Language of document : ECLI:EU:C:2022:857

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

8 novembre 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Convenzione di Aarhus – Accesso alla giustizia – Articolo 9, paragrafo 3 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47, primo comma – Diritto a una tutela giurisdizionale effettiva – Associazione per la tutela dell’ambiente – Legittimazione ad agire di tale associazione dinanzi a un giudice nazionale al fine di impugnare l’omologazione CE rilasciata a taluni veicoli – Regolamento (CE) n. 715/2007 – Articolo 5, paragrafo 2, lettera a) – Veicoli a motore – Motore diesel – Emissioni di agenti inquinanti – Valvola per il ricircolo dei gas di scarico (valvola EGR) – Riduzione delle emissioni di ossido di azoto (NOx) limitata da un “intervallo termico” – Impianto di manipolazione – Autorizzazione di un tale impianto quando quest’ultimo si giustifica per la necessità di proteggere il motore da danni o avarie e di un funzionamento sicuro dei veicoli – Stato dell’arte»

Nella causa C‑873/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Schleswig-Holsteinisches Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo dello Schleswig-Holstein, Germania), con decisione del 20 novembre 2019, pervenuta in cancelleria il 29 novembre 2019, nel procedimento

Deutsche Umwelthilfe eV

contro

Bundesrepublik Deutschland,

con l’intervento di:

Volkswagen AG,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Prechal, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, P.G. Xuereb (relatore), presidenti di sezione, M. Ilešič, J.-C. Bonichot, A. Kumin, N. Jääskinen, N. Wahl e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Deutsche Umwelthilfe eV, da R. Klinger, Rechtsanwalt;

–        per la Bundesrepublik Deutschland, da F. Liebhart, in qualità di agente;

–        per la Volkswagen AG, da B. Wolfers e R.B.A. Wollenschläger, Rechtsanwälte;

–        per la Commissione europea, da A.C. Becker, G. Gattinara e M. Huttunen, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 marzo 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus (Danimarca) il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), e dell’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo (GU 2007, L 171, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Deutsche Umwelthilfe eV, associazione per la tutela dell’ambiente, e la Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania), rappresentata dal Kraftfahrt-Bundesamt (Ufficio federale della motorizzazione civile, Germania; in prosieguo: il «KBA»), in merito alla decisione con la quale quest’ultimo ha autorizzato, per taluni veicoli prodotti dalla Volkswagen AG, l’utilizzo di un software che riduceva il ricircolo dei gas inquinanti in funzione della temperatura esterna.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        Il diciottesimo considerando della Convenzione di Aarhus così recita:

«Interessate a che il pubblico (comprese le organizzazioni) abbia accesso a meccanismi giudiziari efficaci, in grado di tutelarne i legittimi interessi e di assicurare il rispetto della legge».

4        L’articolo 2 di tale Convenzione, intitolato «Definizioni», ai punti 4 e 5 prevede quanto segue:

«4.      [Ai fini della presente convenzione, si intende per:] “pubblico”, una o più persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone;

5.      “pubblico interessato”, il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo; ai fini della presente definizione si considerano titolari di tali interessi le organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell’ambiente e che soddisfano i requisiti prescritti dal diritto nazionale».

5        L’articolo 9 di detta Convenzione, intitolato «Accesso alla giustizia», ai paragrafi 3 e 4 così dispone:

«3.      In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2 [del presente articolo], ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

4.      Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico».

 Diritto dellUnione

 Regolamento (CE) n. 1367/2006

6        L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13), prevede quanto segue:

«L’obiettivo del presente regolamento è quello di contribuire all’adempimento degli obblighi derivanti dalla [convenzione di Aarhus], stabilendo le regole per applicare le disposizioni della convenzione alle istituzioni e agli organi comunitari, e a tal fine:

(...)

d)      prevede l’accesso alla giustizia in materia ambientale a livello comunitario alle condizioni stabilite dal presente regolamento».

7        L’articolo 2 di tale regolamento, intitolato «Definizioni», al paragrafo 1, lettera f), prevede quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento, si intende per:

f)      “diritto ambientale”: la normativa comunitaria che, a prescindere dalla base giuridica, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi della politica comunitaria in materia ambientale, stabiliti nel trattato: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente, protezione della salute umana, utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale».

 Direttiva quadro

8        La direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (GU 2007, L 263, pag. 1), come modificata dal regolamento (CE) n. 1060/2008 della Commissione, del 7 ottobre 2008 (GU 2008, L 292, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva quadro»), è stata abrogata dal regolamento (UE) 2018/858 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo all’omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, dei componenti e delle entità tecniche indipendenti destinati a tali veicoli, che modifica i regolamenti (CE) n. 715/2007 e (CE) n. 595/2009 e abroga la direttiva 2007/46/CE (GU 2018, L 151, pag. 1), a decorrere dal 1° settembre 2020. Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti della controversia di cui al procedimento principale, ad essa resta applicabile la direttiva quadro.

9        L’articolo 1 della direttiva quadro prevedeva quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce un quadro armonizzato contenente le disposizioni amministrative e i requisiti tecnici generali necessari per l’omologazione di tutti i veicoli nuovi che rientrano nel suo campo d’applicazione e dei sistemi, dei componenti e delle entità tecniche destinati a tali veicoli, al fine di semplificarne l’immatricolazione, la vendita e la messa in circolazione all’interno della Comunità.

(...)

Specifici requisiti tecnici relativi alla costruzione e al funzionamento di veicoli sono stabiliti in applicazione della presente direttiva con atti normativi, il cui elenco tassativo figura nell’allegato IV».

10      L’articolo 3, punto 5, di tale direttiva quadro così disponeva:

«Ai fini della presente direttiva e degli atti normativi elencati nell’allegato IV, salvo altrimenti in essi disposto, si intende per:

(...)

5.      “omologazione CE”, la procedura con cui uno Stato membro certifica che un tipo di veicolo, sistema, componente o entità tecnica è conforme alle disposizioni amministrative e alle prescrizioni tecniche pertinenti della presente direttiva e degli atti normativi elencati negli allegati IV o XI».

11      L’allegato IV a detta direttiva quadro, intitolato «Requisiti per l’omologazione CE dei veicoli», indicava, nella parte I, rubricata «Atti normativi per l’omologazione CE di veicoli prodotti in serie illimitata», il regolamento n. 715/2007 per quanto riguarda le «[e]missioni (EUR 5 e 6) veicoli commerciali leggeri/accesso alle informazioni».

 Regolamento n. 715/2007

12      Ai sensi dei considerando 1, 6 e 12 del regolamento n. 715/2007:

«(1)      (...) Le prescrizioni tecniche per l’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dovrebbero (...) essere armonizzate per evitare condizioni divergenti da uno Stato membro all’altro e garantire elevati livelli di tutela dell’ambiente.

(...)

(6)      In particolare, per migliorare la qualità dell’aria e rispettare i valori limite riguardanti l’inquinamento occorre ridurre notevolmente le emissioni di [NOx] provocato dai veicoli con motore diesel. (...)

(7)      Quando si fissano norme sulle emissioni, occorre conoscere le implicazioni per i mercati e la competitività dei costruttori, i costi diretti e indiretti imposti alle imprese e i vantaggi sempre maggiori in termini di stimoli all’innovazione, di miglioramento della qualità dell’aria, di riduzione dei costi sanitari e di aumento della speranza di vita, come pure le implicazioni per il bilancio complessivo delle emissioni di [biossido di carbonio (CO2)].

(...)

(12)      È opportuno continuare ad impegnarsi per introdurre limiti di emissione più severi, con riduzioni delle emissioni di [CO2] e la fissazione di detti limiti basati sulle prestazioni effettive dei veicoli durante il loro uso».

13      L’articolo 1, paragrafo 1, di tale regolamento prevede quanto segue:

«Il presente regolamento fissa i requisiti tecnici comuni per l’omologazione di veicoli a motore (“veicoli”) e parti di ricambio, come i dispositivi di ricambio di controllo dell’inquinamento, riguardo alle loro emissioni».

14      L’articolo 3, punto 10, di detto regolamento così dispone:

«Nell’ambito delle finalità del presente regolamento e dei suoi provvedimenti di attuazione si applicano le seguenti definizioni:

(...)

10)      “impianto di manipolazione”: ogni elemento di progetto che rilevi temperatura, velocità del veicolo, velocità del motore (RPM), marcia innestata, depressione del collettore o altri parametri, al fine di attivare, modulare, ritardare o disattivare il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni che riduca l’efficacia di tale sistema in modi che è lecito attendersi durante il normale funzionamento e il normale uso del veicolo».

15      L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del medesimo regolamento è così formulato:

«1.      I costruttori dimostrano che tutti i veicoli nuovi venduti, immatricolati o messi in servizio nella Comunità sono stati omologati conformemente al presente regolamento e ai relativi provvedimenti d’attuazione. I costruttori dimostrano inoltre che tutti i nuovi dispositivi di ricambio di controllo dell’inquinamento da omologare, venduti o messi in servizio nella Comunità, sono stati omologati conformemente al presente regolamento e ai relativi provvedimenti d’attuazione.

Tali obblighi comprendono il rispetto dei limiti delle emissioni di cui all’allegato I e dei provvedimenti d’attuazione di cui all’articolo 5.

2.      I costruttori garantiscono il rispetto delle procedure di omologazione a verifica della conformità della produzione, della durata dei dispositivi di controllo dell’inquinamento e della conformità in condizioni d’uso.

Le misure tecniche adottate dal costruttore devono inoltre essere tali da garantire che le emissioni dallo scarico e le emissioni per evaporazione risultino effettivamente limitate, conformemente al presente regolamento, per tutta la normale durata di vita dei veicoli in condizioni normali di utilizzazione. (...)

(...)».

16      L’articolo 5, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 715/2007 prevede quanto segue:

«1.      Il costruttore produce i veicoli in modo che progetto, costruzione e assemblaggio dei componenti che influiscono sulle emissioni permettano che il veicolo, nell’uso normale, soddisfi il presente regolamento e i relativi provvedimenti d’attuazione.

2.      L’uso di impianti di manipolazione che riducono l’efficacia di sistemi di controllo delle emissioni è vietato. Tale divieto non si applica quando:

a)      l’impianto si giustifica per la necessità di proteggere il motore da danni o avarie e di un funzionamento sicuro dei veicoli;

(...)».

17      L’allegato I a tale regolamento, intitolato «Limiti d’emissione», prevede, in particolare, i valori limite delle emissioni di NOx.

 Diritto tedesco

18      L’articolo 42 della Verwaltungsgerichtsordnung (Codice di giustizia amministrativa), del 21 gennaio 1960 (BGBl. 1960 I, pag. 17), nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale (BGBl. 1991 I, pag. 686) (in prosieguo: la «VwGO»), precisa nei seguenti termini le condizioni di ricevibilità del ricorso contenzioso:

«1.      Possono essere chiesti con ricorso l’annullamento di un atto amministrativo (ricorso di annullamento) o la condanna ad emanare un atto amministrativo di cui sia stata rifiutata od omessa l’adozione (ricorso di adempimento).

2.      Salvo diversa disposizione di legge, il ricorso è ammissibile soltanto qualora il ricorrente faccia valere di essere stato leso nei propri diritti dall’atto amministrativo o dalla denegata o omessa emanazione di quest’ultimo».

19      L’articolo 113, paragrafo 1, prima frase, della VwGO prevede quanto segue:

«Qualora un atto amministrativo sia illegittimo e il ricorrente sia pertanto leso nei suoi diritti il giudice annulla l’atto amministrativo e l’eventuale decisione relativa all’opposizione».

20      L’articolo 1, paragrafo 1, del Gesetz über ergänzende Vorschriften zu Rechtsbehelfen in Umweltangelegenheiten nach der EG- Richtlinie 2003/35/EG (Umwelt-Rechtsbehelfsgesetz – UmwRG) (legge recante disposizioni complementari relative ai ricorsi in materia ambientale previsti dalla direttiva 2003/35/CE), del 7 dicembre 2006 (BGBl. 2006 I, pag. 2816), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (BGBl. 2017 I, pag. 3290) (in prosieguo: l’«UmwRG»), così dispone:

«La presente legge si applica ai ricorsi contro le decisioni di seguito indicate:

(...)

5)      atti amministrativi o contratti di diritto pubblico che autorizzano progetti diversi da quelli di cui ai punti da 1 a 2b in applicazione di disposizioni in materia ambientale del diritto federale, del diritto del Land o di atti direttamente applicabili del diritto dell’Unione, (...)

La presente legge si applica anche qualora, contrariamente alle disposizioni vigenti, non sia stata adottata alcuna decisione di cui al primo comma. (...)

(...)».

21      L’articolo 2, paragrafo 1, dell’UmwRG è così formulato:

«Un’associazione nazionale o estera riconosciuta conformemente all’articolo 3 può proporre ricorsi, secondo le modalità previste dalla VwGO, avverso una decisione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, oppure avverso l’omessa adozione di una tale decisione, senza dover invocare di essere stata lesa nei propri diritti, qualora

1)      faccia valere che una decisione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, o l’omessa adozione di tale decisione è contraria a disposizioni che potrebbero essere rilevanti ai fini della decisione;

2)      faccia valere di essere lesa da una decisione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, o dall’omessa adozione di tale decisione, nell’ambito della sua attività statutaria di sostegno alla realizzazione degli obiettivi di tutela dell’ambiente, (...)

(...)

In caso di ricorso contro una decisione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, punti da 2a a 6, o contro l’omessa adozione di tale decisione, l’associazione deve inoltre far valere la violazione di disposizioni in materia ambientale».

22      L’articolo 3 dell’UmwRG stabilisce le condizioni che le associazioni nazionali o straniere devono soddisfare per ottenere il riconoscimento e presentare ricorsi ai sensi di tale legge, nonché la procedura di riconoscimento. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’UmwRG, una siffatta associazione è riconosciuta, su richiesta, quando in sostanza promuove, conformemente al suo statuto, a titolo ideale, vale a dire non commerciale, e in modo non temporaneo, principalmente gli obiettivi di protezione dell’ambiente, esiste da almeno tre anni alla data del riconoscimento ed è stata attiva durante tale periodo, offre la garanzia di un’esecuzione adeguata dei suoi compiti, in particolare un’adeguata partecipazione alle procedure decisionali delle autorità, persegue obiettivi di interesse generale e consente a chiunque sostenga i suoi obiettivi di diventarne membro.

23      Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della Verordnung über die EG-Genehmigung für Kraftfahrzeuge und ihre Anhänger sowie für Systeme, Bauteile und selbstständige technische Einheiten für diese Fahrzeuge (EG-Fahrzeuggenehmigungsverordnung – EG-FGV) [regolamento sull’omologazione CE dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, dei componenti e delle entità tecniche destinati a tali veicoli (regolamento sull’omologazione CE dei veicoli a motore)], del 3 febbraio 2011 (BGBl. 2011 I, pag. 126), nella sua versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale:

«1.      Se [il KBA] constata che veicoli, sistemi, componenti o entità tecniche non sono conformi al tipo omologato, esso può prendere le misure necessarie ai sensi di quella tra le direttive [2007/46], 2002/24/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 marzo 2002, relativa all’omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e che abroga la direttiva 92/61/CEE del Consiglio (GU 2022, L 124, pag. 1)] e 2003/37/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativa all’omologazione dei trattori agricoli o forestali, dei loro rimorchi e delle loro macchine intercambiabili trainate, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli e [che] abroga la direttiva 74/150/CEE (GU 2003, L 171, pag. 1)], applicabile a seconda del tipo, per assicurare la conformità della produzione al tipo omologato.

2.      Al fine di porre rimedio ai vizi emersi e di garantire la conformità dei veicoli già immessi in circolazione, di componenti o di unità tecniche, [il KBA] può adottare a posteriori disposizioni complementari».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

24      La Volkswagen  è un costruttore di automobili che commercializzava veicoli a motore, segnatamente veicoli del modello VW Golf Plus TDI, dotati di un motore diesel di tipo EA 189 della classe Euro 5. Tali autoveicoli disponevano di una valvola per il ricircolo dei gas di scarico (in prosieguo: la «valvola EGR»), che costituisce una delle tecnologie utilizzate dai costruttori di automobili, ivi compresa la Volkswagen, per controllare e ridurre le emissioni di NOx.

25      Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, tali veicoli contenevano, originariamente, un software integrato nella centralina di controllo del motore che faceva funzionare il sistema di ricircolo dei gas di scarico secondo due modalità, vale a dire una modalità 0, che si attiva quando tali veicoli circolano su strada, e una modalità 1, funzionante durante il test di omologazione relativo alle emissioni di inquinanti, denominato «New European Driving Cycle» (NEDC), effettuato in laboratorio. Quando si applicava la modalità 0, la percentuale di ricircolo dei gas di scarico diminuiva. In condizioni d’uso normali, i veicoli di cui trattasi erano quasi esclusivamente in modalità 0 e non rispettavano i valori limite di emissione di NOx previsti dal regolamento n. 715/2007.

26      Nell’ambito della procedura di omologazione CE di tali veicoli, la Volkswagen non ha dichiarato al KBA la presenza di un tale software.

27      Il 15 ottobre 2015 il KBA ha adottato una decisione, in forza dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento sull’omologazione CE dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, dei componenti e delle entità tecniche destinati a tali veicoli (regolamento sull’omologazione CE dei veicoli a motore), nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale, nella quale ha ritenuto che tale software costituisse un «impianto di manipolazione», ai sensi dell’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007, che non era conforme all’articolo 5 di tale regolamento e ha ingiunto alla Volkswagen di rimuovere tale dispositivo e di adottare le misure necessarie al fine di garantire la conformità di detti veicoli alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.

28      A seguito di tale decisione, la Volkswagen ha aggiornato detto software. Tale aggiornamento aveva l’effetto di impostare la valvola EGR al fine di regolare la percentuale di ricircolo dei gas di scarico in modo che tale percentuale di ricircolo fosse dello 0% quando la temperatura esterna era inferiore a – 9 gradi Celsius, dell’85% quando si collocava tra – 9 e 11 gradi Celsius, e, al di sopra degli 11 gradi Celsius, aumentasse per essere operativa al 100% unicamente a una temperatura esterna superiore a 15 gradi Celsius. Pertanto, la depurazione dei gas di scarico mediante tale sistema di ricircolo era pienamente efficace solo se la temperatura esterna era superiore a 15 gradi Celsius (in prosieguo: l’«intervallo termico»).

29      Con decisione del 20 giugno 2016 (in prosieguo: la «decisione controversa»), il KBA ha concesso l’autorizzazione per il software di cui trattasi nel procedimento principale. A tal riguardo, esso ha ritenuto che gli impianti di manipolazione ancora presenti nei veicoli interessati (in prosieguo: i «veicoli di cui trattasi nel procedimento principale») fossero leciti.

30      Il 15 novembre 2016 la Deutsche Umwelthilfe, associazione legittimata ad agire in giudizio conformemente all’articolo 3 dell’UmwRG, ha proposto un ricorso amministrativo avverso la decisione controversa, in merito al quale tuttavia non è stata adottata una decisione.

31      Il 24 aprile 2018 la Deutsche Umwelthilfe ha proposto ricorso dinanzi allo Schleswig-Holsteinisches Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo dello Schleswig-Holstein, Germania), giudice del rinvio, diretto all’annullamento della decisione controversa. Essa sostiene che i veicoli di cui trattasi nel procedimento principale continuavano ad essere dotati di un impianto di manipolazione illecito, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007, dal momento che tale dispositivo si attiva al raggiungimento delle temperature medie registrate in Germania. Inoltre, essa ritiene che i costruttori di automobili abbiano la possibilità di progettare motori che non richiedono di ridurre, per ragioni tecniche, le prestazioni dei sistemi di controllo delle emissioni a temperature medie e che funzionerebbero pertanto in condizioni di utilizzo normali.

32      La Repubblica federale di Germania, convenuta nel procedimento principale, fa valere, da un lato, che la Deutsche Umwelthilfe non è legittimata ad agire per impugnare la decisione controversa e che, di conseguenza, il suo ricorso è irricevibile. Dall’altro lato, l’intervallo termico di cui dispongono i veicoli di cui trattasi nel procedimento principale dopo l’aggiornamento del software in questione sarebbe compatibile con il diritto dell’Unione.

33      Per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso principale, il giudice del rinvio considera, in primo luogo, che la Deutsche Umwelthilfe non è legittimata ad agire in forza dell’articolo 42, paragrafo 2, della VwGO, ai sensi del quale, salvo disposizione contraria della legge, il ricorso è ricevibile solo se il ricorrente fa valere di essere leso nei propri diritti dall’atto amministrativo di cui trattasi. Tale disposizione sarebbe quindi l’espressione del fatto che il sistema di ricorsi individuali previsto dalla VwGO è fondato sui diritti soggettivi. Orbene, la controversia oggetto del procedimento principale non sembrerebbe riguardare un diritto soggettivo che sarebbe stato violato dalla decisione controversa. Infatti, il divieto di utilizzare impianti di manipolazione che riducano l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni, enunciato all’articolo 5, paragrafo 2, prima frase, del regolamento n. 715/2007 e invocato dalla Deutsche Umwelthilfe, non conferirebbe un diritto soggettivo a una persona fisica, in quanto tale disposizione non mirerebbe a tutelare i singoli cittadini.

34      In secondo luogo, il giudice del rinvio ritiene che tale associazione non possa trarre la legittimazione ad agire dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’UmwRG, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 1, dell’UmwRG, il quale prevede una deroga ex lege al requisito di un diritto soggettivo, ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2, prima parte della frase, della VwGO. Tale giudice afferma, a tal riguardo, che solo le decisioni elencate in detto articolo 1, paragrafo 1, possono essere oggetto di un ricorso da parte di un’associazione per la tutela dell’ambiente in applicazione dell’UmwRG. Tra tali decisioni assumerebbero rilievo, nel caso di specie, soltanto quelle di cui al primo comma, punto 5, di tale disposizione, vale a dire gli «atti amministrativi o i contratti di diritto pubblico che autorizzano progetti (...) in applicazione di disposizioni in materia ambientale del diritto federale, del diritto del Land o di atti direttamente applicabili del diritto dell’Unione».

35      Orbene, la decisione controversa non costituirebbe una decisione, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 5, dell’UmwRG, in quanto, con essa, non sarebbe stato autorizzato un «progetto», bensì un «prodotto». Infatti, la nozione di «progetto», ai sensi di tale disposizione, sarebbe tratta dal diritto urbanistico e della pianificazione territoriale e sarebbe stata definita sulla base della direttiva 85/337/CE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40), la quale prevede, all’articolo 1, paragrafo 2, che il termine «progetto» designa la «realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere» e «altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo». A tal riguardo, dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale risulterebbe che detta nozione riguarda unicamente impianti fissi o misure costitutive di un intervento diretto nell’ambiente naturale o sul paesaggio. Di conseguenza, l’omologazione CE dei veicoli leggeri privati nonché la modifica di una siffatta omologazione CE, oggetto della decisione controversa, non possono essere considerate come l’autorizzazione di un «progetto», ai sensi del diritto nazionale, dato che esse non riguardano un impianto fisso e non comportano alcun intervento diretto nell’ambiente naturale o sul paesaggio.

36      Inoltre, le disposizioni dell’UmwRG non possono essere applicate per analogia, dato che, nel corso delle discussioni che hanno portato alla modifica dell’UmwRG, avvenuta nel 2017, sarebbe stato esplicitamente precisato che detta modifica non avrebbe interessato il settore dei prodotti, ivi compresi i veicoli a motore.

37      In terzo luogo, secondo il giudice del rinvio, la Deutsche Umwelthilfe non può neppure trarre legittimazione ad agire dall’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, in quanto, come affermato dalla Corte nella sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 45), detta disposizione, in quanto tale, è priva di effetto diretto. Pertanto, tale articolo 9 non costituirebbe una deroga ex lege al requisito di un diritto soggettivo, ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2, prima parte della frase, della VwGO.

38      In tali circostanze, il giudice del rinvio ritiene che la ricevibilità del ricorso principale dipenda dalla questione se la Deutsche Umwelthilfe possa trarre legittimazione ad agire direttamente dal diritto dell’Unione. Esso rileva a tal riguardo che, alla luce della sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 45), la legittimazione ad agire della Deutsche Umwelthilfe potrebbe risultare dal combinato disposto dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e dell’articolo 47, primo comma, della Carta.

39      Tale giudice indica che, alla luce delle divergenze giurisprudenziali che esisterebbero tra i giudici nazionali in merito alle conseguenze da trarre da tale sentenza, sarebbe necessario sapere se l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, in combinato disposto con l’articolo 47, primo comma, della Carta, debba essere interpretato nel senso che un’associazione per la tutela dell’ambiente, al di là delle possibilità di ricorso già previste dall’UmwRG, può impugnare l’autorizzazione amministrativa di un prodotto, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, qualora il ricorso proposto da tale associazione miri a far garantire il rispetto di disposizioni del diritto dell’Unione in materia ambientale che non fanno sorgere alcun diritto soggettivo.

40      Il giudice del rinvio precisa che i suoi dubbi vertono sull’interpretazione della nozione di «criteri (…) previsti dal diritto nazionale», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus. Infatti, da un lato, si potrebbe prospettare un’interpretazione di tale nozione nel senso che essa comprende unicamente criteri che servono a delimitare la cerchia dei titolari di un diritto al ricorso e che, di conseguenza, il margine di discrezionalità degli Stati membri si limita alla sola questione di sapere a quali associazioni per la tutela dell’ambiente essi intendano conferire il diritto di difendere l’interesse generale in materia di ambiente. Se tale interpretazione dovesse essere accolta, la Deutsche Umwelthilfe, nell’ambito della controversia oggetto del procedimento principale, disporrebbe della legittimazione ad agire, dato che il legislatore tedesco ha stabilito tali criteri all’articolo 3 dell’UmwRG e che la Deutsche Umwelthilfe è stata riconosciuta conformemente a tale disposizione.

41      Dall’altro lato, sarebbe ipotizzabile interpretare detta nozione nel senso che gli Stati membri hanno la facoltà di determinare criteri anche in relazione all’oggetto del ricorso e quindi di sottrarre talune decisioni amministrative a qualsiasi controllo giudiziario su iniziativa di associazioni per la tutela dell’ambiente. Secondo il giudice del rinvio, una siffatta limitazione della legittimazione ad agire di tali associazioni a talune decisioni, in particolare quelle che hanno gravi conseguenze per l’ambiente, potrebbe essere giustificata dal gran numero di decisioni amministrative che presentano un nesso con l’ambiente. Per quanto riguarda, più specificamente, le autorizzazioni di un prodotto, tale giudice rileva che, certamente, non si può ritenere che esse non siano mai di fondamentale importanza per l’ambiente. Tuttavia, tenuto conto del gran numero di autorizzazioni individuali di prodotti, considerazioni pratiche deporrebbero a favore della possibilità per gli Stati membri, mediante un’analisi generalizzata, di escludere talune decisioni individuali dall’incertezza di un ricorso proposto da terzi, come le associazioni per la tutela dell’ambiente.

42      Nell’ipotesi in cui la Corte ritenesse che un’associazione per la tutela dell’ambiente sia legittimata ad agire avverso la decisione controversa, il giudice del rinvio si chiede come debba essere interpretato l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007.

43      Il giudice del rinvio ritiene che l’intervallo termico di cui trattasi nel procedimento principale costituisca un impianto di manipolazione, ai sensi dell’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007. Esso considera che, sebbene la nozione di «modi che è lecito attendersi durante il normale funzionamento e il normale uso del veicolo», contenuta in tale disposizione, non sia definita dal regolamento n. 715/2007, si dovrebbe ritenere, alla luce degli obiettivi di tale regolamento, e segnatamente dei considerando 4 e 6 di quest’ultimo, che soltanto le condizioni di circolazione reale su strada possano essere considerate condizioni normali di funzionamento. A tal riguardo, esso ritiene che l’obiettivo di riduzione delle emissioni di NOx possa essere raggiunto solo se tali emissioni sono effettivamente ridotte in occasione del reale utilizzo del veicolo e non solo in condizioni artificiose. Esso ricorda che, in Europa, temperature inferiori ai 15 gradi Celsius rientrano nelle «condizioni normali» che «è lecito attendersi», ai sensi di detta disposizione. Infatti, per il 2018, la temperatura media annua in Germania sarebbe stata di 10,4 gradi Celsius. Così, la percentuale di ricircolo dei gas di scarico dei veicoli di cui trattasi nel procedimento principale sarebbe stata ridotta e il sistema di controllo delle emissioni sarebbe stato parzialmente disattivato già quando le temperature erano assolutamente nella media.

44      Il giudice del rinvio si chiede, tuttavia, se la nozione di «necessità» dell’impianto di manipolazione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007, debba essere interpretata alla luce dello stato dell’arte al fine di determinare se un impianto di manipolazione sia effettivamente necessario per proteggere il motore da danni o avarie e per il funzionamento sicuro del veicolo interessato. Inoltre, esso si chiede se occorra tener conto anche di altre circostanze, quali i costi per i costruttori e l’incidenza sulla loro competitività.

45      In tali circostanze, lo Schleswig-Holsteinisches Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo dello Schleswig-Holstein) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 9, paragrafo 3, della [Convenzione di Aarhus], in combinato disposto con l’articolo 47 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che, in linea di principio, le associazioni di protezione ambientale devono poter impugnare in via giurisdizionale una decisione amministrativa con cui si autorizza la produzione di autovetture diesel dotate di impianti di manipolazione – eventualmente in violazione dell’articolo 5, paragrafo 2, del [regolamento n. 715/2007].

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione:

a)      Se l’articolo 5, paragrafo 2, del [regolamento n. 715/2007] debba essere interpretato nel senso che, con riguardo alla questione della necessità di un impianto di manipolazione ai fini della protezione del motore da danni o avarie e del funzionamento sicuro dei veicoli, sia determinante, in linea di principio, lo stato dell’arte della tecnologia inteso come quanto sia tecnicamente realizzabile al momento del rilascio dell’omologazione CE.

b)      Se, oltre allo stato dell’arte della tecnologia, debbano essere prese in considerazione altre circostanze che possono determinare la liceità di un impianto di manipolazione, anche se, valutato soltanto alla luce del rispettivo stato dell’arte attuale della tecnologia, non si giustificherebbe per la “necessità” ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del [regolamento n. 715/2007]».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

46      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, in combinato disposto con l’articolo 47, primo comma, della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un’associazione per la tutela dell’ambiente, legittimata ad agire in giudizio in forza del diritto nazionale, non possa impugnare dinanzi a un giudice nazionale una decisione amministrativa che concede o modifica un’omologazione CE eventualmente in contrasto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007.

47      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la prima questione è motivata dal fatto che, secondo il giudice del rinvio, la normativa nazionale applicabile non conferisce alla Deutsche Umwelthilfe la legittimazione ad agire avverso una decisione amministrativa che concede o modifica un’omologazione CE, come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

48      In limine occorre ricordare che la Corte è competente a statuire, in via pregiudiziale, sull’interpretazione della Convenzione di Aarhus, sottoscritta dalla Comunità e poi approvata con decisione 2005/370, e le cui disposizioni sono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenze dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie, C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 30, e del 15 marzo 2018, North East Pylon Pressure Campaign e Sheehy, C‑470/16, EU:C:2018:185, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

49      Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2 di tale articolo 9, ciascuna parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

50      In primo luogo, occorre constatare che una decisione amministrativa che conceda o modifichi un’omologazione CE eventualmente in contrasto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007 rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, dal momento che essa costituisce un «atto» di una pubblica autorità asseritamente in contrasto con le disposizioni del «diritto ambientale nazionale».

51      Occorre infatti ricordare, da un lato, che la Corte ha dichiarato nelle sentenze del 17 dicembre 2020, CLCV e a. (Impianto di manipolazione su motore diesel) (C‑693/18, EU:C:2020:1040, punti 67, 86 e 87), nonché del 14 luglio 2022, GSMB Invest (C‑128/20, EU:C:2022:570, punto 43) e del 14 luglio 2022, Volkswagen (C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 50), che l’obiettivo perseguito dal regolamento n. 715/2007 consiste, come risulta dai considerando 1 e 6 di quest’ultimo, nel garantire elevati livelli di tutela dell’ambiente e, più specificamente, nel ridurre notevolmente le emissioni di NOx dei veicoli a motore diesel onde migliorare la qualità dell’aria e rispettare i valori limite riguardanti l’inquinamento.

52      Orbene, la constatazione che il regolamento n. 715/2007, e in particolare il suo articolo 5, paragrafo 2, abbia un siffatto obiettivo ambientale e faccia quindi parte del «diritto ambientale», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus non è affatto inficiata, contrariamente a quanto sostenuto dal KBA, dalla circostanza che tale regolamento sia stato adottato sul fondamento dell’articolo 95 CE, divenuto articolo 114 TFUE, il quale riguarda le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno.

53      A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 114, paragrafo 3, TFUE dispone che la Commissione, nelle sue proposte di misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di protezione dell’ambiente, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, il fatto che il regolamento n. 715/2007 non sia stato adottato sul fondamento di una base giuridica specifica all’ambiente, come l’articolo 175 CE, divenuto articolo 192 TFUE, non è tale da escludere l’obiettivo ambientale di tale regolamento e la sua appartenenza al «diritto ambientale».

54      Tale constatazione è corroborata, anzitutto, dal regolamento n. 1367/2006, il cui obiettivo, conformemente al suo articolo 1, paragrafo 1, lettera d), è quello di contribuire all’adempimento degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Aarhus, stabilendo regole per applicare quest’ultima alle istituzioni e agli organi dell’Unione e, in particolare, prevedendo l’accesso alla giustizia in materia ambientale a livello dell’Unione. In tal senso, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), di tale regolamento enuncia che, ai fini dello stesso regolamento, per diritto ambientale si intende la normativa dell’Unione che, «a prescindere dalla base giuridica», contribuisce al raggiungimento degli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale stabiliti nel Trattato FUE, ivi compresi la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente, nonché la protezione della salute umana.

55      Tale constatazione è poi avvalorata dalla guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus, ossia il documento pubblicato dalla Commissione economica per l’Europa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, intitolato «La Convenzione di Aarhus, guida all’applicazione» (seconda edizione, 2014), che, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, può essere considerato come un documento esplicativo, idoneo eventualmente ad essere preso in considerazione, tra altri elementi rilevanti, al fine di interpretare tale Convenzione, sebbene le analisi ivi contenute non abbiano alcuna forza vincolante e siano prive della portata normativa propria delle disposizioni di detta convenzione [sentenza del 20 gennaio 2021, Land Baden-Württemberg (Comunicazioni interne), C‑619/19, UE:C:2021:35, punto 51 e giurisprudenza ivi citata].

56      Tale guida conferma infatti l’ampia accezione che occorre dare all’espressione «diritto ambientale nazionale», di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, in quanto, alla pagina 197 di detta guida, si afferma che «le normative nazionali in materia ambientale non si limitano né ai diritti d’informazione o alla partecipazione del pubblico garantiti dalla Convenzione, né ai testi di legge che menzionano l’ambiente nella denominazione del loro titolo o della loro rubrica. La questione determinante consiste piuttosto nell’accertare se la disposizione di cui trattasi si riferisca in un modo o nell’altro all’ambiente. In tal senso, anche gli atti e le omissioni che possono violare le disposizioni riguardanti, in particolare, la pianificazione urbanistica, le imposte ambientali, il controllo delle sostanze chimiche o dei rifiuti, lo sfruttamento delle risorse naturali e l’inquinamento causato dalle navi rientrano nell’ambito di applicazione del paragrafo 3, indipendentemente dal fatto che le disposizioni siano o meno contenute nella normativa relativa alla pianificazione territoriale, alle leggi fiscali o alle leggi marittime».

57      Peraltro, il carattere asseritamente tecnico dell’articolo 5, paragrafo 2, prima frase, del regolamento n. 715/2007, il quale prevede il divieto dell’utilizzo di impianti di manipolazione che riducono l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni, nulla toglie al fatto che tale disposizione, con un siffatto divieto, miri proprio a limitare le emissioni di gas inquinanti e a contribuire in tal modo all’obiettivo di protezione dell’ambiente perseguito da detto regolamento.

58      Dall’altro lato, l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007, in quanto disposizione del diritto ambientale che, peraltro, è direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, conformemente all’articolo 288, paragrafo 2, TFUE, deve essere considerato come facente parte del «diritto nazionale» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus.

59      In secondo luogo, occorre constatare che un’associazione per la tutela dell’ambiente legittimata ad agire in giudizio rientra nell’ambito di applicazione ratione personae dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus. A tal riguardo occorre ricordare che, per essere titolare dei diritti previsti da tale disposizione, un ricorrente deve segnatamente essere «membr[o] del pubblico» e rispondere ai «criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale».

60      A norma dell’articolo 2, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus, il termine «pubblico» designa una o più persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone. Da tale articolo 2, paragrafo 4, e dall’articolo 9, paragrafo 3, di tale Convenzione risulta quindi che le parti di quest’ultima possono prevedere nel loro diritto interno criteri che un’associazione per la tutela dell’ambiente deve soddisfare per poter godere dei diritti previsti da quest’ultima disposizione.

61      Orbene, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, nel diritto tedesco, tali criteri sono stabiliti all’articolo 3, paragrafo 1, dell’UmwRG e che la Deutsche Umwelthilfe, il cui scopo statutario consiste nel contribuire alla tutela della natura e dell’ambiente nonché alla tutela dei consumatori in relazione all’ambiente e alla salute, soddisfa i suddetti criteri e che essa, infatti, è stata riconosciuta come associazione per la tutela dell’ambiente legittimata ad agire in giudizio, conformemente all’articolo 3 dell’UmwRG.

62      Si deve peraltro constatare che una siffatta associazione fa parte anche del «pubblico interessato», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5, della Convenzione di Aarhus, che designa il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo. Orbene, ai sensi di quest’ultima disposizione, si considerano titolari di tali interessi le organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell’ambiente e che soddisfano i requisiti prescritti dal diritto nazionale.

63      In terzo luogo, per quanto riguarda i quesiti del giudice del rinvio volti, più in particolare, a stabilire se la nozione di «criteri (...) previsti dal diritto nazionale», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, consenta alle parti di tale convenzione di prevedere criteri siffatti non solo riguardo alla cerchia dei titolari di un diritto di ricorso, ma anche riguardo all’oggetto del ricorso, occorre ricordare che la Corte ha dichiarato che da tale disposizione e, in particolare, dal fatto che, ai sensi di quest’ultima, i ricorsi ivi contemplati possono essere assoggettati a «criteri» risulta che gli Stati membri, nell’ambito del potere discrezionale loro conferito in proposito, possono fissare norme di diritto processuale relative alle condizioni da rispettare per proporre tali ricorsi (sentenze del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation, C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 86, nonché del 14 gennaio 2021, Stichting Varkens in Nood e a., C‑826/18, EU:C:2021:7, punto 49).

64      Tuttavia, anzitutto, occorre rilevare che, stando alla lettera stessa dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, siffatti criteri vertono sulla determinazione della cerchia dei titolari di un diritto di ricorso, e non su quella dell’oggetto del ricorso, sempreché quest’ultimo riguardi la violazione di disposizioni del diritto ambientale nazionale. Ne consegue che gli Stati membri non possono ridurre l’ambito di applicazione ratione materiae di detto articolo 9, paragrafo 3, escludendo dall’oggetto del ricorso talune categorie di disposizioni del diritto ambientale nazionale.

65      Qualora poi uno Stato membro stabilisca norme di diritto processuale applicabili ai ricorsi di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e vertenti sull’esercizio dei diritti conferiti a un’associazione per la tutela dell’ambiente dall’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007 affinché le decisioni delle autorità nazionali competenti siano oggetto di un controllo alla luce degli obblighi ad esse incombenti in forza di tale articolo, tale Stato membro attua il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, e deve quindi garantire in particolare il rispetto del diritto a un ricorso effettivo, sancito dall’articolo 47 di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation, C‑664/15, EU:C:2017:987, punti 44 e 87 nonché giurisprudenza ivi citata).

66      Pertanto, se è vero che l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus è privo di effetto diretto nel diritto dell’Unione e non può quindi essere fatto valere, in quanto tale, nell’ambito di una controversia rientrante nel diritto dell’Unione, al fine di escludere l’applicazione di una disposizione di diritto nazionale ad esso contraria, resta tuttavia il fatto che, da un lato, il primato degli accordi internazionali conclusi dall’Unione impone di dare al diritto nazionale un’interpretazione quanto più possibile conforme alle prescrizioni di questi ultimi e che, dall’altro, tale disposizione, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, impone agli Stati membri l’obbligo di garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione, in particolare delle disposizioni del diritto ambientale (sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation, C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 45).

67      Orbene, il diritto di ricorso previsto all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, che ha lo scopo di permettere di assicurare una tutela effettiva dell’ambiente (sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie, C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 46), sarebbe svuotato di qualsiasi effetto utile, o addirittura della sua stessa sostanza, se si dovesse ammettere che, mediante l’imposizione di criteri previsti dal diritto nazionale, talune categorie di «membri del pubblico», a fortiori di «membri del pubblico interessato» quali le associazioni per la difesa dell’ambiente che soddisfano i requisiti posti dall’articolo 2, paragrafo 5, della Convenzione di Aarhus, siano private di qualsiasi diritto di ricorso avverso atti o omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione di certe categorie di disposizioni del diritto ambientale nazionale (v., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation, C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 46).

68      L’imposizione di tali criteri non può in particolare privare le associazioni per la tutela dell’ambiente della possibilità di far controllare il rispetto delle norme derivanti dal diritto dell’Unione in materia ambientale, anche dal momento che tali norme sono, nella maggior parte dei casi, rivolte all’interesse generale e non alla sola protezione degli interessi dei singoli considerati individualmente e che tali associazioni hanno il compito di difendere l’interesse generale (sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation, C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

69      Infatti, i termini «criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale» di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, sebbene comportino che gli Stati membri conservino un potere discrezionale nell’attuazione di tale disposizione, non consentono però che questi ultimi impongano criteri talmente rigorosi che sarebbe effettivamente impossibile per le associazioni per la tutela dell’ambiente impugnare gli atti o contestare le omissioni contemplati da tale disposizione (sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation, C‑664/15, UE:C:2017:987, paragrafo 48).

70      Nel caso di specie, dagli elementi forniti dal giudice del rinvio e richiamati ai punti da 33 a 35 della presente sentenza sembra emergere che, secondo il diritto tedesco, in mancanza della legittimazione ad agire avverso una decisione di autorizzazione di «un prodotto», un’associazione per la tutela dell’ambiente, anche se soddisfa i requisiti posti dall’articolo 3, paragrafo 1, dell’UmwRG, non può proporre un ricorso dinanzi a un giudice nazionale al fine di impugnare una decisione che concede o modifica un’omologazione CE eventualmente in contrasto con il divieto di utilizzo di impianti di manipolazione che riducono l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni, previsto all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007.

71      Escludendo in tal modo le associazioni per la tutela dell’ambiente dall’esercizio di qualsiasi diritto di ricorso avverso una simile decisione di concessione o modifica di un’omologazione CE, il diritto processuale nazionale di cui trattasi è contrario ai requisiti derivanti dal combinato disposto dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus e dell’articolo 47 della Carta (v., per analogia, sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation, C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 52).

72      In particolare, l’impossibilità per un’associazione per la tutela dell’ambiente, pur legittimata a promuovere i procedimenti di natura giurisdizionale di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, di accedere alla giustizia per impugnare una decisione di concessione o modifica dell’omologazione CE eventualmente in contrasto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007 e quindi con il «diritto ambientale nazionale», ai sensi di tale articolo 9, paragrafo 3, costituisce una limitazione del diritto a un ricorso effettivo, garantito dall’articolo 47 della Carta. Non si può ritenere che una tale limitazione sia giustificata.

73      A tal proposito, per quanto riguarda l’argomento secondo cui una siffatta limitazione della legittimazione ad agire delle associazioni per la tutela dell’ambiente a determinate decisioni, in particolare quelle che hanno gravi conseguenze per l’ambiente, potrebbe essere giustificata in ragione del gran numero di decisioni amministrative che presentano un nesso con l’ambiente, occorre constatare che, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, da un lato, non risulta dall’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus che il diritto di ricorso ivi previsto possa essere limitato alle sole decisioni con conseguenze significative per l’ambiente. Dall’altro, le decisioni che concedono o modificano un’omologazione CE possono riguardare un gran numero di veicoli e quindi in ogni caso non si può ritenere che esse rivestano solo un’importanza marginale per la tutela dell’ambiente. A tal riguardo, si deve ricordare che dal considerando 6 del regolamento n. 715/2007 risulta che, per migliorare la qualità dell’aria e rispettare i valori limite riguardanti l’inquinamento, occorre in particolare ridurre notevolmente le emissioni di NOx provocato dai veicoli con motore diesel. Orbene, decisioni che concedono o modificano un’omologazione CE in violazione del divieto di utilizzo di impianti di manipolazione che riducono l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni, previsto all’articolo 5, paragrafo 2, di tale regolamento, possono ostacolare il raggiungimento di tali obiettivi di protezione dell’ambiente.

74      Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dal KBA, il fatto che un’associazione per la tutela dell’ambiente, quale la Deutsche Umwelthilfe, non possa proporre un ricorso contro decisioni che concedono o modificano un’omologazione CE non è affatto necessario per evitare un’actio popularis. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 73 delle sue conclusioni, si deve ritenere che un’associazione, qualora sia stata riconosciuta conformemente ai criteri previsti dal diritto nazionale e, pertanto, le sia stato conferito il diritto di esperire ricorsi giurisdizionali in materia ambientale, sia sufficientemente interessata dalla violazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia ambientale per poter invocare una siffatta violazione dinanzi ai giudici nazionali.

75      Di conseguenza, il giudice del rinvio è tenuto a interpretare il diritto processuale concernente le condizioni che devono essere soddisfatte per proporre un ricorso quanto più possibile in conformità sia degli scopi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus sia dell’obiettivo di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione, al fine di permettere a un’associazione per la tutela dell’ambiente, quale la Deutsche Umwelthilfe, di impugnare dinanzi a un giudice una decisione che concede o modifica un’omologazione CE eventualmente in contrasto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007 (v., per analogia, sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation, C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 54).

76      A tal riguardo, occorre rilevare che, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha menzionato una sentenza pronunciata in Germania a seguito della sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987), che avrebbe riconosciuto, attraverso una tale interpretazione conforme dell’articolo 42, paragrafo 2, seconda parte della frase, della VwGO, la legittimazione ad agire a una siffatta associazione quando quest’ultima cerca di far rispettare disposizioni fondate sul diritto dell’Unione in materia ambientale. Pertanto, non sembra escluso a priori che tale legittimazione ad agire possa essere riconosciuta a un’associazione per la tutela dell’ambiente, quale la Deutsche Umwelthilfe, sulla base di un’interpretazione del diritto tedesco che rispetti i requisiti derivanti dall’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta.

77      Qualora tale interpretazione conforme dovesse risultare impossibile, occorre ricordare che ogni giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi nell’ambito delle proprie competenze, ha, in quanto organo di uno Stato membro, l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto nella controversia di cui è investito [sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 161 nonché giurisprudenza ivi citata].

78      Come risulta dal punto 66 della presente sentenza, l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus è, in quanto tale, privo di effetto diretto, cosicché detta disposizione non può obbligare il giudice del rinvio a disapplicare una disposizione nazionale ad esso contraria.

79      Tuttavia, il margine di discrezionalità conferito agli Stati membri per stabilire norme che disciplinano il diritto di ricorso previsto da detta disposizione non pregiudica il loro obbligo di garantire un diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta, come ricordato, peraltro, anche dall’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus. Orbene, l’articolo 47 è sufficiente di per sé e non deve essere precisato mediante disposizioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale per conferire ai singoli un diritto invocabile in quanto tale [sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 162 nonché giurisprudenza ivi citata]. Tale articolo può essere dunque invocato quale limite al potere discrezionale lasciato agli Stati membri in forza dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus.

80      Pertanto, nell’ipotesi di cui al punto 77 della presente sentenza, il giudice del rinvio sarà tenuto a disapplicare le disposizioni del diritto nazionale che ostano a che un’associazione per la tutela dell’ambiente, quale la Deutsche Umwelthilfe, abbia la possibilità di impugnare una decisione che concede o modifica l’omologazione CE eventualmente in contrasto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007.

81      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un’associazione per la tutela dell’ambiente, legittimata ad agire in giudizio conformemente al diritto nazionale, non possa impugnare dinanzi a un giudice nazionale una decisione amministrativa che concede o modifica un’omologazione CE eventualmente in contrasto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007.

 Sulla seconda questione

82      Con la seconda questione, sub a) e b), che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007 debba essere interpretato nel senso che la «necessità» di un impianto di manipolazione, ai sensi di tale disposizione, deve essere valutata alla luce dello stato dell’arte alla data dell’omologazione CE e se si debbano prendere in considerazione altre circostanze oltre a tale «necessità» al fine di esaminare la liceità di tale impianto di manipolazione.

83      In limine occorre ricordare che l’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 definisce l’«impianto di manipolazione» come «ogni elemento di progetto che rilevi temperatura, velocità del veicolo, velocità del motore (RPM), marcia innestata, depressione del collettore o altri parametri, al fine di attivare, modulare, ritardare o disattivare il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni che riduca l’efficacia di tale sistema in modi che è lecito attendersi durante il normale funzionamento e il normale uso del veicolo».

84      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il software di cui trattasi nel procedimento principale ha stabilito un intervallo termico in forza del quale la percentuale di ricircolo dei gas di scarico è dello 0% quando la temperatura esterna è inferiore a – 9 gradi Celsius, dell’85% quando si colloca tra – 9 e 11 gradi Celsius, e, al di sopra degli 11 gradi Celsius, aumenta per essere operativa al 100% unicamente a una temperatura esterna superiore ai 15 gradi Celsius. Come rilevato dal giudice del rinvio, quando viene raggiunta la temperatura media registrata in Germania, che per l’anno 2018 sarebbe stata di 10,4 gradi Celsius, la percentuale di ricircolo dei gas di scarico risulta quindi ridotta all’85%.

85      A tal riguardo la Corte ha dichiarato, con riferimento a un intervallo termico identico a quello di cui trattasi nel procedimento principale, che l’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, di tale regolamento, deve essere interpretato nel senso che un dispositivo che garantisce il rispetto dei valori limite di emissione previsti da detto regolamento solo quando la temperatura esterna si colloca tra 15 e 33 gradi Celsius e l’altitudine a cui si circola è inferiore a 1 000 metri costituisce un «impianto di manipolazione», ai sensi di tale articolo 3, punto 10 (sentenze del 14 luglio 2022, GSMB Invest, C‑128/20, EU:C:2022:570, punto 47, e del 14 luglio 2022, Volkswagen, C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 54).

86      Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007, l’uso di impianti di manipolazione che riducono l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni è vietato. Tuttavia, esistono tre eccezioni a tale divieto, tra cui quella di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento, che riguarda il caso in cui «l’impianto si giustifica per la necessità di proteggere il motore da danni o avarie e di un funzionamento sicuro dei veicoli».

87      In quanto prevede un’eccezione al divieto di utilizzo di impianti di manipolazione che riducono l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni, tale disposizione dev’essere oggetto di interpretazione restrittiva (sentenze del 14 luglio 2022, GSMB Invest, C‑128/20, EU:C:2022:570, punto 50; del 14 luglio 2022, Volkswagen, C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 63, nonché del 14 luglio 2022, Porsche Inter Auto e Volkswagen, C‑145/20, EU:C:2022:572, punto 61).

88      Dalla formulazione stessa dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007 risulta che, per rientrare nell’eccezione prevista da tale disposizione, un impianto di manipolazione deve essere giustificato non solo per la necessità di proteggere il motore da danni o avarie, ma anche per quella di un funzionamento sicuro dei veicoli. Infatti, tenuto conto dell’impiego, in detta disposizione, della congiunzione «e», essa deve essere interpretata nel senso che le condizioni che prevede sono cumulative (sentenze del 14 luglio 2022, GSMB Invest, C‑128/20, EU:C:2022:570, punto 61; del 14 luglio 2022, Volkswagen, C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 73, nonché del 14 luglio 2022, Porsche Inter Auto e Volkswagen, C‑145/20, EU:C:2022:572, punto 72).

89      Pertanto, e alla luce dell’interpretazione restrittiva che deve essere riservata a tale eccezione, un impianto di manipolazione come quello di cui trattasi nel procedimento principale non può essere giustificato in forza di tale eccezione, se non nei limiti in cui sia dimostrato che tale impianto risponde strettamente alla necessità di evitare i rischi immediati di danni o avarie al motore causati da un malfunzionamento di un componente del sistema di ricircolo dei gas di scarico che presentino una gravità tale da generare un concreto rischio in occasione della guida del veicolo dotato di detto impianto. Tuttavia, una verifica del genere, nel contesto del procedimento principale, rientra nella valutazione dei fatti che spetta esclusivamente al giudice del rinvio (sentenze del 14 luglio 2022, GSMB Invest, C‑128/20, EU:C:2022:570, punto 62; del 14 luglio 2022, Volkswagen, C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 74, nonché del 14 luglio 2022, Porsche Inter Auto e Volkswagen, C‑145/20, EU:C:2022:572, punto 73).

90      Inoltre, in merito a un intervallo termico identico a quello di cui al procedimento principale, la Corte ha dichiarato che, se è vero che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007 non impone formalmente altre condizioni ai fini dell’applicazione dell’eccezione prevista da tale disposizione, resta il fatto che un impianto di manipolazione che debba, in condizioni normali di circolazione, funzionare per la maggior parte dell’anno affinché il motore sia protetto da danni o avarie e sia garantito il funzionamento sicuro del veicolo, si porrebbe manifestamente in contrasto con l’obiettivo perseguito da detto regolamento, al quale la citata disposizione consente di derogare solo in circostanze molto specifiche, e finirebbe per arrecare un pregiudizio sproporzionato al principio stesso della limitazione delle emissioni di NOx da parte dei veicoli (sentenze del 14 luglio 2022, GSMB Invest, C‑128/20, EU:C:2022:570, punto 63; del 14 luglio 2022, Volkswagen, C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 75, nonché del 14 luglio 2022, Porsche Inter Auto e Volkswagen, C‑145/20, EU:C:2022:572, luglio 74).

91      La Corte ha quindi concluso che, tenuto conto dell’interpretazione restrittiva che occorre dare a tale articolo 5, paragrafo 2, lettera a), un siffatto impianto di manipolazione non può essere giustificato ai sensi di tale disposizione. Ammettere, infatti, che un tale impianto di manipolazione possa ricadere nell’eccezione prevista da detta disposizione equivarrebbe a rendere tale eccezione applicabile per la maggior parte dell’anno nelle condizioni reali di guida esistenti nel territorio dell’Unione, cosicché il principio del divieto di siffatti impianti di manipolazione, sancito a tale articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007, potrebbe, in pratica, essere applicato meno spesso di detta eccezione (sentenze del 14 luglio 2022, GSMB Invest, C‑128/20, EU:C:2022:570, punti 64 e 65; del 14 luglio 2022, Volkswagen, C‑134/20, EU:C:2022:571, punti 76 e 77, nonché del 14 luglio 2022, Porsche Inter Auto e Volkswagen, C‑145/20, EU:C:2022:572, punti 75 e 76).

92      Inoltre, la Corte ha sottolineato, da un lato, che dal considerando 7 del regolamento n. 715/2007 risulta che, quando il legislatore dell’Unione ha stabilito i valori limite di emissione degli agenti inquinanti, aveva già tenuto conto degli interessi economici dei costruttori di automobili e, in particolare, dei costi imposti alle imprese dalla necessità di rispettare tali valori. Incombe quindi ai costruttori adeguarsi ed applicare dispositivi tecnici idonei a rispettare detti valori, ove tale regolamento non impone affatto il ricorso ad una particolare tecnologia (sentenze del 14 luglio 2022, GSMB Invest, C‑128/20, EU:C:2022:570, punto 67; del 14 luglio 2022, Volkswagen, C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 79, nonché del 14 luglio 2022, Porsche Inter Auto e Volkswagen, C‑145/20, EU:C:2022:572, punto 78).

93      Dall’altro lato, la finalità del regolamento n. 715/2007, consistente nel garantire un elevato livello di tutela dell’ambiente e nel migliorare la qualità dell’aria all’interno dell’Unione, implica la riduzione effettiva delle emissioni di NOx per tutta la normale durata di vita dei veicoli. Orbene, autorizzare un impianto di manipolazione a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento solo perché, ad esempio, i costi di ricerca sono elevati, il dispositivo tecnico è costoso o l’utente deve effettuare operazioni di manutenzione del veicolo più frequenti e più costose, equivarrebbe a rimettere in discussione tale finalità (sentenze del 14 luglio 2022, GSMB Invest, C‑128/20, EU:C:2022:570, punto 68; del 14 luglio 2022, Volkswagen, C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 80, nonché del 14 luglio 2022, Porsche Inter Auto e Volkswagen, C‑145/20, EU:C:2022:572, punto 79).

94      In tali circostanze, e tenuto conto del fatto che detta disposizione deve essere interpretata restrittivamente, si deve considerare che la «necessità» di un impianto di manipolazione, ai sensi della citata disposizione, sussiste unicamente quando, al momento dell’omologazione CE di tale dispositivo o del veicolo che ne è provvisto, nessun’altra soluzione tecnica consente di evitare rischi immediati di danni o avarie al motore che generino un pericolo concreto nella guida di tale veicolo (sentenze del 14 luglio 2022, GSMB Invest, C‑128/20, EU:C:2022:570, punto 69; del 14 luglio 2022, Volkswagen, C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 81, nonché del 14 luglio 2022, Porsche Inter Auto e Volkswagen, C‑145/20, EU:C:2022:572, punto 80).

95      Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007 deve essere interpretato nel senso che un impianto di manipolazione può essere giustificato, in forza di detta disposizione, solo a condizione che si dimostri che tale impianto risponde strettamente alla necessità di evitare i rischi immediati di danni o avarie al motore, causati da un malfunzionamento di una componente del sistema di ricircolo dei gas di scarico, che presentino una gravità tale da comportare un concreto pericolo in occasione della guida del veicolo dotato di detto impianto. Inoltre, la «necessità» di un impianto di manipolazione, ai sensi della citata disposizione, sussiste unicamente quando, al momento dell’omologazione CE di tale dispositivo o del veicolo che ne è provvisto, nessun’altra soluzione tecnica consente di evitare rischi immediati di danni o avarie al motore che comportino un concreto pericolo in occasione della guida del veicolo.

 Sulle spese

96      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un’associazione per la tutela dell’ambiente, legittimata ad agire in giudizio conformemente al diritto nazionale, non possa impugnare dinanzi a un giudice nazionale una decisione amministrativa che concede o modifica un’omologazione CE eventualmente in contrasto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo.

2)      L’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007 deve essere interpretato nel senso che un impianto di manipolazione può essere giustificato, in forza di detta disposizione, solo a condizione che si dimostri che tale impianto risponde strettamente alla necessità di evitare i rischi immediati di danni o avarie al motore, causati da un malfunzionamento di una componente del sistema di ricircolo dei gas di scarico, che presentino una gravità tale da comportare un concreto pericolo in occasione della guida del veicolo dotato di detto impianto. Inoltre, la «necessità» di un impianto di manipolazione, ai sensi della citata disposizione, sussiste unicamente quando, al momento dell’omologazione CE di tale dispositivo o del veicolo che ne è provvisto, nessun’altra soluzione tecnica consente di evitare rischi immediati di danni o avarie al motore che comportino un concreto pericolo in occasione della guida del veicolo.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.