Language of document : ECLI:EU:C:2022:508

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

30 giugno 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4, paragrafo 1 – Discriminazione indiretta fondata sul sesso – Normativa nazionale che prevede l’incompatibilità di due o più pensioni di invalidità professionale totale maturate nell’ambito dello stesso regime legale di sicurezza sociale – Compatibilità di pensioni di tale tipo quando rientrano in regimi legali di sicurezza sociale distinti – Accertamento di una discriminazione indiretta sulla base di dati statistici – Determinazione dei gruppi interessati da confrontare – Giustificazione»

Nella causa C‑625/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Juzgado de lo Social n. 26 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 26 di Barcellona, Spagna), con decisione del 13 ottobre 2020, pervenuta in cancelleria il 19 novembre 2020, nel procedimento

KM

contro

Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS),

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, J. Passer, F. Biltgen, N. Wahl e M.L. Arastey Sahún, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 gennaio 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per KM, da I. Armenteros Rodríguez, abogado;

–        per l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS), da P. García Perea e A.R. Trillo García, letrados;

–        per il governo spagnolo, da J. Rodríguez de la Rúa Puig e M.J. Ruiz Sánchez, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da I. Galindo Martín e A. Szmytkowska, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 febbraio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4 della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra KM e l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) (Istituto nazionale della previdenza nazionale, Spagna) in merito al rifiuto di quest’ultimo di riconoscere la compatibilità di due pensioni di invalidità professionale totale riconosciute a KM in forza del medesimo regime legale di previdenza sociale sulla base di periodi di contribuzione diversi e di lesioni diverse.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 79/7:

«Scopo della presente direttiva è la graduale attuazione, nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all’articolo 3, del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale, denominato qui appresso “principio della parità di trattamento”».

4        L’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva dispone che quest’ultima si applichi ai regimi legali che assicurano una protezione contro, in particolare, il rischio di «invalidità».

5        L’articolo 4, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue:

«Il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:

–        il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,

–        l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi,

–        il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonch[é] le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni».

6        L’articolo 1 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23), stabilisce, in particolare, che essa contiene disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda i regimi professionali di sicurezza sociale.

7        L’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), di tale direttiva dispone che, ai fini della stessa, per «regimi professionali di sicurezza sociale» si intendono i regimi non regolati dalla direttiva 79/7 aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi, raggruppati nell’ambito di un’impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o di sostituirsi ad esse, indipendentemente dal fatto che l’affiliazione a questi regimi sia obbligatoria o facoltativa.

 Diritto spagnolo

8        L’articolo 9, paragrafo 1, della Ley General de la Seguridad Social (legge generale in materia di previdenza sociale), nella versione consolidata approvata dal Real Decreto Legislativo 8/2015 (regio decreto legislativo n. 8/2015), del 30 ottobre 2015 (BOE n. 261, del 31 ottobre 2015, pag. 103291) (in prosieguo: la «LGSS»), enuncia quanto segue:

«Il sistema di sicurezza sociale è costituito dai seguenti regimi:

a)      il regime generale, rientrante nel titolo II della presente legge;

b)      i regimi speciali di cui all’articolo seguente.

9        L’articolo 10 della LGSS così dispone:

«1.      Sono istituiti regimi speciali per le attività professionali che, per la loro natura, le condizioni speciali di esercizio in termini di tempo e di luogo o il tipo di processo di produzione, richiedono l’istituzione di detti regimi al fine di garantire la corretta applicazione delle prestazioni previdenziali.

2.      Sono considerati regimi speciali quelli cui appartengono i seguenti gruppi:

a)      i lavoratori autonomi.

(...)».

10      L’articolo 163 della LGSS, intitolato «Incompatibilità di pensioni», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Le pensioni [del] regime generale [della sicurezza sociale] sono incompatibili tra loro quando uno stesso beneficiario le percepisce, salvo disposizione di legge o regolamentare espressamente contraria. In caso di incompatibilità, il beneficiario che potrebbe avere diritto a due o più pensioni dovrà optare per una di esse».

11      Ai sensi della 26ª disposizione transitoria della LGSS, applicabile alla controversia di cui al procedimento principale:

«1.      L’invalidità professionale, qualunque ne sia la causa determinante, è classificata secondo la seguente scala:

a)      invalidità professionale parziale per la professione abituale;

b)      invalidità professionale totale per la professione abituale;

c)      invalidità professionale generale per qualsiasi tipo di lavoro;

d)      incapacità che richiede l’assistenza di un terzo.

2.      In caso di infortunio, professionale o non professionale, per professione abituale si intende la professione normalmente svolta dal lavoratore al momento dell’infortunio. In caso di malattia, professionale o non professionale, per professione abituale si intende la professione alla quale il lavoratore dedicava la sua attività principale nel periodo precedente all’inizio dell’invalidità come stabilita dalla normativa.

(...)

4.      Per invalidità professionale totale per la professione abituale si intende l’incapacità che impedisca al lavoratore di svolgere tutti i compiti di tale professione abituale o i suoi compiti essenziali, fermo restando che può dedicarsi ad un’altra professione diversa.

(...)».

12      L’articolo 34 del decreto 2530/1970, por el que se regula el régimen especial de la Seguridad Social de los trabajadores por cuenta propia o autónomos (decreto 2530/1970 recante disciplina del regime speciale di previdenza sociale dei lavoratori autonomi), del 20 agosto 1970 (BOE n. 221, del 15 settembre 1970, pag. 15148), enuncia quanto segue:

«Le pensioni concesse dal presente regime speciale ai suoi beneficiari sono incompatibili tra loro, salvo espressa disposizione contraria. Chiunque abbia diritto a due o più pensioni dovrà optare per una di esse».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13      Con decisione del 2 marzo 1999, l’INSS ha riconosciuto alla ricorrente nel procedimento principale, iscritta al regime generale di previdenza sociale (in prosieguo: l’«RGSS»), una situazione di invalidità professionale totale per la sua professione abituale di assistente amministrativa a seguito di una malattia non professionale legata a un ictus ischemico e le ha concesso una pensione ai sensi dell’RGSS, calcolata sulla base dei contributi versati per il periodo compreso tra maggio 1989 e aprile 1994.

14      Con decisione del 20 marzo 2018, l’INSS ha riconosciuto alla ricorrente nel procedimento principale, che nel frattempo aveva svolto attività lavorativa come accuditrice diurna, una situazione di invalidità professionale totale anche per la sua nuova professione abituale a causa di un infortunio non professionale in cui si era fratturata un femore, e le ha concesso la pensione corrispondente ai sensi dell’RGSS, calcolata sulla base dei contributi versati per il periodo da febbraio 2015 a gennaio 2017. Tuttavia, l’INSS ha ritenuto che, ai sensi dell’articolo 163 della LGSS, tale pensione fosse incompatibile con quella precedentemente concessa, cosicché la ricorrente nel procedimento principale aveva diritto solo a una delle due.

15      Il 23 gennaio 2019 l’INSS ha respinto il reclamo proposto dalla ricorrente avverso quest’ultima decisione.

16      Il 12 marzo 2019 la ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio per ottenere il riconoscimento della compatibilità della pensione di invalidità relativa alla sua professione di accuditrice diurna con quella relativa alla sua precedente professione di assistente amministrativa, al fine di poter cumulare queste due pensioni. A tal fine, essa ha sostenuto, in sostanza, che l’articolo 163 della LGSS, sulla base del quale l’INSS ha stabilito l’incompatibilità delle due pensioni, è inapplicabile, in quanto genera una discriminazione indiretta fondata sul sesso ed è quindi contrario al diritto dell’Unione.

17      Il giudice del rinvio precisa, innanzitutto, che la ricorrente nel procedimento principale ha dimostrato di aver versato contributi sufficienti per beneficiare delle due pensioni di cui trattasi.

18      Tale giudice afferma, inoltre, che il sistema spagnolo di previdenza sociale è composto da più regimi, di cui i più importanti sono l’RGSS, che copre i lavoratori subordinati in generale, e il regime speciale dei lavoratori autonomi (in prosieguo: il «RETA»), che copre i lavoratori autonomi in generale, entrambi i quali offrono, tra l’altro, prestazioni di invalidità professionale totale ai beneficiari che non sono più in grado di lavorare per motivi di salute.

19      Secondo lo stesso giudice, sebbene l’articolo 163 della LGSS impedisca il cumulo di due pensioni di invalidità professionale totale riconosciute ai sensi dell’RGSS, dalla giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) si evince che tale disposizione, interpretata a contrario, consente tale cumulo qualora tali pensioni derivino da regimi diversi, vale a dire, di norma, dall’RGSS e dal RETA, anche sulla base delle stesse lesioni. La ragione di tale interpretazione sarebbe che ciascuno di questi regimi ha un proprio scopo, vale a dire, per l’RGSS, compensare l’impossibilità di esercitare un’attività di lavoro dipendente e per il RETA, compensare l’impossibilità di esercitare un’attività di lavoro autonoma.

20      Il giudice del rinvio tende a ritenere che l’applicazione di una norma del genere comporti una discriminazione indiretta fondata sul sesso, vietata dall’articolo 4 della direttiva 79/7 e dall’articolo 5 della direttiva 2006/54, in quanto tale norma, anche se non fa alcuna distinzione in base al sesso ed è, quindi, apparentemente neutra sotto questo profilo, potrebbe nondimeno avere un impatto maggiore sulle donne. Secondo i dati statistici forniti dall’INSS relativi alla data di riferimento del 31 gennaio 2020, mentre la ripartizione degli affiliati all’RGSS tra uomini e donne è abbastanza equilibrata, queste ultime rappresentano solo il 36,15% degli affiliati al RETA. Questa bassa percentuale rifletterebbe la maggiore difficoltà delle donne a intraprendere un’attività lavorativa in regime di lavoro autonomo, difficoltà derivante dal fatto che la società ha tradizionalmente attribuito loro il ruolo di casalinghe.

21      Di conseguenza, poiché il cumulo delle prestazioni è possibile solo per le prestazioni maturate nell’ambito di regimi diversi e poiché la percentuale di uomini affiliati al RETA è nettamente superiore a quella delle donne, tale cumulo sarebbe più facile da ottenere per gli uomini che per le donne.

22      Il giudice del rinvio ritiene, infine, che gli argomenti addotti dall’INSS per giustificare l’incompatibilità delle due pensioni di cui trattasi nel procedimento principale non siano convincenti. Esso dubita quindi della validità dell’argomento secondo cui può esistere una sola pensione di invalidità professionale totale per compensare la perdita di reddito dovuta all’impossibilità di continuare a esercitare la propria professione abituale poiché può esistere una sola professione abituale in un determinato momento. Infatti, lo stesso argomento dovrebbe portare a vietare il cumulo di due pensioni di invalidità professionale totale ottenute in base a regimi distinti.

23      Date tali circostanze, lo Juzgado de lo Social n. 26 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 26 di Barcellona, Spagna) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia in contrasto con la normativa europea contenuta nell’articolo 4 della [direttiva 79/7] e nell’articolo 5 della [direttiva 2006/54], in quanto determina una discriminazione indiretta basata sul sesso o sul genere, la norma spagnola sulla compatibilità delle prestazioni, contenuta nell’articolo 163, paragrafo 1, della LGSS, come interpretata dalla giurisprudenza, che vieta di cumulare due prestazioni di invalidità permanente totale riconosciute nell’ambito dello stesso regime – mentre ne consente invece il cumulo ove siano riconosciute nell’ambito di regimi diversi – sebbene, in ogni caso, siano maturate in base a contribuzioni separate, tenuto conto della distribuzione per sesso nei diversi regimi della previdenza sociale spagnola.

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione, se la normativa spagnola possa essere in contrasto con quella europea sopra citata nel caso in cui le due prestazioni traggano origine da lesioni diverse».

24      La Corte ha rivolto vari quesiti all’INSS e al governo spagnolo, i quali hanno risposto con lettere depositate rispettivamente il 3 e il 7 dicembre 2021.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

25      Al fine di chiarire, in via preliminare, la portata della prima questione, occorre rilevare che il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità della legislazione spagnola in materia di previdenza sociale con l’articolo 4 della direttiva 79/7 e con l’articolo 5 della direttiva 2006/54 per quanto riguarda le condizioni che disciplinano la possibilità, prevista da tale legislazione come interpretata dal Tribunal Supremo (Corte Suprema), di cumulare due pensioni per invalidità professionale totale in una situazione in cui il lavoratore affiliato ha soddisfatto le condizioni per la concessione di tali pensioni sulla base di periodi di contribuzione in regimi diversi.

26      A questo proposito, per quanto riguarda l’applicabilità delle direttive menzionate dal giudice del rinvio, risulta dal fascicolo presentato alla Corte che le pensioni di invalidità professionale totale di cui trattasi nel procedimento principale e che la ricorrente nel procedimento principale intende cumulare sono concesse sulla base del sistema di previdenza sociale previsto dalla LGSS e hanno lo scopo di tutelare gli affiliati dalla perdita di reddito derivante dall’incapacità di esercitare la loro professione abituale.

27      Pensioni del genere rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7, in quanto fanno parte di un regime legale di tutela da uno dei rischi elencati all’articolo 3, paragrafo 1, di quest’ultima, vale a dire l’invalidità, e sono direttamente ed effettivamente connesse alla tutela da a tale rischio [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri), C‑450/18, EU:C:2019:1075, punto 35].

28      La direttiva 2006/54 non è, invece applicabile, come hanno sottolineato l’INSS, il governo spagnolo e la Commissione europea, alla controversia di cui al procedimento principale. Infatti, dall’articolo 1, secondo comma, lettera c), della direttiva 2006/54, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della stessa, risulta che detta direttiva non si applica ai regimi legali disciplinati dalla direttiva 79/7 [sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri), C‑450/18, EU:C:2019:1075, punto 34].

29      Ciò premesso, si deve ritenere che, con la prima questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impedisce ai lavoratori iscritti alla previdenza sociale di beneficiare cumulativamente di due pensioni di invalidità professionale totale qualora esse rientrino nello stesso regime previdenziale, mentre consente tale cumulo qualora tali pensioni rientrino in regimi previdenziali distinti.

30      Occorre ricordare che, se è pacifico che il diritto dell’Unione rispetta la competenza degli Stati membri a organizzare i propri sistemi previdenziali e che, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione europea, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro determinare le condizioni di concessione delle prestazioni in materia previdenziale, resta tuttavia fermo che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione (sentenza del 14 aprile 2015, Cachaldora Fernández, C‑527/13, EU:C:2015:215, punto 25).

31      Pertanto, il diritto dell’Unione non impedisce in linea di principio a uno Stato membro di escludere nella propria legislazione in materia di previdenza sociale la possibilità di percepire contemporaneamente due o più pensioni di invalidità professionale totale né impedisce che tale cumulo sia consentito a determinate condizioni. Tuttavia, siffatta legislazione deve rispettare la direttiva 79/7, e in particolare l’articolo 4, paragrafo 1, della stessa, in forza del quale il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, per quanto riguarda, in particolare, il calcolo delle prestazioni.

32      A tal proposito, occorre rilevare, come ha osservato il giudice del rinvio, che la normativa nazionale di cui al punto 29 della presente sentenza si applica indistintamente ai lavoratori di sesso maschile e ai lavoratori di sesso femminile iscritti ai vari regimi previdenziali spagnoli e che hanno soddisfatto, in linea di principio, le condizioni per la concessione di almeno due pensioni di invalidità professionale totale, cosicché essa non comporta una discriminazione diretta.

33      Per quanto riguarda la questione se la stessa normativa nazionale comporti una discriminazione indiretta, tale nozione deve essere intesa, nel contesto della direttiva 79/7, nel senso che costituisce una discriminazione fondata indirettamente sul sesso la situazione in cui una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possano mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Villar Láiz, C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 37).

34      Nel caso di specie, il giudice del rinvio tende a ritenere che la normativa nazionale di cui trattasi comporti una discriminazione indiretta. Come è stato esposto ai punti 20 e 21 della presente sentenza, tale giudice osserva che, mentre secondo i dati statistici di cui dispone, la distribuzione degli iscritti all’RGSS è abbastanza uniforme tra i due sessi, le donne rappresentano solo il 36% circa degli iscritti al RETA, laddove questi due regimi raggruppano la stragrande maggioranza dei lavoratori iscritti alla previdenza sociale spagnola. Quindi, gli uomini si troverebbero in una posizione migliore rispetto alle donne per ottenere il diritto a più pensioni di invalidità professionale totale in regimi distinti e per poterle cumulare.

35      A tal proposito, è importante notare, in primo luogo, che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale instaura, tra i lavoratori che hanno ottenuto il diritto a più di una pensione per invalidità professionale totale, una differenza di trattamento basata su un criterio apparentemente neutro secondo il quale tali lavoratori sono autorizzati a cumulare pensioni del genere solo quando queste rientrino in regimi previdenziali distinti.

36      Orbene, risulta che una siffatta disparità di trattamento favorisce i lavoratori che possono cumulare due o più pensioni rientranti in regimi previdenziali distinti per quanto riguarda il calcolo dell’importo complessivo di tali pensioni, e che, viceversa, essa può comportare uno svantaggio a danno dei lavoratori che, avendo ottenuto siffatte pensioni in base ad uno stesso regime previdenziale, non possono cumularle.

37      L’INSS e il governo spagnolo sottolineano che le pensioni di ciascun regime previdenziale differiscono, tra l’altro, per le modalità di contribuzione e di calcolo nonché per le finalità, e affermano, inoltre, che questi fattori dimostrano che i lavoratori che possono cumulare due o più pensioni non si trovano in una situazione paragonabile a quella dei lavoratori che non hanno questa possibilità. Tuttavia, i fattori summenzionati non sembrano mettere in discussione la constatazione che la possibilità di cumulare due o più pensioni consente, in linea di principio, ai lavoratori interessati di beneficiare di una prestazione complessiva di importo superiore a quello dell’unica pensione a cui avrebbero altrimenti avuto diritto, né, inoltre, dimostrare l’assenza di comparabilità delle loro situazioni, tanto più che le pensioni dell’RGSS e del RETA sono entrambe destinate a compensare la perdita di reddito causata dall’incapacità totale del lavoratore di esercitare, come lavoratore subordinato o lavoratore autonomo, la sua professione abituale, cosa che tuttavia spetta al giudice nazionale verificare.

38      In secondo luogo, per valutare se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale sia tale da svantaggiare in modo particolare i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile, si deve ricordare che l’esistenza di un siffatto particolare svantaggio potrebbe essere accertata, segnatamente, se si dimostrasse che tale normativa incide negativamente su una percentuale significativamente maggiore di persone di un sesso rispetto a persone dell’altro sesso (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 25).

39      Ciò potrebbe verificarsi se dovesse essere accertato che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale ha la conseguenza di privare una percentuale significativamente più elevata di lavoratori di sesso femminile, rispetto ai lavoratori di sesso maschile, della possibilità di cumulare due o più pensioni di invalidità professionale totale.

40      Nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, il giudice nazionale disponga di dati statistici, la Corte ha affermato, da un lato, che spetta a quest’ultimo prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori soggetti alla normativa nazionale da cui ha origine la disparità di trattamento e, dall’altro, che il miglior metodo di raffronto consiste nel confrontare le rispettive percentuali dei lavoratori che sono e che non sono colpiti dall’asserita disparità di trattamento all’interno della forza lavoro femminile cui si applica tale normativa e le stesse percentuali all’interno della forza lavoro maschile cui si applica la medesima normativa (sentenza del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 26).

41      In tale contesto, spetta al giudice nazionale valutare in qual misura i dati statistici prodotti dinanzi ad esso siano affidabili e se possano essere presi in considerazione, vale a dire se, in particolare, non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se siano sufficientemente significativi (sentenza del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 27).

42      Orbene, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che le parti e gli interessati che hanno presentato osservazioni non concordano su quale tipo di dati debba essere preso in considerazione per determinare, secondo il metodo di cui al punto 40 della presente sentenza, le percentuali di persone coinvolte dalla disparità di trattamento. Esse divergono in particolare sulla questione se i dati presi in considerazione dal giudice del rinvio, indicati al punto 34 della presente sentenza, relativi alle rispettive percentuali di affiliazione dei lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile all’RGSS e al RETA consentano di stabilire le percentuali di persone coinvolte; l’INSS e il governo spagnolo sottolineano, in particolare, l’assenza di correlazione diretta tra l’iscrizione a un determinato regime e la concessione del diritto a una pensione.

43      Per quanto riguarda la pertinenza dei dati forniti dal giudice del rinvio, occorre notare che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non si applica a tutti i lavoratori iscritti ai vari regimi previdenziali spagnoli, ma solo a quelli che, in linea di principio, hanno soddisfatto le condizioni per la concessione di almeno due pensioni di invalidità professionale totale, come rilevato, in sostanza, anche dall’avvocato generale al paragrafo 65 delle sue conclusioni.

44      Infatti, solo ai lavoratori di quest’ultima categoria può essere negato o riconosciuto il beneficio del cumulo di due o più pensioni di invalidità professionale totale, a seconda che queste ultime rientrino nello stesso regime previdenziale o in regimi distinti.

45      Per stabilire se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale comporti una discriminazione indiretta non si può quindi tener conto dei lavoratori che non possono cumulare due o più pensioni per la semplice ragione che non hanno soddisfatto le condizioni per la concessione di ciascuna di tali pensioni, i quali figurano tuttavia necessariamente tra i lavoratori cui si riferiscono i dati statistici presi in considerazione dal giudice del rinvio relativi alle percentuali d’iscrizione ai diversi regimi previdenziali (v., per analogia, sentenza del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 30).

46      Pertanto, per stabilire se una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale possa comportare una discriminazione indiretta contraria all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, occorre, anzitutto, prendere in considerazione tutti i lavoratori soggetti a tale normativa, vale a dire tutti i lavoratori che, in linea di principio, hanno ottenuto il diritto a più di una pensione di invalidità professionale totale. All’interno del gruppo di lavoratori così definito, si deve poi stabilire, da un lato, la percentuale di lavoratori di sesso maschile cui viene impedito di cumulare tali pensioni rispetto ai lavoratori di sesso maschile che possono farlo e, dall’altro, la stessa percentuale per quanto riguarda i lavoratori di sesso femminile. Infine, tali percentuali devono essere confrontate tra loro per valutare la significatività di eventuali differenze tra la percentuale di lavoratori di sesso maschile colpiti negativamente e quella di lavoratori di sesso femminile.

47      Tale metodo del resto è neutro rispetto alla circostanza, sottolineata dall’INSS e dal governo spagnolo, che i lavoratori di sesso maschile hanno maggiori probabilità rispetto ai lavoratori di sesso femminile di diventare inabili al lavoro e di dover richiedere, di conseguenza, una pensione di invalidità professionale totale. Infatti, il confronto da effettuare mira unicamente a stabilire se, nell’ambito delle rispettive categorie di lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile per i quali tale rischio si è già concretizzato, la disparità di trattamento derivante dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale incida negativamente su una percentuale significativamente maggiore di donne che di uomini, come in sostanza rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni.

48      Per quanto riguarda i dati appropriati per l’attuazione di tale raffronto, il 3 dicembre 2021, su richiesta della Corte, l’INSS ha fornito dati statistici supplementari, come definiti in tale richiesta, sul numero di lavoratori e lavoratrici con almeno due incapacità lavorative e che hanno ottenuto il diritto, al 10 novembre 2021, in linea di principio, a pensioni di invalidità professionale totale in base ad almeno due regimi previdenziali o del solo RGSS.

49      A tal riguardo, occorre ricordare che la normativa nazionale di cui trattasi si applica a tutti i lavoratori che hanno soddisfatto, in linea di principio, le condizioni per la concessione di almeno due pensioni di invalidità professionale. È quindi probabile che essa influisca negativamente su tutti i lavoratori che hanno ottenuto il diritto almeno a due pensioni di invalidità in base ad uno stesso regime previdenziale, qualunque sia tale regime.

50      Orbene, è vero che i dati di cui al punto 48 della presente sentenza sembrano consentire di stimare in modo affidabile, alla data di riferimento, il numero totale di lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile avvantaggiati dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, vale a dire i 7 723 lavoratori e le 3 460 lavoratrici che potevano, a tale data, cumulare almeno due pensioni di invalidità professionale totale.

51      Tuttavia, come la Commissione ha giustamente osservato all’udienza, tali dati si limitano, per i lavoratori che non possono cumulare le pensioni per le quali hanno ottenuto il diritto, ad elencare i 4 047 lavoratori e le 3 388 lavoratrici che sono iscritti unicamente all’RGSS. Pertanto, tali dati non indicano il totale dei lavoratori svantaggiati dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale alla data di riferimento e non consentono quindi, di per sé, di stabilire le percentuali di lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile svantaggiate da tale normativa come esposto ai punti 40 e 46 della presente sentenza, in particolare per quanto riguarda i lavoratori affiliati al solo RETA, ai quali si applica, in forza dell’articolo 34 del decreto 2530/1970, che disciplina il regime speciale di previdenza sociale dei lavoratori autonomi, la stessa regola prevista dall’articolo 163, paragrafo 1, della LGSS per gli affiliati all’RGSS.

52      In tale contesto, occorre rilevare che, tenuto conto dell’elevato numero di iscritti al RETA, non è escluso che la presa in considerazione dei numeri relativi ai lavoratori che, in linea di principio, hanno ottenuto il diritto ad almeno due pensioni di invalidità professionale totale in base a questo solo regime possa incidere sul calcolo, dall’insieme dei dati pertinenti, delle rispettive percentuali di lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile danneggiate dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale secondo il metodo esposto ai punti 40 e 46 della presente sentenza.

53      Pertanto, se dati come quelli menzionati al punto 48 della presente sentenza sono in linea di principio pertinenti al fine di determinare tali percentuali e stabilire così se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale possa svantaggiare in modo particolare i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile, occorre assicurarsi che i dati infine utilizzati a tale scopo siano sufficientemente affidabili e completi per stabilire correttamente dette percentuali.

54      Spetta al giudice del rinvio procedere alle verifiche necessarie e valutare, se del caso, se l’eventuale differenza tra la percentuale di lavoratori di sesso maschile e quella di lavoratori di sesso femminile danneggiati dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale sia significativa, fermo restando che anche un divario minore, ma persistente e relativamente costante nel corso di un lungo periodo tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile potrebbe altresì rivelare l’esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso (v, in tal senso, sentenza del 9 febbraio 1999, Seymour-Smith e Perez, C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 61).

55      Inoltre, la Corte ha già dichiarato che la valutazione dei fatti che consentono di presumere l’esistenza di una discriminazione indiretta è una questione di competenza dell’organo giurisdizionale nazionale, secondo il diritto o la prassi nazionale, che possono prevedere, in particolare, che la discriminazione indiretta sia accertata con qualsiasi mezzo, compresa l’evidenza statistica (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 46 e giurisprudenza citata).

56      In terzo luogo, se, in esito a tale valutazione, il giudice del rinvio pervenisse alla conclusione che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale svantaggia in modo particolare i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile, tale normativa comporterebbe una discriminazione indiretta fondata sul sesso, contraria all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, a meno che non sia giustificata da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso. Ciò si verifica se tale normativa risponde a un obiettivo legittimo di politica sociale, è idonea a conseguire detto obiettivo ed è necessaria a tal fine, fermo restando che essa può essere considerata idonea a garantire l’obiettivo invocato solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo e se è attuata in maniera coerente e sistematica [sentenza del 24 febbraio 2022, TGSS (Disoccupazione dei collaboratori domestici), C‑389/20, EU:C:2022:120, punto 48].

57      A tal riguardo, la Corte ha statuito che, nello scegliere i provvedimenti atti a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e occupazionale, gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità [sentenza del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 57].

58      Sebbene spetti in ultima analisi al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti e ad interpretare il diritto nazionale, stabilire se ed entro quali limiti la disposizione di legge di cui trattasi sia giustificata da tale fattore oggettivo, la Corte, chiamata a fornire ad esso risposte utili nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, è competente a dare indicazioni, vertenti sugli atti del procedimento principale nonché sulle osservazioni scritte e orali sottopostele, idonee a consentire al giudice nazionale di pronunciarsi (sentenza del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali per il personale dirigente), C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 58].

59      Nel caso di specie, l’INSS e il governo spagnolo sostengono, in sostanza, che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale è giustificata alla luce dell’obiettivo di preservare la sostenibilità del sistema previdenziale. Essi affermano, da un lato, che la possibilità di cumulare almeno due pensioni di invalidità professionale totale ottenute in base ad un solo regime, le quali coprono lo stesso rischio di perdita di reddito da lavoro, avrebbe conseguenze rilevanti sul finanziamento di tale sistema e, dall’altro, che la possibilità di cumulare pensioni rientranti in regimi distinti ha un effetto di bilancio ridotto, poiché tali pensioni coprono inoltre rischi diversi.

60      Per quanto riguarda la questione se un tale obiettivo costituisca un obiettivo legittimo di politica sociale, sebbene considerazioni di bilancio non possano giustificare una discriminazione a sfavore di uno dei sessi, gli obiettivi consistenti nell’assicurare il finanziamento sostenibile delle pensioni di invalidità professionale possono, per contro, essere considerati, tenuto conto dell’ampio margine di discrezionalità di cui godono gli Stati membri, obiettivi legittimi di politica sociale estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2021, INSS, C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 38).

61      Per quanto riguarda l’idoneità della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale a conseguire l’obiettivo richiamato, è vero che una tale normativa, nella misura in cui esclude o limita il beneficio di una pluralità di pensioni di invalidità professionale totale, in particolare in situazioni in cui un siffatto cumulo rischia di far concedere agli interessati un importo globale superiore alla perdita di reddito che tali pensioni dovrebbero compensare, sembra idonea a contribuire a preservare le finanze del regime di previdenza sociale e ad assicurare uno stanziamento razionale dei fondi interessati.

62      Ciò premesso, la Commissione ha sostenuto, senza essere contraddetta su tale punto, che, indipendentemente dal fatto che il lavoratore riceva pensioni da un unico regime o da regimi distinti, la spesa relativa rimane a carico del bilancio della previdenza sociale.

63      Inoltre, occorre ricordare, come rilevato ai punti 36 e 37 della presente sentenza, che, nonostante le differenze che possono esistere tra le pensioni dei vari regimi previdenziali per quanto riguarda i loro metodi di calcolo e di contribuzione nonché le loro finalità, la possibilità di cumulare più pensioni ottenute a titolo di regimi distinti sembra effettivamente conferire un vantaggio finanziario ai lavoratori interessati e può comportare spese pubbliche aggiuntive.

64      Pertanto, le conseguenze di bilancio del cumulo di più pensioni di invalidità professionale totale non sembrano sensibilmente diverse a seconda che tale cumulo sia concesso per pensioni ottenute in base ad uno stesso regime o in base a regimi distinti, tanto più quando, come nel caso di specie, il lavoratore interessato ha acquisito il diritto alle sue due pensioni sulla base di periodi contributivi diversi.

65      Ne consegue che, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non è attuata in modo coerente e sistematico, cosicché non può essere considerata idonea a conseguire l’obiettivo dedotto.

66      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che impedisce ai lavoratori iscritti alla previdenza sociale di beneficiare cumulativamente di due pensioni di invalidità professionale totale qualora queste ultime rientrino nello stesso regime previdenziale, mentre consente un cumulo del genere qualora tali pensioni rientrino in regimi distinti di previdenza sociale, allorché tale normativa svantaggia in modo particolare i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile, in particolare in quanto consente ad una percentuale significativamente più elevata di lavoratori di sesso maschile, determinata sulla base di tutti i lavoratori di sesso maschile soggetti a tale normativa, rispetto alla corrispondente percentuale di lavoratori di sesso femminile, di beneficiare di tale cumulo, e allorché la stessa normativa non è giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.

 Sulla seconda questione

67      Alla luce della risposta data alla prima domanda, non occorre rispondere alla seconda.

 Sulle spese

68      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE, del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che impedisce ai lavoratori iscritti alla previdenza sociale di beneficiare cumulativamente di due pensioni di invalidità professionale totale qualora queste ultime rientrino nello stesso regime previdenziale, mentre consente un cumulo del genere qualora tali pensioni rientrino in regimi distinti di previdenza sociale, allorché tale normativa svantaggia in modo particolare i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile, in particolare in quanto consente ad una percentuale significativamente più elevata di lavoratori di sesso maschile, determinata sulla base di tutti i lavoratori di sesso maschile soggetti a tale normativa, rispetto alla corrispondente percentuale di lavoratori di sesso femminile, di beneficiare di tale cumulo, e allorché la stessa normativa non è giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.