Language of document : ECLI:EU:C:2023:380

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

4 maggio 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Procedimento di esecuzione forzata di un contratto di mutuo che costituisce titolo esecutivo – Opposizione all’esecuzione – Controllo delle clausole abusive – Principio di effettività – Normativa nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione di controllare il carattere eventualmente abusivo di una clausola dopo il termine impartito al consumatore per proporre opposizione – Esistenza di un ricorso di diritto ordinario imprescrittibile che consente al giudice del merito di esercitare un siffatto controllo e di ordinare la sospensione dell’esecuzione forzata – Condizioni che non rendono in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione – Necessità di una cauzione a carico del consumatore per sospendere il procedimento di esecuzione»

Nella causa C‑200/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunalul Bucureşti (Tribunale superiore di Bucarest, Romania), con decisione del 25 febbraio 2021, pervenuta in cancelleria il 31 marzo 2021, nel procedimento

TU,

SU

contro

BRD Groupe Société Générale SA,

Next Capital Solutions Ltd,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da L.S. Rossi, presidente di Sezione, S. Rodin (relatore) e O. Spineanu‑Matei, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la BRD Groupe Société Générale SA, da M. Avram, avocată;

–        per il governo spagnolo, da M.J. Ruiz Sánchez, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Greco, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da M. Carpus Carcea e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, TU e SU e, dall’altro, la BRD Groupe Société Générale SA (in prosieguo: la «BRD») e la Next Capital Solutions Ltd (in prosieguo: la «NCS») in merito a un’opposizione all’esecuzione forzata dell’obbligo di rimborso relativo a un contratto di mutuo stipulato tra, da un lato, TU e SU, e, dall’altro, la BRD, il cui credito è stato successivamente ceduto alla NCS.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Ai sensi del considerando 24 della direttiva 93/13 «le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

4        L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, così dispone:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

5        L’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

 Diritto rumeno

6        L’articolo 638, paragrafo 1, punto 4, della Legea nr. 134/2010 privind Codul de procedură civilă (legge n. 134/2010, recante il codice di procedura civile), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «codice di procedura civile»), così dispone:

«Sono parimenti titoli esecutivi e possono essere oggetto di esecuzione forzata:

(…)

4. i titoli di credito o altri documenti ai quali la legge conferisce forza esecutiva».

7        Ai sensi dell’articolo 638, paragrafo 2, del codice di procedura civile:

«La sospensione dell’esecuzione dei titoli di cui al paragrafo 1, punti 2 e 4, può anche essere chiesta nell’ambito di un ricorso nel merito avente ad oggetto il loro annullamento. Le disposizioni dell’articolo 719 sono applicabili per analogia».

8        L’articolo 713, paragrafo 2, del codice di procedura civile prevede quanto segue:

«Nel caso in cui l’esecuzione forzata sia effettuata in base a un titolo esecutivo diverso dalla decisione di un giudice, si possono invocare, in sede di opposizione all’esecuzione, anche motivi di fatto o di diritto riguardanti il fondamento del diritto di cui al titolo esecutivo solamente se la legge non prevede (…) un rimedio processuale specifico per l’annullamento del medesimo (…)».

9        L’articolo 715, paragrafo 1, punto 3, del codice di procedura civile così recita:

«Salvo che la legge disponga diversamente, l’opposizione all’esecuzione forzata stessa può essere proposta entro un termine di 15 giorni a partire dalla data in cui:

(…)

3.      il debitore che contesta l’esecuzione stessa ha ricevuto la decisione che autorizza l’esecuzione o l’ingiunzione, o a partire dalla data in cui è venuto a conoscenza del primo atto di esecuzione, nel caso in cui non abbia ricevuto né la decisione che autorizza l’esecuzione, né l’ingiunzione o quando l’esecuzione è effettuata senza ingiunzione.

(…)».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

10      Nell’ottobre 2007 TU e SU hanno stipulato un contratto di mutuo con la BRD (in prosieguo: il «contratto di mutuo di cui trattasi»). Nel giugno 2009 quest’ultima ha ceduto il credito risultante da tale contratto all’IFN Next Capital Finance SA che, nell’agosto dello stesso anno, ha ceduto tale credito alla NCS.

11      Il 23 febbraio 2015 la NCS si è rivolta a un ufficiale giudiziario ai fini del recupero forzato di detto credito a carico di TU, sulla base del contratto di mutuo di cui trattasi, che costituisce titolo esecutivo in diritto rumeno. L’ufficiale giudiziario, in tale contesto, ha emesso un’ingiunzione di pagamento nei confronti di TU, intimandogli di versare i rimanenti importi dovuti in forza del contratto di mutuo di cui trattasi nonché le spese dell’esecuzione forzata. Lo stesso giorno, l’ufficiale giudiziario ha disposto il pignoramento delle disponibilità finanziarie su alcuni conti detenuti da TU presso vari istituti bancari. Tali diversi atti di esecuzione forzata sono stati trasmessi all’interessato il 2 marzo 2015.

12      Con atto del 6 marzo 2015 l’ufficiale giudiziario ha effettuato un pignoramento sulla retribuzione presso il datore di lavoro di TU. Tale misura è stata altresì notificata a quest’ultimo in data 13 marzo 2015.

13      Il 17 marzo 2015 TU ha contestato, presso l’ufficiale giudiziario, gli importi che gli erano stati richiesti e successivamente, il 5 agosto 2015, ha domandato la concessione di un’impegnativa di pagamento, cui ottemperare nell’arco di sei mesi. In seguito, il 25 maggio 2016, l’ufficiale giudiziario ha nuovamente disposto il pignoramento di una parte della retribuzione di TU.

14      Il 6 dicembre 2018 l’ufficiale giudiziario ha emesso una nuova ingiunzione per il pagamento delle restanti somme dovute alla NCS, maggiorate delle spese di esecuzione, pena il pignoramento della quota di proprietà di TU in un immobile sito in Bucarest (Romania).

15      Il 28 dicembre 2018 TU ha proposto opposizione a tale esecuzione forzata dinanzi alla Judecătoria sectorului 1 București (Tribunale di primo grado del primo circondario di Bucarest, Romania), adducendo la prescrizione del diritto di chiedere l’esecuzione forzata. Con sentenza definitiva, pronunciata il 18 aprile 2019, tale giudice ha dichiarato tardiva l’opposizione all’esecuzione.

16      Il 17 febbraio 2020 TU e SU hanno investito detto giudice di una nuova opposizione all’esecuzione forzata adducendo l’abusività di due clausole del contratto di mutuo di cui trattasi, relative alla percezione, rispettivamente, di una commissione di apertura del fascicolo di credito nonché di una commissione mensile per trattamento e gestione del credito. Con la loro domanda, TU e SU hanno chiesto altresì l’annullamento degli atti di esecuzione forzata e la restituzione delle somme indebitamente riscosse dalla NCS a motivo del loro carattere abusivo.

17      A sostegno di tale nuova opposizione, TU e SU si sono avvalsi dell’ordinanza del 6 novembre 2019, BNP Paribas Personal Finance SA Paris Sucursala Bucureşti e Secapital (C‑75/19, non pubblicata, EU:C:2019:950), in base alla quale la Corte ha dichiarato che la direttiva 93/13 deve essere interpretata nel senso che essa osta a una norma di diritto nazionale, quale l’articolo 713, paragrafo 2, del codice di procedura civile, in forza della quale un consumatore sottoposto a un procedimento di esecuzione forzata è decaduto, dopo un termine di quindici giorni a partire dalla notifica dei primi atti di tale procedimento, dall’invocare l’esistenza di clausole abusive contenute nel contratto di cui si chiede l’esecuzione forzata, e ciò anche se tale consumatore abbia a disposizione, in applicazione del diritto nazionale, un’azione giudiziaria ai fini dell’accertamento dell’esistenza di clausole abusive, la cui proposizione non è sottoposta ad alcun termine, ma la cui soluzione non ha effetti sulla soluzione del procedimento di esecuzione forzata, la quale può imporsi al consumatore prima dell’esito dell’azione di accertamento dell’esistenza di clausole abusive.

18      Con sentenza del 3 luglio 2020 la Judecătoria sectorului 1 București (Tribunale di primo grado del primo circondario di Bucarest, Romania) ha accolto l’eccezione sollevata dalla BRD e dalla NCS, vertente sulla tardività di tale opposizione. Secondo detto giudice, sebbene nell’ordinanza del 6 novembre 2019, BNP Paribas Personal Finance SA Paris Sucursala Bucureşti e Secapital (C‑75/19, non pubblicata, EU:C:2019:950), la Corte abbia dichiarato che il consumatore doveva avere la possibilità di invocare l’abusività delle clausole contrattuali nell’ambito di un’opposizione all’esecuzione forzata del contratto di cui trattasi, tale diritto non avrebbe potuto tuttavia essere utilmente esercitato in qualsiasi momento, senza essere soggetto ai termini legalmente impartiti a tal fine.

19      TU e SU hanno interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, il Tribunalul Bucureşti (Tribunale superiore di Bucarest, Romania), affinché quest’ultimo riformi la decisione di primo grado che ha accolto l’eccezione vertente sulla tardività di detta opposizione, in quanto la motivazione accolta dalla Judecătoria sectorului 1 București (Tribunale di primo grado del primo circondario di Bucarest, Romania) sarebbe asseritamente errata in diritto.

20      Il giudice del rinvio osserva che la causa di cui è investito e quella che ha dato luogo all’ordinanza del 6 novembre 2019 BNP Paribas Personal Finance SA Paris Sucursala Bucureşti et Secapital (C‑75/19, non pubblicata, EU:C:2019:950), sono simili. Tuttavia, esso si chiede se la circostanza che il giudice eventualmente adito dal consumatore con un ricorso di diritto ordinario disponga della facoltà di sospendere l’esecuzione forzata del contratto finché si statuisca su tale ricorso, come risulta dall’articolo 638, paragrafo 2, del codice di procedura civile, sia tale da influire sulla conclusione risultante da tale ordinanza.

21      Peraltro, nel caso in cui ciò non si verificasse e in cui non fosse possibile interpretare le norme del diritto nazionale relative all’esecuzione forzata in modo conforme al diritto dell’Unione, consentendo al consumatore di presentare un’opposizione all’esecuzione forzata del contratto dopo il termine di quindici giorni eccependo l’abusività di clausole del contratto di cui trattasi, il giudice del rinvio chiede chiarimenti sulle conseguenze che dovrebbe trarne.

22      È in tale contesto che il Tribunalul Bucureşt (Tribunale superiore di Bucarest) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la direttiva 93/13 osti a una norma di diritto nazionale, come quella risultante dagli articoli 712 e seguenti (…) del Codice di procedura civile, che prevede un termine di 15 giorni entro il quale il debitore può invocare, in sede di opposizione all’esecuzione forzata, il carattere abusivo di una clausola contrattuale del [contratto che costituisce] titolo esecutivo, dal momento che un’azione mirante all’accertamento dell’esistenza di clausole abusive contenute nel titolo esecutivo non è soggetta a nessun termine e nell’ambito di quest’ultima è prevista la facoltà, per il debitore, di chiedere la sospensione dell’esecuzione forzata (…), conformemente all’articolo 638, paragrafo 2, del codice di procedura civile».

 Sulla questione pregiudiziale

23      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 93/13 debba essere interpretata nel senso che essa osta a una disposizione di diritto nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione, investito, scaduto il termine di quindici giorni impartito da tale disposizione, di un’opposizione all’esecuzione forzata di un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista, che costituisce titolo esecutivo, di valutare, d’ufficio o su domanda del consumatore, il carattere abusivo delle clausole di tale contratto, quando tale consumatore abbia a disposizione, peraltro, un ricorso nel merito che gli consente di chiedere al giudice investito di tale ricorso di procedere a un siffatto controllo e di ordinare la sospensione dell’esecuzione forzata fino all’esito di detto ricorso, conformemente a un’altra disposizione di tale diritto nazionale.

24      In base a una giurisprudenza costante della Corte, il sistema di tutela istituito con la direttiva 93/13 si fonda sull’idea che il consumatore si trova in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto riguarda sia il potere negoziale sia il livello di informazione (v., in particolare, sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

25      Alla luce di una tale posizione di inferiorità, l’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Si tratta di una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale, che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime (v., in particolare, sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punti 53 e 55, nonché del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 41).

26      In tale contesto, la Corte ha già reiteratamente rilevato che il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, a ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, a partire dal momento in cui disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (sentenze del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 46 e giurisprudenza ivi citata; del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 58, nonché del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 43).

27      Inoltre, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal suo articolo 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il considerando 24 della medesima, di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori (sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

28      Se è vero che la Corte ha pertanto già inquadrato, in più occasioni e tenendo conto degli obblighi di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il modo in cui il giudice nazionale deve assicurare la tutela dei diritti che i consumatori traggono dalla direttiva in parola, ciò non toglie che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, e che tali procedure rientrano dunque nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punti 45 e 46, nonché giurisprudenza ivi citata).

29      Inoltre, la Corte ha precisato che l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti alle persone in forza del diritto dell’Unione implica, segnatamente per quanto riguarda i diritti derivanti dalla direttiva 93/13, un dovere di tutela giurisdizionale effettiva, riaffermata all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva e sancita altresì dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che si applica, tra l’altro, alla definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

30      A tal riguardo, la Corte ha già ritenuto che, nell’ipotesi in cui il procedimento di esecuzione forzata si concluda prima della pronuncia della decisione del giudice di merito che dichiara il carattere abusivo della clausola contrattuale all’origine di detta esecuzione forzata e, di conseguenza, la nullità di siffatto procedimento, la decisione in parola consentirebbe di fornire al consumatore di cui trattasi solo una protezione a posteriori, sotto forma di risarcimento, che si rivelerebbe incompleta e insufficiente e non costituirebbe un mezzo adeguato né efficace per porre fine all’uso di tale medesima clausola, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (ordinanza del 6 novembre 2019, BNP Paribas Personal Finance SA Paris Sucursala Bucureşti e Secapital, C‑75/19, non pubblicata, EU:C:2019:950, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

31      Pertanto, al punto 34 dell’ordinanza del 6 novembre 2019, BNP Paribas Personal Finance SA Paris Sucursala Bucureşti e Secapital (C‑75/19, non pubblicata, EU:C:2019:950), alla quale il giudice del rinvio fa riferimento, la Corte ha dichiarato che la direttiva 93/13 deve essere interpretata nel senso che essa osta a una norma di diritto nazionale in forza della quale un consumatore, che ha stipulato un contratto di mutuo presso un istituto di credito e contro il quale tale professionista ha avviato un procedimento di esecuzione forzata, è decaduto, dopo un termine di quindici giorni a partire dalla notifica dei primi atti di tale procedimento, dall’invocare l’esistenza di clausole abusive per opporsi a detto procedimento, e ciò anche se tale consumatore abbia a disposizione, in applicazione del diritto nazionale, un’azione giudiziaria ai fini dell’accertamento dell’esistenza di clausole abusive, la cui proposizione non è sottoposta ad alcun termine, ma la cui soluzione non ha effetti sulla soluzione del procedimento di esecuzione forzata, la quale può imporsi al consumatore prima dell’esito dell’azione di accertamento dell’esistenza di clausole abusive.

32      Il giudice del rinvio si chiede tuttavia se tale interpretazione valga altresì nel caso in cui il giudice investito di un ricorso nel merito sia competente per sospendere l’esecuzione forzata.

33      A tal riguardo, occorre constatare che la facoltà, per il consumatore, di proporre, dinanzi al giudice del merito, un’azione di diritto ordinario diretta a far verificare il carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto di cui si chiede l’esecuzione forzata nell’ambito della quale può ottenere da tale giudice che esso sospenda detta esecuzione, è in grado, in linea di principio, di consentire di ovviare al rischio che il procedimento di esecuzione forzata sia portato a termine prima dell’esito dell’azione di accertamento dell’esistenza di clausole abusive.

34      Tuttavia, si deve rilevare che, successivamente alla proposizione della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte ha pronunciato la sentenza del 17 maggio 2022, Impuls Leasing România (C‑725/19, EU:C:2022:396). Al punto 60 di tale sentenza, essa ha dichiarato che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione, investito di un’opposizione all’esecuzione forzata, di valutare, d’ufficio o su domanda del consumatore, il carattere abusivo delle clausole di un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista che costituisce titolo esecutivo, dal momento che il giudice di merito, che può essere investito di un’azione distinta di diritto ordinario al fine di fare esaminare il carattere eventualmente abusivo delle clausole di un siffatto contratto, può sospendere il procedimento di esecuzione fino a che esso si pronunci sul merito solo dietro versamento di una cauzione il cui importo è di entità tale da scoraggiare il consumatore dall’introdurre e dal mantenere un siffatto ricorso.

35      Interrogato sulla conferma della presente domanda di pronuncia pregiudiziale alla luce di tale sentenza, il giudice del rinvio ha dichiarato che quest’ultima conteneva la risposta a una questione simile, relativa a un problema di diritto identico.

36      Vero è che, nella controversia di cui al procedimento principale che ha dato luogo alla sentenza del 17 maggio 2022, Impuls Leasing România (C‑725/19, EU:C:2022:396), il giudice investito dell’opposizione all’esecuzione forzata non aveva la facoltà di controllare il carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto assunte a fondamento di tale esecuzione mentre, nelle circostanze della controversia che ha dato luogo al presente rinvio pregiudiziale, tale giudice ne ha la possibilità, purché sia stato adito entro un termine di quindici giorni, allo scadere del quale il consumatore decade dal diritto. Tuttavia, in entrambi i casi, la questione essenziale è se la facoltà, per il consumatore, di presentare un ricorso nel merito nell’ambito del quale può chiedere la sospensione dell’esecuzione forzata sia tale, tenuto conto delle modalità di una siffatta sospensione, da garantire l’effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13.

37      Dalla decisione di rinvio emerge che una siffatta sospensione è soggetta alle disposizioni dell’articolo 719 del codice di procedura civile. Il contesto procedurale sembra essere, a tal riguardo, identico a quello di cui al punto 57 della sentenza del 17 maggio 2022, Impuls Leasing România (C‑725/19, EU:C:2022:396), in cui la Corte ha rilevato che, in caso di ricorso distinto dinanzi al giudice del merito, il consumatore che chiede la sospensione del procedimento di esecuzione forzata è tenuto al versamento di una cauzione calcolata sulla base del valore dell’oggetto del ricorso. Il tenore dell’articolo 719 del codice di procedura civile, quale riportato nelle osservazioni presentate dalla Commissione europea nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale, è tale da confermare questa constatazione.

38      Occorre pertanto rilevare che, al punto 58 della sentenza del 17 maggio 2022, Impuls Leasing România (C‑725/19, EU:C:2022:396), la Corte ha rammentato la giurisprudenza secondo cui le spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato non devono essere tali da scoraggiare il consumatore dall’adire il giudice, ai fini dell’esame del carattere potenzialmente abusivo di clausole contrattuali. Al punto 59 di tale sentenza, essa ha constatato che è verosimile che un debitore insolvente non disponga delle risorse finanziarie necessarie per costituire la garanzia richiesta.

39      Di conseguenza, si deve ritenere che la facoltà che ha a disposizione il consumatore di presentare, senza essere tenuto al rispetto di un termine, un ricorso nel merito nell’ambito del quale può chiedere la sospensione del procedimento di esecuzione forzata dietro costituzione di una garanzia non è tale da assicurare l’effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13, qualora l’entità dell’importo richiesto per la costituzione di detta garanzia sia tale da scoraggiare il consumatore dall’introdurre e dal mantenere un siffatto ricorso, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

40      Per il resto, il giudice del rinvio ha precisato che confermava l’importanza della parte della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, menzionata ai punti 23 e 24 di quest’ultima, relativa all’atteggiamento che il giudice nazionale deve adottare nel caso in cui si trovi nell’impossibilità di interpretare il diritto nazionale in modo conforme al diritto dell’Unione.

41      A tal riguardo, occorre rammentare che i giudici nazionali, qualora non possano procedere a un’interpretazione e a un’applicazione della legislazione nazionale conformi alle disposizioni della direttiva 93/13, hanno l’obbligo di esaminare d’ufficio se le clausole convenute tra le parti presentino un carattere abusivo, disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione o giurisprudenza nazionali che ostino a un siffatto esame (sentenza del 7 novembre 2019, Profi Credit Polska, C‑419/18 e C‑483/18, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

42      Ne consegue che si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che la direttiva 93/13 deve essere interpretata nel senso che essa osta a una disposizione di diritto nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione, investito, scaduto il termine di quindici giorni impartito da tale disposizione, di un’opposizione all’esecuzione forzata di un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista, che costituisce titolo esecutivo, di valutare, d’ufficio o su domanda del consumatore, il carattere abusivo delle clausole di tale contratto, quando tale consumatore abbia a disposizione, peraltro, un ricorso nel merito che gli consente di chiedere al giudice investito di tale ricorso di procedere a un siffatto controllo e di ordinare la sospensione dell’esecuzione forzata fino all’esito di detto ricorso, conformemente a un’altra disposizione di tale diritto nazionale, nel caso in cui detta sospensione sia possibile solo dietro versamento di una garanzia il cui importo è tale da dissuadere il consumatore dall’introdurre e dal mantenere un siffatto ricorso, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Qualora non si possa procedere a un’interpretazione e a un’applicazione della legislazione nazionale conformi alle disposizioni di tale direttiva, il giudice nazionale investito di un’opposizione all’esecuzione forzata di un siffatto contratto ha l’obbligo di esaminare d’ufficio se le clausole di quest’ultimo presentino un carattere abusivo, disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione nazionale che osti a un siffatto esame.

 Sulle spese

43      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

La direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

deve essere interpretata nel senso che:

essa osta a una disposizione di diritto nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione, investito, scaduto il termine di quindici giorni impartito da tale disposizione, di un’opposizione all’esecuzione forzata di un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista, che costituisce titolo esecutivo, di valutare, d’ufficio o su domanda del consumatore, il carattere abusivo delle clausole di tale contratto, quando tale consumatore abbia a disposizione, peraltro, un ricorso nel merito che gli consente di chiedere al giudice investito di tale ricorso di procedere a un siffatto controllo e di ordinare la sospensione dell’esecuzione forzata fino all’esito di detto ricorso, conformemente a un’altra disposizione di tale diritto nazionale, nel caso in cui detta sospensione sia possibile solo dietro versamento di una garanzia il cui importo è tale da dissuadere il consumatore dall’introdurre e dal mantenere un siffatto ricorso, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Qualora non si possa procedere a un’interpretazione e a un’applicazione della legislazione nazionale conformi alle disposizioni di tale direttiva, il giudice nazionale investito di un’opposizione all’esecuzione forzata di un siffatto contratto ha l’obbligo di esaminare d’ufficio se le clausole di quest’ultimo presentino un carattere abusivo, disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione nazionale che osti a un siffatto esame.

Firme


*      Lingua processuale: il rumeno.