contestando l’applicabilità della seconda parte del primo comma dell’articolo 25 della legge 218/1995, in quanto la Corte d’appello di Roma non avrebbe considerato che il significato e la portata della norma sono stati profondamente incisi dal diritto dell’Unione, che ne impone la disapplicazione qualora se ne dia un’interpretazione con esso incompatibile.

11.      La controparte STE ha resistito al ricorso, in particolare sostenendo che, essendo l’oggetto principale della società in Italia, l’efficacia dei poteri attribuiti a FF e la validità dei successivi conferimenti alle società ricorrenti devono essere esaminati in base alla legge italiana, senza alcuna interferenza interpretativa da parte del diritto dell’Unione.

12.      In via preliminare, il giudice del rinvio osserva che dall’articolo 25, terzo comma, della legge 218/1995 emerge che tale disposizione consente la trasformazione delle società italiane in società estere mediante il trasferimento della loro sede sociale in un altro Stato membro e ciò a condizione che il trasferimento risulti valido sia nello Stato membro di origine che in quello di destinazione. Inoltre, tale trasferimento non comporta, anche a seguito della cancellazione della società dal registro italiano delle imprese, la cessazione della sua soggettività giuridica.

13.      Secondo il giudice del rinvio, si pone la questione se la costituzione della STE, che ha mantenuto il centro della propria attività in Italia, come società di diritto lussemburghese, implichi che gli atti di gestione e di organizzazione di tale società siano soggetti al diritto lussemburghese, in base a cui l’attribuzione dei poteri di cui trattasi sarebbe valida. Al contrario, se si applicasse la legge italiana, l’attribuzione dei poteri in questione sarebbe inefficace.

14.      Per quanto riguarda la determinazione della legge applicabile all’attribuzione dei poteri, il giudice del rinvio osserva che, ai sensi dell’articolo 25, primo comma, prima frase, della legge 218/1995, il criterio di collegamento generale è costituito dal luogo in cui è avvenuta la costituzione della società. Di conseguenza, secondo tale frase, nel caso di specie l’attribuzione dei poteri di cui trattasi dovrebbe essere disciplinata dal diritto lussemburghese. Tuttavia, la seconda frase di tale disposizione introduce un’eccezione a tale norma, in base a cui la legge italiana si applica alle società che abbiano il loro «oggetto principale» in Italia. Pertanto, in virtù di tale eccezione, la legge applicabile all’attribuzione dei poteri di cui trattasi sarebbe quella italiana, in quanto l’unico patrimonio e quindi il principale oggetto di tale società, ossia il Castello, si trova in Italia. In quest’ultimo caso, dal momento che l’articolo 2381, secondo comma, del codice civile prevede che il consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata (5) possa delegare proprie attribuzioni solo ai componenti di tale consiglio, il conferimento delle stesse a un soggetto terzo rispetto alla società, nella fattispecie FF, sarebbe illegittimo secondo la legge italiana.

15.      In tali circostanze, il giudice del rinvio afferma che, anzitutto, dal momento che la libertà di stabilimento di cui all’articolo 49 TFUE comprende il diritto per una società costituita in conformità con la normativa di uno Stato membro di trasformarsi in una società di un altro Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dal diritto di tale altro Stato membro e, in particolare, il criterio di collegamento posto da quest’ultimo, il fatto che soltanto la sede sociale sia trasferita – e non la sede dell’amministrazione o il centro di attività principale – di per sé non esclude l’applicabilità di tale libertà.

16.      In secondo luogo, il giudice del rinvio sottolinea che la libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE comprende non solo la costituzione, ma anche la gestione delle società. Tali attività devono essere svolte, ai sensi del considerando 2 della direttiva (UE) 2019/2121 (6), alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento. Nella presente causa, è pacifico che tale Stato membro sia il Lussemburgo.

17.      In terzo luogo, il giudice del rinvio osserva che l’articolo 2507 del codice civile, contenuto nel capo intitolato «Delle società costituite all’estero», stabilisce che l’interpretazione delle disposizioni contenute in tale capo deve essere effettuata in base ai principi dell’ordinamento dell’Unione.

18.      Il medesimo giudice afferma che, se è vero che la legge dello Stato membro in cui è stata effettuata la trasformazione (nella fattispecie, il Lussemburgo) dovrebbe disciplinare la gestione e l’organizzazione di una società, nel caso di specie, la società mantiene il centro della sua attività in Italia. Una siffatta circostanza può giustificare, secondo il giudice del rinvio, l’applicazione della legge italiana all’attribuzione dei poteri di cui trattasi.

19.      In tale contesto la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 49 e 54 del [TFUE] ostino a che uno Stato membro, in cui è stata originariamente costituita una società (società a responsabilità limitata), applichi alla stessa le disposizioni di diritto nazionale relative al[l’organizzazione] e alla gestione della società qualora la società, trasferita la sede e ricostituita la società secondo il diritto dello Stato membro di destinazione, mantenga il centro della sua attività nello Stato membro di partenza e l’atto di gestione in questione incida in modo determinante sull’attività della società».

20.      Hanno presentato osservazioni scritte la Edil Work 2, la STE, il governo italiano nonché la Commissione. Tali parti hanno inoltre esposto osservazioni orali all’udienza tenutasi l’11 luglio 2023.

III. Valutazione

A.      Osservazioni preliminari

21.      Il giudice del rinvio chiede se la libertà di stabilimento osti a una legislazione nazionale che consente a uno Stato membro in cui è stata originariamente costituita una società (nel caso di specie, l’Italia) di applicare il proprio diritto nazionale agli atti di gestione e di organizzazione di tale società quando quest’ultima, nell’ambito di una trasformazione transfrontaliera, abbia trasferito la propria sede in un altro Stato membro (nel caso di specie, il Lussemburgo), ma abbia mantenuto il centro della sua attività nello Stato membro di origine (l’Italia).

22.      In limine, ricordo che spetta alla Corte, se del caso, riformulare la questione ad essa deferita. Inoltre, la Corte può essere condotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione diverse da quelle alle quali il giudice nazionale ha fatto riferimento nella questione pregiudiziale (7). Nella presente causa, per fornire una risposta utile all’ordinanza di rinvio, occorre definire correttamente la portata della questione pregiudiziale.

1.      Trasformazioni transfrontaliere in contrapposizione alle attività economiche transfrontaliere

23.      È essenziale, a mio avviso, separare due temi distinti. Il primo riguarda le restrizioni imposte alle società quando effettuano una trasformazione transfrontaliera o una ricostituzione in un altro Stato membro (8). Tale tema si pone quando gli Stati membri impongono restrizioni alla ristrutturazione transfrontaliera delle società e nell’ambito dell’autorizzazione alla trasformazione di una società in una società disciplinata dal diritto di un altro Stato membro (tali ipotesi sono state denominate «casi di emigrazione») (9). A titolo di esempio, la Corte ha dovuto pronunciarsi sul tema in questione nella causa Daily Mail (10), riguardante una società del Regno Unito che intendeva trasferire la propria amministrazione centrale dal Regno Unito (che all’epoca era uno Stato membro) ai Paesi Bassi senza perdere la propria personalità giuridica o di essere una società costituita secondo il diritto del Regno Unito. L’amministrazione tributaria del Regno Unito aveva negato l’autorizzazione al trasferimento della sede, necessaria secondo la legge nazionale. La Corte ha dichiarato che le norme relative a tale trasferimento erano stabilite dal diritto nazionale in forza del quale la società era stata costituita (11).

24.      Il secondo tema riguarda le restrizioni imposte alle società costituite in uno Stato membro ma che intendono svolgere attività economiche in un altro Stato membro (12). Ad esempio, nella causa Überseering (13), la Corte era chiamata a stabilire se lo Stato membro in cui una società aveva trasferito la propria amministrazione centrale (la Germania) avesse il diritto di decidere in merito alla capacità giuridica della società, costituita nei Paesi Bassi. In altre parole, si trattava di stabilire se uno Stato membro ospitante potesse rifiutarsi di riconoscere la capacità giuridica di una società estera quando tale soggetto aveva trasferito la sede principale dell’amministrazione in tale Stato ospitante. Inoltre, nella causa Inspire Art (14), la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legislazione dei Paesi Bassi relativa alle società straniere che svolgono la loro attività economica in tale Stato membro. La causa riguardava una società costituita in conformità alla legislazione del Regno Unito. La società aveva successivamente creato una succursale nei Paesi Bassi dove svolgeva la sua principale attività economica. La società ha chiesto l’iscrizione della sua succursale olandese nel registro di commercio dei Paesi Bassi, in seguito alla quale tale registro ha voluto imporre alla società determinate norme. La Corte ha dichiarato che alcuni requisiti stabiliti dalla legislazione dei Paesi Bassi erano contrari al principio della libera circolazione. La Corte ha chiaramente distinto le due cause in questione dalla causa Daily Mail, che riguardava la possibilità per lo Stato di costituzione di limitare il trasferimento di una società in un altro Stato membro (15).

25.      Nel caso di specie, la STE, una società italiana, ha già validamente trasferito la propria sede in Lussemburgo, trasformandosi in una società di diritto lussemburghese e cessando di esistere in Italia. Tale società non intende stabilirsi in Italia, ma si limita ad esercitare un’attività economica in tale Stato membro. Pertanto, è essenziale rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla STE e dal governo italiano, la presente causa non verte sull’esistenza di restrizioni alla trasformazione transfrontaliera delle società, ma piuttosto sull’esistenza di restrizioni imposte a una società lussemburghese che esercita un’attività economica in Italia.

26.      A tale riguardo, in primo luogo risulta dal fascicolo della Corte ed è stato confermato in udienza che la STE, originariamente costituita in Italia, è stata trasformata in una società di diritto lussemburghese nel 2004, senza che le fosse imposta alcuna restrizione da parte dell’Italia o del Lussemburgo. In altri termini, dopo la sua costituzione in Lussemburgo, la trasformazione di tale società sembra essere stata accettata sia dalle leggi del paese di destinazione (Lussemburgo) che da quelle del paese di partenza (Italia). In secondo luogo, risulta che dal 2004 (anno in cui è avvenuta la trasformazione) al 2010 la società ha operato in Italia, senza che le autorità dell’uno o dell’altro Stato si opponessero alla trasformazione. In particolare, le parti hanno confermato in udienza che, nel corso dei sei anni in questione, le autorità italiane non hanno tentato di applicare il diritto societario italiano agli atti della società. In terzo luogo, l’articolo 25, primo comma, della legge 218/1995 si applica indistintamente tanto alle società originariamente costituite in un altro Stato membro quanto alle società che sono state oggetto di trasformazione. Le norme sul conflitto di leggi previste da tale disposizione non affrontano i temi della trasformazione transfrontaliera e i relativi effetti. Pertanto, a mio avviso, la stessa questione si porrebbe in una situazione in cui una società originariamente costituita in Lussemburgo avesse il suo oggetto principale in Italia, ossia qualora la STE fosse sempre stata una società lussemburghese, proprietaria del Castello.

27.      Ne consegue che, ai fini del presente procedimento, la questione se la legislazione italiana in esame limiti il trasferimento e/o la trasformazione di una società in un altro Stato membro non è pertinente e non deve essere esaminata. Il fulcro della presente causa è se l’applicazione della legge italiana – attraverso l’«oggetto principale» come criterio di collegamento – agli atti di gestione e di organizzazione di una società stabilita in un altro Stato membro (diverso da quello di costituzione) costituisca una restrizione all’esercizio di una libertà fondamentale. Pertanto, ai fini dell’analisi nelle presenti conclusioni, lo Stato membro di origine è il Lussemburgo e lo Stato membro in cui la società in questione svolge la sua attività economica è l’Italia.

2.      Oggetto del procedimento principale

28.      Il procedimento principale riguarda la validità dell’attribuzione di poteri a un soggetto terzo che non sia un componente del consiglio di amministrazione e la validità degli atti di conferimento di un complesso immobiliare. Per definire l’oggetto della questione pregiudiziale, è importante distinguere tra l’attribuzione di poteri e il conferimento del complesso immobiliare. A mio avviso, nel caso di specie, è importante distinguere tra, da un lato, la questione della lex societatis applicabile agli atti della società e, dall’altro, la limitazione posta alla cessione di beni immobili da parte di uno Stato membro. Mentre la prima questione rientra nella libertà di stabilimento, la seconda può rientrare nell’ambito della libera circolazione dei capitali sancita dall’articolo 63 TFUE. Al fine di determinare la libertà fondamentale applicabile, occorre anzitutto stabilire lo scopo della legislazione (16) e tener conto delle circostanze del caso specifico.

29.      È vero che la Corte d’appello di Roma ha dichiarato, nel procedimento principale, che «l’unico e intero patrimonio» della società, dunque l’oggetto principale della società, si trova in Italia e, per tale motivo, ha applicato la legge italiana in materia. Di conseguenza, essa sembra aver basato il suo ragionamento volto all’applicazione del diritto italiano sull’ubicazione del bene principale della società e quindi sul diritto di proprietà su un bene immobile. In particolare, tale giudice ha in sostanza ritenuto che l’attribuzione di poteri e i due atti di conferimento del Castello rientrassero nell’ambito di applicazione del principio della lex rei sitae e che, pertanto, tali atti fossero inefficaci in base all’ordinamento italiano.

30.      Tuttavia, preciso che il procedimento principale verte sulla validità dell’attribuzione di competenze a un soggetto terzo che non sia un componente del consiglio di amministrazione. Tale validità non sembra essere, prima facie, una questione riguardante un diritto reale su un bene immobile (17). Come sostenuto dalla Commissione all’udienza dinanzi alla Corte, la validità di un’attribuzione di poteri a un soggetto terzo da parte dell’amministratore ha a che fare con la gestione e l’organizzazione di una società, che pertanto riguarda la lex societatis che collega la società a un particolare ordinamento giuridico (18). Una siffatta conclusione è corroborata dalla formulazione dell’articolo 25, secondo comma, della legge 218/1995, che elenca le materie alle quali si applicherà la lex societatis, come «la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi» e la «rappresentanza dell’ente». La legislazione nazionale mira, pertanto, ad applicare la legge italiana alle summenzionate misure adottate da società straniere, il che significa che rientra nell’ambito della libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE.

31.      Poiché il procedimento principale ha ad oggetto l’individuazione della lex societatis applicabile a una società stabilita in un altro Stato membro, la questione sottoposta alla Corte da parte del giudice del rinvio deve essere esaminata alla luce della libertà di stabilimento, come definita dall’articolo 49 TFUE, che implica il diritto dei cittadini dell’Unione di costituire e gestire imprese alle stesse condizioni previste per i cittadini dello Stato membro interessato e comprende, ai sensi dell’articolo 54 TFUE, il diritto delle società dell’Unione di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (19). Nel caso in cui un operatore intenda effettivamente esercitare la propria attività economica mediante un’organizzazione stabile e per una durata indeterminata, la sua situazione deve essere esaminata alla luce della libertà di stabilimento, come definita dall’articolo 49 TFUE (20).

32.      Di conseguenza, riguardo all’attribuzione di competenze a un soggetto terzo che non sia un componente del consiglio di amministrazione, propongo di esaminare la legislazione nazionale di cui trattasi alla luce di tale libertà.

33.      Per quanto concerne la cessione di beni immobili, se la Corte dovesse analizzare la legislazione alla luce della libera circolazione dei capitali, si dovrebbe constatare che è pacifico che gli atti di cessione di beni immobili rientrano tradizionalmente nell’ambito di applicazione della legge dello Stato in cui si trova il bene. Pertanto, risulta plausibile, prima facie, che il semplice fatto di applicare tale legge non costituisca di per sé una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

3.      Conclusione intermedia

34.      Alla luce di quanto precede, propongo di riformulare la questione pregiudiziale ponendo l’accento sull’attribuzione di poteri a un soggetto terzo che non sia un componente del consiglio di amministrazione. Infatti, la norma applicabile all’attribuzione di poteri è distinta dal tema della validità delle cessioni rientranti nella categoria dei diritti reali creati da un bene immobile e lo precede. Di conseguenza, la questione dovrebbe essere riformulata in modo tale che la stessa miri a stabilire se la libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE debba essere interpretata nel senso che essa osta alla legislazione di uno Stato membro che preveda l’applicazione del proprio diritto nazionale a un atto di gestione e di organizzazione, quale un’attribuzione di poteri, di una società costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, ma il cui oggetto principale si trovi nel suo territorio.

B.      Violazione della libertà di stabilimento

1.      Orientamento basato sulla discriminazione in contrapposizione allorientamento basato sulla restrizione

35.      A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 54 TFUE, le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione, sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri (21).

36.      Nel settore del diritto societario, a partire dalla sentenza Überseering (22), gli Stati membri sono tenuti a riconoscere le società validamente costituite in forza della legislazione di un altro Stato membro, anche in assenza di un legame materiale con l’altro Stato in questione. Dopo essere stata validamente creata, si ritiene che tale entità possa esercitare la libertà di stabilimento nell’Unione.

37.      In virtù dell’articolo 49, secondo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, la libertà di stabilimento delle società citate in quest’ultimo articolo comporta, in particolare, la costituzione e la gestione di tali società alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento per le proprie società (23). Una siffatta libertà riguarda tutte le fasi di sviluppo di tali soggetti, estendendosi dalla loro affermazione iniziale nel mercato di uno Stato membro all’esercizio effettivo di un’attività (24). Ammettere che uno Stato membro possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe di contenuto l’articolo 49 TFUE. La libertà di stabilimento è volta pertanto a garantire il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro di accoglienza, vietando ogni discriminazione fondata sul luogo in cui hanno sede le società (25).

38.      È importante sottolineare che la libertà di stabilimento vieta non solo le discriminazioni dirette e indirette (orientamento basato sulla discriminazione), in base a cui le società straniere ricevono un trattamento «peggiore» delle società nazionali (26), ma anche le misure nazionali non discriminatorie ma che ostacolano l’accesso al mercato (orientamento basato sulla restrizione). A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che i provvedimenti nazionali che possono ostacolare o scoraggiare l’esercizio delle libertà fondamentali costituiscono restrizioni a tali libertà (27). La logica conclusione di tale approccio è l’eliminazione, almeno in teoria, della necessità di un confronto o dell’individuazione di un trattamento svantaggioso rispetto a una situazione analoga.

2.      Teoria della sede effettiva e teoria della costituzione

39.      Per quanto riguarda il riconoscimento di una società ai sensi delle norme di diritto internazionale privato, esistono in sostanza due teorie diverse, quella della sede effettiva (28) e quella della costituzione (29). La Corte ha stabilito che la localizzazione della sede sociale, dell’amministrazione centrale o del centro di attività principale delle società di cui all’articolo 54 TFUE serve a determinare il loro collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato membro (30). In altri termini, in forza di tale disposizione, i tre criteri di collegamento in questione si trovano tutti sullo stesso piano (31). Ne consegue che gli Stati membri sono liberi di scegliere quale criterio di collegamento applicare e le norme applicabili sul conflitto di leggi. Pertanto, l’approccio e le norme di diritto internazionale privato possono variare in modo significativo da uno Stato membro all’altro (32).

40.      Allo stesso modo, dato che l’articolo 54 TFUE pone sullo stesso piano la sede sociale, l’amministrazione centrale e il centro di attività principale, la Corte ha affermato che, dal momento che il diritto dell’Unione non ha fornito un’uniforme definizione delle società autorizzate a beneficiare del diritto di stabilimento in funzione di un unico criterio di collegamento idoneo a determinare il diritto nazionale applicabile a una società, uno Stato membro dispone della facoltà di definire tanto il criterio di collegamento richiesto a una società affinché essa possa ritenersi costituita ai sensi del suo diritto nazionale e, a tale titolo, possa beneficiare del diritto di stabilimento, quanto quello necessario per continuare a mantenere detto status (33).

41.      Nel caso di specie, occorre rilevare che la questione sollevata riguarda una società già costituita secondo la legge di uno Stato membro e che ha adottato atti di gestione e di organizzazione relativi a un bene situato in un altro Stato membro. Una situazione del genere sembra rientrare, in linea di principio, nell’ambito di applicazione nella prima frase dell’articolo 25, primo comma, della legge 218/1995, in base a cui la società costituita in un altro Stato è disciplinata dalla legge di tale Stato. Tuttavia, la seconda frase dell’articolo 25, primo comma, della legge 218/1995 estende l’ambito di applicazione della legge italiana a una società che abbia la «sede dell’amministrazione» o l’«oggetto principale» in Italia. Pertanto, tale frase aggiunge due ulteriori norme sul conflitto di leggi basate in sostanza sulla sede effettiva di una società e sull’oggetto principale della stessa. Di conseguenza, sulla base della spiegazione fornita dal giudice del rinvio, se la teoria della costituzione sembra essere la regola generale, l’applicazione della legge italiana si estende anche a società aventi la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale in tale Stato.

42.      In sintesi, l’articolo 25, primo comma, prima frase, della legge 218/1995 applica il criterio della costituzione, confermando così l’applicabilità del diritto lussemburghese nel caso di specie. Tuttavia, l’applicazione della seconda frase di tale disposizione comporta l’applicazione, da parte delle autorità italiane, della legge italiana all’attribuzione dei poteri di cui trattasi. Per quanto mi consta, la Corte non si è ancora pronunciata su una causa riguardante la conformità al diritto dell’Unione di una misura nazionale che impone l’applicazione cumulativa di più norme sul conflitto di leggi.

43.      A tale riguardo, come indicato in precedenza (34), in assenza di norme uniformi a livello dell’Unione, la determinazione dei criteri di collegamento è lasciata all’autonomia nazionale. Pertanto, potrebbe prima facie sembrare che la libertà di stabilimento non debba precludere una legislazione nazionale che impone l’applicazione cumulativa di più norme sul conflitto di leggi. Tuttavia, esaminando l’effetto della misura nazionale di cui trattasi, risulta evidente che essa ostacola e scoraggia l’esercizio della libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE.

3.      Orientamento basato sulla restrizione nella presente causa

44.      Nella presente causa, poiché la STE è stata costituita secondo il diritto lussemburghese, con sede in tale Stato membro, gli atti di gestione e di organizzazione di tale società erano soggetti al diritto lussemburghese. Tale situazione rientra, prima facie, nell’ambito della norma sul conflitto di leggi di cui all’articolo 25, primo comma, prima frase, della legge 218/1995.

45.      Tuttavia, imponendo a una società costituita in Lussemburgo di adottare misure di gestione e di organizzazione conformi al diritto italiano, l’articolo 25, primo comma, seconda frase, della legge 218/1995 impone effettivamente a tale società l’obbligo di conformarsi al diritto societario di due Stati diversi in modo cumulativo. Per definizione, è impossibile una comparazione tra tale situazione e le condizioni in cui operano le società italiane. Infatti, tali società sono già soggette alla legge italiana e, poiché il criterio dell’«oggetto principale» scelto dal legislatore italiano si applica intrinsecamente solo alle situazioni transfrontaliere, esso è irrilevante per tali società. Pertanto, è impossibile – o sarebbe quantomeno tautologico – sostenere che la misura italiana di cui trattasi costituisce una disparità di trattamento delle società straniere interessate e che tale diverso trattamento svantaggia le società straniere rispetto a quelle nazionali. Di conseguenza, ritengo che le norme che disciplinano il diritto societario applicabile non operino alcuna distinzione in funzione della sede o dell’«origine» di una società e che, per quanto riguarda il criterio dell’«oggetto principale», le società nazionali e straniere non siano comparabili. Ne consegue che l’orientamento basato sulla discriminazione deve essere, a mio avviso, respinto nel caso di specie.

46.      Si pone pertanto la questione se l’applicazione della norma prevista all’articolo 25, primo comma, seconda frase, della legge 218/1995 ostacoli o scoraggi l’esercizio della libertà di stabilimento (35).

47.      A mio avviso, la risposta dovrebbe essere affermativa. L’applicazione cumulativa del diritto societario dello Stato membro di origine e della legge italiana, quest’ultima perché l’«oggetto principale» della società si trova in Italia, comporta che gli organi societari potrebbero dover rispettare contemporaneamente i requisiti imposti dalla legislazione dello Stato membro di origine e da quella dello Stato membro in cui si trova l’«oggetto principale». In teoria, un doppio onere così generale potrebbe scoraggiare, per una società stabilita nello Stato membro di origine (nel caso di specie, il Lussemburgo), l’esercizio di attività relative a beni immobili situati in Italia, ostacolando così l’esercizio della libertà di stabilimento.

48.      Tuttavia, nel caso di specie, non è la STE, ossia la società che ha esercitato la propria libertà di stabilimento, a invocare la libertà di stabilimento. Sono piuttosto le due beneficiarie dei conferimenti effettuati dalla STE, ossia le società ST e Edil Works 2, a invocare tale libertà. Di conseguenza, tenuto conto delle circostanze specifiche del caso in esame, ritengo che l’applicazione cumulativa dei diritti societari di due Stati membri crei incertezza giuridica per la controparte contrattuale di una società che voglia avvalersi di due legislazioni nazionali per i poteri conferiti dal suo amministratore e tutelare gli interessi di tale società. Infatti, alla luce del principio della certezza del diritto (36), quando si instaura un rapporto giuridico, come un contratto, una parte deve essere posta in condizione di sapere quale diritto nazionale si applica alla società in questione. A tale riguardo, l’applicazione dell’articolo 25, primo comma, seconda frase, della legge 218/1995 all’attribuzione dei poteri di cui trattasi allo scopo di inficiare i due conferimenti successivi, comporta un’incertezza giuridica per le beneficiarie, in quanto la STE è stata validamente costituita secondo il diritto lussemburghese e si è asseritamente conformata al diritto societario di tale Stato. Prima che la STE avviasse il procedimento, con il quale essa invoca, in sostanza, l’applicazione della legge italiana – pur essendosi trasferita in Lussemburgo e trasformata in una società lussemburghese – nessun elemento indicava che, oltre ad essere soggetta al diritto lussemburghese, tale società fosse anche soggetta al diritto societario italiano, comprese le sue misure di protezione. La STE rivendica tale beneficio e invoca l’applicazione retroattiva della legge italiana all’attribuzione di cui trattasi, il che condurrebbe quindi a un’incertezza giuridica per le beneficiarie in relazione a tali conferimenti.

49.      È ovvio che un simile uso selettivo («cherry picking») della legge applicabile e la sovrapposizione di due legislazioni può causare una notevole incertezza e un onere finanziario per le controparti contrattuali della società che intende invocare l’applicabilità del diritto societario di due Stati. Qualora la persona che esercita la propria libertà di stabilimento fosse in condizione di sciogliere retroattivamente i rapporti giuridici creati in virtù di tale libertà, una siffatta revoca comprometterebbe seriamente l’efficacia della libertà di stabilimento.

50.      Inoltre, l’applicazione retroattiva della legge italiana a un atto adottato in base al diritto societario, come l’attribuzione dei poteri in questione, sembra essere determinata da un altro criterio di collegamento, ossia i diritti reali immobiliari. L’estensione della nozione di «oggetto principale» ad atti che precedono atti relativi a diritti reali immobiliari, senza ulteriori spiegazioni in merito al come e al perché può violare i principi di chiarezza giuridica e, di conseguenza, di certezza del diritto per le parti contraenti.

51.      Infine, per completezza, devo aggiungere che, poiché l’articolo 49 TFUE ha efficacia diretta (37), l’elemento cruciale nel procedimento principale è se il contenuto sostanziale della libertà di stabilimento sancita da tale disposizione si estenda in misura sufficiente affinché il contratto (e, quindi, la controparte contrattuale nel procedimento principale) sia altresì tutelato da tale disposizione. A tale riguardo, ritengo che il divieto, previsto all’articolo 49 TFUE, di imporre restrizioni alla libertà di stabilimento possa essere invocato dai soggetti che esercitano la loro libertà di stabilimento svolgendo attività in un altro Stato membro, ma anche dalle loro controparti contrattuali, soprattutto quando esistono elementi transfrontalieri, come nel caso di specie, in cui la STE, una società lussemburghese, ha attribuito poteri al suo mandatario generale, che ha a sua volta conferito il bene principale della società alla ST, una società italiana, e in cui tali operazioni sono state contestate in base alla legge italiana (38). Pertanto, sotto il profilo del diritto sostanziale, il diritto individuale della ST (e, indirettamente, della Edil Work 2) rientra nell’ambito del summenzionato divieto. Aggiungo che quando la STE ha esercitato la sua libertà di stabilimento, ha creato una situazione che rientrava nell’ambito di applicazione di tale libertà. Le operazioni successive, come l’attribuzione di poteri e il conferimento del Castello, erano disciplinate dalla libertà di stabilimento. Pertanto, se un soggetto terzo stabilisce un legame con la situazione creata in virtù di tale libertà, dovrebbe poter invocare l’articolo 49 TFUE (39).

52.      Ne consegue che l’applicazione della legge italiana ai sensi dell’articolo 25, primo comma, della legge 218/1995, in combinato disposto con l’articolo 2381, secondo comma, del codice civile, all’attribuzione dei poteri di cui trattasi costituisce, a mio avviso, una restrizione all’esercizio della libertà di stabilimento contraria all’articolo 49 TFUE.

C.      Giustificazione

53.      Le misure nazionali che limitano la libertà di stabilimento possono essere giustificate e risultare proporzionate. La Corte ha ripetutamente affermato che misure nazionali non discriminatorie che ostacolano o scoraggiano l’esercizio della libertà di stabilimento possono essere giustificate da un motivo imperativo di «interesse generale» (40). Tali misure devono essere idonee a conseguire lo scopo perseguito e non devono eccedere quanto necessario per raggiungerlo (41).

54.      In via preliminare, occorre rilevare che il giudice del rinvio non precisa le ragioni che giustificano la restrizione alla libertà di stabilimento causata dall’applicazione della legge italiana agli atti di gestione e di organizzazione di una società validamente costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, ma che esercita le sue attività economiche e ha il suo oggetto principale in Italia. Tale informazione non risulta neppure dalla formulazione dell’articolo 25, primo comma, della legge 218/1995 o dall’articolo 2381, secondo comma, del codice civile.

55.      Tuttavia, nelle sue osservazioni scritte, il governo italiano ritiene che ragioni attinenti alla tutela di soci, creditori, dipendenti e terzi impongano che l’attribuzione delle competenze di cui trattasi sia soggetta alla legge italiana. Rilevo che in udienza gli argomenti del medesimo governo si sono concentrati sulla tutela dei soci piuttosto che sulla tutela degli interessi degli altri soggetti terzi, che non è stata in sostanza invocata. Inoltre, il governo italiano sostiene che l’applicazione della legge italiana è necessaria in quanto lo stabilimento della STE in Lussemburgo non corrisponde all’esercizio di un’attività economica in tale Stato membro e costituisce quindi una pratica abusiva. Secondo tale governo, il diritto dell’Unione non consente la creazione di assetti societari interamente artificiali, che non rispecchiano la realtà economica. Tenendo conto dei due principali argomenti esposti, analizzerò la tutela dei soci e all’asserita pratica abusiva.

1.      Tutela dei soci

56.      Vorrei osservare che la Corte ha già ammesso che la tutela degli interessi dei soci di minoranza può, in talune circostanze e rispettando talune condizioni, giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento (42). La Corte ha riconosciuto la necessità di tutelare i «soci di minoranza». Tuttavia, in determinate situazioni molto specifiche, quando lo Stato membro ha imposto restrizioni che mirano a tutelare tutti i soci indipendentemente dalla loro partecipazione alla società, non escludo che l’obiettivo di tutela dei soci (in generale) possa costituire una siffatta giustificazione (43).

57.      L’articolo 25, primo comma, della legge 218/1995 non precisa però in alcun modo le ragioni di interesse generale che hanno indotto il legislatore italiano ad adottare tale disposizione. È quindi difficile determinare gli obiettivi che tale misura si prefigge di raggiungere e, di conseguenza, stabilire se essa persegua effettivamente tale obiettivo. In particolare, risulta prima facie che la legislazione italiana, in particolare l’articolo 2381, secondo comma, del codice civile, che esclude l’attribuzione di poteri a un soggetto un terzo che non sia un componente del consiglio di amministrazione della società, mira a tutelare gli interessi di tali componenti e l’esclusiva funzione di gestione conferita agli amministratori, non disciplinando così il rapporto tra i componenti del consiglio di amministrazione e gli amministratori. Pertanto, non è chiaro se la misura in questione sia stata adottata con l’intento di garantire la tutela dei soci. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio effettuare una siffatta valutazione.

58.      Supponendo che l’interesse generale perseguito sia in effetti la tutela dei soci, sottolineo che l’applicazione dell’articolo 25, primo comma, seconda frase, della legge 218/1995, in combinato disposto con l’articolo 2381, secondo comma, del codice civile può eccedere quanto necessario per tutelare l’interesse di cui trattasi. Infatti, come dimostra la presente causa, ciò implica l’applicazione della legge italiana a un atto di gestione e di organizzazione di una società validamente costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, ma che esercita le sue attività economiche in Italia, senza considerare se gli interessi dei soci siano già tutelati dal diritto societario di tale Stato membro. In altre parole, l’articolo 25, primo comma, seconda frase, della legge 218/1995 si applica indistintamente a tutte le società situate in tutti gli Stati membri e a tutti gli atti, senza considerare se gli interessi dei soci siano già sufficientemente tutelati in un altro Stato membro mediante altre misure meno restrittive, quali, ad esempio, l’obbligo di notificare ai componenti del consiglio di amministrazione la vendita dei beni immobili della società e la possibilità per il consiglio medesimo di annullare la vendita stessa.

59.      In tali circostanze, dubito che la restrizione derivante dall’applicazione di tali disposizioni del diritto italiano sia conforme al principio di proporzionalità. In primo luogo, l’articolo 25, primo comma, seconda frase, della legge 218/1995 eccede quanto necessario, poiché si applica indistintamente a tutti i casi di mandato generale conferito a un soggetto terzo rispetto alla società. In secondo luogo, esistono misure alternative meno invasive, come verificare se gli interessi tutelati siano già stati sufficientemente presi in considerazione dalla legislazione dello Stato di costituzione, il che potrebbe verificarsi nel caso di cui al procedimento principale, soprattutto perché i soggetti associati alla società erano o potevano essere a conoscenza dell’esistenza dell’attribuzione di poteri e degli atti in questione che ne sono derivati.

2.      Pratica abusiva

60.      In via preliminare, occorre precisare che, secondo la giurisprudenza, il fatto che una persona scelga di costituire una società nello Stato membro il cui diritto societario le sembri meno severo o più adeguato ai propri fini economici e, quindi, di esercitare le proprie attività economiche in un altro Stato membro, rientra nel legittimo esercizio della libertà di stabilimento (44). Secondo la Corte, il fatto di stabilire la sede, legale o effettiva, di una società in conformità alla legislazione di uno Stato membro al fine di fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce, di per sé, un abuso (45). Ciò premesso, il diritto di stabilimento non impedisce agli Stati membri di guardarsi da società «fantasma» o «schermo» (46). Dalla giurisprudenza della Corte si evince che gli Stati membri possono adottare tutte le misure tali da prevenire o sanzionare le frodi, e ciò potrebbe costituire una giustificazione per una restrizione (47). In particolare, gli Stati membri possono prendere misure per impedire «costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica» e finalizzate ad aggirare la legislazione nazionale (48). Più recentemente, nella sentenza Polbud – Wykonawstwo (49), la Corte ha ricordato la sua consolidata giurisprudenza secondo cui non esiste una presunzione generale di frode o abuso (50).

61.      Nella presente causa, l’applicazione generale della legge italiana, quale mezzo per prevenire gli abusi, a tutti gli atti di diritto societario di tutte le società di tutti gli altri Stati membri, quando l’«oggetto principale» della società si trova in Italia, equivale a stabilire una presunzione generale di frode o abuso. Perché la misura in questione sia proporzionata, essa dovrebbe specificare la natura degli atti che possono essere considerati fraudolenti e la natura delle società che ne sono specificamente destinatarie. Inoltre, una siffatta restrizione dovrebbe essere supportata da dati attendibili e spiegata in maniera adeguata. Di conseguenza, propongo alla Corte di dichiarare che la formulazione molto generica dell’articolo 25, primo comma, seconda frase, della legge 218/1995, che non opera alcuna distinzione tra le diverse situazioni concrete che possono presentarsi, induce piuttosto a concludere che la disposizione di cui trattasi non rispetta il principio di proporzionalità.

62.      Inoltre, vorrei sottolineare che, secondo una consolidata giurisprudenza, gli Stati membri possono adottare misure atte a impedire che i suoi cittadini tentino di sottrarsi abusivamente all’impero della propria legge nazionale ricorrendo alle possibilità offerte dal Trattato (51). Tuttavia, nel procedimento principale, risulta che l’eventuale qualificazione della condotta della STE in termini di «abuso» è irrilevante al fine di rispondere alla questione sollevata, dal momento che l’Italia sembra aver consentito la costituzione della STE in Lussemburgo.

63.      Alla luce delle informazioni di cui dispone la Corte, ritengo che l’asserita restrizione alla libertà di stabilimento risultante dall’applicazione della legge italiana alle società straniere aventi il loro «oggetto principale» in Italia non sia giustificata. Pertanto, occorre rispondere in senso affermativo alla questione pregiudiziale.

IV.    Conclusione

64.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dalla Corte suprema di cassazione (Italia) come segue:

La libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE deve essere interpretata nel senso che essa osta alla legislazione di uno Stato membro che preveda l’applicazione retroattiva del suo diritto nazionale a un atto di gestione e di organizzazione, quale un’attribuzione di poteri, di una società costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, in quanto l’oggetto principale di tale società si trova nel territorio del primo Stato membro, allo scopo di invalidare i conferimenti di beni immobili effettuati successivamente a tale atto.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      La locuzione «oggetto principale» non è definita nella domanda di pronuncia pregiudiziale. Tuttavia, il giudice del rinvio spiega che il giudice d’appello ha ritenuto che, nel caso della STE Sarl (in prosieguo: la «STE»), l’«oggetto principale» sia rappresentato da un complesso immobiliare che costituisce «l’unico e intero patrimonio» della società.


3      GURI n. 128 del 3 giugno 1995.


4      Dal fascicolo della Corte risulta che, fino al 2010, il 90% della STE era detenuta dalla STA, una società di proprietà esclusiva di FF. Il restante 10% delle quote era detenuto dalla moglie di FF, SB.Tuttavia, nel 2010 la STA ha ceduto il 40% delle quote a SB.


5      Sia la STA che la STE sono società a responsabilità limitata.


6      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere (GU 2019, L 321, pag. 1).


7      Sentenze del 13 ottobre 2016, M. e S.  (C‑303/15, EU:C:2016:771, punto 16 e giurisprudenza citata), e del 31 maggio 2018, Zheng (C‑190/17, EU:C:2018:357, punto 27).


8      Tale categoria comprende le restrizioni imposte alle società costituite secondo il diritto di uno Stato membro che intendono assoggettarsi al diritto di un altro Stato membro senza passare attraverso la procedura di liquidazione nel loro ordinamento di origine. V., più recentemente, sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo (C‑106/16, EU:C:2017:804). V. altresì Soegaard, G., «Cross-border Transfer and Change of Lex Societatis After Polbud, C‑106/16: Old Companies Do Not Die …They Simply Fade Away to Another Country», European Company Law, vol. 15, numero 1, 2018, pagg. da 21 a 24.


9      V. Mucciarelli, F.M., European Business Organization Law Review, vol. 9, pagg. da 267 a 303.


10      Sentenze del 27 settembre 1988, Daily Mail and General Trust (81/87, EU:C:1988:456).


11      Ibidem, punti da 19 a 23.


12      V., ad esempio, sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis (C‑201/15, EU:C:2016:972, punti da 53 a 55), in cui la Corte ha affermato che l’esercizio della libertà di stabilimento comporta la libertà di assumere lavoratori nello Stato membro ospitante, la libertà di determinare la natura e la portata dell’attività economica che sarà svolta nello Stato membro ospitante e, quindi, la libertà di ridurre il volume di tale attività o di rinunciare a quest’ultima e al suddetto stabilimento.


13      Sentenza del 5 novembre 2002 (C‑208/00, EU:C:2002:632).


14       Sentenza del 30 settembre 2003 (C‑167/01, EU:C:2003:512).


15      V. punti da 66 a 73 della sentenza Überseering e punti 102 e 103 della sentenza Inspire Art.


16      Per determinare se una misura nazionale rientri nell’ambito di applicazione di una libertà fondamentale, risulta da una giurisprudenza ormai consolidata che occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa in questione [v., in particolare, sentenze del 1º luglio 2010, Dijkman e DijkmanLavaleije (C‑233/09, EU:C:2010:397, punto 26); del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑35/11, EU:C:2012:707, punto 90), e del 21 maggio 2015, Wagner-Raith (C‑560/13, EU:C:2015:347, punto 31)].


17      Per quanto riguarda la distinzione tra gli aspetti inerenti il diritto societario e i diritti reali immobiliari, v., ad esempio, articolo 1, paragrafo 2, lettera f) e articolo 4, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU 2008, L 177, pag. 6) (in prosieguo: il «regolamento Roma I»). A mio avviso, estendendo l’applicazione del principio della lex rei sitae all’attribuzione di poteri, benché i due atti siano stati creati successivamente a tale attribuzione, la Corte d’appello di Roma sembra aver fuso l’attribuzione di poteri e gli atti e applicato in sostanza ad entrambi il principio della «lex rei sitae». Essa ha quindi privilegiato tale principio rispetto alla norma da applicare all’attribuzione di poteri. Spetta al giudice del rinvio stabilire se, in base al diritto nazionale, la mera esistenza di un atto relativo a un bene immobile, come il Castello, sia sufficiente affinché l’attribuzione di poteri sia considerata assimilabile ai diritti reali su beni immobili. A tale riguardo, devo sottolineare che, sebbene il primo conferimento sembri contenere un elemento transfrontaliero nel quale il regolamento Roma I potrebbe trovare applicazione, il secondo conferimento risulta essere un’operazione «puramente interna». Pertanto, il giudice del rinvio dovrebbe verificare se i due conferimenti debbano essere classificati e analizzati congiuntamente.


18      I settori che rientrano generalmente nell’ambito di applicazione della lex societatis includono la costituzione e lo scioglimento della società, la denominazione sociale, la capacità giuridica, la struttura patrimoniale, i diritti e gli obblighi dei soci e le questioni relative alla gestione interna. V. Commissione europea, Direzione generale della Giustizia e dei consumatori, Schuster, E., GernerBeuerle, C., Siems, M., e altri, Study on the Law Applicable to Companies – Final report, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2016, pag. 16, disponibile all’indirizzo: https://publications.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/259a1dae-1a8c-11e7-808e-01aa75ed71a1/language-en. V. conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Verein für Konsumenteninformation (C‑272/18, EU:C:2019:679), per quanto riguarda l’esclusione e la definizione della lex societatis ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera f), del regolamento Roma I.


19      V., in particolare, sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 17 e giurisprudenza citata).


20      V., in particolare, sentenze del 29 settembre 2011, Commissione/Austria (C‑387/10, EU:C:2011:625, punto 22), e del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108, punti da 148 a 150).


21      V., in particolare, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 25).


22       Sentenza del 5 novembre 2002 (C‑208/00, EU:C:2002:632).


23      Sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo (C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 33).


24      V. conclusioni dell’avvocato generale Hogan nella causa VAS Shipping (C‑71/20, EU:C:2021:474, paragrafo 63).


25      V., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2021, Novo Banco (C‑712/19, EU:C:2021:137, punto 21 e giurisprudenza citata).


26      Come spiegato nelle conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Hornbach-Baumarkt (C‑382/16, EU:C:2017:974, paragrafo 29), «secondo l’orientamento basato sulla discriminazione, affinché un provvedimento nazionale sia dichiarato contrario alla libertà di stabilimento, occorre che situazioni comparabili siano trattate diversamente a svantaggio delle società che esercitano la libertà di stabilimento».


27      Sentenza del 30 novembre 1995, Gebhard (C‑55/94, EU:C:1995:411, punto 37). V. altresì sentenza del 21 gennaio 2010, SGI (C‑311/08, EU:C:2010:26, punto 56). Nella giurisprudenza più recente, la formulazione utilizzata dalla Corte comprende le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio della libertà di stabilimento [sentenza del 27 febbraio 2019, Associação Peço a Palavra e a. (C‑563/17, EU:C:2019:144, punto 54 e giurisprudenza citata)].


28      Secondo la teoria della sede effettiva, la legge dello Stato in cui la società ha l’amministrazione centrale e la sede effettiva dovrebbe determinare il diritto applicabile.


29      La teoria della costituzione fa invece riferimento al diritto dello Stato in cui la società è stata costituita.


30      V., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2023, Xella Magyarország (C‑106/22, EU:C:2023:568, punto 45 e giurisprudenza citata).


31      Sentenze del 27 settembre 1988, Daily Mail and General Trust (81/87, EU:C:1988:456, punti da 19 a 21), e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo (C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 34).


32      V. studio del 2016 citato alla nota 19. Per le differenze tra i diritti societari nazionali, v. Andenas, M. e Wooldridge, F., European Comparative Company Law, Cambridge University Press, 2010.


33      V., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:723, punti 109 e 110).


34      V. paragrafi 39 e 40 delle presenti conclusioni.


35      V. paragrafo 38 delle presenti conclusioni.


36      La Corte ha dichiarato che il principio della certezza del diritto, che ha per corollario quello della tutela del legittimo affidamento, esige che una normativa che comporta conseguenze svantaggiose per i privati sia chiara e precisa e che la sua applicazione sia prevedibile per gli amministrati [sentenza del 12 dicembre 2013, Test Claimants in the Franked Investment Income Group (C‑362/12, EU:C:2013:834, punto 44 e giurisprudenza citata)].


37      Sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 42).


38      In ogni caso, rilevo che, come ricordato dall’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni nella causa Philips Electronics (C‑18/11, EU:C:2012:222, paragrafo 83 e giurisprudenza citata alla nota 52), la Corte ha ripetutamente sottolineato in relazione a diverse libertà fondamentali che, nei casi in cui la libertà fondamentale non può diversamente avere piena efficacia, anche altre persone oltre a quelle aventi direttamente titolo all’esercizio di una libertà fondamentale possono trarne vantaggio.


39      A titolo di esempio, nella sentenza del 16 luglio 2015, CHEZ Razpredelenie Bulgaria (C‑83/14, EU:C:2015:480, punto 59), la Corte ha riconosciuto che una persona che non era oggetto di discriminazione – una violazione di un diritto soggettivo – poteva intentare un’azione per discriminazione per conto di «altri residenti del quartiere nel quale [tale persona] esercita la propria attività». Si potrebbe quindi sostenere che la persona che ha un legame diretto con la situazione in questione dovrebbe poter difendere i suoi diritti.


40      V., in tal senso, sentenza del 3 febbraio 2021, Fussl Modestraße Mayr (C‑555/19, EU:C:2021:89, punto 52 e giurisprudenza citata).


41      Sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud –  Wykonawstwo (C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 52).


42      V., in tal senso, sentenze del 5 novembre 2002, Überseering (C‑208/00, EU:C:2002:632, punto 92), e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo (C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 54).


43      L’intento di tutelare gli azionisti di minoranza riguarda generalmente la questione della risoluzione delle controversie interne alle società, quali le controversie tra azionisti o tra azionisti e dirigenti o tra la società e i suoi dirigenti [v. conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Dděouch e a. (C‑560/16, EU:C:2017:872, paragrafo 21)]. Tuttavia, una protezione del genere può essere necessaria per tutti i soci.


44      Sentenza del 9 marzo 1999, Centros (C‑212/97, EU:C:1999:126, punto 27).


45      Ibidem. V. altresì sentenza del 30 settembre 2003, Inspire Art (C‑167/01, EU:C:2003:512, punto 96).


46      V. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro in Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:294, paragrafo 29) con riferimento alla sentenza del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544 punto 68).


47      V., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo (C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 61).


48      V., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punti da 51 a 55).


49      Sentenza del 25 ottobre 2017 (C‑106/16, EU:C:2017:804, punti 63 e 64).


50      La Corte si è basata su una precedente giurisprudenza secondo cui la mera circostanza che una società trasferisca la propria sede amministrativa in un altro Stato membro non può fondare una presunzione generale di frode fiscale né giustificare una misura che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato [v., in tal senso, sentenze del 26 settembre 2000, Commissione/Belgio (C‑478/98, EU:C:2000:497, punto 45); del 4 marzo 2004, Commissione/Francia (C‑334/02, EU:C:2004:129, punto 27), e del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 50)].


51      V., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo (C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 39).