Language of document : ECLI:EU:C:2022:384

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 12 maggio 2022 (1)

Causa C883/19 P

HSBC Holdings plc,

HSBC Bank plc,

HSBC Continental Europe, già HSBC France

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Concorrenza – Articolo 101 TFUE – Manipolazione dei tassi interbancari di riferimento Euribor – Scambio di informazioni riservate – Restrizione “per oggetto” – Infrazione unica e continuata – Transazione – Procedimento ibrido – Presunzione di innocenza – Diritto a una buona amministrazione – Dovere di imparzialità»






I.      Introduzione

1.        I derivati sui tassi di interesse in euro (in prosieguo: gli «EIRD») sono spesso utilizzati come copertura da banche, investitori istituzionali, società e privati per proteggersi contro variazioni dei tassi di interesse di mercato. L’Euro Interbank Offered Rate (in prosieguo: l’«Euribor») è importante poiché fornisce i tassi di interesse di riferimento per il prezzo dei tassi d’interesse di tutti i tipi di prodotti finanziari, quali gli swaps sui tassi di interesse, i contratti a termine sui tassi di interesse, i conti di risparmio e le ipoteche. Di converso, l’Euro Over‑Night Index Average (in prosieguo: l’«EONIA») era utilizzato come tasso di riferimento interbancario overnight per l’euro. L’EONIA è stato abbandonato a partire dal 3 gennaio 2022.

2.        Nell’ambito dell’impugnazione in esame, talune società appartenenti al gruppo bancario HSBC chiedono alla Corte di giustizia di annullare la sentenza del Tribunale (2) che ha parzialmente respinto il loro ricorso diretto all’annullamento di una decisione della Commissione che ha inflitto loro un’ammenda per aver partecipato, dal 12 febbraio al 27 marzo 2007, a un cartello nel mercato degli EIRD collegati all’Euribor e/o all’EONIA (3).

3.        L’impugnazione in esame solleva una serie di questioni di ordine procedurale e sostanziale concernenti il diritto della concorrenza dell’Unione. Fra tali questioni rivestono particolare importanza il dovere della Commissione di agire in modo imparziale e di rispettare la presunzione di innocenza delle parti che non hanno effettuato una transazione nella conduzione di procedimenti ibridi (4), nonché la nozione di «infrazione per oggetto».

II.    Contesto di fatto e di diritto

4.        I fatti e il contesto normativo della presente causa, quali risultano dalla sentenza impugnata (5), possono essere riassunti come segue.

5.        Il 14 giugno 2011 il gruppo bancario Barclays (in prosieguo: «Barclays») ha presentato alla Commissione una domanda di attribuzione di un numero d’ordine (il cosiddetto marker), conformemente alla comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (6), informandola dell’esistenza di un cartello nel settore degli EIRD e esprimendo la volontà di cooperare. Il 14 ottobre 2011 Barclays ha ottenuto un’immunità condizionale.

6.        Il 5 marzo e 29 ottobre 2013, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, la Commissione ha avviato un procedimento di infrazione nei confronti di HSBC Holdings plc, HSBC Bank plc e HSBC Continental Europe (già HSBC France) (in prosieguo, congiuntamente «HSBC» o le «ricorrenti») nonché di Barclays, del Crédit Agricole SA e del Crédit Agricole Corporate and Investment Bank (in prosieguo, congiuntamente: «Crédit Agricole»), di Deutsche Bank AG, di Deutsche Bank Services (Jersey) Ltd e di DB Group Services (UK) Ltd (in prosieguo, congiuntamente: «Deutsche Bank»), di JP Morgan Chase & Co., di JP Morgan Chase Bank National Association e di JP Morgan Services LLP (in prosieguo, congiuntamente: «JP Morgan»), di Royal Bank of Scotland plc e di Royal Bank of Scotland Group plc (in prosieguo, congiuntamente: «RBS») e di Société générale.

7.        Barclays, Deutsche Bank, Société générale e RBS hanno deciso di partecipare a una procedura di transazione ai sensi dell’articolo 10 bis del regolamento n. 773/2004. Le ricorrenti, Crédit Agricole e JP Morgan hanno deciso di non partecipare a tale procedimento di transazione.

8.        Il 4 dicembre 2013 la Commissione ha adottato nei confronti di Barclays, di Deutsche Bank, di Société générale e di RBS la decisione C (2013) 8512 final, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE [Caso AT.39914, Euro Interest Rate Derivatives (EIRD) (Settlement)] (in prosieguo: la «decisione di transazione»), con la quale essa ha concluso che tali imprese avevano violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando a un’infrazione unica e continuata avente ad oggetto l’alterazione del corso normale di fissazione dei prezzi sul mercato degli EIRD.

9.        Il 19 marzo 2014 la Commissione ha inviato alle ricorrenti, nonché a Crédit Agricole e a JP Morgan, una comunicazione degli addebiti.

10.      Le ricorrenti hanno potuto consultare le parti accessibili del fascicolo della Commissione e i loro rappresentanti hanno beneficiato di un accesso supplementare al fascicolo nei locali della Commissione. Le ricorrenti hanno avuto altresì accesso alla comunicazione degli addebiti inviata alle parti che hanno effettuato la transazione, alle risposte di tali parti nonché alla decisione di transazione.

11.      Il 14 novembre 2014 le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni scritte in seguito alla comunicazione degli addebiti e si sono espresse durante l’audizione svoltasi dal 15 al 17 giugno 2015.

12.      Il 7 dicembre 2016 la Commissione, in base agli articoli 7 e 23 del regolamento n. 1/2003, ha adottato la decisione controversa.

13.      Nell’articolo 1 della decisione controversa si dichiarava, in particolare, che le ricorrenti avevano violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE avendo partecipato, dal 12 febbraio 2007 al 27 marzo 2007 «a un’infrazione unica e continuata relativa a[gli EIRD]. Tale infrazione, che si estendeva all’intero SEE, è consistita in accordi e/o pratiche concordate aventi lo scopo di falsare il corso normale delle componenti dei prezzi nel settore dei derivati sui tassi di interesse in euro (...)».

14.      L’articolo 2 della decisione controversa infliggeva alle ricorrenti un’ammenda, di cui sono responsabili in solido, pari a EUR 33 606 000.

III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

15.      Con il loro ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, depositato il 17 febbraio 2017, le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale, in sostanza, di annullare la decisione controversa o, in subordine, di modificare l’importo dell’ammenda.

16.      Nella sua sentenza del 24 settembre 2019, il Tribunale ha respinto i motivi delle ricorrenti concernenti: i) la qualificazione come infrazione per oggetto adottata dalla Commissione; ii) la qualificazione come infrazione unica e continuata adottata dalla Commissione; e iii) un asserito errore di diritto e un’asserita violazione delle forme sostanziali nello svolgimento del procedimento amministrativo. Il Tribunale ha tuttavia ritenuto che la decisione controversa fosse viziata da un’insufficienza di motivazione per quanto concerne la determinazione dell’importo dell’ammenda.

17.      Di conseguenza, il Tribunale ha parzialmente annullato (punto 1 del dispositivo) e parzialmente confermato (punto 2 del dispositivo) la decisione controversa, condannando sia le ricorrenti sia la Commissione a sopportare le proprie spese (punti 3 e 4 del dispositivo).

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia e conclusioni delle parti

18.      Nella loro impugnazione dinanzi alla Corte, depositata il 3 dicembre 2019, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia: i) annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, ii) annullare l’articolo 1, lettera b), della decisione controversa o, in subordine, annullare l’articolo 1, lettera b), della stessa nella parte in cui riguarda la partecipazione di HSBC a una violazione unica e continuata successivamente al 19 marzo 2007, e iii) condannare la Commissione alle spese.

19.      Da parte sua, la Commissione chiede alla Corte di respingere il ricorso e di condannare le ricorrenti alle spese.

20.      Con ordinanze del presidente della Corte del 16 luglio 2020, Crédit Agricole e JP Morgan (in prosieguo: gli «intervenienti») sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti.

21.      Con decisione del 28 giugno 2021, la Commissione ha modificato e riadottato la decisione controversa al fine di rimediare all’insufficienza di motivazione per quanto concerne l’ammenda inflitta alle ricorrenti (in prosieguo: la «decisione del 2021») (7).

22.      Il 7 settembre 2021, mediante una misura di organizzazione del procedimento adottata ai sensi dell’articolo 62 del regolamento di procedura della Corte di giustizia, la Commissione è stata invitata a produrre una copia della decisione del 2021 e a rispondere a tre quesiti concernenti gli effetti di tale decisione sulla decisione (originaria) oggetto della sentenza impugnata. Con lettera del 16 settembre 2021, la Commissione ha informato la Corte del fatto che la decisione del 2021 ha modificato soltanto i punti e il dispositivo della decisione controversa concernenti l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti. Di converso, la decisione del 2021 non ha modificato le parti della decisione controversa che formano oggetto del presente procedimento di impugnazione.

23.      Le ricorrenti, gli intervenienti e la Commissione hanno presentato le loro osservazioni nel corso dell’udienza dinanzi alla Corte, che si è tenuta il 26 gennaio 2022.

V.      Valutazione

24.      Nelle presenti conclusioni tratterò ciascuno dei sei motivi di impugnazione nell’ordine in cui sono stati presentati dalle ricorrenti e tratterò congiuntamente i motivi vertenti sulle medesime questioni.

25.      Di conseguenza, esaminerò anzitutto le censure concernenti la violazione, da parte della Commissione, di taluni diritti e garanzie procedurali delle ricorrenti (A). In secondo luogo, mi occuperò dei motivi di impugnazione delle ricorrenti che vertono sulla qualificazione, da parte del Tribunale, del comportamento delle ricorrenti come infrazione «per oggetto» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (B). In terzo e ultimo luogo, esaminerò gli argomenti delle ricorrenti concernenti le statuizioni del Tribunale ai sensi delle quali esse hanno partecipato a un’«infrazione unica e continuata» (C).

26.      Tenuto conto del numero e dell’importanza delle questioni sollevate dall’impugnazione in esame, le presenti conclusioni affronteranno più dettagliatamente gli aspetti che sembrano porre nuove questioni di diritto o, in ogni caso, presentare un certo grado di complessità. Di converso, tratterò le altre questioni più succintamente poiché, a mio avviso, è possibile risolverle sulla base di una giurisprudenza consolidata.

A.      Primo motivo di impugnazione: presunzione di innocenza e diritto a una buona amministrazione

1.      Argomenti delle parti

27.      Con il loro primo motivo di impugnazione, diretto contro i punti da 287 a 292 della sentenza impugnata, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel valutare i loro motivi concernenti violazioni, da parte della Commissione, del principio della presunzione di innocenza, del loro diritto a una buona amministrazione e del rispetto dei loro diritti della difesa.

28.      Le ricorrenti sostengono che, adottando un procedimento ibrido scaglionato (8), la Commissione ha irrimediabilmente pregiudicato la loro posizione prima della concreta adozione della decisione controversa, violando in tal modo il principio della presunzione di innocenza. Infatti, nella decisione di transazione, anche se non indirizzata a HSBC, si è constatato che HSBC aveva partecipato a pratiche bilaterali con un’altra banca aventi ad oggetto la restrizione della concorrenza. Secondo le ricorrenti, tale constatazione non poteva essere confutata nell’ambito del successivo procedimento (ordinario), il quale interessava le parti che non avevano effettuato la transazione, ivi incluse le ricorrenti.

29.      Le ricorrenti sostengono altresì che la Commissione ha violato il loro diritto a una buona amministrazione, non avendo agito in modo imparziale nella valutazione della loro situazione. Secondo le ricorrenti, tale omissione è stata confermata dal Mediatore europeo. Nel 2015, il Mediatore ha constatato che il Commissario per la concorrenza dell’epoca (in prosieguo: il «Commissario dell’epoca») aveva reso, nel 2012 e nel 2014, dichiarazioni pubbliche che potevano ragionevolmente lasciar intendere che la Commissione (o il Commissario stesso) avessero già deciso il risultato dell’indagine in corso, il che costituiva un caso di cattiva amministrazione (9).

30.      Le ricorrenti sostengono che, nel valutare gli argomenti dedotti in riferimento alla presunzione di innocenza e al diritto a una buona amministrazione, il Tribunale ha adottato un criterio giuridico erroneo, imponendo loro di fornire la prova che, in assenza della violazione, la decisione sarebbe stata diversa (10) (in prosieguo: il «criterio Suiker Unie») (11). Secondo le ricorrenti, il criterio giuridico corretto che avrebbe dovuto essere applicato consiste nell’esistenza o meno di una «possibilità, anche minima» che la decisione pertinente avrebbe potuto essere diversa (12).

31.      Gli intervenienti hanno presentato argomenti simili a tale riguardo. In particolare, Crédit Agricole ritiene che, nei casi in cui non sia possibile garantire, in una decisione di transazione, il pieno rispetto della presunzione di innocenza delle parti che non hanno effettuato la transazione, la Commissione dovrebbe adottare contemporaneamente le varie decisioni (ossia la decisione di transazione e le decisioni ordinarie). Per quanto riguarda il dovere di imparzialità della Commissione, Crédit Agricole sostiene che la sentenza impugnata è viziata da un’insufficienza di motivazione, poiché verte sull’asserita violazione dell’imparzialità oggettiva, ma non dell’imparzialità soggettiva. JP Morgan ritiene che, applicando il criterio «Suiker Unie», il Tribunale abbia posto in capo alle ricorrenti un onere della prova impossibile, che risulterebbe, quindi, in una violazione del loro diritto a un ricorso effettivo, previsto dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

32.      La Commissione, dal canto suo, respinge la censura formulata dalle ricorrenti nei confronti della sentenza impugnata. La Commissione sostiene di aver rispettato sia il suo dovere di imparzialità oggettiva sia il principio della presunzione di innocenza nell’adozione della decisione di transazione prima della decisione controversa. A tal riguardo, la Commissione sottolinea che un procedimento di transazione ibrido scaglionato non è escluso né dalla normativa pertinente (13) né dalla giurisprudenza dei giudici dell’Unione (14). La Commissione ritiene che il Tribunale abbia correttamente statuito che la decisione di transazione, da un lato, non conteneva alcun accertamento di responsabilità, né alcuna constatazione sfavorevole nei confronti di HSBC, e, dall’altro, conteneva soltanto alcuni riferimenti a HSBC, limitati a quanto strettamente necessario per descrivere e stabilire gli addebiti nei confronti delle parti della transazione.

33.      Inoltre, la Commissione sostiene che, adottando il criterio Suiker Unie, il Tribunale si è debitamente conformato alla giurisprudenza ai sensi della quale qualsiasi irregolarità riguardante l’imparzialità oggettiva della Commissione (o di un membro del suo personale) comporta l’annullamento della decisione pertinente qualora si dimostri che, in assenza di detta irregolarità, la decisione avrebbe avuto un contenuto diverso (15). Il criterio suggerito dalle ricorrenti riguarda, secondo la Commissione, un altro errore procedurale (violazione del diritto di difesa di un’impresa), diverso da quello dedotto nel caso di specie (assenza di imparzialità).

2.      Analisi

34.      Gli argomenti dedotti dalle ricorrenti vertono, in sostanza, su due punti, che esaminerò qui di seguito in successione.

a)      Conseguenze di errori procedurali

35.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto, in quanto inoperanti, i motivi delle ricorrenti vertenti sul principio della presunzione di innocenza e sul diritto a una buona amministrazione. Il Tribunale ha dichiarato che, anche in presenza di una violazione al riguardo, l’irregolarità procedurale commessa dalla Commissione avrebbe comportato l’annullamento della decisione controversa solo se fosse stato soddisfatto il criterio Suiker Unie. Tuttavia, avendo già constatato che la decisione controversa dimostrava in modo sufficiente la partecipazione di HSBC al comportamento anticoncorrenziale in questione, il Tribunale ha ritenuto che tale criterio non fosse soddisfatto.

36.      Le ricorrenti criticano tale ragionamento sostenendo che il Tribunale ha adottato un criterio giuridico erroneo per quanto concerne le conseguenze derivanti dalle violazioni della Commissione.

37.      Sono d’accordo.

38.      Per spiegare il motivo per cui sono d’accordo, ritengo che possa essere utile una breve rassegna della giurisprudenza relativa alle conseguenze di eventuali errori procedurali commessi dalla Commissione nella conduzione di procedimenti in materia di concorrenza. Ad oggi, infatti, l’Unione europea non dispone di una normativa esaustiva che disciplini le conseguenze di errori procedurali commessi dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo (16). Neppure il regolamento n. 1/2003 contiene norme specifiche al riguardo. È spettato quindi ai giudici dell’Unione colmare tale lacuna.

39.      A prima vista, la giurisprudenza può sembrare alquanto diversificata, se non un poco confusa (17). È vero che i motivi per i quali i giudici dell’Unione, ad esempio, hanno adottato criteri giuridici diversi al fine di determinare le conseguenze derivanti da errori procedurali e/o hanno applicato principi diversi per quanto concerne l’onere e il livello della prova al riguardo non sono immediatamente evidenti.

40.      Tuttavia, se ci si avventura al di là della mera terminologia delle varie pronunce in materia, distribuite nel corso di diversi decenni di attività giudiziaria, e sebbene non tutte le pronunce si inseriscano perfettamente in gruppi definiti, è possibile individuare due filoni giurisprudenziali principali.

41.      Nell’ambito di un primo filone giurisprudenziale, i giudici dell’Unione hanno, senza troppi indugi, annullato decisioni adottate in esito a un procedimento in cui la Commissione aveva violato una «forma sostanziale». In tali cause, la Corte non ha ritenuto necessaria la dimostrazione, da parte delle imprese che invocavano un errore procedurale, della circostanza che siffatto errore avrebbe potuto influenzare, a loro discapito, lo svolgimento del procedimento e il contenuto delle decisioni in questione (18).

42.      Un approccio rigoroso nei casi in cui la Commissione non rispetta le forme sostanziali – ossia disposizioni fondamentali di natura procedurale previste dal diritto primario o derivato dell’Unione – è, a mio avviso, pienamente giustificato. In tali casi, la Commissione agisce, in sostanza, al di fuori del quadro giuridico previsto nei Trattati, in violazione dei principi di legalità e di attribuzione delle competenze (19).

43.      A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE, ciascuna istituzione dell’Unione «agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste» (20). Inoltre, conformemente all’articolo 296, secondo comma, TFUE, «[g]li atti giuridici [dell’Unione] sono motivati». Pertanto, quando adottano atti dotati di effetti giuridici vincolanti, le istituzioni dell’Unione non possono ignorare le norme procedurali più elementari, in particolare seguendo una procedura sui generis (21) o adottando atti che, essendo insufficientemente motivati, rendono impossibile il controllo giurisdizionale (22).

44.      Di conseguenza, qualora la Commissione non rispetti forme sostanziali, vi è un interesse pubblico evidente (e imperativo) ad eliminare dall’ordinamento giuridico dell’Unione atti viziati da siffatti gravi motivi di invalidità. Tale interesse pubblico giustifica l’annullamento immediato degli atti in questione, indipendentemente dal fatto che esso coesista (e coincida) con l’interesse privato di talune imprese i cui diritti procedurali siano stati violati. Per questo motivo le imprese che invocano la violazione di una forma sostanziale non necessitano di provare l’esistenza di un qualsivoglia effetto negativo subito per effetto di tale irregolarità: il mero accertamento dell’irregolarità comporta l’annullamento della decisione in questione.

45.      Nell’ambito di un secondo filone giurisprudenziale, i giudici dell’Unione si sono occupati di irregolarità procedurali in relazione alle quali non poteva essere individuato un interesse pubblico prevalente all’annullamento dell’atto in questione. In tali casi, spetta alle imprese interessate invocare la violazione, provarla in modo sufficiente e, di regola, illustrare le possibili conseguenze da essa derivanti. In tali cause, infatti, i giudici dell’Unione hanno adottato, in via generale, un criterio che, prendendo in prestito un’espressione coniata negli Stati Uniti d’America, potrebbe essere definito come il criterio dell’«errore innocuo». In breve, un’irregolarità procedurale comporta l’annullamento dell’atto impugnato soltanto se detta irregolarità ha influenzato o poteva influenzare l’esito del procedimento.

46.      Tuttavia, la precisa formulazione del criterio dell’errore innocuo nelle varie decisioni è differente, e oscilla, a seconda delle circostanze specifiche di ciascun caso concreto, tra una versione più tenue e una più rigorosa. Inoltre, in taluni casi, la Corte sembra essersi avvalsa, al riguardo, di una presunzione. Di conseguenza, nella giurisprudenza concernente le irregolarità che incidono principalmente sui diritti di privati, possono essere individuati tre filoni distinti.

47.      In un primo filone giurisprudenziale, la Corte si è attenuta alla versione più rigorosa del criterio dell’errore innocuo che, come si è visto, è stato formulato per la prima volta, almeno nel settore del diritto della concorrenza, nella sentenza Suiker Unie (23). Si tratta del criterio che è stato applicato dal Tribunale nella sentenza impugnata. Secondo questa formulazione del criterio, un errore procedurale comporta l’annullamento della decisione della Commissione soltanto qualora il ricorrente sia in grado di dimostrare che, in assenza dell’irregolarità, l’esito del procedimento sarebbe stato diverso. Ai sensi di tale criterio, l’onere di provare il «possibile» scenario spetta al ricorrente e la soglia che fa scattare l’annullamento della decisione impugnata corrisponde alla «quasi certezza» o, quantomeno, alla «forte probabilità».

48.      In seguito, in un secondo filone giurisprudenziale, il criterio dell’errore innocuo sembra essersi evoluto in una versione più tenue. Infatti, in numerose cause, i giudici dell’Unione hanno dichiarato che le decisioni impugnate dovevano essere annullate qualora i ricorrenti avessero dimostrato che, in assenza dell’irregolarità procedurale, il procedimento avrebbe potuto concludersi con un risultato diverso (24). Anche in questi casi, l’onere della prova incombe, almeno inizialmente, al ricorrente. Tuttavia, il livello probatorio richiesto è inferiore (una semplice «possibilità» è, di regola, sufficiente) con la conseguenza che, una volta soddisfatto dal ricorrente, l’onere è trasferito sulla Commissione.

49.      Infine, nell’ambito di un terzo filone giurisprudenziale, la Corte, a seguito dell’accertamento di un’irregolarità procedurale produttiva di una violazione grave e manifesta di taluni diritti procedurali delle imprese interessate, ha presunto che tale irregolarità avesse inciso, oppure avesse probabilmente inciso, sull’esito del procedimento. Di conseguenza, la Corte non ha preteso dalle imprese in questione alcuna prova al riguardo (25).

50.      Per quale motivo queste tre versioni del criterio dell’errore innocuo coesistono nella giurisprudenza e a quali tipi di errori procedurali si applicano?

51.      Per rispondere a tali questioni può essere opportuno esaminare la logica sottesa al criterio dell’errore innocuo.

52.      L’adozione di siffatto criterio da parte dei giudici dell’Unione si spiega con il fatto che non tutte le irregolarità procedurali comportano ipso facto una violazione dei diritti di un’impresa. Semplicemente, alcuni errori procedurali non incidono (né possono incidere) sugli interessi giuridici tutelati dalle disposizioni dell’Unione che attribuiscono determinati diritti alle parti sottoposte a indagine. Un approccio draconiano alle irregolarità procedurali sfocerebbe, fra l’altro, in un formalismo e in un appesantimento burocratico del procedimento amministrativo (26), a scapito dell’efficace perseguimento dell’interesse generale.

53.      A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’efficace attuazione della politica della concorrenza costituisce un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione europea. Infatti, le disposizioni del Trattato in materia di diritto della concorrenza costituiscono disposizioni fondamentali indispensabili per l’adempimento dei compiti affidati all’Unione e, in particolare, per il funzionamento del mercato interno (27). Pertanto, se l’applicazione delle regole di concorrenza deve rispettare i diritti fondamentali delle imprese coinvolte, anche i diritti fondamentali devono essere interpretati e applicati in modo da non ostacolare l’applicazione efficace delle regole in materia di concorrenza (28).

54.      Inoltre, anche qualora la Commissione violi, nel corso del procedimento amministrativo, taluni diritti procedurali di un’impresa, è scontato che il rimedio più adeguato non sia sempre l’annullamento della decisione di cui trattasi. Se è evidente che, nonostante la violazione dei diritti dell’impresa, l’irregolarità procedurale di cui trattasi non poteva avere alcuna incidenza sull’esito del procedimento, l’annullamento della decisione risulta, al contempo, inadeguato (poiché non sana la violazione occorsa) (29) e sproporzionato (poiché la sanzione non è proporzionata all’errore) (30). Le imprese interessate possono avvalersi di altri rimedi giuridici, più adatti alle circostanze (31).

55.      La stessa logica vale anche quando i diritti violati possiedono lo status di diritti fondamentali. Tenuto conto dell’ampia portata attribuita a molti di tali diritti sia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») sia dai giudici dell’Unione, è ovvio che non tutte le violazioni siano comparabili. Alcune violazioni sono chiaramente più gravi e importanti di altre.

56.      Stando così le cose, mi sembra logico che il criterio dell’errore innocuo possa assumere forme diverse nei vari casi, principalmente in funzione della gravità della violazione e della probabilità che detta violazione possa influire sull’esito del procedimento. In particolare, maggiore è il grado di probabilità, meno elevata è la soglia che il ricorrente deve soddisfare e viceversa (32). Inoltre, il livello di prova richiesto al ricorrente deve altresì tener conto della capacità di quest’ultimo di ottenere e produrre prove a sostegno delle sue censure. Per questo motivo, quando l’allocazione (parziale o totale) dell’onere della prova sulle imprese in questione equivale a esigere dalle stesse una probatio diabolica, si può presumere l’esistenza di un errore pregiudizievole (33).

57.      Alla luce della più recente giurisprudenza dei giudici dell’Unione, mi sembra che la versione più tenue del criterio dell’errore innocuo sia divenuta il criterio «ordinario», perlomeno nei casi in cui la fattispecie sia caratterizzata da un’effettiva dimensione di diritti fondamentali. Ciò mi sembra ragionevole, principalmente per due ragioni. In primo luogo, è pacifico che l’onere della prova di un’infrazione delle regole in materia di concorrenza spetta alla Commissione e che l’esistenza di qualsiasi ragionevole dubbio giova alle imprese sottoposte a indagine (34). In secondo luogo, può sovente rivelarsi particolarmente difficile, per un’impresa, dimostrare uno scenario alternativo e ipotetico (l’esito del procedimento in assenza dell’irregolarità procedurale), soprattutto alla luce del margine di discrezionalità che le norme dell’Unione in materia di concorrenza attribuiscono alla Commissione nell’ambito del controllo del rispetto e dell’attuazione delle stesse.

58.      La versione rigorosa del criterio (ossia la versione Suiker Unie) dovrebbe quindi essere riservata alle situazioni in cui gli errori procedurali lamentati risultano riguardare irregolarità minori.

59.      Infine, vi sono certamente casi in cui si possono presumere ripercussioni sulla regolarità e sull’equità complessive di un procedimento caratterizzato da un’irregolarità. Si tratta dei casi di errori procedurali che non soltanto sono particolarmente gravi, ma possiedono anche natura strutturale: errori che incidono sul contesto in cui si svolge il procedimento, e non semplicemente errori che si verificano all’interno di un procedimento altrimenti condotto in modo corretto (35).

60.      In tale contesto, concordo con le ricorrenti sul fatto che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso un errore nel sottoporre le loro censure concernenti una violazione del dovere di imparzialità e del principio della presunzione di innocenza alla versione rigorosa del criterio dell’errore innocuo (il criterio Suiker Unie), esigendo quindi specifiche prove del fatto che la decisione controversa sarebbe stata diversa in assenza di tale irregolarità.

61.      Il fatto che la Commissione non agisca come un’amministrazione pubblica imparziale nella valutazione di un determinato caso, a causa di opinioni preconcette o pregiudizi quanto alla colpevolezza delle imprese sottoposte a indagine, costituirebbe una grave violazione dei suoi doveri, idonea a produrre ripercussioni sull’esito del procedimento.

62.      Presumibilmente, un errore del genere non può essere ricondotto a formalità o dettagli procedurali, né può essere assimilato al tipo di errori la cui gravità può esercitare un’influenza limitata sulla decisione finale. Pertanto, per quanto riguarda errori di questo genere, dovrebbe essere sufficiente per le imprese in questione fornire elementi atti a dimostrare che detti errori possono aver influito sull’esito del procedimento.

63.      Alla luce di quanto precede, concludo che il Tribunale ha commesso un errore nell’applicare un criterio giuridico errato in sede di analisi delle censure delle ricorrenti concernenti una violazione, da parte della Commissione, del suo dovere di imparzialità e del principio della presunzione di innocenza.

b)      Procedimento ibrido scaglionato

64.      In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto avendo omesso di verificare se il procedimento di transazione contenesse un’affermazione espressa o implicita della loro colpevolezza.

65.      Anche su questo punto concordo con le ricorrenti. Infatti, tale conclusione mi sembra discendere dalla recente sentenza della Corte di giustizia nella causa Pometon.

66.      Nella sentenza Pometon, la Corte ha anzitutto richiamato la sua giurisprudenza (e quella della Corte EDU) in materia di presunzione di innocenza, ai sensi della quale, nell’ambito di procedimenti penali complessi che interessano più persone che non possono essere giudicate congiuntamente, «può accadere che il giudice nazionale, per valutare la colpevolezza degli imputati, debba obbligatoriamente menzionare la partecipazione di terzi che saranno forse giudicati separatamente in seguito. Tuttavia, qualora debbano essere prodotti fatti relativi al coinvolgimento di terzi, il giudice interessato dovrebbe evitare di comunicare più informazioni di quanto sia necessario ai fini dell’analisi della responsabilità giuridica degli imputati che vengono processati dinanzi ad esso. Inoltre, la motivazione di decisioni giudiziarie deve essere formulata in termini tali da evitare un potenziale giudizio prematuro sulla colpevolezza di terzi interessati che possa compromettere l’esame equo delle imputazioni contestate ai medesimi nell’ambito di un procedimento distinto» (36).

67.      In seguito, la Corte ha dichiarato che tali principi sono pertinenti, mutatis mutandis, quando la Commissione conduce, in merito a un’unica e medesima intesa, un procedimento ibrido scaglionato che comporta due decisioni distinte. Nell’ambito di un siffatto procedimento, può essere oggettivamente necessario che la Commissione esamini, nella decisione di transazione, taluni fatti e comportamenti concernenti partecipanti al presunto cartello oggetto del procedimento ordinario. In tal caso, tuttavia, la Commissione deve garantire, nella decisione di transazione, che sia «preserva[ta] la presunzione di innocenza delle imprese che hanno rifiutato di prendere parte alla transazione e che sono oggetto di un procedimento ordinario» (37).

68.      Infine, la Corte ha altresì dichiarato che, «[a]l fine di controllare il rispetto della presunzione d’innocenza da parte della Commissione, spetta al giudice dell’Unione analizzare una decisione che pone fine al procedimento di transazione e la sua motivazione nel suo insieme e alla luce delle circostanze particolari in cui essa è stata adottata. Infatti, qualsiasi riferimento esplicito, in alcuni passaggi di tale decisione, all’assenza di responsabilità degli altri partecipanti all’asserita intesa sarebbe svuotato di significato se altri passaggi di detta decisione potessero essere intesi come un’espressione prematura della loro responsabilità» (38).

69.      È pacifico che, nella sentenza impugnata, non è stata condotta un’analisi come quella richiesta dalla Corte nella sentenza Pometon.

70.      Tuttavia, la Commissione sostiene che, sebbene il Tribunale non abbia seguito «alla lettera» la sentenza Pometon, essendo stata resa successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, esso si è conformato al suo «spirito». A suo avviso, il Tribunale ha, de facto, verificato l’assenza di una violazione del principio della presunzione di innocenza per quanto concerne le ricorrenti.

71.      Non condivido questa posizione.

72.      Il Tribunale non ha proceduto a un controllo del genere, né espressamente, né implicitamente. Come indicato al precedente paragrafo 35, detto giudice non ha esaminato la fondatezza dei motivi delle ricorrenti sul punto, dal momento che tali motivi sono stati considerati inoperanti.

73.      Pertanto, a prescindere dalla questione concernente la correttezza del criterio giuridico applicato dal Tribunale in tale contesto, è alquanto chiaro che, nella sentenza impugnata, il Tribunale non ha affatto analizzato il testo della decisione di transazione al fine di verificare se esso rispettasse il principio della presunzione di innocenza di HSBC.

74.      Su tale base, ritengo che, nell’esaminare le censure delle ricorrenti per quanto concerne gli effetti della decisione di transazione sulla loro posizione, il Tribunale abbia commesso un errore di diritto.

75.      Alla luce di quanto precede, ritengo che il primo motivo di impugnazione dedotto dalle ricorrenti sia, in linea di principio, fondato.

B.      Secondo e terzo motivo di impugnazione: infrazione «per oggetto»

76.      Il secondo e il terzo motivo di impugnazione dedotti dalle ricorrenti riguardano la nozione di «infrazione per oggetto» e il modo in cui il Tribunale è giunto alla conclusione che il loro comportamento ha dato luogo a siffatta infrazione.

1.      Argomenti delle parti

77.      Con il loro secondo motivo di impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto applicando erroneamente l’articolo 101 TFUE nel qualificare l’obiettivo della manipolazione dell’Euribor del 19 marzo 2007 e/o snaturando gli elementi di prova pertinenti.

78.      Le ricorrenti, sostenute dagli intervenienti, sostengono, in particolare, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel concludere, ai punti 101 e 102 della sentenza impugnata, che la semplice possibilità che i partecipanti alla manipolazione offrissero condizioni migliori rispetto ai loro concorrenti (a causa dell’asimmetria informativa sui livelli dell’Euribor) rivela un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente a dar vita a un’infrazione «per oggetto». Il Tribunale avrebbe dovuto censurare la Commissione per non aver esaminato la questione fondamentale se la conoscenza della manipolazione del 19 marzo 2007 avesse offerto ai traders un incentivo a offrire tassi più competitivi rispetto ai loro concorrenti. A tal riguardo, HSBC ha prodotto dinanzi al Tribunale una perizia secondo cui i traders partecipanti non erano stati incentivati a offrire tassi più competitivi, poiché ciò avrebbe ridotto i loro profitti. La constatazione del Tribunale, al punto 101 della sentenza impugnata, secondo cui tale perizia «conten[eva] solo considerazioni generali» costituisce, secondo le ricorrenti, uno snaturamento manifesto del suddetto elemento di prova.

79.      Inoltre, con il loro terzo motivo di impugnazione, le ricorrenti, anche in tal caso sostenute dagli intervenienti, sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel concludere che le due discussioni sui prezzi mediani (39) costituivano infrazioni «per oggetto». In particolare, il Tribunale avrebbe erroneamente affermato che il carattere favorevole alla concorrenza di tali discussioni poteva essere preso in considerazione solo nell’ambito di restrizioni accessorie ad un’operazione principale oppure di una valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. In particolare, ai punti da 149 a 160 della sentenza impugnata, il Tribunale ha applicato la dottrina delle «restrizioni accessorie» per valutare l’argomento, dedotto dalle ricorrenti, secondo cui lo scambio di informazioni sui prezzi mediani non poteva essere considerato, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza.

80.      Così facendo, secondo le ricorrenti, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare l’argomento da esse effettivamente dedotto in primo grado. Dinanzi a tale giudice, le ricorrenti avevano sostenuto che, ove valutate nel contesto economico e giuridico pertinente, le discussioni sui prezzi mediani avevano, di fatto, effetti proconcorrenziali. Secondo le ricorrenti, tali discussioni hanno ridotto l’incertezza sul livello dei prezzi mediani sul mercato, consentendo ai traders di ridurre il divario tra il corso dei prezzi di acquisto e di vendita a favore dei loro clienti. Pertanto, non si poteva ritenere che il comportamento in questione violasse l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, né tantomeno che esso costituisse un’infrazione «per oggetto».

81.      La Commissione difende la motivazione contenuta nella sentenza impugnata. A suo avviso, la censura delle ricorrenti si concentra soltanto su una parte delle statuizioni del Tribunale, senza rimettere in discussione l’aspetto più fondamentale consistente nel fatto che il comportamento in questione ha modificato la struttura della concorrenza sul mercato. La Commissione contesta altresì la censura secondo cui il Tribunale avrebbe snaturato la perizia prodotta dalle ricorrenti in primo grado. A suo avviso, il Tribunale l’ha semplicemente considerata non persuasiva.

2.      Analisi

82.      Anzitutto, non sono persuaso dagli argomenti dedotti dalle ricorrenti nell’ambito del loro secondo motivo di impugnazione.

83.      In primo luogo, la nozione di restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE si riferisce, secondo una giurisprudenza costante, a tipi di comportamenti collusivi che, per loro stessa natura, sono considerati dannosi per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, sicché sarebbe inutile dimostrare che tali comportamenti abbiano effetti concreti sul mercato (40). Per questo motivo, se un’autorità garante della concorrenza, dopo aver esaminato le disposizioni e gli obiettivi di un accordo, nonché il contesto giuridico ed economico nel quale tale accordo è stato approvato e attuato, perviene alla conclusione che esso rientra in una categoria di accordi la cui natura dannosa è, alla luce dell’esperienza, comunemente riconosciuta e facilmente identificabile, detta autorità non è tenuta a verificare se tale accordo abbia effettivamente falsato la concorrenza.

84.      L’autorità deve semplicemente escludere la possibilità che l’accordo in questione, «pur rientrando in una categoria di accordi solitamente considerati anticoncorrenziali, sia tuttavia, a causa di alcune circostanze specifiche, totalmente inidoneo a produrre effetti dannosi sul mercato o, addirittura, favorisca la concorrenza» (41). In altri termini, a fronte di una forma di comportamento intrinsecamente anticoncorrenziale, l’autorità è semplicemente tenuta a verificare, nel caso concreto, «se vi siano circostanze di diritto o di fatto che impediscono che l’accordo o la pratica in questione restringano la concorrenza» (42).

85.      Pertanto, gli elementi relativi alla consapevolezza delle imprese interessate e alla loro volontà di restringere la concorrenza, oppure al loro interesse economico nel farlo, hanno, di regola, un’importanza limitata ai fini della valutazione, da parte di un’autorità garante della concorrenza, della questione se il loro comportamento possa essere qualificato o meno come una restrizione della concorrenza per «oggetto» (43). Una verifica dell’idoneità del comportamento a restringere la concorrenza è, in linea di principio, di per sé sufficiente a tal fine.

86.      In tale contesto, ricordo altresì che, secondo una giurisprudenza costante, si deve presumere che le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti nel determinare il proprio comportamento su tale mercato. Non occorre quindi dimostrare, ai fini dell’accertamento di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, che un siffatto scambio di informazioni riservate abbia effettivamente pregiudicato la concorrenza sul mercato (44).

87.      Per queste ragioni, non ravviso alcun errore di diritto ai punti 101 e 102 della sentenza impugnata. A mio avviso, il Tribunale ha correttamente ritenuto che, al fine di qualificare il comportamento in questione come una restrizione per oggetto, non fossero decisivi l’asserita mancanza di volontà e/o di un incentivo dei traders coinvolti a offrire tassi migliori.

88.      In secondo luogo, alla luce delle considerazioni che precedono, l’argomento delle ricorrenti vertente su un asserito snaturamento, da parte del Tribunale, di elementi di prova per quanto concerne la perizia economica prodotta in primo grado può essere respinto in quanto inoperante. Infatti, anche qualora tale perizia contenesse, come sostenuto dalle ricorrenti, «specifiche prove di natura economica che esaminano nel dettaglio gli incentivi per i traders che hanno partecipato alla manipolazione», ciò non avrebbe alcuna incidenza sulla qualificazione del comportamento in questione come una restrizione per oggetto.

89.      Per una questione di completezza, desidero aggiungere che, in ogni caso, concordo con la Commissione sul fatto che il Tribunale abbia semplicemente considerato la perizia non persuasiva. Non si tratta di una constatazione che può essere oggetto d’impugnazione. Non rilevo alcun errore di diritto nell’esposizione (purtroppo succinta) del Tribunale che le ricorrenti censurano.

90.      Di converso, condivido gli argomenti dedotti dalle ricorrenti nell’ambito del loro terzo motivo di impugnazione. Infatti, ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nella valutazione delle affermazioni delle ricorrenti concernenti il carattere proconcorrenziale del comportamento in questione.

91.      Al punto 154 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dapprima affermato che «ad eccezione delle restrizioni accessorie ad un’operazione principale (...), eventuali effetti proconcorrenziali possono essere presi in considerazione solo nell’ambito della valutazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE». Il Tribunale ha quindi proseguito precisando che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE non contiene alcuna «regola di ragionevolezza», che permetta di contemperare gli effetti pro- e anticoncorrenziali di un accordo al fine di stabilire se tale accordo debba essere qualificato come una «restrizione della concorrenza».

92.      Tuttavia, tale posizione è contraddetta da una giurisprudenza recente. In particolare, come precisato dalla Corte nella sentenza UK Generics, qualora le parti di un accordo facciano valere effetti favorevoli alla concorrenza promananti da quest’ultimo, tali effetti devono, in quanto elementi del contesto di tale accordo, essere debitamente presi in considerazione ai fini della sua qualificazione come «restrizione per oggetto» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, nei limiti in cui possono rimettere in discussione la valutazione globale del grado sufficientemente dannoso della pratica collusiva di cui trattasi (45).

93.      Come precisato dalla Corte, la considerazione degli asseriti effetti proconcorrenziali di un accordo non costituisce una regola di ragionevolezza, ma mira soltanto a valutare la gravità oggettiva della pratica in questione. Infatti, qualora le imprese di cui trattasi dimostrino che tali effetti sono pertinenti, propri dell’accordo di cui trattasi e sufficientemente importanti, ciò consente di «dubitare ragionevolmente del carattere sufficientemente dannoso per la concorrenza dell’accordo (...) interessato e, pertanto, del suo oggetto anticoncorrenziale» (46).

94.      È alquanto evidente che il Tribunale non ha proceduto affatto a detta valutazione, essendosi limitato a esaminare la questione se gli scambi di informazioni sui prezzi mediani potessero essere giustificati alla luce della dottrina delle «restrizioni accessorie». Tuttavia, detta dottrina si riferisce a un tipo di analisi differente, diretta a verificare se talune restrizioni al comportamento delle parti di un accordo, che non costituiscono l’oggetto dell’accordo, possano essere giustificate, anche se restrittive della concorrenza, poiché «direttamente collegate e necessarie» all’attuazione di un accordo non anticoncorrenziale (47).

95.      Ne consegue che, a tale riguardo, la sentenza impugnata è inficiata da un errore di diritto, poiché il Tribunale si è avvalso di un quadro giuridico errato per valutare, e poi respingere, gli argomenti delle ricorrenti.

96.      Ritengo pertanto che il secondo motivo di impugnazione debba essere respinto, mentre il terzo motivo di impugnazione debba essere accolto.

C.      Quarto, quinto e sesto motivo di impugnazione: infrazione unica e continuata

97.      Il quarto, il quinto e il sesto motivo di impugnazione vertono sulla statuizione del Tribunale secondo cui le ricorrenti hanno partecipato a un’«infrazione unica e continuata».

1.      Argomenti delle parti

98.      Le ricorrenti, sostenute dagli intervenienti, deducono che la statuizione concernente la loro partecipazione a un’infrazione unica e continuata sconta numerosi errori.

99.      Anzitutto, con il loro quarto motivo di impugnazione, le ricorrenti fanno valere che il Tribunale ha manifestamente snaturato i fatti e gli elementi di prova per quanto concerne le discussioni del 12 febbraio 2007. Le ricorrenti sostengono che, in quel giorno, si sono tenute due discussioni separate e indipendenti tra gli stessi traders. Tuttavia, contrariamente a quanto dichiarato nella sentenza impugnata, la prima di tali discussioni non riguardava una manipolazione dell’Euribor. Soltanto la seconda discussione, secondo le ricorrenti, riguardava la prevista manipolazione dell’Euribor del 19 marzo 2007.

100. Le ricorrenti aggiungono che il Tribunale avrebbe commesso un errore analogo per quanto riguarda le discussioni tenutesi il 16 febbraio 2007. Anche in quel giorno si sono tenute due distinte discussioni tra traders. Soltanto la prima discussione verteva sui prezzi mediani, mentre la seconda riguardava una singola importante operazione. Pertanto, secondo le ricorrenti, il Tribunale avrebbe snaturato le prove là dove ha qualificato la seconda discussione come «lo stesso tipo di comportamento» rispetto alla prima. A loro avviso, la prima discussione non avrebbe dato luogo ad alcuna violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

101. Inoltre, con il loro quinto motivo di impugnazione, le ricorrenti contestano la conclusione del Tribunale di cui ai punti da 214 a 229 della sentenza impugnata, secondo cui i vari comportamenti individuati nella decisione controversa perseguivano un obiettivo unico. A loro avviso, il Tribunale avrebbe fondato tale conclusione su una serie di valutazioni erronee.

102. Infine, nell’ambito del loro sesto motivo di impugnazione, le ricorrenti contestano la conclusione del Tribunale, ai punti da 255 a 262 della sentenza impugnata, secondo cui HSBC era al corrente del fatto che stava partecipando a un’infrazione unica e continuata che includeva non soltanto la manipolazione del 19 marzo 2007, ma anche le discussioni sulla possibilità di reiterare tale manipolazione che hanno avuto luogo il 19 e il 27 marzo 2007. Le ricorrenti sostengono che, a tal riguardo, la sentenza impugnata è andata oltre quanto constatato nella decisione controversa.

103. La Commissione sostiene che il quarto, il quinto e il sesto motivo di impugnazione sono irricevibili o inoperanti e, in ogni caso, infondati.

104. Per quanto riguarda il quarto motivo di impugnazione, la Commissione ritiene che il Tribunale abbia correttamente valutato l’oggetto delle discussioni del 12 e del 16 febbraio 2007. A suo avviso, i tentativi di HSBC di scindere tali conversazioni in scambi distinti, ciascuno avente un oggetto diverso, sono artificiosi. La Commissione aggiunge che tale motivo di impugnazione sarebbe, in ogni caso, inoperante, poiché, anche in caso di accoglimento degli argomenti delle ricorrenti, le statuizioni del Tribunale per quanto concerne gli scambi anticoncorrenziali nel periodo tra il 12 febbraio e il 27 marzo 2007 rimarrebbero corrette.

105. La Commissione sostiene altresì che il Tribunale non è incorso in errori nel confermare la sua analisi secondo cui i vari tipi di comportamenti individuati nella decisione controversa avevano un obiettivo unico. Tale obiettivo è stato esplicitato al punto 445 della decisione controversa, che non è stato rimesso in discussione nella sentenza impugnata: «[la riduzione dei] flussi di cassa [che le parti dell’intesa] avrebbero dovuto pagare (o [l’aumento di] quelli che esse avrebbero ricevuto) e di conseguenza [l’aumento del] valore degli EIRD da esse detenuti nel loro portafoglio, a scapito delle controparti di tali EIRD». La Commissione aggiunge che, in ogni caso, gli argomenti delle ricorrenti su tale punto sono irricevibili poiché si limitano a contestare talune valutazioni di fatto del Tribunale.

106. Inoltre, il sesto motivo di impugnazione è, secondo la Commissione, al contempo irricevibile e infondato. Essa sostiene che, anche in questo caso, le ricorrenti contestano la valutazione dei fatti e degli elementi di prova, da parte del Tribunale, per quanto concerne la consapevolezza, da parte di HSBC, della partecipazione di altre banche ai comportamenti in questione. In ogni caso, la Commissione ritiene che la valutazione del Tribunale sia corretta e pienamente coerente con le constatazioni effettuate nella decisione controversa.

2.      Analisi

107. Gli argomenti dedotti dalle ricorrenti e dagli intervenienti per confutare la correttezza della valutazione del Tribunale quanto alla partecipazione di HSBC a un’infrazione unica e continuata non mi convincono.

108. A tal riguardo, ricordo che dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che, in linea di principio, il Tribunale è il solo competente ad accertare e valutare i fatti. Soltanto uno snaturamento degli elementi di prova da parte del Tribunale costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte di giustizia (48).

109. Le ricorrenti invocano uno snaturamento degli elementi di prova soltanto nell’ambito del loro quarto motivo di impugnazione. Detta censura non è formulata in relazione al quinto e al sesto motivo di impugnazione, sebbene tali motivi non sollevino alcuna reale questione di diritto.

110. Le ricorrenti e gli intervenienti non criticano l’interpretazione, da parte del Tribunale, della nozione di infrazione «unica e continuata» (o dei suoi elementi costitutivi, quali l’«obiettivo unico») né, più in generale, il contesto normativo applicato nella sentenza impugnata. In sostanza, essi contestano specifiche statuizioni del Tribunale per quanto concerne l’oggetto, la natura e il contesto di una serie di discussioni tra traders.

111. Pertanto, come correttamente sostenuto dalla Commissione, di fatto le ricorrenti e gli intervenienti chiedono alla Corte di giustizia di procedere a una nuova valutazione dei fatti e degli elementi di prova per quanto riguarda la partecipazione delle ricorrenti a un’infrazione unica e continuata. Si tratta, tuttavia, di questioni irricevibili in sede di impugnazione.

112. Il quinto e il sesto motivo di impugnazione dovrebbero, pertanto, essere dichiarati irricevibili. Inoltre, per quanto concerne il quarto motivo di impugnazione, ritengo che esso debba essere respinto in quanto infondato.

113. A tal riguardo, vorrei ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (49). Non è sufficiente, al fine di dimostrare l’esistenza di uno snaturamento, proporre una lettura di detti elementi di prova diversa da quella adottata dal Tribunale (50).

114. Occorre riconoscere che, nel caso di specie, la determinazione del contenuto e del significato «reali» delle conversazioni del 12 e del 16 febbraio 2007 non è un compito agevole. Esso richiede di decifrare i messaggi scritti scambiati tra i traders e di tener conto del fatto che lo scambio di tali messaggi si è interrotto durante periodi nei quali i traders conversavano telefonicamente.

115. Le ricorrenti offrono una spiegazione di tali conversazioni diversa da quella accolta dal Tribunale. Ciò nonostante, non mi sembra affatto evidente che la versione delle ricorrenti sia più credibile o più probabile di quella del Tribunale, né tantomeno idonea a dimostrare un errore materiale nella valutazione dei fatti e degli elementi di prova, che sarebbe necessario per dimostrare uno snaturamento.

116. Alla luce di quanto precede, il quarto, il quinto e il sesto motivo di impugnazione dovrebbero, a mio avviso, essere respinti.

VI.    Conseguenze della valutazione

117. Nelle presenti conclusioni, sono giunto alla conclusione che il primo e il terzo motivo di impugnazione siano fondati.

118. Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, qualora la motivazione di una decisione del Tribunale riveli una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo di tale violazione appaia fondato per altri motivi di diritto, una tale violazione non è in grado di comportare l’annullamento della decisione, e si deve procedere a una sostituzione della motivazione (51). In tali casi, l’impugnazione deve essere respinta (52).

119. Per le ragioni che illustrerò nel prosieguo, ciò si verifica nel caso di specie.

A.      Diritto a una buona amministrazione, presunzione di innocenza e diritto di difesa

120. In via preliminare, occorre ricordare che il diritto a una buona amministrazione è sancito dall’articolo 41 della Carta, ai sensi del quale «[o]gni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione» (53). Come rilevato dal Tribunale nella sentenza impugnata, tale esigenza di imparzialità riguarda, da un lato, il profilo soggettivo, nel senso che nessuno dei membri dell’istituzione interessata che è incaricato della questione manifesti opinioni preconcette o pregiudizi personali e, dall’altro, il profilo oggettivo, nel senso che l’istituzione è tenuta ad offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio (54).

121. A sua volta, il principio della presunzione di innocenza è enunciato all’articolo 48 della Carta, il quale, riecheggiando l’articolo 6, paragrafo 2, della CEDU, dispone che «[o]gni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata». Secondo una giurisprudenza costante, considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, tale principio si applica anche alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese, che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (55).

122. Infine, la Corte ha costantemente affermato che il principio del rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione. Costituirebbe violazione di tale principio fondare una decisione giurisdizionale su fatti e documenti di cui le parti stesse o una di esse non abbiano potuto avere conoscenza e in merito alle quali non abbiano quindi avuto modo di esprimersi (56).

123. Le ricorrenti, sostenute dagli intervenienti, ritengono che la Commissione abbia violato tali diritti, in sostanza, in due modi. In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione lo ha fatto conducendo un procedimento ibrido scaglionato e adottando una decisione di transazione che ha accertato, de facto, la responsabilità di HSBC per un’infrazione all’articolo 101 TFUE. In secondo luogo, le ricorrenti lamentano talune dichiarazioni pronunciate dal Commissario per la concorrenza dell’epoca prima dell’adozione della decisione controversa.

124. Nessuno di tali argomenti è, a mio avviso, convincente. Come illustrerò nel prosieguo, non si è verificata una violazione di tali principi e diritti. In ogni caso, le ricorrenti non hanno fornito alcun elemento che induca a ritenere che, in assenza delle irregolarità contestate, la decisione controversa avrebbe potuto essere diversa.

1.      Procedimento ibrido

125. Le ricorrenti deducono, in sostanza, che, nell’adottare un procedimento ibrido scaglionato, la Commissione ha irrimediabilmente pregiudicato la loro posizione prima dell’effettiva adozione della decisione controversa. La decisione di transazione, sebbene non indirizzata alle ricorrenti, conteneva numerosi e superflui riferimenti a HSBC, sicché, de facto, la responsabilità di HSBC era già stata accertata.

126. Gli argomenti delle ricorrenti non mi convincono.

127. Anzitutto, occorre ricordare che la Corte ha già constatato che nulla impedisce alla Commissione di ricorrere a un procedimento ibrido scaglionato in relazione ai vari partecipanti a un cartello (57). Sarebbe contrario allo scopo del procedimento di transazione - ossia semplificare e accelerare i procedimenti amministrativi nonché ridurre il numero di ricorsi proposti dinanzi ai giudici dell’Unione, al fine di consentire alla Commissione di trattare più casi con le medesime risorse (58) - obbligare la Commissione ad adottare contemporaneamente la decisione di transazione e le relative decisioni ordinarie.

128. Crédit Agricole sostiene, tuttavia, che la Commissione è tenuta a procedere in tal senso ove non esistano garanzie sufficienti del rispetto della presunzione di innocenza delle parti che non effettuano la transazione nell’ambito di un procedimento ibrido scaglionato.

129. Sebbene, in teoria, possa essere incline a concordare con tale ipotesi, mi è difficile immaginare, nella pratica, circostanze in cui l’adozione di una decisione di transazione da parte della Commissione conduca – nonostante l’adozione di tutte le garanzie e le precauzioni possibili – inevitabilmente all’accertamento della responsabilità delle parti che non effettuano la transazione.

130. Infatti, come il Tribunale ha giustamente rilevato in una recente decisione, nell’ambito di un procedimento disciplinato dalle disposizioni del regolamento n. 1/2003, sia le imprese interessate sia la Commissione si trovano, rispetto a un precedente procedimento di transazione, in una situazione di «tabula rasa», ove le responsabilità devono ancora essere accertate. Nell’ambito di tale procedimento, la Commissione è vincolata unicamente dalla comunicazione degli addebiti rivolta alle imprese in questione ed è tenuta – è quasi superfluo ricordarlo – a garantire a tali imprese l’opportunità di essere ascoltate, dovendo tener debitamente conto di tutti gli elementi di diritto e fatto da esse dedotti (59).

131. Nulla impedisce che la Commissione, dopo aver effettuato accertamenti di fatto e di diritto diversi nella decisione di transazione, giunga a una conclusione diversa nella decisione ordinaria successiva, qualora le siano sottoposti nuovi argomenti o elementi di prova. In altri termini, nella decisione successiva la Commissione non può semplicemente basarsi sugli accertamenti effettuati nella decisione di transazione. Qualsiasi decisione adottata dalla Commissione sulla base delle disposizioni del regolamento n. 1/2003 deve, in linea di principio, essere una decisione a sé stante, in cui gli accertamenti dell’amministrazione vengono motivati e documentati in modo adeguato e indipendente (60).

132. Passando ora all’argomento principale delle ricorrenti, devo subito precisare che non vedo in che modo si possa ritenere che i riferimenti a HSBC contenuti nella decisione di transazione abbiano pregiudicato irrimediabilmente la posizione delle ricorrenti nell’ambito del procedimento parallelo.

133. Su un piano formale, è pacifico tra le parti che la decisione di transazione non è diretta a produrre effetti giuridici, né può produrli, almeno direttamente, nei confronti delle ricorrenti, dato che esse non sono le destinatarie di tale decisione (61) né sono menzionate nel dispositivo di quest’ultima.

134. Inoltre, il punto 3 della decisione di transazione dichiara inequivocabilmente che la decisione si basa soltanto su fatti accettati dalle parti della transazione e che «non stabilisce alcuna responsabilità delle parti non coinvolte nel procedimento di transazione per la partecipazione a una violazione della normativa UE in materia di concorrenza nel caso di specie». Tale punto contiene anche una nota a piè di pagina (nota 4) in cui si precisa che i comportamenti considerati nella decisione «che interessano le parti che non hanno effettuato la transazione sono utilizzati esclusivamente per accertare la responsabilità delle parti della transazione (…)».

135. Certamente, l’esistenza di tali «clausole liberatorie» non è sufficiente a escludere la violazione lamentata dalle ricorrenti poiché, come risulta dalla sentenza Pometon, la Commissione dovrebbe evitare, in una decisione di transazione, di fornire più informazioni di quante siano necessarie per qualificare la responsabilità giuridica delle imprese che non partecipano a tale procedimento. Inoltre, la motivazione delle decisioni di transazione dovrebbe essere redatta in modo da evitare un possibile preconcetto per quanto concerne la colpevolezza delle parti che non hanno effettuato la transazione, la quale dovrebbe formare oggetto di procedimenti distinti.

136. Pertanto, nel caso di specie, occorre esaminare la decisione di transazione nel suo complesso, al fine di stabilire se – nonostante gli elementi elencati ai precedenti paragrafi 133 e 134 – i riferimenti a HSBC ivi contenuti possano, de facto, essere intesi come affermazioni premature della loro colpevolezza. In altri termini, utilizzando le espressioni impiegate dalle ricorrenti nel loro ricorso, occorre verificare se la decisione di transazione «cristallizzi» la posizione di HSBC in un modo tale che questo aspetto non possa essere «rettificato» nell’ambito del procedimento successivo.

137. Al riguardo, le ricorrenti criticano il fatto che, nella nota 4 della decisione di transazione, la Commissione abbia definito il termine «parti» come «tutte le imprese oggetto del procedimento», il che include quindi anche le parti che non hanno effettuato la transazione. In seguito, la Commissione ha descritto le pratiche in questione (nella sezione 4 della decisione di transazione) e le ha attribuite alle «parti» (62). In tale contesto, la Commissione ha altresì fatto riferimento ai contatti bilaterali tra Barclays e, in particolare, HSBC (63). Inoltre, nella valutazione del carattere restrittivo delle pratiche in questione, la decisione di transazione fa riferimento a quelle descritte nella sezione 4 della stessa.

138. Tuttavia, nessuno di tali riferimenti, considerato autonomamente o in combinazione con altri, mi sembra problematico.

139. In primo luogo, i riferimenti nella decisione di transazione alle parti che non hanno effettuato la transazione sono pochi e nessuno di essi è incluso nella parte della decisione concernente la «valutazione giuridica» (64). In secondo luogo, e soprattutto, tutti questi riferimenti hanno carattere descrittivo e non implicano, espressamente o implicitamente, una valutazione della situazione giuridica di HSBC.

140. È vero che, nella parte della decisione di transazione dedicata alla valutazione giuridica, la Commissione opera taluni riferimenti incrociati alla parte descrittiva di quest’ultima, nella quale HSBC è menzionata, direttamente o indirettamente.

141. Tuttavia, poiché i comportamenti delle parti della transazione oggetto della decisione di transazione comprendevano contatti con le parti che non hanno effettuato la transazione, e poiché tali contatti hanno una certa importanza nell’impianto della decisione, non ci si poteva attendere che la Commissione omettesse tali informazioni. L’interesse di HSBC al riguardo deve essere bilanciato con il dovere della Commissione di adottare una decisione il più possibile completa e trasparente, nonché dotata di una motivazione sufficiente, tanto in fatto quanto in diritto. Può essere quindi «oggettivamente necessario» includere tali riferimenti per accertare la responsabilità delle parti della transazione ai sensi della sentenza Pometon.

142. Di conseguenza, non mi sembra che, nella decisione di transazione, vi sia una valutazione dissimulata o incidentale della responsabilità di HSBC. Non vi è neppure, in tale decisione, alcun riferimento a HSBC che appaia superfluo o ridondante.

143. L’esame della decisione controversa conferma la mia conclusione. Infatti, i riferimenti alla decisione di transazione sono, lo ribadisco, limitati alle parti descrittive della decisione controversa. La valutazione giuridica dei comportamenti in questione e la responsabilità, a tale riguardo, delle parti che non hanno effettuato la transazione si basano su un’analisi autonoma che non si fonda in alcun modo sugli accertamenti contenuti nella decisione di transazione. L’intera valutazione è effettuata ex novo, alla luce degli argomenti e degli elementi di prova forniti dal destinatario della decisione controversa. Gli accertamenti della Commissione sono, di conseguenza, motivati e documentati in modo indipendente.

144. Alla luce di quanto precede, non ravviso alcun argomento convincente che mi induca a concludere che la responsabilità delle ricorrenti sia stata accertata, de jure o de facto, nella decisione di transazione, in un modo tale da impedire alla Commissione, a tutti i fini pratici, di modificare i suoi accertamenti nella decisione successiva. Gli argomenti concernenti una violazione del principio della presunzione di innocenza derivante dall’adozione di un procedimento ibrido scaglionato devono pertanto essere respinti.

2.      Dichiarazioni del Commissario

145. Secondo una giurisprudenza costante, il principio della presunzione di innocenza esige, anzitutto che, nell’esercizio delle loro funzioni, i membri di un organo giurisdizionale non partano dall’opinione preconcetta che l’imputato abbia commesso il reato di cui è accusato; esso esige inoltre che l’onere della prova incomba all’accusa, mentre ogni dubbio a tale riguardo giovi all’imputato (65).

146. Inoltre, secondo una giurisprudenza costante della Corte EDU, il principio della presunzione di innocenza osta anche all’affermazione prematura, da parte delle autorità pubbliche, dell’opinione secondo cui la persona accusata di un reato è colpevole, prima che ciò sia giuridicamente provato. Tali affermazioni possono infatti indurre il pubblico a credere nella colpevolezza dell’interessato, ledendo in tal modo la sua reputazione e la sua dignità, pregiudicando così la valutazione serena e imparziale del caso da parte delle autorità competenti (66).

147. Le autorità pubbliche in questione non comprendono soltanto i giudici, ma anche altri funzionari pubblici (come, ad esempio, le autorità investigative e altri rappresentanti dello Stato) (67). Tuttavia, le dichiarazioni rese da questi ultimi sono oggetto di un controllo meno rigoroso rispetto a quelle delle autorità giudiziarie (68).

148. Inoltre, la Corte EDU ha statuito che, alla luce della libertà di espressione – e, aggiungo, dei requisiti di apertura e di trasparenza della pubblica amministrazione (69) – il principio della presunzione di innocenza non può essere inteso nel senso che impedisce alle autorità pubbliche di informare il pubblico su indagini in corso. Ciò a condizione che le autorità procedano con la necessaria discrezione e prudenza (70).

149. Nella giurisprudenza è stata costantemente tracciata una distinzione fondamentale tra, da un lato, dichiarazioni ai sensi delle quali una persona è semplicemente sospettata di aver commesso un reato e, dall’altro, dichiarazioni chiare, in assenza di una condanna definitiva, ai sensi delle quali una persona ha effettivamente commesso il reato di cui trattasi. Le prime sono state generalmente considerate legittime, mentre le seconde violano il principio della presunzione di innocenza (71).

150. La scelta dei termini, da parte delle autorità, nelle loro dichiarazioni riveste, evidentemente, un’importanza decisiva al riguardo (72). Tuttavia, ciò che è più importante, soprattutto nelle situazioni «limite», è il reale significato delle dichiarazioni rese dalle autorità, e non la loro forma letterale (73).

151. In determinate circostanze, l’impiego di un linguaggio infelice, passibile di censura, non è stato ritenuto decisivo, dalla Corte EDU, per quanto concerne asserite violazioni della presunzione di innocenza (74). Infatti, secondo una giurisprudenza costante, la questione se una dichiarazione di un’autorità pubblica costituisca una violazione del principio della presunzione di innocenza deve essere risolta nel contesto delle circostanze specifiche in cui tale dichiarazione è stata effettuata (75).

152. In tale contesto, ci si chiede se, nel caso delle ricorrenti, si sia verificata una violazione del principio della presunzione di innocenza come conseguenza delle dichiarazioni del Commissario dell’epoca nel 2012 e nel 2014.

153. Pur essendo sensibile agli argomenti delle ricorrenti, ritengo che detta violazione non si sia verificata.

154. Anzitutto, occorre rilevare che il Commissario dell’epoca era membro di un’istituzione amministrativa (la Commissione) che, nel caso di specie, agiva in qualità di autorità investigativa. Pertanto, il criterio da applicare alle sue dichiarazioni non è così stringente come nel caso in cui il Commissario fosse membro del potere giudiziario.

155. Ciò premesso, si deve riconoscere che tali dichiarazioni, in ragione dei termini impiegati e del modo in cui sono state rese, si collocano su una linea di confine incerta tra dichiarazioni di meri sospetti e dichiarazioni premature di colpevolezza. Alla luce di una serie di elementi, sono tuttavia incline a ritenere che tali dichiarazioni, seppur infelici, siano relativamente «innocue».

156. In primo luogo, per quanto riguarda il contenuto delle dichiarazioni in questione, è vero che varie osservazioni erano ambigue e che alcune di esse potevano essere percepite da una parte del pubblico come un’insinuazione che (alcune o tutte) le imprese oggetto dell’indagine avevano probabilmente commesso un’infrazione delle regole di concorrenza dell’Unione (76). Tuttavia, non si può negare che tali dichiarazioni siano rimaste piuttosto vaghe e generiche e non abbiano dichiarato la colpevolezza delle imprese sottoposte a indagine. In tali dichiarazioni non è stato neppure impiegato un linguaggio dispregiativo o acrimonioso nei confronti delle imprese sottoposte a indagine. In esse non si faceva riferimento a una o più imprese specifiche, non si forniva alcun dettaglio particolare tale da permettere l’identificazione di una o più imprese specifiche e non si rivelavano informazioni riservate o segreti commerciali che avrebbero potuto nuocere a dette imprese.

157. In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto in cui le dichiarazioni controverse sono state rese, il «luogo», il «motivo» e il «momento» mi sembrano particolarmente rilevanti. Tali dichiarazioni sono state pronunciate, rispettivamente, i) presso il Parlamento europeo, ii) presso il Senato francese, e iii) durante un’intervista con stampa specializzata. Le dichiarazioni in questione avevano lo scopo di informare altre istituzioni (dell’Unione o nazionali) e gli operatori dei settori interessati dello stato di un’indagine in corso. In un mondo che si stava ancora riprendendo dagli effetti devastanti della crisi finanziaria del 2007-2008 (le cui radici affondano nel comportamento imprudente di una serie di istituzioni finanziarie mondiali), e mentre l’Unione europea era impegnata in un’importante riforma del settore dei servizi finanziari, tali informazioni rivestivano chiaramente un interesse fondamentale per il pubblico. Inoltre, le dichiarazioni sono state rese dopo che l’esistenza di un’indagine nel settore degli EIRD era già stata resa pubblica (77).

158. In terzo luogo, per quanto riguarda le possibili conseguenze delle dichiarazioni di cui trattasi, non vedo in che modo tali dichiarazioni possano aver leso la reputazione e la dignità delle ricorrenti o pregiudicato una valutazione serena e imparziale del caso da parte della Commissione, e le ricorrenti non hanno inteso offrire una spiegazione dettagliata (78).

159. In particolare, le ricorrenti non contestano i) di aver beneficiato, nell’ambito del procedimento amministrativo, di tutte le garanzie procedurali previste dalla normativa dell’Unione; ii) il fatto che tanto la decisione di transazione quanto la decisione controversa sono atti adottati dalla Commissione (ossia dal collegio dei Commissari), e non dal Commissario responsabile per la politica di concorrenza; e iii) il fatto che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, la persona che aveva effettuato la dichiarazione controverse non era più il Commissario responsabile per la politica di concorrenza.

160. Alla luce di quanto precede, mi sembra che le dichiarazioni in questione, che, di fatto, prestano il fianco a critiche, come statuito dal Mediatore, non siano tuttavia di natura e gravità tali da mettere in dubbio il grado di imparzialità con il quale la Commissione ha condotto la sua indagine e ha valutato la posizione delle ricorrenti nella decisione controversa.

161. In ogni caso, anche qualora la Corte ritenesse che le dichiarazioni in questione abbiano comportato una violazione del principio della presunzione di innocenza, reputo che le ricorrenti non abbiano fornito alcun elemento idoneo a dimostrare che tali dichiarazioni possono aver influenzato l’esito del procedimento.

162. Infine, mi limiterò ad aggiungere che le censure aggiuntive formulate dalle ricorrenti, in tale contesto, quanto alla violazione del loro diritto di difesa non sollevano aspetti ulteriori rispetto a quelli sopra menzionati. Non occorre quindi esaminare separatamente tali censure.

163. Pertanto, le censure delle ricorrenti concernenti le violazioni del principio della presunzione di innocenza, del diritto a una buona amministrazione e dei diritti della difesa dovrebbero, a mio avviso, essere respinte.

B.      Restrizione per oggetto

164. Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che riducendo l’incertezza dei traders quanto al livello dei prezzi mediani sul mercato, lo scambio di informazioni di cui trattasi ha consentito loro di ridurre il divario tra il corso dei prezzi di acquisto e di vendita a favore dei loro clienti, il che avrebbe comportato un incremento della concorrenza sul mercato di cui trattasi.

165. Neppure questo argomento, a mio avviso, è convincente. La giurisprudenza a tale riguardo è alquanto chiara e, per questo motivo, limiterò la mia analisi a qualche breve osservazione.

166. Anzitutto, dubito che il comportamento in questione, a causa del suo effetto, possa essere considerato proconcorrenziale. A tale riguardo, rilevo che, in generale, le informazioni sui prezzi mediani sono, almeno per taluni derivati, riservate e non accessibili al pubblico. Le stesse HSBC e JP Morgan hanno confermato, nel corso dell’indagine, la mancanza di trasparenza nel mercato degli EIRD (79). Inoltre, e soprattutto, le informazioni relative ai prezzi mediani sono particolarmente pertinenti per la fissazione dei prezzi nel settore degli EIRD. Un trader che sia consapevole dei prezzi mediani dei suoi concorrenti si trova in una posizione migliore per determinare più accuratamente i prezzi finali di acquisto e di vendita di tali concorrenti (80).

167. Non rinvengo alcun aspetto proconcorrenziale in tale comportamento. Lo scambio di informazioni riservate sui prezzi mediani non ha permesso alle banche di cui trattasi – per fare alcuni esempi di effetti proconcorrenziali – di offrire servizi nuovi o migliorati, di entrare in nuovi mercati, di aprire il mercato a nuovi clienti o, più in generale, di migliorare il funzionamento del mercato o di correggere i suoi fallimenti. Mediante lo scambio delle informazioni di cui trattasi, alcune banche hanno eliminato l’incertezza concernente il loro comportamento futuro in materia di fissazione dei prezzi, a vantaggio delle banche partecipanti alla collusione e a danno delle banche non partecipanti (81).

168. Inoltre, il fatto che le banche di cui trattasi possano aver trasferito taluni vantaggi ai loro clienti non esclude il carattere anticoncorrenziale del comportamento in questione. È pacifico che il diritto dell’Unione in materia di concorrenza mira a tutelare non soltanto gli interessi immediati dei consumatori, ma anche la struttura del mercato (82). Ciò significa che, qualora le condizioni pertinenti di cui all’articolo 101 e/o all’articolo 102 TFUE siano soddisfatte, un comportamento che sia idoneo anche a incidere sull’incentivo e sulla capacità di concorrenti (parimenti efficienti) di competere sul mercato può essere considerato anticoncorrenziale.

169. Pertanto, per constatare che un determinato comportamento ha un oggetto anticoncorrenziale, non è necessario un collegamento immediato e diretto tra tale comportamento e un aumento dei prezzi al dettaglio (83). Anche un comportamento idoneo a determinare una certa riduzione dei prezzi dei prodotti o dei servizi di cui trattasi può, in determinate circostanze, essere considerato intrinsecamente anticoncorrenziale (84).

170. Alla luce di quanto precede, ritengo che occorra respingere il motivo delle ricorrenti vertente sul carattere proconcorrenziale dello scambio di informazioni sui prezzi mediani, che escluderebbe la sua qualificazione come infrazione per oggetto ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

VII. Sulle spese

171. Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, applicabile ai procedimenti di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

172. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna delle ricorrenti e queste ultime sono risultate soccombenti, esse dovrebbero, in linea di principio, essere condannate alle spese del presente procedimento di impugnazione. Tuttavia, poiché le ricorrenti hanno contestato con successo una serie di errori di diritto contenuti nella sentenza impugnata, ritengo che, in applicazione dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, sia giustificato condannare le ricorrenti e la Commissione a sopportare le proprie spese relative al presente procedimento di impugnazione.

173. Nel caso di specie, sembra altresì giustificato applicare l’articolo 140, paragrafo 3, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, ai sensi del quale la Corte può decidere che le parti private intervenute in un procedimento di impugnazione si facciano carico delle proprie spese.

174. Infine, non vedo alcun motivo per riformare la decisione del Tribunale quanto alle spese del procedimento di primo grado.

VIII. Conclusione

175. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di giustizia di:

–        respingere le impugnazioni;

–        condannare HSBC Holdings plc, HSBC Bank plc, HSBC Continental Europe (già HSBC France) e la Commissione europea a sopportare le proprie spese relative al presente procedimento di impugnazione;

–        condannare Crédit Agricole SA e Crédit Agricole Corporate and Investment BankCrédit Agricole nonché JP Morgan Chase & Co., JP Morgan Chase Bank National Association e JP Morgan Services LLPJP Morgan a sopportare le proprie spese relative al presente procedimento di impugnazione.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Sentenza del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione (T‑105/17, EU:T:2019:675, punti da 1 a 12) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).


3      Decisione della Commissione, del 7 dicembre 2016, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso AT.39914 – Euro Interest Rate Derivatives), C(2016) 8530 final (in prosieguo: la «decisione controversa»).


4      Un «procedimento ibrido» è un procedimento in cui la Commissione conduce parallelamente una procedura di transazione ai sensi dell’articolo 10 bis del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), come modificato dal regolamento (CE) n. 622/2008 della Commissione, del 30 giugno 2008, per quanto riguarda la transazione nei procedimenti relativi ai cartelli (GU 2008, L 171, pag. 3) e un procedimento amministrativo ordinario ai sensi dell’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1).


5      Punti da 1 a 11 della sentenza impugnata.


6      GU 2006, C 298, pag. 17.


7      Decisione C(2021) 4600 final della Commissione, del 28 giugno 2021, che modifica la decisione C(2016) 8530 final della Commissione, del 7 dicembre 2016 (AT.39914 – Euro Interest Rate Derivatives).


8      Un procedimento ibrido è qualificato come «scaglionato» quando la decisione di transazione e la decisione o le decisioni ordinarie non sono adottate contemporaneamente, bensì scaglionate nel tempo.


9      Decisione del Mediatore europeo dell’11 novembre 2015 relativa all’indagine riguardante la denuncia 1021/2014/PD contro la Commissione europea (in prosieguo: la «decisione del Mediatore»).


10      V. punti 289 e 291 della sentenza impugnata.


11      Formulato per la prima volta nella sentenza del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione (da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, EU:C:1975:174, punti 90 e 91).


12      A tale riguardo, le ricorrenti richiamano principalmente la sentenza del 16 gennaio 2019, Commissione/United Parcel Service (C‑265/17 P, EU:C:2019:23, punto 56).


13      La Commissione richiama l’articolo 10 bis del regolamento n. 773/2004 e il punto 9 della comunicazione della Commissione concernente la transazione nei procedimenti per l’adozione di decisioni a norma dell’articolo 7 e dell’articolo 23 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio nei casi di cartelli (GU 2008, C 167, pag. 1).


14      V., in particolare, sentenza del 18 marzo 2021, Pometon/Commissione (C‑440/19 P; in prosieguo: la «sentenza Pometon», EU:C:2021:214).


15      La Commissione richiama due pronunce del Tribunale che confermano tale criterio: le sentenze del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione (T‑62/98, EU:T:2000:180, punti 281 e 283), e del 10 novembre 2017, Icap e a./Commissione (T‑180/15, EU:T:2017:795, punto 278).


16      Sul tema, in dettaglio, v. Lenaerts, K., Vanhamme, J., «Procedural Rights of Private Parties in the Community Administrative Process», Common Market Law Review, Vol. 34, 1997, pagg. 531 e 568.


17      Per una panoramica, e con riferimenti aggiuntivi alla dottrina giuridica, v., in particolare, Barbier de La Serre, E., «Procedural Justice in the European Community Case-law concerning the Rights of the Defence: Essentialist and Instrumental Trends», European Public Law, 2006, pagg. da 225 a 250; e Nehl, H.P. Principles of Administrative Procedure in EC Law, Hart Publishing, Oxford, 1999, pagg. da 167 a 170.


18      V., ad esempio, sentenze del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a. (C‑137/92 P, EU:C:1994:247, punti 75 e 76); del 6 aprile 2000, Commissione/ICI (C‑286/95 P, EU:C:2000:188, punti 40, 41 e 51); e del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709, punti 45 e 46).


19      Sul principio dell’attribuzione delle competenze, v. sentenza del 21 giugno 2018, Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑5/16, EU:C:2018:483, punto 84 e giurisprudenza ivi citata). Nella dottrina giuridica, v. Schwarze, J., European Administrative Law, Sweet & Maxwell, 1992, pagg. da 253 a 256.


20      Il corsivo è mio.


21      Nel settore del diritto della concorrenza, v., analogamente, le conclusioni dell’avvocato generale Wahl nelle cause Feralpi e a. (C‑85/15 P, C‑86/15 P e C‑87/15 P, C‑88/15 P e C‑89/15 P, EU:C:2016:940, paragrafo 60).


22      V., in tale senso, sentenza del 10 marzo 2016, HeidelbergCement/Commissione (C‑247/14 P, EU:C:2016:149, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).


23      V. supra, paragrafo 30.


24      V., in particolare, sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 78 e giurisprudenza ivi citata). In alcuni casi, il criterio (a causa della natura del diritto asseritamente violato) è formulato in modo diverso, ma la sostanza è equivalente: v. sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione (C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 100 e giurisprudenza ivi citata).


25      V., ad esempio, sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punti da 62 a 65).


26      V., sul tema, Hartley, T.C., The Foundations of European Union Law, 8ª ed., Oxford University Press, Oxford, 2014, pag. 421.


27      V., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2001, Courage e Crehan (C‑453/99, EU:C:2001:465, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).


28      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella causa Commissione/SGL Carbon (C‑301/04 P, EU:C:2006:53, paragrafo 67). Nella dottrina giuridica, v. Wils, W., «Fundamental Procedural Rights and Effective Enforcement of Articles 101 and 102 TFEU in the European Competition Network» World Competition, 2020, pagg. da 15 a 18.


29      V., per analogia, sentenza del 26 novembre 2013, Gascogne Sack Deutschland/Commissione (C‑40/12 P, EU:C:2013:768, punto 82).


30      Analogamente, sentenza dell’8 luglio 1999, Hercules Chemicals/Commissione (C‑51/92 P, EU:C:1999:357, punto 68).


31      Come ad esempio, un ricorso per responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’Unione europea: v., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2003, Volkswagen/Commissione (C‑338/00 P, EU:C:2003:473, punto 165). Ai sensi dell’articolo 340 TFUE, «[i]n materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire (...) i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni» (il corsivo è mio). A tale riguardo, occorre precisare che la nozione di «agenti» comprende anche i membri della Commissione: v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, OH (Immunità dalla giurisdizione) (C‑758/19, EU:C:2021:603).


32      V., ad esempio, l’approccio adottato per quanto riguarda asserite violazioni del diritto di difesa [sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 78 e giurisprudenza ivi citata)], e quello adottato per quanto concerne asserite violazioni della riservatezza [sentenza del 3 dicembre 2009, Evropaïki Dynamiki/Commissione (C‑476/08 P, non pubblicata, EU:C:2009:752, punti da 33 a 35)].


33      V., analogamente, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Solvay/Commissione (C‑110/10 P, EU:C:2011:257, paragrafi 37 e 47).


34      Articolo 2 del regolamento n. 1/2003. V. anche, tra le tante, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punti 71 e 72).


35      In questa sede sto parafrasando un passaggio della sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti d’America del 26 marzo 1991, Arizona c. Fulminante, 499 U.S. 279 (1991), pag. 316.


36      Ibidem, punto 63.


37      Ibidem, punti 64 e 65.


38      Ibidem, punto 66.


39      Nel punto 34 della decisione controversa (riprodotto al punto 128 della sentenza impugnata) si precisa che il termine «mid» «fa riferimento al prezzo mediano o medio tra i prezzi di acquisto e di vendita (ad esempio, percepiti, modellizzati, quotati o negoziati) per un prodotto specifico[; e]ssi costituiscono spesso un’approssimazione attendibile del prezzo al quale un market maker negozierebbe con un cliente, in particolare quando il mercato è liquido e il divario acquirente/venditore (...) è ristretto».


40      V., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a. (C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 36).


41      Conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Budapest Bank e a. (C‑228/18, EU:C:2019:678, paragrafo 45).


42      Ibidem, paragrafo 49.


43      V., ad esempio, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 335).


44      V., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 127 e giurisprudenza ivi citata).


45      Sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), punto 103.


46      Ibidem, punti da 104 a 107.


47      V., in particolare, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione (C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punti da 89 a 91 e giurisprudenza ivi citata).


48      V., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2021, Qualcomm e Qualcomm Europe/Commissione (C‑466/19 P, EU:C:2021:76, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


49      V. sentenza del 4 aprile 2017, Mediatore/Staelen (C‑337/15 P, EU:C:2017:256, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).


50      V. sentenza del 25 luglio 2018, QuaMa Quality Management/EUIPO (C‑139/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:608, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).


51      V., recentemente, sentenza dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia (C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).


52      V. sentenza del 22 settembre 2020, Austria/Commissione (C‑594/18 P, EU:C:2020:742, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


53      V. paragrafo 1 (il corsivo è mio).


54      V. punto 286 della sentenza impugnata, con richiami alla giurisprudenza della Corte.


55      V., in particolare, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).


56      V., ad esempio, sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


57      V., in particolare, sentenza Pometon (punto 63).


58      V. sentenza del 20 maggio 2015, Timab Industries e CFPR/Commissione (T‑456/10, EU:T:2015:296, punto 60).


59      Sentenza del 2 febbraio 2022, Scania e a./Commissione (T‑799/17, EU:T:2022:48, punto 129).


60      V., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Glencore Agriculture Hungary (C‑189/18, EU:C:2019:462, paragrafi 42 e 48).


61      V., in particolare, punti 1 e 2 della decisione di transazione.


62      Punto 32.


63      Punto 36.


64      Punti da 42 a 109.


65      V., in particolare, Corte EDU, 6 dicembre 1988, Barberà, Messegué e Jabardo c. Spagna (CE:ECHR:1988:1206JUD001059083, § 77).


66      V. Corte EDU, 24 aprile 2008, Ismoilov e a. c. Russia (CE:ECHR:2008:0424JUD000294706, § 161 e giurisprudenza ivi citata).


67      V., ad esempio, Corte EDU, 10 febbraio 1995, Allenet de Ribemont c. Francia (CE:ECHR:1995:0210JUD00151789, § 35).


68      V., in particolare, Corte EDU, 21 settembre 2006, Pandy c. Belgio (CE:ECHR:2006:0921JUD001358302, § 43).


69      V., in particolare, articolo 10, paragrafo 3, e articolo 11, paragrafo 2, TUE.


70      V. Corte EDU, 10 febbraio 1995, Allenet de Ribemont c. Francia (CE:ECHR:1995:0210JUD00151789, § 38).


71      V., in particolare, Corte EDU, 12 novembre 2015, El Kaada c. Germania (CE:ECHR:2015:1112JUD000213010, § 54).


72      V., ad esempio, Corte EDU, 27 marzo 2014, Müller c. Germania (CE:ECHR:2014:0327JUD005496308, § 46).


73      V., in particolare, Corte EDU, 28 novembre 2002, Lavents c. Lettonia (CE:ECHR:2002:1128JUD005844200, § 126).


74      V. Corte EDU, 27 febbraio 2014, Karaman c. Germania (CE:ECHR:2014:0227JUD001710310, § 63 e giurisprudenza ivi citata).


75      V. Corte EDU, 28 ottobre 2004, Y.B. e a. c. Turchia (CE:ECHR:2004:1028JUD004817399, § 44), e del 24 maggio 2011, Konstas c. Grecia (CE:ECHR:2011:0524JUD005346607, § 33).


76      V. decisione del Mediatore, pagg. 1 e 5.


77      V., ad esempio, Commissione europea, comunicato stampa del 19 ottobre 2011, «Antitrust: Commission confirms inspections in suspected cartel in the sector of Euro interest rate derivatives» (MEMO/11/711) («Concorrenza: la Commissione conferma accertamenti in corso in relazione a sospetti di un cartello nel settore dei derivati su tassi d’interesse in euro»).


78      Su tale punto, v. anche la decisione del Mediatore, pag. 4.


79      V. punti 45 e 46 della decisione controversa.


80      V., in particolare, punto 34 della decisione controversa.


81      V., in tal senso, il punto 132 della sentenza impugnata che riproduce, in sostanza, il punto 395 della decisione controversa.


82      V., ad esempio, sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 125 e giurisprudenza ivi citata).


83      V. sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punti da 123 a 125 e giurisprudenza ivi citata).


84      Sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52, punti 109 e 110).