Language of document : ECLI:EU:C:2017:379

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

17 maggio 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libertà di stabilimento – Direttiva sulle società madri e figlie – Normativa tributaria – Imposta sugli utili societari – Distribuzione di dividendi – Ritenuta alla fonte – Doppia imposizione – Fairness Tax»

Nella causa C‑68/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio), con decisione del 28 gennaio 2015, pervenuta in cancelleria il 13 febbraio 2015, nel procedimento

X

contro

Ministerraad,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, E. Regan, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev e C.G. Fernlund (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 giugno 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per X, da T. Engelen, L. Ketels e P. Renier, advocaten,

–        per il governo belga, da J.-C. Halleux, D. Delvaux, M. Jacobs e C. Pochet, in qualità di agenti,

–        per il governo francese, da D. Colas,.J.-S. Pilczer e S. Ghiandoni, in qualità di agenti,

–        per la Commissione europea, da W. Roels e C. Soulay, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 novembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 4, paragrafo 3, nonché dell’articolo 5 della direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 2011, L 345, pag. 8, in prosieguo: la «direttiva sulle società madri e figlie»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra X e il Ministerraad (Consiglio dei Ministri, Belgio) in merito ad un ricorso volto all’annullamento delle disposizioni di diritto nazionale che prevedono un’imposta distinta dall’imposta sulle società e dall’imposta per i non-residenti, denominata «fairness tax», gravante sulle società residenti e non residenti nel caso in cui tali società distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio imponibile definitivo.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        Ai sensi del considerando 3 della direttiva sulle società madri e figlie, l’obiettivo di tale direttiva è di esentare dalle ritenute alla fonte i dividendi e altri utili distribuiti dalle società figlie alla propria società madre ed eliminare le doppie imposizioni su tali redditi a livello di società madre.

4        I considerando 7 e 9 di tale direttiva così recitano:

«(7)      Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti, lo Stato membro della società deve astenersi dal sottoporre tali utili a imposizione, oppure sottoporli a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società figlia a fronte di detti utili.

(…)

(9)      La corresponsione degli utili a una stabile organizzazione della società madre come pure la percezione degli utili da parte della stessa dovrebbe dar luogo al medesimo trattamento applicabile tra una società figlia e la società madre (…)».

5        L’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della direttiva medesima prevede quanto segue:

«1. Quando una società madre o la sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto di partecipazione tra la società madre e la sua società figlia, riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre e lo Stato della sua stabile organizzazione:

a)      si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione;

b)      li sottopongono a imposizione, autorizzando però detta società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa ai suddetti utili e pagata dalla società figlia e da una sua sub-affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub-affiliata ricadano nelle definizioni di cui all’articolo 2 e soddisfino i requisiti di cui all’articolo 3 entro i limiti dell’ammontare dell’imposta corrispondente dovuta

(…)

3. Ogni Stato membro ha la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre.

In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia».

6        Il successivo articolo 5 così dispone:

«Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte».

 Diritto belga

7        Il wetboek van de inkomstenbelastingen 1992 (Codice delle imposte sui redditi 1992) è stato modificato dalla wet houdende diverse bepaligen (legge recante diverse disposizioni), del 30 luglio 2013 (Belgisch Staatsblad, 1o agosto 2013) (in prosieguo: il «CIR 92»). Il capo 15 della menzionata legge del 30 luglio 2013 contiene una sezione 2, la cui sottosezione 1 è intitolata «Fairness Tax». Tale sottosezione è composta dagli articoli da 43 a 51, recanti modifica degli articoli 198, 207, 218, 219 ter, 233, 246, 275 e 463 bis del CIR 92.

8        A norma dell’articolo 198, paragrafo 1, 1°, del CIR 92:

«Non si considerano costi d’impresa:

1°      l’imposta sulle società, ivi compresi i tributi speciali dovuti a norma degli articoli da 219 bis a 219 quater, le somme versate da imputare all’imposta sulle società e la ritenuta d’acconto mobiliare a carico del debitore del reddito a discarico del beneficiario in violazione dell’articolo 261, ma ad esclusione del tributo speciale dovuto in forza dell’articolo 219».

9        L’articolo 207, secondo comma, del codice medesimo prevede quanto segue:

«Nessuna di tali deduzioni o compensazioni con la perdita del periodo d’imposta può essere operata sulla parte del risultato derivante da proventi straordinari di cui all’articolo 79, né sui proventi finanziari o di qualsiasi natura, pervenuti ai sensi degli articoli 53, 24°, né sulla base imponibile del tributo speciale previsto sui proventi o costi di qualsiasi natura, non giustificati a norma dell’articolo 219, né sulla parte degli utili destinati ai costi di cui all’articolo 198, § 1, 9° et 12°, né sulla parte degli utili derivanti dall’inosservanza dell’articolo 194 quater, § 2, comma 4 e dall’applicazione dell’articolo 194 quater, § 4, né sulle plusvalenze di cui all’articolo 217, 3°, né sui dividendi di cui all’articolo 219 ter».

10      Il successivo articolo 218, paragrafo 1, prevede quanto segue:

«L’imposta determinata ai sensi degli articoli da 215 a 217 e l’imposta distinta di cui all’articolo 219 ter sono eventualmente maggiorate nella misura prevista, in materia di imposta sulle persone fisiche, dagli articoli da 157 a 168, in caso di assenza o insufficienza degli acconti versati.

In deroga agli articoli 160 e 165, la limitazione della maggiorazione al 90% e l’aumento della base di calcolo al 106% dell’imposta dovuta allo Stato, non sono tuttavia applicabili».

11      A termini del successivo articolo 219 ter:

«§ 1. Per il periodo d’imposta in cui siano stati distribuiti dividendi ai sensi dell’articolo 18, comma 1, da 1° a 2° bis, viene istituito un tributo speciale, calcolato in base alle disposizioni dei seguenti paragrafi.

Tale tributo speciale è indipendente da, ed è eventualmente complementare ad altre imposte dovute in forza di altre disposizioni del presente Codice o, eventualmente, nell’ambito dell’attuazione di specifiche disposizioni di legge.

§ 2. La base imponibile di tale tributo speciale è costituita dalla differenza positiva tra, da un lato, i dividendi lordi distribuiti per relativo periodo d’imposta e, dall’altro, il risultato d’esercizio definitivo imponibile effettivamente soggetto all’aliquota dell’imposta sulle società di cui agli articoli 215 e 216.

§ 3. La base imponibile così determinata è ridotta di una somma pari ai dividendi distribuiti derivanti da accantonamenti soggetti a tassazione in precedenza, ma non oltre l’esercizio fiscale 2014. Per l’applicazione di tale riduzione, gli accantonamenti già tassati saranno considerati in via prioritaria sugli ultimi accantonamenti iscritti.

Per l’esercizio fiscale 2014, i dividendi distribuiti nel corso dello stesso esercizio fiscale non possono mai essere presi in considerazione a titolo di accantonamenti tassati del medesimo esercizio fiscale.

§ 4. Il saldo così determinato viene poi limitato secondo una percentuale che esprime il rapporto tra:

–        da un lato, al numeratore, la deduzione per perdite riportate effettivamente operata per il periodo imponibile e la deduzione per capitale di rischio effettivamente operata per il medesimo periodo d’imposta, e

–        dall’altro, al denominatore, il risultato fiscale del periodo d’imposta, al netto delle minusvalenze, degli accantonamenti e delle plusvalenze esenti.

§ 5. La base imponibile determinata conformemente ai precedenti paragrafi non può essere limitata o ridotta in nessun altro modo.

§ 6. Il tributo speciale è pari al 5% dell’importo così calcolato.

§ 7. Le società che, in base all’articolo 15 del Codice societario, sono considerate piccole società per l’esercizio fiscale inerente al periodo d’imposta in cui vengono distribuiti i dividendi, non sono soggette a detto tributo».

12      L’articolo 233, terzo comma, del CIR 92 così recita:

«È inoltre istituito un tributo speciale secondo quanto previsto all’articolo 219 ter. Per l’applicazione di tale misura, per quanto concerne le stabili organizzazioni belghe, si intende per “dividendi distribuiti”, la quota parte dei dividendi lordi distribuiti dalla società, corrispondenti alla quota parte positiva del risultato contabile della stabile organizzazione belga nel risultato contabile complessivo della società».

13      L’articolo 246, primo comma, n.3, del codice medesimo così recita:

«Fatto salvo l’articolo 218, il tributo speciale di cui all’articolo 233, terzo comma, è determinato all’aliquota del 5%».

14      L’articolo 463 bis, paragrafo 1, n.1, del codice stesso così dispone:

«A titolo di contributo complementare di crisi, vengono previsti, a beneficio esclusivo dello Stato, 3 centesimi supplementari:

1°      sull’imposta sulle società, sull’imposta sulle persone giuridiche di cui agli articoli 220, 2° e 3, e, per i soggetti passivi di cui agli articoli 227, 2° e 3°, ad eccezione degli Stati esteri e delle loro suddivisioni politiche o delle loro autorità locali, sull’imposta per i non residenti, ivi comprese i tributi speciali di cui agli articoli 219 bis, 219 ter e 246, comma 1°, 2° e 3; i contributi complementari di crisi sono calcolati su tali imposte determinate:

–        prima dell’imputazione dei versamenti anticipati di cui agli articoli 218, 226 e 246, comma 1, 1°, e comma 2, delle ritenute, della parte forfettaria dell’imposta estera e del credito d’imposta di cui agli articoli da 277 a 296;

–        prima dell’applicazione della maggiorazione prevista in caso di assenza o insufficienza di acconti, di cui al primo trattino».

15      Il successivo articolo 2757, quarto comma, così dispone:

«Il Re può aumentare la percentuale prevista al terzo comma per mezzo di decreto deliberato dal Consiglio dei Ministri per i datori di lavoro di cui al presente articolo che siano considerati quali piccole società ai sensi dell’articolo 15 del Codice societario ovvero siano persone fisiche rispondenti, mutatis mutandis, ai criteri sanciti dal medesimo articolo 15. Il Re sottopone alle camere legislative, immediatamente se sono riunite, altrimenti direttamente all’apertura della successiva sessione, un progetto di legge di conferma dei decreti emanati in esecuzione del presente comma».

16      L’articolo 51 della legge del 30 luglio 2013, recante diverse disposizioni, così dispone:

«Gli articoli da 43 a 49 entrano in vigore a decorrere dall’esercizio fiscale 2014.

Ogni modifica apportata, successivamente al 28 giugno 2013, alla data di chiusura dei conti annuali resta irrilevante ai fini dell’applicazione delle misure adottate nella presente sottosezione.

L’articolo 50 è applicabile alle retribuzioni erogate o accordate a partire dal 1o gennaio 2014».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17      X ha proposto un ricorso dinanzi al Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio) volto all’annullamento delle disposizioni di diritto nazionale che istituiscono la fairness tax.

18      Il giudice del rinvio espone che lafairness tax è un tributo speciale, distinto dall’imposta sulle società e dall’imposta per i non residenti ed è disciplinato dagli articoli da 43 a 51 della legge del 30 luglio 2013, recante diverse disposizioni. Essa si applica nel caso in cui, per lo stesso periodo d’imposta, vangano distribuiti dividendi e il risultato fiscale della società venga diminuito in tutto o in parte per effetto dell’applicazione delle varie deduzioni previste dal regime tributario nazionale.

19      Nell’ambito del suo ricorso volto all’annullamento dei menzionati articoli da 43 a 51, X ha fatto valere, in primo luogo, che la fairness tax costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento che ostacola la libera scelta, da parte delle società non residenti, della veste giuridica con cui esse intendono esercitare le proprie attività economiche in Belgio.

20      Invero, una società non residente che svolga un’attività economica in Belgio per mezzo di una società controllata risulterebbe indirettamente gravata dalla fairness tax solo nel caso in cui detta controllata le distribuisse effettivamente un dividendo sui propri utili, peraltro, indipendentemente dalla circostanza se tale società non residente distribuisca o meno, essa stessa, un dividendo.

21      Per contro, laddove una società non residente svolga un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione, essa sarà soggetta alla fairness tax ove proceda essa stessa alla distribuzione di dividendi a prescindere dalla questione se gli utili della stabile organizzazione siano confluiti nella società stessa o se siano stati accantonati o reinvestiti in Belgio o meno. La base imponibile di detta società potrebbe quindi anche comprendere utili realizzati dalla medesima al di fuori del Belgio, per il solo motivo che quest’ultima dispone in Belgio di una stabile organizzazione.

22      Inoltre, la fairness tax rappresenterebbe altresì una discriminazione fondata sulla nazionalità tra una società non residente svolgente un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione e una società residente, in quanto una società non residente potrebbe risultare assoggettata a tale imposta sebbene l’intero utile della propria stabile organizzazione belga sia stato accantonato o reinvestito in Belgio, mentre invece ciò non avverrebbe se la società residente accantonasse o reinvestisse l’intero proprio utile in tale Stato membro.

23      Il Consiglio dei Ministri ritiene che l’asserita disparità di trattamento derivi dalle caratteristiche specifiche di una stabile organizzazione, dal momento che, contrariamente ad una società controllata, una stabile organizzazione non può, di per sé, distribuire dividendi.

24      Per quanto riguarda l’asserita disparità di trattamento tra una società non residente svolgente un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione e una società residente, il Consiglio dei Ministri rileva che, per evitare eventuali discriminazioni, la normativa di cui trattasi, al fine di determinare la base imponibile della fairness tax della società non residente, prevede il calcolo di un dividendo fittizio. Tale normativa, pertanto, non determinerebbe alcuna disparità di trattamento, ma sarebbe adeguata alle circostanze.

25      In secondo luogo, secondo X, la fairness tax dev’essere considerata una ritenuta alla fonte, in quanto viene prelevata sull’utile distribuito dalla controllata alla propria società madre ed è, pertanto, contraria all’articolo 5 della direttiva sulle società madri e figlie, ai sensi del quale gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte.

26      Il Consiglio dei Ministri ritiene che la fairness tax non costituisca una ritenuta alla fonte dissimulata, bensì un tributo speciale, calcolato in funzione dei dividendi distribuiti che non emergono dal risultato d’esercizio imponibile della controllata laddove costituiscano oggetto della deduzione per capitale di rischio e/o della deduzione di perdite anteriori.

27      In terzo luogo, X ritiene che la fairness tax possa produrre l’effetto di assoggettare gli utili rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva sulle società madri e figlie a un’imposizione eccedente la soglia del 5% prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva medesima.

28      Infatti, l’esenzione del 95% degli utili sarebbe applicabile solo laddove gli utili percepiti vengano immediatamente distribuiti nello stesso anno. Qualora vengano distribuiti in un anno successivo, tali utili sarebbero assoggettati alla fairness tax per una quota superiore al 5%, considerato che il fattore di proporzionalità terrebbe unicamente conto degli utili dell’anno e della deduzione per capitale di rischio applicata ai medesimi e/o della deduzione per perdite riportate operate in tale anno.

29      Secondo il Consiglio dei Ministri, la distribuzione o meno di utili è una scelta strategica della società madre. Per una medesima società, la fairness tax sarebbe diversa in ogni esercizio fiscale, in funzione dell’importo dei dividendi distribuiti, dell’applicazione di una deduzione per capitale di rischio e dell’entità del risultato fiscale e non comporterebbe, dunque, l’assoggettamento ad imposta della parte del dividendo eccedente la soglia del 5%.

30      Ciò premesso, il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osti ad un regime nazionale ai sensi del quale:

a)      società stabilite in un altro Stato membro provviste di una stabile organizzazione nel Belgio siano assoggettate ad imposta laddove procedano a distribuzione di utili non ricompresi nel rispettivo risultato d’esercizio definitivo imponibile, a prescindere dalla circostanza se gli utili realizzati dalla stabile organizzazione nel Belgio siano confluiti o meno nella società madre, mentre società stabilite in un altro Stato membro con una società controllata nel Belgio non sono soggette a tale imposizione qualora decidano di procedere ad una distribuzione di utili non ricompresi nel rispettivo risultato d’esercizio definitivo imponibile della società, a prescindere dalla circostanza se la società controllata abbia distribuito o meno dividendi;

b)      società stabilite in un altro Stato membro con una stabile organizzazione nel Belgio, in caso di accantonamento integrale dell’utile realizzato in Belgio, sono assoggettate ad imposta laddove procedano a distribuzione di utili non ricompresi nel rispettivo risultato d’esercizio definitivo, mentre società belghe, in caso di accantonamento integrale degli utili, non sono soggette a tale imposizione.

2)      Se l’articolo 5, della direttiva sulle società madri e figlie debba essere interpretato nel senso che sussista una ritenuta alla fonte nel caso in cui una disposizione di diritto nazionale preveda, in caso di distribuzione degli utili da una società controllata alla propria società madre, la riscossione di un’imposta, in considerazione della distribuzione, nello stesso periodo imponibile, di dividendi con riduzione, totale o parziale, del risultato d’esercizio imponibile in misura pari alla deduzione del capitale di rischio e/o del trasferimento delle perdite fiscali, mentre gli utili non risulterebbero imponibili, in base alla normativa nazionale, ove rimanessero presso la società controllata e non venissero distribuiti alla società madre.

3)      Se l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sulle società madri e figlie debba essere interpretato nel senso che esso osti ad un regime nazionale ai sensi del quale la distribuzione di dividendi venga soggetta a tassazione, qualora dal regime medesimo discenda che, laddove una società distribuisca dividendi in un esercizio successivo a quello del loro percepimento, tale distribuzione venga assoggettata ad imposizione per la parte dei dividendi eccedenti la soglia di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva, mentre ciò non avvenga laddove la società medesima distribuisca nuovamente dividendi nell’esercizio del loro percepimento.

 Sulle questioni pregiudiziali

31      In limine, si deve rilevare che con le questioni pregiudiziali il giudice del rinvio s’interroga sulla compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella in esame nel procedimento principale, applicabile in una situazione in cui l’importo degli utili distribuiti da una società – che si tratti di una società residente, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, o di una società non residente svolgente un’attività in tale Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione – a seguito della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale di detto Stato membro, risulti più elevato del risultato fiscale definitivo di tale società in questo stesso Stato membro.

32      Dagli atti sottoposti alla Corte emerge che tale normativa tributaria mira alla tassazione dei redditi rientranti nella giurisdizione tributaria dello Stato membro interessato e che, per effetto della fruizione delle agevolazioni stesse, siano stati distribuiti senza essere stati peraltro assoggettati nello Stato membro medesimo, per quanto attiene alle società residenti, all’imposta sulle società o, per quanto attiene alle società non residenti, all’imposta per i non residenti.

33      Dagli atti emerge altresì che la normativa tributaria oggetto del procedimento principale assume forma di un tributo speciale, distinto dall’imposta sulle società e dall’imposta per i non residenti, la cui aliquota è fissata al 5,15%. La base di tale tributo è costituita dalla differenza positiva tra, da un lato, i dividendi lordi distribuiti per il periodo d’imposta e, dall’altro, il risultato d’esercizio definitivo imponibile, il quale, di fatto è soggetto all’aliquota ordinaria dell’imposta sulle società. La base imponibile così determinata è ridotta di una somma pari ai dividendi distribuiti derivanti da accantonamenti soggetti a tassazione in precedenza, ma non oltre l’esercizio fiscale 2014. Il saldo ottenuto è limitato da un coefficiente composto da una frazione che esprime il rapporto tra la deduzione per capitale di rischio e/o perdite riportate per il periodo d’imposta, al numeratore, e il risultato fiscale del periodo d’imposta, al denominatore.

34      Al fine di determinare la base imponibile per le società non residenti, la stessa normativa tributaria prevede il calcolo di un «dividendo fittizio». In tal caso, i «dividendi distribuiti» sono composti dalle parte dei dividendi distribuiti dalla società non residente, corrispondente alla parte positiva del risultato contabile della stabile organizzazione belga nel risultato contabile complessivo di tale società.

 Sulla prima questione

35      Al fine di esaminare la questione posta, occorre anzitutto ricordare che la sede di una società serve per determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il suo collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato (v., inter alia, sentenze del 28 gennaio 1986, Commissione/Francia, 270/83, EU:C:1986:37, punto 18 e del 14 dicembre 2000, AMID, C‑141/99, EU:C:2000:696, punto 20).

36      Ne consegue che l’applicazione di una normativa tributaria nazionale, come quella in esame nel procedimento principale, a una controllata residente di una società non residente, da un lato, e ad una stabile organizzazione residente di una società non residente, dall’altro, riguarda il trattamento fiscale, rispettivamente, di una società residente e di una società non residente.

37      Orbene, nella specie, è pacifico che la normativa tributaria belga in esame assoggetti allo stesso trattamento le società residenti, ivi comprese le controllate residenti delle società non residenti, e le società non residenti, essendo tutte queste società soggette alla fairness tax, laddove procedano alla distribuzione di dividendi nelle circostanze descritte supra ai punti 31 e 32.

38      Ciò premesso, occorre intendere la questione posta nel senso che è volta a determinare se la libertà di stabilimento debba essere interpretata nel senso che osti alla normativa tributaria di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale tanto una società non residente svolgente un’attività economica in tale Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione quanto una società residente, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, siano assoggettate ad un tributo, quale la fairness tax, qualora tali società distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile.

39      La libertà di stabilimento, che l’articolo 49 TFUE riconosce ai cittadini dell’Unione europea, implica per i medesimi l’accesso alle attività autonome ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i propri cittadini. Essa comprende, conformemente all’articolo 54 TFUE, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale all’interno dell’Unione, il diritto di svolgere le loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank Danmark, C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

40      Per quanto attiene al trattamento nello Stato membro ospitante, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’articolo 49, primo comma, secondo periodo, TFUE lascia espressamente agli operatori economici la possibilità di scegliere liberamente la forma giuridica appropriata per l’esercizio delle loro attività in un altro Stato membro e tale libera scelta non dev’essere limitata da disposizioni tributarie discriminatorie (ordinanza del 4 giugno 2009, KBC Bank e Beleggen, Risicokapitaal, Beheer, C‑439/07 e C‑499/07, EU:C:2009:339, punto 77 nonché la giurisprudenza ivi citata).

41      Per quanto riguarda le disposizioni tributarie, dalla giurisprudenza della Corte emerge che spetta ad ogni Stato membro organizzare, in osservanza del diritto dell’Unione, il proprio sistema impositivo degli utili, sempreché si tratti di utili che ricadano nella giurisdizione tributaria dello Stato membro medesimo. Ne discende che lo Stato membro ospitante è libero di determinare il fatto generatore dell’imposta, la base imponibile nonché l’aliquota d’imposta applicabile alle diverse forme di centri di attività delle società operanti in tale Stato membro, salvo riconoscere alle società non residenti un trattamento che non sia discriminatorio rispetto ai centri di attività nazionali comparabili (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C‑446/04, EU:C:2006:774, punto 47 e del 26 giugno 2008, Burda, C‑284/06, EU:C:2008:365, punto 86 e giurisprudenza ivi citata).

42      Una discriminazione può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker, C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 30 e del 1o dicembre 2011, Commissione/Ungheria, C‑253/09, EU:C:2011:795, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

43      Nella specie, è pacifico che una società non residente che svolga un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione e una società residente, ivi compresa la controllata di una società non residente, sono sottoposte, in linea di principio, ad un trattamento fiscale identico, essendo gravate dalla fairness tax laddove distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile.

44      Tuttavia, nella parte in cui dagli atti sottoposti alla Corte si evince che, a differenza di una società residente soggetta all’imposta sulle società in base al suo reddito mondiale, una società non residente che svolga un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione è soggetta all’imposta in tale Stato membro esclusivamente sulla base degli utili realizzati da tale stabile organizzazione, si potrebbe giungere a diversa conclusione, laddove la normativa di cui trattasi costituirebbe quindi una restrizione alla libertà di stabilimento, se le modalità di determinazione della base imponibile della fairness tax conducessero, di fatto, a un trattamento meno favorevole di tale società non residente rispetto a una società residente.

45      A parere del governo belga, prevedendo il calcolo di un dividendo fittizio per la determinazione della base imponibile della fairness tax di una tale società non residente, la normativa tributaria oggetto del procedimento principale ha tenuto conto di tale differenza nelle modalità di calcolo della base imponibile ed è, pertanto, volta ad evitare eventuali discriminazioni.

46      X e la Commissione europea ritengono, invece, che tali modalità di calcolo potrebbero condurre a una tassazione più pesante della società non residente. A tale riguardo, da un lato, X deduce che, in determinate situazioni, dette modalità di calcolo comportano la tassazione di tale società non residente su utili diversi da quelli conseguiti dalla stabile organizzazione belga. Dall’altro, la Commissione rileva che la società residente, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, sia gravata dalla fairness tax solo qualora distribuisca effettivamente dividendi, mentre una società non residente svolgente un’attività economica nello Stato membro interessato per mezzo di una stabile organizzazione è gravata da tale imposta qualora distribuisca dividendi, anche quando gli utili di tale stabile organizzazione non facciano parte dei dividendi distribuiti da tale società non residente.

47      Nella specie, spetta al giudice del rinvio, unico competente ad interpretare il diritto nazionale, verificare, tenendo conto di tutti gli elementi della normativa tributaria di cui trattasi nel procedimento principale e del regime fiscale nazionale nel suo complesso, se le modalità di calcolo della base imponibile garantiscano che, in qualsiasi situazione, il trattamento fiscale riservato a una società non residente svolgente la propria attività in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione non sia meno favorevole di quello cui sia soggetta una società residente (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Miljoen e a., C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punto 48).

48      Nell’ambito di tale verifica, il giudice del rinvio dovrà tener conto del fatto che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale mira a tassare utili rientranti nella giurisdizione tributaria belga, distribuiti, ma sui quali lo Stato membro medesimo, per effetto del ricorso a determinate agevolazioni fiscali previste dal regime tributario nazionale, non ha esercitato tale giurisdizione tributaria. Di conseguenza, in una situazione in cui le modalità di calcolo della base imponibile di una società non residente condurrebbe a tassare la società stessa anche sugli utili non rientranti nella giurisdizione tributaria dello Stato membro di cui trattasi, detta società non residente subirebbe un trattamento meno favorevole di quello di una società residente.

49      Qualora, in esito a tale verifica, dovesse risultare sussistente un trattamento meno favorevole, occorrerebbe quindi ritenere che una normativa tributaria, come quella oggetto del procedimento principale, rappresenti un ostacolo alla libertà di stabilimento.

50      Un ostacolo di tal genere può essere ammesso solo se riguarda situazioni che non sono oggettivamente comparabili o se è giustificato da un motivo imperativo di interesse generale (sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank Danmark, C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata).

51      Va rammentato che la comparabilità o meno di una situazione transfrontaliera con una situazione interna deve essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle normativa tributaria nazionale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 2012, Commissione/Finlandia, C‑342/10, EU:C:2012:688, punto 36, e del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek, C‑252/14, EU:C:2016:402, punto 48).

52      Orbene, riguardo ad una normativa tributaria dello Stato membro ospitante volta ad evitare che gli utili conseguiti in tale Stato, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano distribuiti senza essere stati tassati in capo al soggetto passivo, la situazione di un soggetto passivo non residente svolgente un’attività economica in detto Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione è comparabile a quella di un soggetto passivo residente. Infatti, in entrambe le ipotesi, tale normativa tributaria mira a consentire allo stesso Stato di esercitare il proprio potere impositivo sugli utili rientranti nella propria giurisdizione tributaria (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2006, Kerckhaert e Morres, C‑513/04, EU:C:2006:713, punto 19 nonché del 3 settembre 2014, Commissione/Spagna, C‑127/12, non pubblicata, EU:C:2014:2130, punti 77 e 78).

53      Pertanto, riguardo alla normativa in esame nel procedimento principale, la situazione di una società non residente che svolga un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione è comparabile a quella di una società residente, ivi compresa la controllata residente di una società non residente.

54      Di conseguenza, la giustificazione della restrizione può essere solamente attinente a motivi imperativi di interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, la restrizione dev’essere idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo da essa perseguito e non eccedere quanto necessario per raggiungerlo (sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank Danmark, C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 25 e giurisprudenza citata).

55      Il governo belga ha fatto valere che un eventuale ostacolo a tale libertà sarebbe giustificato da due motivi di interesse generale, ossia l’obiettivo di garantire la ripartizione equilibrata dei poteri impositivi degli Stati membri e quello della repressione degli abusi.

56      A tal riguardo, è sufficiente rilevare che se è pur vero che questi due obiettivi costituiscono motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato (v. sentenza del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punti 36 e 37 nonché la giurisprudenza ivi citata), la normativa in esame nel procedimento principale non è atta a garantire la loro realizzazione, sicché tali obiettivi non possono giustificare, in un fattispecie come quella oggetto del procedimento principale, un eventuale ostacolo alla libertà di stabilimento.

57      Infatti, in primo luogo, considerato che la normativa tributaria oggetto del procedimento principale è volta a tassare gli utili rientranti nella giurisdizione tributaria belga, distribuiti senza essere stati tuttavia tassati dallo Stato membro medesimo, essa non tende affatto a ripartire la giurisdizione tributaria tra il Regno del Belgio e un altro Stato membro.

58      In secondo luogo, poiché l’obiettivo di tale normativa è di limitare l’effetto prodotto dalla fruizione delle agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, essa non mira, di per sé, ad evitare la sussistenza di pratiche abusive.

59      Peraltro, un eventuale ostacolo non può essere giustificato neppure dal fatto che la normativa medesima possa comportare, in determinate situazioni, che una società non residente svolgente un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione sia sottoposta ad una tassazione più favorevole di una società residente.

60      Infatti, la circostanza che una normativa tributaria nazionale comporti uno svantaggio per le società non residenti non può essere compensata dal fatto che, in altre situazioni, la stessa normativa possa comportare un trattamento favorevole per tale tipo di società (v., in tal senso, sentenza del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek, C‑252/14, EU:C:2016:402, punti 38 e 39).

61      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che la libertà di stabilimento dev’essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella in esame nel procedimento principale, in forza della quale tanto una società non residente svolgente un’attività economica in tale Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione, quanto una società residente, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, sono assoggettate ad un tributo quale la fairness tax, quando tali società distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile, sempreché le modalità di determinazione della base imponibile di tale imposta non conducano, di fatto, ad un trattamento meno favorevole della società non residente rispetto ad una società residente, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 Sulla seconda questione

62      Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 5, della direttiva sulle società madri e figlie debba essere interpretato nel senso che osti a una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che prevede un tributo quale la fairness tax, cui sono soggette le società non residenti svolgenti un’attività economica nello Stato membro medesimo per mezzo di una stabile organizzazione nonché le società residenti, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, qualora distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile.

63      Da costante giurisprudenza della Corte emerge che, affinché un’imposta possa essere qualificata come ritenuta alla fonte, ai sensi dell’articolo 5, della direttiva sulle società madri e figlie, devono essere soddisfatti tre criteri cumulativi. Così, in primo luogo, l’imposta dev’essere prelevata nello Stato in cui i dividendi sono distribuiti e il suo fatto generatore dev’essere costituito dal versamento di dividendi o di qualsiasi altro rendimento dei titoli; in secondo luogo, la base imponibile di tale imposta dev’essere il rendimento dei titoli e, in terzo luogo, il soggetto passivo dev’essere il detentore dei titoli stessi (v., per analogia, sentenza del 24 giugno 2010, P. Ferrero e C. e General Beverage Europe, C‑338/08 e C‑339/08, EU:C:2010:364, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

64      Va rilevato, al pari delle parti nel procedimento principale, che un’imposta, quale la fairness tax di cui trattasi nel procedimento principale, risponde alle prime due condizioni. Infatti, da un lato, il fatto generatore di tale imposta è la distribuzione di dividendi e, dall’altro, ai fini del calcolo della sua base imponibile, si tiene conto dell’importo distribuito.

65      Tuttavia, considerato che il soggetto passivo di un tributo quale la fairness tax non è il detentore dei titoli, bensì la società distributrice, la terza condizione non risulta soddisfatta.

66      Tale valutazione non è rimessa in discussione dall’argomento dedotto da X e dalla Commissione, secondo cui nel caso di specie occorrerebbe privilegiare un approccio fondato su valutazioni economiche. A tal riguardo, è sufficiente ricordare che la Corte, nella sentenza del 26 giugno 2008, Burda (C‑284/06, EU:C:2008:365, punti da 58 a 62) ha già respinto un approccio di tal genere.

67      Non risultando soddisfatta la terza condizione, relativa alla sussistenza di una ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5, della direttiva sulle società madri e figlie, un tributo come quello in esame nel procedimento principale, non può costituire una ritenuta alla fonte ai sensi della suddetta disposizione.

68      Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 5 della direttiva sulle società madri e figlie dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella in esame nel procedimento principale, che preveda un tributo quale la fairness tax, cui sono soggette le società non residenti svolgenti un’attività economica nello Stato membro medesimo per mezzo di una stabile organizzazione nonché le società residenti, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, qualora distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile.

 Sulla terza questione

69      Con la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva sulle società madri e figlie, nel combinato disposto con il paragrafo 3 del medesimo articolo, debba essere interpretato nel senso che tale disposizione osti a una normativa tributaria nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, nella parte in cui tale normativa, in una fattispecie in cui gli utili percepiti da una società madre dalla propria controllata siano distribuiti da tale società madre nell’esercizio successivo a quello del loro percepimento, comporti la tassazione degli utili stessi ad un’aliquota eccedente la soglia del 5% prevista dalla disposizione de qua.

70      Dal considerando 3 della direttiva sulle società madri e figlie emerge che tale direttiva persegue l’obiettivo di eliminare le doppie imposizioni degli utili distribuiti da una controllata alla sua società madre a livello della società madre.

71      A tal fine, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva sulle società madri e figlie lascia agli Stati membri la scelta tra due sistemi, ossia tra il sistema di esenzione e quello di imputazione (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C‑446/04, EU:C:2006:774, punto 44). Infatti, conformemente ai considerando 7 e 9 della direttiva medesima, tale disposizione precisa che quando una società madre o la sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto di partecipazione tra la società madre e la sua società figlia, riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre e lo Stato membro della sua stabile organizzazione, o si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione, o li sottopongono a imposizione, autorizzando però detta società madre e la sua stabile organizzazione a dedurre dall’importo della loro imposta la frazione dell’imposta societaria relativa ai suddetti utili e pagata dalla società figlia e da una sua sub‑affiliata.

72      Tuttavia, il paragrafo 3 del medesimo articolo 4 dispone che gli Stati membri conservano la facoltà di prevedere che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre. Da tale disposizione emerge altresì che, in tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia.

73      Pertanto, l’articolo 4 di tale direttiva mira ad evitare che gli utili distribuiti a una società madre residente da una controllata non residente siano tassati, in un primo momento, in capo alla controllata nel proprio Stato di residenza e, in un secondo momento, in capo alla società madre nel proprio Stato di residenza.

74      Nel caso di specie, va precisato, da un lato, che dalla decisione di rinvio emerge che, in sede di recepimento della direttiva sulle società madri e figlie, il Regno del Belgio ha optato per il sistema dell’esenzione. Inoltre, tale Stato membro si è avvalso della facoltà prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, di quest’ultima. Gli utili provenienti dalle controllate non residenti delle società madri belghe sono dunque esentati nella misura del 95%.

75      D’altro lato, è pacifico che la fairness tax, nell’ipotesi in cui gli utili distribuiti a una società madre residente da una controllata non residente siano distribuiti dalla società madre medesima in un esercizio successivo a quello del loro percepimento, comporti la sottoposizione di tali utili a una tassazione eccedente la soglia del 5% prevista dal menzionato articolo 4, paragrafo 3 e, di conseguenza, determini una doppia imposizione di detti utili.

76      Si pone dunque la questione se una doppia imposizione di tal genere sia contraria alla direttiva sulle società madri e figlie.

77      Secondo i governi belga e francese, gli utili redistribuiti da una società madre ai propri azionisti non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva sulle società madri e figlie, essendo tale disposizione applicabile unicamente nell’ipotesi in cui una società madre percepisca utili distribuiti dalla propria controllata.

78      Un’interpretazione del genere, che non discende né dal tenore letterale della disposizione di cui trattasi, né dal contesto o dalle finalità della medesima, non può essere accolta.

79      Invero, in primo luogo, nel prevedere che lo Stato membro della società madre e lo Stato membro della stabile organizzazione «si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione», tale disposizione vieta agli Stati membri di sottoporre ad imposizione la società madre o la sua stabile organizzazione a titolo di utili distribuiti dalla controllata alla sua società madre, senza distinguere a seconda che l’imposizione della società madre abbia come fatto generatore il percepimento di tali utili o la loro ridistribuzione.

80      In secondo luogo, come menzionato supra ai punti 70 e 71, la direttiva sulle società madri e figlie persegue l’obiettivo di eliminare le doppie imposizioni degli utili distribuiti da una controllata alla sua società madre a livello della società madre. Orbene, una tassazione di tali utili da parte dello Stato membro della società madre in capo a tale società al momento della ridistribuzione di questi ultimi, che produca l’effetto di assoggettare detti utili ad un’imposta eccedente, di fatto, la soglia del 5% prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva medesima, comporterebbe una doppia imposizione al livello di tale società, vietata dalla menzionata direttiva.

81      Come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 54 delle conclusioni, tale constatazione non è rimessa in discussione dal punto 105 della sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774), poiché, in tale passo, la Corte si è unicamente espressa sulla conformità con la direttiva sulle società madri e figlie di talune modalità di calcolo dell’importo del pagamento anticipato dell’imposta sulle società nel caso in cui una società madre residente ridistribuisca dividendi percepiti da una controllata non residente e non sulla conformità con tale direttiva della riscossione, in un caso del genere, dell’imposta medesima.

82      Pertanto, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva sulle società madri e figlie, nel combinato disposto con il paragrafo 3 del medesimo articolo, dev’essere interpretato nel senso che tale disposizione osta a una normativa tributaria nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, nei limiti in cui tale normativa, in una fattispecie in cui gli utili percepiti da una società madre da parte della sua controllata siano distribuiti dalla società madre stessa in un esercizio successivo a quello del loro percepimento, implica la sottoposizione di tali utili ad un’imposizione eccedente la soglia del 5% prevista da tale disposizione.

 Sulle spese

83      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      La libertà di stabilimento dev’essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella in esame nel procedimento principale, in forza della quale tanto una società non residente svolgente un’attività economica in tale Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione, quanto una società residente, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, sono assoggettate ad un tributo quale la fairness tax, quando tali società distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile, sempreché le modalità di determinazione della base imponibile di tale imposta non conducano, di fatto, ad un trattamento meno favorevole della società non residente rispetto ad una società residente, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

2)      L’articolo 5 della direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella in esame nel procedimento principale, che preveda un tributo quale la fairness tax, cui sono soggette le società non residenti svolgenti un’attività economica nello Stato membro medesimo per mezzo di una stabile organizzazione nonché le società residenti, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, qualora distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile.

3)      L’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/96, nel combinato disposto con il paragrafo 3 del medesimo articolo, dev’essere interpretato nel senso che tale disposizione osta a una normativa tributaria nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, nei limiti in cui tale normativa, in una fattispecie in cui gli utili percepiti da una società madre da parte della sua controllata siano distribuiti dalla società madre stessa in un esercizio successivo a quello del loro percepimento, implica la sottoposizione di tali utili ad un’imposizione eccedente la soglia del 5% prevista da tale disposizione.

Firme


* Lingua processuale: il neerlandese.