Language of document : ECLI:EU:C:2023:103

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

16 febbraio 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale – Sottrazione internazionale di minori – Convenzione dell’Aia del 1980 – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Articolo 11 – Domanda di ritorno di un minore – Decisione definitiva che ordina il ritorno di un minore – Normativa di uno Stato membro che prevede la sospensione di diritto dell’esecuzione di tale decisione in caso di domanda proposta da talune autorità nazionali»

Nella causa C‑638/22 PPU,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’Appello di Varsavia, Polonia), con decisione del 12 ottobre 2022, pervenuta in cancelleria il 13 ottobre 2022, nel procedimento

T.C.,

Rzecznik Praw Dziecka,

Prokurator Generalny,

con l’intervento di:

M.C.,

Prokurator Prokuratury Okręgowej we Wrocławiu,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe (relatrice), presidente di sezione, M. Safjan, N. Piçarra, N. Jääskinen e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: M. Siekierzyńska, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento ed in seguito all’udienza dell’8 dicembre 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per T.C., da I. Antkowiak, adwokat, M. Bieszczad, radca prawny, e da D. Kosobucki, adwokat;

–        per M.C., da A. Śliwicka, adwokat;

–        per il Prokurator Generalny, da S. Bańko, R. Hernand e E. Tkacz;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna e S. Żyrek, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, da M. Jacobs, C. Pochet e M. Van Regemorter, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da A. Daniel e E. Timmermans, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da C.S. Schillemans, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da J. Hottiaux e S. Noë, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 gennaio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1), nonché degli articoli 22 e 24, dell’articolo 27, paragrafo 6, e dell’articolo 28, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori (GU 20019, L 178, pag. 1, e rettifica in GU 2020, L 347, pag. 52), in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        La domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento avviato da T.C., padre di due minorenni, ai fini dell’ottenimento dell’esecuzione di una decisione di ritorno in Irlanda dei minori medesimi, trasferiti in Polonia da M.C., loro madre.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        La Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa all’Aia il 25 ottobre 1980 (in prosieguo: la «Convenzione dell’Aia del 1980»), è volta, come risulta dal suo preambolo, in particolare, a proteggere il minore, a livello internazionale, contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro illecito, e a stabilire procedure tese ad assicurare l’immediato rientro del minore nel proprio Stato di residenza abituale. La Convenzione, entrata in vigore il 1° dicembre 1983, è stata ratificata da tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

4        A termini del suo articolo 1, lettera a), la Convenzione ha come fine, segnatamente, di assicurare l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente.

5        L’articolo 2 della Convenzione così recita:

«Gli Stati contraenti prendono ogni adeguato provvedimento per assicurare, nell’ambito del proprio territorio, la realizzazione degli obiettivi della Convenzione. A tal fine, essi dovranno avvalersi delle procedure d’urgenza a loro disposizione».

6        Il successivo articolo 3 così dispone:

«Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito:

a) quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro; e:

b) se tali diritti vanno effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze.

(...)».

7        Ai sensi dell’articolo 11, primo comma, della Convenzione medesima:

«Le autorità giudiziarie o amministrative di ogni Stato contraente devono procedere d’urgenza per quanto riguarda il ritorno del minore».

8        A termini del successivo articolo 12, primo e secondo comma:

«Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell’istanza presso l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l’autorità adita ordina il suo ritorno immediato.

L’Autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente».

9        Il successivo articolo 13, primo comma, lettera b), così recita:

«Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno, dimostri:

(…)

b) che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile».

 Diritto dellUnione

 Regolamento n. 2201/2003

10      I considerando 17 e 33 del regolamento n. 2201/2003 così recitavano:

«(17)      In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’articolo 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o trattenuto illecitamente dovrebbero avere la possibilità di opporsi al suo rientro in casi precisi, debitamente motivati. Tuttavia, una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una decisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro. Se la decisione implica il rientro del minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore è trattenuto.

(...)

(33)      Il presente regolamento riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla [Carta]. In particolare, mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall’articolo 24 della [Carta]».

11      L’articolo 11, paragrafi 1 e 3, del regolamento medesimo così disponevano:

«1.      Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla [Convenzione dell’Aia del 1980] per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

(...)

3.       Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale.

Fatto salvo il primo comma, l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda».

 Regolamento 2019/1111

12      L’articolo 22 del regolamento 2019/1111 così recita:

«Quando una persona, istituzione o altro ente che lamenta una violazione del diritto di affidamento chiede, direttamente o con l’assistenza di un’autorità centrale, all’autorità giurisdizionale di uno Stato membro di rendere una decisione in base alla convenzione dell’Aia del 1980 che disponga il ritorno di un minore di età inferiore a 16 anni illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano gli articoli da 23 a 29, e il capo VI, del presente regolamento a integrazione della convenzione dell’Aia del 1980».

13      A termini del successivo articolo 24:

«1. L’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui all’articolo 22 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nel diritto nazionale.

2. Fatto salvo il paragrafo 1, un’autorità giurisdizionale di primo grado, salvo impossibilità dovuta a circostanze eccezionali, decide entro sei settimane da quando è stata adit[a].

3. Salvo impossibilità dovuta a circostanze eccezionali, un’autorità giurisdizionale di grado superiore decide entro sei settimane dal momento in cui sono state espletate tutte le fasi procedurali richieste e l’autorità giurisdizionale è in grado di esaminare l’impugnazione, mediante udienza o in altro modo».

14      Il successivo articolo 27, paragrafo 6, così dispone:

«La decisione che dispone il ritorno del minore può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva, nonostante eventuali impugnazioni, qualora il ritorno del minore prima della decisione sull’impugnazione sia richiesto dall’interesse superiore del minore».

15      Ai sensi del successivo articolo 28:

«1. L’autorità competente per l’esecuzione alla quale è stata presentata una domanda di esecuzione della decisione che dispone il ritorno del minore in un altro Stato membro procede al rapido trattamento della domanda stessa.

2. Qualora la decisione di cui al paragrafo 1 non sia stata eseguita entro sei settimane dalla data di avvio del procedimento di esecuzione, la parte che richiede l’esecuzione o l’autorità centrale dello Stato membro dell’esecuzione hanno il diritto di chiedere all’autorità competente in materia di esecuzione di indicare i motivi del ritardo».

16      A termini dell’articolo 100 del regolamento medesimo:

«1. Il presente regolamento si applica solo alle azioni proposte, agli atti pubblici formalmente redatti o registrati e agli accordi registrati il o posteriormente al 1° agosto 2022.

2. Il [regolamento n. 2201/2003] continua ad applicarsi alle decisioni rese nelle azioni proposte, agli atti pubblici formalmente redatti o registrati e agli accordi che sono divenuti esecutivi nello Stato membro in cui sono stati conclusi anteriormente al 1° agosto 2022 e che rientrano nel suo ambito di applicazione».

 Diritto polacco

17      L’articolo 388, paragrafo 1, del Kodeks postępowania cywilnego (codice di procedura civile) così dispone:

«Qualora l’esecuzione della decisione sia tale da causare un danno irreparabile ad una parte, il giudice di secondo grado può, su richiesta di una parte, sospendere l’esecuzione della propria decisione sino alla conclusione del procedimento d’impugnazione. Il giudice di secondo grado può sospendere l’esecuzione della decisione del giudice di primo grado anche nel caso di rigetto del ricorso in appello».

18      L’articolo 518², paragrafo 1, del codice medesimo così recita:

«Nelle cause relative al ritorno di una persona soggetta ad autorità parentale o a tutela, proposte sulla base della Convenzione dell’Aia del 1980, il giudice di secondo grado è il Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’appello di Varsavia, Polonia)».

19      Ai sensi del successivo articolo 5191, paragrafi 21 e 22:

«21 Il ricorso per cassazione è esperibile anche nelle cause relative al ritorno di una persona soggetta alla potestà genitoriale o alla tutela, svolte ai sensi della Convenzione dell’Aia del 1980.

22. Nelle cause di cui al paragrafo 21, il Prokurator Generalny [(Procuratore generale)], il Rzecznik Praw Dziecka [(Difensore civico per i minori)] e il Rzecznik Praw Obywatelskich [(Difensore civico)] possono parimenti proporre impugnazione entro un termine di quattro mesi a decorrere dalla data in cui la decisione è divenuta definitiva».

20      L’ustawa o zmianie ustawy Kodeks postępowania cywilnego (legge recante modifica del codice di procedura civile), del 7 aprile 2022 (Dz. U. del 2022, posizione 1098), entrata in vigore il 24 giugno 2022 (in prosieguo: la «legge del 2022»), ha modificato il codice di procedura civile, inserendo una serie di disposizioni relative alla sospensione delle decisioni emanate sulla base della Convenzione dell’Aia del 1980.

21      L’articolo 3881 del codice medesimo, ivi inserito dalla legge del 2022, recita dunque come segue:

«1.      Nelle cause relative al ritorno di una persona soggetta alla potestà genitoriale o alla tutela, instaurate ai sensi della [Convenzione dell’Aia del 1980], l’esecuzione di un’ordinanza relativa al ritorno di una persona soggetta alla potestà genitoriale o alla tutela è sospesa di diritto qualora uno dei soggetti di cui all’articolo 5191, paragrafo 2², ne faccia domanda dinanzi all’autorità giudiziaria di cui all’articolo 518², paragrafo 1, entro un termine non superiore a due settimane a decorrere dal giorno in cui tale ordinanza è divenuta definitiva.

2.      La sospensione dell’esecuzione dell’ordinanza di cui al paragrafo 1 cessa qualora il soggetto di cui all’articolo 5191, paragrafo 2², non presenti ricorso per cassazione entro il termine di due mesi a decorrere dalla data in cui detta ordinanza è divenuta definitiva.

3.      Se il soggetto di cui all’articolo 5191, paragrafo 2², propone ricorso per cassazione entro il termine di due mesi a decorrere dalla data in cui l’ordinanza di cui al paragrafo 1 è divenuta definitiva, la sospensione dell’esecuzione di tale ordinanza è prorogata di diritto sino alla conclusione del procedimento di cassazione.

4.      Il soggetto che ha presentato domanda di sospensione dell’esecuzione dell’ordinanza di cui al paragrafo 1 può revocarla entro il termine di due mesi a decorrere dalla data in cui tale ordinanza è divenuta definitiva, salvo che un soggetto di cui all’articolo 5191, paragrafo 2², non abbia proposto ricorso per cassazione.

5.      A seguito della revoca della domanda di sospensione dell’esecuzione dell’ordinanza di cui al paragrafo 1, tale ordinanza diviene esecutiva».

22      A termini dell’articolo 3883 del suddetto codice, ivi introdotto dalla legge del 2022:

«La proposizione del ricorso straordinario di cui all’articolo 89 della ustawa o Sądzie Najwyższym [(legge sulla Corte Suprema)], dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2021, posizione 1904, e del 2022, posizione 480), nei procedimenti relativi al ritorno di una persona soggetta all’autorità parentale o alla tutela, avviati sulla base della Convenzione dell’Aia del 1980, sospende di diritto l’esecuzione della decisione sul ritorno di una persona soggetta all’autorità parentale o alla tutela sino alla conclusione del procedimento di ricorso medesimo».

 Il procedimento principale e la questione pregiudiziale

23      T.C. e M.C., cittadini polacchi, sono genitori dei figli minorenni N.C. e M.C.(1) (entrambi indicati in prosieguo come i «figli minorenni»), nati in Irlanda, rispettivamente, nel 2011 e nel 2017. La famiglia risiede da diversi anni in tale Stato membro, dove T.C. e M.C. hanno stabile occupazione. Quest’ultima è attualmente in congedo per malattia di lunga durata.

24      Nell’estate del 2021 M.C. si recava, con il consenso di T.C., in vacanza in Polonia insieme ai figli minorenni. Nel settembre del 2021, M.C. comunicava a T.C. il proprio intento di restare permanentemente in tale Stato membro insieme ai figli. T.C. non ha mai acconsentito a tale trasferimento permanente di questi ultimi.

25      Il 18 novembre 2021 T.C. ricorreva dinanzi al Sąd Okręgowy we Wrocławiu (Tribunale regionale di Wroclaw, Polonia) affinché venisse ordinato a M.C. di provvedere al ritorno dei figli minorenni in Irlanda, ai sensi della Convenzione dell’Aia del 1980. Con ordinanza del 15 giugno 2022, il tribunale medesimo ordinava a M.C. di provvedere al ritorno dei figli in Irlanda entro il termine di sette giorni dalla data di passaggio in giudicato dell’ordinanza stessa.

26      M.C. impugnava quindi l’ordinanza dinanzi al Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’Appello di Varsavia), il giudice del rinvio, che, con ordinanza del 21 settembre 2022, respingeva l’impugnazione in quanto infondata, ritenendo che M.C non potesse invocare alcun motivo per negare il ritorno dei figli minorenni in Irlanda. Quest’ultima ordinanza diveniva esecutiva il 28 settembre 2022, senza che M.C. ottemperasse all’ingiunzione di provvedere al ritorno dei figli in Irlanda.

27      Il 29 settembre 2022, T.C. chiedeva al giudice del rinvio il rilascio di copia dell’ordinanza del 21 settembre 2022, munita di formula esecutiva.

28      In data 30 settembre 2022 e 5 ottobre 2022, il Difensore civico per i diritti dei minori e il Pubblico ministero presentavano, ai sensi dell’articolo 3881, paragrafo 1, del codice di procedura civile, come modificato dalla legge del 2022, istanza di sospensione dell’esecuzione, rispettivamente, delle ordinanze definitive del 15 giugno e del 21 settembre 2022.

29      Il 21 novembre 2022, il Difensore civico per i diritti dei minori e il Pubblico Ministero presentavano ricorso per cassazione contro l’ordinanza del 21 settembre 2022 dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte Suprema, Polonia).

30      Il giudice del rinvio rileva che, in linea generale, le decisioni nel merito emanate da un giudice di secondo grado sono definitive ed esecutive, anche se sono oggetto di un ricorso per cassazione dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte Suprema). Anteriormente all’entrata in vigore della legge del 2022, l’unica deroga a tale regola era quella prevista dall’articolo 388 del codice di procedura civile, il quale consente al giudice di secondo grado di sospendere l’esecutività di una decisione definitiva sino alla conclusione del procedimento dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte Suprema), nel caso in cui l’esecuzione della decisione stessa possa causare un danno irreparabile ad una delle parti.

31      Orbene, ai sensi dell’articolo 3881 del codice di procedura civile, ivi introdotto dalla legge del 2022, il Pubblico ministero, il Difensore civico per i diritti dei minori e il Difensore civico (in prosieguo, congiuntamente, le «autorità legittimate») dispongono ora della facoltà di ottenere la sospensione dell’esecuzione di una decisione che ordini il ritorno di minori ai sensi della Convenzione dell’Aia del 1980, rivolgendo domanda al Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’Appello di Varsavia) entro e non oltre il termine di due settimane dalla data in cui la decisione è divenuta definitiva. Dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che le autorità legittimate non sono tenute a motivare la domanda. Una siffatta domanda implica la sospensione de iure per un periodo non inferiore a due mesi.

32      Nel caso in cui le autorità medesime non presentino ricorso per cassazione avverso una decisione di ritorno dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte Suprema) entro detto periodo, la sospensione dell’esecuzione della decisione stessa cessa, in effetti. Per contro, qualora il ricorso venga presentato entro tale periodo, la sospensione è prorogata di diritto, ai sensi dell’articolo 3881, paragrafo 3, del codice di procedura civile, come modificato dalla legge del 2022, sino alla conclusione del procedimento dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte suprema).

33      Per di più, secondo il giudice del rinvio, anche laddove il Sąd Najwyższy (Corte Suprema) dovesse respingere il ricorso per cassazione, le autorità medesime potrebbero nuovamente ottenere la sospensione de qua sulla base dell’articolo 3883 del codice di procedura civile, come modificato dalla legge del 2022, proponendo ricorso straordinario ai sensi del medesimo articolo.

34      Alla luce di tali considerazioni, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità dell’articolo 3881 del codice di procedura civile, come modificato dalla legge del 2022, con l’obbligo di celerità sotteso al regolamento n. 2201/2003 e, in particolare, con l’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento stesso.

35      Il giudice medesimo osserva, inoltre, che la normativa polacca vigente prevede, in sostanza, che soggetti che non possono essere definiti quali autorità giurisdizionali hanno la facoltà di far disporre la sospensione dell’esecuzione di una decisione giudiziaria definitiva, senza che l’esercizio di tale facoltà sia soggetto ad alcun controllo giurisdizionale. Tale circostanza solleva, a parere del giudice del rinvio, dubbi in ordine alla conformità di tale normativa con l’articolo 47 della Carta, nella parte in cui priverebbe le parti di un procedimento di ritorno di un’effettiva tutela giurisdizionale.

36      Inoltre, in considerazione del fatto che la data di entrata in vigore della legge del 2022 precede soltanto di pochi giorni la data di applicabilità del regolamento 2019/1111, che rafforza l’obbligo di celerità sotteso al regolamento n. 2201/2003, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità delle disposizioni introdotte dalla legge medesima nel codice di procedura civile con il principio di leale cooperazione.

37      Infine, nell’ipotesi in cui la Corte dovesse confermare che il regolamento n. 2201/2003 osti a tale legge, il giudice del rinvio si chiede se sarebbe obbligato a disapplicare la legge medesima, conformemente al principio del primato del diritto dell’Unione.

38      Ciò premesso, il Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’appello di Varsavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 11, paragrafo 3, del [regolamento n. 2201/2003], nonché gli articoli 22, 24, 27, paragrafo 6, e l’articolo 28, paragrafi 1 e 2, del [regolamento n. 2019/1111], in combinato disposto con l’articolo 47 della [Carta], ostino all’applicazione di una disposizione di diritto nazionale, ai sensi della quale, nei procedimenti relativi al ritorno di una persona soggetta alla potestà genitoriale o alla tutela, instaurati ai sensi della [Convenzione dell’Aia del 1980], su richiesta [delle autorità legittimate] presentata al Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’appello di Varsavia), entro un termine non superiore a due settimane dalla data in cui l’ordinanza che dispone il ritorno della persona soggetta a potestà genitoriale o a tutela è divenuta definitiva, l’esecuzione di tale ordinanza è sospesa per legge».

 Sulla richiesta di applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza

39      Il giudice del rinvio ha chiesto che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale sia sottoposta alla procedura d’urgenza ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

40      A sostegno della richiesta, il giudice medesimo ha addotto motivi connessi all’interesse superiore dei minori. In particolare, il rapporto genitore/figli e il benessere dei minori rischierebbero di essere irreparabilmente compromessi a causa dell’allontanamento dei figli minorenni dal padre, che sarebbe prolungato per effetto dell’esercizio, da parte del Difensore civico per i diritti dei minori e del Procuratore generale, della loro facoltà di ottenere la sospensione dell’esecuzione dell’ordine di ritorno in Irlanda.

41      In primo luogo, si deve rilevare che la domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi verte sull’interpretazione, in particolare, delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003, adottato, segnatamente, sulla base dell’articolo 61, lettera c), CE, ora articolo 67 TFUE, e di quelle del regolamento 2019/1111, adottato sulla base dell’articolo 81, paragrafo 3, TFUE. Tali atti si collocano, quindi, nel titolo V della parte terza del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Conseguentemente, il rinvio di cui trattasi può essere sottoposto al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

42      In secondo luogo, per quanto riguarda il requisito dell’urgenza, dalla decisione di rinvio pregiudiziale emerge che i figli minorenni sono separati dal padre da più di un anno e che il perdurare di questa situazione potrebbe compromettere seriamente i futuri rapporti dei medesimi con il padre.

43      Ciò premesso, la Terza Sezione della Corte ha deciso, il 26 ottobre 2022, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di sottoporre la domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi al procedimento d’urgenza.

 Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

44      Il Procuratore generale e, in sostanza, M.C. contestano la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.

45      Sotto un primo profilo, secondo il Procuratore generale, la questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio sarebbe ipotetica e non necessaria ai fini della risoluzione del procedimento principale. La controversia sarebbe già stata risolta in via definitiva e il giudice medesimo non sarebbe competente a pronunciarsi sulla sospensione dell’esecuzione degli ordini di ritorno definitivi emessi in primo e in secondo grado, considerato che la sospensione opererebbe di diritto.

46      Sotto un secondo profilo, il Procuratore generale sostiene che la questione sarebbe irricevibile nella parte in cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione del regolamento 2019/1111 mentre, nel caso di specie, tale regolamento non sarebbe applicabile ratione temporis.

47      In primo luogo, si deve ricordare che spetta esclusivamente al giudice nazionale, investito della controversia e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della controversia, sia la necessità sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi [sentenza del 24 novembre 2022, Varhoven administrativen sad (Abrogazione della disposizione controversa), C‑289/21, EU:C:2022:920, punto 24 e giurisprudenza citata].

48      Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è quindi possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi in fatto e in diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte [sentenza del 24 novembre 2022, Varhoven administrativen sad (Abrogazione della disposizione controversa), C‑289/21, EU:C:2022:920, punto 25 e giurisprudenza citata].

49      Inoltre, si deve rammentare che i termini «emanare la sua sentenza», ai sensi dell’articolo 267, secondo comma, TFUE, comprendono tutta la procedura che conduce alla decisione del giudice del rinvio. Essi devono essere interpretati in maniera ampia al fine di evitare che molte questioni procedurali vengano considerate irricevibili e non possano costituire oggetto di interpretazione da parte della Corte e che quest’ultima non sia in grado di conoscere dell’interpretazione di tutte le disposizioni del diritto dell’Unione che il giudice del rinvio è tenuto ad applicare (sentenza del 21 novembre 2019, Procureur-Generaal bij de Hoge Raad der Nederlanden, C‑678/18, EU:C:2019:998, punto 25 e giurisprudenza citata).

50      A tal riguardo, sotto un primo profilo, dall’ordinanza di rinvio e dalle osservazioni presentate dalle parti all’udienza emerge che T.C. si è rivolto al giudice del rinvio al fine di ottenere l’esecutività dell’ordinanza del 21 settembre 2022, con la quale il giudice medesimo ha disposto il ritorno dei minori in Irlanda. In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 3881 del codice di procedura civile, come modificato dalla legge del 2022, detto giudice sarebbe tenuto ad accogliere le domande di sospensione dell’esecuzione presentate dal Procuratore generale e dal Difensore civico per i diritti dei minori.

51      Ciò premesso, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 46 delle proprie conclusioni, risulta che il giudice del rinvio è investito di domande confliggenti presentate, da un lato, da T.C. e, dall’altro, dal Procuratore generale e dal Difensore Civico per i diritti dei minori. Tali domande riflettono l’esistenza di una «controversia» tra tali parti, vertente sull’esecutività dell’ordinanza di ritorno del 21 settembre 2022 e in merito alla quale il giudice medesimo è chiamato, nell’ambito di tali domande, a emanare una sentenza ai sensi dell’articolo 267, secondo comma, TFUE.

52      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda il rapporto tra la questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio e la realtà o l’oggetto della causa principale, emerge chiaramente dalla decisione di rinvio che la questione è diretta a consentire al giudice stesso di acclarare se le disposizioni dei regolamenti n. 2201/2003 e 2019/1111 debbano essere interpretate nel senso che ostano all’articolo 3881 del codice di procedura civile, come modificato dalla legge del 2022, e se tale articolo debba essere, eventualmente, disapplicato. In tal modo, il giudice del rinvio dimostra sufficientemente che una risposta della Corte alla questione pregiudiziale è «necessaria», ai sensi dell’articolo 267, secondo comma, TFUE, per potersi pronunciare sull’eventuale sospensione dell’esecuzione della decisione di ritorno in questione.

53      In secondo luogo, la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi non può essere rimessa in discussione dall’argomento del Procuratore generale secondo cui, nel caso di specie, il regolamento 2019/1111 non sarebbe applicabile ratione temporis. Infatti, quando non risulti manifestamente che l’interpretazione di un atto di diritto dell’Unione non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, l’obiezione relativa all’inapplicabilità di tale atto al procedimento principale non riguarda la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma rientra nel merito delle questioni pregiudiziali (v., in tal senso, sentenze del 13 luglio 2006, Manfredi e a., da C‑295/04 a C‑298/04, EU:C:2006:461, punto 30, e del 19 dicembre 2019, Dobersberger, C‑16/18, EU:C:2019:1110, punto 21).

54      La domanda di pronuncia pregiudiziale è, conseguentemente, ricevibile.

 La questione pregiudiziale

55      Si deve rilevare, in limine, che, sebbene la questione sollevata riguardi l’interpretazione sia del regolamento n. 2201/2003 sia del regolamento 2019/1111, solo il primo è applicabile, ratione temporis, al procedimento principale. Dall’articolo 100, paragrafo 2, del regolamento 2019/1111 risulta, infatti, che il regolamento n. 2201/2003 continua ad applicarsi, successivamente all’entrata in vigore del regolamento 2019/1111, alle azioni proposte anteriormente al 1° agosto 2022. Nella specie, come indicato supra al punto 25, T.C. ha proposto ricorso dinanzi al Sąd Okręgowy we Wrocławiu (Tribunale regionale di Wrocław) in data 18 novembre 2021.

56      A tal proposito, sebbene la domanda di T.C. diretta ad ottenere l’esecutività dell’ordinanza di ritorno del 21 settembre 2022 sia stata proposta successivamente al 1° agosto 2022, resta il fatto che, alla luce delle informazioni di cui dispone la Corte, tale domanda non costituisce un procedimento autonomo, bensì una fase del procedimento di ritorno, scaturito dall’azione di T.C. avviata il 18 novembre 2021, volta a ottenere un ordine di ritorno dei minori in Irlanda.

57      Ciò premesso, si deve ritenere che, con la questione sollevata, il giudice del rinvio chieda, sostanzialmente, se l’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che attribuisca ad autorità non aventi lo status di giudici la facoltà di ottenere, de iure, la sospensione, per un periodo di almeno due mesi, dell’esecuzione di una decisione di ritorno emanata sulla base della Convenzione dell’Aia del 1980, senza dover motivare la domanda di sospensione stessa.

58      A tal riguardo, va ricordato che l’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003 prevede che il giudice al quale sia stata presentata domanda per il ritorno del minore deve procedere al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale. Salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, il giudice medesimo emana il provvedimento entro e non oltre sei settimane dalla ricezione della domanda.

59      In primo luogo, secondo costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [sentenza del 28 ottobre 2022, Generalstaatsanwaltschaft München (Estradizione e ne bis in idem), C‑435/22 PPU, EU:C:2022:852, punto 67].

60      Anzitutto, dal tenore dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003 e, in particolare, dall’impiego dei termini «rapido» e «più rapide», emerge che, qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso da quello della sua residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato rientro, i giudici competenti degli Stati membri sono tenuti ad emanare una decisione in merito al ritorno del minore in questione entro un termine particolarmente breve e rigoroso. In linea di principio, tale decisione deve essere emanata non oltre il termine di sei settimane dalla sottoposizione della questione all’esame dei giudici medesimi, utilizzando le procedure più rapide previste dal diritto nazionale. Una deroga a questa regola è possibile solo in «circostanze eccezionali».

61      Tale interpretazione risulta, inoltre, avvalorata dal contesto in cui si colloca l’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003 e, in particolare, dalle disposizioni pertinenti della Convenzione dell’Aia del 1980.

62      Infatti, il regolamento n. 2201/2003 completa e precisa, in particolare all’articolo 11, le norme della Convenzione dell’Aia del 1980 che disciplinano la procedura di ritorno dei minori illecitamente trasferiti. Pertanto, gli articoli da 8 a 11 della Convenzione e l’articolo 11 di detto regolamento costituiscono un insieme normativo indivisibile che si applica ai procedimenti di ritorno di minori illecitamente trasferiti all’interno dell’Unione [v., in tal senso, parere 1/13 (Adesione di Stati terzi alla Convenzione dell’Aia), del 14 ottobre 2014, EU:C:2014:2303, punti 77 e 78].

63      A motivo della sovrapposizione e dello stretto legame esistente tra le disposizioni del menzionato regolamento e quelle della Convenzione, le disposizioni di quest’ultima possono incidere sul significato, sulla portata e sull’efficacia delle norme del regolamento stesso [v., in tal senso, parere 1/13 (Adesione di Stati terzi alla Convenzione dell’Aia), del 14 ottobre 2014, EU:C:2014:2303, punto 85].

64      Così, sotto un primo profilo, la Convenzione dell’Aia del 1980, conformemente al suo preambolo e al suo articolo 1, lettera a), persegue l’obiettivo di un ritorno immediato del minore interessato presso la propria residenza abituale. Sotto un secondo profilo, il successivo articolo 2, seconda frase, obbliga le autorità degli Stati contraenti a ricorrere, nell’esame delle domande di ritorno, alle loro procedure d’urgenza. Sotto un terzo profilo, ai sensi dell’articolo 11, primo comma, della Convenzione stessa, le autorità giudiziarie o amministrative di ogni Stato contraente devono procedere d’urgenza con riguardo al ritorno del minore. Sotto un quarto profilo, il successivo articolo 13 indica, restrittivamente, le ipotesi in cui l’autorità giudiziaria dello Stato contraente richiesto non è tenuta a ordinare il ritorno del minore. In particolare, a termini del primo comma, lettera b), dello stesso articolo 13, l’autorità medesima non è tenuta a ordinare il ritorno di un minore qualora la persona, l’istituzione o l’ente che si oppone al ritorno del minore dimostri la sussistenza di un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile.

65      Dal complesso di tali disposizioni emerge che, conformemente alla Convenzione dell’Aia del 1980, da un lato, nel caso in cui un minore sia stato illecitamente allontanato dalla propria residenza abituale, il suo ritorno deve avvenire immediatamente secondo le procedure d’urgenza previste dal diritto nazionale e che, dall’altro, solo in circostanze eccezionali, in particolare in presenza di un grave rischio per il minore, il ritorno può non essere ordinato.

66      Infine, le finalità del regolamento n. 2201/2003 e, in particolare, dell’articolo 11, paragrafo 3, avvalorano parimenti i rilievi esposti supra ai punti 60 e 65.

67      In tal senso, sotto un primo profilo, occorre ricordare che il regolamento n. 2201/2003 si basa sul concetto di preminenza dell’interesse superiore del minore. Tale regolamento mira, in particolare, a dissuadere le sottrazioni di minori tra Stati membri e, in caso di sottrazione, ad ottenere che il ritorno del minore sia effettuato immediatamente (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2008, Rinau, C‑195/08 PPU, EU:C:2008:406, punti 51 e 52).

68      Sotto un secondo profilo, come indicato nel considerando 17 del regolamento n. 2201/2003, nei casi di trasferimento o trattenimento illecito di un minore, il ritorno del minore dovrebbe essere ottenuto immediatamente. Inoltre, i giudici dello Stato membro in cui il minore è stato illecitamente trasferito o trattenuto dovrebbero avere la possibilità di opporsi al ritorno del minore solo in casi specifici e debitamente motivati.

69      Sotto un terzo profilo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che uno degli scopi dell’articolo 11 di tale regolamento è il ristabilimento dello statu quo ante, ossia della situazione esistente anteriormente al trasferimento o al mancato ritorno illeciti del minore (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2017, OL, C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punto 61).

70      Sotto un quarto profilo, la Corte ha già affermato che una procedura di ritorno è, per sua natura, una procedura d’urgenza, dal momento che essa mira a garantire, come prevede il preambolo della convenzione dell’Aia del 1980 e il considerando 17 del regolamento n. 2201/2003, l’immediato ritorno del minore (sentenza dell’8 giugno 2017, OL, C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punto 57).

71      Da un’interpretazione letterale, contestuale e teleologica dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003 emerge, quindi, che tale disposizione, da un lato, impone al giudice di uno Stato membro al quale sia stata proposta una domanda di ritorno di un minore illecitamente allontanato dalla propria residenza abituale di pronunciarsi sulla domanda medesima, in linea di principio, non oltre il termine di sei settimane dalla sua proposizione, avvalendosi delle procedure più rapide possibili previste dal diritto nazionale. Dall’altro, solo in casi specifici ed eccezionali, debitamente motivati, il ritorno di un minore illecitamente trasferito può non essere disposto.

72      È ben vero che gli obblighi derivanti dall’articolo 11, paragrafo 3, riguardano la procedura di emanazione di una decisione di ritorno. Tuttavia, si deve ritenere, al pari di quanto osservato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle proprie conclusioni, che l’imperativo di efficacia e celerità che disciplina l’emanazione di una decisione di ritorno vincoli le autorità nazionali anche nel contesto dell’esecuzione della decisione stessa. Infatti, il menzionato articolo 11, paragrafo 3, sarebbe privato di ogni effetto utile se il diritto nazionale consentisse di sospendere l’esecuzione di una decisione definitiva che ordini il ritorno di un minore.

73      Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, l’applicazione di norme nazionali di diritto sostanziale e procedurale non può compromettere l’effetto utile del regolamento n. 2201/2003 (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2008, Rinau, C‑195/08 PPU, EU:C:2008:406, punto 82).

74      Va inoltre rilevato che, imponendo obblighi finalizzati all’adozione e, quindi, all’esecuzione, nel più breve tempo possibile, di una decisione che consenta il rapido ritorno del minore nel proprio luogo di residenza abituale a seguito di un trasferimento illecito, il regolamento n. 2201/2003 è volto, come emerge dal suo considerando 33, ad assicurare il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta, in particolare i diritti fondamentali del minore sanciti dall’articolo 24 della Carta stessa.

75      A tal proposito, l’articolo 7 della Carta sancisce il diritto al rispetto della vita privata o familiare e deve essere letto in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, riconosciuto al successivo articolo 24, paragrafo 2. Occorre, quindi, tener conto della necessità per il minore, espressa all’articolo 24, paragrafo 3, della Carta, di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori (v., in tal senso, sentenza del 17 novembre 2022, Belgische Staat (Rifugiata minorenne coniugata), C‑230/21, EU:C:2022:887, punto 48).

76      Orbene, dall’articolo 52, paragrafo 3, della Carta emerge che, laddove essa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla Convenzione medesima. L’articolo 53 della Carta aggiunge, a tal proposito, che nessuna disposizione di quest’ultima deve essere interpretata come limitativa o lesiva, nella sfera d’applicazione dei diritti dell’Unione, dei diritti riconosciuti, segnatamente, dalla CEDU [v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2022, CG (Decisione di consegna differita a causa di azione penale), C‑492/22 PPU, EU:C:2022:964, punto 79 e giurisprudenza citata].

77      In tal senso, per quanto attiene all’articolo 8 della CEDU, corrispondente all’articolo 7 della Carta (v, al riguardo, sentenza dell’8 dicembre 2022, Orde van Vlaamse Balies e a., C‑694/20, EU:C:2022:963, punto 25), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che, nei procedimenti riguardanti le decisioni emanate sulla base della Convenzione dell’Aia del 1980, l’adeguatezza di una misura dev’essere valutata, in particolare, in considerazione della celerità della sua esecuzione. Tali procedimenti devono essere trattati con urgenza, poiché il trascorrere del tempo può produrre conseguenze irreparabili per i rapporti tra i minori e il genitore non residente con loro. I ritardi nel procedimento possono essere, di per sé, sufficienti per dichiarare che le autorità sono venute meno agli obblighi positivi loro incombenti ai sensi della CEDU (v., in tal senso, Corte EDU, 28 aprile 2015, Ferrari c. Romania, CE:ECHR:2015:0428JUD000171410, § 49).

78      In secondo luogo, è alla luce dell’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo. 3, del regolamento n. 2201/2003, esposta supra, che occorre accertare se tale disposizione osti ad una normativa nazionale come quella descritta supra al punto 57.

79      Secondo le informazioni fornite alla Corte, in virtù di tale normativa, l’esecuzione di una decisione di ritorno è sospesa de iure per un periodo di almeno due mesi laddove una delle autorità legittimate presenti una domanda in tal senso dinanzi al Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’appello di Varsavia) entro il termine di due settimane dalla data in cui la decisione stessa è divenuta definitiva.

80      Inoltre, se, successivamente alla presentazione di tale domanda, l’autorità medesima propone ricorso per cassazione, avverso la decisione di ritorno, dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte Suprema), la sospensione dell’esecuzione di quest’ultima sarà prorogata de iure sino alla conclusione del procedimento di impugnazione dinanzi a tale organo giurisdizionale.

81      Sotto un primo profilo, la proposizione di tale domanda produce l’effetto di sospendere, per un periodo di almeno due mesi, l’esecuzione della decisione di ritorno del minore nel luogo di residenza abituale, anche quando tale decisione sia divenuta definitiva. La sospensione del ritorno può risultare molto più lunga nel caso in cui le autorità legittimate decidano di proporre ricorso per cassazione contro la decisione stessa. La proposizione del ricorso, a fronte dei requisiti di celerità sottesi all’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2201/2003, producendo l’effetto di sospendere de iure l’esecuzione della decisione di ritorno, è quindi tale da privare tale disposizione di effetto utile. Le autorità medesime potrebbero per di più ottenere nuovamente la sospensione dell’esecuzione della decisione di ritorno in base all’articolo 3883 del Codice di procedura civile, ivi introdotto dalla legge del 2022, proponendo ricorso straordinario ai sensi di tale articolo.

82      A tal riguardo, si deve necessariamente rilevare che una sospensione di due mesi dell’esecuzione di una decisione di ritorno definitiva supera, di per sé, il termine entro il quale, ai sensi della menzionata disposizione del regolamento n. 2201/2003, tale decisione dev’essere emanata.

83      Sotto un secondo profilo, dalle informazioni a disposizione della Corte risulta che l’esecuzione di una decisione di ritorno è sospesa, de iure, su semplice domanda delle autorità legittimate. Tali autorità, che non possiedono peraltro lo status di giudici, non sono tenute a motivare la domanda e il Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’appello di Varsavia) è obbligato ad accoglierla senza poter esercitare alcun controllo giurisdizionale al riguardo. La normativa oggetto del procedimento principale non sembra, pertanto, essere tale da garantire che, come rammentato supra al punto 71, il ritorno del minore nel luogo di residenza abituale non possa essere sospeso se non in casi specifici ed eccezionali e, in ogni caso, non garantisce che la sospensione sia debitamente motivata.

84      Inoltre, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’articolo 47 della Carta osta a che un’autorità pubblica possa impedire l’esecuzione di una decisione giudiziaria, poiché il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo sancito da tale articolo sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico di uno Stato membro consentisse che una decisione giudiziaria definitiva e vincolante resti inoperante a danno di una parte (v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horaţiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 43 e giurisprudenza citata; del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punti 72 e 73, nonché del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe, C‑752/18, EU:C:2019:1114, punto 36)

85      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve ritenere che una normativa nazionale come quella descritta supra al punto 57 sia tale da compromettere l’effetto utile dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003.

86      Questa conclusione non può essere inficiata dall’argomento del governo polacco secondo cui, in sostanza, la normativa de qua sarebbe indispensabile per consentire alle autorità legittimate di ricorrere per cassazione dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte Suprema) ed evitare, in tal modo, che i minori interessati subiscano un danno irreparabile a causa dell’esecutività di una decisione di ritorno definitiva, nel caso in cui questa dovesse essere annullata da tale organo giurisdizionale.

87      Infatti, come rilevato dal giudice del rinvio, da un lato, anteriormente all’introduzione dell’articolo 3881 nel codice di procedura civile per mezzo della legge del 2022, l’articolo 388 di detto codice prevedeva già un meccanismo che consentiva al Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’appello di Varsavia) di sospendere l’esecuzione di un decisione di ritorno definitiva, eventualmente su richiesta di una delle autorità legittimate, nel caso in cui lo stesso giudice d’appello ritenesse che il minore in questione potesse essere esposto, in caso di ritorno, a grave rischio di danno fisico o psicologico.

88      Dall’altro lato, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la tutela giurisdizionale di tale minore contro un siffatto rischio è, in linea di principio, già garantita dal fatto che sia possibile esperire un ricorso dinanzi a un’autorità giurisdizionale [v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2018, Belastingdienst v. Toeslagen (Effetto sospensivo dell’appello), C‑175/17, EU:C:2018:776, punto 34], e ciò anche nel caso in cui sia stata dedotta l’esistenza di un fondato rischio ai sensi dell’articolo 13, primo comma, lettera b), della Convenzione dell’Aia del 1980.

89      Di conseguenza, come emerge dai paragrafi da 82 a 84 delle conclusioni dell’avvocato generale, dall’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003, in combinato disposto con gli articoli 24 e 47 della Carta, non risulta che il diritto dell’Unione imponga agli Stati membri di prevedere un ulteriore grado di giudizio avverso una decisione di ritorno, qualora la decisione stessa sia stata emanata nell’ambito di un procedimento articolato già su due gradi di giudizio e tale procedimento consenta di tenere conto dell’esistenza di rischi in caso di ritorno del minore interessato. A fortiori, il diritto dell’Unione non consente agli Stati membri di munire, de iure, l’impugnazione delle decisioni di ritorno di effetti sospensivi, contrariamente a quanto sembra, invece, prevedere l’articolo 3881, paragrafo 3, del Codice di procedura civile, come modificato dalla legge del 2022.

90      In terzo e ultimo luogo, per quanto attiene alle conseguenze derivanti dalla conclusione espressa supra al punto 85, occorre ricordare che il principio del primato del diritto dell’Unione impone al giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito di propria competenza, le disposizioni del diritto dell’Unione, l’obbligo di garantire la piena efficacia delle disposizioni di tale diritto nella controversia di cui è investito, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi normativa o prassi nazionale, anche posteriore, che sia contraria a una disposizione del diritto dell’Unione dotata di efficacia diretta, senza dover chiedere o attendere la previa rimozione di tale normativa o prassi nazionale in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale [v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Efficacia delle sentenze di una Corte costituzionale), C‑430/21 EU:C:2022:99, punto 53].

91      A tal riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 288, secondo comma, TFUE, il regolamento ha portata generale ed è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Di conseguenza, in ragione della sua stessa natura e della sua funzione nell’ambito delle fonti del diritto dell’Unione, è atto ad attribuire ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2002, Muñoz e Superior Fruiticola, C‑253/00, EU:C:2002:497, punto 27).

92      Nella specie, si deve rilevare che l’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003 impone agli Stati membri un obbligo di risultato chiaro e preciso, che non è subordinato ad alcuna condizione per quanto riguarda il requisito della celerità cui sono soggetti i procedimenti aventi ad oggetto l’emanazione di una decisione di ritorno, ai sensi della Convenzione dell’Aia del 1980. Il giudice del rinvio sarà quindi tenuto a garantire, nell’ambito delle proprie competenze, la piena efficacia della menzionata disposizione del diritto dell’Unione, disapplicando, se del caso, la normativa nazionale che pregiudichi la realizzazione dell’effetto utile della disposizione medesima.

93      Alla luce di tutti i suesposti motivi, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che conferisce ad autorità non aventi lo status di giudici il potere di ottenere, di diritto, la sospensione dell’esecuzione, per un periodo di almeno due mesi, di una decisione di ritorno pronunciata sulla base della Convenzione dell’Aia del 1980, senza che le stesse debbano motivare la loro domanda di sospensione.

 Sulle spese

94      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta ad una normativa nazionale che conferisce ad autorità non aventi lo status di giudici il potere di ottenere, di diritto, la sospensione dell’esecuzione, per un periodo di almeno due mesi, di una decisione di ritorno pronunciata sulla base della Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa all’Aia il 25 ottobre 1980, senza che le stesse debbano motivare la loro domanda di sospensione.

Firme


*      Lingua processuale: il polacco.