SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)
25 settembre 1997(1)
[234s«Ricorso d'annullamento Aiuti concessi dagli Stati Trattato CECA
Quinto codice degli aiuti alla siderurgia Nuovi impianti
Disciplina comunitaria degli aiuti all'ambiente»[s
Nella causa T-150/95,
UK Steel Association, già British Iron and Steel Producers Association (BISPA),
associazione di diritto inglese, con sede in Londra, rappresentata dai signori John
Boyce e Philip Raven, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo
studio degli avv.ti Wagener & Rukavina, 10a, boulevard de la Foire,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Nicholas Khan e
Paul Nemitz, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto
in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio
giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
convenuta,
sostenuta da
Granducato di Lussemburgo, rappresentato dal signor Georges Schmit, primo
consigliere del governo presso il ministero dell'Economia, in qualità di agente,
assistito dagli avv.ti Bernard van de Walle de Ghelcke e K. Platteau, del foro di
Bruxelles, rue Bréderode 13A, Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo
presso la sede del ministero dell'Economia, 19-21, boulevard Royal,
e
Arbed SA, società di diritto lussemburghese, con sede in Lussemburgo, con l'avv.
Alexandre Vandencasteele, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto presso il
signor Paul Ehmann, membro dell'ufficio legale dell'Arbed, 19, avenue de la
Liberté,
intervenienti,
avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della decisione riprodotta nella
comunicazione della Commissione 94/C 400/02, in applicazione dell'art. 6, paragrafo
4, della decisione 27 novembre 1991, n. 3855/91/CECA, indirizzata agli altri Stati
membri e ai terzi interessati, relativa agli aiuti che il Lussemburgo intende
accordare alla Profil ARBED SA (ARBED) [aiuti di Stato C 25/94 (ex N 11/94),
GU C 400, pag. 10], nella quale si dichiara che l'aiuto che il Granducato di
Lussemburgo intende concedere alla Profil ARBED SA è conforme all'art. 3 della
decisione n. 3855/91 ed è quindi compatibile con il mercato comune,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),
composto dai signori R. García-Valdecasas, presidente, V. Tiili, J. Azizi, R.M.
Moura Ramos e M. Jaeger, giudici,
cancelliere: A. Mair, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell'11
marzo 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Ambito normativo
- L'art. 4, lett. c), del Trattato CECA dispone quanto segue:
«Sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune del carbone e dell'acciaio
e, per conseguenza, sono aboliti e proibiti, alle condizioni previste dal presente
Trattato, nell'interno della Comunità:
(...)
c) le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da
essi, in qualunque forma;
(...)».
- In forza dell'art. 95, primo comma, del Trattato CECA, la Commissione, visto il
parere conforme del Consiglio, deliberante all'unanimità, e previa consultazione del
Comitato consultivo, ha adottato la decisione 1° febbraio 1980, n. 257/80/CECA,
recante norme comunitarie per gli aiuti specifici alla siderurgia (GU L 29, pag. 5),
comunemente denominata «primo codice degli aiuti alla siderurgia». Ai sensi della
parte I, secondo capoverso, del suo preambolo, il divieto delle sovvenzioni o degli
aiuti concessi dagli Stati membri, di cui al Trattato CECA, riguarda solo le misure
che costituiscono strumenti di una politica siderurgica prettamente nazionale e non
si applica agli aiuti che sono destinati ad istituire una politica siderurgica
comunitaria, come la politica di ristrutturazione dell'industria siderurgica, che
costituiva il fine della decisione n. 257/80/CECA.
- Il primo codice degli aiuti alla siderurgia è stato poi sostituito da altri codici
successivi, i quali hanno stabilito di volta in volta il regime applicabile in materia
di aiuti di Stato alla siderurgia, determinando i criteri in base ai quali un aiuto
poteva essere dichiarato compatibile. Tali codici hanno inoltre precisato che gli
aiuti alla siderurgia finanziati da uno Stato membro, in qualunque forma, possono
essere considerati aiuti comunitari e, pertanto, compatibili con il buon
funzionamento del mercato comune se soddisfano le prescrizioni contenute nel
codice di cui trattasi.
- Nel 1991 la decisione della Commissione 27 novembre 1991, n. 3855/91/CECA,
recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 362, pag.
57), ha introdotto le nuove disposizioni in materia di concessione di aiuti di Stato
in quest'ambito (in prosieguo: il «quinto codice degli aiuti alla siderurgia» o il
«quinto codice») (allegato 4 al ricorso). Il quinto codice era in vigore nel momento
in cui veniva adottata la decisione impugnata ed è rimasto tale sino al 31 dicembre
1996. Esso è stato sostituito, a partire dal 1° gennaio 1997, dalla decisione della
Commissione 18 dicembre 1996, n. 2496/96/CECA, recante norme comunitarie per
gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 338, pag. 42), la quale costituisce il sesto
codice degli aiuti alla siderurgia.
- Per la presente fattispecie acquistano rilevanza le disposizioni del quinto codice qui
di seguito riprodotte:
- la parte I, quarto capoverso, del preambolo, la quale enuncia che le norme
introdotte con il suddetto codice:
«(...) mirano innanzitutto a non privare la siderurgia del beneficio degli aiuti a
favore della ricerca e dello sviluppo nonché di quelli destinati ad adattare gli
impianti alle nuove norme sulla tutela dell'ambiente (...)»;
- la parte II, secondo capoverso, del preambolo, che così dispone:
«Per garantire, nei limiti delle norme dei Trattati, la parità di trattamento per il
settore siderurgico e gli altri settori nell'accesso agli aiuti a favore della ricerca e
dello sviluppo, la compatibilità di detti progetti di aiuto con il mercato comune sarà
valutata alla luce della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato a favore della
ricerca e dello sviluppo. Le disposizioni sugli aiuti a favore della tutela
dell'ambiente non sono state modificate, in quanto sono identiche a quelle figuranti
nella disciplina degli aiuti di Stato nella stessa materia. Qualora, durante il periodo
di validità della presente decisione, fossero sostanzialmente modificate le due
discipline generali in oggetto, sarà presentata una proposta di adattamento»;
- l'art. 3, il quale dispone quanto segue:
«1. Gli aiuti destinati ad agevolare l'adattamento alle nuove disposizioni di legge
in materia di tutela dell'ambiente degli impianti in servizio da almeno due anni
prima dell'entrata in vigore di dette norme possono essere considerati compatibili
con il mercato comune.
2. L'ammontare degli aiuti concessi in base al presente articolo non può
superare il 15% in equivalente sovvenzione netto delle spese di investimento
direttamente connesse con le misure di tutela ambientale considerate. Nel caso in
cui l'investimento si accompagni ad un incremento della capacità di produzione
dell'impianto in questione, il valore di tale investimento è preso in considerazione
soltanto in proporzione alla capacità iniziale».
- In considerazione degli sviluppi dei lavori del Consiglio in materia di politica
dell'ambiente, e in assenza di una disciplina comunitaria prevista a tal riguardo
dalle disposizioni del Trattato CEE in materia di aiuti di Stato, la Commissione ha
deciso di adottare, nel 1974, una comunicazione concernente la disciplina sul piano
comunitario degli aiuti di Stato in favore dell'ambiente. La detta comunicazione
aveva lo scopo di informare gli Stati membri in merito ai criteri generali in base ai
quali la Commissione avrebbe applicato le disposizioni degli artt. 92 e ss. del
Trattato CEE agli aiuti di Stato esistenti o previsti, che gli Stati membri avrebbero
giustificato con le necessità proprie dell'ambiente (in prosieguo: la «disciplina
comunitaria» o la «disciplina CE»).
- La disciplina CE applicabile agli aiuti in materia di protezione dell'ambiente al
momento dell'adozione del quinto codice degli aiuti alla siderurgia era stata definita
nella comunicazione della Commissione 7 luglio 1980, SG (80) D/8287 (in
prosieguo: la «disciplina CE 1980») e ripresa dalla comunicazione della
Commissione 23 marzo 1987, SG (87) D/3795 (in prosieguo: la «disciplina CE
1987»). Quest'ultima precisava i criteri da osservare affinché un aiuto destinato alla
protezione dell'ambiente nell'ambito CE potesse essere dichiarato compatibile con
il mercato comune. Tali criteri, stabiliti nel punto 3 della comunicazione 23 marzo
1987, erano i seguenti:
«3.2.1 Il tasso dell'aiuto non può essere superiore al 15% dell'ammontare
dell'investimento sovvenzionato. L'entità dell'aiuto sarà calcolata in termini
di sovvenzione netta da imposta in conformità con i metodi di valutazione
utilizzati dalla Commissione e descritti nella sua comunicazione agli Stati
membri in materia di aiuti regionali.
3.2.2 Hanno titolo a chiedere aiuti soltanto le imprese i cui impianti sono stati in
funzione almeno due anni prima dell'entrata in vigore delle norme in
questione.
3.2.3 Gli investimenti effettuati allo scopo di adeguarsi alle norme possono
consistere o nell'installazione di impianti aggiuntivi volti a ridurre o ad
eliminare gli inquinamenti o nell'adattare i processi produttivi nel medesimo
senso. In quest'ultimo caso, la frazione dell'investimento che determina un
aumento delle capacità produttive esistenti è esclusa dall'aiuto.
3.2.4 Restano integralmente a carico delle imprese i costi per gli investimenti di
normale sostituzione e le spese di funzionamento».
- Il 10 marzo 1994 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee
un nuovo regime comunitario degli aiuti di Stato per la protezione dell'ambiente
(94 C 72/03) (GU C 72, pag. 3; in prosieguo: la «disciplina CE 1994»). Questa
nuova disciplina definisce i criteri applicabili agli aiuti concessi in tutti i settori
regolati dal Trattato CE e, nel suo punto 2.2, illustra le modalità seguite dalla
Commissione nel valutare, alla luce dell'art. 92 del Trattato CE, gli aiuti di Stato
concessi nel campo della protezione ambientale per determinati scopi. Essa ha
modificato la disciplina CE 1987 esistente al momento dell'adozione del quinto
codice degli auti alla siderurgia, tra gli altri aspetti, sul punto che, in determinate
circostanze, le imprese che decidono di sostituire vecchi impianti installati da più
di due anni con nuovi impianti, in regola con le nuove norme in materia di
ambiente, possono beneficiare di un aiuto per la quota di investimenti
corrispondente ai costi di adeguamento dei vecchi impianti (v. punto 3.2.3.A, terzo
capoverso, della disciplina CE 1994).
- Il 14 marzo 1995 la Commissione ha presentato al Consiglio una proposta di
adattamento del quinto codice degli aiuti alla siderurgia. Si tratta di una
comunicazione della Commissione intitolata «Richiesta di parere conforme del
Consiglio e consultazione del Comitato CECA, ai sensi dell'art. 95 del Trattato
CECA, su un progetto di decisione della Commissione relativa all'adattamento
dell'art. 3 della decisione n. 3855/91/CECA della Commissione (quinto codice degli
aiuti alla siderurgia)» (documento SEC(95) 315 def.).
- Nel punto 5 della suddetta proposta si afferma che la nuova disciplina CE 1994,
che ha sostituito la precedente disciplina 1987 in vigore al momento dell'adozione
del quinto codice degli aiuti alla siderurgia e alla quale quest'ultimo faceva
riferimento, differisce in almeno cinque punti fondamentali dalla precedente
disciplina e, di conseguenza, dal codice degli aiuti alla siderurgia. Questi cinque
aspetti sono elencati nel suddetto punto 5 della proposta. Riguardo a uno di essi
il punto 5, lett. b), evidenzia che, benché conformemente al principio «chi inquina
paga», nessun aiuto può, di norma, essere concesso agli investimenti necessari per
conformare i nuovi impianti a norme obbligatorie, la nuova disciplina generale CE
(punto 3.2.3.A, penultimo capoverso) «prevede espressamente che le imprese, che
invece di adattare semplicemente gli impianti installati da più di due anni decidano
di sostituirli con impianti nuovi che rispondono alle nuove norme, possono
beneficiare di aiuti per la quota di investimenti corrispondente ai costi di
adattamento dei vecchi impianti».
- Il punto 6 della suddetta proposta così conclude:
«Di conseguenza, per meglio conformarsi alle condizioni previste dai
'considerando del Codice degli aiuti alla siderurgia in particolare per quanto
riguarda il rispetto del principio della parità di accesso agli aiuti in questione tra
il settore siderurgico e gli altri settori, enunciato nel preambolo di detto Codice
è necessario ed appropriato che la Commissione decida di adattare l'art. 3 del
Codice degli aiuti nei termini di cui al progetto di decisione allegato».
- L'art. 1 del progetto di decisione allegato alla proposta della Commissione è del
seguente tenore:
«Articolo 1
Il testo dell'articolo 3 della decisione 3855/91/CECA è sostituito dal testo seguente:
Aiuti a favore della tutela dell'ambiente
1. Gli aiuti a favore della tutela dell'ambiente possono essere considerati
compatibili con il mercato comune a condizione che rispettino le regole
stabilite nella disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela
dell'ambiente in vigore"».
- Questa proposta della Commissione non ha ottenuto il parere conforme del
Consiglio.
Fatti all'origine del ricorso
- Con lettera datata 29 dicembre 1993 il Granducato di Lussemburgo ha notificato
alla Commissione, in base all'art. 6, n. 1, del quinto codice degli aiuti alla
siderurgia, un progetto di aiuto a favore dell'impresa Profil ARBED SA,
nell'ambito della costruzione di una nuova acciaieria a Esch-Schifflange
(Lussemburgo).
- Con lettera datata 5 aprile 1994 il Granducato di Lussemburgo, in risposta alla
richiesta della Commissione, ha fornito ulteriori informazioni relative al progetto
di aiuti di cui trattasi.
- Il 1° giugno 1994, in osservanza dell'art. 6, n. 4, del quinto codice degli aiuti alla
siderurgia, la Commissione ha avviato una procedura avente ad oggetto questo
progetto di aiuti (comunicazione della Commissione 94/C 212/07, GU C 212, pag.7). In seguito all'avvio di questa procedura, la Commissione ha ricevuto numerose
osservazioni e ha trasmesso al governo lussemburghese, per permettere a
quest'ultimo di manifestare il proprio parere, quelle ricevute dalla ricorrente, allora
denominata British Iron and Steel Producers Association (BISPA), della British
Steel plc e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
- Con lettera datata 17 novembre 1994 il Granducato di Lussemburgo ha sottoposto
alla Commissione i suoi commenti in merito alle osservazioni formulate dalla
BISPA, dalla British Steel e dal Regno Unito.
- Con lettera datata 19 dicembre 1994 il Granducato di Lussemburgo ha informato
la Commissione di essere disposto a limitare il tasso di aiuti al 15%
dell'investimento ammissibile, conformemente alle disposizioni della disciplina
comunitaria degli aiuti per la tutela dell'ambiente.
- Il 31 dicembre 1994 la Commissione ha adottato la decisione riprodotta nella sua
comunicazione 94/C 400/02, in applicazione dell'art. 6, paragrafo 4, della decisione
27 novembre 1991, n. 3855/91/CECA, indirizzata agli altri Stati membri e ai terzi
interessati, relativa agli aiuti che il Lussemburgo intende accordare alla Profil
ARBED SA (ARBED) [aiuti di Stato C 25/94 (ex N 11/94), GU C 400, pag. 10; in
prosieguo: la «decisione impugnata»]. Con questa decisione, la Commissione ha
chiuso, senza sollevare obiezione alcuna, la procedura avviata il 1° giugno 1994 in
merito a questi aiuti collegati alla tutela dell'ambiente. La Commissione dichiara
che essi sono conformi all'art. 3 del quinto codice degli aiuti alla siderurgia e,
quindi, compatibili con il mercato comune.
- La decisione impugnata autorizza il versamento di un aiuto per un importo
massimo pari a 91 950 000 franchi lussemburghesi (LFR) all'impresa siderurgica
lussemburghese Profil ARBED SA (ARBED), società controllata al 100% dalla
Arbed SA, società per azioni di diritto lussemburghese. L'aiuto di cui trattasi
rappresenta il 15% dei 613 000 000 LFR che l'Arbed si è impegnata a stanziare per
la tutela dell'ambiente nell'ambito della costruzione di una nuova acciaieria
elettrica sul sito siderurgico di Esch-Schifflange. La nuova acciaieria sostituirà le
acciaierie LDAC esistenti, che non sono conformi alle nuove disposizioni
lussemburghesi in materia di ambiente.
- La ricorrente, denominata BISPA al momento della presentazione del ricorso e
divenuta poi UK Steel Association, è un'associazione con sede in Londra, la quale
rappresenta alcune imprese britanniche produttrici e fornitrici, nel territorio della
Comunità, dei prodotti in ferro e acciaio del tipo indicato nell'allegato 1 del
Trattato CECA.
- Benché la Gazzetta ufficiale nella quale la decisione impugnata è riportata rechi
la data del 31 dicembre 1994, questa edizione è stata tuttavia disponibile presso
l'Ufficio delle pubblicazioni della Comunità europea solo il 27 maggio 1995.
Procedimento e conclusioni delle parti
- Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 luglio
1995, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.
- Con istanze depositate il 21 dicembre 1995, il Granducato di Lussemburgo e la
Arbed SA, società controllante la beneficiaria dell'aiuto contestato, hanno chiesto
di intervenire a sostegno delle conclusioni della convenuta.
- Con ordinanza del presidente della Quinta Sezione ampliata 1° marzo 1996 è stato
autorizzato l'intervento del Granducato di Lussemburgo e della Arbed SA, a
sostegno delle conclusioni della convenuta.
- Le memorie d'intervento degli intervenienti e le osservazioni delle parti in causa
relative a dette memorie sono state depositate, rispettivamente, il 9 aprile e il 3
giugno 1996.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso,
da un lato, di adottare taluni provvedimenti di organizzazione del procedimento ex
art. 64 del regolamento di procedura, chiedendo alla Commissione di rispondere
per iscritto a un quesito, e, dall'altro, di passare alla fase orale.
- La Commissione ha risposto al quesito rivoltole dal Tribunale il 19 settembre 1996,
affermando che la proposta di adattamento del quinto codice non aveva ancora
ricevuto il parere conforme del Consiglio ma che, cionondimeno, essa aveva
sottoposto a quest'ultimo un nuovo progetto di norme comunitarie per gli aiuti alla
siderurgia (sesto codice), destinato a sostituire il quinto codice, una copia del quale
era allegata alla sua risposta. Essa ha sottolineato che il testo dell'art. 3 del
progetto di sesto codice era sostanzialmente simile a quello dell'art. 3 della
proposta di adattamento. Il progetto prevedeva un'applicazione automatica della
disciplina CE 1994 agli aiuti alla siderurgia.
- La suddetta proposta non ha ricevuto il parere conforme del Consiglio. Il testo
definitivo del sesto codice degli aiuti alla siderurgia, approvato con la decisione
della Commissione 18 dicembre 1996, n. 2496/96/CECA (GU L 338, pag. 42),
previo parere conforme del Consiglio deliberante all'unanimità, non prevede
l'applicazione automatica all'ambito CECA della disposizione della disciplina CE
relativa agli aiuti alla siderurgia, ma definisce alcuni criteri di applicazione della
detta disciplina all'ambito CECA.
- Le parti hanno svolto le loro osservazioni orali e hanno risposto ai quesiti orali del
Tribunale all'udienza dell'11 marzo 1997.
- La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
- annullare la decisione impugnata;
- condannare la convenuta alle spese.
- La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
- respingere il ricorso;
- condannare la ricorrente alle spese.
- Il Granducato di Lussemburgo chiede che il Tribunale voglia:
- respingere il ricorso;
- condannare la ricorrente alle spese, ivi comprese quelle della parte
interveniente.
- L'Arbed chiede che il Tribunale voglia:
- respingere il ricorso;
- condannare la convenuta (sic) alle spese del suo intervento.
- La fase orale è stata dichiarata chiusa con decisione del presidente della Quinta
Sezione ampliata del Tribunale 25 marzo 1997.
La parte della decisione impugnata recante il titolo «Valutazione della
Commissione»
- Nel primo capoverso della parte «Valutazione della Commissione» della decisione
impugnata la Commissione richiama, in primo luogo, il disposto dell'art. 3, n. 1, del
quinto codice degli aiuti alla siderurgia. In secondo luogo, essa rileva (secondo
capoverso) che l'aiuto in oggetto è destinato alla sostituzione di vecchi impianti con
altri nuovi, in regola con le nuove norme lussemburghesi sulla tutela dell'ambiente.
La decisione impugnata sottolinea che i costi per gli investimenti necessari per
siffatto adeguamento, in caso di conservazione degli impianti esistenti, sarebbero
stati notevolmente più alti.
- Nel terzo capoverso la Commissione, basandosi sul fatto «che il Codice degli aiuti
alla siderurgia, nella parte II del preambolo, enuncia il principio della parità di
trattamento per il settore siderurgico e per gli altri settori nell'accesso agli aiuti alla
tutela dell'ambiente», ne trae la conseguenza che, in linea di principio, «le stesse
disposizioni di diritto comunitario in materia di aiuti alla protezione dell'ambiente
devono essere applicati in generale a qualsiasi industria sia essa siderurgica o
meno» per concludere, nell'ultima frase del medesimo capoverso, «che salvo
disposizioni espressamente contrarie, per qualsiasi aiuti alla protezione
dell'ambiente valgono gli stessi principi interpretativi».
- Nel quarto capoverso di questa parte della decisione impugnata, la Commissione
ricorda poi che la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alla tutela dell'ambiente
consente di autorizzare aiuti alle imprese le quali, «invece di adattare
semplicemente gli impianti installati da più di due anni, decidano di sostituirli con
impianti nuovi conformi alle nuove norme (...)». Essa rileva, nel capoverso
seguente, che «l'estensione di questo principio generale previsto dalla disciplina
comunitaria al Codice degli aiuti alla siderurgia sembra del tutto possibile purché
non contraddica l'enunciato dell'articolo 3 [del suddetto codice]».
- La Commissione analizza poi, nel sesto capoverso, la questione se l'aiuto progettato
soddisfacesse tutti i presupposti fissati dalla disciplina comunitaria e risolve tale
questione in senso affermativo, anche per quanto concerne il rispetto del limite
massimo del 15% lordo dell'investimento (settimo capoverso).
- La decisione impugnata (capoversi nono e decimo) giunge pertanto alle seguenti
conclusioni: «Visto quanto sopra, ritenendo che l'articolo 3, paragrafo 1, del Codice
degli aiuti alla siderurgia non osta a che si possano considerare come compatibili
con il mercato comune gli aiuti accordati, nel rispetto della soglia del 15% lordo
alle imprese che anziché adeguare alle nuove norme ambientali impianti esistenti
da oltre due anni dall'entrata in vigore di dette disposizioni, decidono di sostituirli
con nuovi impianti conformi ai nuovi requisiti di legge, purché l'aiuto non superi
quello che sarebbe stato accordato in caso di adeguamento della vecchia acciaieria,
la Commissione conclude che gli aiuti in questione sono conformi con l'art. 3 [del
quinto codice degli aiuti alla siderurgia] e di conseguenza possono essere
considerati compatibili con il mercato comune. Pertanto, la Commissione ha deciso
di chiudere la procedura avviata nei confronti degli aiuti a favore dell'impresa
Profil ARBED per la protezione dell'ambiente senza sollevare obiezioni».
Nel merito
Sul motivo unico, relativo alla violazione del Trattato CECA o di qualsiasi norma
giuridica relativa alla sua applicazione, e in particolare dell'art. 3, n. 1, del quinto
codice degli aiuti alla siderurgia
- La ricorrente deduce a sostegno del suo ricorso un solo motivo, relativo alla
violazione del Trattato CECA o di qualsiasi norma giuridica relativa alla sua
applicazione, in particolare in quanto la decisione impugnata violerebbe l'art. 3,
n. 1, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia (ricorso, punto 4.1). La ricorrente
asserisce, in sostanza, che l'aiuto autorizzato è destinato alla costruzione di nuovi
impianti conformi alle nuove norme sulla tutela dell'ambiente, anziché essere
destinato all'adeguamento alle suddette norme di impianti esistenti.
- Alla luce dei vari argomenti addotti dalle parti, è opportuno esaminare
separatamente e in via preliminare la questione se la costruzione di un nuovo forno
elettrico a Esch-Schifflange, in sostituzione dell'antico forno LDAC, debba essere
considerata come adattamento di vecchi impianti a nuove norme o come
costruzione di un nuovo impianto.
Sulla questione se la costruzione di un nuovo forno elettrico a Esch-Schifflange in
sostituzione dell'antico forno LDAC debba essere considerata come adeguamento di
vecchi impianti a nuove norme o come costruzione di un nuovo impianto
Argomenti delle parti
- Le intervenienti sostengono, nelle loro memorie d'intervento, che non si
tratterebbe, nella fattispecie, della costruzione di un nuovo impianto conforme alle
nuove norme sulla tutela dell'ambiente, bensì dell'adeguamento di vecchi impianti
già esistenti alle suddette norme. Di conseguenza, l'aiuto in parola soddisferebbe
i criteri imposti dall'art. 3, n. 1, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia e
sarebbe, pertanto, compatibile con il mercato comune.
- Il Granducato di Lussemburgo spiega che gli impianti di cui trattasi sono quelli
della fase liquida del centro di produzione di Esch-Schifflange; poiché la fase
liquida consisterebbe in un impianto di produzione integrata, composto di un forno
di colata, di un'acciaieria e di due colate continue, questi due ultimi elementi non
potrebbero funzionare autonomamente. L'aiuto contestato sarebbe stato destinato
a sostituire l'acciaieria, la quale in origine era un'acciaieria ad ossigeno del tipo
LDAC, con un'acciaieria elettrica. Il Granducato di Lussemburgo sottolinea che la
sola parte della fase liquida ad essere stata sostituita sarebbe l'acciaieria, una
struttura che non potrebbe essere presa in considerazione isolatamente e che
sarebbe solo uno degli elementi di un impianto integrato di fabbricazione di
semilavorati in acciaio. Pertanto, malgrado la sostituzione dell'acciaieria, l'impianto
in quanto tale sarebbe rimasto immutato e sarebbe stato solo modernizzato.
- L'Arbed sostiene inoltre che la costruzione di un nuovo forno elettrico nel
complesso di Esch-Schifflange non equivarrebbe alla costruzione di un nuovo
impianto, ma dovrebbe essere considerata come una modernizzazione del detto
complesso.
- La ricorrente contesta tale argomento, sottolineando che esso sarebbe stato addotto
dai due intervenienti, ma non dalla Commissione. La ricorrente allega, in sostanza,
che esso sarebbe stato già sostenuto dal Granducato di Lussemburgo innanzi alla
Commissione in seguito alla notifica del progetto di aiuto, ma la Commissione
l'avrebbe respinto nella decisione impugnata.
- La ricorrente sostiene che questo argomento mira a rimettere in discussione la
legittimità della decisione impugnata. Essa ricorda che l'art. 33 del Trattato CECA
stabilisce con chiarezza che i motivi che consentono di impugnare una decisione
devono considerarsi limitati a quelli analizzabili in chiave giuridica e non economica
(sentenza della Corte 18 marzo 1980, cause riunite 154/78, 205/78, 206/78, 226/78,
227/78, 228/78, 263/78, 264/78, 30/79, 31/79, 83/79 e 85/79, Ferriera Valsabbia e
a./Commissione, Racc. pag. 907, punto 11), e che la Commissione avrebbe il potere
di valutare discrezionalmente i fatti. La ricorrente ritiene che, in assenza di
argomenti secondo i quali la Commissione sarebbe incorsa in uno sviamento di
potere o in un errore manifesto, il giudizio del Tribunale non potrebbe vertere sulla
valutazione della situazione derivante da fatti e circostanze economiche.
- La ricorrente ne deduce che l'argomento degli intervenienti sarebbe irrilevante
nella presente causa ed irricevibile.
- Essa segnala peraltro che, come si evincerebbe dalle spiegazioni fornite in allegato
alle sue osservazioni sulle memorie d'intervento, l'investimento progettato
dall'Arbed avrebbe avuto lo scopo di sostituire all'attuale processo di produzione,
basato sul metodo tradizionale del «ferro fuso», in cui si utilizza l'acciaieria ad
ossigeno puro o LDAC, un processo di produzione elettrico, che permetterebbe
all'Arbed di utilizzare rottami di ferro come materia prima principale per non
dipendere dal minerale di ferro e dal carbone di coke i quali, tradizionalmente,
erano estratti nelle vicinanze del complesso siderurgico di Esch-Schifflange e le cui
vene dovrebbero ben presto esaurirsi. La ricorrente sottolinea che la posizione
geografica del Lussemburgo avrebbe comportato, in assenza di tale sostituzione, un
aumento dei costi di produzione dell'Arbed, a causa dell'inclusione dei costi di
trasporto delle materie prime. La sostituzione della vecchia acciaieria LDAC con
la nuova acciaieria elettrica, la quale costituisce l'elemento essenziale del nuovo
processo di produzione, non potrebbe essere considerata come l'adeguamento di
un processo di produzione esistente, bensì come una sostituzione dello stesso. In
ultimo, la ricorrente sottolinea che gli impianti LDAC esistenti dovrebbero veniredefinitivamente chiusi alla fine del 1997, una volta completata la sostituzione del
processo di produzione, come si evincerebbe dalle dichiarazioni dell'Arbed nei suoi
bollettini informativi, allegati dalla ricorrente alle sue osservazioni sulle memorie
d'intervento.
Giudizio del Tribunale
- Alla luce delle circostanze specifiche della fattispecie e della stretta relazione
esistente tra l'argomento formulato dagli intervenienti in merito alla questione se
l'aiuto di cui trattasi abbia o meno ad oggetto l'adeguamento di impianti esistenti,
da un lato, e il motivo unico dedotto dalla ricorrente a sostegno del suo ricorso,
relativo alla violazione dell'art. 3, n. 1, quinto codice degli aiuti, dall'altro, il
Tribunale reputa opportuno esaminare l'argomento degli intervenienti, senza che
sia necessario decidere sulla sua ricevibilità.
- Secondo la decisione impugnata (v. precedente punto 36), l'aiuto di cui trattasi ha
per oggetto la sostituzione di un vecchio impianto con uno nuovo, in regola con le
nuove norme lussemburghesi sulla tutela dell'ambiente.
- Infatti, nel penultimo capoverso della parte «Gli aiuti in causa» della decisione
impugnata, la Commissione constata quanto segue: «Tenuto conto degli ingenti
costi d'investimento per adeguare le acciaierie LDAC alle norme in materia di
protezione dell'ambiente e per evitare che gran parte dell'investimento andasse
perduta al momento della sostituzione delle acciaierie esistenti, ARBED aveva
deciso di accelerare il programma di sostituzione delle sue acciaierie con impianti
nuovi conformi alle disposizioni in materia di salvaguardia dell'ambiente. Infatti i
costi d'investimento sostenuti da ARBED per la protezione dell'ambiente nella
nuova acciaieria ammontano a 613 milioni di LUF».
- In una fase più approfondita dell'analisi, nel secondo capoverso della parte
«Valutazione della Commissione», quest'ultima formula il seguente rilievo:
«Dall'esame del caso si evince che ARBED, invece di adattare i vecchi impianti
alle nuove disposizioni, ha preferito accelerare il suo programma di sostituzione dei
vecchi impianti con nuove installazioni corrispondenti ai criteri previsti dalle nuove
disposizioni. L'acciaieria elettrica rappresenta la sostituzione, conforme alle nuove
norme, della vecchia acciaieria LDAC la cui costruzione risaliva agli anni '60 e '70.
Se si fossero mantenuti gli impianti esistenti, il costo degli investimenti che ARBED
avrebbe dovuto effettuare sarebbe ammontato, secondo le stime, a 1,5 miliardi di
LUF di cui 750 milioni per la depolverazione primaria, ripartiti tra una nuova torre
di condizionamento dei fumi per un convertitore a monte dell'elettrofiltro a secco
(150 milioni di LUF) e una nuova ciminiera caldaia (600 milioni di LUF) e 750
milioni di LUF per la depolverazione secondaria dell'acciaieria. Di conseguenza i
costi d'investimento connessi con la tutela dell'ambiente non supereranno quelli che
si sarebbero dovuti sostenere in caso di adattamento dei vecchi impianti».
- Inoltre, si evince dagli atti che il Granducato di Lussemburgo aveva notificato il
progetto di aiuti nella cornice di un investimento destinato ad accelerare il
programma di sostituzione delle acciaierie esistenti. Il ministero lussemburghese
dell'Economia aveva infatti inviato alla Commissione una nota, datata 29 dicembre
1993, trasmessa con lettera della rappresentanza permanente del Granducato di
Lussemburgo del 30 dicembre 1993 e intitolata «Nota relativa agli investimenti a
favore della tutela dell'ambiente realizzati dalla Profil ARBED SA nella cornice
della realizzazione di un'acciaieria elettrica a Esch-Schifflange», nella quale si
parlava, nel primo capoverso, della «costruzione di una nuova acciaieria elettrica
a Esch-Schifflange».
- Questa presentazione è corroborata da una lettera, datata 31 marzo 1994, del
ministero lussemburghese dell'Economia, trasmessa alla Commissione con lettera
della rappresentanza permanente del Granducato di Lussemburgo del 5 aprile
1994, nella quale si precisa (pag. 2, secondo capoverso): «Tenuto conto degli
ingenti costi di investimento per adeguare le acciaierie LDAC alle norme in
materia di protezione dell'ambiente e per evitare che gran parte dell'investimento
andasse perduta al momento della sostituzione delle acciaierie esistenti durante i
prossimi anni, la società Profil ARBED ha deciso di accelerare il programma di
sostituzione delle sue acciaierie con impianti realizzati secondo le attuali tecnologie,
per quanto riguarda sia la lavorazione dell'acciaio, sia la tutela dell'ambiente».
- Per di più l'Arbed ha affermato in udienza che il nuovo forno elettrico, benché non
costituisca la totalità del complesso, era l'elemento più importante di quest'ultimo.
- In risposta a un quesito rivoltogli dal Tribunale in udienza, il Granducato di
Lussemburgo ha parimenti confermato che, benché il processo di produzione posto
in funzione con gli impianti di ossigeno puro o LDAC esistenti possa includere
scorie metalliche come materia prima, sino a un massimo del 30-40%, il processo
di produzione elettrico finanziato con l'investimento oggetto dell'aiuto permette di
utilizzare al 100% scorie di tal genere come materia prima. Di conseguenza, è
giocoforza constatare che sia il processo di produzione sia la composizione delle
materie prime sono effettivamente mutati in seguito all'investimento oggetto
dell'aiuto.
- Occorre inoltre ricordare che la ricorrente ha affermato, senza essere contraddetta
né dagli intervenienti né dalla Commissione, che gli impianti LDAC esistenti
saranno definitivamente chiusi alla fine del 1997. Di conseguenza, a partire da tale
data sarà stata ultimata la sostituzione degli impianti esistenti alla quale deve
servire l'investimento oggetto dell'aiuto.
- Alla luce di quanto sin qui illustrato, il Tribunale ritiene che l'importanza degli
elementi sostituiti, l'ampiezza delle modifiche apportate al processo di produzione
nonché il carattere sostanziale del mutamento avvenuto nella composizione delle
materie prime in seguito alla realizzazione dell'investimento oggetto dell'aiuto
eccedono la nozione di adeguamento di un impianto esistente. Di conseguenza la
Commissione ha potuto giustamente concludere, nella decisione impugnata (v.
precedenti punti 51-53), che l'investimento oggetto dell'aiuto non costituiva un
adeguamento di vecchi impianti a nuove disposizioni, bensì una sostituzione di
vecchi impianti con altri nuovi, in regola con i criteri previsti dalle nuove norme in
materia di ambiente.
- Di conseguenza, questo argomento degli intervenienti è infondato.
Sulla violazione dell'art. 3, n. 1, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia
Argomenti delle parti
- La ricorrente afferma che la tesi accolta nella decisione impugnata, secondo la
quale l'art. 3, n. 1, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia (v. precedente punto
5) consentirebbe di qualificare come aiuto per la tutela dell'ambiente un aiuto
destinato ad essere utilizzato per la costruzione di un nuovo impianto, sarebbe
contraria al dettato chiaro ed inequivoco del suddetto articolo, il quale concerne
solo gli aiuti destinati ad agevolare l'adattamento alle nuove disposizioni di legge
in materia di tutela dell'ambiente degli impianti in servizio da almeno due anni
prima dell'entrata in vigore di dette norme.
- Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe desunto dalla parte II, secondo
capoverso, del preambolo del quinto codice (v. precedente punto 5), la possibilità
di applicare automaticamente nell'ambito CECA la disciplina emanata in forza del
Trattato CE in materia di aiuti di Stato. La detta applicazione automatica
costituirebbe una violazione del quinto codice, in quanto essa sarebbe contraria
all'art. 3 e al dettato stesso del citato secondo capoverso, il quale impone
espressamente la presentazione di una proposta di adattamento qualora la
disciplina CE si discosti dal quinto codice, situazione verificatesi nella fattispecie.
Essa ricorda che una siffatta proposta di adattamento del quinto codice è stata
presentata dalla Commissione dopo l'adozione della decisione impugnata e afferma
che, presentando la detta proposta di modifica, la Commissione ha riconosciuto che
l'interpretazione ampia da essa data dell'art. 3, n. 1, del quinto codice era
giuridicamente viziata.
- La ricorrente assume inoltre che l'interpretazione estensiva data dalla Commissione
all'art. 3, n. 1, del quinto codice, è contraria alle disposizioni applicabili agli aiuti
di Stato nell'ambito CECA e ai principi cui essi si ispirano.
- La ricorrente ricorda che le disposizioni del Trattato CECA relative agli aiuti di
Stato differiscono dalle norme del Trattato CE. Infatti, mentre l'art. 4, lett. c), del
Trattato CECA prevede che tutte le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati in
qualunque forma sono vietati, l'art. 92 del Trattato CE consente la concessione di
aiuti pubblici nel rispetto di determinate condizioni, da esso elencate.
- Secondo la ricorrente, alla luce dei gravi problemi affrontati dalle imprese in
attività nell'ambito CECA, la Commissione ha operato, seguendo la procedura
rigorosissima prevista dall'art. 95 del Trattato CECA, una deroga al principio
generale del divieto degli aiuti in quest'ambito mediante il primo codice degli aiuti
alla siderurgia, sostituito a più riprese da versioni ulteriori.
- La ricorrente ne inferisce che il codice degli aiuti alla siderurgia dovrebbe essere
interpretato in senso restrittivo e unicamente con riferimento al suo dettato
letterale poiché, secondo un principio giuridico fondamentale, le deroghe a un
principio contenuto in un Trattato dovrebbero essere interpretate restrittivamente.
- La Commissione fa rilevare anzitutto che la ricorrente non contesta il fatto che
l'aiuto fosse conforme alla disciplina CE 1994. Essa sottolinea come la ricorrente
non contesti nemmeno che i costi di adeguamento degli impianti alle nuove norme
sulla tutela dell'ambiente sarebbero stati di molto superiori alle spese necessarie
affinché i nuovi impianti fossero conformi alle dette norme e che, di conseguenza,
l'importo massimo dell'aiuto che poteva essere accordato in base all'art. 3, n. 1, del
quinto codice sarebbe stato notevolmente più elevato dell'aiuto concesso con la
decisione impugnata.
- Per quanto concerne l'argomento della ricorrente, fondato sull'interpretazione
troppo ampia che la Commissione avrebbe fatto dell'art. 3 del quinto codice,
quest'ultima ribatte di non aver operato un'interpretazione troppo indulgente ma,
al contrario, di aver tenuto conto della ratio legis del quinto codice e degli obblighi
ad essa incombenti in forza del Trattato CECA.
- La Commissione allega che la decisione impugnata sarebbe perfettamente
conforme alla lettera e allo spirito dell'art. 3, n. 1, del quinto codice e al codice
stesso nel suo insieme, poiché fornirebbe la soluzione più efficace affinché la
produzione del beneficiario rispetti le nuove norme sulla tutela dell'ambiente.
Secondo la Commissione, per l'esatta comprensione dell'art. 3, n. 1, del quinto
codice è necessario un esame dell'interesse più esteso degli scopi del codice,
nonché di una corretta valutazione dello spazio crescente che occupano le
problematiche ambientali nell'attuazione della politica comunitaria. Essa sostiene
che, adottando la decisione impugnata, avrebbe agito conformemente all'art. 3, lett.
d), del Trattato CECA il quale obbliga, nell'interesse comune, a vigilare sul
mantenimento di condizioni che stimolino le imprese a sviluppare e migliorare la
loro capacità di produzione e a promuovere una politica di impiego razionale delle
risorse naturali evitandone l'esaurimento inconsiderato. La Commissione ne deduce
che lo stesso Trattato CECA l'obbligherebbe ad adottare misure per assicurare la
tutela dell'ambiente nell'interesse comune.
- La Commissione ricorda che l'Atto unico europeo ha rafforzato i poteri della
Comunità nell'ambito della tutela dell'ambiente. In particolare, l'art. 130 R, n. 2,
primo comma, ultima parte, del Trattato CE prevede quanto segue: «Le esigenze
connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e
nell'attuazione delle altre politiche comunitarie».
- La Commissione rileva che la ratio legis dell'art. 3, n. 1, del quinto codice coincide
con la corrispondente disposizione della disciplina CE 1994. A suo parere, il
riferimento operato nel preambolo del quinto codice alle disposizioni relative agli
aiuti alla tutela dell'ambiente nelle due discipline generali degli aiuti di Stato [la
disciplina CE e la disciplina CECA, quest'ultima stabilita dal medesimo codice],
conferma che occorre agire allo stesso modo per la siderurgia e per gli altri settori
in materia di aiuti alla protezione dell'ambiente.
- La Commissione spiega che i principi sui quali si fondano le norme del quinto
codice relative agli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente, che non sono state
modificate, sarebbero chiariti ancora meglio nella sezione II del preambolo del
quarto codice, dove si legge che: «Sarebbe ingiustificato (...) [privare] la siderurgia
comunitaria (...) del beneficio degli aiuti (...) destinati a consentirle di adattare gli
impianti alle nuove norme in materia di tutela dell'ambiente; questi aiuti, quando
rispondono agli obiettivi di interesse comune e alle condizioni contemplate dalla
presente decisione, possono infatti essere concessi al settore della siderurgia al pari
degli aiuti analoghi erogati agli altri settori dell'industria sulla base delle
disposizioni degli articoli 92 e 93 del Trattato CEE».
- La Commissione sostiene che è possibile accordare un aiuto alle imprese le quali,
invece di adeguare semplicemente alcuni impianti esistenti da più di due anni,
preferiscano sostituirli con nuovi impianti in regola con le nuove norme, e afferma
che questa interpretazione è confermata dall'art. 3, n. 2, del quinto codice. Infatti,
questa disposizione prevederebbe un limite del 15% in equivalente sovvenzione
netto delle spese di investimento direttamente connesse con le misure di tutela
ambientale considerate e preciserebbe espressamente che, nel caso in cui
l'investimento si accompagni ad un incremento della capacità di produzione
dell'impianto in questione, il valore di tale investimento è preso in considerazione
soltanto in proporzione alla capacità iniziale.
- Per quanto concerne l'argomento della ricorrente, secondo il quale la proposta
presentata dalla Commissione al Consiglio confermerebbe che l'interpretazione
data all'art. 3, n. 1, è viziata, la Commissione ritiene che ciò non sia corroborato
dai fatti. Essa argomenta che la ragione per la quale ha sottolineato, nella sua
richiesta di parere conforme, le differenze di formulazione tra il quinto codice e la
disciplina CE consiste nel fatto che essa ritiene che la modifica proposta costituisce
una conferma volta ad accrescere la trasparenza del quinto codice, senza tuttavia
modificarne né il contenuto, né il senso.
- La Commissione sottolinea di aver anche tenuto conto dei vantaggi specifici che
l'investimento progettato avrebbe comportato per la tutela dell'ambiente, dato il
rigore delle norme lussemburghesi, nonché del fatto che l'ammontare dell'aiuto
fosse più limitato di quanto lo sarebbe stato nell'ipotesi di un adeguamento degli
impianti. Essa sostiene che sarebbe stato contrario allo spirito del quinto codice
punire uno Stato membro che impone norme più severe di altri Stati membri.
- La Commissione sottolinea inoltre che, dato che la «violazione del Trattato»sarebbe un motivo di annullamento ex art. 33 del Trattato CECA, la valutazione
di questo motivo non deve comportare un esame nel merito dell'analisi economica
sulla quale si fonda la decisione impugnata, poiché i motivi in forza dei quali la
decisione può essere contestata sarebbero espressamente circoscritti dal suddetto
art. 33 a quelli che possono costituire oggetto di un'analisi giuridica, ad esclusione
di qualsiasi valutazione di ordine economico. Essa ritiene che, per quanto concerne
l'esame della legittimità delle decisioni basate sull'art. 95 del quinto codice, questo
esame debba limitarsi a verificare se essa abbia commesso un errore manifesto nel
valutare la necessità degli aiuti concessi al fine di conseguire gli obiettivi del
Trattato.
- Il Granducato di Lussemburgo fa valere che l'art. 3 del quinto codice fissa tre
presupposti affinché un aiuto sia dichiarato compatibile con il buon funzionamento
del mercato comune, vale a dire, in primo luogo, che l'aiuto sia destinato ad
agevolare l'adeguamento di impianti esistenti alle nuove norme sulla tutela
dell'ambiente; in secondo luogo, che gli impianti di cui trattasi siano in funzione da
almeno due anni; e in terzo luogo, che l'aiuto sia limitato al 15% netto
dell'ammontare dell'investimento. A parere del Granducato di Lussemburgo, i tre
presupposti sarebbero soddisfatti nella fattispecie.
- Il Granducato di Lussemburgo rileva che il primo presupposto il fatto che l'aiuto
sia destinato ad agevolare l'adeguamento di impianti esistenti a nuove norme sulla
tutela dell'ambiente è soddisfatto nella fattispecie in seguito all'adozione di due
decreti ministeriali i quali definiscono i criteri di gestione imposti alla Profil
ARBED SA e che riguardano segnatamente l'emissione di polveri nonché le
emissioni sonore.
- Quanto al secondo presupposto il fatto che gli impianti di cui trattasi siano in
funzione da almeno due anni , il Granducato di Lussemburgo lo ritiene parimenti
soddisfatto. Esso sottolinea che gli impianti di cui trattasi sono quelli della fase
liquida del centro di produzione di Esch-Schifflange, che comprenderebbe, oltre
alla fase liquida, un forno a longheroni e due treni di laminazione, e che sarebbe
pacifico che il centro di produzione esisteva da più di due anni al momento
dell'entrata in vigore delle nuove norme in esame.
- Per quanto concerne il terzo presupposto il limite massimo dell'aiuto pari al 15%
netto dell'investimento il governo lussemburghese deduce che l'ammontare
dell'aiuto, quale approvato dalla Commissione, è ben al di sotto del livello massimo
menzionato nell'art. 3, n. 2, del quinto codice, poiché esso raggiungerebbe il 15%
lordo dell'investimento compiuto dalla Profil ARBED SA, mentre il suddetto art.
3 prevederebbe una quota massima del 15% netto, pari pressappoco al 25-30%
lordo.
- Il Granducato di Lussemburgo ricorda inoltre che il testo dell'art. 3 del quinto
codice è identico a quello della disciplina CE 1987, in vigore al momento
dell'adozione del quinto codice. Esso aggiunge che questa disciplina non fa
esclusivo riferimento alla nozione di impianti, come al contrario il quinto codice,
ma parla anche della realizzazione di strutture supplementari e della modifica dei
processi di produzione. Ebbene, le disposizioni del quinto codice dovrebbero essere
interpretate alla luce della disciplina CE, poiché il quinto codice sarebbe basato sul
principio dell'uguaglianza nell'accesso agli aiuti alla protezione dell'ambiente, a
prescindere dai settori economici in cui operino le imprese interessate. Ne
deriverebbe che un adeguamento del processo produttivo potrebbe parimenti
godere di un aiuto. Ebbene, nella fattispecie, gli investimenti effettuati dalla Profil
ARBED avrebbero proprio portato a una modifica del processo di produzione.
- Secondo l'Arbed, la sola questione che si pone in merito all'interpretazione dell'art.
3, n. 1, del quinto codice è quella di determinare se esista un limite all'importanza
della modernizzazione degli impianti necessari per conformarsi alle nuove norme
sulla tutela dell'ambiente. Essa ritiene che, fintantoché l'aiuto contribuisce alla
realizzazione dell'obiettivo perseguito dell'art. 3 del quinto codice, nulla in questa
disposizione obbliga la Commissione a tener conto della natura e dell'importanza
della modernizzazione.
- Di conseguenza l'Arbed sostiene che, anche se si considerasse la sostituzione dei
convertitori LDAC con forni elettrici come sostituzione di un impianto esistente
piuttosto che come adeguamento del medesimo impianto, la Commissione avrebbe
applicato correttamente il quinto codice, giudicando tale sostituzione consentita
dall'art. 3, n. 1, del suddetto codice.
- L'Arbed contesta inoltre l'asserita necessità di un adeguamento formale del quinto
codice per conformarlo agli sviluppo del regime previsto nel Trattato CE in materia
di aiuti all'ambiente poiché, a suo parere, quando il quinto codice è stato adottato,
le norme comunitarie (CE) relative alla tutela dell'ambiente consentivano già di
autorizzare la concessione di aiuti di Stato alle imprese per permettere loro di
adeguare le loro strutture esistenti alle nuove norme in materia di ambiente; l'unica
condizione imposta sarebbe stata l'esistenza di una struttura inquinante, in funzione
da almeno due anni prima dell'entrata in vigore delle norme in discussione, come
sarebbe stato possibile ricavare già dalla disciplina CE 1974 e come sarebbe stato
confermato dalla disciplina CE 1977.
- L'Arbed sostiene parimenti che l'argomento della ricorrente fondato sull'asserita
necessità di interpretare restrittivamente l'art. 3, n. 1, del quinto codice non tiene
conto della natura specifica del Trattato CECA e della sua portata limitata.
Secondo l'Arbed, allorché l'art. 4, lett. c), del Trattato CECA proibisce le
sovvenzioni o aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da essi, in
qualunque forma, questo divieto deve essere inteso, in considerazione della portata
limitata del Trattato, come riferito agli aiuti alla produzione e/o alla distribuzione
e non può concernere gli aiuti alla tutela dell'ambiente, dal momento che la politica
dell'ambiente non rientra tra le materie del Trattato CECA. L'Arbed sottolinea che
sarebbe proprio a causa del fatto che la politica dell'ambiente non rientra tra le
materie del Trattato CECA che la Commissione avrebbe avuto il diritto di
richiamare il suddetto art. 95, primo comma, del Trattato CECA per adottare l'art.
3 del quinto codice degli aiuti alla siderurgia, dato che l'art. 95, primo comma, si
applicherebbe unicamente ai «casi non previsti dal presente Trattato». Se la
disciplina contenuta nei codici sugli aiuti alla siderurgia avesse rappresentato una
deroga all'art. 4 del Trattato CECA, come sostenuto dalla ricorrente, la
Commissione avrebbe dovuto richiamare l'art. 95, terzo capoverso.
- La ricorrente respinge tale argomento dell'Arbed. Essa sostiene che il motivo per
cui la Commissione si è basata sull'art. 95, primo comma, del Trattato CECA per
proporre una decisione recante autorizzazione del versamento, ad alcune imprese
siderurgiche, di aiuti finalizzati alla tutela dell'ambiente, è che nessuna disposizione
del Trattato CECA riguarda gli aiuti di Stato alle imprese produttrici di acciaio. La
ricorrente ne deduce che l'art. 3, n. 1, del quinto codice costituisce una deroga
all'art. 4 del Trattato CECA e che, di conseguenza, esso è soggetto ad
un'interpretazione restrittiva.
Giudizio del Tribunale
- Occorre analizzare se la tesi alla base della decisione impugnata, secondo la quale
l'art. 3, n. 1, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia avrebbe consentito la
concessione di un aiuto alla sostituzione di impianti esistenti con altri nuovi, in
regola con le norme sulla tutela dell'ambiente, sia corretta alla luce del dettato di
tale articolo, del contesto in cui esso si inserisce e della sua finalità.
- Per quanto concerne, in primo luogo, il disposto dell'art. 3, n. 1, occorre constatare
che esso fa riferimento solo all'«adattamento alle nuove disposizioni (...) degli
impianti in servizio da almeno due anni prima dell'entrata in vigore di dette norme
(...)». Un'interpretazione esclusivamente letterale dell'art. 3, n. 1, esclude quindi
qualsiasi investimento che non costituisca un adattamento di impianti in servizio,
come la sostituzione di questi ultimi con nuovi impianti, anche se conformi alle
norme sulla tutela dell'ambiente.
- La Commissione ha ammesso nella decisione impugnata che non si trattava, nella
fattispecie, di un adeguamento degli impianti già esistenti, bensì della sostituzione
di questi ultimi con nuovi impianti. Cionondimeno la Commissione ha sostenuto che
un'interpretazione dell'art. 3, n. 1, alla luce del contesto in cui esso si inserisce,
nonché della sua finalità, porta a ritenere una tale possibilità conforme all'art. 3,
n. 1.
- Occorre pertanto analizzare la fondatezza di questo ragionamento.
- Basandosi sul principio enunciato nella parte II del preambolo del quinto codice,
secondo il quale occorre garantire la parità di trattamento per il settore siderurgico
e per gli altri settori nell'accesso agli aiuti alla tutela dell'ambiente, la decisione
impugnata afferma, nel terzo capoverso della parte «Valutazione della
Commissione», che le stesse disposizioni di diritto comunitario in materia di aiuti
alla protezione dell'ambiente devono essere applicate in generale a qualsiasi
industria sia essa siderurgica o meno.
- La decisione impugnata ricorda poi, nel quarto capoverso della parte «Valutazione
della Commissione», che la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alla tutela
dell'ambiente pubblicata nella Gazzetta ufficiale C 72 del 10 marzo 1994 prevede
espressamente che le imprese che, invece di adattare semplicemente gli impianti
installati da più di due anni, decidono di sostituirli con impianti nuovi conformi alle
nuove norme, possono beneficiare di aiuti per la frazione dei costi d'investimento
che non superano quelli connessi con l'adattamento dei vecchi impianti.
- La decisione impugnata rileva infine (quinto capoverso della parte «Valutazione
della Commissione») che l'estensione di questo principio generale previsto dalla
disciplina comunitaria al codice degli aiuti alla siderurgia sembra del tutto possibile
purché non contraddica l'enunciato dell'art. 3 del quinto codice, per concludere, nel
nono capoverso, che l'aiuto di cui trattasi è compatibile con il mercato comune.
- Questo ragionamento non può essere accolto.
- In primo luogo, occorre ricordare che il quinto codice ha introdotto norme che
autorizzano la concessione di aiuti alla siderurgia in casi tassativamente enunciati
e ha posto il principio (art. 1, n. 1) che i detti aiuti possono essere considerati aiuti
comunitari, e pertanto compatibili con il corretto funzionamento del mercato
comune, soltanto se conformi alle disposizioni degli artt. da 2 a 5. Di conseguenza,
la compatibilità di aiuti siffatti dev'essere valutata alla luce di queste disposizioni.
- In secondo luogo, il Tribunale rileva che l'applicazione automatica della disciplina
CE al settore siderurgico non è prevista dal quinto codice degli aiuti alla siderurgia.
Un'applicazione automatica del genere non può essere ricavata dal principio
enunciato nel preambolo del quinto codice, secondo il quale occorre garantire la
parità di trattamento, per il settore siderurgico e gli altri settori, nell'accesso agli
aiuti alla tutela dell'ambiente. Infatti, il preambolo del quinto codice si limita a
constatare, per quanto concerne il regime applicabile agli aiuti in materia di tutela
dell'ambiente, che la normativa introdotta dalle due discipline era identica al
momento dell'adozione del quinto codice. Tuttavia, il secondo capoverso della
parte II del preambolo del quinto codice (v. precedente punto 5) prevede la
necessità di presentare una proposta di adattamento di quest'ultimo alla disciplina
CE qualora, durante il periodo di validità del quinto codice fossero state
sostanzialmente modificate le due discipline generali. Pertanto, l'applicazione della
disciplina CE al settore siderurgico non è automatica.
- In terzo luogo, occorre ricordare che la disciplina CE vigente al momento
dell'adozione del quinto codice la disciplina CE adottata nel 1980 e ripresa nel
1987 è stata infatti modificata nel 1994. Questa nuova disciplina prevede (punto
3.2.3.A, penultimo capoverso) la possibilità di concedere aiuti ad investimenti
destinati a sostituire impianti esistenti con nuove strutture. Questa facoltà non era
espressamente prevista nella disciplina CE 1987, la quale era quella vigente
all'epoca dell'approvazione del quinto codice.
- L'ipotesi prevista nel secondo capoverso della parte II del preambolo del quinto
codice si è quindi realizzata, poiché la normativa introdotta con la disciplina CE
1987 è stata sostanzialmente modificata, durante il periodo di validità del quinto
codice, dalla disciplina CE 1994. Di conseguenza, l'applicazione del principio fissato
dalla nuova disciplina CE 1994 nell'ambito CECA era subordinato alla
presentazione di una proposta di adeguamento del quinto codice a tale nuova
disciplina.
- Una proposta di adeguamento del genere è stata effettivamente presentata dalla
Commissione il 14 marzo 1995 (v. precedenti punti 9 e 10), dopo l'adozione della
decisione impugnata. La proposta di adeguamento era proprio destinata a
modificare l'art. 3 del quinto codice. La Commissione notava (punto 5 della
proposta) che la nuova disciplina CE degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente
1994 differiva in almeno cinque punti fondamentali dalla precedente disciplina e,
di conseguenza, dal codice degli aiuti alla siderurgia. Tra i cinque punti
fondamentali, essa menzionava espressamente la facoltà prevista nella nuova
disciplina CE 1994 (punto 3.2.3.A, penultimo capoverso) di concedere aiuti, a
determinate condizioni, alle imprese le quali, invece di adattare semplicemente gli
impianti installati da più di due anni, decidono di sostituirli con impianti nuovi che
rispondono alle nuove norme. La presentazione di questa proposta conferma, come
giustamente sostenuto dalla ricorrente, che la Commissione riteneva necessario
modificare l'art. 3 del quinto codice per poter applicare, nell'ambito CECA, il
principio contenuto nella disciplina CE e contraddice, di conseguenza,
l'interpretazione dell'art. 3, n. 1, del quinto codice data dalla Commissione nella
decisione impugnata. La Commissione non può pertanto asserire che la proposta
di adeguamento avesse il solo fine di migliorare la trasparenza del quinto codice,
senza tuttavia modificarne né il contenuto né il senso.
- Ad abundantiam, occorre ricordare che nemmeno il sesto codice degli aiuti alla
siderurgia, approvato con decisione della Commissione 18 dicembre 1996,
n. 2496/96/CECA, prevede l'applicazione automatica nell'ambito CECA della
disposizione della disciplina CE 1994 relativa agli aiuti a favore della tutela
dell'ambiente, ma ha definito alcuni criteri di applicazione di questa disciplina
nell'ambito CECA.
- Alla luce di tutto quanto fin qui esposto, è giocoforza constatare che l'art. 3, del
quinto codice non prevede la facoltà di concedere aiuti alle imprese le quali, invece
di adeguare gli impianti esistenti, decidono di sostituire questi ultimi con nuove
strutture in regola con le nuove norme sulla tutela dell'ambiente. Date le
circostanze, la tesi accolta nella decisione impugnata, secondo la quale l'estensionedi questa disposizione della disciplina CE al codice degli aiuti alla siderurgia è
possibile in quanto non contraddice il dettato dell'art. 3 del quinto codice,
dev'essere respinta, essendo contraria al chiaro disposto del medesimo articolo.
- Questa conclusione non è inficiata dal fatto che le norme nazionali sulla tutela
dell'ambiente qui in discussione siano più severe che in altri Stati membri, né dal
fatto che l'ammontare dell'aiuto autorizzato sia inferiore almeno di un terzo
all'importo che, eventualmente, avrebbe potuto essere concesso, né dal fatto che
l'aiuto non superi il limite del 15% delle spese di investimento direttamente
collegate alla misura di tutela dell'ambiente in discussione, poiché queste
considerazioni non possono giustificare l'assegnazione di un aiuto alla siderurgia al
di fuori delle condizioni previste all'art. 3, n. 1, del quinto codice.
- Di conseguenza, l'argomento del Granducato di Lussemburgo, secondo il quale
l'aiuto contestato soddisferebbe i tre presupposti richiesti dall'art. 3 del quinto
codice degli aiuti alla siderurgia, non può essere accolto, dato che il primo
presupposto il fatto che l'aiuto sia destinato ad agevolare l'adeguamento di
impianti esistenti a nuove norme sulla tutela dell'ambiente non soddisfatto nella
fattispecie. Alla luce di ciò, l'analisi degli argomenti del Granducato di
Lussemburgo relativi agli altri due presupposti diventa superflua.
- Per quanto concerne l'argomento degli intervenienti, secondo il quale un
adeguamento formale del quinto codice degli aiuti alla siderurgia non fosse
necessario, poiché la disciplina CE 1987, vale a dire già quella del 1974, consentiva
di autorizzare aiuti per la sostituzione dei vecchi impianti con altri nuovi, conformi
alle nuove norme sulla tutela dell'ambiente, occorre preliminarmente rilevare che
il riferimento alla disciplina CE 1974 è inifluente nella presente fattispecie, poiché
la disciplina vigente al momento dell'adozione del quinto codice, e alla quale
quest'ultimo fa riferimento, è quella CE del 1980, ripresa nel 1987. E' quindi alla
luce del quinto codice e della disciplina CE 1987 che occorre analizzare se un aiuto
destinato alla sostituzione di impianti esistenti con altri nuovi, conformi alle nuove
norme sulla tutela dell'ambiente, possa essere dichiarata compatibile con il mercato
comune.
- Ai sensi della disciplina CE adottata nel 1980 e ripresa nel 1987: «Gli investimenti
effettuati allo scopo di adeguarsi alle norme possono consistere o nell'installazione
di impianti aggiuntivi volti a ridurre o ad eliminare gli inquinamenti o nell'adattare
i processi produttivi nel medesimo senso. In quest'ultimo caso, la frazione
dell'investimento che determina un aumento delle capacità produttive esistenti è
esclusa dall'aiuto (...). Restano integralmente a carico delle imprese i costi per gli
investimenti di normale sostituzione e le spese di funzionamento» (punti 3.2.3 e
3.2.4).
- Occorre ricordare che, come si evince sia dalla decisione impugnata che dalle
lettere inviate alla Commissione dal governo lussemburghese (v. precedenti punti
54 e 55), l'investimento oggetto dell'aiuto fa parte di un programma di sostituzione
degli impianti esistenti, di cui il forno elettrico costituisce l'elemento essenziale. Alla
luce di ciò, è giocoforza constatare che l'investimento oggetto dell'aiuto non può
essere considerato come un impianto aggiuntivo destinato a ridurre o ad eliminare
i vari tipi di inquinamento.
- Per quanto concerne l'adeguamento del processo di produzione effettuato allo
stesso scopo, occorre ricordare che, come accertato nel precedente punto 59,
l'investimento oggetto dell'aiuto si inserisce nella cornice della sostituzione degli
impianti LDAC esistenti con una nuova acciaieria elettrica e che, benché il
processo di produzione sviluppato con i vecchi impianti potesse includere scorie
metalliche come materia prima, sino a un massimo del 30-40%, il processo di
produzione elettrica realizzato mediante l'investimento oggetto dell'aiuto permette
di utilizzare al 100% scorie metalliche come materia prima. Inoltre, gli impianti
LDAC saranno definitivamente chiusi alla fine del 1997. Pertanto, il processo di
produzione ad ossigeno puro o LDAC è stato in realtà sostituito con un processo
di produzione elettrico. Di conseguenza, è giocoforza constatare che l'investimento
effettuato dall'Arbed non costituisce l'adeguamento di un processo produttivo,
bensì la sostituzione di un simile processo con un altro.
- Ad ogni modo, occorre inoltre ricordare che, ai sensi (punto 3.2.4) della disciplina
CE 1987, in vigore all'epoca dell'adozione del quinto codice degli aiuti alla
siderurgia, il costo per gli investimenti di sostituzione dovrebbe restare
integralmente a carico delle imprese.
- Questo argomento degli intervenienti è pertanto infondato.
- Per quanto concerne la questione, se l'art. 3, n. 1, del quinto codice debba essere
interpretato restrittivamente, è stato accertato (v. il precedente punto 101) che il
dettato chiaro di questo art. 3 non prevede la possibilità di concedere aiuti alle
imprese le quali, invece di adeguare impianti esistenti, optino per la sostituzione
di questi ultimi con nuovi impianti, in regola con le nuove norme sulla tutela
dell'ambiente. In considerazione di tale conclusione, il Tribunale ritiene che gli
argomenti della convenuta e degli intervenienti non possono giustificare una
differente interpretazione.
- Infatti, per quanto concerne l'argomento fondato dall'Arbed sulla base giuridica del
quinto codice degli aiuti alla siderurgia, occorre precisare che, benché sia vero che
l'art. 95, primo comma, del Trattato CECA fa riferimento ai «casi non previsti dal
presente Trattato», è altrettanto certo che esso dispone che i provvedimenti da
adottare in casi del genere debbono essere conformi alle disposizioni dell'art. 5 del
Trattato e necessari al conseguimento di uno degli obiettivi della Comunità, quali
indicati dagli artt. 2-4 del Trattato. Pertanto l'art. 95, primo comma, non consente
l'adozione di provvedimenti che ignorino gli obiettivi oggetto di questi articoli.
Parimenti, nella parte I del suo preambolo, il quinto codice precisa che occorre
avvalersi dell'art. 95, primo comma, del Trattato, affinché la Comunità possa
attuare gli scopi enunciati negli artt. 2, 3 e 4 del Trattato stesso. Di conseguenza,
il quinto codice e la problematica ambientale alla quale, tra gli altri obiettivi, il
quinto codice dà risposta, devono essere interpretati alla luce degli obiettivi e
principi definiti da questi articoli.
- Anche qualora, come sostenuto dall'Arbed, la Commissione avesse il diritto di
fondarsi sull'art. 95, primo comma, del Trattato CECA, dato che la politica
ambientale non rientra tra le materie del Trattato CECA, da ciò non si potrebbe
comunque trarre la conclusione che il quinto codice non costituisca una deroga
all'art. 4 del Trattato CECA e che la sua interpretazione non debba essere
condotta secondo criteri restrittivi.
- Inoltre, questo argomento dell'Arbed è contraddetto dalla Commissione stessa, la
quale rileva che proprio il Trattato CECA e, in particolare, l'art. 3, lett. d), la
obbliga ad adottare provvedimenti al fine di tutelare l'ambiente nell'interesse
comune.
- Alla luce delle considerazioni ora svolte, è giocoforza constatare che le norme da
applicare nell'ambito CECA per garantire il rispetto di questa problematica sono
quelle poste nel quinto codice in considerazione degli obiettivi previsti dal Trattato
e, segnatamente, del divieto, enunciato dall'art. 4, lett. c), del Trattato, di concedere
un qualsiasi aiuto di Stato sotto qualunque forma. Poiché il quinto codice
costituisce una deroga all'art. 4 del Trattato CECA, esso dev'essere interpretato
restrittivamente.
- La necessità di un'interpretazione restrittiva è confermata dal disposto stesso dei
preamboli dei codici quarto e quinto, nei quali il Consiglio e la Commissione hanno
chiaramente manifestato il loro desiderio che i codici degli aiuti alla siderurgia
siano interpretati restrittivamente e solo e soltanto facendo riferimento al loro
testuale disposto. Così, la parte I, quinto capoverso, del preambolo del quarto
codice disponeva che:
«Va rilevato che, fatti salvi gli aiuti espressamente previsti e debitamente
autorizzati in forza della presente decisione, tutte le altre eventuali sovvenzioni
degli Stati membri, qualunque ne sia la forma, specifiche o non specifiche che esse
siano, sono vietate dall'articolo 4, lettera c) del Trattato CECA».
- Di conseguenza, l'argomento della Commissione fondato sulla parte II del
preambolo del quarto codice per sostenere che occorre rispettare la parità di
trattamento per la siderurgia e per gli altri settori in materia di aiuti alla tutela
dell'ambiente dev'essere respinto, poiché da questa parte del preambolo discende
che, nella cornice del quarto codice, il principio della parità di trattamento tra la
siderurgia e gli altri settori in materia di aiuti consente comunque solo gli aiuti che
«rispondono agli obiettivi di interesse comune e alle condizioni contemplate» dal
codice di cui trattasi.
- Il dettato della parte I, secondo capoverso, del preambolo del quinto codice è
altrettanto chiaro e conferma la necessità di un'interpretazione restrittiva: «Dal 1°
gennaio 1986 la Commissione ha stabilito, con decisione n. 3484/85/CECA (...)
norme che autorizzano la concessione di aiuti alla siderurgia in fattispecie
tassativamente elencate».
- La fondatezza di questa interpretazione è ulteriormente corroborata dal quinto
capoverso di questa stessa parte del preambolo del quinto codice, secondo il quale
«questa disciplina rigorosa (...) ha permesso negli ultimi anni di garantire condizioni
eque di concorrenza nel settore».
- Pertanto, in considerazione del contesto e dell'obiettivo perseguito dal quinto
codice degli aiuti alla siderurgia, nel quale si inserisce l'art. 3, n. 1 (v. sentenza della
Corte 28 marzo 1996, causa C-99/94, Robert Birkenbeul, Racc. pag. I-1791, punto
12), il Tribunale ritiene che esso dev'essere interpretato nel massimo rispetto del
suo disposto.
- Pertanto, gli argomenti della Commissione e degli intervenienti non sono tali da
inficiare la conclusione accolta dal Tribunale, secondo la quale l'art. 3 del quinto
codice non prevede la possibilità di concedere aiuti alle imprese le quali, invece di
adeguare impianti esistenti, optino per la sostituzione dei medesimi con nuovi
impianti, in regola con le nuove norme sulla tutela dell'ambiente.
- Alla luce di quanto sin qui illustrato, occorre concludere che la decisione impugnata
viola l'art. 3, n. 1, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia e dev'essere annullata.
Sulle spese
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione è
rimasta soccombente e la ricorrente ne ha chiesto la condanna alle spese, occorre
condannare la Commissione alle spese.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 4, primo comma, gli Stati membri intervenuti nella causa
sopportano le proprie spese. Secondo il terzo comma di questo stesso numero, il
Tribunale può ordinare che una parte interveniente diversa dagli Stati parti
contraenti dell'accordo SEE, gli Stati membri, le istituzioni e l'Autorità di vigilanza
dell'AELS, sopporti le proprie spese. Il Tribunale ritiene che, date le circostanze
della fattispecie, la parte interveniente Arbed debba sopportare le proprie spese.
Per questi motivi,IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
- La decisione riprodotta nella comunicazione della Commissione 94/C
400/02, in applicazione dell'art. 6, paragrafo 4, della decisione 27 novembre
1991, n. 3855/91/CECA, indirizzata agli altri Stati membri e ai terzi
interessati, relativa agli aiuti che il Lussemburgo intende accordare alla
Profil ARBED SA (ARBED) [aiuti di Stato C 25/94 (ex N 11/94), è
annullata.
- La Commissione è condannata alle spese.
- Il Granducato di Lussemburgo e l'Arbed SA sopporteranno le proprie spese.
García-Valdecasas Tiili Azizi Moura Ramos Jaeger
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Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 settembre 1997.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
R. García-Valdecasas
1: Lingua processuale: l'inglese.
Racc.