Language of document : ECLI:EU:C:2023:540

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

6 luglio 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2011/95/UE – Norme relative ai presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o dello status conferito dalla protezione sussidiaria – Articolo 14, paragrafo 4, lettera b) – Revoca dello status di rifugiato – Cittadino di un paese terzo condannato con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità – Pericolo per la comunità – Controllo di proporzionalità – Direttiva 2008/115/UE – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Rinvio dell’allontanamento»

Nella causa C‑663/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con decisione del 20 ottobre 2021, pervenuta in cancelleria il 5 novembre 2021, nel procedimento

Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl

contro

AA,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen (relatore), vicepresidente della Corte, P.G. Xuereb, T. von Danwitz e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 novembre 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll e V.-S. Strasser, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, da M. Jacobs, A. Van Baelen e M. Van Regemorter, in qualità di agenti;

–        per il governo ceco, da A. Edelmannová, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e A. Hoeschet, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, M.H.S. Gijzen e C.S. Schillemans, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Azéma, B. Eggers, L. Grønfeldt e A. Katsimerou, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 febbraio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9), e della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98), e, in particolare, del suo articolo 5.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra AA, cittadino di un paese terzo, e il Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Ufficio federale per il diritto degli stranieri e il diritto di asilo, Austria), (in prosieguo: l’«Ufficio») in relazione alla decisione adottata da quest’ultimo di revocargli lo status di rifugiato, di rifiutargli la concessione dello status di protezione sussidiaria o di un permesso di soggiorno per motivi meritevoli di considerazione, di adottare una decisione di rimpatrio accompagnata da un divieto di soggiorno nei suoi confronti e di fissare un termine per la sua partenza volontaria.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata completata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»).

4        L’articolo 33 di tale convenzione così dispone:

«1.      Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.

2.      La presente disposizione non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese».

 Direttiva 2008/115

5        L’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2008/115 così prevede:

«Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi:

a)      sottoposti a respingimento alla frontiera conformemente all’articolo 13 del [regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006, L 105, pag. 1)] ovvero fermati o scoperti dalle competenti autorità in occasione dell’attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro e che non hanno successivamente ottenuto un’autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro;

b)      sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, in conformità della legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di estradizione».

6        L’articolo 3, punto 3, di tale direttiva è così formulato:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

3)      “rimpatrio” il processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente:

–        nel proprio paese di origine, o

–        in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o

–        in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui sarà accettato».

7        L’articolo 5 della citata direttiva dispone quanto segue:

«Nell’applicazione della presente direttiva, gli Stati membri tengono nella debita considerazione:

a)      l’interesse superiore del bambino;

a)      la vita familiare;

a)      le condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato;

e rispettano il principio di non-refoulement».

8        L’articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5».

9        L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 è così formulato:

«Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria (...) o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso (...)».

10      L’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva è così formulato:

«Gli Stati membri rinviano l’allontanamento:

a)      qualora violi il principio di non-refoulement (…)».

 Direttiva 2011/95

11      Il considerando16 della direttiva 2011/95 è così formulato:

«La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [(in prosieguo: la “Carta”)]. Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto della dignità umana, il diritto di asilo dei richiedenti asilo e dei familiari al loro seguito e a promuovere l’applicazione degli articoli 1, 7, 11, 14, 15, 16, 18, 21, 24, 34 e 35 di detta Carta, e dovrebbe pertanto essere attuata di conseguenza».

12      L’articolo 2, lettera d), di tale direttiva precisa quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

d)      “rifugiato”: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale non si applica l’articolo 12».

13      L’articolo 14, paragrafo 4, di detta direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare di rinnovare lo status riconosciuto a un rifugiato da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario quando:

a)      vi sono fondati motivi per ritenere che la persona in questione costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato membro in cui si trova;

b)      la persona in questione, essendo stata condannata con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro».

14      L’articolo 21, paragrafo 2, della medesima direttiva è così formulato:

«Qualora non sia vietato dagli obblighi internazionali previsti dal paragrafo 1, gli Stati membri possono respingere un rifugiato, formalmente riconosciuto o meno:

a)      quando vi siano ragionevoli motivi per considerare che rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato membro nel quale si trova; o

b)      quando, essendo stato condannato con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      AA è entrato illegalmente in Austria il 10 dicembre 2014 e ha presentato, lo stesso giorno, una domanda di protezione internazionale. Con decisione dell’Ufficio del 22 dicembre 2015, gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato.

16      Il 22 marzo 2018 AA è stato condannato a una pena detentiva di un anno e tre mesi e a una sanzione pecuniaria pari a 180 unità giornaliere per aver commesso i reati di minaccia pericolosa, distruzione o danneggiamento di beni altrui, uso illegale di stupefacenti e traffico di stupefacenti. Il 14 gennaio 2019 AA è stato condannato a una pena detentiva di tre mesi per aver commesso i reati di percosse e lesioni e di minaccia pericolosa. L’11 marzo 2019 egli è stato condannato ad una pena detentiva di sei mesi per aver commesso un tentativo di percosse e lesioni. Dette pene detentive sono state tutte sospese in via condizionale.

17      Il 13 agosto 2019 AA è stato condannato ad un’ammenda per comportamento aggressivo nei confronti di un organo di vigilanza pubblica.

18      Con decisione del 24 settembre 2019, l’Ufficio ha revocato ad AA lo status di rifugiato, gli ha rifiutato la concessione dello status conferito dalla protezione sussidiaria o un permesso di soggiorno per motivi meritevoli di considerazione, ha adottato una decisione di rimpatrio accompagnata da un divieto di soggiorno nei suoi confronti e ha fissato un termine per la partenza volontaria, dichiarando al contempo che il suo allontanamento non era consentito.

19      AA ha proposto ricorso avverso la decisione dell’Ufficio del 24 settembre 2019 dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria). In seguito, egli ha dichiarato di ritirare tale ricorso nei limiti in cui riguardava la parte del dispositivo di detta decisione che accertava l’illiceità del suo allontanamento.

20      Il 16 giugno e l’8 ottobre 2020 AA è stato condannato a pene detentive di quattro e di cinque mesi per reati di percosse e lesioni e di minaccia pericolosa, ferma restando la sospensione condizionale delle pene precedentemente irrogate.

21      Con sentenza del 28 maggio 2021, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha annullato le parti contestate della decisione dell’Ufficio del 24 settembre 2019. Tale giudice ha constatato che AA era stato condannato con sentenza passata in giudicato per aver commesso un reato di particolare gravità e che egli costituiva un pericolo per la comunità. Tuttavia, esso ha ritenuto che occorresse operare un bilanciamento tra gli interessi dello Stato membro di asilo e quelli del cittadino interessato di un paese terzo a beneficiare di una protezione internazionale, tenendo conto della portata e della natura delle misure alle quali quest’ultimo sarebbe stato esposto in caso di revoca di tale protezione. Orbene, dato che AA sarebbe esposto, in caso di rimpatrio nel suo paese di origine, a un rischio di tortura o di morte, detto giudice ha ritenuto che i suoi interessi prevalessero su quelli della Repubblica d’Austria.

22      L’Ufficio ha proposto un ricorso per cassazione («Revision») avverso tale sentenza dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), giudice del rinvio.

23      Tale giudice si chiede se sia necessario, dopo che è stato accertato che il cittadino interessato di un paese terzo è stato condannato in via definitiva per aver commesso un reato grave e che egli costituisce un pericolo per la comunità, procedere, ai fini dell’applicazione dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/95, ad un bilanciamento degli interessi, prendendo in considerazione le conseguenze di un eventuale rimpatrio di tale cittadino di un paese terzo verso il suo paese di origine.

24      Inoltre, detto giudice nutre dubbi riguardo alla compatibilità con la direttiva 2008/115 dell’adozione di una decisione di rimpatrio nei casi in cui la protezione internazionale sia stata revocata, ma sia già accertato che l’allontanamento verso il paese di origine è illecito. Infatti, in una situazione del genere, il soggiorno di un cittadino di un paese terzo sarebbe tollerato in Austria, senza essere tale soggiorno regolare né detto cittadino di un paese terzo oggetto di una decisione di rimpatrio effettiva.

25      In tali circostanze, il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, nel valutare la possibilità, in capo all’autorità competente, di revocare lo status di avente diritto di asilo a un rifugiato, per il motivo menzionato nell’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della [direttiva 2011/95], occorra effettuare una ponderazione di interessi come criterio autonomo, nel senso che per la revoca sia necessario che gli interessi pubblici a un rimpatrio prevalgano sugli interessi del rifugiato a mantenere la protezione da parte dello Stato di rifugio, mettendo a confronto in tale contesto il carattere riprovevole del reato commesso e il potenziale pericolo per la comunità con gli interessi di protezione dello straniero, inclusa la portata e la tipologia di misure che rischia vengano poste a suo carico.

2)      Se le disposizioni della direttiva [2008/115], in particolare gli articoli 5, 6, 8 e 9, ostino a una situazione giuridica nazionale secondo la quale, nei confronti di un cittadino di un paese terzo che, a seguito della revoca dello status di avente diritto di asilo, venga privato del diritto di soggiorno di cui ha goduto fino a quel momento in qualità di rifugiato, debba essere emanata una decisione di rimpatrio anche se, già al momento dell’adozione di tale decisione, appare chiaro che, per un periodo di durata indeterminata, un’espulsione non è consentita a causa del principio di non respingimento, e ciò viene anche accertato in modo idoneo al passaggio in giudicato».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

26      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/95 debba essere interpretato nel senso che l’applicazione di tale disposizione è subordinata alla condizione che sia accertato, al termine di un bilanciamento, che l’interesse pubblico connesso al rimpatrio del cittadino interessato di un paese terzo nel suo paese di origine prevalga sull’interesse di tale cittadino di un paese terzo al mantenimento della protezione internazionale, in considerazione della portata e della natura delle misure alle quali quest’ultimo potrebbe essere esposto in caso di rimpatrio nel suo paese di origine.

27      L’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/95 stabilisce che gli Stati membri hanno la facoltà di revocare lo status riconosciuto a un rifugiato quando la persona in questione, essendo stata condannata con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità dello Stato membro in cui si trova.

28      Dai punti da 27 a 42 della sentenza in data odierna, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Rifugiato che ha commesso un reato grave) (C‑8/22), risulta che l’applicazione di tale articolo 14, paragrafo 4, lettera b), è subordinata al ricorrere di due condizioni distinte relative, da un lato, al fatto che il cittadino interessato di un paese terzo sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità e, dall’altro, al fatto che sia stato accertato che quest’ultimo costituisce un pericolo per la comunità dello Stato membro in cui si trova.

29      Pertanto, sebbene le questioni sollevate nella presente causa non si riferiscano alla prima di tali condizioni, occorre rilevare che spetta al giudice del rinvio, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, verificare se tale condizione sia soddisfatta, assicurandosi che almeno uno dei reati per i quali AA è stato condannato con sentenza passata in giudicato debba essere qualificato come «reato di particolare gravità», ai sensi di detto articolo 14, paragrafo 4, lettera b).

30      A tale riguardo, occorre sottolineare che dai punti da 23 a 47 della sentenza in data odierna, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Reato di particolare gravità) (C‑402/22), risulta che costituisce un «reato di particolare gravità», ai sensi di tale disposizione, un reato che presenta, alla luce delle sue caratteristiche specifiche, una gravità eccezionale, in quanto fa parte dei reati che maggiormente ledono l’ordinamento giuridico della comunità interessata. Al fine di valutare se un reato per il quale un cittadino di un paese terzo è stato condannato con sentenza passata in giudicato presenti un siffatto grado di gravità, occorre tener conto, in particolare, della pena comminata e della pena inflitta per tale reato, della natura di quest’ultimo, di eventuali circostanze aggravanti o attenuanti, del carattere doloso o meno di detto reato, della natura e dell’entità dei danni causati dallo stesso reato, nonché della procedura applicata per reprimere quest’ultimo.

31      La Corte ha dichiarato, in particolare, al punto 39 di tale sentenza, che l’applicazione dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/95 può essere giustificata solo in caso di condanna con sentenza passata in giudicato per un reato che, considerato isolatamente, rientra nella nozione di «reato di particolare gravità», il che presuppone che esso presenti il grado di gravità di cui al punto precedente della presente sentenza, fermo restando che tale grado di gravità non può essere raggiunto da un cumulo di reati distinti, nessuno dei quali costituisca, in quanto tale, un reato di particolare gravità.

32      Per quanto riguarda la seconda delle condizioni di cui al punto 28 della presente sentenza, dai punti da 46 a 65 della sentenza in data odierna, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Rifugiato che ha commesso un reato grave) (C‑8/22), risulta che una misura di cui al medesimo articolo 14, paragrafo 4, lettera b), può essere adottata solo qualora il cittadino interessato di un paese terzo costituisca un pericolo reale, attuale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della comunità dello Stato membro in cui si trova. Nell’ambito della valutazione della sussistenza di tale pericolo, spetta all’autorità competente procedere a una valutazione di tutte le circostanze specifiche del singolo caso di cui trattasi.

33      Inoltre, come rilevato ai punti da 66 a 70 di detta sentenza, tale autorità deve operare un bilanciamento tra, da un lato, il pericolo che il cittadino interessato di un paese terzo costituisce per un interesse fondamentale della comunità dello Stato membro in cui si trova e, dall’altro, i diritti che devono essere garantiti, conformemente alla direttiva 2011/95, alle persone che soddisfano le condizioni sostanziali dell’articolo 2, lettera d), di tale direttiva, al fine di determinare se l’adozione di una misura di cui all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), di detta direttiva costituisca una misura proporzionata a tale pericolo.

34      Nel caso di specie, in considerazione dei dubbi espressi dal giudice del rinvio, occorre stabilire se, nell’ambito di tale bilanciamento, l’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della medesima direttiva imponga, inoltre, agli Stati membri di tener conto delle conseguenze, per il cittadino interessato di un paese terzo o per la comunità dello Stato membro in cui tale cittadino di un paese terzo si trova, di un eventuale rimpatrio di quest’ultimo nel suo paese di origine.

35      A tale riguardo, occorre certamente rilevare che le ipotesi di cui all’articolo 14, paragrafo 4, della direttiva 2011/95, nelle quali gli Stati membri possono procedere alla revoca dello status di rifugiato, corrispondono, in sostanza, a quelle nelle quali gli Stati membri possono procedere al respingimento di un rifugiato in forza dell’articolo 21, paragrafo 2, di detta direttiva e dell’articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione di Ginevra [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato) (C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punto 93].

36      Tuttavia, mentre l’articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione di Ginevra priva, in ipotesi del genere, il rifugiato del beneficio del principio del non respingimento verso un paese in cui la sua vita o la sua libertà sia minacciata, l’articolo 21, paragrafo 2, della direttiva 2011/95 deve essere interpretato e applicato, come conferma il considerando 16 di quest’ultima, in osservanza dei diritti garantiti dalla Carta, segnatamente dall’articolo 4 e dall’articolo 19, paragrafo 2, di quest’ultima, che vietano in termini perentori la tortura nonché le pene e i trattamenti inumani o degradanti, a prescindere dal comportamento dell’interessato, così come l’allontanamento verso uno Stato in cui esista un rischio serio di essere sottoposto a trattamenti del genere. Pertanto, gli Stati membri non possono allontanare, espellere o estradare uno straniero quando esistono seri e comprovati motivi di ritenere che, nel paese di destinazione, egli vada incontro a un rischio reale di subire trattamenti vietati dall’articolo 4 e dall’articolo 19, paragrafo 2, della Carta [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato), C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punto 94].

37      Pertanto, quando il respingimento di un rifugiato che rientri in una delle ipotesi previste all’articolo 14, paragrafo 4, nonché all’articolo 21, paragrafo 2, della direttiva 2011/95 farebbe correre a quest’ultimo il rischio che siano violati i suoi diritti fondamentali sanciti dall’articolo 4 e dall’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, lo Stato membro interessato non può derogare al principio del non respingimento ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione di Ginevra [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato), C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punto 95].

38      In tali circostanze, posto che l’articolo 14, paragrafo 4, della direttiva 2011/95 prevede, nelle ipotesi in esso previste, la possibilità per gli Stati membri di revocare lo status di rifugiato, ai sensi di detta direttiva, mentre l’articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione di Ginevra consente, per parte sua, il respingimento di un rifugiato che si trovi in una di tali ipotesi verso un paese in cui la sua vita o la sua libertà sia minacciata, il diritto dell’Unione prevede una protezione internazionale dei rifugiati interessati più ampia di quella garantita da detta convenzione [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato), C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punto 96].

39      Ne consegue che, conformemente al diritto dell’Unione, l’autorità competente può essere legittimata a revocare, in applicazione dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/95, lo status di rifugiato riconosciuto a un cittadino di un paese terzo, senza tuttavia essere necessariamente autorizzata ad allontanarlo verso il suo paese di origine.

40      Sul piano procedurale, un siffatto allontanamento presupporrebbe, inoltre, l’adozione di una decisione di rimpatrio, nel rispetto delle garanzie sostanziali e procedurali previste dalla direttiva 2008/115, la quale prevede in particolare, al suo articolo 5, che gli Stati membri siano tenuti, nell’attuazione di tale direttiva, a rispettare il principio del non respingimento.

41      Non si può, quindi, ritenere che la revoca dello status di rifugiato, in applicazione dell’articolo 14, paragrafo 4, della direttiva 2011/95, implichi una presa di posizione riguardo alla diversa questione se tale persona possa essere allontanata verso il suo paese di origine (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2010, B e D, C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 110).

42      Pertanto, le conseguenze, per il cittadino interessato di un paese terzo o per la comunità dello Stato membro in cui tale cittadino di un paese terzo si trova, di un eventuale rimpatrio di quest’ultimo nel suo paese di origine sono destinate ad essere prese in considerazione non già al momento dell’adozione della decisione di revoca dello status di rifugiato, bensì, eventualmente, qualora l’autorità competente preveda di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di detto cittadino di un paese terzo.

43      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che l’applicazione di tale disposizione è subordinata all’accertamento, da parte dell’autorità competente, che la revoca dello status di rifugiato costituisca una misura proporzionata rispetto al pericolo che il cittadino interessato di un paese terzo rappresenta per un interesse fondamentale della comunità dello Stato membro in cui tale cittadino di un paese terzo si trova. A tal fine, detta autorità competente deve operare un bilanciamento tra tale pericolo e i diritti che devono essere garantiti, conformemente a detta direttiva, alle persone che soddisfano le condizioni sostanziali di cui all’articolo 2, lettera d), della medesima direttiva, senza tuttavia che detta autorità competente sia tenuta, inoltre, a verificare che l’interesse pubblico connesso al rimpatrio di tale cittadino di un paese terzo nel suo paese di origine prevalga sull’interesse del medesimo cittadino di un paese terzo al mantenimento della protezione internazionale, in considerazione della portata e della natura delle misure alle quali quest’ultimo sarebbe esposto in caso di rimpatrio nel suo paese di origine.

 Sulla seconda questione

44      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2008/115, in particolare il suo articolo 5, debba essere interpretata nel senso che osta all’adozione di una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino di un paese terzo qualora sia accertato che un allontanamento di quest’ultimo verso il paese di destinazione previsto, in forza del principio del non respingimento, è escluso a tempo indeterminato.

45      Occorre sottolineare, in primo luogo, che, fatte salve le deroghe previste all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2008/115, quest’ultima si applica a qualsiasi cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro sia irregolare. Inoltre, un cittadino di un paese terzo, qualora rientri nell’ambito di applicazione di tale direttiva, deve, in linea di principio, essere assoggettato alle norme e alle procedure comuni da essa previste ai fini del suo rimpatrio, e ciò fintanto che il suo soggiorno non sia stato, eventualmente, regolarizzato [sentenza del 22 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico), C‑69/21, EU:C:2022:913, punto 52].

46      Sotto tale profilo, da un lato, dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 risulta che, una volta accertato il carattere irregolare del soggiorno, qualsiasi cittadino di un paese terzo, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5 dello stesso articolo e nella rigorosa osservanza dei requisiti stabiliti all’articolo 5 della stessa direttiva, deve essere oggetto di una decisione di rimpatrio, la quale deve individuare, tra i paesi terzi di cui all’articolo 3, punto 3, della direttiva 2008/115, quello verso il quale deve essere allontanato [sentenza del 22 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico), C‑69/21, EU:C:2022:913, punto 53].

47      A tale riguardo, occorre rilevare che un cittadino di un paese terzo il cui status di rifugiato sia stato revocato dovrà essere considerato in una situazione di soggiorno irregolare, a meno che non gli sia stato concesso un permesso di soggiorno ad altro titolo dallo Stato membro in cui si trova.

48      Dall’altro lato, uno Stato membro non può procedere all’allontanamento di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare, in forza dell’articolo 8 della direttiva 2008/115, senza che sia stata previamente adottata, nel rispetto delle garanzie sostanziali e procedurali che tale direttiva istituisce, una decisione di rimpatrio nei confronti di tale cittadino [sentenza del 22 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico), C‑69/21, EU:C:2022:913, punto 54].

49      In secondo luogo, l’articolo 5 della direttiva 2008/115, che costituisce una norma generale che si impone agli Stati membri dal momento in cui essi attuano tale direttiva, obbliga l’autorità nazionale competente a rispettare, in tutte le fasi della procedura di rimpatrio, il principio del non respingimento, garantito, in quanto diritto fondamentale, dall’articolo 18 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra, nonché dall’articolo 19, paragrafo 2, della Carta. Ciò vale, in particolare, quando tale autorità, dopo aver ascoltato l’interessato, intende adottare una decisione di rimpatrio nei suoi confronti [v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico), C‑69/21, EU:C:2022:913, punto 55].

50      Di conseguenza, l’articolo 5 della direttiva 2008/115 osta a che un cittadino di un paese terzo sia oggetto di una decisione di rimpatrio allorché tale decisione prende in considerazione, come paese di destinazione, un paese in cui esistono seri e comprovati motivi per ritenere che, se fosse data esecuzione a siffatta decisione, tale cittadino sarebbe esposto a un rischio reale di trattamenti contrari all’articolo 18 o all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta [sentenza del 22 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico), C‑69/21, EU:C:2022:913, punto 56].

51      Ciò è proprio quanto avviene in una situazione come quella di cui al procedimento principale, nella quale l’autorità competente prevede il rimpatrio di un cittadino di un paese terzo verso il suo paese di origine, ma ha già constatato che il principio del non respingimento osta a un siffatto rimpatrio.

52      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 5 della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che osta all’adozione di una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino di un paese terzo qualora sia accertato che un allontanamento di quest’ultimo verso il paese di destinazione previsto, in forza del principio del non respingimento, è escluso a tempo indeterminato.

 Sulle spese

53      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta,

deve essere interpretato nel senso che:

l’applicazione di tale disposizione è subordinata all’accertamento, da parte dell’autorità competente, che la revoca dello status di rifugiato costituisca una misura proporzionata rispetto al pericolo che il cittadino interessato di un paese terzo rappresenta per un interesse fondamentale della comunità dello Stato membro in cui tale cittadino di un paese terzo si trova. A tal fine, detta autorità competente deve operare un bilanciamento tra tale pericolo e i diritti che devono essere garantiti, conformemente a detta direttiva, alle persone che soddisfano le condizioni sostanziali di cui all’articolo 2, lettera d), della medesima direttiva, senza tuttavia che detta autorità competente sia tenuta, inoltre, a verificare che l’interesse pubblico connesso al rimpatrio di tale cittadino di un paese terzo nel suo paese di origine prevalga sull’interesse del medesimo cittadino di un paese terzo al mantenimento della protezione internazionale, in considerazione della portata e della natura delle misure alle quali quest’ultimo sarebbe esposto in caso di rimpatrio nel suo paese di origine.

2)      L’articolo 5 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare,

deve essere interpretato nel senso che:

osta all’adozione di una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino di un paese terzo qualora sia accertato che un allontanamento di quest’ultimo verso il paese di destinazione previsto, in forza del principio del non respingimento, è escluso a tempo indeterminato.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.