Language of document : ECLI:EU:C:2023:626

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

5 settembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione europea – Articolo 20 TFUE – Articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Cittadino avente la cittadinanza di uno Stato membro e la cittadinanza di un paese terzo – Perdita ipso iure della cittadinanza dello Stato membro all’età di 22 anni per mancanza di un collegamento effettivo con tale Stato membro, in assenza di domanda di mantenimento della cittadinanza prima del compimento di tale età – Perdita dello status di cittadino dell’Unione – Esame della proporzionalità delle conseguenze di tale perdita sotto il profilo del diritto dell’Unione – Termine di decadenza»

Nella causa C‑689/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca), con decisione dell’11 ottobre 2021, pervenuta in cancelleria il 16 novembre 2021, nel procedimento

X

contro

Udlændinge- og Integrationsministeriet,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Prechal, C. Lycourgos (relatore), E. Regan, P.G. Xuereb, L.S. Rossi, D. Gratsias e M.L. Arastey Sahún, presidenti di sezione, S. Rodin, F. Biltgen, N. Piçarra, N. Wahl, I. Ziemele e J. Passer, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: C. Strömholm, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 ottobre 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per X, da E.O.R. Khawaja, advokat;

–        per il governo danese, da V. Pasternak Jørgensen e M. Søndahl Wolff, in qualità di agenti, assistite da R. Holdgaard e A.K. Rasmussen, advokater;

–        per il governo francese, da A. Daniel, A.-L. Desjonquères e J. Illouz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da L. Grønfeldt e E. Montaguti, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 gennaio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE e dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra X e l’Udlændinge- og Integrationsministeriet (Ministero dell’Immigrazione e dell’Integrazione, Danimarca) (in prosieguo: il «Ministero») in relazione alla perdita della cittadinanza danese di X.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 20 TFUE così dispone:

«1.      È istituita una cittadinanza dell’Unione [europea]. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.

2.      I cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, tra l’altro:

a)      il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;

(...)».

4        Ai sensi dell’articolo 7 della Carta, ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni.

5        La dichiarazione n. 2 sulla cittadinanza di uno Stato membro, allegata dagli Stati membri all’Atto finale del Trattato sull’Unione europea (GU 1992, C 191, pag. 98; in prosieguo: la «dichiarazione n. 2»), è così formulata:

«La Conferenza dichiara che, ogniqualvolta nel trattato che istituisce la Comunità europea si fa riferimento a cittadini degli Stati membri, la questione se una persona abbia la nazionalità di questo o quello Stato membro sarà definita soltanto in riferimento al diritto nazionale dello Stato membro interessato. (...)».

6        A termini della sezione A della decisione dei capi di stato e di governo riuniti in sede di Consiglio europeo di Edimburgo dell’11 e 12 dicembre 1992, concernente alcuni problemi attinenti al Trattato sull’Unione europea sollevati dalla Danimarca (GU 1992, C 348, pag. 1; in prosieguo: la «decisione di Edimburgo»):

«Le disposizioni della parte seconda del trattato che istituisce la Comunità europea riguardanti la cittadinanza dell’Unione conferiscono ai cittadini degli Stati membri diritti e tutela complementari come precisato nella parte stessa. Questi ultimi non si sostituiscono in alcun modo alla cittadinanza del singolo Stato. La questione se una persona abbia cittadinanza di uno Stato membro è definita esclusivamente in riferimento al diritto nazionale dello Stato membro interessato».

 Diritto danese

7        L’articolo 8, paragrafo 1, della lov om dansk indfødsret (legge sulla cittadinanza danese), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sulla cittadinanza»), prevede quanto segue:

«La persona nata all’estero che non ha mai risieduto nel territorio nazionale e non vi ha nemmeno soggiornato in condizioni indicanti un legame di coesione con la Danimarca perde la cittadinanza danese al compimento dei 22 anni di età, salvo divenga, in tal modo, apolide. Tuttavia, il Ministro per i Rifugiati, i Migranti e l’Integrazione, o la persona da esso autorizzata a tal fine, può, su richiesta presentata prima di tale data, consentire il mantenimento della cittadinanza».

8        Secondo la cirkulæreskrivelse om naturalisation nr. 10873 (circolare sulla naturalizzazione n. 10873), del 13 ottobre 2015, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «circolare sulla naturalizzazione»), gli ex cittadini danesi che hanno perso la cittadinanza danese in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, della legge sulla cittadinanza devono, in linea di principio, soddisfare le condizioni generali di acquisto della cittadinanza danese richieste dalla legge per poter riacquistare nuovamente tale cittadinanza. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di detta circolare, il richiedente deve risiedere nel territorio nazionale al momento della richiesta di naturalizzazione. Ai sensi dell’articolo 7 della circolare, il richiedente deve aver soggiornato ininterrottamente per nove anni nel territorio del Regno di Danimarca.

9        In applicazione dell’articolo 13 della circolare sulla naturalizzazione, in combinato disposto con l’allegato 1, punto 3, della medesima circolare, i requisiti generali in materia di soggiorno possono essere attenuati per le persone che possedevano in precedenza la cittadinanza danese o che sono di origine danese.

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

10      X è nata il 5 ottobre 1992 negli Stati Uniti d’America da madre danese e padre americano. X possedeva, dalla nascita, la cittadinanza danese e americana. Ha un fratello e una sorella che vivono negli Stati Uniti, uno dei quali è cittadino danese. Non ha genitori, fratelli né sorelle che vivono in Danimarca.

11      Il 17 novembre 2014, vale a dire dopo aver compiuto l’età di 22 anni, X ha presentato al Ministero una domanda di mantenimento della sua cittadinanza danese.

12      Sulla base delle informazioni contenute in tale domanda, il Ministero ha considerato che X aveva soggiornato in Danimarca per un massimo di 44 settimane prima del suo ventiduesimo compleanno. X avrebbe altresì dichiarato di essere rimasta in Danimarca per cinque settimane dopo il suo ventiduesimo compleanno e di aver fatto parte nel 2015 della squadra femminile danese di pallacanestro. Inoltre, X avrebbe indicato che, nel 2005, aveva soggiornato in Francia per circa tre o quattro settimane.

13      Con decisione del 31 gennaio 2017, il Ministero ha informato X della perdita della sua cittadinanza danese al compimento dei 22 anni di età, conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, prima frase, della legge sulla cittadinanza, e dell’impossibilità di avvalersi della deroga prevista all’articolo 8, paragrafo 1, seconda frase, di detta legge, poiché la domanda di mantenimento della cittadinanza era stata presentata dopo il compimento dei 22 anni di età.

14      Tale decisione indica, in particolare, che detta perdita è giustificata dal fatto che X non ha mai risieduto in Danimarca e che non vi ha neppure soggiornato in condizioni indicanti un legame di coesione con tale Stato membro, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, prima frase, della legge sulla cittadinanza, dato che i soggiorni di quest’ultima nel territorio nazionale sono durati al massimo 44 settimane prima dell’età di 22 anni.

15      Il 9 febbraio 2018 X ha proposto dinanzi al Københavns byret (Tribunale municipale di Copenaghen, Danimarca) un ricorso diretto all’annullamento della decisione del 31 gennaio 2017 menzionata al punto 13 della presente sentenza e volto ad ottenere un «riesame della causa». Tale ricorso è stato rinviato, con ordinanza del 3 aprile 2020, all’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca), giudice del rinvio.

16      A sostegno del suo ricorso dinanzi a tale giudice, X sostiene che, sebbene il mantenimento di un collegamento effettivo e la salvaguardia del particolare rapporto di solidarietà e di lealtà con lo Stato membro in questione rientrino in un obiettivo legittimo, la perdita automatica e senza eccezioni della cittadinanza danese, prevista all’articolo 8, paragrafo 1, della legge sulla cittadinanza, non è tuttavia proporzionata rispetto a un siffatto obiettivo ed è quindi contraria all’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 7 della Carta.

17      Secondo X, le norme relative alla perdita della cittadinanza possono essere considerate proporzionate solo se, come risulta dalla sentenza del 12 marzo 2019, Tjebbes e a. (C‑221/17, EU:C:2019:189), la normativa nazionale consente, parallelamente, un accesso particolarmente semplificato al riacquisto della cittadinanza. Orbene, un siffatto accesso non sarebbe previsto dalla normativa danese. Inoltre, secondo tale normativa, il riacquisto della cittadinanza non avverrebbe ex tunc.

18      Il Ministero ritiene che la valutazione della legittimità e della proporzionalità dell’articolo 8, paragrafo 1, della legge sulla cittadinanza nei confronti delle persone che hanno compiuto 22 anni di età al momento della domanda di mantenimento della cittadinanza danese debba basarsi su una valutazione complessiva del regime danese riguardante la perdita e il riacquisto di tale cittadinanza. Il legislatore danese avrebbe ritenuto che le persone nate all’estero e che non abbiano vissuto nel territorio del Regno di Danimarca o risieduto in modo significativo in tale Stato membro perdano progressivamente il loro rapporto di lealtà e di solidarietà nonché il loro legame con detto Stato membro, e che sarebbe quindi proporzionato distinguere la loro situazione giuridica prima e dopo l’età di 22 anni. La proporzionalità della perdita ipso iure della cittadinanza danese per le persone che abbiano compiuto l’età di 22 anni dovrebbe essere valutata anche alla luce delle norme particolarmente clementi che prevedono la conservazione della cittadinanza fino a tale età.

19      Inoltre, il Ministero ritiene che la legittimità e la proporzionalità delle norme nazionali relative alla perdita della cittadinanza danese siano attestate dal fatto che si può decidere che tale cittadinanza sia conservata, sulla base di una valutazione caso per caso, effettuata a seguito di una domanda di mantenimento di detta cittadinanza, presentata in una data più vicina possibile a quella in cui la persona interessata compie 22 anni, data quest’ultima menzionata all’articolo 8, paragrafo 1, prima frase, della legge sulla cittadinanza.

20      In tale contesto, il giudice del rinvio descrive anzitutto la prassi amministrativa del Ministero per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, della legge sulla cittadinanza. Da un lato, per quanto riguarda la valutazione dell’esistenza di «un legame di coesione con la Danimarca», ai sensi della prima frase di tale disposizione, verrebbe operata una distinzione tra le situazioni in cui la durata del soggiorno dell’interessato in Danimarca sia stata inferiore o superiore a un anno prima dell’età di 22 anni. Se la durata di tale soggiorno è stata di almeno un anno, le autorità nazionali riconoscerebbero l’esistenza di un legame di coesione con il Regno di Danimarca sufficiente a giustificare il mantenimento della cittadinanza danese. Per contro, nella situazione inversa, i requisiti relativi a tale coesione sarebbero più rigorosi, nel senso che l’interessato dovrebbe dimostrare che i soggiorni più brevi siano nondimeno l’espressione di una «coesione particolare con la Danimarca».

21      Dall’altro lato, per quanto riguarda la possibilità di autorizzare il mantenimento della cittadinanza danese conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, seconda frase, della legge sulla cittadinanza, l’accento sarebbe posto su una serie di altri elementi, quali la durata totale del soggiorno del richiedente nel territorio del Regno di Danimarca, il numero di soggiorni in tale Stato membro, il fatto che i medesimi siano stati effettuati poco prima dell’età di 22 anni o che risalgano a diversi anni prima nonché il fatto che il richiedente parli correntemente il danese e abbia, inoltre, un legame con detto Stato membro, ad esempio a motivo di contatti con genitori danesi o di relazioni con associazioni danesi o simili.

22      Il giudice del rinvio indica poi che, a seguito della pronuncia della sentenza del 12 marzo 2019, Tjebbes e a. (C‑221/17, EU:C:2019:189), è stata chiarita la comprensione dell’articolo 8, paragrafo 1, della legge sulla cittadinanza. Sarebbe ormai pacifico che il Ministero, in caso di domanda di mantenimento della cittadinanza danese presentata prima dell’età di 22 anni, debba prendere in considerazione un certo numero di elementi ulteriori al fine di procedere a un esame individuale della proporzionalità delle conseguenze, sotto il profilo del diritto dell’Unione, della perdita di tale cittadinanza e, pertanto, della cittadinanza dell’Unione. A tale riguardo, il Ministero sarebbe tenuto a valutare se le conseguenze della perdita della cittadinanza dell’Unione sotto il profilo del diritto dell’Unione siano proporzionate all’obiettivo sotteso alla perdita di detta cittadinanza, vale a dire garantire l’esistenza di un collegamento effettivo con il Regno di Danimarca.

23      Secondo il giudice del rinvio, alla luce della sentenza del 12 marzo 2019, Tjebbes e a. (C‑221/17, EU:C:2019:189), sussiste un dubbio riguardo alla compatibilità con l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 7 della Carta, della perdita della cittadinanza danese e, se del caso, della cittadinanza dell’Unione che, in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, prima frase, della legge sulla cittadinanza, interviene, ipso iure e senza eccezioni, all’età di 22 anni, tenuto conto altresì del difficile accesso al riacquisto di tale cittadinanza per naturalizzazione dopo tale età. Tale giudice indica, al riguardo, che, in caso di perdita di detta cittadinanza, gli ex cittadini danesi devono, in linea di principio, soddisfare le condizioni generali di naturalizzazione, anche se una certa attenuazione di tali condizioni può essere concessa per quanto riguarda la durata del soggiorno in Danimarca.

24      In tali circostanze, l’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 7 [della Carta], osti a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, secondo la quale la cittadinanza di tale Stato membro viene persa in linea di principio ex lege al compimento dei 22 anni di età in caso di persone nate al di fuori di tale Stato membro, che non hanno mai vissuto in tale Stato membro e che non vi hanno nemmeno soggiornato in circostanze che indichino un legame di coesione con tale Stato membro, con la conseguenza che le persone che non possiedono anche la cittadinanza di un altro Stato membro sono private del loro status di cittadini dell’Unione e dei diritti connessi, tenuto conto del fatto che dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale risulta che:

a)      l’esistenza di un legame di coesione con lo Stato membro è presunta, in particolare, dopo un totale di un anno di soggiorno in tale Stato membro,

b)      se la domanda di mantenimento della cittadinanza è presentata prima del compimento dei 22 anni, l’autorizzazione a conservare la cittadinanza dello Stato membro può essere ottenuta a condizioni meno rigorose e a tal fine le autorità competenti esaminano le conseguenze della perdita della cittadinanza; e

c)      la cittadinanza persa dopo il compimento dei 22 anni di età può essere riacquistata soltanto con la naturalizzazione, per la quale si prevedono una serie di requisiti, tra cui il soggiorno ininterrotto nello Stato membro per un lungo periodo, sebbene il requisito della durata del soggiorno possa essere in una certa misura attenuato nel caso di ex cittadini di tale Stato membro».

 Sulla questione pregiudiziale

25      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20 TFUE, letto alla luce dell’articolo 7 della Carta, debba essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro secondo la quale i suoi cittadini, nati al di fuori del suo territorio, che non vi abbiano mai risieduto né soggiornato in condizioni che dimostrino un collegamento effettivo con tale Stato membro, perdono ipso iure la cittadinanza di quest’ultimo all’età di 22 anni, circostanza che comporta, per coloro che non sono anche cittadini di un altro Stato membro, la perdita del loro status di cittadino dell’Unione e dei diritti ad esso connessi, ma che consente alle autorità competenti, in caso di domanda presentata da tale cittadino nell’anno precedente il compimento del suo ventiduesimo compleanno ai fini del mantenimento di tale cittadinanza, di esaminare la proporzionalità delle conseguenze della perdita di quest’ultima sotto il profilo del diritto dell’Unione e, se del caso, di concedere il mantenimento di detta cittadinanza.

26      Occorre anzitutto rilevare che il governo danese ha invitato la Corte a prendere in considerazione, per rispondere a tale questione, la decisione di Edimburgo, da cui risulterebbe che il Regno di Danimarca, da un lato, dispone di un ampio potere discrezionale per definire le condizioni di acquisto e di perdita della cittadinanza e, dall’altro, adotta una posizione particolare per quanto riguarda la cittadinanza dell’Unione. Come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, i passaggi pertinenti di tale decisione relativi alla cittadinanza dell’Unione sono formulati negli stessi termini contenuti nella dichiarazione n. 2.

27      È vero che la decisione di Edimburgo e la dichiarazione n. 2, destinate a chiarire la questione della delimitazione dell’ambito di applicazione ratione personae delle disposizioni del diritto dell’Unione che fanno riferimento alla nozione di «cittadino», devono essere prese in considerazione in quanto strumenti di interpretazione del Trattato UE, più specificamente al fine di determinare l’ambito di applicazione ratione personae di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2010, Rottmann, C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 40).

28      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, se è vero che la determinazione dei modi di acquisto e di perdita della cittadinanza rientra, in conformità al diritto internazionale, nella competenza di ciascuno Stato membro, il fatto che una materia rientri nella competenza degli Stati membri non impedisce che, in situazioni ricadenti nell’ambito del diritto dell’Unione, le norme nazionali di cui trattasi debbano rispettare quest’ultimo (sentenze del 2 marzo 2010, Rottmann, C‑135/08, EU:C:2010:104, punti 39 e 41, nonché del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C‑221/17, EU:C:2019:189, punto 30).

29      Orbene, l’articolo 20 TFUE conferisce a chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro lo status di cittadino dell’Unione, il quale è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri [sentenza del 18 gennaio 2022, Wiener Landesregierung (Revoca di una garanzia di naturalizzazione), C‑118/20, EU:C:2022:34, punto 38 e giurisprudenza ivi citata].

30      Pertanto, la situazione di cittadini dell’Unione che, come la ricorrente nel procedimento principale, possiedono la cittadinanza di un solo Stato membro e che, con la perdita di tale cittadinanza, si ritrovano senza lo status conferito dall’articolo 20 TFUE e i diritti a esso correlati ricade, per sua natura e per le conseguenze che produce, nella sfera del diritto dell’Unione. Pertanto, nell’esercizio della loro competenza in materia di cittadinanza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, il principio di proporzionalità [sentenze del 2 marzo 2010, Rottmann, C‑135/08, EU:C:2010:104, punti 42 e 45; del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C‑221/17, EU:C:2019:189, punto 32, nonché del 18 gennaio 2022, Wiener Landesregierung (Revoca di una garanzia di naturalizzazione), C‑118/20, EU:C:2022:34, punto 51].

31      In tale contesto, la Corte ha già dichiarato che è legittimo che uno Stato membro voglia tutelare il particolare rapporto di solidarietà e di lealtà tra esso e i suoi cittadini nonché la reciprocità di diritti e di doveri, che costituiscono il fondamento del vincolo di cittadinanza [sentenze del 2 marzo 2010, Rottmann, C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 51; del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C‑221/17, EU:C:2019:189, punto 33, nonché del 18 gennaio 2022, Wiener Landesregierung (Revoca di una garanzia di naturalizzazione), C‑118/20, EU:C:2022:34, punto 52].

32      Nell’esercizio della sua competenza che gli consente di definire i modi di acquisto e di perdita della cittadinanza, è altresì legittimo per uno Stato membro considerare che la cittadinanza sia espressione di un legame effettivo con tale Stato membro, e ricollegare, di conseguenza, all’assenza o alla cessazione di un siffatto collegamento effettivo la perdita della sua cittadinanza (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C‑221/17, EU:C:2019:189, punto 35).

33      Nel caso di specie, conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, prima frase, della legge sulla cittadinanza, i cittadini danesi nati all’estero, che non abbiano mai risieduto in Danimarca e che non vi abbiano neppure soggiornato in condizioni indicanti un collegamento effettivo con quest’ultima, perdono, ipso iure, la cittadinanza danese all’età di 22 anni, a meno che non diventino apolidi.

34      Secondo il giudice del rinvio, dai lavori preparatori della legge sulla cittadinanza risulta che l’articolo 8 di quest’ultima ha lo scopo di impedire la trasmissione della cittadinanza danese di generazione in generazione a persone stabilite all’estero che non abbiano alcuna conoscenza del Regno di Danimarca né alcun legame con tale paese.

35      A tale riguardo, occorre rilevare che il diritto dell’Unione non osta né a che uno Stato membro preveda che la valutazione dell’esistenza o dell’assenza di un collegamento effettivo con esso si basi sulla presa in considerazione di criteri, come quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, prima frase, della legge sulla cittadinanza, basati sul luogo di nascita e di residenza della persona interessata e sulle condizioni di soggiorno di quest’ultima nel territorio nazionale, né a che tale Stato membro limiti detta valutazione al periodo che si estende fino al giorno in cui tale persona abbia compiuto l’età di 22 anni.

36      Ai fini della presente causa, non occorre esaminare la legittimità di siffatti criteri in quanto, ai fini di detta valutazione, essi non operano alcuna distinzione tra la nascita e la residenza o il soggiorno della persona interessata in uno Stato membro e la nascita e la residenza o il soggiorno di tale persona in un paese terzo. Infatti, come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, nel caso di specie X non ha menzionato alcun elemento idoneo a dimostrare che abbia risieduto o soggiornato, ad eccezione di alcune settimane, in uno Stato membro prima del suo ventiduesimo compleanno.

37      In tali circostanze, il diritto dell’Unione non osta, in linea di principio, a che, in situazioni come quelle di cui all’articolo 8, paragrafo 1, della legge sulla cittadinanza, uno Stato membro preveda, per motivi d’interesse generale, la perdita della sua cittadinanza, ancorché tale perdita comporti, per la persona interessata, quella del suo status di cittadino dell’Unione.

38      Tuttavia, tenuto conto dell’importanza che il diritto primario dell’Unione attribuisce allo status di cittadino dell’Unione che, come ricordato al punto 29 della presente sentenza, costituisce lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri, spetta alle autorità nazionali competenti e ai giudici nazionali verificare se la perdita della cittadinanza dello Stato membro interessato, qualora comporti la perdita dello status di cittadino dell’Unione e dei diritti che ne derivano, rispetti il principio di proporzionalità per quanto riguarda le sue conseguenze sulla situazione dell’interessato e, se del caso, su quella dei suoi familiari, sotto il profilo del diritto dell’Unione (sentenze del 2 marzo 2010, Rottmann, C‑135/08, EU:C:2010:104, punti 55 e 56, nonché del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C‑221/17, EU:C:2019:189, punto 40).

39      La perdita ipso iure della cittadinanza di uno Stato membro sarebbe incompatibile con il principio di proporzionalità se le norme nazionali pertinenti non consentissero, in nessun momento, un esame individuale delle conseguenze determinate da tale perdita, per gli interessati, sotto il profilo del diritto dell’Unione (sentenza del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C‑221/17, EU:C:2019:189, punto 41).

40      Ne consegue che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui la perdita della cittadinanza di uno Stato membro avviene ipso iure ad una determinata età e comporta la perdita dello status di cittadino dell’Unione, le autorità e i giudici nazionali competenti devono poter esaminare le conseguenze di tale perdita di cittadinanza e, se del caso, consentire a tale persona di conservare la propria cittadinanza o di riacquistarla ex tunc (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C‑221/17, EU:C:2019:189, punto 42).

41      A tale riguardo, il diritto dell’Unione non impone alcun termine preciso per la presentazione di una domanda diretta a un siffatto esame. Spetta quindi all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, nella fattispecie dei diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione, purché, in particolare, tali modalità rispettino il principio di effettività in quanto non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 1976, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral, 33/76, EU:C:1976:188, punto 5, nonché del 15 aprile 2008, Impact, C‑268/06, EU:C:2008:223, punto 46).

42      In tale contesto, la Corte ha riconosciuto la compatibilità con il diritto dell’Unione della fissazione di termini ragionevoli di ricorso a pena di decadenza nell’interesse della certezza del diritto. Infatti, siffatti termini non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione [sentenze del 12 febbraio 2008, Kempter, C‑2/06, EU:C:2008:78, punto 58, nonché del 9 settembre 2020, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Rigetto di una domanda ulteriore – Termine di ricorso), C‑651/19, EU:C:2020:681, punto 53].

43      Ne consegue che gli Stati membri possono esigere, in nome del principio della certezza del diritto, che una domanda di mantenimento o di riacquisto della cittadinanza sia presentata alle autorità competenti entro un termine ragionevole.

44      Nel caso di specie, l’articolo 8, paragrafo 1, seconda frase, della legge sulla cittadinanza prevede la possibilità di chiedere il mantenimento della cittadinanza danese prima che la persona interessata abbia compiuto l’età di 22 anni. A tale riguardo, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il Ministero distingue due ipotesi, a seconda che, al momento della presentazione della domanda, il richiedente abbia meno di 21 anni o abbia tra i 21 e i 22 anni.

45      Nella prima ipotesi, il Ministero si limita a rilasciare al richiedente un certificato di cittadinanza senza pronunciarsi sul mantenimento della cittadinanza danese dopo che questi abbia compiuto l’età di 22 anni. Il giudice del rinvio indica che una situazione del genere si spiega con la volontà dell’amministrazione che la valutazione delle domande di mantenimento della cittadinanza danese avvenga in un momento il più vicino possibile alla data in cui il richiedente compia l’età di 22 anni.

46      È solo nella seconda ipotesi, quando la domanda di mantenimento della cittadinanza danese è presentata da un richiedente tra il suo ventunesimo e il suo ventiduesimo compleanno, che, come risulta dagli elementi contenuti nella domanda di pronuncia pregiudiziale, il Ministero procede, a partire dalla sentenza del 12 marzo 2019, Tjebbes e a. (C‑221/17, EU:C:2019:189), ad un esame individuale della proporzionalità delle conseguenze, sotto il profilo del diritto dell’Unione, della perdita della cittadinanza danese e, pertanto, dello status di cittadino dell’Unione. A tale riguardo, il Ministero sarebbe tenuto a valutare se dette conseguenze siano proporzionate all’obiettivo perseguito dall’articolo 8 della legge sulla cittadinanza consistente nel garantire l’esistenza di un collegamento effettivo tra i cittadini danesi e il Regno di Danimarca.

47      Tuttavia, in primo luogo, occorre rilevare che, secondo le indicazioni di cui dispone la Corte, tale termine di un anno, compreso tra il ventunesimo e il ventiduesimo compleanno della persona interessata, decorre ancorché tale persona non sia stata debitamente informata dalle autorità competenti del fatto di essere esposta alla perdita imminente e ipso iure della cittadinanza danese, e di avere il diritto di chiedere, entro detto termine, il mantenimento di tale cittadinanza.

48      Orbene, alla luce delle gravi conseguenze generate dalla perdita della cittadinanza di uno Stato membro, qualora essa comporti la perdita dello status di cittadino dell’Unione, per l’esercizio effettivo dei diritti che il cittadino dell’Unione trae dall’articolo 20 TFUE, non possono essere considerate conformi al principio di effettività norme o prassi nazionali che possano avere l’effetto di impedire alla persona esposta a tale perdita di cittadinanza di domandare che sia esaminata la proporzionalità delle conseguenze di detta perdita sotto il profilo del diritto dell’Unione, e ciò a motivo della scadenza del termine per domandare tale esame, in una situazione in cui tale persona non sia stata debitamente informata del diritto di domandare un siffatto esame nonché del termine entro il quale essa doveva presentare una siffatta domanda.

49      In secondo luogo, il termine di un anno di cui al punto 47 della presente sentenza scade alla data del ventiduesimo compleanno della persona interessata, ossia alla data in cui, conformemente alla normativa danese, devono essere soddisfatte le condizioni che consentono a tale persona di dimostrare un collegamento con il Regno di Danimarca sufficiente al fine di conservare la propria cittadinanza. Detta persona deve quindi essere in grado di far valere, nell’ambito dell’esame della proporzionalità delle conseguenze della perdita della cittadinanza danese sotto il profilo del diritto dell’Unione che l’autorità competente deve effettuare, tutti gli elementi pertinenti che hanno potuto prodursi fino al suo ventiduesimo compleanno. Ne deriva necessariamente che deve essere data la possibilità alla medesima persona di presentare siffatti elementi dopo il suo ventiduesimo compleanno.

50      Ne consegue che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui la normativa nazionale ha l’effetto di far perdere ipso iure alla persona interessata la cittadinanza dello Stato membro di cui trattasi e, di conseguenza, lo status di cittadino dell’Unione alla data in cui essa compie l’età di 22 anni, tale persona deve disporre di un termine ragionevole per presentare una domanda diretta ad ottenere dalle autorità competenti un esame della proporzionalità delle conseguenze di detta perdita nonché, eventualmente, il mantenimento o il riacquisto ex tunc di tale cittadinanza. Tale termine deve quindi estendersi, per un periodo ragionevole, oltre la data in cui detta persona compie tale età.

51      Al fine di consentire l’esercizio effettivo dei diritti che il cittadino dell’Unione trae dall’articolo 20 TFUE, tale termine ragionevole per presentare una siffatta domanda può decorrere solo a condizione che le autorità competenti abbiano debitamente informato la persona interessata della perdita della cittadinanza dello Stato membro di cui trattasi o della perdita imminente e ipso iure di quest’ultima nonché del diritto di tale persona di chiedere, entro detto termine, il mantenimento o il riacquisto ex tunc della cittadinanza in parola.

52      In mancanza, dalla giurisprudenza della Corte ricordata al punto 40 della presente sentenza risulta che le autorità e i giudici nazionali competenti devono poter esaminare, in via incidentale, la proporzionalità delle conseguenze della perdita della cittadinanza e, se del caso, far riacquistare ex tunc la cittadinanza alla persona interessata, in occasione della richiesta, da parte di quest’ultima, di un documento di viaggio o di qualsiasi altro documento che attesti la sua cittadinanza, anche qualora una siffatta richiesta sia stata presentata oltre un termine ragionevole nel senso precisato al punto 50 della presente sentenza.

53      Nel caso di specie, spetterà al giudice del rinvio effettuare un siffatto esame o, se del caso, fare in modo che quest’ultimo sia effettuato dalle autorità competenti in risposta alla domanda di cui al punto 11 della presente sentenza.

54      Tale esame deve implicare una valutazione della situazione individuale dell’interessato e della sua famiglia al fine di determinare se la perdita della cittadinanza dello Stato membro di cui trattasi, qualora comporti quella dello status di cittadino dell’Unione, abbia conseguenze che inciderebbero in modo sproporzionato, rispetto all’obiettivo perseguito dal legislatore nazionale, sullo sviluppo normale della sua vita familiare e professionale, sotto il profilo del diritto dell’Unione. Siffatte conseguenze non possono essere ipotetiche o eventuali (sentenza del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C‑221/17, EU:C:2019:189, punto 44).

55      Nell’ambito di tale esame di proporzionalità, spetta, in particolare, alle autorità nazionali competenti e, se del caso, ai giudici nazionali assicurarsi che una siffatta perdita di cittadinanza sia conforme ai diritti fondamentali garantiti dalla Carta di cui la Corte garantisce il rispetto e, in particolare, al diritto al rispetto della vita familiare, quale sancito all’articolo 7 della Carta. Tale articolo deve essere eventualmente letto in combinato disposto con l’obbligo di tener conto dell’interesse superiore del minore, riconosciuto dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta [v., in tal senso, sentenze del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C‑221/17, EU:C:2019:189, punto 45, nonché del 18 gennaio 2022, Wiener Landesregierung (Revoca di una garanzia di naturalizzazione), C‑118/20, EU:C:2022:34, punto 61].

56      Quanto alla data pertinente da prendere in considerazione, nel caso di specie, da parte delle autorità competenti ai fini di un siffatto esame, tale data corrisponde necessariamente al giorno in cui la persona interessata ha compiuto l’età di 22 anni, dal momento che, conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, della legge sulla cittadinanza, detta data costituisce parte integrante dei criteri legittimi che tale Stato membro ha determinato e da cui dipende il mantenimento o la perdita della sua cittadinanza.

57      Per quanto riguarda, infine, la possibilità, menzionata dal giudice del rinvio e dal governo danese, offerta agli ex cittadini danesi che abbiano perso la cittadinanza danese e, pertanto, il loro status di cittadino dell’Unione, di riacquistare quest’ultima per naturalizzazione a determinate condizioni, tra cui quella consistente nell’aver soggiornato ininterrottamente in Danimarca per un lungo periodo che, tuttavia, può essere in una certa misura attenuata, è sufficiente rilevare che l’assenza di possibilità offerta dal diritto nazionale, in condizioni conformi al diritto dell’Unione, come interpretato ai punti 40 e 43 della presente sentenza, di ottenere, dalle autorità nazionali e, eventualmente, dai giudici nazionali, un esame vertente sulla proporzionalità delle conseguenze della perdita della cittadinanza dello Stato membro interessato sotto il profilo del diritto dell’Unione e che può condurre, se del caso, al riacquisto ex tunc di tale cittadinanza, non può essere compensata dalla possibilità di naturalizzazione, a prescindere dalle condizioni, eventualmente favorevoli, in cui quest’ultima può essere ottenuta.

58      Infatti, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 93 e 94 delle sue conclusioni, accogliere la tesi opposta equivarrebbe ad ammettere che una persona possa essere privata, seppure per un periodo limitato, della possibilità di godere di tutti i diritti ad essa conferiti dallo status di cittadino dell’Unione, senza che il ripristino di tali diritti sia possibile per detto periodo.

59      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 20 TFUE, letto alla luce dell’articolo 7 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro secondo la quale i suoi cittadini, nati al di fuori del suo territorio, che non vi abbiano mai risieduto e che non vi abbiano soggiornato in condizioni che dimostrino un collegamento effettivo con tale Stato membro, perdono ipso iure la cittadinanza di quest’ultimo all’età di 22 anni, circostanza che comporta, per le persone che non sono anche cittadini di un altro Stato membro, la perdita del loro status di cittadino dell’Unione e dei diritti ad esso connessi, purché alle persone interessate sia offerta la possibilità di presentare, entro un termine ragionevole, una domanda di mantenimento o di riacquisto della cittadinanza, che consenta alle autorità competenti di esaminare la proporzionalità delle conseguenze della perdita di tale cittadinanza sotto il profilo del diritto dell’Unione e, se del caso, di concedere il mantenimento o il riacquisto ex tunc di detta cittadinanza. Un termine siffatto deve protrarsi, per un periodo ragionevole, oltre la data in cui la persona interessata compie tale età e può iniziare a decorrere solo a condizione che tali autorità abbiano debitamente informato detta persona della perdita della sua cittadinanza o dell’imminenza di tale perdita, nonché del suo diritto di domandare, entro detto termine, il mantenimento o il riacquisto di tale cittadinanza. In mancanza, dette autorità devono essere in grado di effettuare un siffatto esame, incidentalmente, in occasione di una richiesta, da parte della persona interessata, di un documento di viaggio o di qualsiasi altro documento che ne attesti la cittadinanza.

 Sulle spese

60      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’articolo 20 TFUE, letto alla luce dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta alla normativa di uno Stato membro secondo la quale i suoi cittadini, nati al di fuori del suo territorio, che non vi abbiano mai risieduto e che non vi abbiano soggiornato in condizioni che dimostrino un collegamento effettivo con tale Stato membro, perdono ipso iure la cittadinanza di quest’ultimo all’età di 22 anni, circostanza che comporta, per le persone che non sono anche cittadini di un altro Stato membro, la perdita del loro status di cittadino dell’Unione europea e dei diritti ad esso connessi, purché alle persone interessate sia offerta la possibilità di presentare, entro un termine ragionevole, una domanda di mantenimento o di riacquisto della cittadinanza, che consenta alle autorità competenti di esaminare la proporzionalità delle conseguenze della perdita di tale cittadinanza sotto il profilo del diritto dell’Unione e, se del caso, di concedere il mantenimento o il riacquisto ex tunc di detta cittadinanza. Un termine siffatto deve protrarsi, per un periodo ragionevole, oltre la data in cui la persona interessata compie tale età e può iniziare a decorrere solo a condizione che tali autorità abbiano debitamente informato detta persona della perdita della sua cittadinanza o dell’imminenza di tale perdita, nonché del suo diritto di domandare, entro detto termine, il mantenimento o il riacquisto di tale cittadinanza. In mancanza, dette autorità devono essere in grado di effettuare un siffatto esame, incidentalmente, in occasione di una richiesta, da parte della persona interessata, di un documento di viaggio o di qualsiasi altro documento che ne attesti la cittadinanza.

Firme


*      Lingua processuale: il danese.