Language of document : ECLI:EU:C:2021:1034

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

21 dicembre 2021 (*)

[Testo rettificato con ordinanza del 15 marzo 2022]

«Rinvio pregiudiziale – Decisione 2006/928/CE – Meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione – Natura ed effetti giuridici – Obbligatorietà per la Romania – Stato di diritto – Indipendenza dei giudici – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Lotta contro la corruzione – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Articolo 325, paragrafo 1, TFUE – Convenzione “TIF” – Procedimenti penali – Sentenze della Curtea Constituțională (Corte costituzionale, Romania) relative alla legalità dell’assunzione di determinate prove e alla composizione dei collegi giudicanti in materia di corruzione grave – Obbligo per i giudici nazionali di conferire piena efficacia alle decisioni della Curtea Constituțională (Corte costituzionale) – Responsabilità disciplinare dei giudici in caso di inosservanza di tali decisioni – Potere di disapplicare le decisioni della Curtea Constituțională (Corte costituzionale) non conformi al diritto dell’Unione – Principio del primato del diritto dell’Unione»

Nelle cause riunite C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19,

aventi ad oggetto cinque domande di pronuncia pregiudiziale proposte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania), con decisioni del 6 maggio 2019 (C‑357/19), del 13 maggio 2019 (C‑547/19), del 31 ottobre 2019 (C‑811/19) e del 19 novembre 2019 (C‑840/19), pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 6 maggio, il 15 luglio, il 4 novembre e il 19 novembre 2019, nonché dal Tribunalul Bihor (Tribunale superiore di Bihor, Romania), con decisione del 14 maggio 2019, pervenuta in cancelleria il 14 maggio 2019 (C‑379/19),

nei procedimenti penali a carico di

PM (C‑357/19),

RO (C‑357/19),

SP (C‑357/19),

TQ (C‑357/19),

KI (C‑379/19),

LJ (C‑379/19),

JH (C‑379/19),

IG (C‑379/19),

FQ (C‑811/19),

GP (C‑811/19),

HO (C‑811/19),

IN (C‑811/19),

NC (C‑840/19),

con l’intervento di:

Ministerul Public – Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie – Direcţia Naţională Anticorupţie (C‑357/19, C‑811/19 e C‑840/19),

QN (C‑357/19),

UR (C‑357/19),

VS (C‑357/19),

WT (C‑357/19),

Autoritatea Naţională pentru Turism (C‑357/19),

Agenţia Naţională de Administrare Fiscală (C‑357/19),

SC Euro Box Promotion SRL (C‑357/19),

Direcţia Naţională Anticorupţie – Serviciul Teritorial Oradea (C‑379/19),

JM (C‑811/19),

nonché nel procedimento

CY,

Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România»

contro

Inspecţia Judiciară,

Consiliul Superior al Magistraturii,

Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (C‑547/19),

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, K. Jürimäe e S. Rodin, presidenti di sezione, M. Ilešič, T. von Danwitz (relatore), M. Safjan, F. Biltgen e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per PM, da V. Rădulescu e V. Tobă, avocați;

–        per RO, da M.O. Ţopa e R. Chiriţă, avocați;

–        per TQ, da M. Mareş, avocat;

–        per KI e LJ, da R. Chiriță, F. Mircea e O. Chiriță, avocați;

–        per CY, da P. Rusu, avocat, nonché da C. Bogdan;

–        per l’Asociația «Forumul Judecătorilor din România», da D. Călin e L. Zaharia;

–        per FQ, da A. Georgescu, avocat;

–        per NC, da D. Lupaşcu e G. Thuan Dit Dieudonné, avocats;

–        per il Ministerul Public – Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie – Direcţia Naţională Anticorupţie, da C. Nistor e D. Ana, in qualità di agenti;

–        per la Direcția Națională Anticorupție – Serviciul Teritorial Oradea, da D. Ana, in qualità di agente;

–        per l’Inspecția Judiciară, da L. Netejoru, in qualità di agente;

–        per il Consiliul Superior al Magistraturii, da L. Savonea, in qualità di agente;

–        per il governo rumeno, inizialmente da C.-R. Canţăr, S.-A. Purza, E. Gane, R.I. Haţieganu e L. Liţu, successivamente da S.‑A. Purza, E. Gane, R.I. Haţieganu e L. Liţu, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, inizialmente da J. Baquero Cruz, I. Rogalski, P. Van Nuffel, M. Wasmeier e H. Krämer, successivamente da J. Baquero Cruz, I. Rogalski, P. Van Nuffel e M. Wasmeier, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 marzo 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono, in sostanza, sull’interpretazione degli articoli 2 e 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE; dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE; dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»); dell’articolo 1, paragrafo 1, e dell’articolo 2, paragrafo 1, della convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995 e allegata all’atto del Consiglio, del 26 luglio 1995 (GU 1995, C 316, pag. 48; in prosieguo: la «convenzione TIF»); della decisione 2006/928/CE della Commissione, del 13 dicembre 2006, che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione (GU 2006, L 354, pag. 56), nonché del principio del primato del diritto dell’Unione.

2        Tali domande sono state presentate nel contesto:

–        di procedimenti penali a carico di PM, RO, TQ e SP (C‑357/19), KI, LJ, JH e IG (C‑379/19), FQ, GP, HO e IN (C‑811/19), e NC (C‑840/19) per reati, segnatamente, di corruzione e di frode fiscale relativa all’imposta sul valore aggiunto (IVA);

–        di una controversia tra, da una parte, CY e l’Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» (in prosieguo: il «Forum dei giudici della Romania») e, dall’altra, l’Inspecţia Judiciară (Ispettorato giudiziario, Romania), il Consiliul Superior al Magistraturii (Consiglio superiore della magistratura, Romania) e l’Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania; in prosieguo: l’«Alta Corte di cassazione e di giustizia»), avente ad oggetto l’irrogazione di una sanzione disciplinare a CY (C‑547/19).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Convenzione TIF

3        L’articolo 1, paragrafo 1, della convenzione TIF così recita:

«Ai fini della presente convenzione costituisce frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee:

a)      in materia di spese, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:

–        all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle Comunità europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità europee, o per conto di esse;

–        alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto;

–        alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi;

b)      in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:

–        all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse;

(...)».

4        L’articolo 2, paragrafo 1, di tale convenzione così dispone:

«Ogni Stato membro prende le misure necessarie affinché le condotte di cui all’articolo 1 nonché la complicità, l’istigazione o il tentativo relativi alle condotte descritte all’articolo 1, paragrafo 1 siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno, nei casi di frode grave, pene privative della libertà che possono comportare l’estradizione, rimanendo inteso che dev’essere considerata frode grave qualsiasi frode riguardante un importo minimo da determinare in ciascuno Stato membro. Tale importo minimo non può essere superiore a 50 000 [EUR]».

5        Con atto del 27 settembre 1996, il Consiglio ha stabilito il protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU 1996, C 313, pag. 1). Conformemente ai suoi articoli 2 e 3, tale protocollo riguarda gli atti di corruzione passiva e attiva.

 Trattato di adesione

6        Il trattato tra gli Stati membri dell’Unione europea e la Repubblica di Bulgaria e la Romania relativo all’adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania all’Unione europea (GU 2005, L 157, pag. 11; in prosieguo: il «Trattato di adesione»), entrato in vigore il 1º gennaio 2007, al suo articolo 2, paragrafi 2 e 3, dispone quanto segue:

«2.      Le condizioni di ammissione e gli adattamenti che ne derivano per i trattati sui quali è fondata l’Unione, da applicarsi dalla data di adesione fino alla data di entrata in vigore del trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, sono contenuti nell’atto allegato al presente trattato. Le disposizioni di tale atto costituiscono parte integrante del presente trattato.

3.      (...)

Gli atti adottati prima dell’entrata in vigore del protocollo di cui all’articolo 1, paragrafo 3 ai sensi del presente trattato o dell’atto di cui al paragrafo 2 rimangono in vigore e i loro effetti giuridici sono preservati fino alla modifica o all’abrogazione di tali atti».

 Atto di adesione

7        L’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2005, L 157, pag. 203; in prosieguo: l’«Atto di adesione»), entrato in vigore il 1º gennaio 2007, prevede, al suo articolo 2, quanto segue:

«Dalla data di adesione le disposizioni dei trattati originari e gli atti adottati dalle istituzioni e dalla Banca centrale europea prima dell’adesione, vincolano la Bulgaria e la Romania e si applicano in tali Stati alle condizioni previste da detti trattati e dal presente atto».

8        L’articolo 37 di tale atto è così formulato:

«Qualora la Bulgaria o la Romania non abbiano osservato gli impegni assunti nell’ambito dei negoziati di adesione, recando così un grave pregiudizio al funzionamento del mercato interno, inclusi impegni in tutte le politiche settoriali inerenti alle attività economiche con effetti transfrontalieri o qualora esista un rischio imminente di siffatto pregiudizio, la Commissione può, entro un periodo massimo di tre anni dalla data di adesione e su richiesta motivata di uno Stato membro o di propria iniziativa, adottare le misure appropriate.

Tali misure sono proporzionate e la precedenza è accordata a quelle che turbino il meno possibile il funzionamento del mercato interno e, se del caso, all’applicazione dei meccanismi di salvaguardia settoriali esistenti. Tali misure di salvaguardia non possono essere invocate come mezzo di discriminazione arbitraria o di restrizione dissimulata agli scambi tra Stati membri. La clausola di salvaguardia può essere invocata anche prima dell’adesione in base ai risultati del monitoraggio ed entrare in vigore dalla data di adesione a meno che non sia prevista una data successiva. Le misure non sono mantenute oltre il tempo strettamente necessario e, in ogni caso, cessano di essere applicate una volta attuato l’impegno pertinente. Esse possono tuttavia essere applicate oltre il periodo specificato nel primo comma fino a che non siano adempiuti i pertinenti impegni. In risposta ai progressi compiuti dal nuovo Stato membro interessato nell’adempimento dei propri impegni, la Commissione può adeguare opportunamente le misure. La Commissione informerà il Consiglio in tempo utile prima di revocare le misure di salvaguardia e terrà nel debito conto eventuali osservazioni del Consiglio al riguardo».

9        L’articolo 38 dell’Atto di adesione così dispone:

«In caso di carenze gravi o di rischio imminente di carenze gravi in Bulgaria o in Romania nel recepimento, nell’attuazione o nell’applicazione delle decisioni quadro o di altri pertinenti impegni, strumenti di cooperazione e decisioni in materia di riconoscimento reciproco in campo penale ai sensi del titolo VI del trattato sull’Unione europea nonché delle direttive e dei regolamenti in materia di riconoscimento reciproco in campo civile ai sensi del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Commissione può, per un periodo massimo di tre anni dalla data di adesione, su richiesta motivata di uno Stato membro o di propria iniziativa, e dopo aver consultato gli Stati membri, adottare le misure appropriate e definirne le condizioni e le modalità di applicazione.

Tali misure possono assumere la forma di una sospensione temporanea dell’applicazione delle pertinenti disposizioni e decisioni nelle relazioni tra Bulgaria o Romania e uno o più altri Stati membri, senza pregiudicare il proseguimento di una stretta cooperazione giudiziaria. La clausola di salvaguardia può essere invocata anche prima dell’adesione in base ai risultati del monitoraggio ed entrare in vigore dalla data di adesione a meno che non sia prevista una data successiva. Le misure non sono mantenute oltre il tempo strettamente necessario e, in ogni caso, cessano di essere applicate una volta posto rimedio alle carenze. Esse possono tuttavia essere applicate oltre il periodo specificato nel primo comma finché tali carenze persistono. In risposta ai progressi compiuti dal nuovo Stato membro interessato nel porre rimedio alle carenze individuate, la Commissione, previa consultazione degli Stati membri, può adeguare opportunamente le misure. La Commissione informerà il Consiglio in tempo utile prima di revocare le misure di salvaguardia e terrà nel debito conto eventuali osservazioni del Consiglio al riguardo».

10      L’articolo 39, paragrafi da 1 a 3, dell’Atto di adesione prevede quanto segue:

«1.      Se il costante controllo da parte della Commissione degli impegni assunti dalla Bulgaria e dalla Romania nell’ambito dei negoziati di adesione e in particolare le relazioni di controllo della Commissione dimostrano chiaramente che lo stato dei preparativi per l’adozione e l’attuazione dell’acquis in Bulgaria e Romania è tale da far sorgere il serio rischio che uno dei due Stati sia manifestamente impreparato a soddisfare i requisiti dell’adesione in alcuni importanti settori entro la data di adesione, ossia il 1° gennaio 2007, il Consiglio, deliberando all’unanimità sulla base di una raccomandazione della Commissione, può decidere di posporre di un anno, al 1° gennaio 2008, la data dell’adesione di tale Stato.

2.      Nonostante il paragrafo 1, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata sulla base di una raccomandazione della Commissione, può adottare la decisione di cui al paragrafo 1 nei riguardi della Romania, se sono state riscontrate gravi carenze nell’adempimento da parte della Romania di uno o più degli impegni e dei requisiti elencati nell’allegato IX, punto I.

3.      Nonostante il paragrafo 1, e senza pregiudizio dell’articolo 37, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata sulla base di una raccomandazione della Commissione e previa approfondita valutazione, che deve essere effettuata nell’autunno 2005, dei progressi compiuti dalla Romania nel settore della politica della concorrenza, può adottare la decisione di cui al paragrafo 1 nei confronti della Romania, se sono state riscontrate gravi carenze nell’adempimento da parte della Romania degli obblighi assunti nell’ambito dell’accordo europeo o di uno o più degli impegni e dei requisiti elencati nell’allegato IX, punto II».

11      L’allegato IX dell’Atto di adesione, intitolato «Impegni specifici assunti e requisiti accettati dalla Romania alla conclusione dei negoziati di adesione il 14 dicembre 2004 (articolo 39 dell’atto di adesione)», contiene, al suo punto I, il seguente passaggio:

«In relazione all’articolo 39, paragrafo 2

(...)

4)      potenziare in misura considerevole la lotta alla corruzione, specialmente a quella ad alto livello, assicurando una rigorosa applicazione della vigente legislazione anticorruzione e l’effettiva indipendenza della Procura nazionale anticorruzione (NAPO) e presentando annualmente, a partire dal novembre 2005, una convincente dimostrazione delle attività della NAPO nella lotta alla corruzione ad alto livello. La NAPO deve essere dotata di personale, risorse finanziare e formative e attrezzature necessari all’adempimento della sua funzione cruciale;

5)      (...) [La strategia nazionale contro la corruzione] deve includere l’impegno a riesaminare entro il 2005 la procedura penale oggi eccessivamente lunga, per far sì che le cause di corruzione siano trattate in modo rapido e trasparente, al fine di garantire sanzioni adeguate con effetto deterrente; (...)

(...)».

 Decisione 2006/928

12      La decisione 2006/928 è stata adottata, nel contesto dell’adesione della Romania all’Unione europea, prevista per il 1° gennaio 2007, sulla base, in particolare, degli articoli 37 e 38 dell’Atto di adesione. I considerando da 1 a 6 e 9 di tale decisione sono formulati come segue:

«(1)      L’Unione europea è fondata sullo stato di diritto, un principio comune a tutti gli Stati membri.

(2)      Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e il mercato interno istituiti dal trattato sull’Unione europea e dal trattato che istituisce la Comunità europea poggiano sulla certezza reciproca che le decisioni e le pratiche amministrative e giudiziarie di tutti gli Stati membri rispettano pienamente lo stato di diritto.

(3)      Questa condizione presuppone l’esistenza, in tutti gli Stati membri, di un sistema giudiziario e amministrativo imparziale, indipendente ed efficace, dotato di mezzi sufficienti, tra l’altro, per contrastare la corruzione.

(4)      Il 1° gennaio 2007 la Romania diventerà membro dell’Unione europea. Pur riconoscendo il considerevole impegno messo in atto dalla Romania per completare i suoi preparativi di adesione all’Unione europea, la Commissione europea ha indicato, nella sua relazione del 26 settembre 2006, alcune questioni in sospeso, in particolare per quanto riguarda la responsabilità e l’efficienza del sistema giudiziario e degli organismi preposti a fare applicare la legge, ambiti in cui occorre proseguire gli sforzi per garantire la capacità di questi organi di mettere in atto e applicare le misure adottate per stabilire il mercato interno e lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

(5)      L’articolo 37 dell’atto di adesione autorizza la Commissione ad adottare misure appropriate in caso di rischio imminente di pregiudizio al funzionamento del mercato interno dovuto al mancato rispetto, da parte della Romania, degli impegni che ha preso. L’articolo 38 dell’atto di adesione autorizza la Commissione ad adottare misure appropriate in caso di rischio imminente di carenze gravi in Romania nel recepimento, nell’attuazione o nell’applicazione di atti adottati a norma del titolo VI del trattato UE o di atti adottati a norma del titolo IV del trattato CE.

(6)      Le questioni in sospeso, che riguardano la responsabilità e l’efficienza del sistema giudiziario e degli organismi preposti a fare applicare la legge, giustificano l’istituzione di un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione.

(...)

(9)      È opportuno modificare la presente decisione se la valutazione della Commissione indica la necessità di adeguare i parametri di riferimento. La presente decisione sarà abrogata non appena tutti i parametri di riferimento saranno stati rispettati in maniera soddisfacente».

13      L’articolo 1 della decisione 2006/928 prevede quanto segue:

«Ogni anno, entro il 31 marzo e per la prima volta entro il 31 marzo 2007, la Romania riferisce alla Commissione sui progressi compiuti per quanto riguarda il rispetto di ciascuno dei parametri di riferimento esposti nell’allegato.

La Commissione può, in qualsiasi momento, fornire un’assistenza tecnica attraverso diverse attività oppure raccogliere e scambiare informazioni sui parametri di riferimento. La Commissione può inoltre, in qualsiasi momento, organizzare missioni di esperti in Romania a tale scopo. Le autorità rumene forniscono alla Commissione l’assistenza necessaria a tale riguardo».

14      L’articolo 2 di tale decisione così dispone:

«La Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio, per la prima volta nel giugno 2007, le proprie osservazioni e conclusioni in merito alla relazione presentata dalla Romania.

La Commissione riferisce nuovamente al Parlamento europeo e al Consiglio in funzione dell’evoluzione della situazione e almeno ogni sei mesi».

15      L’articolo 4 di detta decisione così recita:

«Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione».

16      L’allegato della medesima decisione è formulato come segue:

«Parametri di riferimento di cui all’articolo 1 che la Romania deve rispettare:

1)      Garantire una maggiore trasparenza e una maggiore efficienza dei procedimenti giudiziari, in particolare potenziando la capacità e la responsabilità del Consiglio superiore della magistratura. Riferire in merito all’impatto dei nuovi codici di procedura civile e penale ed effettuare i necessari controlli.

2)      Creare, come previsto, un’agenzia di integrità responsabile della verifica delle proprietà, delle incompatibilità e dei potenziali conflitti d’interesse, nonché dell’emissione di decisioni obbligatorie su cui basare eventuali azioni.

3)      Sulla base dei progressi già compiuti, continuare a condurre indagini professionali e imparziali su accuse di corruzione ad alto livello.

4)      Adottare ulteriori misure per prevenire e combattere la corruzione, in particolare all’interno delle amministrazioni locali».

 Diritto rumeno

 Costituzione rumena

17      Il titolo III della Constituția României (Costituzione rumena), intitolato «Le autorità pubbliche», contiene, in particolare, un capo VI, relativo all’«autorità giudiziaria», nel quale figura l’articolo 126 di detta Costituzione. Tale articolo dispone quanto segue:

«(1)      La giustizia è amministrata dall’Alta Corte di cassazione e di giustizia e dagli altri organi giudiziari istituiti dalla legge.

(...)

(3)      L’Alta Corte di cassazione e di giustizia assicura l’interpretazione e l’applicazione uniformi della legge da parte degli altri organi giurisdizionali, conformemente alla sua competenza.

(4)      La composizione dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia e le sue norme di funzionamento sono stabilite da una legge organica.

(...)

(6)      Il controllo giurisdizionale degli atti amministrativi delle autorità pubbliche tramite il contenzioso amministrativo è garantito, ad eccezione degli atti relativi ai rapporti con il Parlamento nonché degli atti militari di comando. I giudici amministrativi sono competenti sui ricorsi proposti dalle persone lese, a seconda dei casi, da ordinanze o da disposizioni di ordinanze dichiarate incostituzionali».

18      Il titolo V della Costituzione rumena, relativo alla Curtea Constituțională (Corte costituzionale, Romania) (in prosieguo: la «Corte costituzionale»), contiene gli articoli da 142 a 147. L’articolo 142, intitolato «Struttura», ai paragrafi da 1 a 3 così dispone:

«(1)      La Corte costituzionale garantisce il primato della Costituzione.

(2)      La Corte costituzionale è composta da nove giudici, nominati per un mandato di nove anni, che non può essere prorogato né rinnovato.

(3)      Tre giudici sono nominati dalla Camera Deputaților [(Camera dei deputati)], tre dal Senat [(Senato)] e tre dal Preşedintele României [(Presidente della Romania)]».

19      L’articolo 143 della Costituzione rumena è così formulato:

«I giudici della Corte costituzionale devono disporre di qualifiche giuridiche di livello superiore, di una competenza professionale elevata e di un’esperienza di almeno 18 anni in ambito giuridico o di studi giuridici superiori».

20      L’articolo 144 della Costituzione rumena così dispone:

«La funzione di giudice della Corte costituzionale è incompatibile con qualsiasi altra funzione pubblica o privata, ad eccezione delle funzioni didattiche dell’insegnamento giuridico superiore».

21      Ai sensi dell’articolo 145 della Costituzione rumena:

«I giudici della Corte costituzionale sono indipendenti nell’esercizio delle loro funzioni e sono inamovibili per tutta la durata di tale mandato».

22      L’articolo 146 della Costituzione rumena prevede quanto segue:

«La Corte costituzionale svolge le seguenti funzioni:

(...)

d)      decide sulle eccezioni di incostituzionalità delle leggi e delle ordinanze, sollevate dinanzi agli organi giudiziari o di arbitrato commerciale; l’eccezione di incostituzionalità può essere sollevata direttamente dal difensore civico;

e)      risolve conflitti giuridici di natura costituzionale tra autorità pubbliche, su richiesta del Presidente della Romania, di uno dei presidenti delle due camere del Parlamento della Romania, del primului-ministru [(Primo ministro)] o del presidente del [Consiglio superiore della magistratura];

(...)».

23      L’articolo 147 della Costituzione rumena, al paragrafo 4, enuncia quanto segue:

«Le decisioni della Corte costituzionale sono pubblicate nel Monitorul Oficial al României [(Gazzetta ufficiale della Romania)]. A decorrere dalla data di pubblicazione, tali decisioni sono vincolanti generalmente e producono effetti giuridici solo per il futuro».

24      L’articolo 148, paragrafi da 2 a 4, della Costituzione rumena così dispone:

«(2)      A seguito dell’adesione, le disposizioni dei Trattati istitutivi dell’Unione europea, nonché le altre normative comunitarie aventi valore vincolante, prevalgono sulle disposizioni contrarie della normativa nazionale, nel rispetto delle disposizioni dell’atto di adesione.

(3)      Le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 si applicano in maniera analoga all’adesione agli atti di revisione dei Trattati istitutivi dell’Unione europea.

(4)      Il Parlamento, il Presidente della Romania, il governo e l’autorità giudiziaria garantiscono il rispetto degli obblighi derivanti dall’atto di adesione e dalle disposizioni del paragrafo 2».

 Codice penale

25      L’articolo 154, paragrafo 1, del Codul penal (codice penale) stabilisce quanto segue:

«I termini di prescrizione della responsabilità penale sono i seguenti:

a)      15 anni, se il reato commesso è punito con la pena detentiva dell’ergastolo o con una pena detentiva superiore a 20 anni;

b)      10 anni, se il reato commesso è punito con una pena detentiva non inferiore a 10 anni e non superiore a 20 anni;

c)      8 anni, se il reato commesso è punito con una pena detentiva non inferiore a 5 anni e non superiore a 10 anni;

d)      5 anni, se il reato commesso è punito con una pena detentiva non inferiore a 1 anno e non superiore a 5 anni;

e)      3 anni, se il reato commesso è punito con una pena detentiva inferiore a 1 anno o con un’ammenda».

26      L’articolo 155, paragrafo 4, di tale codice così dispone:

«Se i termini di prescrizione previsti dall’articolo 154 sono stati nuovamente superati, essi si considerano decorsi indipendentemente dal numero di interruzioni».

 Codice di procedura penale

27      L’articolo 40, paragrafo 1, del Codul de procedură penală (codice di procedura penale) dispone quanto segue:

«L’Alta Corte di cassazione e di giustizia giudica, in primo grado, i reati di alto tradimento, e i reati commessi da senatori, deputati e membri rumeni del Parlamento europeo, dai membri del governo, dai giudici della Corte costituzionale, dai membri del Consiglio superiore della magistratura, dai giudici dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia e dai procuratori del Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casație și Justiție [(Procura presso l’Alta Corte di cassazione e di giustizia)]».

28      L’articolo 142, paragrafo 1, di tale codice, nella versione in vigore prima del 14 marzo 2016, era così formulato:

«Il pubblico ministero ha il potere di effettuare la sorveglianza tecnica o di disporre che tale sorveglianza sia effettuata dall’organo inquirente, da agenti di polizia specializzati o da altri organi specializzati dello Stato».

29      Ai sensi dell’articolo 281, paragrafo 1, di detto codice:

«È causa di nullità assoluta la violazione delle disposizioni concernenti i seguenti elementi:

(...)

b)      competenza ratione materiae o ratione personae degli organi giurisdizionali, qualora la decisione sia stata pronunciata da un organo di grado inferiore rispetto all’organo competente;

(...)».

30      L’articolo 342 del codice di procedura penale enuncia quanto segue:

«L’oggetto del procedimento dinanzi alla sezione preliminare consiste nel verificare, dopo il rinvio dinanzi ad un giudice, la competenza e la legittimità del ricorso al giudice, nonché a verificare la legittimità dell’assunzione dei mezzi di prova e del compimento degli atti da parte degli organi inquirenti».

31      L’articolo 426, paragrafo 1, di detto codice così dispone:

«[U]n ricorso straordinario di annullamento può essere proposto contro le sentenze penali definitive nei casi seguenti:

(...)

d)      qualora la composizione del giudice d’appello sia contraria alla legge o sussista un caso di incompatibilità;

(...)».

32      L’articolo 428, paragrafo 1, del suddetto codice prevede quanto segue:

«Un ricorso straordinario di annullamento per i motivi di cui all’articolo 426, lettera a), e lettere da c) a h), può essere proposto entro 30 giorni dalla data di notifica della decisione emessa dal giudice d’appello».

 Legge n. 47/1992

33      L’articolo 3 della Legea nr. 47/1992 privind organizarea și funcționarea Curții Constituționale (legge n. 47/1992 sull’organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale), del 18 maggio 1992 (ripubblicata nel Monitorul Oficial al României, parte I, n. 807 del 3 dicembre 2010), prevede quanto segue:

«1.      Le competenze della Corte costituzionale sono quelle stabilite dalla Costituzione e dalla presente legge.

2.      Nell’esercizio dei poteri che le sono conferiti, la Corte costituzionale è l’unica legittimata a decidere in merito alla propria competenza.

3.      La competenza della Corte costituzionale, stabilita ai sensi del paragrafo 2, non può essere contestata da alcuna autorità pubblica».

34      L’articolo 34, paragrafo 1, di tale legge così recita:

«La Corte costituzionale risolve conflitti giuridici di natura costituzionale tra autorità pubbliche, su richiesta del Presidente della Romania, di uno dei presidenti delle due Camere, del Primo ministro o del presidente del Consiglio superiore della Magistratura».

 Legge n. 78/2000

35      L’articolo 5 della Legea nr. 78/2000 pentru prevenirea, descoperirea și sancționarea faptelor de corupție (legge n. 78/2000 sulla prevenzione, individuazione e repressione degli atti di corruzione), del 18 maggio 2000 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 219, del 18 maggio 2000), al paragrafo 1 così dispone:

«Ai sensi della presente legge, sono reati di corruzione i reati previsti agli articoli da 289 a 292 del codice penale, anche quando sono commessi dalle persone indicate all’articolo 308 del codice penale».

36      Gli articoli del codice penale menzionati all’articolo 5, paragrafo 1, della legge n. 78/2000 riguardano, rispettivamente, i reati di corruzione passiva (articolo 289), di corruzione attiva (articolo 290), di traffico di influenze (articolo 291) e di traffico di influenze in forma attiva (articolo 292).

37      L’articolo 29, paragrafo 1, di tale legge prevede quanto segue:

«Sono istituiti collegi giudicanti specializzati per giudicare in primo grado sui reati previsti dalla presente legge».

 Legge n. 303/2004

38      L’articolo 99 della Legea nr. 303/2004 privind statutul judecătorilor i procurorilor (legge n. 303/2004 recante lo statuto dei giudici e dei pubblici ministeri), del 28 giugno 2004 (ripubblicata nel Monitorul Oficial al României, parte I, n. 826 del 13 settembre 2005), come modificata dalla Legea nr. 24/2012 (legge n. 24/2012), del 17 gennaio 2012 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 51 del 23 gennaio 2012) (in prosieguo: la «legge n. 303/2004»), prevede quanto segue:

«Costituiscono illeciti disciplinari:

(...)

o)      il mancato rispetto delle disposizioni relative alla ripartizione casuale delle cause;

(...)

ș)      il mancato rispetto delle decisioni della Corte costituzionale (...);

(...)».

39      L’articolo 100 di tale legge, al suo paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Le sanzioni disciplinari che possono essere irrogate ai giudici e ai procuratori, in proporzione alla gravità degli illeciti, sono:

(...)

e)      l’esclusione dalla magistratura».

40      L’articolo 101 della suddetta legge così dispone:

«Le sanzioni disciplinari di cui all’articolo 100 sono irrogate dalle sezioni del Consiglio superiore della magistratura, alle condizioni previste nella sua legge organica».

 Legge n. 304/2004

41      La Legea nr. 304/2004 privind organizarea judiciară (legge n. 304/2004 sull’ordinamento giudiziario), del 28 giugno 2004 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 827 del 13 settembre 2005), è stata modificata, in particolare:

–        dalla Legea nr. 202/2010 privind unele măsuri pentru accelerarea soluționării proceselor (legge n. 202/2010 che prevede misure di accelerazione nella decisione delle cause), del 25 ottobre 2010 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 714 del 26 ottobre 2010);

–        dalla Legea nr. 255/2013 pentru punerea în aplicare a Legii nr. 135/2010 privind Codul de procedură penală şi pentru modificarea şi completarea unor acte normative care cuprind dispoziţii procesual penale (legge n. 255/2013 di attuazione della legge n. 135/2010 recante il codice di procedura penale e recante modifica e integrazione di taluni atti normativi che adottano disposizioni relative al procedimento penale), del 19 luglio 2013 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 515, del 14 agosto 2013);

–        dalla Legea nr. 207/2018, pentru modificarea și completarea Legii nr. 304/2004 privind organizarea judiciară (legge n. 207/2018, recante modifica e integrazione della legge n. 304/2004 sull’organizzazione giudiziaria) del 20 luglio 2018 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 636, del 20 luglio 2018).

42      L’articolo 19, paragrafo 3, della legge n. 304/2004, quale modificata da ultimo dalla legge n. 207/2018 (in prosieguo: la «legge n. 304/2004 modificata»), così dispone:

«All’inizio di ogni anno, il Consiglio direttivo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, su proposta del presidente o vicepresidente, può approvare la costituzione di collegi giudicanti specializzati all’interno delle sezioni dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, in funzione del numero e della natura delle cause, del volume di attività di ciascuna sezione, nonché della specializzazione dei giudici e della necessità di valorizzare la loro esperienza professionale».

43      L’articolo 24, paragrafo 1, di tale legge prevede quanto segue:

«I collegi di cinque giudici esaminano i ricorsi contro le decisioni pronunciate in primo grado dalla sezione penale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, decidono sui ricorsi in cassazione contro le decisioni pronunciate in appello dai collegi di cinque giudici dopo la loro previa ammissione, trattano i ricorsi contro le decisioni pronunciate nel corso del procedimento in primo grado dalla sezione penale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, decidono sui procedimenti disciplinari conformemente alla legge e su altre cause nell’ambito delle competenze loro attribuite dalla legge».

44      L’articolo 29, paragrafo 1, di detta legge è così formulato:

«Il Consiglio direttivo dell’Alta corte di cassazione e di giustizia ha le seguenti competenze:

a)      approva il regolamento relativo all’organizzazione e al funzionamento amministrativo nonché i ruoli dell’organico e del personale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia;

(...)

f)      esercita le altre competenze previste dal regolamento relativo all’organizzazione e al funzionamento amministrativo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia».

45      L’articolo 31, paragrafo 1, della stessa legge così recita:

«In materia penale, i collegi giudicanti sono costituiti come segue:

a)      nelle cause attribuite, conformemente alla legge, alla competenza di primo grado dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, il collegio giudicante è composto da tre giudici;

(...)».

46      L’articolo 32 della legge n. 304/2004 modificata prevede quanto segue:

«(1)      All’inizio di ogni anno, su proposta del presidente o dei vicepresidenti dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, il Consiglio direttivo approva il numero di collegi formati da cinque giudici e la composizione di tali collegi.

(...)

(4)      I giudici che siedono in tali collegi giudicanti sono designati, mediante sorteggio, durante un’udienza pubblica, dal presidente o, in sua assenza, da uno dei due vicepresidenti dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia. I membri dei collegi giudicanti possono essere cambiati solo in via eccezionale, in base ai criteri oggettivi stabiliti dal regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia.

(5)      I collegi di cinque giudici sono presieduti dal presidente dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, da uno dei vicepresidenti o dai presidenti di sezione, se designati, conformemente al paragrafo 4, per partecipare al collegio in questione.

(6)      Se nessuna delle persone sopra menzionate è stata designata per partecipare ad un collegio composto da cinque giudici, ciascun giudice presiede il collegio a rotazione, in funzione della sua anzianità di servizio in magistratura.

(7)      Le cause di competenza dei collegi di cinque giudici sono assegnate in modo casuale mediante un sistema informatizzato».

47      Nella versione risultante dalla legge n. 202/2010, l’articolo 32 della legge n. 304/2004 così disponeva:

«(1)      In materia penale, all’inizio di ogni anno sono costituiti due collegi di cinque giudici composti esclusivamente da membri della sezione penale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia.

(...)

(4)      Il Consiglio direttivo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia approva la composizione dei collegi di cinque giudici. I giudici che siedono in tali collegi giudicanti sono designati dal presidente o, in sua assenza, dal vicepresidente dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia. I membri dei collegi giudicanti possono essere cambiati solo in via eccezionale, in base ai criteri oggettivi stabiliti dal regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia.

(5)      I collegi di cinque giudici sono presieduti dal presidente o dal vicepresidente dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia. In loro assenza, il collegio giudicante può essere presieduto da un presidente di sezione designato a tal fine dal presidente o, in sua assenza, dal vicepresidente dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia.

(6)      Le cause di competenza dei collegi giudicanti di cui ai paragrafi 1 e 2 sono assegnate in modo casuale mediante un sistema informatizzato».

48      Nella loro versione risultante dalla legge n. 255/2013, i paragrafi 1 e 6 dell’articolo 32 della legge n. 304/2004 erano formulati in termini pressoché identici a quelli della versione riportata al punto precedente, mentre i paragrafi 4 e 5 di tale articolo disponevano come segue:

«(4)      Il Consiglio direttivo dell’Alta corte di cassazione e di giustizia approva il numero e la composizione dei collegi di cinque giudici, su proposta del presidente della sezione penale. I giudici che siedono in tali collegi sono designati, mediante sorteggio, durante un’udienza pubblica, dal presidente o, in sua assenza, dal vicepresidente dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia. I membri dei collegi giudicanti possono essere sostituiti solo in via eccezionale, in base ai criteri oggettivi stabiliti dal regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia.

(5)      I collegi di cinque giudici sono presieduti dal presidente o dal vicepresidente dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, se fa parte del collegio giudicante, conformemente al paragrafo 4, dal presidente della sezione penale o dal membro più anziano».

49      L’articolo 33 della legge n. 304/2004 modificata è così formulato:

«(1)      Il presidente o, in sua assenza, uno dei vicepresidenti dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia presiede le sezioni unite, il collegio competente sui ricorsi nell’interesse della legge nonché il collegio competente a pronunciarsi su questioni di legittimità, il collegio di cinque giudici, e ogni collegio all’interno delle sezioni in cui partecipa al procedimento.

(...)

(3)      I presidenti di sezione possono presiedere qualsiasi collegio giudicante della sezione, mentre gli altri giudici presiedono a rotazione».

50      L’articolo 33, paragrafo 1, della legge n. 304/2004, nella versione risultante dalla legge n. 202/2010, prevedeva quanto segue:

«Il presidente o, in sua assenza, il vicepresidente dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia presiede le sezioni unite, il collegio di cinque giudici e ogni collegio all’interno delle sezioni in cui partecipa al procedimento».

51      Ai sensi di detto articolo 33, paragrafo 1, della legge n. 304/2004, nella versione risultante dalla legge n. 255/2013:

«Il presidente o, in sua assenza, uno dei vicepresidenti dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, presiede le Sezioni Unite, il collegio competente per i ricorsi nell’interesse della legge nonché il collegio competente a pronunciarsi su questioni di legittimità, il collegio di cinque giudici, e ogni collegio all’interno delle sezioni in cui partecipa al procedimento».

 Regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia

52      L’articolo 28 del Regulamentul privind organizarea şi funcţionarea administrativă a Înaltei Curţi de Casaţie şi Justiţie (regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia) del 21 settembre 2004 (in prosieguo: il «regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo»), come modificato dalla Hotărârea nr. 3/2014 pentru modificarea şi completarea Regulamentului privind organizarea şi funcţionarea administrativă a Înaltei Curţi de Casaţie şi Justiţie (decisione n. 3/2014 recante modifica e integrazione del regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento), del 28 gennaio 2014 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 75 del 30 gennaio 2014), disponeva:

«1.      L’Alta Corte di cassazione e di giustizia è composta da collegi di cinque giudici la cui competenza giurisdizionale è stabilita dalla legge.

(...)

4.      I collegi di cinque giudici sono presieduti, a seconda dei casi, dal presidente, dai vicepresidenti, dal presidente della sezione penale o dal membro più anziano».

53      L’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento di cui trattasi così disponeva:

«Al fine di istituire collegi di cinque giudici in materia penale, il presidente o, in sua assenza, uno dei vicepresidenti dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia designa ogni anno, mediante sorteggio, nel corso di un’udienza pubblica, quattro o, se del caso, cinque giudici della sezione penale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia per ciascun collegio».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 Elementi comuni alle controversie principali

54      Le controversie principali si inseriscono nel solco di una vasta riforma in materia di giustizia e di lotta alla corruzione in Romania. Tale riforma è oggetto di monitoraggio a livello dell’Unione a partire dal 2007, in forza del meccanismo di cooperazione e verifica istituito dalla decisione 2006/928 in occasione dell’adesione della Romania all’Unione europea (in prosieguo: il «MCV»).

55      Tali controversie riguardano procedimenti penali nell’ambito dei quali i giudici del rinvio vogliono capire se essi possano, ai sensi del diritto dell’Unione, disapplicare talune sentenze pronunciate dalla Corte costituzionale tra il 2016 e il 2019, vale a dire le sentenze n. 51/2016, del 16 febbraio 2016 (causa C‑379/19); n. 302/2017, del 4 maggio 2017 (causa C‑379/19); n. 685/2018, del 7 novembre 2018 (cause C‑357/19, C‑547/19 e C‑840/19); n. 26/2019, del 16 gennaio 2019 (causa C‑379/19), nonché n. 417/2019, del 3 luglio 2019 (cause C‑811/19 e C‑840/19).

56      I giudici del rinvio osservano che, per il diritto nazionale, le decisioni della Corte costituzionale sono vincolanti in generale e che la loro inosservanza da parte dei magistrati costituisce, ai sensi dell’articolo 99, lettera ș), della legge n. 303/2004, un illecito disciplinare. Orbene, come risulterebbe dalla Costituzione rumena, la Corte costituzionale non farebbe parte del sistema giudiziario rumeno e avrebbe natura di organo politico-giurisdizionale. Inoltre, la Corte costituzionale, pronunciando le sentenze in questione nel procedimento principale, avrebbe ecceduto le competenze conferitele dalla Costituzione rumena e sconfinato in quelle dei giudici ordinari, pregiudicando così l’indipendenza di questi ultimi. Peraltro, le sentenze nn. 685/2018 e 417/2019 comporterebbero un rischio sistemico di impunità in materia di lotta alla corruzione.

57      In tale contesto, i giudici del rinvio fanno riferimento in particolare alle relazioni della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sui progressi compiuti dalla Romania in base al meccanismo di cooperazione e di verifica, del 27 gennaio 2016 [COM(2016) 41 final], del 13 novembre 2018 [COM(2018) 851 final; in prosieguo: la «relazione MCV del novembre 2018»], e del 22 ottobre 2019 [COM(2019) 499 final].

58      Infine, detti giudici menzionano altresì la sentenza n. 104/2018 della Corte costituzionale da cui risulterebbe che il diritto dell’Unione non prevale sull’ordinamento costituzionale rumeno e che la decisione 2006/928 non può costituire una norma di riferimento nel quadro di un controllo di costituzionalità ai sensi dell’articolo 148 della Costituzione rumena.

 Causa C357/19

59      Con sentenza del 28 marzo 2017 pronunciata da una sezione penale composta da tre giudici, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha condannato, tra gli altri, PM, ministro all’epoca dei fatti contestati, RO, TQ e SP per aver commesso, tra gli anni 2010 e 2012, reati di corruzione e abuso d’ufficio in relazione alla gestione di fondi europei, nonché di frode fiscale relativa all’IVA. Gli appelli interposti contro tale sentenza dagli interessati nonché dal Ministerul Public – Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casație și Justiție – Direcția Națională Anticorupție (Pubblico ministero – Procura presso l’Alta Corte di cassazione e di giustizia – Direzione nazionale anticorruzione, Romania) (in prosieguo: la «DNA»), sono stati respinti con sentenza del 5 giugno 2018 dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, pronunciata da un collegio di cinque giudici. Tale collegio di cinque giudici era composto dal presidente della sezione penale e da altri quattro giudici designati mediante sorteggio, secondo la prassi dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia nel corso del periodo di cui trattasi, fondata sul regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo di questo stesso organo giurisdizionale. La sentenza del 5 giugno 2018 è divenuta definitiva.

60      Con sentenza n. 685/2018, pronunciata il 7 novembre 2018, la Corte costituzionale, adita dal primo ministro ai sensi dell’articolo 146, lettera e), della Costituzione rumena, ha dichiarato, innanzitutto, che esisteva un conflitto giuridico di natura costituzionale tra il Parlamento e l’Alta Corte di cassazione e giustizia, risultante dalla decisioni del Consiglio direttivo di quest’ultima consistenti, in conformità a detta prassi, nel designare mediante sorteggio solo quattro dei cinque membri dei collegi di cinque giudici che giudicavano in appello, e non la loro totalità, in violazione dell’articolo 32 della legge n. 304/2004 modificata; ha quindi ritenuto che la sentenza in una causa in appello emessa da un collegio così illegittimamente costituito era viziata da nullità assoluta e, infine, ha dichiarato che, ai sensi dell’articolo 147, paragrafo 4, della Costituzione rumena, tale sentenza era applicabile dalla data della sua pubblicazione alle cause pendenti, alle cause concluse, nei limiti in cui non fossero ancora scaduti, per le parti, i termini per proporre gli opportuni ricorsi straordinari, e alle situazioni future.

61      A seguito della pubblicazione della sentenza n. 685/2018 della Corte costituzionale, PM, RO, TQ e SP, nonché la DNA hanno proposto, in applicazione dell’articolo 426, paragrafo 1, del codice di procedura penale, ricorsi straordinari dinanzi all’Alta Corte di cassazione e di giustizia, chiedendo l’annullamento della sentenza del 5 giugno 2018 e l’avvio di un nuovo procedimento per statuire sugli appelli. A sostegno dei loro ricorsi, essi hanno sostenuto che la sentenza n. 685/2018 era vincolante e produceva effetti giuridici sulla sentenza dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, del 5 giugno 2018, dato che il collegio di cinque giudici che si era pronunciato su tali appelli non era stato costituito nel rispetto della legge, come interpretata dalla Corte costituzionale. Il giudice del rinvio ha dichiarato ricevibili tali ricorsi straordinari, con la motivazione, in particolare, che essi erano stati proposti entro il termine legale di 30 giorni a decorrere dalla notifica di tale sentenza, e ha deciso di sospendere l’esecuzione delle pene privative della libertà in attesa dell’esito di detti ricorsi.

62      Tale giudice si chiede, in particolare, se l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE nonché l’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 2, paragrafo 1, della convenzione TIF ostino all’applicazione della sentenza n. 685/2018 nel procedimento principale, la quale avrebbe come conseguenza l’annullamento delle decisioni giurisdizionali divenute definitive prima della pronuncia di tale sentenza e l’avvio di un nuovo procedimento di appello in cause di frode e corruzione gravi.

63      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, spetterebbe ai giudici nazionali dare piena efficacia, nel necessario rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta e dei principi generali del diritto, agli obblighi derivanti dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e disapplicare disposizioni di diritto interno che ostino all’applicazione di sanzioni effettive e dissuasive in materia di frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione. Alla luce di tale giurisprudenza, occorrerebbe chiarire se l’obbligo degli Stati membri derivante dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE nonché dall’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), e dall’articolo 2, paragrafo 1, della convenzione TIF riguardi anche l’esecuzione di sanzioni penali già applicate. Si porrebbe altresì la questione dell’inclusione nell’espressione «e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione», di cui all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, non solo di fatti di corruzione in senso proprio, bensì anche del tentativo di frode commesso nel contesto di un appalto pubblico aggiudicato in modo fraudolento e che era destinato ad essere finanziato da fondi europei, ma che, a seguito del rifiuto di finanziamento da parte dell’autorità di gestione di tali fondi, è stato imputato integralmente a carico del bilancio nazionale. In tale contesto, nel caso di specie, vi sarebbe stato un rischio di lesione degli interessi finanziari dell’Unione, sebbene tale rischio non si sia concretizzato.

64      Peraltro, il giudice del rinvio sottolinea che, a norma degli articoli 2 e 19 TUE, ogni Stato membro deve assicurarsi che gli organi giurisdizionali che costituiscono il proprio sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di indipendenza al fine di garantire ai singoli una tutela giurisdizionale effettiva. La garanzia di indipendenza presupporrebbe, secondo la giurisprudenza della Corte, che i giudici possano esercitare le loro funzioni giurisdizionali in piena autonomia, senza essere soggetti ad alcun vincolo gerarchico, al fine di essere tutelati dagli interventi o dalle pressioni esterni idonei a compromettere la loro indipendenza e a influenzare le loro decisioni.

65      Inoltre, alla luce, in particolare, dell’importanza del principio di legalità, che richiede che la legge sia prevedibile, precisa e non retroattiva, il giudice del rinvio si chiede se la nozione di «giudice precostituito per legge» di cui all’articolo 47, paragrafo 2, della Carta osti all’interpretazione fornita dalla Corte costituzionale circa l’illegittimità della composizione delle sue sezioni di cinque giudici. Infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte risultante dalle sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, (C‑617/10, EU:C:2013:105), e del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936), i giudici nazionali, quando devono decidere di disapplicare disposizioni di diritto penale sostanziale, sono tenuti a garantire che i diritti fondamentali di coloro che sono accusati di aver commesso un reato siano rispettati, pur essendo loro consentito applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, a patto che tale applicazione non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretata dalla Corte, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione.

66      Nel caso di specie, il giudice del rinvio ritiene che il diritto dell’Unione osti, in particolare, all’applicazione della sentenza n. 685/2018, in quanto tale sentenza avrebbe come effetto l’annullamento di decisioni definitive dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia emesse dai collegi di cinque giudici e potrebbe privare di effettività e di potere dissuasivo le sanzioni applicate in un numero considerevole di casi di frode grave lesiva degli interessi finanziari dell’Unione. Ciò creerebbe una parvenza di impunità e comporterebbe addirittura un rischio sistemico di impunità a causa del sopraggiungere della prescrizione, tenuto conto della complessità e della durata del procedimento fino alla pronuncia della sentenza definitiva a seguito del riesame delle cause di cui trattasi. Inoltre, i principi di indipendenza dei giudici e di certezza del diritto ostano a che alla sentenza n. 685/2018 siano riconosciuti effetti vincolanti nei confronti di decisioni penali che sono già divenute definitive a partire dalla data di tale sentenza, in mancanza di seri motivi che rimettano in discussione il rispetto del diritto a un equo processo nelle cause pertinenti, il che sarebbe confermato dalla relazione MCV del novembre 2018.

67      Infine, il giudice del rinvio indica che sussiste un serio rischio che le risposte della Corte alle questioni sollevate siano deprivate di effetti nel diritto interno, tenuto conto della giurisprudenza della Corte costituzionale citata al punto 58 della presente sentenza.

68      È in tale contesto che l’Alta corte di cassazione e di giustizia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 19, paragrafo 1, [TUE], l’articolo 325, paragrafo 1, [TFUE], l’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b) e l’articolo 2, paragrafo 1, della [convenzione TIF], nonché il principio della certezza del diritto, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’adozione di una decisione da parte di un organo esterno al potere giudiziario, la [Corte costituzionale], che si pronuncia sulla legittimità della composizione di collegi giudicanti, creando in tal modo le premesse per l’accoglimento di ricorsi straordinari avverso le sentenze definitive pronunciate durante un determinato periodo di tempo.

2)      Se l’articolo 47, secondo comma, della [Carta] debba essere interpretato nel senso che osta alla constatazione, vincolante in diritto interno, da parte di un organo esterno al potere giudiziario, della mancanza di indipendenza e imparzialità di un collegio giudicante di cui fa parte un giudice avente funzioni direttive, il quale non è stato nominato in modo aleatorio, bensì in base a una regola trasparente, conosciuta e incontestata dalle parti, applicabile a tutte le cause trattate dal predetto collegio.

3)      Se il primato del diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che consente al giudice nazionale di disapplicare una decisione del giudice costituzionale, pronunciata in una causa relativa ad un conflitto costituzionale, vincolante ai sensi del diritto nazionale».

 Causa C379/19

69      Il 22 agosto 2016, la Direcţia Naţională Anticorupţie Serviciul Teritorial Oradea (Servizio territoriale di Oradea della DNA, Romania) ha rinviato a giudizio dinanzi al Tribunalul Bihor (Tribunale superiore di Bihor, Romania) KI, LJ, JH e IG, per rispondere di reati di acquisto di influenze, traffico di influenze, corruzione attiva, corruzione passiva nonché reati di concorso in acquisto di influenze e concorso in corruzione attiva.

70      Nell’ambito di tale procedimento, KI e LJ hanno chiesto, in applicazione dell’articolo 342 del codice di procedura penale, l’esclusione di mezzi di prova costituiti da verbali di trascrizione di intercettazioni effettuate dal Serviciul Român de Informații (Servizio rumeno di informazione e sicurezza) (in prosieguo: il «SRI»). A sostegno di tale domanda, gli interessati hanno invocato la sentenza n. 51/2016, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 142, paragrafo 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui autorizzava l’esecuzione di misure di sorveglianza, nell’ambito di un procedimento penale, da parte di «altri organi specializzati dello Stato», in particolare, il SRI.

71      Con ordinanza del 27 gennaio 2017, la sezione per l’udienza preliminare del Tribunalul Bihor (Tribunale superiore di Bihor) ha respinto le domande di KI e LJ motivando, in particolare, che, poiché la sentenza n. 51/2016 produce effetti soltanto per il futuro, l’assunzione delle prove era legittima e ha disposto l’avvio del giudizio nei confronti di KI, LJ, JH e IG. L’impugnazione avverso tale ordinanza è stata respinta dalla Curtea de Apel Oradea (Corte d’appello di Oradea, Romania), la quale ha anch’essa ritenuto che la sentenza n. 51/2016 non fosse applicabile alle misure di sorveglianza tecnica disposte nel caso di specie, in quanto detta sentenza, pubblicata nel Monitorul Oficial al României del 14 marzo 2016 produceva, ai sensi dell’articolo 147, paragrafo 4, della Costituzione rumena, effetti soltanto per il futuro.

72      Nel corso del processo penale dinanzi al giudice del rinvio, IG, KI, LJ e JH hanno in sostanza chiesto che venisse dichiarata la nullità assoluta dei verbali di trascrizione delle intercettazioni nel caso in cui il SRI avesse partecipato all’esecuzione dei mandati di sorveglianza. Oltre alla sentenza n. 51/2016, gli interessati hanno fatto valere al riguardo le sentenze nn. 302/2017 e 26/2019, con le quali la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 281, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, nella parte in cui non sanziona con la nullità assoluta la violazione delle disposizioni relative alla competenza ratione materiae e ratione personae dell’organo inquirente (sentenza n. 302/2017), e ha constatato l’esistenza di un conflitto giuridico di natura costituzionale tra, tra l’altro, il Parlamento e il Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Procura presso l’Alta Corte di cassazione e di giustizia), derivante dal fatto che due protocolli di cooperazione stipulati tra la DNA e il SRI nel corso del 2009 e del 2016, in violazione della competenza costituzionale della DNA, violavano la normativa processuale che disciplina l’esercizio dell’azione penale (sentenza n. 26/2019).

73      A seguito di una verifica effettuata dal giudice del rinvio presso la DNA, è risultato che l’esecuzione di nove mandati di sorveglianza era avvenuta col supporto tecnico del SRI, e quella di altri due, avvenuta dopo la pubblicazione della sentenza n. 51/2016, senza l’intervento di tale servizio.

74      Il giudice del rinvio osserva di essere tenuto a pronunciarsi, in via prioritaria, sulla domanda di esclusione dei mezzi di prova e si chiede, in particolare, se debba applicare le sentenze nn. 51/2016, 302/2017 e 26/2019. Infatti, l’effetto combinato di queste tre sentenze comporterebbe che al giudice basterebbe accertare la partecipazione del SRI nell’esecuzione di un mandato di sorveglianza perché siano sanzionati con la nullità assoluta i mezzi di ricerca della prova e siano esclusi i corrispondenti elementi di prova.

75      Il giudice del rinvio sottolinea tuttavia che, secondo le norme nazionali tuttora in vigore, la ricevibilità di una domanda di esclusione di elementi di prova è subordinata alla condizione che tale domanda sia stata presentata prima della chiusura della fase preliminare. Inoltre, le norme costituzionali conferirebbero solo effetti ex nunc alle sentenze della Corte costituzionale. Quest’ultima avrebbe quindi stabilito, in via giurisprudenziale, che le proprie sentenze si applicano nelle cause pendenti, imponendo così ai giudici di annullare tutti gli atti processuali o gli elementi di prova in questione, non essendo possibile procedere ad una valutazione caso per caso, anche se tali atti erano stati compiuti, come nel caso di specie, sulla base di norme che al momento della loro applicazione godevano della presunzione di costituzionalità.

76      Orbene, da un lato, la Romania sarebbe tenuta a contrastare la corruzione e la Commissione avrebbe constatato, nella relazione MCV del novembre 2018, che tale Stato membro doveva continuare ad attuare la strategia nazionale di lotta alla corruzione, nel rispetto dei termini impartiti dal governo nell’agosto 2016. D’altra parte, la Corte costituzionale dovrebbe, ai sensi dell’articolo 146 della Costituzione rumena, limitarsi a verificare la conformità delle leggi alla Costituzione rumena, e non spingersi fino a interpretare e applicare la legge, e a introdurre norme giuridiche con effetto retroattivo. Inoltre, l’intento della Corte costituzionale di garantire direttamente, mediante le sue sentenze, il rispetto dei diritti processuali delle parti in un procedimento penale sembrerebbe eccessivo alla luce dei sistemi di cui dispone lo Stato rumeno a tal fine, come il protocollo n. 16 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, entrato in vigore il 1º agosto 2018 (in prosieguo: la «CEDU»). Peraltro, la Corte, nella sua giurisprudenza risultante dalla sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107), avrebbe rifiutato di riconoscere l’esistenza di un limite al primato del diritto dell’Unione rispetto ai diritti fondamentali nazionali più favorevoli.

77      Per quanto riguarda il procedimento principale, il giudice del rinvio ritiene che esso presenti un nesso sufficientemente stretto con il diritto dell’Unione, nella misura in cui riguarda l’esercizio della sua competenza giurisdizionale, conformemente ai principi dello Stato di diritto e di indipendenza dei giudici, e che pone questioni relative al carattere e agli effetti del MCV nonché al primato del diritto dell’Unione sulla giurisprudenza della Corte costituzionale. Quest’ultima avrebbe limitato la competenza, avente origine nella Costituzione rumena e nel diritto dell’Unione, dei giudici rumeni ad amministrare la giustizia, dichiarando, nella sentenza n. 104/2018, di cui al punto 58 della presente sentenza, che la decisione 2006/928 non può costituire una norma di riferimento nell’ambito del controllo di costituzionalità ai sensi dell’articolo 148 della Costituzione rumena.

78      Pertanto, sarebbe necessario che la Corte precisasse se il MCV abbia carattere vincolante e, in caso affermativo, se tale carattere debba essere riconosciuto non solo alle misure raccomandate espressamente nelle relazioni elaborate nell’ambito di tale meccanismo, ma anche a tutte le constatazioni contenute in dette relazioni, in particolare quelle riguardanti le misure disposte dalle autorità nazionali che sono contrarie alle raccomandazioni formulate dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia) e dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO). Inoltre, alla luce dei principi dello Stato di diritto e dell’indipendenza dei giudici, si porrebbe la questione se il giudice nazionale possa, senza rischiare di essere oggetto di sanzioni disciplinari espressamente previste dalla legge e nell’esercizio della propria competenza giurisdizionale, rimuovere gli effetti delle sentenze della Corte costituzionale, nel caso in cui quest’ultima ecceda i limiti della sua competenza.

79      In tali circostanze, il Tribunalul Bihor (Tribunale superiore di Bihor) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se [l’MCV], istituito dalla decisione [2006/928], e i requisiti formulati nelle relazioni elaborate nel quadro di detto meccanismo siano vincolanti per la Romania.

2)      Se l’articolo 2, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, [TUE], debba essere interpretato nel senso che l’obbligo, per la Romania, di rispettare i requisiti imposti dalle relazioni elaborate nel quadro [dell’MCV], istituito con la decisione [2006/928], rientri nell’obbligo dello Stato membro di rispettare i principi dello Stato di diritto, anche per quanto riguarda l’astensione di una Corte costituzionale, istituzione politico-giurisdizionale, dall’intervenire al fine di interpretare la legge e di stabilire le modalità concrete e obbligatorie secondo le quali deve essere applicata da parte degli organi giurisdizionali, competenza esclusiva attribuita all’autorità giudiziaria, e al fine di introdurre nuove disposizioni legislative, competenza esclusiva attribuita all’autorità legislativa. Se il diritto dell’Unione imponga la rimozione degli effetti di una decisione siffatta adottata da una corte costituzionale. Se il diritto dell’Unione europea osti a una norma di diritto nazionale che regolamenta la responsabilità disciplinare del magistrato il quale disapplichi la decisione della Corte costituzionale, nel contesto della questione sollevata.

3)      Se il principio dell’indipendenza dei giudici, sancito dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, e dall’articolo 47 della [Carta], come interpretato dalla [Corte] [sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, (C‑64/16, EU:C:2018:117)], osti a che le competenze dei giudici siano sostituite con decisioni della [Corte costituzionale] ([decisione n. 51/2016, decisione n. 302/2017 e decisione n. 26/2019]), con la conseguenza di rendere imprevedibile il procedimento penale (applicazione retroattiva) e impossibile interpretare la legge e applicarla al caso concreto. Se il diritto dell’Unione europea osti a una norma di diritto nazionale che regolamenta la responsabilità disciplinare del magistrato il quale disapplichi la decisione della Corte costituzionale, nel contesto della questione sollevata».

80      Con lettera del 27 giugno 2019, pervenuta alla Corte il 10 luglio 2019, il Tribunalul Bihor (Tribunale superiore di Bihor) ha informato quest’ultima che, con ordinanza del 18 giugno 2019, la Curtea de Apel de Oradea (Corte d’appello di Oradea, Romania), su domanda della DNA, aveva annullato la decisione di sospendere il procedimento e aveva disposto la prosecuzione della causa per quanto riguarda le questioni diverse da quelle oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale. Interrogato dalla Corte, il Tribunalul Bihor (Tribunale superiore di Bihor), con lettera del 26 luglio 2019, pervenuta alla Corte il 7 agosto 2019, ha precisato che una risposta di quest’ultima alle questioni sollevate era comunque necessaria. Infatti, il procedimento dinanzi ad esso era proseguito senza aver potuto acquisire le prove ottenute mediante i mandati di sorveglianza di cui alle questioni pregiudiziali. Inoltre, il Tribunalul Bihor (Tribunale superiore di Bihor) ha segnalato che l’Ispettorato giudiziario aveva avviato un’indagine disciplinare nei confronti del giudice del rinvio per mancato rispetto delle sentenze della Corte costituzionale, oggetto delle questioni pregiudiziali.

 Causa C547/19

81      L’Ispettorato giudiziario ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti di CY, giudice presso la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest, Romania), dinanzi alla Sezione per giudici in materia disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, con la motivazione che CY avrebbe commesso l’illecito disciplinare previsto all’articolo 99, lettera o), della legge n. 303/2004.

82      Con ordinanza del 28 marzo 2018, la Sezione per giudici in materia disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha respinto in quanto inammissibile la domanda accessoria d’intervento nell’interesse di CY presentata dal Forum dei giudici della Romania. Quest’ultimo e CY hanno proposto ricorso avverso detta ordinanza dinanzi all’Alta Corte di cassazione e di giustizia.

83      Con decisione del 2 aprile 2018, la Sezione per giudici in materia disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha irrogato a CY la sanzione disciplinare di esclusione della magistratura, prevista all’articolo 100, lettera e), della legge n. 303/2004. CY ha impugnato tale decisione dinanzi all’Alta Corte di cassazione e di giustizia.

84      Queste due cause sono state assegnate in modo casuale a un collegio di cinque giudici appartenenti a tale organo giurisdizionale e sono state quindi riunite per connessione. Tale collegio giudicante era stato composto mediante sorteggio effettuato il 30 ottobre 2017.

85      L’8 novembre 2018 il Consiglio direttivo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, in seguito alla pronuncia della sentenza n. 685/2018 di cui al punto 60 della presente sentenza, ha adottato una decisione relativa al sorteggio dei membri dei collegi di cinque giudici. Nel dicembre 2018, il Consiglio superiore della magistratura ha adottato due decisioni che introducono norme intese a garantire la conformità di tale organo ai requisiti indicati in tale sentenza. Per conformarsi a tali decisioni, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha nuovamente proceduto all’estrazione a sorte di nuovi collegi giudicanti per l’anno 2018, includendo cause già assegnate nelle quali non era stato disposto alcun provvedimento fino alla fine di tale anno, tra cui le cause riunite di cui trattasi nel procedimento principale.

86      Dinanzi al nuovo collegio giudicante, CY ha, tra l’altro, sollevato l’eccezione di illegittima composizione di tale collegio, contestando, in particolare, la compatibilità con l’articolo 2 TUE della sentenza n. 685/2018 e delle conseguenti decisioni del Consiglio superiore della magistratura. A tal riguardo, CY ha rilevato che la Corte costituzionale e il Consiglio superiore della magistratura avevano ecceduto le rispettive competenze e ha aggiunto che, se queste due autorità non fossero intervenute nell’attività dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, non sarebbe stato pregiudicato il principio della continuità del collegio giudicante, e la causa sarebbe stata correttamente assegnata a uno dei collegi di cinque giudici.

87      Al fine di pronunciarsi sull’eccezione di illegittimità sollevata da CY, il giudice del rinvio chiede alla Corte se un intervento della Corte costituzionale nell’attività giudiziaria, come quello risultante dalla sentenza n. 685/2018, sia compatibile con il principio dello Stato di diritto di cui all’articolo 2 TUE nonché con l’indipendenza della giustizia garantita dall’articolo 19 TUE e dall’articolo 47 della Carta.

88      A tal riguardo, il giudice del rinvio evidenzia, in primo luogo, la connotazione politica della nomina dei membri della Corte costituzionale nonché la particolare posizione di quest’ultima nell’architettura delle autorità dello Stato.

89      In secondo luogo, il procedimento di accertamento di un conflitto giuridico di natura costituzionale tra le autorità pubbliche, previsto all’articolo 146, lettera e), della Costituzione rumena, sarebbe in quanto tale problematico, dal momento che, secondo la medesima disposizione, i soggetti autorizzati ad avviare tale procedimento sono organi politici. Inoltre, la distinzione tra l’illegittimità di un atto e l’esistenza di un conflitto giuridico di natura costituzionale sarebbe estremamente labile e consentirebbe ad una categoria limitata di soggetti di diritto di esercitare mezzi d’impugnazione paralleli rispetto a quelli previsti dinanzi agli organi giurisdizionali ordinari. Tale circostanza, unitamente all’elemento politico che incide sulla designazione dei membri della Corte costituzionale, consentirebbe a quest’ultima di intervenire nell’attività giudiziaria a fini politici o nell’interesse di persone influenti dal punto di vista politico.

90      In terzo luogo, il giudice del rinvio considera problematica la constatazione effettuata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 685/2018 relativa all’esistenza di un conflitto giuridico di natura costituzionale tra il potere giudiziario e il potere legislativo. In questa sentenza, la Corte costituzionale, per poter dichiarare l’esistenza di un tale conflitto giuridico di natura costituzionale, avrebbe contrapposto la propria interpretazione di disposizioni non chiare di natura infra-costituzionale, vale a dire gli articoli 32 e 33 della legge n. 304/2004 modificata, a quella adottata dall’Alta Corte di cassazione e di giustizia nell’esercizio della propria competenza, e avrebbe contestato a quest’ultima un atteggiamento di sistematica negazione della volontà del legislatore.

91      Secondo il giudice del rinvio, si pone quindi la questione se gli articoli 2 e 19 TUE nonché l’articolo 47 della Carta ostino a che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, la giurisprudenza dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia possa essere controllata e sanzionata mediante un intervento della Corte costituzionale. Il giudice del rinvio afferma che un intervento arbitrario di quest’ultima, con cui si effettui la verifica della legittimità dell’attività dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, verifica che si sostituirebbe a procedure giudiziarie legittime (come i ricorsi contenziosi amministrativi o le eccezioni processuali sollevate nell’ambito delle azioni in giudizio), può avere un impatto negativo sia con riguardo all’indipendenza della giustizia sia per quanto attiene ai fondamenti stessi dello Stato di diritto, di cui all’articolo 2 TUE, poiché la Corte costituzionale non fa parte del sistema delle istituzioni giudiziarie e non ha funzioni giudicanti.

92      In tali circostanze, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 2 [TUE], l’articolo 19, paragrafo 1, [TUE] e l’articolo 47 della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che ostano all’intervento di una corte costituzionale (organo che non è, secondo il diritto nazionale, un’istituzione giudiziaria) riguardo al modo in cui un organo giurisdizionale supremo ha interpretato e applicato la legislazione infra-costituzionale nell’attività di istituzione dei collegi giudicanti».

 Causa C811/19

93      Con sentenza dell’8 febbraio 2018 pronunciata in primo grado da un collegio composto da tre giudici, la sezione penale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha condannato FQ, GP, HO, IN e JM a pene da due a otto anni di reclusione per aver commesso reati di corruzione e di riciclaggio di denaro nonché reati assimilati alla corruzione, commessi tra il 2009 e il 2013, in relazione ad appalti pubblici aggiudicati nell’ambito di un progetto finanziato principalmente da fondi dell’Unione europea a fondo perduto. Quattro degli imputati, tra i quali una persona che è stata successivamente sindaco, senatore e ministro, nonché la DNA, hanno interposto appello contro detta sentenza.

94      Nel corso del procedimento di appello, gli appellanti hanno chiesto all’Alta Corte di cassazione e di giustizia di dichiarare la nullità della sentenza dell’8 febbraio 2018, in quanto quest’ultima era stata pronunciata da un collegio giudicante che, in violazione delle prescrizioni di legge, non era specializzato in materia di corruzione.

95      Gli appellanti hanno invocato, a tal riguardo, la sentenza n. 417/2019, pronunciata il 3 luglio 2019 su istanza del presidente della Camera dei Deputati, il quale, all’epoca, era sottoposto a un’indagine penale per fatti rientranti nell’ambito della legge n. 78/2000, procedimento che, nella fase di appello, pendeva dinanzi al collegio composto da cinque giudici dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia. In tale sentenza, la Corte costituzionale aveva, in primo luogo, accertato l’esistenza di un conflitto giuridico di natura costituzionale tra il Parlamento e l’Alta Corte di cassazione e di giustizia, originato dalla mancata costituzione, da parte di quest’ultima, dei collegi specializzati per la trattazione in primo grado dei reati previsti dall’articolo 29, paragrafo 1, della legge n. 78/2000; inoltre, aveva dichiarato che la trattazione di una causa da parte di un collegio non specializzato comportava la nullità assoluta della decisione pronunciata e, infine, aveva ordinato che tutte le cause decise dall’Alta Corte di cassazione e di giustizia in primo grado prima del 23 gennaio 2019 e non ancora passate in giudicato, dovevano essere riesaminate da collegi specializzati costituiti in conformità a tale disposizione. Infatti, in detta sentenza, la Corte costituzionale ha rilevato che, se, a tale data del 23 gennaio 2019, il Consiglio direttivo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia aveva adottato una decisione secondo la quale tutti i collegi giudicanti composti da tre giudici della stessa dovevano essere considerati specializzati nella trattazione delle cause di corruzione, tale decisione era idonea a evitare l’incostituzionalità solo a partire dalla data della sua adozione, non per il passato.

96      A sostegno della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio rileva che i reati di cui trattasi nel procedimento principale, quali i reati di corruzione commessi in relazione a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici finanziati principalmente da fondi europei, nonché i reati di riciclaggio di denaro, ledono o possono ledere gli interessi finanziari dell’Unione.

97      Secondo tale giudice, in primo luogo, si pone la questione se l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, l’articolo 4 della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU 2017, L 198, pag. 29), e l’articolo 58 della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU 2015, L 141, pag. 73), devono essere interpretati nel senso che impediscono al giudice nazionale di applicare una decisione di un organo esterno al sistema giudiziario, come la sentenza n. 417/2019 della Corte costituzionale, che si è pronunciata sul merito di un ricorso ordinario imponendo il rinvio delle cause, con la conseguenza di rimettere in discussione il procedimento penale avviando un nuovo procedimento di primo grado. Infatti, gli Stati membri sarebbero tenuti ad adottare misure effettive e dissuasive per contrastare le attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

98      In tale contesto, occorrerebbe altresì stabilire se nell’espressione «e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione» di cui all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE rientrino i reati di corruzione veri e propri, in particolare in quanto l’articolo 4 della direttiva 2017/1371 definisce i reati di «corruzione passiva» e «corruzione attiva». Tale chiarimento sarebbe necessario in quanto uno degli imputati nel procedimento principale si sarebbe avvalso dell’influenza esercitata, in qualità di senatore e ministro, su funzionari pubblici, li avrebbe indotti ad agire in violazione delle loro funzioni e avrebbe ottenuto in cambio una percentuale significativa del valore degli appalti pubblici, finanziati prevalentemente da fondi europei.

99      Secondo il giudice del rinvio, così come nella causa C‑357/19, Eurobox Promotion e a., si pone altresì la questione di chiarire se il principio dello Stato di diritto sancito all’articolo 2 TUE, interpretato alla luce dell’articolo 47 della Carta, osti a che sull’attività giudiziaria incida un intervento come quello risultante dalla sentenza n. 417/2019. Con detta sentenza, la Corte costituzionale avrebbe istituito, senza disporre di competenze giurisdizionali, misure vincolanti che comportano la riassunzione di processi a causa dell’asserita assenza di specializzazione in materia di reati di corruzione dei collegi giudicanti della sezione penale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, seppure tutti i giudici di tale sezione penale soddisfacessero, proprio per la loro qualità di magistrato appartenente a tale organo giurisdizionale, tale requisito di specializzazione.

100    In secondo luogo, alla luce della giurisprudenza della Corte nonché dell’importanza del principio di legalità, occorrerebbe chiarire il significato della nozione di «giudice precostituito per legge», di cui all’articolo 47, secondo comma, della Carta, al fine di determinare se tale disposizione osti all’interpretazione resa dalla Corte costituzionale sulla natura illecita della composizione dell’organo giurisdizionale.

101    In terzo luogo, il giudice del rinvio si chiede se il giudice nazionale sia tenuto a disapplicare la sentenza n. 417/2019 per garantire la piena efficacia delle norme dell’Unione. Più in generale, occorrerebbe altresì verificare se occorra rimuovere gli effetti delle decisioni della Corte costituzionale che ledono il principio dell’indipendenza dei giudici nelle cause in cui si applica solo il diritto nazionale. Tali questioni si porrebbero, in particolare, in ragione del fatto che il regime disciplinare rumeno prevede che al giudice che rimuove gli effetti delle decisioni della Corte costituzionale può essere irrogata una sanzione disciplinare.

102    Il giudice del rinvio è del parere che la sentenza n. 417/2019, che ha l’effetto di annullare le sentenze emesse in primo grado prima del 23 gennaio 2019 dai collegi giudicanti di tre giudici della sezione penale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, viola il principio di effettività delle sanzioni penali in caso di gravi attività illecite che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. Infatti, detta sentenza creerebbe, da un lato, una parvenza di impunità e, dall’altro, comporterebbe un rischio sistemico di impunità in materia di reati gravi a causa delle norme nazionali sulla prescrizione delle azioni penali, data la complessità e la durata dei procedimenti sino alla pronuncia di una sentenza definitiva a seguito del riesame delle cause di cui trattasi. Infatti, nel procedimento principale, il procedimento giudiziario, per la sua complessità, è durato già circa quattro anni solo per il giudizio di primo grado. Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che il principio di indipendenza dei giudici sancito dal diritto dell’Unione osti all’istituzione, mediante sentenza di un organo giurisdizionale esterno al potere giudiziario, di misure procedurali che impongono il riesame in primo grado di talune cause, rimettendo in discussione l’accusa penale, in assenza di gravi motivi idonei a pregiudicare il diritto degli imputati ad un equo processo. Orbene, nel caso di specie, il fatto che i collegi della sezione penale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia siano composti da giudici i quali, al momento della loro nomina in seno a detto organo giurisdizionale, erano specializzati nella trattazione di procedimenti penali non può essere considerato lesivo del diritto ad un equo processo e all’accesso alla giustizia.

103    È in tale contesto che l’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 19, paragrafo 1, [TUE], l’articolo 325, paragrafo 1, [TFUE], l’articolo 58 della direttiva [2015/849] [nonché] l’articolo 4 della direttiva [2017/1371], debbano essere interpretati nel senso che ostano all’adozione di una decisione da parte di un organo esterno al potere giudiziario, la [Corte costituzionale], che si pronuncia su un’eccezione processuale vertente sull’eventuale composizione illegittima del collegio giudicante, alla luce del principio di specializzazione dei giudici dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia (non previsto dalla Costituzione rumena), e che obbliga un organo giurisdizionale a rinviare le cause, che si trovano in fase di impugnazione in appello (devolutiva), per il loro riesame nell’ambito del primo ciclo processuale dinanzi al medesimo organo giurisdizionale.

2)      Se l’articolo 2 [TUE] e l’articolo 47, [secondo comma], della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che ostano a che un organo esterno al potere giudiziario dichiari illegittima la composizione del collegio giudicante di una sezione dell’organo giurisdizionale supremo (collegio composto da giudici in funzione, i quali, al momento della promozione, soddisfacevano, tra gli altri, il requisito della specializzazione richiesto per la promozione alla Sezione penale dell’organo giurisdizionale supremo).

3)      Se il primato del diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che consente al giudice nazionale di disapplicare una decisione del giudice costituzionale, che interpreta una norma di rango inferiore alla Costituzione, relativa all’organizzazione dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, contenuta nella legge interna sulla prevenzione, l’individuazione e la sanzione dei fatti di corruzione, norma costantemente interpretata nel medesimo senso, per sedici anni, da un organo giurisdizionale.

4)      Se, conformemente all’articolo 47 della [Carta] il [p]rincipio di libero accesso alla giustizia includa la specializzazione dei giudici e la costituzione di collegi specializzati presso un organo giurisdizionale supremo».

 Causa C840/19

104    Con sentenza del 26 maggio 2017 pronunciata da un collegio di tre giudici, la sezione penale della Alta Corte di cassazione e di giustizia ha condannato NC, tra gli altri, a quattro anni di reclusione per aver commesso, nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari e ministeriali, il reato di traffico d’influenze, previsto dall’articolo 291, comma 1, del codice penale, in combinato disposto con gli articoli 6 e 7, lettera a), della legge n. 78/2000, in relazione all’aggiudicazione di un appalto pubblico finanziato in gran parte con fondi europei. La DNA e NC hanno proposto appello avverso tale sentenza, che la sezione penale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, con sentenza del 28 giugno 2018 emessa da un collegio composto da cinque giudici, ha respinto confermando la condanna. Tale sentenza è passata in giudicato.

105    Dopo la pubblicazione della sentenza n. 685/2018 di cui al punto 60 della presente sentenza, NC e la DNA hanno proposto ricorsi straordinari di annullamento, facendo valere, in sostanza, l’irregolare composizione del collegio di cinque giudici dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia che aveva statuito sugli appelli proposti avverso la sentenza del 26 maggio 2017, deducendo che solo quattro dei cinque membri di tale collegio erano stati designati per estrazione a sorte.

106    Con sentenze del 25 febbraio e del 20 maggio 2019, pronunciate da un collegio di cinque giudici, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia, alla luce della sentenza n. 685/2018, ha accolto i ricorsi straordinari, ha annullato la condanna di NC e rinviato per il riesame gli appelli proposti da quest’ultimo e dalla DNA.

107    Mentre il procedimento d’appello era ancora in fase di riesame dinanzi all’Alta Corte di cassazione e di giustizia, che si riuniva in collegio giudicante composto da cinque giudici, la Corte costituzionale ha pronunciato la sentenza n. 417/2019 di cui al punto 95 della presente sentenza.

108    Il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità di tale sentenza con l’articolo 2 e con l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, con l’articolo 47 della Carta e con l’articolo 4 della direttiva 2017/1371. Per quanto riguarda, in particolare, l’articolo 325 TFUE, il giudice del rinvio deduce, in sostanza, gli stessi motivi formulati nella causa C‑811/19. Detto giudice aggiunge che, nel procedimento principale, i procedimenti giudiziari sono durati circa quattro anni e che, a seguito dell’applicazione della sentenza n. 685/2018, la causa si trova nella fase di riesame dell’appello. L’applicazione della sentenza n. 417/2019 comporterebbe inoltre la riapertura di un procedimento di merito su tale causa in primo grado, con la conseguenza che lo stesso processo si svolgerebbe due volte in primo grado e tre volte in appello.

109    Il giudice del rinvio rileva che la sentenza n. 417/2019 ha introdotto misure procedurali vincolanti che obbligano all’avvio di nuovi procedimenti giudiziari a causa dell’assenza di specializzazione dei collegi giudicanti in primo grado in materia di reati previsti dalla legge n. 78/2000. Sussisterebbe quindi, a causa di tale sentenza, un rischio di impunità in un considerevole numero di cause riguardanti reati gravi. In tali circostanze, sarebbe violato il requisito di effettività di cui all’articolo 325 TFUE e il diritto fondamentale dell’imputato di essere giudicato in tempi ragionevoli.

110    Parimenti, il giudice del rinvio ritiene che, come nelle cause C‑357/19, C‑547/19 e C‑811/19, occorra interrogare la Corte sulla compatibilità dell’intervento della Corte costituzionale con il principio dello Stato di diritto. Pur sottolineando l’importanza del rispetto delle sentenze di detta Corte, il giudice del rinvio precisa che il suo quesito non verte sulla giurisprudenza della Corte costituzionale in generale, ma unicamente sulla sentenza n. 417/2019. In questa sentenza, la Corte costituzionale avrebbe contrapposto la propria interpretazione a quella adottata dall’Alta Corte di cassazione e di giustizia sulle rispettive disposizioni divergenti di cui alla legge n. 78/2000 e alla legge n. 304/2000 modificata, relative alla costituzione di collegi specializzati, e, ordinando il riesame di talune cause, avrebbe interferito con le competenze di quest’ultimo organo giurisdizionale.

111    È in tale contesto che l’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 19, paragrafo 1, [TUE], l’articolo 325, paragrafo 1, [TUE], e l’articolo 4 della direttiva [2017/1371], adottata in forza dell’articolo 83, paragrafo 2, [TFUE], debbano essere interpretati nel senso che ostano all’adozione di una decisione da parte di un organo esterno al potere giudiziario, la [Corte costituzionale], la quale impone il riesame delle cause di corruzione giudicate in un determinato periodo, e che si trovano in fase di appello, per la mancata costituzione, nell’ambito dell’organo giurisdizionale supremo, di collegi giudicanti specializzati in tale materia, pur riconoscendo [tale decisione] la specializzazione dei giudici che l[i] componevano.

2)      Se l’articolo 2 [TUE] e l’articolo 47, secondo comma, della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che ostano a che un organo esterno al potere giudiziario dichiari illegittima la composizione del collegio giudicante di una sezione dell’organo giurisdizionale supremo (collegio composto da giudici in funzione, i quali, al momento della promozione, soddisfacevano, tra gli altri, il requisito della specializzazione richiesto per la promozione all’organo giurisdizionale supremo).

3)      Se il primato del diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che consente al giudice nazionale di disapplicare una decisione del giudice costituzionale, pronunciata in una causa relativa ad un conflitto costituzionale, vincolante ai sensi del diritto nazionale».

 Sul procedimento dinanzi alla Corte

 Sulla riunione

112    Con decisioni del presidente della Corte del 26 febbraio 2020, le cause C‑357/19 e C‑547/19, da un lato, e le cause C‑811/19 e C‑840/19, dall’altro, sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza. Con decisione del presidente della Corte del 21 maggio 2021, tali cause nonché la causa C‑379/19 sono state riunite, in considerazione della loro connessione, ai fini della sentenza.

 Sulle domande di procedimento accelerato e di trattamento in via prioritaria

113    I giudici del rinvio nelle cause C‑357/19, C‑379/19, C‑811/19 e C‑840/19 hanno chiesto alla Corte che i rinvii pregiudiziali in tali cause siano sottoposti a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte.

114    A sostegno delle loro domande, i giudici del rinvio hanno fatto valere, in sostanza, che la situazione degli imputati nei procedimenti principali richiedeva una risposta in tempi brevi. Per quanto riguarda più in particolare le cause C‑357/19, C‑811/19 e C‑840/19, essi hanno altresì sostenuto che il decorso del tempo rischiava di compromettere l’eventuale esecuzione della pena.

115    A tal riguardo, va ricordato che l’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato, in deroga alle disposizioni di tale regolamento.

116    Occorre ricordare, al riguardo, che un siffatto procedimento accelerato costituisce uno strumento procedurale destinato a rispondere ad una situazione di urgenza straordinaria. Peraltro, dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che il procedimento accelerato può non essere applicato qualora il carattere sensibile e complesso dei problemi giuridici sollevati da una causa si presti difficilmente all’applicazione di un procedimento del genere, in particolare quando non appare opportuno abbreviare la fase scritta del procedimento dinanzi alla Corte [sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 32 e giurisprudenza ivi citata].

117    Nel caso di specie, per quanto riguarda le cause C‑357/19 e C‑379/19, con decisioni rispettivamente del 23 maggio e del 17 giugno 2019, il presidente della Corte ha deciso, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, di respingere le domande di procedimento accelerato. Infatti, da un lato, il motivo vertente sul fatto che tali domande avevano ad oggetto procedimenti penali e, pertanto, richiedevano una risposta celere al fine di chiarire la situazione giuridica delle persone imputate nell’ambito dei procedimenti principali non poteva essere sufficiente di per sé a giustificare che tali cause fossero assoggettate al procedimento accelerato previsto all’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura, dato che circostanze del genere non erano idonee a generare una situazione di emergenza straordinaria come quella di cui al punto 116 della presente sentenza (v., per analogia, ordinanza del presidente della Corte del 20 settembre 2018, Minister for Justice and Equality, C‑508/18 e C‑509/18, non pubblicata, EU:C:2018:766, punto 11 e giurisprudenza ivi citata).

118    D’altra parte, se le questioni sollevate, che si riferiscono a disposizioni fondamentali del diritto dell’Unione, sono a priori idonee a rivestire primaria importanza per il buon funzionamento del sistema giurisdizionale dell’Unione, per il quale l’indipendenza dei giudici nazionali è essenziale, il carattere sensibile e complesso di tali questioni si presterebbe difficilmente all’applicazione del procedimento accelerato [v., per analogia, sentenze del 18 maggio 2021 Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 105 nonché del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 34].

119    Tuttavia, alla luce della natura delle questioni sollevate, il presidente della Corte, con decisione del 18 settembre 2019, ha concesso alle cause C‑357/19 e C‑379/19 un trattamento in via prioritaria, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

120    Per quanto riguarda le cause C‑811/19 e C‑840/19, occorre rilevare che tali cause, considerate congiuntamente alle cause C‑357/19 e C‑379/19, fanno emergere l’esistenza di un’incertezza in seno agli organi giurisdizionali rumeni in merito all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione in un gran numero di cause in materia di diritto penale nelle quali sono in discussione la scadenza del termine di prescrizione e, pertanto, un rischio di impunità. In tali circostanze, e alla luce dello stato di avanzamento delle cause C‑357/19, C‑379/19 e C‑547/19, le quali pongono questioni di interpretazione del diritto dell’Unione analoghe, il presidente della Corte, con decisione del 28 novembre 2019, ha deciso di sottoporre le cause C‑811/19 e C‑840/19 a procedimento accelerato.

 Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

121    L’udienza di discussione congiunta prevista per le presenti cause, a causa della crisi sanitaria legata alla pandemia del coronavirus, è stata rinviata tre volte e poi infine annullata con decisione del 3 settembre 2020. Ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Grande Sezione della Corte di giustizia ha deciso di convertire in quesiti a risposta scritta i quesiti che erano stati comunicati, in vista dell’udienza di discussione orale, alle parti e agli interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea che avevano presentato osservazioni scritte CY, PM, RO, KI, LJ, NC, FQ, il Forum dei giudici della Romania, la DNA, il Servizio territoriale di Oradea della DNA, il governo rumeno nonché la Commissione hanno trasmesso alla Corte le loro risposte a tali quesiti entro i termini impartiti.

122    Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 16 aprile 2021, PM ha chiesto che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento. A sostegno della sua domanda, PM ha fatto valere, in sostanza, riferendosi agli articoli 19, 20, 31 e 32 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché agli articoli 64, 65, 80 e 81 del regolamento di procedura, che l’assenza di un’udienza di discussione avrebbe violato il suo diritto a un equo processo e il principio del contraddittorio.

123    A tal riguardo, occorre ricordare che il diritto di essere ascoltato, sancito all’articolo 47 della Carta, non impone un obbligo assoluto di tenere un’udienza pubblica in tutte le procedure. Ciò vale in particolare quando la causa non solleva questioni di fatto o di diritto che non possano essere adeguatamente risolte sulla scorta del fascicolo e delle osservazioni scritte delle parti (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Sacko, C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

124    Così, per quanto riguarda la fase orale del procedimento dinanzi alla Corte, l’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura prevede che su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, la Corte può decidere di non tenere un’udienza di discussione qualora essa giudichi, a seguito della lettura delle memorie o delle osservazioni depositate durante la fase scritta del procedimento, di essere sufficientemente edotta per statuire. Conformemente al paragrafo 3 di detto articolo 76, tale disposizione non è tuttavia applicabile quando una domanda di udienza di discussione è stata presentata, in modo motivato, da uno degli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea che non ha partecipato alla fase scritta del procedimento. Nel caso di specie, tuttavia, nessuna domanda in tal senso è stata presentata da un siffatto interessato.

125    Alla luce di quanto precede, la Corte ha potuto decidere, conformemente all’articolo 76, paragrafi 2 e 3, del regolamento di procedura, senza violare i requisiti derivanti dall’articolo 47 della Carta, di non tenere udienza nelle presenti cause. Del resto, come indicato al punto 121 della presente sentenza, la Corte ha posto alle parti nonché agli interessati che hanno presentato osservazioni scritte quesiti a risposta scritta, consentendo loro in tal modo di apportare ulteriori elementi all’attenzione della Corte, facoltà esercitata in particolare da PM.

126    È vero che, conformemente all’articolo 83 del regolamento di procedura, la Corte, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, può disporre la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti interessate.

127    Orbene, la domanda di riapertura della fase orale del procedimento, presentata da PM dopo la presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale, non rivela alcun fatto nuovo che possa influenzare la decisione che la Corte è chiamata a emettere. Inoltre, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di disporre, all’esito del procedimento svoltosi dinanzi ad essa, di tutti gli elementi necessari per statuire sulla domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑357/19.

128    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre, sentito l’avvocato generale, respingere la domanda di PM diretta ad ottenere la riapertura della fase orale del procedimento.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla competenza della Corte

129    Le parti nel procedimento principale PM, RO, TQ, KI, LJ e NC nonché il governo polacco esprimono dubbi sulla competenza della Corte a rispondere a talune questioni sollevate dai giudici del rinvio.

130    Gli interrogativi a tal proposito sollevati da PM, RO e TQ riguardano le questioni sollevate nella causa C‑357/19, quelli dedotti da KI e LJ riguardano le questioni sottoposte nella causa C‑379/19 e quelli addotti da NC riguardano le questioni sollevate nella causa C‑840/19. Il governo polacco contesta la competenza della Corte a rispondere alle questioni sollevate nelle cause C‑357/19, C‑811/19 e C‑840/19 nonché alla terza questione sollevata nella causa C‑379/19.

131    Tali parti del procedimento principale e il governo polacco deducono tre serie di argomenti. Anzitutto, i quesiti sollevati dai giudici del rinvio in merito alla compatibilità con il diritto dell’Unione della giurisprudenza derivante dalle sentenze della Corte costituzionale di cui trattasi nel procedimento principale verterebbero sull’organizzazione del sistema giudiziario, settore nel quale l’Unione non disporrebbe di alcuna competenza. Inoltre, poiché il diritto dell’Unione non contiene alcuna norma relativa alla portata e agli effetti delle sentenze pronunciate da un giudice costituzionale nazionale, detti quesiti riguarderebbero non già il diritto dell’Unione, bensì il diritto nazionale. Infine, i giudici del rinvio inviterebbero, in realtà, la Corte a pronunciarsi sulla legittimità delle predette sentenze della Corte costituzionale nonché su taluni elementi di fatto da essa constatati, il che non rientrerebbe nella competenza della Corte.

132    A tale riguardo, occorre rilevare che le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, che si tratti di disposizioni di diritto primario, in particolare l’articolo 2, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’articolo 325 TFUE nonché l’articolo 47 della Carta, o di disposizioni di diritto derivato, segnatamente la decisione 2006/928. Tali domande vertono anche su una convenzione elaborata sulla base dell’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, che la Corte è competente ad interpretare, vale a dire la convenzione TIF.

133    Inoltre, la Corte ha già dichiarato che, sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nella loro competenza, questi ultimi sono nondimeno tenuti, nell’esercizio di tale competenza, a rispettare gli obblighi loro incombenti in forza del diritto dell’Unione (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 111 e giurisprudenza ivi citata). Lo stesso vale in materia di responsabilità disciplinare dei giudici per inosservanza delle decisioni della Corte costituzionale nazionale.

134    Per quanto riguarda l’argomento secondo cui le domande di pronuncia pregiudiziale inviterebbero, sostanzialmente, la Corte a valutare la portata, gli effetti e la legittimità delle sentenze della Corte costituzionale di cui trattasi nel procedimento principale e a pronunciarsi su alcuni elementi di fatto accertati da quest’ultima, occorre rammentare, in primo luogo, che, mentre nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE, fondato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è senz’altro l’unico competente ad accertare e valutare i fatti del procedimento principale nonché a interpretare e ad applicare il diritto nazionale, spetta invece alla Corte fornire al giudice nazionale che l’ha adita in via pregiudiziale gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione che possano rivelarsi necessari alla soluzione della controversia principale, tenendo conto nel contempo delle indicazioni contenute nella decisione di rinvio per quanto riguarda il diritto nazionale applicabile a detta controversia e ai fatti che la caratterizzano [sentenza del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina), C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 78 e giurisprudenza ivi citata].

135    Dall’altro lato, sebbene, nell’ambito di tale procedimento pregiudiziale, alla Corte non spetti pronunciarsi sulla compatibilità delle disposizioni o di una prassi del diritto nazionale con le norme del diritto dell’Unione, la Corte è invece competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi interpretativi attinenti a quest’ultimo diritto che gli consentano di valutare tale conformità per la definizione della controversia di cui è investito [v. in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina), C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 79 e giurisprudenza ivi citata].

136    Alla luce di quanto precede, la Corte è competente a rispondere alle questioni sollevate nelle presenti cause, ivi comprese quelle di cui al punto 130 della presente sentenza.

 Sulla ricevibilità

 Causa C379/19

137    KI eccepisce l’irricevibilità di ciascuna delle tre questioni pregiudiziali sottoposte nella causa C‑379/19. Per quanto riguarda la prima questione, sostiene che la risposta a quest’ultima è del tutto evidente, sottolineando al contempo che nell’ambito del procedimento principale non sono state invocate né la decisione 2006/928 né le raccomandazioni formulate nelle relazioni della Commissione adottate sulla base di tale decisione. Quanto alla seconda e alla terza questione, KI è del parere che gli interrogativi da esse sollevati non presentino alcun collegamento con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, in quanto il giudice del rinvio, in realtà, cercherebbe soltanto di sottrarsi al proprio obbligo, la cui inosservanza è sanzionata con la responsabilità disciplinare dei suoi membri, di applicare la giurisprudenza derivante dalle sentenze della Corte costituzionale di cui trattasi nel procedimento principale.

138    A tal riguardo, per quanto concerne la circostanza che, nel caso di specie, la corretta interpretazione del diritto dell’Unione sarebbe asseritamente tanto evidente da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio, è sufficiente ricordare che, sebbene una siffatta circostanza, ammesso che sia accertata, possa indurre la Corte a statuire con ordinanza ai sensi dell’articolo 99 del regolamento di procedura, questa stessa circostanza non può impedire a un giudice nazionale di sottoporre una questione pregiudiziale e non sortisce l’effetto di rendere irricevibile la questione in tal modo sollevata [v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio), C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 96].

139    Peraltro, secondo costante giurisprudenza, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione proposte dal giudice nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che esso individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenze del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 116, nonché del 2 settembre 2021, INPS (Assegni di nascita e di maternità per i titolari di un permesso unico), C‑350/20, EU:C:2021:659, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

140    Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio è stato investito, nell’ambito di un procedimento penale relativo in particolare a reati di corruzione, di una domanda proveniente dagli imputati con la quale è stata chiesta l’esclusione dal procedimento, in applicazione di varie sentenze della Corte costituzionale, di elementi di prova consistenti in verbali di trascrizione di intercettazioni. Orbene, è proprio a causa dei dubbi che nutre circa la compatibilità di tali sentenze (la cui inosservanza da parte di un giudice nazionale è inoltre idonea a far sorgere la responsabilità disciplinare dei giudici che hanno partecipato alla decisione in seno a detto organo giurisdizionale) con il requisito dell’indipendenza degli organi giurisdizionali, derivante dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che il giudice del rinvio ha deciso di interrogare la Corte, nell’ambito della seconda e della terza questione pregiudiziale, in particolare, sull’interpretazione di tale disposizione. Per quanto riguarda la decisione 2006/928 oggetto della prima questione pregiudiziale, occorre rilevare che, alla luce del considerando 3 di tale decisione, al quale fa riferimento la domanda di pronuncia pregiudiziale, detto requisito di indipendenza si sostanzia nei parametri di riferimento enunciati nell’allegato di tale decisione e nelle raccomandazioni formulate nelle relazioni della Commissione adottate sulla base di quest’ultima. Pertanto, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge chiaramente il nesso tra il procedimento principale e le tre questioni sollevate.

141    Da quanto precede risulta che le questioni pregiudiziali nella causa C‑379/19 sono ricevibili.

 Causa C547/19

142    L’Ispettorato giudiziario contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale deducendo l’inapplicabilità al procedimento principale degli articoli 2 e 19 TUE nonché dell’articolo 47 della Carta, norme di cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione.

143    A tal riguardo, occorre rilevare che la controversia di cui al procedimento principale nella causa C‑547/19 si riferisce a un ricorso proposto dinanzi al giudice del rinvio da un giudice avverso la sanzione disciplinare irrogatagli dell’esclusione della magistratura, ricorso nell’ambito del quale l’interessato contesta la legittimità della composizione di tale organo giurisdizionale, costituito secondo i requisiti stabiliti dalla sentenza n. 685/2018 della Corte costituzionale. Il giudice del rinvio è quindi chiamato a pronunciarsi su tale eccezione procedurale e, in tale contesto, a pronunciarsi sulla legittimità della sua stessa composizione, tenuto conto della giurisprudenza derivante da detta sentenza che, a suo avviso, è tale da mettere a rischio la sua indipendenza.

144    Orbene, il giudice del rinvio è un organo giudiziario che può pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, su questioni relative all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione e, di conseguenza, che rientrano nei settori disciplinati da tale diritto. Nel caso di specie, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è applicabile al giudice del rinvio, il quale è tenuto a garantire, a norma di detta disposizione, che il regime disciplinare applicabile ai giudici degli organi giurisdizionali nazionali facenti parte del rispettivo sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione rispetti il principio di indipendenza dei giudici, in particolare garantendo che le decisioni emesse nell’ambito dei procedimenti disciplinari avviati nei confronti dei giudici di detti organi giurisdizionali siano controllate da un organo che soddisfi a sua volta le garanzie inerenti a una tutela giurisdizionale effettiva, tra cui quella di indipendenza [v. sentenza del 15 luglio 2021 Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 80 e giurisprudenza ivi citata]. Nel contesto dell’interpretazione di tale disposizione, occorre tener conto sia dell’articolo 2 TUE sia dell’articolo 47 della Carta.

145    Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑547/19 è ricevibile.

 Cause C357/19, C811/19 e C840/19

146    Per quanto riguarda la causa C‑357/19, PM, RO e TQ nonché il governo polacco eccepiscono l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. In primo luogo, PM e RO sottolineano che la loro situazione giuridica personale non è in alcun modo connessa con i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione e, quindi, con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE. In seguito, RO e TQ rilevano che, dichiarando ricevibili i ricorsi straordinari, il giudice del rinvio si è già pronunciato sulla questione dell’applicabilità della sentenza n. 685/2018 della Corte costituzionale, cosicché, a loro avviso, non è ormai necessario chiarire tale questione ai fini della soluzione della controversia principale. Infine, il governo polacco ritiene che la causa C‑357/19 esuli dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e, pertanto, da quello della Carta.

147    Anche per quanto riguarda la causa C‑811/19 il governo polacco contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, sostenendo che neppure detta causa rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e che, pertanto, la Carta non è applicabile.

148    Per quanto riguarda la causa C‑840/19, NC conclude per l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. Per quanto riguarda la prima questione, egli ritiene che l’articolo 325 TFUE non sia applicabile a tale causa, in quanto il reato oggetto del procedimento principale non inciderebbe sugli interessi finanziari dell’Unione. Per quanto riguarda la terza questione, NC fa valere che, tenuto conto della giurisprudenza della Corte relativa al principio del primato del diritto dell’Unione, la risposta a tale questione non dà adito a ragionevoli dubbi. Più in generale, oltre a ritenere che la soluzione del procedimento principale non dipenda dalla risposta alle questioni sollevate, NC sostiene che le informazioni e le valutazioni fornite dal giudice del rinvio sulla Corte costituzionale, in particolare in relazione alla sua sentenza n. 417/2019, sarebbero incomplete e parzialmente errate. Dal canto suo, il governo polacco ritiene, per le stesse ragioni esposte nella causa C‑811/19, che la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑840/19 sia irricevibile.

149    In relazione alle argomentazioni appena esposte, è già stato ricordato al punto 139 della presente sentenza che, per giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che esso individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, sono assistite da una presunzione di rilevanza.

150    Per quanto riguarda la causa C‑357/19, dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che essa trae origine da un procedimento penale avviato nei confronti di vari imputati per reati di corruzione connessi alla gestione di fondi europei e per reati di frode fiscale in materia di IVA. Per quanto riguarda le cause C‑811/19 e C‑840/19, il giudice del rinvio ha dichiarato che i procedimenti penali in questione nel procedimento principale riguardano reati di corruzione in relazione all’aggiudicazione di appalti pubblici nell’ambito di progetti finanziati da fondi europei. Alla luce di tali elementi, dei quali non spetta alla Corte verificare l’esattezza, risulterebbe che i procedimenti principali devono essere considerati come aventi ad oggetto, in parte, frodi in materia di IVA potenzialmente lesive degli interessi finanziari dell’Unione e che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C‑42/17, EU:C:2017:936, punti 31 e 32 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto riguarda i reati di corruzione nell’ambito dell’aggiudicazione di appalti pubblici in relazione a progetti finanziati da fondi europei, i giudici del rinvio si interrogano in particolare sull’applicabilità a tali reati dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, di modo che l’argomento fondato sull’eventuale inapplicabilità di tale disposizione non può inficiare la ricevibilità delle questioni sollevate a tal proposito.

151    Inoltre, ritenendo che la giurisprudenza della Corte costituzionale derivante dalle sentenze nn. 685/2018 e 417/2019 possa ledere l’indipendenza dei giudici e ostacolare la lotta alla corruzione, il giudice del rinvio nelle cause C‑357/19, C‑811/19 e C‑840/19 chiede alla Corte l’interpretazione, in particolare, dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE nonché del principio del primato del diritto dell’Unione al fine di poter decidere se applicare o, al contrario, disapplicare dette sentenze. L’applicabilità di tali sentenze comporterebbe, secondo le indicazioni del giudice del rinvio, che occorrerà accogliere il ricorso o procedere alla riapertura del giudizio nel merito. In tali circostanze, non si può ritenere che la richiesta interpretazione dell’articolo 325 TFUE, dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta, cui si riferiscono le domande di pronuncia pregiudiziale, appaia manifestamente scollegata dall’esame dei ricorsi nel procedimento principale.

152    Per quanto riguarda la circostanza che la risposta alla terza questione nella causa C‑840/19 non darebbe adito a dubbi, una circostanza di tal genere, come risulta dal punto 138 della presente sentenza, non può impedire a un giudice nazionale di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale né può avere l’effetto di rendere irricevibile la questione sollevata.

153    Di conseguenza, le domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause C‑357/19, C‑811/19 e C‑840/19 sono ricevibili.

 Nel merito

154    Con le loro domande di pronuncia pregiudiziale, i giudici del rinvio chiedono alla Corte l’interpretazione di vari principi e disposizioni del diritto dell’Unione, quali l’articolo 2 e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, il principio del primato del diritto dell’Unione, l’articolo 2 della convenzione TIF nonché la decisione 2006/928. Le questioni sollevate al riguardo vertono, in sostanza:

–        sull’eventuale natura vincolante per la Romania della decisione 2006/928 e delle relazioni redatte sulla base di tale decisione (prima questione nella causa C‑379/19);

–        sulla conformità con il diritto dell’Unione, in particolare con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2 della convenzione TIF, di una norma o prassi nazionale secondo cui le sentenze in materia di corruzione e di frode in relazione all’IVA che non sono state pronunciate, in primo grado, da collegi specializzati in tale settore o, in appello, da collegi i cui membri sono stati tutti designati mediante sorteggio sono affette da nullità assoluta, di modo che le cause di corruzione e di frode in relazione all’IVA in questione devono, se del caso a seguito di un ricorso straordinario contro sentenze definitive in appello, essere riesaminate in primo e/o secondo grado (prima questione nelle cause C‑357/19 e C‑840/19 e prima e quarta questione nella causa C‑811/19), e

–        sulla conformità con il diritto dell’Unione, in particolare con gli articoli 2 e 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con la decisione 2006/928, da un lato, e con il principio del primato del diritto dell’Unione, dall’altro, di una normativa o prassi nazionale secondo la quale i giudici ordinari nazionali sono vincolati dalle decisioni della Corte costituzionale nazionale relative all’ammissibilità di determinate prove e alla legittimità della composizione dei collegi che giudicano in materia di corruzione, frode in relazione all’IVA e di disciplina dei magistrati, e non possono quindi, a pena di commettere un illecito disciplinare, disapplicare, di propria iniziativa, la giurisprudenza derivante da tali decisioni, anche qualora ritengano che tale giurisprudenza sia contraria alle norme del diritto dell’Unione (seconda e terza questione nelle cause C‑357/19, C‑379/19, C‑811/19 e C‑840/19, nonché la questione unica nella causa C‑547/19).

 Sulla prima questione nella causa C379/19

155    Con la sua prima questione sollevata nella causa C‑379/19, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la decisione 2006/928 nonché le raccomandazioni formulate nelle relazioni della Commissione adottate sulla base di tale decisione, siano vincolanti per la Romania.

156    Occorre anzitutto ricordare che la decisione 2006/928 è un atto adottato da un’istituzione dell’Unione, ossia la Commissione, sul fondamento dell’Atto di adesione – il quale rientra nel diritto primario dell’Unione – e costituisce, più precisamente, una decisione ai sensi dell’articolo 288, quarto comma, TFUE. Quanto alle relazioni della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, redatte ai sensi dell’MCV istituito da tale decisione, anch’esse devono essere considerate atti adottati da un’istituzione dell’Unione, aventi come base giuridica il diritto dell’Unione, ossia l’articolo 2 di detta decisione (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 149).

157    Come risulta infatti dai suoi considerando 4 e 5, la decisione 2006/928 è stata adottata nel contesto dell’adesione della Romania all’Unione, avvenuta il 1° gennaio 2007, sulla base degli articoli 37 e 38 dell’Atto di adesione, i quali autorizzano la Commissione ad adottare misure appropriate in caso, rispettivamente, di rischio imminente di grave pregiudizio al funzionamento del mercato interno dovuto al mancato rispetto, da parte della Romania, degli impegni presi nell’ambito dei negoziati di adesione e di rischio imminente di carenze gravi della Romania per quanto riguarda il rispetto del diritto dell’Unione relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

158    Orbene, la decisione 2006/928 è stata adottata a causa dell’esistenza di rischi imminenti della natura di quelli previsti agli articoli 37 e 38 dell’Atto di adesione. Infatti, come risulta dalla relazione di verifica della Commissione, del 26 settembre 2006, del grado di preparazione della Bulgaria e della Romania in vista dell’adesione all’Unione europea [COM(2006) 549 definitivo], alla quale fa riferimento il considerando 4 della decisione 2006/928, tale istituzione ha rilevato la persistenza in Romania di carenze, in particolare nei settori della giustizia e della lotta contro la corruzione, e ha proposto al Consiglio di subordinare l’adesione all’Unione di tale Stato all’istituzione di un meccanismo di cooperazione e di verifica al fine di far fronte a tali carenze. A tale scopo, detta decisione, come risulta in particolare dai suoi considerando 4 e 6, ha istituito il MCV e ha stabilito, in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione, i parametri di riferimento di cui all’articolo 1 ed esposti nell’allegato della medesima decisione (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti 157 e 158).

159    A tal riguardo, e come enunciano i considerando 2 e 3 della decisione 2006/928, lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia e il mercato interno poggiano sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri che le loro decisioni e le loro pratiche amministrative e giudiziarie rispettino pienamente lo Stato di diritto, condizione che implica l’esistenza, in tutti gli Stati membri, di un sistema giudiziario e amministrativo imparziale, indipendente ed efficace, dotato di mezzi sufficienti, tra l’altro, per contrastare la corruzione (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 159).

160    Ebbene, l’articolo 49 TUE, che prevede la possibilità per ogni Stato europeo di chiedere di diventare membro dell’Unione, precisa che quest’ultima riunisce Stati che hanno liberamente e volontariamente aderito ai valori comuni attualmente previsti dall’articolo 2 TUE, che rispettano tali valori e che si impegnano a promuoverli. In particolare, dall’articolo 2 TUE risulta che l’Unione si fonda su valori, quali lo Stato di diritto, che sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata, in particolare, dalla giustizia. Va rilevato, al riguardo, che la fiducia reciproca tra gli Stati membri e, segnatamente, i loro giudici si basa sulla premessa fondamentale secondo cui gli Stati membri condividono una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, come precisato nel suddetto articolo (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 160 e giurisprudenza ivi citata).

161    Pertanto, il rispetto dei valori di cui all’articolo 2 TUE costituisce una condizione preliminare all’adesione all’Unione di qualsiasi Stato europeo che chieda di diventare membro dell’Unione. È in tale contesto che l’MCV è stato istituito dalla decisione 2006/928 al fine di garantire il rispetto del valore dello Stato di diritto in Romania (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 161).

162    Peraltro, il rispetto da parte di uno Stato membro dei valori sanciti dall’articolo 2 TUE costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei trattati a tale Stato membro. Uno Stato membro non può quindi modificare la propria normativa in modo da comportare una riduzione della tutela del valore dello Stato di diritto, valore che si concretizza, in particolare, nell’articolo 19 TUE. Gli Stati membri sono quindi tenuti a provvedere affinché sia evitata qualsiasi regressione, riguardo a detto valore, della loro legislazione in materia di organizzazione della giustizia, astenendosi dall’adottare qualsiasi misura che possa pregiudicare l’indipendenza dei giudici [sentenze del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 162 e giurisprudenza ivi citata, e del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 51].

163    In tale contesto, occorre rilevare che gli atti adottati, prima dell’adesione, dalle istituzioni dell’Unione, tra i quali figura la decisione 2006/928, vincolano la Romania dalla data della sua adesione all’Unione, in forza dell’articolo 2 dell’Atto di adesione, e restano in vigore, conformemente all’articolo 2, paragrafo 3, del Trattato di adesione, fino alla loro abrogazione (sentenza del 18 maggio 2021 Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 163).

164    Per quanto riguarda più specificamente le misure adottate sulla base degli articoli 37 e 38 dell’Atto di adesione, se è vero che il primo comma di ciascuno di tali articoli ha autorizzato la Commissione ad adottare le misure indicate nei medesimi «per un periodo massimo di tre anni dalla data di adesione», il secondo comma di ciascuno dei detti articoli ha tuttavia espressamente previsto che le misure così adottate avrebbero potuto essere applicate oltre detto periodo finché non fossero stati adempiuti i pertinenti impegni o finché fossero persistite le carenze individuate, e che dette misure sarebbero state revocate solo quando il pertinente impegno fosse stato adempiuto o la carenza in questione fosse stata corretta. Del resto, la stessa decisione 2006/928 precisa, al suo considerando 9, che essa «sarà abrogata non appena tutti i parametri di riferimento saranno stati rispettati in maniera soddisfacente».

165    Pertanto, la decisione 2006/928 continua a produrre i suoi effetti anche oltre la data di adesione della Romania all’Unione e fino alla sua avvenuta abrogazione (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 165).

166    Per quanto riguarda la questione se la decisione 2006/928 sia vincolante per la Romania e in quale misura, occorre ricordare che l’articolo 288, quarto comma, TFUE prevede, al pari dell’articolo 249, quarto comma, CE, che una decisione «è obbligatoria in tutti i suoi elementi» per i destinatari da essa designati.

167    Conformemente al suo articolo 4, la decisione 2006/928 ha come destinatari tutti gli Stati membri, il che include la Romania a partire dalla sua adesione. Tale decisione presenta quindi carattere vincolante in tutti i suoi elementi per detto Stato membro a partire dalla sua adesione all’Unione. Detta decisione impone dunque alla Romania l’obbligo di rispettare i parametri di riferimento indicati nel suo allegato e di riferire ogni anno, in forza del suo articolo 1, primo comma, alla Commissione sui progressi compiuti al riguardo (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul judecătorilor România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti 167 e 168).

168    Per quanto riguarda, in particolare, tali parametri di riferimento, occorre aggiungere che essi sono stati definiti, come risulta dai punti da 157 a 162 della presente sentenza, sulla base delle carenze individuate dalla Commissione prima dell’adesione della Romania all’Unione nei settori, in particolare, delle riforme giudiziarie e della lotta alla corruzione, e che mirano a garantire il rispetto, da parte di tale Stato membro, del valore dello Stato di diritto sancito all’articolo 2 TUE, condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei Trattati a detto Stato membro. Inoltre, detti parametri di riferimento concretizzano gli impegni specifici assunti dalla Romania e i requisiti accettati da quest’ultima al momento della conclusione dei negoziati di adesione il 14 dicembre 2004, di cui all’allegato IX dell’Atto di adesione, riguardanti in particolare i settori della giustizia e della lotta alla corruzione. Pertanto, come risulta dai considerando 4 e 6 della decisione 2006/928, l’attuazione dell’MCV e la fissazione dei parametri di riferimento avevano lo scopo di completare l’adesione della Romania all’Unione, al fine di porre rimedio alle carenze constatate dalla Commissione prima di tale adesione nei suddetti settori (v., in tal senso, la sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti da 169 a 171).

169    Ne consegue che i parametri di riferimento hanno carattere vincolante per la Romania, di modo che tale Stato membro è soggetto all’obbligo specifico di rispettare tali parametri e di adottare le misure appropriate per la loro realizzazione nel più breve tempo possibile. Allo stesso modo, detto Stato membro è tenuto ad astenersi dall’attuare qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione di questi stessi parametri (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul judecătoridin România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 172).

170    Quanto alle relazioni redatte dalla Commissione sulla base della decisione 2006/928, occorre ricordare che, per determinare se un atto dell’Unione produca effetti obbligatori, occorre riferirsi alla sua sostanza e valutarne gli effetti in funzione di criteri obiettivi, come il contenuto di tale atto, tenendo conto eventualmente del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato nonché dei poteri dell’istituzione da cui esso promana (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 173 e giurisprudenza ivi citata).

171    Nel caso di specie, vero è che le relazioni redatte sulla base della decisione 2006/928 sono, ai sensi dell’articolo 2, primo comma, di quest’ultima, indirizzate non alla Romania, bensì al Parlamento e al Consiglio. Inoltre, sebbene tali relazioni contengano un’analisi della situazione in Romania e formulino obblighi nei confronti di tale Stato membro, le conclusioni che vi compaiono trasmettono «raccomandazioni» a detto Stato membro basandosi su tali obblighi.

172    Tuttavia, tali relazioni, come risulta dal combinato disposto degli articoli 1 e 2 di detta decisione, sono destinate ad analizzare e a valutare i progressi realizzati dalla Romania alla luce dei parametri di riferimento che tale Stato membro deve rispettare. Per quanto riguarda, in particolare, le raccomandazioni contenute in tali relazioni, esse sono formulate al fine della realizzazione di tali parametri e al fine di guidare le riforme di detto Stato membro al riguardo (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 175).

173    Sotto questo aspetto, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, dal principio di leale cooperazione previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE risulta che gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure idonee a garantire la portata e l’efficacia del diritto dell’Unione nonché a eliminare le conseguenze illecite di una violazione di tale diritto, e che un simile obbligo grava, nell’ambito delle proprie competenze, su ciascun organo dello Stato membro interessato (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 176 e giurisprudenza ivi citata).

174    In tali circostanze, per conformarsi ai parametri di riferimento enunciati nell’allegato della decisione 2006/928, la Romania deve tenere in debito conto gli obblighi e le raccomandazioni formulati nelle relazioni redatte dalla Commissione ai sensi di tale decisione. In particolare, tale Stato membro non può adottare o mantenere misure nei settori coperti dai parametri di riferimento che rischino di compromettere il risultato che essi prescrivono. Nel caso in cui la Commissione sollevi dubbi, in una relazione siffatta, circa la compatibilità di una misura nazionale con uno dei parametri di riferimento, la Romania è tenuta a collaborare in buona fede con tale istituzione al fine di superare, nel pieno rispetto di tali parametri di riferimento e delle disposizioni dei Trattati, le difficoltà incontrate riguardo alla realizzazione di detti parametri di riferimento (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 177).

175    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione sollevata nella causa C‑379/19, dichiarando che la decisione 2006/928 fintanto che non sia stata abrogata, è obbligatoria in tutti i suoi elementi per la Romania. I parametri di riferimento contenuti nel suo allegato mirano a garantire il rispetto, da parte di tale Stato membro, del valore dello Stato di diritto sancito all’articolo 2 TUE e hanno carattere vincolante per detto Stato membro, nel senso che quest’ultimo è tenuto ad adottare le misure appropriate ai fini della realizzazione di tali parametri, tenendo debitamente conto, in base al principio di leale cooperazione enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, delle relazioni redatte dalla Commissione sulla base di detta decisione, in particolare delle raccomandazioni formulate nelle suddette relazioni.

 Sulla prima questione nelle cause C357/19 e C840/19 nonché sulla prima e sulla quarta questione nella causa C811/19

176    Con la prima questione nelle cause C‑357/19 e C‑840/19 e con la prima e la quarta questione nella causa C‑811/19, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice nazionale intende essenzialmente sapere se l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 2 della convenzione TIF, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa o a una prassi nazionale secondo la quale le sentenze in materia di corruzione e di frode in relazione all’IVA che non sono state emesse, in primo grado, da collegi giudicanti specializzati in tale materia o, in appello, da collegi giudicanti i cui membri siano tutti stati nominati mediante sorteggio, sono affette da nullità assoluta, cosicché i casi di corruzione e di frode in relazione all’IVA di cui trattasi devono, se necessario a seguito di un ricorso straordinario contro le sentenze definitive, essere riesaminati in primo e/o in secondo grado.

177    In via preliminare, occorre rilevare che il giudice del rinvio in tali cause sottolinea l’importanza degli effetti che la giurisprudenza della Corte costituzionale derivante dalle sentenze nn. 685/2018 e 417/2019, relativa alla composizione dei collegi giudicanti dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, potrebbe avere sull’efficacia delle azioni penali, delle sanzioni nonché dell’esecuzione delle pene in materia di reati di corruzione e di frode in relazione all’IVA come quelli di cui sono accusati gli imputati, fra cui figurano soggetti che hanno rivestito le massime cariche dello Stato rumeno al momento dei fatti contestati. Interroga quindi la Corte, in sostanza, sulla compatibilità di tale giurisprudenza con il diritto dell’Unione.

178    Sebbene le questioni sollevate in proposito riguardino formalmente l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2 della convenzione TIF, senza fare riferimento alla decisione 2006/928, quest’ultima decisione nonché i parametri di riferimento contenuti nel suo allegato, sono rilevanti ai fini della risposta da dare a tali questioni. Per contro, sebbene nelle sue questioni il giudice del rinvio faccia riferimento anche all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e alle direttive 2015/849 e 2017/1371, non sembra necessario, al fine di rispondere agli interrogativi sollevati da tali questioni, un esame vertente anche su dette disposizioni. Per quanto riguarda tali direttive, occorre del resto osservare che il periodo rilevante nei procedimenti principali è precedente all’entrata in vigore di queste ultime.

179    In tali circostanze, occorre rispondere a dette questioni facendo riferimento sia all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2 della convenzione TIF, sia alla decisione 2006/928.

180    A tal riguardo, come ricordato al punto 133 della presente sentenza, allo stato attuale del diritto dell’Unione, questo non prevede norme che disciplinino l’organizzazione della giustizia negli Stati membri e, in particolare, la composizione dei collegi giudicanti in materia di corruzione e di frode. Pertanto, tali norme sono, in linea di principio, di competenza degli Stati membri. Tuttavia, tali Stati sono tenuti, nell’esercizio di tale competenza, a rispettare gli obblighi che il diritto dell’Unione impone loro.

181    Per quanto riguarda gli obblighi derivanti dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, tale norma obbliga gli Stati membri a lottare contro la frode e le altre attività illegali lesive degli interessi finanziari dell’Unione con misure dissuasive ed effettive (sentenze del 5 giugno 2018, Kolev e a., C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 50 e giurisprudenza ivi citata nonché del 17 gennaio 2019, Dzivev e a., C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 25).

182    In tale contesto, al fine di assicurare la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, gli Stati membri sono tenuti, in particolare, ad adottare le misure necessarie per garantire la riscossione effettiva e integrale delle risorse proprie costituite dalle entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C‑42/17, EU:C:2017:936, punti 31 e 32 e giurisprudenza ivi citata, e del 5 giugno 2018, Kolev e a., C‑612/15, EU:C:2018:392, punti 51 e 52). Parimenti, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure efficaci che consentano di recuperare le somme indebitamente versate al beneficiario di una sovvenzione parzialmente finanziata dal bilancio dell’Unione. (sentenza del 1º ottobre 2020, Úrad špeciálnej prokuratúry, C‑603/19, EU:C:2020:774, punto 55).

183    Pertanto, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 94 e 95 delle sue conclusioni nelle cause C‑357/19 e C‑547/19, la nozione di «interessi finanziari» dell’Unione, ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, comprende non solo le entrate messe a disposizione del bilancio dell’Unione, ma anche le spese coperte da tale bilancio. Tale interpretazione è confermata dalla definizione della nozione di «frode che lede gli interessi finanziari [dell’Unione]», contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della convenzione TIF e che prevede diverse azioni o omissioni intenzionali in materia sia di spese sia di entrate.

184    Inoltre, per quanto riguarda l’espressione «le altre attività illegali», di cui all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, occorre ricordare che i termini «attività illegali» designano abitualmente i comportamenti contrari alla legge e l’uso dell’articolo determinativo «le» indica quindi che viene fatto riferimento, indistintamente, all’insieme di tali comportamenti. Del resto, considerata l’importanza che va riconosciuta alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione, che costituisce un obiettivo di quest’ultima, la nozione di «attività illegali» non può essere interpretata restrittivamente (sentenza del 2 maggio 2018, Scialdone, C‑574/15, EU:C:2018:295, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

185    Pertanto, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 100 delle sue conclusioni nelle cause C‑357/19 e C‑547/19, detta nozione di «attività illegali» ricomprende in particolare qualsiasi atto di corruzione dei funzionari, o qualsiasi abuso di una funzione pubblica da parte di questi, che possa ledere gli interessi finanziari dell’Unione, sotto forma, ad esempio, di un percepimento indebito dei fondi erogati da quest’ultima. In tale contesto, è poco rilevante che gli atti di corruzione si traducano in un’azione o in un’omissione del funzionario di cui trattasi, tenuto conto del fatto che un’omissione può essere dannosa per gli interessi finanziari dell’Unione alla pari di un’azione ed essere intrinsecamente connessa a tale azione, come lo sono, ad esempio, l’omissione da parte di un funzionario di effettuare i controlli e le verifiche richiesti per spese coperte dal bilancio dell’Unione o l’autorizzazione di utilizzi inappropriati o non corretti di fondi dell’Unione.

186    La circostanza che l’articolo 2, paragrafo 1, della convenzione TIF, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 1, di tale convenzione, si riferisca unicamente alla frode che lede degli interessi finanziari dell’Unione non è tale da mettere in dubbio tale interpretazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, i cui termini riguardano espressamente «la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione». Inoltre, come risulta dall’articolo 1, lettera a), di detta convenzione, una distrazione di fondi provenienti dal bilancio dell’Unione per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi costituisce una frode, laddove una siffatta distrazione può anche essere l’origine o il risultato di un atto di corruzione. Ciò equivale a dimostrare che atti di corruzione possono essere collegati a casi di frode e, viceversa, la commissione di una frode può essere agevolata da atti di corruzione, cosicché un’eventuale lesione agli interessi finanziari può derivare, ad esempio, dalla combinazione di una frode relativa all’IVA con atti di corruzione. Come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 98 delle sue conclusioni nelle cause C‑357/19 e C‑547/19, la possibile esistenza di un nesso del genere è confermat[a] dal protocollo alla convenzione TIF, il quale comprende, ai sensi dei suoi articoli 2 e 3, gli atti di corruzione passiva e attiva.

187    Occorre altresì ricordare che la Corte ha già dichiarato che anche irregolarità che non hanno alcun preciso impatto finanziario possono arrecare un serio pregiudizio agli interessi finanziari dell’Unione (sentenza del 21 dicembre 2011, Chambre de commerce et d’industrie de l’Indre, C‑465/10, EU:C:2011:867, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 103 delle sue conclusioni nelle cause C‑357/19 e C‑547/19, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE può comprendere non solo atti che causano concretamente una perdita di risorse proprie, ma anche tentativi di compiere i medesimi atti.

188    In tale contesto, occorre aggiungere che, per quanto riguarda la Romania, l’obbligo di lottare contro la corruzione che lede gli interessi finanziari dell’Unione, come risulta dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, è integrato dagli impegni specifici che tale Stato membro si è assunto al momento della conclusione dei negoziati di adesione il 14 dicembre 2004. Infatti, conformemente al punto I, sub 4), dell’allegato IX dell’Atto di adesione, detto Stato membro si è impegnato, in particolare, a «potenziare in misura considerevole la lotta alla corruzione, specialmente a quella ad alto livello, assicurando una rigorosa applicazione della vigente legislazione anticorruzione». Tale impegno specifico è stato successivamente concretizzato con l’adozione della decisione 2006/928, che fissa dei parametri di riferimento al fine di porre rimedio alle carenze constatate dalla Commissione prima dell’adesione della Romania all’Unione, in particolare nel settore della lotta contro la corruzione. Così, l’allegato a questa decisione, in cui figurano tali parametri di riferimento, prevede al punto 3) l’obiettivo di «continuare a condurre indagini professionali e imparziali su accuse di corruzione ad alto livello», e al punto 4) l’obiettivo di «[a]dottare ulteriori misure per prevenire e combattere la corruzione, in particolare all’interno delle amministrazioni locali».

189    Come ricordato al punto 169 della presente sentenza, i parametri di riferimento che la Romania si è in tal modo impegnata a rispettare hanno carattere vincolante per tale Stato membro, di modo che quest’ultimo è soggetto all’obbligo specifico di rispettare tali parametri e di adottare le misure appropriate per la loro realizzazione nel più breve tempo possibile. Allo stesso modo, detto Stato membro è tenuto ad astenersi dall’attuare qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione di questi stessi parametri. Orbene, l’obbligo di lottare efficacemente contro la corruzione e, in particolare, la corruzione di alto livello, che deriva dai parametri di riferimento di cui all’allegato alla decisione 2006/928, in combinato disposto con gli impegni specifici della Romania, non si limita ai soli casi di corruzione che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

190    Inoltre, discende, da un lato, dalle disposizioni dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, che impongono di combattere contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione e, dall’altro, da quelle della decisione 2006/928 che impongono di prevenire e contrastare la corruzione in generale, che la Romania deve prevedere per siffatti reati l’applicazione di sanzioni effettive e dissuasive (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a., C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 53).

191    A tal riguardo, benché tale Stato membro disponga di libertà di scelta delle sanzioni applicabili, che possono assumere la forma di sanzioni amministrative, di sanzioni penali o di una combinazione di entrambe, esso deve tuttavia assicurarsi, ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, a garantire che i reati di frode e corruzione grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione in materia doganale siano passibili di sanzioni penali dotate di un carattere effettivo e dissuasivo (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a., C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 54 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 gennaio 2019, Dzivev e a., C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 27). Inoltre, per quanto riguarda i reati di corruzione in generale, l’obbligo di prevedere sanzioni penali dotate di un carattere effettivo e dissuasivo deriva, per la Romania, dalla decisione 2006/928, in quanto, come rilevato al punto 189 della presente sentenza, tale decisione obbliga detto Stato membro a lottare, in modo effettivo e indipendentemente da un’eventuale lesione agli interessi finanziari dell’Unione, contro la corruzione e in particolare contro la corruzione di alto livello.

192    Spetta inoltre alla Romania garantire che le sue norme di diritto penale e di procedura penale consentano una repressione effettiva dei reati di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione e di corruzione in generale. Pertanto, sebbene le sanzioni previste e i procedimenti penali instaurati per lottare contro tali reati rientrino nella competenza di tale Stato membro, quest’ultima è tuttavia limitata, oltre che dai principi di proporzionalità e di equivalenza, anche dal principio di effettività, il quale impone che dette sanzioni siano effettive e dissuasive (v., in tal senso, sentenze del 2 maggio 2018, Scialdone, C‑574/15, EU:C:2018:295, punto 29, e del 17 gennaio 2019, Dzivev e a., C‑310/16, EU:C:2019:30, punti 29 e 30). Questo requisito di efficacia ricomprende necessariamente sia il perseguimento e la repressione dei reati di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione e di corruzione in generale, sia l’applicazione delle sanzioni irrogate, nella misura in cui, in mancanza di un’effettiva esecuzione delle sanzioni, queste non possono essere efficaci e dissuasive.

193    In tale contesto, incombe, in primis, al legislatore nazionale adottare le misure necessarie. Spetta ad esso, se del caso, modificare la propria normativa e garantire che il regime procedurale applicabile al perseguimento e alla repressione dei reati di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione nonché dei reati di corruzione in generale non sia concepito in modo da comportare, per motivi ad esso inerenti, un rischio sistemico d’impunità per i fatti costitutivi di siffatti reati, garantendo nel contempo la tutela dei diritti fondamentali degli imputati (v., in tal senso, le sentenze del 5 giugno 2018, Kolev e a., C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 65, nonché del 17 gennaio 2019, Dzivev e a., C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 31).

194    Per quanto riguarda i giudici nazionali, spetta a loro dare piena efficacia agli obblighi derivanti dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE nonché dalla decisione 2006/928 e disapplicare disposizioni interne che, nell’ambito di un procedimento relativo a reati gravi di frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione o di reati di corruzione in generale, ostino all’applicazione di sanzioni effettive e dissuasive per combattere siffatti reati (v., in tal senso, sentenze del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 39 e giurisprudenza ivi citata; del 17 gennaio 2019, Dzivev e a., C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 32, nonché del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti 249 e 251).

195    Nel caso di specie, dagli elementi contenuti nelle domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause C‑357/19, C‑811/19 e C‑840/19, riassunti ai punti 60, 95 e 107 della presente sentenza, risulta che, con la sentenza n. 417/2019, pronunciata il 3 luglio 2019 su istanza del presidente della Camera dei deputati, la Corte costituzionale ha ordinato che tutte le cause decise dall’Alta Corte di cassazione e di giustizia in primo grado prima del 23 gennaio 2019 e non ancora passate in giudicato alla data di tale sentenza, fossero riesaminate da collegi specializzati in materia di lotta alla corruzione costituiti ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, della legge n. 78/2000, come interpretata dalla Corte costituzionale. Secondo queste stesse indicazioni, gli insegnamenti tratti dalla sentenza n. 417/2019 implicano che siano riesaminate in primo grado, in particolare, tutte le cause che, alla data del 23 gennaio 2019, erano pendenti in appello o nelle quali la sentenza in appello poteva, alla stessa data, essere ancora oggetto di un ricorso straordinario. Da tali indicazioni discende inoltre che, nella sentenza n. 685/2018, pronunciata il 7 novembre 2018 su istanza del Primo ministro, la Corte costituzionale ha dichiarato che la designazione mediante estrazione a sorte di soltanto quattro dei cinque membri dei collegi giudicanti composti da cinque giudici dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, che decidono in sede di appello, era contraria all’articolo 32 della legge n. 304/2004 modificata, precisando al contempo che, a decorrere dalla data della sua pubblicazione, tale sentenza era applicabile, in particolare, alle cause pendenti, alle cause concluse, nei limiti in cui non fossero ancora scaduti, per le parti, i termini per proporre gli opportuni ricorsi straordinari, e che la giurisprudenza risultante da questa sentenza impone che tutte le predette cause siano riesaminate in appello da collegi giudicanti i cui membri siano tutti nominati mediante estrazione a sorte.

196    Peraltro, come risulta dal punto 108 della presente sentenza, la giurisprudenza della Corte costituzionale derivante dalle sentenze menzionate al punto precedente può essere applicata in successione, il che può comportare, nei confronti di un imputato che si trovi in una situazione come quella di NC, la necessità di un doppio esame della causa in primo grado e, eventualmente, di un triplo esame in appello.

197    Così, l’obbligo derivante dalla citata giurisprudenza della Corte costituzionale di riesaminare le cause di corruzione di cui trattasi ha come necessaria conseguenza di prolungare la durata dei corrispondenti procedimenti penali. Orbene, oltre al fatto che la Romania si era impegnata, come risulta dal punto I., (5) dell’allegato IX dell’Atto di adesione, a «riesaminare entro il 2005 la procedura penale oggi eccessivamente lunga, per far sì che le cause di corruzione siano trattate in modo rapido e trasparente, al fine di garantire sanzioni adeguate con effetto deterrente», la Corte ha dichiarato che in considerazione degli obblighi specifici incombenti a tale Stato membro in forza della decisione 2006/928 in materia di lotta contro la corruzione, le norme e le prassi nazionali in tale settore non possono avere la conseguenza di prolungare la durata delle indagini relative ai reati di corruzione o di indebolire in qualsiasi altro modo la lotta contro la corruzione (v., in tal senso, la sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 214).

198    Occorre aggiungere che il giudice del rinvio nelle cause C‑357/19, C‑811/19 e C‑840/19 ha fatto riferimento non solo alla complessità e alla durata di un siffatto riesame dinanzi all’Alta Corte di cassazione e di giustizia, ma anche alle norme nazionali sulla prescrizione, in particolare a quella enunciata all’articolo 155, paragrafo 4, del codice penale, secondo la quale la prescrizione matura, indipendentemente dal numero di interruzioni, al più tardi il giorno in cui scade un termine pari al doppio del termine legale di prescrizione di cui trattasi. Esso ritiene quindi che l’applicazione della giurisprudenza della Corte costituzionale derivante dalle sentenze nn. 685/2018 e 417/2019 potrebbe, in un numero considerevole di casi, condurre alla prescrizione dei reati, cosicché essa comporta un rischio sistemico di impunità per reati gravi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione o di corruzione in generale.

199    Infine, secondo le indicazioni contenute nelle domande di pronuncia pregiudiziale, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha la competenza esclusiva a giudicare tutti i reati di frode idonei a ledere gli interessi finanziari dell’Unione e di corruzione in generale, commessi da persone che occupano le massime cariche dello Stato rumeno, nell’ambito dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario.

200    A questo proposito, occorre rilevare che non può escludersi un rischio sistemico di impunità se l’applicazione della giurisprudenza della Corte costituzionale derivante dalle sentenze n. 685/2018 e 417/2019, unitamente all’applicazione delle disposizioni nazionali sui termini di prescrizione, ha l’effetto di impedire che sia sanzionata in modo effettivo e dissuasivo una specifica categoria di persone, nella fattispecie coloro che occupano le massime cariche dello Stato rumeno e che sono stati condannati per aver commesso, nell’esercizio delle loro funzioni, gravi atti di frode e/o corruzione, con sentenza resa in primo grado e/o in appello dall’Alta Corte di cassazione e di giustizia, sentenza che è stata tuttavia oggetto di un appello e/o di un ricorso straordinario dinanzi a questo medesimo organo giurisdizionale.

201    Infatti, sebbene incontrino dei limiti temporali, queste sentenze della Corte costituzionale sono particolarmente idonee ad avere un impatto diretto e generalizzato su detta categoria di persone, poiché, dichiarando la nullità assoluta di una sentenza di condanna di tal genere, emessa dall’Alta Corte di cassazione e giustizia e imponendo un riesame delle cause di frode e/o di corruzione in questione, le suddette sentenze possono avere la conseguenza di prolungare la durata dei corrispondenti procedimenti penali oltre i termini di prescrizione applicabili, rendendo così sistematico il rischio di impunità nei confronti della suddetta categoria di persone.

202    Orbene, un siffatto rischio rimetterebbe in discussione l’obiettivo perseguito tanto dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE quanto dalla decisione 2006/928, consistente nel lottare contro la corruzione di alto livello mediante sanzioni effettive e dissuasive.

203    Ne consegue che, qualora il giudice del rinvio nelle cause C‑357/19, C‑811/19 e C‑840/19 giunga alla conclusione che l’applicazione della giurisprudenza della Corte costituzionale derivante dalle sentenze nn. 685/2018 e 417/2019, unitamente all’applicazione delle disposizioni nazionali in materia di prescrizione, e in particolare della prescrizione assoluta di cui all’articolo 155, paragrafo 4, del codice penale comporti un rischio sistemico di impunità in relazione a fatti che costituiscono gravi reati di frode ai danni degli interessi finanziari dell’Unione o di corruzione in generale, le sanzioni previste dal diritto nazionale per reprimere tali reati non potrebbero essere considerate effettive e dissuasive, il che sarebbe incompatibile con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2 della convenzione TIF, e con la decisione 2006/928.

204    Ciò premesso, nella misura in cui i procedimenti penali di cui trattasi nel procedimento principale costituiscono un’attuazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e/o della decisione 2006/928, e quindi del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, tale giudice del rinvio deve altresì assicurarsi che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta alle persone interessate nel procedimento principale, in particolare i diritti garantiti dal suo articolo 47, siano rispettati. In ambito penale, il rispetto di tali diritti deve essere garantito non solo nella fase delle indagini preliminari, a decorrere dal momento in cui la persona interessata è accusata, ma anche durante il procedimento penale (v., in tal senso, sentenze del 5 giugno 2018, Kolev e a., C‑612/15, EU:C:2018:392, punti 68 e 71 e giurisprudenza ivi citata, e del 17 gennaio 2019, Dzivev e a., C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 33) e nel contesto dell’esecuzione della pena.

205     A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 47, secondo comma, prima frase, della Carta sancisce il diritto di ogni persona a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Richiedendo che il giudice sia «precostituito per legge», tale norma è intesa ad assicurare che l’organizzazione del sistema giudiziario sia disciplinata da una legge adottata dal potere legislativo in modo conforme alle norme che disciplinano l’esercizio della sua competenza, al fine di evitare che tale organizzazione sia lasciata alla discrezione del potere esecutivo. Tale requisito si applica non solo al fondamento normativo dell’esistenza stessa del tribunale, ma anche a qualsiasi altra disposizione del diritto interno la cui inosservanza renda irregolare la partecipazione di uno o più giudici all’esame della causa, come le norme che regolano la composizione del collegio giudicante [v., per analogia, con riferimento alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 6 della CEDU, le sentenze del 26 marzo 2020, Riesame Simpson/Consiglio e HG/Commissione, C‑542/18 RX-II e C‑543/18 RX-II, EU:C:2020:232, punto 73, nonché del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina), C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 129].

206    Orbene, occorre rilevare che un’irregolarità commessa in occasione della composizione dei collegi giudicanti comporta una violazione dell’articolo 47, secondo comma, prima frase, della Carta, in particolare quando tale irregolarità sia di natura e gravità tali da generare un rischio reale che altri rami del potere, in particolare l’esecutivo, possano esercitare un potere discrezionale indebito tale da mettere a repentaglio l’integrità del risultato al quale conduce il processo di composizione dei collegi giudicanti, così suscitando un dubbio legittimo nei singoli quanto all’indipendenza e all’imparzialità dei giudici interessati, il che avviene qualora vengano in rilievo norme fondamentali che costituiscono parte integrante dell’istituzione e del funzionamento di detto sistema giudiziario (v., in tal senso, sentenze del 26 marzo 2020, Riesame Simpson/Consiglio e HG/Commissione, C‑542/18 RX-II e C‑543/18 RX-II, EU:C:2020:232, punto 75, nonché del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina), C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 130].

207    Nel caso di specie, sebbene la Corte costituzionale abbia ritenuto, nelle sentenze oggetto del procedimento principale, che la precedente prassi dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, fondata in particolare sul regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo, relativa alla specializzazione e alla composizione dei collegi giudicanti nelle cause di corruzione, non fosse conforme alle disposizioni nazionali applicabili, non sembra che la suddetta prassi sia stata viziata da una violazione manifesta di una norma fondamentale del sistema giudiziario rumeno tale da mettere in dubbio il carattere di giudice «precostituito per legge» dei collegi giudicanti in materia di corruzione in seno all’Alta Corte di cassazione e di giustizia, come costituiti in conformità della suddetta prassi precedente alle sentenze della Corte costituzionale in questione.

208    Inoltre, come si evince dal punto 95 della presente sentenza, il 23 gennaio 2019 il Consiglio direttivo dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha adottato una decisione secondo la quale tutti i collegi giudicanti composti da tre giudici dello stesso erano specializzati nella trattazione delle cause di corruzione, decisione che, secondo la Corte costituzionale, era idonea ad evitare l’incostituzionalità solo a partire dalla data della sua adozione, ma non per il passato. Tale decisione, come interpretata dalla Corte costituzionale, indica che la prassi anteriore dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia relativa alla specializzazione non costituisce una violazione manifesta di una regola fondamentale del sistema giudiziario della Romania, dal momento che il requisito di specializzazione risultante dalla sentenza n. 417/2019 della Corte costituzionale è stato considerato soddisfatto dalla mera adozione di un atto formale, quale la decisione del 23 gennaio 2019, che non faceva altro che confermare che i giudici dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia che avevano fatto parte dei collegi giudicanti in materia di corruzione prima dell’adozione di tale decisione erano specializzati in detta materia.

209    Del resto, è importante distinguere le cause C‑357/19, C‑840/19 e C‑811/19 da quella che ha dato luogo alla sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936), nella quale la Corte ha dichiarato che se il giudice nazionale dovesse essere indotto a ritenere che l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali in questione contrasti con il principio di legalità dei reati e delle pene, sancito all’articolo 49 della Carta, esso non sarebbe tenuto a conformarsi a tale obbligo (v. sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 61). Al contrario, i requisiti derivanti dall’articolo 47, secondo comma, prima frase, della Carta non ostano alla disapplicazione della giurisprudenza risultante dalle sentenze nn. 685/2018 e 417/2019 nelle cause C‑357/19, C‑840/19 e C‑811/19.

210    Nella risposta a un quesito posto dalla Corte nella causa C‑357/19, PM ha sostenuto che il requisito secondo cui le sentenze d’appello in materia di corruzione devono essere rese da collegi giudicanti i cui membri sono tutti designati per estrazione a sorte costituisce uno standard nazionale di tutela dei diritti fondamentali. Dal canto loro, il governo rumeno e la Commissione ritengono, tuttavia, che una siffatta qualificazione sia errata per quanto riguarda sia tale requisito sia quello relativo all’istituzione di collegi giudicanti specializzati in materia di reati di corruzione.

211    A tal riguardo, è sufficiente rammentare che, anche ammettendo che tali requisiti costituiscano un siffatto standard nazionale di tutela, resterebbe il fatto che, quando un giudice di uno Stato membro è chiamato a verificare la conformità ai diritti fondamentali di una disposizione o di un provvedimento nazionale che, in una situazione in cui l’operato degli Stati membri non è del tutto determinato dal diritto dell’Unione, attua tale diritto ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, l’articolo 53 della Carta conferma che resta consentito alle autorità e ai giudici nazionali applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, a patto che tale applicazione non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretata dalla Corte, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione (sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 29; del 26 febbraio 2013, Melloni, C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 60, nonché del 29 luglio 2019, Pelham e a., C‑476/17, EU:C:2019:624, punto 80).

212    Orbene, nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio nelle cause C‑357/19, C‑811/19 e C‑840/19 giungesse alla conclusione di cui al punto 203 della presente sentenza, l’applicazione dello standard nazionale di tutela invocato da PM, foss’anche accertato, sarebbe idoneo a compromettere il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione, in particolare dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2 della convenzione TIF, nonché della decisione 2006/928. Infatti, in tale ipotesi, l’applicazione di tale standard nazionale di tutela comporterebbe un rischio sistemico di impunità dei fatti costitutivi di reati gravi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione o di corruzione in generale, in violazione del requisito, risultante da tali disposizioni, di prevedere sanzioni effettive e dissuasive al fine di lottare contro i reati di tale natura.

213    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione nelle cause C‑357/19 e C‑840/19 nonché alla prima e alla quarta questione nella causa C‑811/19, dichiarando che l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2 della convenzione TIF, nonché la decisione 2006/928, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa o prassi nazionale secondo la quale le sentenze in materia di corruzione e di frode in relazione all’IVA che non sono state emesse, in primo grado da collegi giudicanti specializzati in tale materia o, in appello, da collegi giudicanti i cui membri siano stati tutti nominati mediante sorteggio, sono affette da nullità assoluta, cosicché i casi di corruzione e di frode in relazione all’IVA di cui trattasi devono, se necessario a seguito di un ricorso straordinario contro sentenze definitive, essere riesaminati in primo e/o in secondo grado, nei limiti in cui l’applicazione di tale normativa o prassi nazionale sia idonea a creare un rischio sistemico d’impunità per fatti che costituiscono gravi reati di frode a danno degli interessi finanziari dell’Unione, o di corruzione in generale. L’obbligo di garantire che reati del genere siano oggetto di sanzioni penali aventi carattere effettivo e dissuasivo non esonera il giudice del rinvio dal verificare il necessario rispetto dei diritti fondamentali garantiti dall’articolo 47 della Carta, non potendo tale giudice applicare uno standard nazionale di tutela dei diritti fondamentali che comporti un siffatto rischio sistemico di impunità.

 Sulla seconda e sulla terza questione nelle cause C357/19, C379/19, C811/19 e C840/19, nonché sulla questione unica nella causa C547/19

214    Con la seconda e la terza questione nelle cause C‑357/19, C‑379/19, C‑811/19 e C‑840/19 e la questione unica nella causa C‑547/19, che devono essere esaminate congiuntamente, i giudici del rinvio chiedono in sostanza se, da un lato, l’articolo 2 e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’articolo 47 della Carta e la decisione 2006/928, da un lato, e il principio del primato del diritto dell’Unione in combinato disposto con le citate disposizioni e l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, dall’altro, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa o a una prassi nazionale secondo cui i giudici ordinari sono vincolati dalle decisioni della Corte costituzionale nazionale e non possono, senza commettere un illecito disciplinare, lasciare inapplicata, di propria iniziativa, la giurisprudenza derivante da tali decisioni, quando ritengono, alla luce di una sentenza della Corte, che tale giurisprudenza sia contraria alle predette disposizioni del diritto dell’Unione.

–       Sulla garanzia di indipendenza dei giudici

215    I giudici del rinvio ritengono che la giurisprudenza della Corte costituzionale derivante dalle sentenze oggetto del procedimento principale possa mettere in discussione la loro indipendenza e sia quindi incompatibile con il diritto dell’Unione, in particolare con le garanzie previste dagli articoli 2 e 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e 47 della Carta, nonché con la decisione 2006/928. A questo proposito, essi ritengono che la Corte costituzionale, che non fa parte del sistema giudiziario rumeno, pronunciando le sentenze in questione nel procedimento principale abbia ecceduto le proprie competenze e invaso quelle dei giudici ordinari, vale a dire interpretare e applicare la legislazione infra-costituzionale. I giudici del rinvio indicano inoltre che l’inosservanza delle sentenze della Corte costituzionale costituisce nel diritto rumeno un illecito disciplinare, cosicché la questione che essi pongono, in sostanza, è se sia loro consentito, ai sensi del diritto dell’Unione, disapplicare tali sentenze di cui al procedimento principale senza temere di essere sottoposti a un procedimento disciplinare.

216    A tal riguardo, come ricordato al punto 133 della presente sentenza, sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri, compresa l’istituzione, la composizione e il funzionamento di una corte costituzionale, rientri nella competenza di questi ultimi, essi sono nondimeno tenuti, nell’esercizio di tale competenza, a rispettare gli obblighi loro incombenti in forza del diritto dell’Unione.

217    L’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto affermato all’articolo 2 TUE, affida ai giudici nazionali e alla Corte il compito di garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza di detto diritto [sentenze del 5 novembre 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari), C‑192/18, EU:C:2019:924, punto 98 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 108].

218    In particolare, come confermato dal considerando 3 della decisione 2006/928, il valore dello Stato di diritto «presuppone l’esistenza, in tutti gli Stati membri, di un sistema giudiziario e amministrativo imparziale, indipendente ed efficace, dotato di mezzi sufficienti, tra l’altro, per contrastare la corruzione».

219    L’esistenza stessa di un controllo giurisdizionale effettivo destinato ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione è intrinseca ad uno Stato di diritto. A questo titolo, e come previsto dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti che garantisca ai singoli il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. Il principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, cui fa riferimento l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito agli articoli 6 e 13 della CEDU e che è attualmente affermato all’articolo 47 della Carta (sentenza del 18 maggio 2021, Asociația «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti 189 e 190 e giurisprudenza ivi citata).

220    Ne consegue che, a norma dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, ciascuno Stato membro deve garantire che gli organi che sono chiamati, in quanto «organi giurisdizionali» nel senso definito dal diritto dell’Unione, a statuire su questioni connesse all’applicazione o all’interpretazione di tale diritto e che fanno quindi parte del suo sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva, dovendosi precisare che tale disposizione riguarda i «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», indipendentemente dalla situazione in cui gli Stati membri attuano tale diritto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta [v., in tal senso, le sentenze del 5 novembre 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari), C‑192/18, EU:C:2019:924, punti 101 e 103 e giurisprudenza ivi citata; del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punti 36 e 37, nonché del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti 191 e 192].

221    Orbene, per garantire che organi che possono essere chiamati a statuire su questioni connesse all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione siano in grado di garantire la tutela giurisdizionale effettiva richiesta dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, è di primaria importanza preservare l’indipendenza dei medesimi, come confermato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, che menziona l’accesso a un giudice «indipendente» tra i requisiti connessi al diritto fondamentale a un ricorso effettivo [sentenze del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 115 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 194].

222    Tale requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, costituisce un aspetto essenziale del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente del valore dello Stato di diritto [sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 116 nonché la giurisprudenza ivi citata].

223    Analogamente, come risulta in particolare dal considerando 3 della decisione 2006/928 e dai parametri di riferimento di cui ai punti da 1 a 3 dell’allegato a tale decisione, l’esistenza di un sistema giudiziario imparziale, indipendente ed efficace è particolarmente importante per contrastare la corruzione, in particolare quella di alto livello.

224    Orbene, il requisito dell’indipendenza dei giudici, derivante dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, implica due aspetti. Il primo aspetto, di carattere esterno, richiede che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterni idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni. Il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e concerne l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Questo aspetto impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica [v., in tal senso, sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punti 121 e 122 e giurisprudenza ivi citata].

225    Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità richieste ai sensi del diritto dell’Unione presuppongono l’esistenza di regole che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto agli interessi contrapposti [v., in tal senso, sentenze del 19 settembre 2006, Wilson, C‑506/04, EU:C:2006:587, punto 53 e giurisprudenza ivi citata; del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 196, nonché del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 59 e giurisprudenza ivi citata].

226    A tale riguardo, è necessario che i giudici si trovino al riparo da interventi o da pressioni esterni che possano mettere a repentaglio la loro indipendenza. Le regole applicabili allo statuto dei giudici e all’esercizio da parte degli stessi delle loro funzioni devono, in particolare, consentire di escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati, e devono escludere così una mancanza di apparenza d’indipendenza o di imparzialità di questi ultimi idonea a ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare ai singoli in una società democratica e in uno Stato di diritto [v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punti 119 e 139 e giurisprudenza ivi citata].

227    Per quanto riguarda, più in particolare, le norme che regolamentano il regime disciplinare, il requisito dell’indipendenza impone, conformemente a giurisprudenza costante, che tale regime presenti le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio di utilizzo di un siffatto regime quale sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie. A tal fine, risulta essenziale che il fatto che una decisione contenga un eventuale errore nell’interpretazione e applicazione delle norme del diritto nazionale e dell’Unione, o nell’apprezzamento dei fatti e nella valutazione delle prove, non possa, di per sé solo, essere sufficiente a far sorgere la responsabilità personale del giudice interessato [v., in tal senso, sentenze del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti 198 e 234 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punti 134 e 138]. Costituisce, peraltro, una garanzia inerente all’indipendenza dei giudici nazionali il fatto che questi ultimi non siano esposti a procedimenti o a sanzioni disciplinari per aver esercitato la facoltà di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, facoltà che è di loro esclusiva competenza [v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2016, Ognyanov, C‑614/14, EU:C:2016:514, punti 17 e 25; del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny, C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 59, e del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio), C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 91].

228    Inoltre, conformemente al principio della separazione dei poteri che caratterizza il funzionamento di uno Stato di diritto, l’indipendenza dei giudici in particolare dai poteri legislativo ed esecutivo deve essere garantita [sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 124 nonché giurisprudenza ivi citata, nonché del 2 marzo 2021, A.B. e a., (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 118].

229    Ora, sebbene né l’articolo 2 e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, né altre disposizioni del diritto dell’Unione impongano agli Stati membri un determinato modello costituzionale, che disciplini le relazioni e l’interazione tra i diversi poteri statali, in particolare per quanto riguarda la definizione e la delimitazione delle competenze di questi ultimi, tali Stati membri devono nondimeno rispettare, in particolare, i requisiti di indipendenza dei giudici che derivano da tali disposizioni del diritto dell’Unione [v., con riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’articolo 6 della CEDU, sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 130].

230    In tali circostanze, l’articolo 2 e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE nonché la decisione 2006/928 non ostano a una normativa o a una prassi nazionale secondo la quale le decisioni della corte costituzionale vincolano gli organi giurisdizionali ordinari, purché il diritto nazionale garantisca l’indipendenza di detta corte costituzionale nei confronti, in particolare, dei poteri legislativo ed esecutivo, come richiesto da tali disposizioni. Per contro, se il diritto nazionale non garantisce tale indipendenza, le predette disposizioni del diritto dell’Unione ostano a una siffatta normativa o prassi nazionale, in quanto una siffatta corte costituzionale non è in grado di garantire la tutela giurisdizionale effettiva richiesta dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

231    Nel caso di specie, i quesiti sollevati dai giudici del rinvio con riguardo al requisito dell’indipendenza dei giudici e derivanti da tali disposizioni del diritto dell’Unione vertono, da un lato, su un insieme di aspetti relativi allo status, alla composizione e al funzionamento della Corte costituzionale che ha pronunciato le sentenze di cui trattasi nel procedimento principale. In particolare, tali giudici hanno rilevato che, secondo la Costituzione rumena, tale corte non fa parte del sistema giudiziario, che i suoi membri sono nominati da organi appartenenti ai poteri legislativo ed esecutivo, i quali hanno anche il diritto di rivolgerle istanze, o ancora che essa ha ecceduto i suoi poteri e interpretato la normativa nazionale pertinente in modo arbitrario.

232    Per quanto riguarda la circostanza che, secondo la Costituzione rumena, la Corte costituzionale non fa parte del sistema giudiziario, è stato ricordato al punto 229 della presente sentenza che il diritto dell’Unione non impone agli Stati membri un determinato modello costituzionale, che disciplini le relazioni e l’interazione tra i diversi poteri statali, in particolare per quanto riguarda la definizione e la delimitazione delle competenze di questi ultimi. A tal riguardo, occorre precisare che il diritto dell’Unione non osta all’istituzione di una corte costituzionale le cui decisioni vincolino gli organi giurisdizionali ordinari, purché essa rispetti i requisiti di indipendenza di cui ai punti da 224 a 230 della presente sentenza. Orbene, dalle domande di pronuncia pregiudiziale non risulta alcun elemento tale da suggerire che la Corte costituzionale, alla quale è in particolare conferita la funzione di controllare la costituzionalità delle leggi e dei provvedimenti nonché di statuire sui conflitti giuridici di natura costituzionale tra autorità pubbliche, in applicazione dell’articolo 146, lettere d) ed e), della Costituzione rumena, non soddisfi tali requisiti.

233    Per quanto riguarda le condizioni di nomina dei giudici della Corte costituzionale, dalla giurisprudenza della Corte risulta che il solo fatto che i giudici interessati siano nominati, come avviene per i giudici della Corte costituzionale ai sensi dell’articolo 142, paragrafo 3, della Costituzione rumena, dai poteri legislativo ed esecutivo, non è idoneo a creare una dipendenza di tali giudici nei confronti di detti poteri, né a generare dubbi quanto alla loro imparzialità, se, una volta nominati, gli interessati non sono soggetti ad alcuna pressione e non ricevono istruzioni nell’esercizio delle loro funzioni [v., per analogia, sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 133 nonché giurisprudenza ivi citata].

234    Sebbene, in effetti, possa risultare necessario garantire che i requisiti sostanziali e le modalità procedurali che presiedono all’adozione delle decisioni di nomina siano tali da non poter suscitare, nei singoli, dubbi legittimi in merito all’impermeabilità dei giudici interessati nei confronti di elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti, una volta avvenuta la nomina degli interessati, e sebbene occorra in particolare, a tal fine, che dette condizioni e modalità siano concepite in modo da soddisfare i requisiti ricordati al punto 226 della presente sentenza [sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 123 e giurisprudenza ivi citata], dalle indicazioni contenute nelle domande di pronuncia pregiudiziale non emerge che le condizioni in cui sono intervenute le nomine dei giudici della Corte costituzionale che hanno adottato le sentenze di cui trattasi nel procedimento principale violino detti requisiti.

235    Occorre peraltro rilevare che, secondo le medesime indicazioni, la Costituzione rumena prevede, al suo articolo 142, paragrafo 2, che la Corte costituzionale è composta da giudici «nominati per un mandato di nove anni che non può essere prorogato o rinnovato», e precisa, al suo articolo 145, che tali giudici sono «indipendenti nell’esercizio delle loro funzioni e sono inamovibili per tutta la durata di tale mandato». Inoltre, l’articolo 143 di detta costituzione stabilisce le condizioni per la nomina dei giudici della Corte costituzionale imponendo, a tal fine, che essi dispongano «di ottime qualifiche giuridiche, di una competenza professionale elevata e di un’esperienza di almeno 18 anni in ambito giuridico o di studi giuridici superiori», mentre l’articolo 144 della stessa Costituzione sancisce il principio dell’incompatibilità della funzione di giudice della Corte costituzionale «con qualsiasi altra funzione pubblica o privata, ad eccezione delle funzioni didattiche dell’insegnamento giuridico superiore».

236    Occorre aggiungere, nel caso di specie, che il fatto che la Corte costituzionale possa essere adita da organi appartenenti ai poteri esecutivo e legislativo è connesso alla natura e alla funzione di un giudice istituito per statuire su controversie di rango costituzionale e non può, di per sé, costituire un elemento in grado di mettere in discussione la sua indipendenza rispetto a tali poteri.

237    Per quanto riguarda la questione se la Corte costituzionale non abbia agito in modo indipendente e imparziale nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze di cui trattasi nei procedimenti principali, la sola circostanza invocata dai giudici del rinvio, secondo la quale la Corte costituzionale avrebbe ecceduto i limiti delle proprie competenze a discapito dell’autorità giudiziaria rumena e avrebbe fornito un’interpretazione arbitraria della normativa nazionale pertinente, ammesso che sia così, non è idonea a dimostrare che la Corte costituzionale non soddisfa i requisiti di indipendenza e di imparzialità, richiamati ai punti da 224 a 230 della presente sentenza. Infatti, le domande di pronuncia pregiudiziale non contengono alcun altro elemento circostanziato da cui risulti che tali sentenze sarebbero intervenute in un contesto tale da far sorgere un legittimo dubbio quanto al pieno rispetto di tali requisiti da parte della Corte costituzionale.

238    Per quanto riguarda, d’altra parte, la responsabilità disciplinare in cui, ai sensi della norme nazionali in questione, possono incorrere i giudici ordinari in caso di inosservanza delle decisioni della Corte costituzionale, è vero che la tutela dell’indipendenza degli organi giurisdizionali non può, in particolare, avere la conseguenza di escludere totalmente che la responsabilità disciplinare di un giudice possa, in taluni casi del tutto eccezionali, sorgere a causa di decisioni giudiziarie adottate da quest’ultimo. Infatti, un siffatto requisito di indipendenza non mira, evidentemente, ad avallare eventuali condotte gravi e totalmente inescusabili imputabili ai giudici, che consistano, ad esempio, nel violare deliberatamente e con dolo o colpa particolarmente gravi e grossolani le norme del diritto nazionale e dell’Unione di cui essi dovrebbero garantire il rispetto, o nel commettere arbitrio o diniego di giustizia quando essi sono chiamati, in quanto depositari della funzione giudicante, a pronunciarsi sulle controversie loro sottoposte dai singoli [sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 137].

239    Tuttavia, risulta essenziale, al fine di preservare l’indipendenza di detti organi giurisdizionali ed evitare in tal modo che il regime disciplinare possa essere sviato dalle sue finalità legittime e utilizzato a fini di controllo politico delle decisioni giudiziarie o di pressione sui giudici, che il fatto che una decisione giudiziaria contenga un eventuale errore nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme del diritto nazionale e dell’Unione, o nella valutazione dei fatti e nella valutazione delle prove, non possa, di per sé, condurre a far sorgere la responsabilità disciplinare del giudice interessato [sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 138 e giurisprudenza ivi citata].

240    Di conseguenza, occorre che il sorgere della responsabilità disciplinare di un giudice a causa di una decisione giudiziaria sia limitato a casi del tutto eccezionali, come quelli menzionati al punto 238 della presente sentenza, e inquadrato, a tal proposito, da criteri oggettivi e verificabili, attinenti a esigenze relative alla buona amministrazione della giustizia, nonché da garanzie dirette a evitare qualsiasi rischio di pressioni esterne sul contenuto delle decisioni giudiziarie e a escludere così qualsiasi legittimo dubbio nei singoli quanto all’impermeabilità dei giudici interessati e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti [sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 139 e giurisprudenza ivi citata].

241    Nel caso di specie, dalle indicazioni contenute nelle domande di pronuncia pregiudiziale non emerge che la responsabilità disciplinare dei giudici ordinari nazionali per mancato rispetto delle decisioni della Corte costituzionale, prevista all’articolo 99, lettera ș), della legge n. 303/2004, il cui testo non contiene nessun’altra condizione, sia limitata ai casi del tutto eccezionali menzionati al punto 238 della presente sentenza, in contrasto con la giurisprudenza ricordata ai punti 239 e 240 della medesima sentenza.

242    Ne consegue che l’articolo 2 e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE nonché la decisione 2006/928 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa o a una prassi nazionale secondo la quale le decisioni della corte costituzionale vincolano i giudici ordinari, purché il diritto nazionale garantisca l’indipendenza di detta corte costituzionale nei confronti, in particolare, dei poteri legislativo ed esecutivo, come richiesto da tali disposizioni. Per contro, tali disposizioni del Trattato UE e detta decisione devono essere interpretate nel senso che ostano ad una normativa nazionale secondo la quale qualsiasi inosservanza delle decisioni della corte costituzionale nazionale da parte dei giudici ordinari nazionali è idonea a far sorgere la loro responsabilità disciplinare.

243    In tali circostanze, e trattandosi di cause in cui la normativa o la prassi nazionale di cui trattasi nel procedimento principale costituisce un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, non risulta necessario, al fine di rispondere ai quesiti dei giudici del rinvio e della soluzione delle controversie di cui questi ultimi sono investiti, un esame autonomo dell’articolo 47 della Carta, che non potrebbe che confermare la conclusione già esposta al punto che precede.

–       Sul primato del diritto dell’Unione

244    I giudici del rinvio evidenziano che la giurisprudenza della Corte costituzionale risultante dalle sentenze di cui trattasi nei procedimenti principali, della cui compatibilità con il diritto dell’Unione dubitano, è, ai sensi dell’articolo 147, paragrafo 4, della Costituzione rumena, vincolante e deve essere osservata dagli organi giurisdizionali nazionali, pena l’irrogazione ai membri che li compongono di una sanzione disciplinare ai sensi dell’articolo 99, lettera ș), della legge n. 303/2004. In tali circostanze, essi chiedono se il principio del primato del diritto dell’Unione osti a una siffatta normativa o prassi nazionale e autorizzi un organo giurisdizionale nazionale a disapplicare una giurisprudenza di tal genere, senza che i suoi membri siano esposti al rischio di essere destinatari di una sanzione disciplinare.

245    A questo proposito, occorre ricordare che, nella sua costante giurisprudenza relativa al Trattato CEE, la Corte ha già dichiarato che i Trattati comunitari, a differenza dei trattati internazionali ordinari, hanno istituito un ordinamento giuridico di nuovo genere, che è stato integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri al momento dell’entrata in vigore dei Trattati e che si impone ai loro organi giurisdizionali. Tale nuovo ordinamento giuridico, a favore del quale gli Stati membri hanno limitato, nei settori definiti dai Trattati, i loro poteri sovrani e i cui soggetti sono non solo gli Stati membri, ma anche i loro cittadini, è dotato di istituzioni proprie (v., in tal senso, sentenze del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos, 26/62, EU:C:1963:1, pag. 23, e del 15 luglio 1964, Costa, 6/64, EU:C:1964:66, pagg. 1158 e 1159).

246    Così, nella sentenza del 15 luglio 1964, Costa (6/64, EU:C:1964:66, pagg. da 1158 a 1160), la Corte ha enunciato il principio del primato del diritto comunitario, inteso nel senso che esso sancisce la preminenza di tale diritto sul diritto degli Stati membri. A questo proposito, essa ha constatato che l’istituzione da parte del Trattato CEE di un ordinamento giuridico peculiare, accettato dagli Stati membri a condizione di reciprocità, ha per corollario che essi non possono far prevalere contro tale ordinamento giuridico un provvedimento unilaterale ulteriore, né opporre al diritto promanante dal Trattato CEE norme di diritto nazionale di qualsiasi genere, senza che tale diritto perda il proprio carattere comunitario e senza che ne risulti scosso il fondamento giuridico della stessa Comunità. Inoltre, l’efficacia del diritto comunitario non può variare da uno Stato membro all’altro in funzione delle leggi interne successive, senza che sia messa in pericolo l’attuazione degli scopi del Trattato CEE e sorga una discriminazione in base alla nazionalità, vietata da tale Trattato.

247    Al punto 21 del suo parere 1/91 (Accordo SEE – I), del 14 dicembre 1991 (EU:C:1991:490), la Corte ha infatti considerato che, benché sia stato concluso in forma d’accordo internazionale, il Trattato CEE costituisce la carta costituzionale di una comunità di diritto e che le caratteristiche fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario così istituito sono, in particolare, la sua preminenza sui diritti degli Stati membri e l’efficacia diretta di tutta una serie di norme che si applicano ai cittadini di tali Stati nonché agli Stati stessi.

248    Tali caratteristiche fondamentali dell’ordinamento giuridico dell’Unione e l’importanza dell’osservanza che è loro dovuta sono state, del resto, confermate dalla ratifica, senza riserve, dei trattati che modificano il Trattato CEE e, in particolare, del Trattato di Lisbona. Infatti, in occasione dell’adozione di tale trattato, la conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri ha tenuto a ricordare espressamente, nella sua dichiarazione n. 17 relativa al primato, allegata all’atto finale della conferenza intergovernativa che ha adottato il trattato di Lisbona (GU 2012, C 326, pag. 346), che, per giurisprudenza costante della Corte, i trattati e il diritto adottato dall’Unione sulla base dei trattati prevalgono sul diritto degli Stati membri alle condizioni stabilite dalla summenzionata giurisprudenza.

249    Occorre aggiungere che l’articolo 4, paragrafo 2, TUE prevede che l’Unione rispetta l’uguaglianza degli Stati membri dinanzi ai Trattati. Orbene, l’Unione può rispettare tale uguaglianza solo se per gli Stati membri, in forza del principio del primato del diritto dell’Unione, è impossibile far prevalere nei confronti dell’ordinamento giuridico dell’Unione, un provvedimento unilaterale di qualsiasi genere.

250    Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Corte ha costantemente confermato la precedente giurisprudenza sul principio del primato del diritto dell’Unione, che impone a tutte le istituzioni degli Stati membri di dare pieno effetto alle varie norme dell’Unione, dato che il diritto degli Stati membri non può sminuire l’efficacia riconosciuta a tali differenti norme nel territorio dei suddetti Stati (sentenze del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 244 e giurisprudenza ivi citata; del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina), C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 156, nonché del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio), C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 78 e giurisprudenza ivi citata].

251    Pertanto, in forza del principio del primato del diritto dell’Unione, il fatto che uno Stato membro invochi disposizioni di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, non può pregiudicare l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione. Infatti, conformemente a giurisprudenza consolidata, gli effetti derivanti dal principio del primato del diritto dell’Unione si impongono a tutti gli organi di uno Stato membro, senza che, in particolare, le disposizioni interne relative alla ripartizione delle competenze giurisdizionali, ivi comprese quelle di rango costituzionale, possano opporvisi [sentenze del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 245 e giurisprudenza ivi citata; del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina), C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 157, nonché del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio), C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 79 e giurisprudenza ivi citata].

252    A tal riguardo, occorre segnatamente ricordare che il principio del primato impone al giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto dell’Unione, l’obbligo, ove non possa procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, di garantire la piena efficacia delle prescrizioni di tale diritto nella controversia di cui è investito, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi normativa o prassi nazionale, anche posteriore, contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto, senza dovere chiedere o attendere la previa rimozione di tale normativa o prassi nazionale in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale v., in tal senso, sentenze del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti 247 e 248, nonché del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio), C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 80.

253    Orbene, per quanto riguarda le disposizioni del diritto dell’Unione oggetto delle presenti domande di pronuncia pregiudiziale, occorre rammentare che dalla giurisprudenza della Corte discende che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, nonché i parametri di riferimento di cui all’allegato della decisione 2006/928 sono formulati in termini chiari e precisi e non sono corredati di alcuna condizione, ragion per cui hanno effetto diretto (v., in tal senso, sentenze del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C‑42/17, EU:C:2017:936, punti 38 e 39, nonché del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti 249 e 250).

254    In tale contesto, occorre precisare che, conformemente all’articolo 19 TUE, sebbene spetti ai giudici nazionali e alla Corte garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione nell’insieme degli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale effettiva spettante ai singoli in forza di detto diritto, la Corte detiene una competenza esclusiva a fornire l’interpretazione definitiva di detto diritto (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Repubblica di Moldova, C‑741/19, EU:C:2021:655, punto 45). Orbene, nell’esercizio di tale competenza, spetta in ultima istanza alla Corte precisare la portata del principio del primato del diritto dell’Unione alla luce delle disposizioni pertinenti di tale diritto, poiché tale portata non può dipendere dall’interpretazione di disposizioni del diritto nazionale né dall’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione adottata da un giudice nazionale che non corrisponda a quella della Corte. A tal riguardo, occorre rammentare che il procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dall’articolo 267 TFUE, che costituisce la chiave di volta del sistema giurisdizionale istituito dai trattati, instaura un dialogo da giudice a giudice tra la Corte e i giudici degli Stati membri, che mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati (sentenze del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16, EU:C:2018:158, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 27).

255    Nel caso di specie, gli organi giurisdizionali del rinvio rilevano che, in forza della Costituzione rumena, essi sono vincolati dalla giurisprudenza derivante dalle sentenze della Corte costituzionale di cui trattasi nel procedimento principale e non possono, a pena di vedere i loro membri esposti al rischio di un procedimento o di sanzioni disciplinari, disapplicare tale giurisprudenza, quand’anche essi ritengano, alla luce di una sentenza pronunciata in via pregiudiziale dalla Corte, che detta giurisprudenza sia contraria al diritto dell’Unione.

256    A questo proposito, occorre ricordare che una decisione emessa in via pregiudiziale dalla Corte vincola il giudice nazionale, per quanto concerne l’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in questione, per la definizione della controversia principale (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

257    In tal senso, al giudice nazionale che ha esercitato la facoltà o che ha adempiuto l’obbligo di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE non può impedirsi di applicare immediatamente il diritto dell’Unione in modo conforme ad una pronunzia o alla giurisprudenza della Corte, altrimenti ne verrebbe ridotto l’effetto utile di tale disposizione (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal, 106/77, EU:C:1978:49, punto 20, e del 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 39). Occorre aggiungere che il potere di fare, all’atto stesso di tale applicazione, tutto quanto è necessario per disapplicare una normativa o una prassi nazionale che eventualmente osti alla piena efficacia delle norme del diritto dell’Unione costituisce parte integrante del ruolo di giudice dell’Unione che incombe al giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme del diritto dell’Unione, cosicché l’esercizio di tale potere costituisce una garanzia inerente all’indipendenza dei giudici derivante dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (v., in tal senso, sentenze del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny, C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 59, e del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio), C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 91.

258    Infatti, sarebbe incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto dell’Unione qualsiasi normativa o prassi nazionale la quale porti ad una riduzione della concreta efficacia del diritto dell’Unione per il fatto che sia negato al giudice, competente ad applicare questo diritto, il potere di fare, all’atto stesso di tale applicazione, tutto quanto è necessario per disapplicare una disposizione o una prassi nazionale che eventualmente osti alla piena efficacia delle norme dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli, C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363, punto 44 e giurisprudenza ivi citata; del 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 41, e del 4 dicembre 2018, Minister for Justice and Equality e Commissioner of An Garda Síochána, C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 36).

259    Orbene, una normativa o una prassi nazionale ai sensi della quale le sentenze della corte costituzionale nazionale vincolano i giudici ordinari, mentre questi ultimi ritengono, alla luce di una sentenza emessa in via pregiudiziale dalla Corte, che la giurisprudenza derivante da tali sentenze costituzionali sia contraria al diritto dell’Unione, è idonea ad impedire a detti giudici di garantire la piena efficacia dei dettami di tale diritto, effetto ostativo che può essere rafforzato dalla circostanza che il diritto nazionale qualifica l’eventuale inosservanza di tale giurisprudenza costituzionale alla stregua di un illecito disciplinare.

260    In tale contesto, occorre rilevare che l’articolo 267 TFUE osta a qualsiasi normativa o prassi nazionale idonea a impedire ai giudici nazionali, a seconda del caso, di avvalersi della facoltà o di conformarsi all’obbligo, di cui a tale articolo 267, di rivolgersi in via pregiudiziale alla Corte [v., in tal senso, sentenze del 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punti da 32 a 34 e giurisprudenza ivi citata; del 19 novembre 2019, A.K. e a., (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 103, e del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio), C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 93]. Del resto, secondo la giurisprudenza ricordata al punto 227 della presente sentenza, il fatto che i giudici nazionali non siano esposti a procedimenti o a sanzioni disciplinari per aver esercitato la facoltà, di loro esclusiva competenza, di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, costituisce una garanzia inerente all’indipendenza di tali giudici. Parimenti, nell’ipotesi in cui, a seguito della risposta della Corte, un giudice ordinario nazionale dovesse ritenere che la giurisprudenza della corte costituzionale nazionale sia contraria al diritto dell’Unione, il fatto che tale giudice nazionale disapplichi detta giurisprudenza, conformemente al principio del primato di tale diritto, non può in alcun modo essere idoneo a far sorgere la sua responsabilità disciplinare.

261    Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che nei confronti di taluni giudici degli organi giurisdizionali del rinvio sono stati avviati procedimenti disciplinari ai sensi dell’articolo 99, lettera ș), della legge n. 303/2004, in seguito al rinvio da parte di questi ultimi della loro domanda di pronuncia pregiudiziale. Inoltre, non sembra potersi escludere, alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale di cui al punto 58 della presente sentenza, che, nel caso in cui la risposta della Corte inducesse tali giudici a disapplicare la giurisprudenza della Corte costituzionale derivante dalle sentenze oggetto dei procedimenti principali, i giudici che compongono detti organi giurisdizionali siano esposti al rischio di essere oggetto di sanzioni disciplinari.

262    Ne consegue che il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che osta ad una norma o prassi nazionale ai sensi della quale i giudici ordinari nazionali sono vincolati dalle sentenze della corte costituzionale nazionale e non possono, a pena di commettere un illecito disciplinare, disapplicare, di propria iniziativa, la giurisprudenza risultante da tali sentenze, laddove ritengano, alla luce di una sentenza della Corte, che tale giurisprudenza sia contraria all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE o alla decisione 2006/928.

263    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione nelle cause C‑357/19, C‑379/19, C‑811/19 e C‑840/19 nonché alla questione unica nella causa C‑547/19 dichiarando che

–        l’articolo 2 e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE nonché la decisione 2006/928 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa o a una prassi nazionale ai sensi della quale le decisioni della corte costituzionale nazionale vincolano gli organi giurisdizionali ordinari, purché il diritto nazionale garantisca l’indipendenza di detta corte costituzionale nei confronti, in particolare, dei poteri legislativo ed esecutivo, come richiesto da tali disposizioni. D’altra parte, tali disposizioni del Trattato UE e la citata decisione devono essere interpretate nel senso che ostano a una norma nazionale ai sensi della quale qualsiasi inosservanza delle decisioni della corte costituzionale nazionale da parte dei giudici ordinari nazionali è idonea a far sorgere la loro responsabilità disciplinare;

–        il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che osta a una norma o a una prassi nazionale ai sensi della quale i giudici ordinari nazionali sono vincolati dalle decisioni della corte costituzionale nazionale e non possono, a pena di commettere un illecito disciplinare, disapplicare, di propria iniziativa, la giurisprudenza risultante da tali decisioni, laddove ritengano, alla luce di una sentenza della Corte, che tale giurisprudenza sia contraria all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE o alla decisione 2006/928.

 Sulle spese

264    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi ai giudici del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      La decisione 2006/928/CE della Commissione, del 13 dicembre 2006, che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione, fintanto che non sia stata abrogata, è obbligatoria in tutti i suoi elementi per la Romania. I parametri di riferimento contenuti nel suo allegato mirano a garantire il rispetto, da parte di tale Stato membro, del valore dello Stato di diritto sancito all’articolo 2 TUE e hanno carattere vincolante per detto Stato membro, nel senso che quest’ultimo è tenuto ad adottare le misure appropriate ai fini della realizzazione di tali parametri, tenendo debitamente conto, in base al principio di leale cooperazione enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, delle relazioni redatte dalla Commissione europea sulla base di detta decisione, in particolare delle raccomandazioni formulate nelle suddette relazioni.

2)      [Come rettificato con ordinanza del 15 marzo 2022] L’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 2 della convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995, nonché la decisione 2006/928, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa o a una prassi nazionale secondo la quale le sentenze in materia di corruzione e di frode in relazione all’imposta sul valore aggiunto (IVA) che non sono state emesse, in primo grado, da collegi giudicanti specializzati in tale materia o, in appello, da collegi giudicanti i cui membri siano stati tutti nominati mediante sorteggio, sono affette da nullità assoluta, cosicché i casi di corruzione e di frode in relazione all’IVA interessati devono, se necessario a seguito di un ricorso straordinario contro sentenze definitive, essere riesaminati in primo e/o in secondo grado, nei limiti in cui l’applicazione di tale normativa o prassi nazionale sia idonea a creare un rischio sistemico d’impunità per fatti che costituiscono gravi reati di frode a danno degli interessi finanziari dell’Unione o di corruzione in generale. L’obbligo di garantire che reati del genere siano oggetto di sanzioni penali aventi carattere effettivo e dissuasivo non esonera il giudice del rinvio dal verificare il necessario rispetto dei diritti fondamentali garantiti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non potendo tale giudice applicare uno standard nazionale di tutela dei diritti fondamentali che comporti un siffatto rischio sistemico di impunità.

3)      L’articolo 2 e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE nonché la decisione 2006/928 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa o a una prassi nazionale ai sensi della quale le decisioni della corte costituzionale nazionale vincolano gli organi giurisdizionali ordinari, purché il diritto nazionale garantisca l’indipendenza di detta corte costituzionale nei confronti, in particolare, dei poteri legislativo ed esecutivo, come richiesto da tali disposizioni. D’altra parte, tali disposizioni del Trattato UE e la citata decisione devono essere interpretate nel senso che ostano a una norma nazionale ai sensi della quale qualsiasi inosservanza delle decisioni della corte costituzionale nazionale da parte dei giudici ordinari nazionali è idonea a far sorgere la loro responsabilità disciplinare.

4)      Il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa o a una prassi nazionale ai sensi della quale i giudici ordinari nazionali sono vincolati dalle decisioni della corte costituzionale nazionale e non possono, a pena di commettere un illecito disciplinare, disapplicare, di propria iniziativa, la giurisprudenza risultante da tali decisioni, laddove ritengano, alla luce di una sentenza della Corte, che tale giurisprudenza sia contraria all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE o alla decisione 2006/928.

Firme


*      Lingua processuale: il rumeno.