Language of document : ECLI:EU:C:2023:748

ORDINANZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

27 settembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Politica di asilo – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articoli 22 e 23 – Diritto all’assistenza e alla rappresentanza legali – Articolo 46, paragrafo 4 – Termine di ricorso ragionevole – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice – Rigetto di una domanda di protezione internazionale in quanto manifestamente infondata, mediante procedimento accelerato»

Nella causa C‑58/23 [Abboudnam] (i),

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Upravno sodišče (Tribunale amministrativo, Slovenia), con decisione del 31 gennaio 2023, pervenuta in cancelleria il 6 febbraio 2023, nel procedimento

Y.N.

contro

Republika Slovenija,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da M. Safjan, presidente di sezione, N. Piçarra (relatore) e N. Jääskinen, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60), in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra Y.N. e la Republika Slovenija (Repubblica di Slovenia), in merito alla decisione del Ministero dell’Interno di quest’ultima (in prosieguo: il «Ministero dell’Interno») di respingere in quanto manifestamente infondata, mediante procedimento accelerato, la domanda di protezione internazionale presentata da Y.N. (in prosieguo: la «decisione di cui trattasi nel procedimento principale»).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        I considerando 20, 23, 25 e 50 della direttiva 2013/32 enunciano quanto segue:

«(20)      In circostanze ben definite per le quali una domanda potrebbe essere infondata (...), gli Stati membri dovrebbero poter accelerare la procedura di esame, introducendo in particolare termini più brevi, ma ragionevoli, in talune fasi procedurali, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo e un accesso effettivo del richiedente ai principi fondamentali e alle garanzie previsti dalla presente direttiva.

(...)

(23)      È opportuno che nei procedimenti di ricorso i richiedenti possano usufruire, in presenza di determinate condizioni, dell’assistenza e rappresentanza legali gratuite fornite da persone competenti ai sensi del diritto nazionale, e che in tutte le fasi del procedimento abbiano il diritto di consultare, a proprie spese, avvocati o consulenti legali ammessi o autorizzati a tal fine dal diritto nazionale.

(...)

(25)      Ai fini di una corretta individuazione delle persone bisognose di protezione in quanto rifugiati a norma dell’articolo 1 della [convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], integrata e modificata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967,] ovvero persone ammissibili alla protezione sussidiaria, è opportuno che ciascun richiedente abbia un accesso effettivo alle procedure, l’opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione, nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura. Inoltre, è opportuno che la procedura di esame di una domanda di protezione internazionale contempli di norma per il richiedente almeno: (...) la possibilità di ricorrere a un interprete per esporre la propria situazione nei colloqui con le autorità; (...) la possibilità di consultare un avvocato o altro consulente legale; il diritto di essere informato circa la sua posizione giuridica nei momenti decisivi del procedimento, in una lingua che capisce o è ragionevole supporre possa capire; e, in caso di decisione negativa, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

(...)

(50)      È un principio fondamentale del diritto dell’Unione che le decisioni relative a una domanda di protezione internazionale (...) siano soggette a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

(...)».

4        L’articolo 12 di tale direttiva, intitolato «Garanzie per i richiedenti», così dispone:

«1.      In relazione alle procedure di cui al capo III, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti godano delle seguenti garanzie:

(...)

b)      il richiedente riceve, laddove necessario, l’assistenza di un interprete per spiegare la propria situazione nei colloqui con le autorità competenti. Gli Stati membri reputano necessario fornire tale assistenza almeno quando il richiedente è convocato a un colloquio personale di cui agli articoli da 14 a 17 e 34 e una comunicazione adeguata risulta impossibile in sua mancanza. In questo e negli altri casi in cui le autorità competenti convocano il richiedente asilo, tale assistenza è retribuita con fondi pubblici;

(…)

2.      In relazione alle procedure di cui al capo V, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti godano di garanzie equivalenti a quelle di cui al paragrafo 1, lettere da b) a e)».

5        L’articolo 20, paragrafo 1, di detta direttiva prevede che gli Stati membri debbano disporre che, su richiesta, siano concesse assistenza e rappresentanza legali gratuite nelle procedure di impugnazione di cui all’articolo 46 della stessa.

6        L’articolo 22, paragrafo 1, della medesima direttiva garantisce ai richiedenti la possibilità di consultare, a loro spese, in maniera effettiva un avvocato o altro consulente legale, ammesso o autorizzato a norma del diritto nazionale, sugli aspetti relativi alla domanda di protezione internazionale, in ciascuna fase della procedura, anche in caso di decisione negativa.

7        L’articolo 23, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2013/32 precisa che tale avvocato o altro consulente legale deve avere «accesso alle informazioni contenute nella pratica del richiedente sulla cui base è o sarà presa una decisione».

8        L’articolo 46, paragrafi 1 e 4, di tale direttiva, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:

a)      la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale (...)

(...)

4.      Gli Stati membri prevedono termini ragionevoli e le altre norme necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un ricorso effettivo di cui al paragrafo 1. I termini prescritti non rendono impossibile o eccessivamente difficile tale accesso».

 Diritto sloveno

9        L’articolo 70, paragrafo 1, prima frase, dello Zakon o mednarodni zaščiti (legge sulla protezione internazionale), del 4 marzo 2016 (Uradni list RS, n. 16/17; in prosieguo: lo «ZMZ-1»), fissa un termine di quindici giorni dalla notifica di una decisione amministrativa di un organo competente per la proposizione di un ricorso contro tale decisione dinanzi all’Upravno sodišče (Tribunale amministrativo, Slovenia). Qualora una siffatta decisione sia adottata mediante procedimento accelerato, la seconda frase di tale articolo 70, paragrafo 1, riduce detto termine a tre giorni a decorrere dalla notifica di tale decisione.

10      Dall’articolo 111, paragrafi 2 e 4, dello Zakon o pravdnem postopku (legge recante il codice di procedura civile), del 15 marzo 1999 (Uradni list RS, n. 73/07), in combinato disposto con l’articolo 22, paragrafo 1, dello Zakon o upravnem sporu (legge sul contenzioso amministrativo), del 28 settembre 2006 (Uradni list RS, n. 105/06), emerge che, se un termine è fissato in giorni, tale termine inizia a decorrere il primo giorno successivo a quello della notifica o della comunicazione di detta decisione. Se l’ultimo giorno di tale termine è un sabato, una domenica, una festività o un altro giorno festivo previsto dalla legge nazionale, lo stesso termine scade alla fine del primo giorno lavorativo successivo.

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

11      La decisione di cui trattasi nel procedimento principale, con cui il Ministero dell’Interno ha respinto in quanto manifestamente infondata la domanda di protezione internazionale presentata da Y.N., un cittadino marocchino, è stata adottata mediante procedimento accelerato. Conformemente all’articolo 70, paragrafo 1, seconda frase, dello ZMZ-1, il termine di ricorso avverso una siffatta decisione è ridotto da quindici a tre giorni a decorrere dalla notifica di tale decisione.

12      Y.N. ha proposto ricorso dinanzi all’Upravno sodišče (Tribunale amministrativo), giudice del rinvio, contro la decisione oggetto del procedimento principale, sostenendo, da un lato, che, poiché la notifica di tale decisione è avvenuta il 23 dicembre 2022, il giorno prima di un fine settimana festivo, il termine effettivo per la presentazione del ricorso sarebbe stato ridotto a un giorno lavorativo. Dall’altro lato, sebbene parli solo l’arabo, egli non avrebbe avuto a disposizione un interprete e non sarebbe quindi stato in grado di comunicare efficacemente con il suo mandatario, dato che le loro conversazioni si sono limitate a scambi di messaggi brevi (SMS) con l’utilizzo di un traduttore elettronico. Tali circostanze non gli avrebbero consentito di preparare utilmente il proprio ricorso, in violazione del suo diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo.

13      Il giudice del rinvio conferma che, nel caso di specie, l’ultimo giorno del termine di ricorso, che è iniziato a decorrere il 24 dicembre 2022, era il 26 dicembre 2022, giorno festivo in Slovenia, cosicché tale termine era scaduto alla fine del primo giorno lavorativo successivo, vale a dire il 27 dicembre 2022.

14      Detto giudice rileva, inoltre, che le circostanze del caso di specie differiscono da quelle della causa che ha dato luogo alla sentenza del 9 settembre 2020, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Rigetto di una domanda ulteriore – Termine di ricorso) (C‑651/19, EU:C:2020:681), in cui la Corte ha dichiarato che l’articolo 46 della direttiva 2013/32, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, non osta a una normativa nazionale che assoggetta la proposizione di un ricorso giurisdizionale contro una decisione che rigetta in quanto irricevibile una domanda ulteriore di protezione internazionale a un termine di decadenza di dieci giorni, inclusi i giorni festivi, a decorrere dalla notifica di una siffatta decisione, a condizione che i richiedenti la protezione internazionale possano, entro tale termine, esercitare in maniera effettiva le garanzie e i diritti procedurali ad essi riconosciuti dalla direttiva 2013/32.

15      Pur ammettendo che il termine di ricorso avverso una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale manifestamente infondata può essere più breve del termine di quindici giorni previsto per la procedura ordinaria, il giudice del rinvio ritiene tuttavia che il termine di tre giorni previsto nell’ambito del procedimento accelerato sia sproporzionatamente meno favorevole di quello previsto per la procedura ordinaria.

16      In tali circostanze, l’Upravno sodišče (Tribunale amministrativo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 46, paragrafo 4, della [direttiva 2013/32], in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma processuale nazionale, quale l’articolo 70, paragrafo 1, seconda frase, dello ZMZ-1, che prevede, per la proposizione di un ricorso avverso una decisione con cui l’autorità competente rigetta come manifestamente infondata una domanda nell’ambito di una procedura accelerata, un termine di decadenza di tre giorni a decorrere dalla notifica di una siffatta decisione, ivi compresi i giorni festivi, potendo tale termine scadere alla fine del primo giorno lavorativo successivo».

 Procedimento dinanzi alla Corte

 Sulla domanda di procedimento pregiudiziale durgenza

17      Con atto separato, depositato in cancelleria il 6 febbraio 2023, il giudice del rinvio ha chiesto un trattamento della causa mediante procedimento pregiudiziale d’urgenza, rilevando, da un lato, che l’interpretazione dell’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32, di cui ha investito la Corte, inciderebbe sull’esame di ricorsi analoghi proposti dinanzi ad esso e, dall’altro, che la questione di diritto sollevata nel caso di specie, poiché verteva sul diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, giustificava, per sua natura, una risposta nel più breve tempo possibile.

18      Con decisione del 16 febbraio 2023 la Terza Sezione della Corte, designata conformemente all’articolo 108, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, ha respinto tale domanda con la motivazione che non sussisteva il requisito relativo all’urgenza.

19      Per quanto concerne il primo motivo dedotto dal giudice del rinvio, la Terza Sezione della Corte ha osservato che il numero rilevante di persone o di situazioni giuridiche potenzialmente interessate dalla decisione che un giudice del rinvio deve emettere dopo aver adito la Corte in via pregiudiziale non può, in quanto tale, costituire una circostanza eccezionale tale da giustificare l’applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza. Quanto al secondo motivo, vertente sul fatto che ogni domanda di pronuncia pregiudiziale concernente l’interpretazione di una disposizione relativa al diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo richiederebbe una risposta tempestiva da parte della Corte, detta Sezione ha considerato che un siffatto motivo non poteva essere sufficiente, di per sé, a giustificare la sottoposizione di una causa al procedimento d’urgenza, dato che quest’ultimo costituisce uno strumento procedurale destinato a rispondere a una situazione di urgenza straordinaria.

20      La Terza Sezione della Corte ha ricordato, peraltro, che il criterio principale per stabilire se il requisito dell’urgenza sia soddisfatto è quello relativo all’esistenza di una privazione della libertà del ricorrente nel procedimento principale [sentenza del 12 gennaio 2023, MV (Cumulo delle pene), C‑583/22 PPU, EU:C:2023:5, punto 45] e ha rilevato che dal fascicolo di cui dispone la Corte risultava che tale ricorrente non era oggetto di alcuna misura privativa della libertà. Essa ha altresì osservato che, poiché, in forza del diritto nazionale, detto ricorrente non poteva essere espulso fino a quando la decisione sulla sua domanda di permesso di soggiorno non fosse diventata definitiva, il rischio di allontanamento verso un paese in cui avrebbe potuto essere esposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti poteva essere escluso.

 Sulla richiesta di procedimento accelerato

21      Il giudice del rinvio ha altresì presentato una domanda di trattamento con procedimento accelerato, ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura, fondata su motivi identici a quelli invocati a sostegno della sua domanda di trattamento mediante procedimento pregiudiziale d’urgenza, indicati al punto 17 della presente ordinanza. Tale domanda è stata respinta con decisione del presidente della Corte del 1º marzo 2023, per le stesse ragioni esposte al punto 19 della presente ordinanza.

 Sulla questione pregiudiziale

22      Ai sensi dell’articolo 99 del regolamento di procedura, la Corte, in particolare quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o quando la risposta a tale questione non dà adito a nessun ragionevole dubbio, può decidere in qualsiasi momento, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata.

23      Si è deciso di applicare detta disposizione nell’ambito della presente causa.

24      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell’articolo 47, primo comma, della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede un termine di tre giorni, inclusi i giorni festivi, per proporre un ricorso giurisdizionale avverso una decisione che respinge in quanto manifestamente infondata una domanda di protezione internazionale adottata mediante procedimento accelerato.

25      L’articolo 46, paragrafi 1 e 4, di tale direttiva, letto alla luce del considerando 50 di quest’ultima, obbliga gli Stati membri a prevedere termini ragionevoli di ricorso e le altre norme necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente la protezione internazionale, del suo diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice. La stessa disposizione precisa altresì che tali termini non possono rendere impossibile o eccessivamente difficile un siffatto accesso.

26      Le caratteristiche del ricorso previsto all’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 devono essere determinate in conformità con l’articolo 47 della Carta, ai sensi del quale ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice nel rispetto delle condizioni previste in quest’ultimo articolo [sentenza del 9 settembre 2020, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Rigetto di una domanda ulteriore – Termine di ricorso), C‑651/19, EU:C:2020:681, punto 27]. L’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva citata osta quindi a qualsiasi misura nazionale che impedisca l’esercizio effettivo dei mezzi di ricorso previsti al paragrafo 1 di tale articolo [v., per analogia, sentenza del 22 giugno 2023, K.B. e F.S. (Rilevabilità d’ufficio di una questione in ambito penale), C‑660/21, EU:C:2023:498, punto 37].

27      Ne consegue che, quando gli Stati membri fissano i termini di ricorso in applicazione di una disposizione del diritto dell’Unione come il citato articolo 46, paragrafo 4, essi sono tenuti, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, a garantire il rispetto del diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, sancito all’articolo 47 della Carta, che è concretizzato da tale articolo 46 [v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe, C‑752/18, EU:C:2019:1114, punto 34, e del 22 giugno 2023, K.B. e F.S. (Rilevabilità d’ufficio di una questione in ambito penale), C‑660/21, EU:C:2023:498, punto 40].

28      Siffatti termini, come emerge dal considerando 20 della direttiva 2013/32, devono, in ogni caso, rimanere ragionevoli e non pregiudicare lo svolgimento di un esame adeguato e completo della domanda presentata nonché l’esercizio effettivo, da parte del richiedente, dei diritti ad esso riconosciuti dalla direttiva stessa. Inoltre, come precisato al considerando 25 della medesima direttiva, ciascun richiedente dovrebbe avere un accesso effettivo alle procedure, l’opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione e di disporre di garanzie procedurali sufficienti per far valere i propri diritti in tutte le fasi della procedura.

29      Inoltre, dal combinato disposto dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2 della direttiva 2013/32 emerge che, per quanto concerne le procedure di ricorso giurisdizionale, tutti i richiedenti devono beneficiare, se del caso, di garanzie equivalenti a quelle previste per il trattamento amministrativo delle domande di protezione internazionale, vale a dire, in particolare, dei servizi di un interprete per presentare le loro argomentazioni alle autorità competenti.

30      Parimenti, al fine di consentire ai richiedenti di esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, l’articolo 22 della direttiva 2013/32, in combinato disposto con il considerando 23 di quest’ultima, garantisce a tali richiedenti il diritto di beneficiare, in tutte le fasi della procedura, dell’assistenza e della rappresentanza legali, che possono essere gratuite conformemente all’articolo 20 di tale direttiva, anche a seguito di una decisione negativa. Inoltre, l’articolo 23 della stessa direttiva garantisce agli avvocati di detti richiedenti l’accesso alle informazioni contenute nella pratica sulla cui base è o sarà adottata una decisione [sentenza del 9 settembre 2020, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Rigetto di una domanda ulteriore – Termine di ricorso), C‑651/19, EU:C:2020:681, punto 62].

31      Ne consegue che, al fine di rispettare i requisiti derivanti dall’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell’articolo 47, primo comma, della Carta, un termine di ricorso può essere considerato materialmente sufficiente per preparare e proporre un ricorso effettivo dinanzi a un giudice solo a condizione che il richiedente sia in grado di esercitare effettivamente, entro tale termine, i diritti procedurali menzionati nel punto precedente della presente ordinanza.

32      Orbene, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che, poiché il Ministero dell’Interno non ha messo a disposizione del mandatario del ricorrente nel procedimento principale alcun interprete entro il termine di ricorso in questione nel procedimento principale, le conversazioni tra questi ultimi si sarebbero limitate a scambi di SMS con l’utilizzo di un traduttore elettronico. Ne risulta altresì che il Ministero dell’Interno non ha fornito alcuna risposta alla domanda di accesso alle informazioni contenute nella pratica del ricorrente nel procedimento principale, presentata dal mandatario di quest’ultimo, il che, secondo il giudice del rinvio, era dovuto al fatto che la decisione di cui trattasi nel procedimento principale era stata notificata a tale ricorrente poco prima di un giorno festivo.

33      In tali circostanze, fatte salve le verifiche che spetterà al giudice del rinvio effettuare, un termine di ricorso come quello in questione nel procedimento principale, essendo idoneo a privare, in pratica, un richiedente del suo diritto all’assistenza di un interprete per spiegare la propria situazione nei colloqui con le autorità competenti, garantito all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, della direttiva 2013/32, del suo diritto all’assistenza e alla rappresentanza legali, garantito all’articolo 22 della direttiva stessa, nonché del suo diritto di accesso alle informazioni contenute nella pratica di cui all’articolo 23 di tale direttiva, non garantisce il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice previsto all’articolo 47 della Carta.

34      Alla luce dei motivi che precedono, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede un termine di tre giorni, inclusi i giorni festivi, per proporre un ricorso giurisdizionale avverso una decisione che respinge in quanto manifestamente infondata una domanda di protezione internazionale, emessa mediante procedimento accelerato, qualora un termine siffatto possa ostacolare l’esercizio effettivo dei diritti garantiti all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, nonché agli articoli 22 e 23 di tale direttiva.

 Sulle spese

35      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) così provvede:

L’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a una normativa nazionale che prevede un termine di tre giorni, inclusi i giorni festivi, per proporre un ricorso giurisdizionale avverso una decisione che respinge in quanto manifestamente infondata una domanda di protezione internazionale, emessa mediante procedimento accelerato, qualora un termine siffatto possa ostacolare l’esercizio effettivo dei diritti garantiti all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, nonché agli articoli 22 e 23 di tale direttiva.

Firme


*      Lingua processuale: lo sloveno.


i       Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.