Language of document : ECLI:EU:C:1998:264

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

JACOBS

presentate il 28 maggio 1998 (1)

Causa C-7/97

Oscar Bronner GmbH & Co. KG

contro

Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag GmbH & Co. KG e a.

(domanda di pronuncia pregiudiziale

proposta dall'Oberlandesgericht di Vienna)

1.    Nella presente causa l'Oberlandesgericht di Vienna, in funzione di Kartellgericht (Tribunale di primo grado in materia di concorrenza), ha chiesto alla Corte se il fatto che un gruppo editoriale che detiene una quota rilevante del mercato dei quotidiani neghi all'editore di un quotidiano concorrente l'accesso alla sua rete di recapito a domicilio, ovvero lo subordini alla condizione che esso acquisti dal gruppo anche altre prestazioni, costituisca abuso di posizione dominante ai sensi dell'art. 86 del Trattato.

Fatti e questioni proposte dal giudice nazionale

2.    La Oscar Bronner GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Bronner») è editrice del quotidiano «Der Standard». Questo giornale occupava nel 1994 una quota del mercato austriaco dei quotidiani pari al 3,6% in termini di tiratura e a circa il 6% in termini di introiti pubblicitari.

3.    La prima convenuta nella causa principale, la Mediaprint Zeitungs- und Zeitschriftenverlag GmbH & Co. KG, è editrice dei quotidiani «Neue Kronen Zeitung» e «Kurier» ed effettua la distribuzione e le attività pubblicitarie relative a questi giornali tramite le imprese, da essa interamente controllate, Mediaprint Zeitungsvertriebsgesellschaft mbH & Co. KG e Mediaprint Anzeigengesellschaft mbH & Co. KG, rispettivamente seconda e terza convenuta nella causa principale. Nel 1994 la quota congiunta di mercato dei due quotidiani era pari al 46,8% della tiratura complessiva e al 42% del totale degli introiti pubblicitari. Inoltre, essi avevano una diffusione pari al 53,3% fra le persone dai 14 anni in su nelle famiglie e al 71% fra tutti i lettori di quotidiani.

4.    Nel suo ricorso, proposto in forza dell'art. 35 del Kartellgesetz (legge austriaca sulla concorrenza), la Bronner chiede di ordinare al gruppo Mediaprint (in prosieguo: la «Mediaprint») di porre fine all'abuso della sua asserita posizione dominante sul mercato e di consentirle di inserirsi nella sua rete nazionale di recapito a domicilio dei quotidiani dietro pagamento di un corrispettivo adeguato. Risulta che in Austria, mentre esistono varie reti regionali o locali, la rete della Mediaprint è l'unica rete nazionale. La Bronner sostiene che soltanto il recapito a domicilio garantisce la consegna del giornale agli abbonati nelle prime ore del mattino, poiché la distribuzione tramite posta, che di regola avviene solo in tarda mattinata, non rappresenta al riguardo una valida alternativa. L'organizzazione, da parte della Bronner, di una propria rete di recapito a domicilio non sarebbe redditizia in considerazione del suo limitato numero di abbonati. La Bronner sostiene inoltre di aver subito una discriminazione da parte della Mediaprint, la quale avrebbe accolto nella sua rete di recapito a domicilio un altro quotidiano, il «Wirtschaftsblatt», non edito dalla stessa Mediaprint.

5.    A queste osservazioni la Mediaprint ribatte di avere realizzato la sua rete di recapito a domicilio con notevoli investimenti finanziari ed amministrativi. Pur essendo in posizione dominante, essa non sarebbe obbligata ad aiutare i

concorrenti. La situazione del «Wirtschaftsblatt», accolto nella sua rete di distribuzione, non sarebbe paragonabile a quella dello «Standard», in quanto l'editore del primo quotidiano avrebbe chiesto alla Mediaprint di provvedere anche alla stampa e alla commercializzazione del medesimo; l'inserimento nella rete di recapito a domicilio rappresenterebbe pertanto solo un elemento di un unico pacchetto. Inoltre, il «Wirtschaftsblatt» non sarebbe un concorrente diretto dei quotidiani della Mediaprint, dal momento che non contiene rubriche essenziali per un quotidiano quali sport, cultura e televisione. Infine, l'ammissione di tutti gli editori austriaci di quotidiani alla rete di recapito a domicilio ne eccederebbe la capacità.

6.    Il giudice nazionale si ritiene competente unicamente ad applicare le norme nazionali sulla concorrenza e non ad applicare direttamente le regole di concorrenza contenute nel Trattato. Esso osserva tuttavia che il comportamento di un operatore economico che rientri nell'ambito dell'art. 86 del Trattato costituisce necessariamente un abuso anche ai sensi dell'art. 35 del Kartellgesetz, che ha contenuto analogo. Un comportamento vietato dal diritto comunitario non può essere tollerato in base al diritto nazionale, a motivo della preminenza dell'ordinamento comunitario. Rilevando che l'applicabilità dell'art. 86 del Trattato presuppone che l'abuso possa risultare pregiudizievole per il commercio tra gli Stati membri, il giudice nazionale fa riferimento al timore della Bronner che il diniego di accesso alla rete di recapito a domicilio della Mediaprint possa escluderla dal mercato dei quotidiani e porre in pericolo la sua esistenza. Poiché la Bronner, quale editrice di un quotidiano nazionale reperibile anche all'estero, può considerarsi un offerente nel contesto degli scambi economici internazionali, il giudice nazionale ritiene comprovato l'effetto sul commercio intracomunitario.

7.    Il giudice nazionale ha pertanto sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.    Se l'art. 86 del Trattato CE vada interpretato nel senso che costituisce abuso di posizione dominante sotto l'aspetto del diniego abusivo d'accesso al mercato il fatto che un imprenditore il quale si occupa dell'edizione, della stampa e della distribuzione di quotidiani e che occupa con i suoi prodotti una posizione preponderante sul mercato austriaco dei quotidiani (vale a dire il 46,8% in termini di tiratura globale, il 42% in termini di introiti pubblicitari e il 71% in termini di diffusione, calcolata sul totale dei quotidiani) e gestisce l'unica rete di recapito a domicilio per abbonati esistente in Austria a livello nazionale, si rifiuti di formulare una proposta contrattuale ferma a un altro imprenditore, il quale parimenti si occupa dell'edizione, della stampa e della distribuzione di un quotidiano in Austria, per l'inserimento di quest'ultimo quotidiano nella sua rete di recapito a domicilio, e ciò in considerazione anche della circostanza che l'imprenditore che richiede l'inserimento nella rete di recapito a domicilio, a causa della ristretta tiratura e del conseguente limitato numero di abbonati, non possa né da solo né in cooperazione con gli altri imprenditori, editori di quotidiani

presenti sul mercato, realizzare, con costi sostenibili, una propria rete di distribuzione, né possa gestirla in modo economicamente proficuo.

2.    Se costituisca abuso ai sensi dell'art. 86 del Trattato CE il fatto che — nelle circostanze già descritte in modo particolareggiato sub 1) — il gestore della rete di recapito a domicilio di quotidiani subordini l'instaurazione di rapporti negoziali con l'editore di un prodotto concorrente al fatto che quest'ultimo non gli richieda solo il recapito a domicilio, bensì anche altre prestazioni (per esempio, distribuzione presso le rivendite, stampa), offerte come elementi di un unico pacchetto».

8.    Sono state presentate osservazioni scritte dalla Bronner, dalla Mediaprint e dalla Commissione, tutte rappresentate anche all'udienza.

Ricevibilità

9.    La Mediaprint e la Commissione contestano la ricevibilità della domanda pregiudiziale. A loro parere, il giudice nazionale è in realtà un'autorità garante della concorrenza competente unicamente ad applicare il diritto nazionale in materia di concorrenza.

10.    A mio parere, invece, è chiaro che il Kartellgericht è un giudice ed agisce come tale nella causa principale. Esso deve pertanto essere considerato competente ad applicare l'art. 86.

11.    Il fatto che sia un giudice ed agisca come tale trova conferma nella giurisprudenza della Corte sulla questione se un organo costituisca «una giurisdizione di uno degli Stati membri» ai sensi dell'art. 177. La Corte tiene conto di una serie di elementi, quali l'origine legale dell'organo, il suo carattere permanente, l'obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l'organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente (2). Inoltre, esso deve agire in qualità di organo giurisdizionale. Ciò avviene «se dinanzi ad [esso] sia pendente una lite e se [esso sia stato chiamato] a statuire nell'ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale (...)» (3).

12.    La Mediaprint e la Commissione non affermano che il Kartellgericht non soddisfi questi requisiti. Infatti, l'Oberlandsgericht di Vienna è stato istituito dal Kartellgesetz come giudice permanente competente in materia di concorrenza per

l'intero territorio austriaco (4). Esso è composto da un giudice, che esercita le funzioni di presidente, e da due membri non togati (5), dei quali sono garantite la qualificazione tecnica e l'indipendenza (6) (le questioni interlocutorie vengono trattate dal solo presidente (7)). La sua funzione è applicare il Kartellgesetz secondo le procedure ivi stabilite (8).

13.    Mentre talune procedure hanno carattere amministrativo più che giurisdizionale (ad esempio la conservazione del registro dei cartelli), nella fattispecie la causa principale ha natura chiaramente giudiziaria. Essa viene instaurata da un privato contro un altro privato in forza dell'art. 35 del Kartellgesetz, il quale dispone che il Kartellgericht, su domanda, ingiunge ad un'impresa di porre fine ad un abuso di posizione dominante. Il tenore della disposizione, in particolare i termini «hat auf Antrag (...) aufzutragen» («su richiesta, ingiunge»), rende chiaro che detta disposizione conferisce un diritto di ricorso, senza lasciare alcun margine di discrezionalità al Kartellgericht quanto alla ricevibilità della domanda. Nello statuire su di questa, il Kartellgericht applica le norme ed i concetti, in particolare le nozioni di posizione dominante e di abuso, contenuti negli artt. 34 e 35 del Kartellgesetz.

14.    Non sembra pertanto vi siano molti dubbi sul fatto che il Kartellgericht dev'essere considerato giudice. In linea di principio, quindi, poiché l'art. 86 del Trattato ha effetto diretto, i singoli devono potersi basare su di esso nei procedimenti instaurati dinanzi a tale organo (9), nonostante possano far valere i propri diritti in forza della suddetta disposizione dinanzi ai giudici ordinari. Il

principio dell'effetto utile del diritto comunitario impone che qualunque giudice competente a decidere su un ricorso relativo a fatti cui è applicabile una norma comunitaria deve poter applicare tale norma (10).

15.    Il richiamo operato dalla Commissione alla sentenza BRT/SABAM per sostenere la tesi opposta è sorprendente. In quella sentenza la Corte ha affermato che anche i giudici cui è affidato il compito di applicare le leggi nazionali sulla concorrenza o di controllare la legittimità della loro applicazione da parte degli

organi amministrativi non sono dispensati dall'applicare l'art. 86 nel caso in cui venga fatto valere dinanzi ad essi (11).

16.    Si potrebbe tuttavia sostenere che la sentenza BRT/SABAM non risolve la questione, in quanto in quella causa il giudice a quo era in realtà un giudice civile che esaminava un ricorso civile ordinario, e non un giudice specializzato in materia di concorrenza. Nella comunicazione concernente la cooperazione tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri per l'esame dei casi disciplinati dagli artt. 85 e 86 del Trattato CE (12), la Commissione ammette che le autorità di taluni Stati membri possono applicare soltanto le norme nazionali in quanto difettano degli strumenti procedurali per l'applicazione degli artt. 85 e 86. Poiché questi ultimi riguardano le imprese piuttosto che gli Stati membri, e poiché la Commissione è stata designata come autorità responsabile in via principale per l'attuazione delle suddette disposizioni, può succedere che gli Stati membri non siano obbligati ad affidare alle proprie autorità nazionali garanti della concorrenza (diverse dalle autorità giurisdizionali) il compito di dare loro attuazione. Può quindi accadere che tali autorità abbiano unicamente l'obbligo di applicare le norme nazionali sulla concorrenza in un modo che non contrasti con gli artt. 85 e 86.

17.    Se tale affermazione è esatta, si potrebbe ritenere anomalo il fatto che il controllo delle loro decisioni da parte di un giudice nazionale possa estendersi alla mancata o erronea applicazione delle norme comunitarie. In casi del genere l'autorità giudiziaria potrebbe dover esser considerata alla stregua di un'appendice dell'ente nazionale competente unicamente in materia di concorrenza.

18.    Non occorre tuttavia analizzare ulteriormente il problema in questa sede. Non sorge nessuna questione di questo tipo quando, come nel caso in esame, uno Stato membro organizzi il proprio ordinamento in modo tale che l'organo specializzato garante della concorrenza sia esso stesso un giudice ed il procedimento si svolga in contraddittorio ed abbia natura giurisdizionale. Pertanto, il principio dell'effetto utile del diritto comunitario e l'effetto diretto dell'art. 86 impongono che l'autorità giurisdizionale debba poter applicare direttamente l'art. 86 alla causa pendente dinanzi ad essa, eliminando in tal modo l'esigenza di un procedimento separato, basato sul diritto comunitario, dinanzi ad un altro giudice.

19.    Nella presente causa non occorre nemmeno esaminare la questione se la Corte debba pronunciarsi con riguardo all'art. 86 del Trattato tenendo conto che esso non è applicabile in quanto tale, ma che una sua pronuncia può orientare il giudice nazionale nell'applicazione del diritto nazionale. Tale questione si porrebbe qualora il giudice nazionale non fosse competente ad applicare l'art. 86; questo,

inoltre, è il presupposto sulla base del quale è stato effettuato il rinvio pregiudiziale alla Corte.

20.    E' di dubbia opportunità che la Corte decida sulla base di questopresupposto. Come osserva la Commissione, le norme austriache sulla concorrenza non sono basate direttamente sul diritto comunitario della concorrenza e non fanno riferimento ad esso. Il diritto austriaco fornisce una definizione di posizione dominante completamente diversa da quella del diritto comunitario. Un abuso è proibito soltanto in conseguenza di un ordine di cessazione emesso dal Kartellgericht. Inoltre, esistono norme speciali relative alla posizione dominante nel settore degli organi d'informazione. La presenta causa, pertanto, è diversa da quelle nelle quali esiste un nesso diretto tra il diritto nazionale e il diritto comunitario, come ad esempio nel caso in cui il diritto nazionale costituisca una trasposizione diretta del diritto comunitario (13).

21.    Si potrebbe però sostenere che il settore del diritto della concorrenza presenta caratteristiche particolari che dovrebbero indurre la Corte ad emettere una sentenza, quanto meno nei casi in cui sussiste un pregiudizio per il commercio intracomunitario. Alla stato attuale del diritto comunitario le norme nazionali e comunitarie sulla concorrenza vengono applicate concomitantemente in casi che rientrano nel campo di applicazione degli artt. 85 e 86 (14). Così, sebbene nella causa principale il giudice a quo intenda applicare il diritto nazionale, i fatti ad esso sottoposti — ed il contesto nel quale chiede una pronuncia della Corte — richiedono l'applicazione dell'art. 86.

22.    I limiti stabiliti dal diritto comunitario all'applicazione divergente del diritto nazionale nei casi rientranti nel campo di applicazione degli artt. 85 e 86 rimangono poco chiari (15), ed è stato affermato addirittura che andrebbe riconsiderato lo stesso principio dell'applicazione concomitante (16), date le difficoltà incontrate nel determinare coerentemente detti limiti. Nella pratica risulta che le incertezze in questo settore vengono superate mediante una stretta cooperazione tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza, cooperazione

la cui importanza è stata sottolineata dalla stessa Commissione (17). E', quindi comprensibile che un giudice nazionale, anche se competente ad applicare unicamente il diritto nazionale, tenda, soprattutto laddove si verifichi un'incidenza sul commercio tra gli Stati membri, ad ottenere un chiarimento circa la posizione del diritto comunitario, onde conseguire, se possibile, un risultato analogo applicando le norme del diritto nazionale. Sebbene né il diritto comunitario né quello nazionale obblighino il giudice nazionale ad applicare le sentenze della Corte, queste, in un caso del genere, possono senz'altro risultare decisive. Tale ipotesi è quindi del tutto diversa da quella in cui il procedimento pregiudiziale viene utilizzato come mero esercizio di diritto comparato (18).

23.    Esiste quindi un contrasto tra tesi antitetiche, che andrebbe risolto qualora occorresse raggiungere una conclusione sulla questione. A mio parere, però, l'analisi sopra svolta ha carattere ipotetico in quanto, come ho già rilevato, è evidente che un giudice nazionale il quale esamini un ricorso come quello di cui alla causa principale deve poter applicare direttamente l'art. 86. Il fatto che questa disposizione non sia stata invocata nel procedimento dinanzi al giudice nazionale non mette in discussione la competenza della Corte ad emettere la decisione richiestale. Il giudice nazionale ha chiesto una pronuncia in base all'art. 86 e potrebbe doverla applicare, una volta che sia accertata la sua competenza a farlo.

24.    La Mediaprint e la Commissione affermano anche che la domanda pregiudiziale è irricevibile in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice nazionale, non sarebbe soddisfatto il presupposto del pregiudizio per il commercio tra gli Stati membri. La conclusione secondo cui lo «Standard» verrebbe escluso dal mercato non è plausibile, e quand'anche fosse esatta, un eventuale pregiudizio per il commercio sarebbe irrilevante, dato l'esiguo numero di copie vendute all'estero.

25.    Tuttavia, il giudice nazionale ha accertato in via preliminare che il presupposto relativo al pregiudizio per il commercio è soddisfatto ed ha formulato le sue questioni sulla base di tale accertamento. Ciò è sufficiente per rendere ricevibile il rinvio pregiudiziale. Anche se l'argomento formulato dalla Mediaprint nelle sue osservazioni scritte — secondo cui le copie dello «Standard» vendute fuori dell'Austria costituiscono una quota minima di tutte le copie vendute — qualora fosse comprovato, renderebbe dubbia la fondatezza del ragionamento seguito dal giudice nazionale, ciò non è sufficiente perché la Corte concluda che le questioni poste dal detto giudice sono palesemente estranee alla controversia pendente dinanzi ad esso.

26.    Inoltre, e come ammette la Commissione, l'accertamento del giudice nazionale potrebbe essere sostenuto da un altro tipo di ragionamento. Se il diniego di accesso alla rete di distribuzione della Mediaprint rendesse difficile l'accesso al mercato austriaco, ciò potrebbe avere l'effetto di chiudere il mercato austriaco alla concorrenza degli editori degli altri Stati membri che intendessero pubblicare o vendere quotidiani in Austria, perturbando in tal modo lo sviluppo delle correnti commerciali nella Comunità. L'argomento della Commissione secondo cui un simile effetto è improbabile, data la disponibilità di altri modi di distribuzione, tocca il merito del caso in esame. Qualora risultasse che il rifiuto della Mediaprint di consentire l'accesso al suo sistema di distribuzione costituisce un abuso in ragione dei suoi effetti sul mercato austriaco dei quotidiani, sussisterebbe del pari, in base all'analisi che precede, un potenziale pregiudizio per il commercio intracomunitario.

27.    Concludo pertanto per la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.

Prima questione

28.    Per stabilire se un'impresa abbia abusato di una posizione dominante sul mercato, in violazione dell'art. 86, occorre anzitutto definire il mercato rilevante, quindi stabilire se l'impresa interessata occupi una posizione dominante sul mercato così definito e, in caso affermativo, verificare se il suo comportamento costituisca un abuso di tale posizione dominante.

Mercato rilevante

29.    Le questioni poste dal giudice nazionale paiono presumere che il mercato rilevante sia quello dei quotidiani e che l'ampia ramificazione della rete di distribuzione della Mediaprint costituisca un fattore per stabilire se essa occupi una posizione dominante su tale mercato. A me sembra però che, come sostengono la Bronner e la Commissione, il mercato vada definito più precisamente non già come mercato dei quotidiani in quanto tale, bensì come mercato della distribuzione o parte di esso. Un'impresa potrebbe essere in posizione dominante sul mercato dei prodotti, ma non detenere il controllo della distribuzione e viceversa. L'asserito abuso è il diniego di accesso, o l'imposizione di condizioni di accesso irragionevoli, alla rete di distribuzione della Mediaprint. La domanda riguarda quindi un presunto abuso, da parte della Mediaprint, del suo potere di mercato nel settore della distribuzione dei quotidiani al fine di eliminare la concorrenza sul correlato mercato dei quotidiani.

30.    In Austria, oltre alla rete nazionale della Mediaprint, risulta esistere un certo numero di reti regionali o locali; vi sono inoltre altri canali di distribuzione, quali le consegne tramite posta, i negozi, i chioschi, le edicole, i distributori automatici e così via. In tale contesto occorre stabilire se il mercato pertinente riguardi a) la distribuzione di quotidiani in generale, b) il recapito a domicilio di quotidiani a livello regionale e nazionale, o c) il recapito a domicilio di quotidiani

a livello nazionale. Al riguardo, la questione fondamentale è fino a che punto il recapito a domicilio a livello nazionale sia intercambiabile con servizi di distribuzione a livello regionale o locale o con altri sistemi di distribuzione. Il recapito a domicilio a livello nazionale costituisce un mercato separato se ha un grado limitato di intercambiabilità con altre forme di distribuzione. Particolare importanza hanno la misura in cui esso possiede caratteristiche peculiari che influiscono sulla scelta degli acquirenti ed il livello di elasticità incrociata della domanda tra il servizio e altri tipi di distribuzione (19).

31.    Non occorre tuttavia analizzare ulteriormente la questione in questa sede. Come spiegherò più avanti, anche adottando la definizione più ristretta del mercato rilevante, vale a dire quella di mercato del recapito a domicilio di quotidiani a livello nazionale, il rifiuto della Mediaprint di consentire l'accesso alla sua rete di distribuzione non integra un abuso contrario all'art. 86.

Posizione dominante

32.    Secondo l'analisi tradizionale, il passo successivo da compiere è stabilire se la Mediaprint occupi una posizione dominante sul mercato rilevante. Nella sentenza United Brands la Corte ha definito la posizione dominante come «una posizione di potenza economica grazie alla quale l'impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione, ed ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei concorrenti, dei clienti e, in ultima analisi, dei consumatori» (20). Il risultato può quindi variare a seconda della definizione del mercato rilevante effettuata dal giudice nazionale. Non occorre tuttavia considerare le varie possibilità in quanto, come si vedrà, nell'attuale contesto è opportuno considerare la questione della posizione dominante insieme a quella dell'abuso.

Abuso

33.    Il problema fondamentale sollevato dalla prima questione del giudice nazionale è se il rifiuto, da parte di un'impresa nella posizione della Mediaprint, di consentire ad un concorrente di accedere alla sua rete di recapito a domicilio di quotidiani costituisca un abuso. La Bronner, facendo riferimento alla cosiddetta dottrina delle «infrastrutture essenziali» («essential facilities»), ritiene che la Mediaprint debba concedere tale accesso in quanto esso costituisce una condicio sine qua non per una concorrenza effettiva sul mercato dei quotidiani.

34.    Secondo la suddetta dottrina, un'impresa che occupi una posizione dominante nella fornitura di infrastrutture essenziali per la consegna di beni o servizi su un altro mercato abusa della propria posizione dominante qualora, senza una giustificazione oggettiva, neghi l'accesso a tali infrastrutture. Così, in taluni casi, un'impresa dominante deve non soltanto astenersi da comportamenti anticoncorrenziali, ma anche promuovere attivamente la concorrenza consentendo a concorrenti potenziali di accedere alle infrastrutture da essa predisposte.

Giurisprudenza e prassi in materia

35.    Nella sua giurisprudenza la Corte non si è ancora richiamata alla dottrina delle infrastrutture essenziali. Nondimeno, essa si è pronunciata in varie cause vertenti sul rifiuto di fornire beni o servizi. In due delle prime cause ha chiarito che l'interruzione delle forniture ad un cliente poteva integrare un abuso. Nella sentenza Commercial Solvents (21) ha affermato che un'impresa in posizione dominante sul mercato delle materie prime non poteva interrompere la fornitura ad un cliente, che fabbricava prodotti finiti, soltanto perché aveva deciso di produrre anch'essa prodotti finiti e voleva escludere il suo ex cliente dal mercato.

36.    Analogamente, nella sentenza United Brands (22), si trattava di un'impresa (UBC) che occupava una posizione dominante nella produzione di banane, che essa commercializzava con il marchio «Chiquita», e che aveva interrotto le forniture ad un distributore-maturatore danese quando questo, in seguito ad un disaccordo con la UBC, aveva iniziato a promuovere le banane di un concorrente dedicando minore attenzione alla maturazione delle banane della UBC. La Corte ha affermato che

«un'impresa la quale detenga una posizione dominante per la distribuzione di un dato prodotto — che goda del prestigio di un marchio noto ed apprezzato dai consumatori — non ha facoltà di sospendere le forniture a un vecchio cliente, ligio agli usi commerciali, se gli ordini di detto cliente non presentano alcunché di anormale» (23).

37.    Nelle sentenze Telemarketing (24) e GB-Inno-BM (25) la Corte ha stabilito il principio secondo cui «costituisce abuso ai sensi dell'art. 86 il fatto che l'impresa

che detenga una posizione dominante su un determinato mercato si riservi senza necessità obiettiva un'attività ausiliaria che potrebbe essere svolta da una terza impresa nell'ambito delle sue attività su un mercato vicino, ma distinto, con il rischio di eliminare qualsiasi concorrenza da parte di detta impresa» (26). Nella causa Telemarketing ha affermato che abusava della propria posizione dominante sul mercato della telediffusione un'emittente che obbligava coloro che desideravano diffondere un messaggio pubblicitario ad utilizzare i servizi di una propria consociata. L'associazione stabilita tra i due servizi equivaleva ad un rifiuto di fornire i servizi della stazione televisiva ad altre imprese di telemarketing, eliminando in tal modo la concorrenza su un mercato accessorio a vantaggio della propria consociata.

38.    Nella sentenza GB-Inno-BM la Corte, richiamandosi alla sentenza Telemarketing, ha affermato che un'impresa che detiene un monopolio sul mercato della costituzione e dell'esercizio di una rete di telecomunicazioni viola l'art. 86 nel caso in cui, senza alcuna necessità obiettiva, si riservi il mercato, vicino, ma distinto, dell'importazione, della vendita, dell'allacciamento, del collaudo e della manutenzione degli apparecchi atti ad essere collegati alla suddetta rete, eliminando così ogni forma di concorrenza da parte di altre imprese.

39.    In altre due sentenze, infine, la Corte ha analizzato la questione se il rifiuto di effettuare forniture costituisse un abuso in circostanze nelle quali non sussistevano altri elementi, come l'interruzione delle forniture ad un cliente o l'istituzione di un legame tra prestazioni non correlate. Nella sentenza Volvo (27) ha affermato che non abusava della propria posizione dominante un produttore di autovetture, titolare di un brevetto per modello ornamentale relativo a parti della carrozzeria delle sue autovetture, che si rifiutava di concedere a terzi una licenza per la fornitura di pezzi di ricambio necessari per la riparazione delle vetture. La Corte ha dichiarato:

«Si deve poi sottolineare che la facoltà del titolare di un brevetto su un modello di vietare a terzi la fabbricazione e la vendita o l'importazione, senza il suo consenso, di prodotti che incorporino il modello costituisce la sostanza stessa del suo diritto esclusivo. Ne consegue che imporre al titolare del brevetto l'obbligo di concedere a terzi, sia pure in contropartita di un ragionevole compenso, una licenza per la fornitura di prodotti che incorporino il modello equivarrebbe a privare detto titolare della sostanza del suo diritto esclusivo, e che il rifiuto di concedere una siffatta licenza non può, di per sé, costituire uno sfruttamento abusivo di posizione dominante.

Va tuttavia osservato che l'esercizio del diritto esclusivo, da parte di chi abbia brevettato un modello relativo a parti componenti della carrozzeria di automobili, può essere vietato dall'art. 86 qualora dia luogo, da parte di un'impresa in posizione dominante, a determinati comportamenti abusivi, come l'arbitrario rifiuto di fornire pezzi di ricambio ad officine di riparazione indipendenti, il fissare i prezzi dei pezzi di ricambio ad un livello non equo o la decisione di non produrre più pezzi di ricambio per un dato modello malgrado il fatto che numerose vetture di questo modello siano ancora in circolazione, purché questi comportamenti possano pregiudicare il commercio fra Stati membri» (28).

40.    Più recentemente, però, nella sentenza Magill (29), la Corte ha confermato una sentenza del Tribunale di primo grado secondo cui talune emittenti avevano sfruttato abusivamente la loro posizione dominante facendo valere il loro diritto d'autore nazionale sulle guide dei programmi delle loro trasmissioni per impedire la pubblicazione, da parte di terzi, di guide televisive settimanali che avrebbero fatto concorrenza alle guide televisive pubblicate da ciascuna emittente e che riguardavano esclusivamente i suoi programmi. La Corte ha osservato:

«Pertanto le ricorrenti — che erano necessariamente le uniche fonti di informazioni grezze sui programmi, materia prima indispensabile per produrre una guida televisiva settimanale — lasciavano al telespettatore desideroso di informarsi sull'offerta di programmi per la settimana seguente unicamente la possibilità di acquistare le guide settimanali di ogni emittente onde trarne personalmente i dati utili a un raffronto.

Il rifiuto di fornire informazioni grezze opposto dalle ricorrenti avvalendosi delle disposizioni nazionali sul diritto d'autore ha quindi ostacolato l'emergere di un prodotto nuovo — una guida settimanale completa dei programmi televisivi — che le ricorrenti non offrivano e per cui sussisteva una domanda potenziale da parte del consumatore, il che configura un abuso ex art. 86, secondo comma, lett. b), del Trattato» (30).

41.    Il Tribunale di primo grado ha preso in considerazione la sentenza Magill nella causa Tiercé Ladbroke/Commissione (31). La Commissione aveva respinto la denuncia della ricorrente contro il rifiuto, oppostole dalle imprese titolari dei diritti relativi alle immagini televisive e ai commenti sonori delle corse ippiche francesi

e dalla società che deteneva il diritto esclusivo di commercializzare tali immagini in Germania e in Austria, di concederle il diritto di ritrasmettere le immagini e i commenti sonori nelle sue agenzie ippiche in Belgio. Confermando la decisione della Commissione, il Tribunale ha anzitutto ritenuto che essa avesse correttamente definito il mercato del prodotto come mercato della ritrasmissione di suoni e immagini delle corse ippiche in generale ed il mercato geografico come il mercato belga. Passando quindi alla questione relativa all'abuso, il Tribunale ha osservato che fino ad allora le imprese non avevano concesso alcuna licenza per il Belgio; il loro rifiuto di concedere una licenza alla ricorrente non integrava pertanto una discriminazione tra gli operatori del mercato belga. Inoltre, poiché il mercato geografico era suddiviso in mercati distinti, il rifiuto non determinava una scompartimentazione dei mercati.

42.    Il Tribunale ha infine affermato che, in mancanza di questi elementi, il rifiuto di concedere una licenza di trasmissione non costituiva abuso ai sensi della sentenza Magill. Mentre nella causa Magill il rifiuto di concedere la licenza impediva alla ricorrente di accedere al mercato delle guide televisive complete, nella fattispecie la ricorrente non soltanto era già presente sul mercato delle scommesse sul quale il prodotto in questione, vale a dire suoni e immagini, veniva offerto ai consumatori, ma ne deteneva anche la quota maggiore, mentre i titolari dei diritti non erano presenti sul mercato. Inoltre, anche ammettendo che la presenza dei titolari dei diritti sul mercato belga non fosse determinante, non si sarebbe potuto comunque applicare l'art. 86:

«Infatti, il rifiuto opposto alla ricorrente potrebbe rientrare nel divieto dell'art. 86 solo se riguardasse un prodotto o un servizio che si presenta o come essenziale per l'esercizio dell'attività di cui trattasi, nel senso che non esiste alcun sostituto reale o potenziale, o come un prodotto nuovo la cui apparizione verrebbe ostacolata, nonostante una domanda potenziale specifica costante e regolare da parte dei consumatori (...)» (32).

43.    Dalle succitate sentenze risulta chiaramente che un'impresa in posizione dominante commette un abuso qualora, senza giustificato motivo, interrompa la fornitura di beni o servizi ad un cliente o elimini la concorrenza su un mercato vicino associando tra loro beni e servizi distinti. Tuttavia, risulta anche che un abuso può consistere nel mero rifiuto di una licenza nel caso in cui ciò impedisca ad un nuovo prodotto di entrare su un mercato vicino in concorrenza con il prodotto dell'impresa dominante sul detto mercato.

44.    La Commissione europea ha preso in esame talune fattispecie di rifiuto di vendita in una lunga serie di casi relativi all'applicazione degli artt. 85 e 86. Cito, ad esempio l'associazione, da parte dell'IBM, della vendita di computer alla vendita di memorie centrali e programmi base ed il rifiuto di fornire taluni programmi da

utilizzare in computer non prodotti dall'IBM (33); il rifiuto di fornire pellicole a sviluppo istantaneo senza garanzie circa il luogo in cui la pellicola sarebbe stata rivenduta (34); il rifiuto di fornire zucchero industriale a un produttore di zucchero raffinato riducendo la differenza di prezzo tra zucchero al dettaglio e zucchero industriale in tale misura che il margine di guadagno per un produttore indipendente di zucchero al dettaglio risultava insufficiente (35); il rifiuto, da parte di una compagnia aerea, di consentire ad una compagnia concorrente di accedere ad un sistema telematico di prenotazione, allo scopo di esercitare pressioni su di essa affinché aumentasse le tariffe o si ritirasse da una data linea (36); il rifiuto di accesso all'interlining, vale a dire all'emissione di biglietti per conto di un'altra compagnia aerea, opposto ad una compagnia quando questa aveva iniziato a fare concorrenza su una data linea (37); le clausole di contratti di vendita e distribuzione che impedivano a taluni supermercati di esporre marche di spezie di altri fornitori (38); la limitazione dell'accesso a condutture sotterranee utilizzate per rifornire gli aeromobili in un aeroporto (39). La Commissione ha inoltre imposto, quale condizione per l'esenzione, la fornitura a condizioni non discriminatorie di determinati servizi, quali i sistemi telematici di prenotazione per i servizi di trasporto aereo (40) e l'assegnazione di bande orarie per l'atterraggio e il decollo (41).

45.    Nelle sentenze Telemarketing e, soprattutto, Magill i commentatori hanno visto un avallo, da parte della Corte, della dottrina delle infrastrutture essenziali, cui la Commissione fa ricorso con sempre maggior frequenza nelle proprie decisioni. Poiché tale dottrina trae origine dalla normativa antitrust statunitense, può essere utile fornire una breve panoramica del diritto americano pertinente.

46.    Nel diritto statunitense la libertà di stipulare o meno viene considerata un aspetto fondamentale della libertà di commercio. La normativa antitrust, contenuta nella section 2 dello Sherman Act del 1890, mira essenzialmente a tutelare la concorrenza vietando l'acquisizione o la conservazione di un potere monopolistico più che disciplinando l'attività delle imprese in posizione dominante. Tuttavia, i giudici statunitensi hanno stabilito che sussiste l'obbligo di stipulare nei casi in cui trovi applicazione la dottrina delle infrastrutture essenziali o quando un'impresa faccia uso del proprio potere monopolistico su un mercato per acquisire una posizione dominante su un altro mercato con mezzi anticoncorrenziali («leveraging»), oppure qualora il rifiuto di stipulare sia inteso ad eliminare la concorrenza e a costituire un monopolio. Il rifiuto di un'impresa in posizione di monopolio di stipulare è lecito quando lo scopo sia semplicemente quello di selezionare la clientela o migliorare l'efficienza produttiva. Non è lecito quando determini una restrizione della concorrenza o un aumento dei prezzi o riduca altrimenti la qualità dei servizi o dei beni rispetto al prezzo fatturato al consumatore.

47.    La dottrina statunitense delle infrastrutture essenziali esige attualmente che un'impresa che gode di un potere monopolistico stipuli contratti con un concorrente qualora siano soddisfatte cinque condizioni (42). In primo luogo, il monopolista deve avere il controllo di un'infrastruttura essenziale. Un'infrastruttura è considerata essenziale quando l'accesso alla medesima è indispensabile per competere sul mercato con l'impresa che la controlla. Ad esempio, sono state considerate essenziali le seguenti infrastrutture: ponti ferroviari della città di St. Louis (43), una rete locale di telecomunicazioni (44), una rete elettrica locale (45). In secondo luogo, il concorrente deve essere praticamente o ragionevolmente impossibilitato a riprodurre l'infrastruttura essenziale. Non basta che tale

operazione sia difficile o costosa, ma non è richiesta l'assoluta impossibilità (46). In terzo luogo, al concorrente deve essere negato l'accesso all'infrastruttura. Tale condizione sembra comprendere il rifiuto di stipulare a condizioni ragionevoli (47). In quarto luogo, l'infrastruttura deve poter essere disponibile. In quinto luogo, non deve sussistere sotto il profilo commerciale alcun motivo legittimo per negare l'accesso all'infrastruttura. Un'impresa in posizione dominante che detenga il controllo di un'infrastruttura essenziale può giustificare il rifiuto di stipulare per legittimi motivi tecnici o commerciali(48). E' anche possibile giustificare un rifiuto adducendo ragioni di efficienza produttiva (49).

48.    La Commissione ha fatto per la prima volta esplicito riferimento alla dottrina delle infrastrutture essenziali in due decisioni recanti adozione di provvedimenti provvisori relative al Porto di Holyhead. Si tratta delle decisioni B&I Line plc/Sealink Harbours Ltd e Sealink Stena Ltd (50) e Sea Containers/Stena Sealink (51). Nella seconda la Commissione ha concluso che, negando l'accesso al porto di Holyhead a condizioni ragionevoli e non discriminatorie ad un potenziale concorrente sul mercato dei servizi di traghetto, la Sealink, in quanto gestore del porto, aveva abusato della propria posizione dominante sul mercato dei servizi portuali. In detta decisione la Commissione, riprendendo ed ampliando quanto aveva affermato nella prima decisione, ha affermato:

«Costituisce abuso ai sensi dell'articolo 86 del trattato, qualora siano soddisfatte le altre condizioni ivi previste, il fatto che un'impresa in posizione dominante in relazione ad un'infrastruttura essenziale utilizzi essa stessa tale infrastruttura (p. es.: un'attrezzatura o infrastruttura alla quale devono avere accesso i concorrenti per poter fornire i propri servizi ai clienti) e ne rifiuti l'accesso ad altre imprese senza ragioni oggettive o lo conceda solo a condizioni meno favorevoli di quelle praticate per i propri servizi. Un'impresa in posizione dominante non può fare discriminazioni a favore delle proprie attività in un mercato vicino. Costituisce abuso ai sensi dell'articolo 86 il fatto che il proprietario di un'infrastruttura essenziale si avvalga del potere detenuto su un mercato per proteggere o rafforzare

la propria posizione in un mercato vicino, in particolare rifiutando o concedendo l'accesso a un concorrente a condizioni meno favorevoli di quelle praticate per i propri servizi, ed imponendogli pertanto uno svantaggio in termini di competitività» (52).

49.    La Commissione ha basato la succitata decisione sulle sentenze della Corte Commercial Solvents (53), Telemarketing (54), GB-Inno-BM (55) ed ERT (56) e sulla sentenza Magill del Tribunale di primo grado (57). Essa ha poi aggiunto: «Tale principio si applica quando il concorrente intenzionato ad accedere all'infrastruttura essenziale è nuovo sul mercato di cui trattasi» (58).

50.    E' quindi chiaro che la Commissione ritiene che negare ad un concorrente l'accesso ad un'infrastruttura essenziale possa costituire di per sé un abuso anche in mancanza di altri elementi, quali l'associare tra loro delle vendite, la discriminazione nei confronti di un altro concorrente indipendente, la cessazione delle forniture a taluni clienti o l'agire deliberatamente per danneggiare un concorrente (si può però osservare che in molti dei casi da essa trattati questi elementi ulteriori erano presenti in maggiore o minore misura). Un'infrastruttura essenziale può essere un prodotto, quale una materia prima, o un servizio, che può consistere anche nel consentire l'accesso ad un luogo, ad esempio un porto o un aeroporto, o a un sistema di distribuzione, quale una rete di telecomunicazioni. In molti casi il rapporto è verticale, nel senso che l'impresa in posizione dominante riserva il prodotto o il servizio alle attività da essa svolte su un mercato a valle o fa una discriminazione a favore di tali attività, ai danni dei concorrenti sul mercato a valle. Esso può tuttavia essere anche orizzontale, nel senso che l'impresa associa tra loro le vendite di prodotti o servizi vicini, ma distinti.

51.    Per stabilire se un'infrastruttura sia essenziale o meno la Commissione valuta la gravità dello svantaggio e accerta se esso sia permanente o meramente temporaneo. Il criterio da applicare è stato descritto da un commentatore come consistente nell'esaminare «se lo svantaggio risultante dal diniego di accesso possa logicamente rendere le attività dei concorrenti sul mercato di cui trattasi impossibili

o permanentemente, gravemente e inevitabilmente antieconomiche» (59). Il criterio applicato è oggettivo e riguarda i concorrenti in generale. Così, un singolo concorrente non può invocare la propria particolare vulnerabilità.

52.    Risulta quindi che nella prassi della Commissione relativa ai casi concernenti il diniego di forniture la nozione di infrastrutture essenziali abbia un ruolo importante.

53.    Gli ordinamenti degli Stati membri generalmente considerano la libertà di stipulare come un elemento essenziale del libero commercio. Tuttavia, le norme di taluni Stati membri in materia di concorrenza dispongono espressamente che un rifiuto ingiustificato di stipulare può costituire abuso di posizione dominante. E' questo il caso della Spagna (60), della Finlandia (61), della Francia (62), della Grecia (63) e del Portogallo (64). Per quanto riguarda in particolare le infrastrutture essenziali, in alcuni Stati membri specifiche disposizioni di legge vietano alle imprese che ne detengono il controllo di rifiutare senza giustificati motivi la stipula di contratti per la messa a disposizione delle medesime. E' questo il caso della Finlandia per quanto riguarda la rete telefonica (65), la rete di distribuzione elettrica (66) e i servizi postali (67), e dell'Austria in relazione alla rete ferroviaria (68), alla produzione e distribuzione di energia (69) ed ai servizi di tram e autobus (70).

In altri Stati membri la nozione di infrastrutture essenziali ha cominciato a svilupparsi partendo da principi più generali per obbligare le imprese che controllano tali infrastrutture a non negare l'accesso alle stesse senza giustificati motivi. In Danimarca, prima dell'entrata in vigore di una nuova legge (71), questa nozione è stata applicata relativamente al porto di Helsingør e alla rete di distribuzione elettrica del Siælland (72). In Francia la nozione è stata applicata a proposito di un eliporto (73). In una causa spagnola vertente sull'accesso a forniture di tabacco (74) è stata sostanzialmente richiamata la dottrina delle infrastrutture essenziali elaborata dalla Commissione nella decisione Sea Containers/Stena Sealink (75).

Analisi delle questioni

54.    Alla luce di tale contesto esaminerò il problema sollevato con la prima questione del giudice nazionale. Si può osservare che, sebbene una delle doglianze della Bronner riguardi il fatto che la Mediaprint, negando l'accesso alla propria rete di recapito a domicilio, l'ha discriminata rispetto ad un altro editore indipendente, il giudice a quo non ha sollevato questioni a tale riguardo. Il fine della prima questione del giudice nazionale è stabilire se un'impresa nella posizione della Mediaprint commetta un abuso, in mancanza di altri elementi come l'interruzione delle forniture, l'associazione di vendite o la discriminazione tra clienti indipendenti, allorché nega a un altro editore l'accesso ad una sistema di distribuzione da essa sviluppato per i propri fini commerciali.

55.    Dalla trattazione che precede risulta chiaramente che questa questione solleva un problema generale che può sorgere in una serie di contesti differenti. Anche se, tenuto conto dei fatti della presente causa, non sarebbe opportuno tentare di fornire esaurienti criteri di orientamento sul problema, occorre chiarire alcuni punti generali prima di volgere l'attenzione più specificamente al caso in esame.

56.    In primo luogo, risulta che il diritto di scegliere i propri partner commerciali e quello di disporre liberamente dei propri beni sono principi generalmente riconosciuti dagli ordinamenti degli Stati membri, in alcuni casi a livello costituzionale. Toccare tali diritti richiede un'accurata giustificazione.

57.    In secondo luogo, la giustificazione, in termini di politica di concorrenza, di un'interferenza nella libertà di stipulare di un'impresa in posizione dominante spesso richiede un'attenta ponderazione di considerazioni contrapposte. Nel lungo periodo è generalmente a vantaggio della concorrenza e nell'interesse dei consumatori consentire ad un'impresa di riservare a sé stessa le proprie infrastrutture, sviluppate per i propri fini commerciali. Ad esempio, qualora si consentisse con eccessiva facilità l'accesso ad un'infrastruttura di produzione, acquisto o distribuzione, i concorrenti non sarebbero incentivati a predisporre infrastrutture concorrenti. In tal modo la concorrenza, incrementata nel breve periodo, diminuirebbe nel lungo periodo. Inoltre, un'impresa in posizione dominante sarebbe meno incentivata ad investire in infrastrutture efficienti qualora ai suoi concorrenti fosse consentito, su richiesta, di condividerne i vantaggi. Pertanto, il semplice fatto che un'impresa in posizione dominante conservi un vantaggio su un concorrente utilizzando un'infrastruttura in via esclusiva non può giustificare l'imposizione dell'obbligo di concedere l'accesso all'infrastruttura medesima.

58.    In terzo luogo, nel valutare la questione è importante non perdere di vista il fatto che il fine principale dell'art. 86 è prevenire distorsioni della concorrenza — e in particolare tutelare gli interessi dei consumatori — piuttosto che proteggere la posizione di singoli concorrenti. Ad esempio, nel caso in cui un concorrente chieda di avere accesso ad una materia prima per poter competere con l'impresa in posizione dominante su di un mercato a valle relativamente a un prodotto finito, potrebbe non essere adeguato concentrare l'attenzione soltanto sul potere di quest'ultima sul mercato a monte e concludere che il fatto di riservarsi il mercato a valle costituisca automaticamente un abuso. Tale comportamento non ha un impatto negativo sui consumatori, salvo che il prodotto finito dell'impresa in posizione dominante non sia sufficientemente isolato dalla concorrenza da poter conferire un potere di mercato all'impresa medesima.

59.    Si può osservare che nella causa Commercial Solvents l'avvocato generale Warner, pervenendo alla medesima conclusione raggiunta dalla Corte, ha preso in considerazione anche la situazione sul mercato a valle:

«Sia come sia, non ritengo che si possa scindere la questione del se il mercato delle materie prime destinate alla produzione di un particolare composto [costituisca un] mercato di cui si debba tener conto dalla questione del se il mercato del prodotto finito sia invece il solo determinante. Il consumatore, in definitiva, è interessato al

prodotto finito e l'art. 86 riguarda il pregiudizio per il consumatore, sia diretto che indiretto» (76).

60.    Il composto in questione era un farmaco usato nella terapia della tubercolosi, l'etambutolo. Sotto il profilo dei fatti l'avvocato generale ha ritenuto che la Commissione avesse correttamente concluso nel senso che il mercato dell'etambutolo poteva giustamente considerarsi un mercato a sé, dal momento che il prodotto veniva utilizzato in combinazione con altri farmaci antitubercolari e ne rappresentava un complemento, piuttosto che un concorrente.

61.    D'altro canto, è chiaro che il diniego di accesso può in alcuni casi determinare l'eliminazione o la riduzione sostanziale della concorrenza a svantaggio dei consumatori sia nel breve che nel lungo periodo. Ciò avviene quando l'accesso ad un'infrastruttura costituisce un presupposto della concorrenza su un mercato vicino di beni e servizi che hanno uno scarso livello di intercambiabilità.

62.    Nel valutare questi interessi contrapposti occorre prestare particolare attenzione nei casi in cui i beni o i servizi o le infrastrutture ai quali viene chiesto l'accesso rappresentano il risultato di un investimento considerevole. Ciò può avvenire in particolare nel caso del diniego di una licenza per l'esercizio di diritti di proprietà intellettuale. Qualora tali diritti esclusivi siano riconosciuti per un periodo limitato, ciò implica una ponderazione dell'interesse alla libera concorrenza con quello a dare un incentivo alla ricerca, allo sviluppo e alla creatività. E' quindi a ragione che la Corte ha affermato che il rifiuto di concedere una licenza non costituisce di per sé, in mancanza di altri elementi, un abuso (77).

63.    La sentenza Magill (78) può, a mio parere, essere spiegata con le circostanze particolari del caso di specie, che hanno fatto propendere per l'obbligo di concedere la licenza. In primo luogo, i prodotti esistenti, vale a dire le guide settimanali concernenti specificamente ciascun canale televisivo, erano inadeguati, in particolare se comparati con le guide di cui dispongono gli spettatori di altri paesi. L'esercizio del diritto d'autore impediva quindi l'emergere sul mercato di un nuovo prodotto per il quale sussisteva una forte domanda. In secondo luogo, la protezione del diritto d'autore per i palinsesti dei programmi era difficilmente giustificabile in termini di ricompensa o di incentivo dello sforzo creativo. In terzo luogo, poiché una guida di programmi televisivi è utile per un periodo di tempo relativamente breve, l'esercizio del diritto d'autore costituiva un ostacolo permanente all'ingresso sul mercato del nuovo prodotto. Si può osservare, incidentalmente, che in determinate circostanze le stesse normative nazionali sulla

proprietà intellettuale impongono limitazioni mediante disposizioni sulle licenze obbligatorie.

64.    Mentre in generale l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale restringe la concorrenza soltanto per un periodo di tempo limitato, il monopolio di un'impresa in posizione dominante per un prodotto, servizio o infrastruttura può, in alcuni casi, determinare l'esclusione permanente della concorrenza su un mercato vicino. In casi del genere si può garantire la concorrenza soltanto qualora si obblighi l'impresa in posizione dominante a fornire il prodotto o servizio oppure a consentire l'accesso all'infrastruttura. A mio parere, però, tale obbligo dev'essere interamente compensato consentendo all'impresa di traslare una congrua quota dei suoi costi di investimento sulle forniture e di garantirsi un frutto adeguato del suo investimento, tenuto conto della misura del rischio da essa corso. Lascio in sospeso la questione se in taluni casi possa risultare opportuno consentire all'impresa di conservare il proprio monopolio per un certo periodo di tempo.

65.    A me sembra che un intervento di questo tipo, venga esso interpretato come applicazione della dottrina delle infrastrutture essenziali o, più tradizionalmente, come reazione al rifiuto di fornire beni o servizi, possa essere giustificato, dal punto di vista della politica della concorrenza, soltanto nei casi in cui l'impresa dominante detenga un'effettiva posizione di supremazia sul mercato vicino. Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, quando la riproduzione dell'infrastruttura risulti impossibile o estremamente difficile a causa di vincoli di natura fisica, geografica o giuridica oppure sia estremamente inopportuna per motivi di natura politica. Non è sufficiente che il controllo di un'infrastruttura attribuisca ad un'impresa un vantaggio in termini di concorrenza.

66.    Non escludo la possibilità che il costo della riproduzione di un'infrastruttura possa, di per sé solo, costituire un ostacolo insormontabile all'ingresso sul mercato. Ciò potrebbe avvenire in particolare nei casi in cui la creazione dell'infrastruttura abbia avuto luogo in condizioni non concorrenziali, ad esempio grazie, in parte, ad un finanziamento pubblico. A mio parere, tuttavia, il criterio da applicare deve essere oggettivo: in altre parole, perché un diniego di accesso costituisca un abuso occorre che la concorrenza risulti estremamente difficile non solo per l'impresa che chiede l'accesso, ma anche per qualunque altra impresa. Pertanto, se il costo della riproduzione dell'infrastruttura costituisce, di per sé, un ostacolo all'ingresso sul mercato, esso deve essere tale da scoraggiare qualsiasi imprenditore prudente dall'entrare sul mercato. A tale proposito, mi sembra necessario considerare tutte le circostanze, compresa la misura cui l'impresa in posizione dominante, considerati il grado di ammortamento dell'investimento ed i costi di manutenzione, deve traslare i costi dell'investimento o della manutenzione sui prezzi praticati sul mercato vicino (tenendo presente che il concorrente, che, avendo riprodotto l'infrastruttura, deve competere sul mercato vicino, avrà costi di ammortamento iniziale alti, ma forse bassi costi di manutenzione).

67.    Mi pare chiaro che nella presente causa la Mediaprint non può essere obbligata a consentire alla Bronner di accedere alla sua rete nazionale di recapito a domicilio. Sebbene la Bronner possa non essere in grado di riprodurre la rete della Mediaprint, essa può tuttavia ricorrere a numerosi — ancorché meno convenienti — mezzi di distribuzione alternativi. Tale conclusione si ricava da quanto affermato nello stesso giornale «Der Standard», secondo cui «lo 'Standard' sta crescendo in modo spettacolare in termini sia di nuovi abbonamenti (con un incremento del 15%) sia di inserzioni pubblicitarie (con un incremento del 30% rispetto all'anno scorso)» (79). Tale affermazione sembra poco coerente con l'affermazione secondo cui l'accesso alla rete di distribuzione della Mediaprint è necessario perché lo «Standard» possa competere sul mercato dei quotidiani.

68.    Occorrerebbe inoltre dimostrare che l'entità dell'investimento necessario per costituire una sistema nazionale di recapito a domicilio sia tale da scoraggiare dall'entrare sul mercato un intraprendente editore convinto che vi sia domanda di altro quotidiano a larga diffusione. Certo, come afferma la Bronner, costituire una rete nazionale di distribuzione per un quotidiano a diffusione limitata potrebbe risultare antieconomico. Nel breve periodo, quindi, si dovrebbero prevedere perdite, il che richiederebbe un certo livello di investimenti. Tuttavia, lo scopo della creazione di una rete nazionale concorrente sarebbe quello di competere ad armi pari con i quotidiani della Mediaprint ed aumentare in misura sostanziale ladiffusione geografica e la circolazione.

69.    Accogliere la tesi della Bronner significherebbe condurre la Comunità, nonché le autorità e i giudici nazionali, a procedere ad una particolareggiata regolamentazione dei mercati comunitari, comprendente la fissazione dei prezzi e delle condizioni relative alla fornitura in ampi settori dell'economia. Un intervento su questa scala sarebbe non solo impraticabile, ma anche anticoncorrenziale nel lungo periodo e sarebbe in verità poco compatibile con un'economia di mercato.

70.    Mi sembra pertanto che la fattispecie non corrisponda al tipo di situazione in cui potrebbe essere opportuno imporre a un'impresa in posizione dominante l'obbligo di concedere l'accesso ad un'infrastruttura da essa predisposta per il proprio uso.

Seconda questione

71.    Lo scopo della seconda questione posta dal giudice nazionale è stabilire se, associando l'accesso al suo servizio di recapito a domicilio ad altri servizi, quali la commercializzazione nelle rivendite e la stampa, un'impresa che si trovi nella situazione della Mediaprint abusi della propria posizione dominante.

72.    La seconda questione non è espressamente limitata all'ipotesi di una soluzione affermativa della prima questione. Nondimeno, a me sembra ch'essa si ponga soltanto in questo caso.

73.    E' vero che, in linea di principio, la seconda questione potrebbe porsi anche in caso di soluzione negativa della prima questione. Anche qualora il rifiuto di un'impresa in posizione dominante di consentire l'accesso alla sua rete di distribuzione non costituisca di per sé un abuso, detta impresa può tuttavia commetterne uno qualora, senza motivo, subordini detto accesso alla prestazione di altri servizi e quindi tenti di estendere la sua potenza economica ad un mercato vicino. Date le circostanze del caso di specie, tuttavia, tale questione sarebbe puramente ipotetica. La Mediaprint ha negato alla Bronner l'accesso alla sua rete di distribuzione indipendentemente dalle condizioni, e, nei suoi contatti con la Bronner, non ha tentato di subordinare l'accesso alla prestazione di altri servizi.

74.    Dunque, lo scopo della seconda questione è semmai stabilire se, qualora il diniego di accesso alla rete nazionale di recapito a domicilio costituisca un abuso, la Mediaprint, consentendo tale accesso, possa imporre alla Bronner di acquistare taluni altri servizi. Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, qualora si potesse dimostrare che, dati i tempi strettissimi dei quotidiani, sarebbe impossibile affidare la stampa e la distribuzione ad imprese distinte. In altre parole, il giudice nazionale desidera sapere, in caso di soluzione affermativa della prima questione, quali siano le condizioni alle quali egli dovrebbe ordinare alla convenuta di consentire l'accesso.

75.    Poiché, a mio parere, occorre risolvere la prima questione in senso negativo, la seconda questione non si pone.

Conclusione

76.    Ritengo pertanto che le questioni deferite dall'Oberlandesgericht di Vienna vadano risolte come segue:

Non costituisce abuso di posizione dominante ai sensi dell'art. 86 del Trattato CE il fatto che un imprenditore, il quale detiene una rilevatissima quota del mercato dei quotidiani in uno Stato membro e gestisce l'unica rete nazionale di recapito a domicilio agli abbonati, neghi all'editore di un quotidiano concorrente l'accesso a detto servizio di recapito a domicilio.


1: Lingua originale: l'inglese.


2: —    V., ad esempio, sentenza 17 settembre 1997, causa C-54/96, Dorsch Consult (Racc. pag. I-4961).


3: —    Sentenza 19 ottobre 1995, causa C-111/94, Job Centre (Racc. pag. I-3361, punto 9).


4: —    Art. 88.


5: —    Art. 89, n. 1.


6: —    Art. 94.


7: —    Art. 92.


8: —    V., in particolare, l'art. 43.


9: —    Sentenza 30 gennaio 1974, causa 127/73, BRT/SABAM (Racc. pag. 51, punto 15).


10: —    Sentenza 15 dicembre 1976, causa 35/76, Simmenthal (Racc. pag. 1871).


11: —    Punti 19 e 20.


12: —    GU 1997, C 313, pag. 3.


13: —    Sentenze 17 luglio 1997, causa C-28/95, Leur-Bloem (Racc. pag. I-4161), e causa C-130/95, Giloy (Racc. pag. I-4291).


14: —    Sentenza 13 febbraio 1969, causa 14/68, Wilhelm (Racc. pag. 1).


15: —    V. la sentenza Wilhelm, già citata, la sentenza 10 luglio 1980, cause riunite 253/78 e da 1/79 a 3/79, Giry e Guerlain (Racc. pag. 2327), le conclusioni dell'avvocato generale Tesauro nella causa C-266/93, Volkswagen e VAG Leasing (Racc. 1995, pag. I-3477), e la comunicazione della Commissione citata nella nota 11, punti 16-22.


16: —    Robert Walz, «Rethinking Walt Wilhelm, or the Supremacy of Community Competition Law over National Law», 1996 ELRev, Vol. 21, pag. 449.


17: —    V., in generale, la comunicazione della Commissione citata supra, nota 11.


18: —    V. sentenza 28 marzo 1995, causa C-346/93, Kleinwort Benson (Racc. pag. I-615).


19: —    V. sentenza 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands/Commissione (Racc. pag. 207, punti 22-35). V. altresì la comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell'applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza, GU 1997, C 372, pag. 5.


20: —    Punto 65.


21: —    Sentenza 6 marzo 1974, cause riunite 6/73 e 7/73, Istituto Chemioterapeutico Italiano e Commercial Solvents/Commissione (Racc. pag. 223).


22: —    Citata supra, nota 18.


23: —    Punto 182.


24: —    Sentenza 3 ottobre 1985, causa 311/84, CBEM/CLT e IPB (Racc. pag. 3261).


25: —    Sentenza 13 dicembre 1991, causa C-18/88 (Racc. pag. I-5941).


26: —    Sentenza GB-Inno-BM, punto 18.


27: —    Sentenza 5 ottobre 1988, causa 238/87, Volvo/Veng (Racc. pag. 6211).


28: —    Punti 8 e 9. V. altresì sentenza 5 ottobre 1988, causa 53/87, CICRA e a. (Racc. pag. 6039).


29: —    Sentenza 6 aprile 1995, cause riunite C-241/91 P e C-242/91 P, RTE e ITP/Commissione (Racc. pag. I-743), nota come «sentenza Magill».


30: —    Punti 53 e 54.


31: —    Sentenza 12 giugno 1997, causa T-504/93 (Racc. pag. II-923); ricorso pendente avverso la sentenza del Tribunale di primo grado (causa C-300/97 P).


32: —    Punto 131.


33: —    Sentenza 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione (Racc. pag. 2639).


34: —    Polaroid/SSI, XIII Relazione sulla politica della concorrenza (1984), pag. 95.


35: —    Decisione della Commissione 18 luglio 1988, 88/518/CEE, relativa ad una procedura a norma dell'art. 86 del Trattato CEE (IV/30.178 — Napier Brown/British Sugar) (GU L 284, pag. 41).


36: —    Decisione della Commissione 4 novembre 1988, 88/589/CEE, relativa ad una procedura a norma dell'art. 86 del Trattato (IV/32.318 — London European/Sabena) (GU L 317, pag. 47).


37: —    Decisione della Commissione 26 febbraio 1992, 92/213/CEE, relativa ad una procedura a norma degli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (IV/33.544 — British Midland/Aer Lingus) (GU L 96, pag. 34) e Lufthansa/Air Europe, XX Relazione sulla politica della concorrenza (1991), pag. 98.


38: —    Decisione della Commissione 21 dicembre 1977, 78/172/CEE, relativa ad una procedura d'applicazione dell'art. 85 del Trattato CEE (IV/29.418 — Spezie) (GU 1978, L 53, pag. 20).


39: —    Disma, XXIII Relazione sulla politica della concorrenza (1994), pag. 153.


40: —    Regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre 1993, n. 3652, relativo all'applicazione dell'art. 85, n. 3, del Trattato CE ad alcune categorie di accordi fra imprese sui sistemi telematici di prenotazione per i servizi di trasporto aereo (GU L 333, pag. 37).


41: —    Regolamento (CEE) della Commissione 25 giugno 1993, n. 1617, relativo all'applicazione dell'art. 85, n. 3 del Trattato CEE ad alcune categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate aventi per oggetto, sui servizi aerei di linea, la programmazione congiunta e il

coordinamento degli orari, gli esercizi congiunti, le consultazioni sulle tariffe per i passeggeri e le merci e l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti (GU L 155, pag. 18), e regolamento (CEE) del Consiglio 18 gennaio 1993, n. 95, relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità (GU L 14, pag. 1).


42: —    V. MCI Communications/AT&T, 708 F.2d 1081 (7th Cir. 1983), 464 US 891 (1983).


43: —    United States/Terminal Railroad Associations of St. Louis, 224 US 383 (1912).


44: —    MCI Communications/AT&T, citata nella nota 41.


45: —    Otter Tail Power Co./United States, 410 US 366 (1973).


46: —    V., ad esempio, Fishman/Estate of Wirtz, 807 F.2d 520 (7th Cir. 1986).


47: —    Eastman Kodak Co./Southern Photo Materials Co., 273 US 359 (1927).


48: —    V., ad esempio, Byars/Bluff City News Co., 609 F.2d 843 (6th Cir. 1979).


49: —    R.H. Bork: «The Antitrust Paradox», 1978 (ristampa 1993), pag. 346. Aspen Skiing Co./Aspen Highlands Skiing Corp., 427 US 585 (1985).


50: —    Decisione della Commissione 11 giugno 1992 (Bollettino CE n. 6-1992).


51: —    Decisione della Commissione 21 dicembre 1993, 94/19/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'art. 86 del Trattato CE (IV/34.689 — Sea Containers/Stena Sealink - provvedimenti provvisori) (GU 1994, L 15, pag. 8).


52: —    Punto 66 della decisione.


53: —    Citata supra, nota 20.


54: —    Citata supra, nota 23.


55: —    Citata supra, nota 25.


56: —    Sentenza 18 giugno 1991, causa C-260/89 (Racc. pag. I-2925).


57: —    Sentenza 10 luglio 1991, causa T-69/89, RTE/Commissione (Racc. pag. II-485).


58: —    Punto 67 della decisione della Commissione 94/19.


59: —    J. Temple Lang «Defining legitimate competition: companies' duties to supply competitors, and access to essential facilities», Fordham International Law Journal, Vol. 18 (1994), pag. 245, a pagg. 284 e 285.


60: —    Art. 6 della legge sulla concorrenza 17 luglio 1989, n. 16, Defensa de la Competencia (BOE n. 170 del 18 luglio 1989); decisione del Tribunal de la Defensa de la Competencia del 1° febbraio 1995, causa 350/94, 3 C Communications España/Telefónica de España (Teléfonos en Aeropuertos).


61: —    Art. 7 della Laki kilpailunrajoituksista 27.5.1992/480.


62: —    Art. 8 dell'ordinanza n. 86-1243 del 1° dicembre 1986, Code de Commerce, (Ed. Dalloz, 1990-91, pag. 523).


63: —    Art. 2, lett. c), della legge n. 703/1977.


64: —    Artt. 3, n. 4, e 2, lett. f) e g), del decreto legge n. 371/93.


65: —    Art. 15 della Telemarkkinalaki 30.4.1997/386.


66: —    Artt. 9.2 e 10.1 della Sähkömarkkinalaki 17.3.1995/386.


67: —    Art. 4.2 della Postitoimintalaki 29.10.1993/907.


68: —    Art. 3 dell'Eisenbahnbeforderungsgesetz 1988, BGBI. 180/1988.


69: —    Artt. 6 e 8 dell'Elektrizitätswirtschaftsgesetz 1975, BGBI. 260/1975.


70: —    Art. 8, n. 2, della Kraftfahrlinienverkehrsgesetz 1952, BGBI. 84/1952.


71: —    Legge 10 giugno 1997, n. 384.


72: —    Konkurrencerådet Dokumentation 1996-1, pag. 60.


73: —    Decisione del Conseil de la concurrence n. 96-D-51 del 3 settembre 1996, SARL Héli-Inter Assistance, BOCC 8 gennaio 1997, pag. 3.


74: —    Decisione del Tribunal de la Defensa de la Competencia del 26 maggio 1997, causa 21/97, McLane España/Tabacalera,


75: —    Citata supra, paragrafo 48.


76: —    Pag. 267.


77: —    Sentenza Volvo, citata supra, nota 26.


78: —    Citata supra, nota 28.


79: —    Numero del 28 febbraio 1997, allegato alle osservazioni della Mediaprint.