Language of document : ECLI:EU:C:2023:1023

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

21 dicembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Ambiente – Direttiva 94/62/CE – Imballaggi e rifiuti di imballaggio – Direttiva 98/34/CE – Procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione – Obbligo degli Stati membri di comunicare alla Commissione europea ogni progetto di regola tecnica – Normativa nazionale che prevede regole tecniche più restrittive di quelle previste dalla normativa dell’Unione europea»

Nella causa C‑86/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), con ordinanza del 7 febbraio 2022, pervenuta in cancelleria il 9 febbraio 2022, nel procedimento

Papier Mettler Italia Srl

contro

Ministero della Transizione Ecologica,

Ministero dello Sviluppo Economico,

con l’intervento di:

Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili – Assobioplastiche,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, N. Piçarra, M. Safjan, N. Jääskinen e M. Gavalec (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 marzo 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Papier Mettler Italia Srl, da V. Cannizzaro, avvocato;

–        per l’Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili – Assobioplastiche, da G. Belotti, F. De Leonardis e S. Micono, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Cherubini e G. Palatiello, avvocati dello Stato;

–        per la Commissione europea, da M. Escobar Gómez, G. Gattinara e L. Haasbeek, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 maggio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 1, 2, 9, 16 e 18 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (GU 1994, L 365, pag. 10), come modificata dalla direttiva 2013/2/UE della Commissione, del 7 febbraio 2013 (GU 2013, L 37, pag. 10) (in prosieguo: la «direttiva 94/62»), e dell’articolo 8 della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 1998, L 204, pag. 37), come modificata dal regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 (GU 2012, L 316, pag. 12) (in prosieguo: la «direttiva 98/34»), nonché dell’articolo 114, paragrafi 5 e 6, TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Papier Mettler Italia Srl, da un lato, e il Ministero della Transizione Ecologica (Italia) (in prosieguo: il «Ministero dell’Ambiente») e il Ministero dello Sviluppo Economico (Italia), dall’altro, relativamente, da un lato, alla legittimità di un decreto che ha imposto il rispetto di talune caratteristiche tecniche per la commercializzazione di sacchetti di plastica per l’asporto delle merci e, dall’altro, al risarcimento dei danni asseritamente causati dall’adozione di detto decreto.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 94/62

3        Il primo, il secondo, il quarto, il settimo e il trentatreesimo considerando della direttiva 94/62 così recitano:

«considerando che è necessario armonizzare le diverse disposizioni e misure nazionali concernenti la gestione degli imballaggi e dei rifiuti d’imballaggio sia per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente di tutti gli Stati membri e dei paesi terzi ed assicurare così un elevato livello di protezione dello stesso, sia per garantire il funzionamento del mercato interno e prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza nella Comunità [europea];

considerando che il modo migliore per prevenire la creazione dei rifiuti di imballaggio è quello di ridurre la quantità globale di imballaggi;

(...)

considerando che la riduzione del volume dei rifiuti è condizione necessaria per la crescita sostenibile espressamente indicata nel trattato sull’Unione europea;

(...)

considerando che, coerentemente con la strategia comunitaria della gestione dei rifiuti di cui alla risoluzione del Consiglio, del 7 maggio 1990, sulla politica in materia di rifiuti [(GU 1990, C 122, pag. 2)], e alla direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti [(GU 1975, L 194, pag. 39)], la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio dovrebbe prevedere in via prioritaria la prevenzione dei rifiuti di imballaggio e avere, come ulteriori principi fondamentali, il reimpiego degli imballaggi, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggio e, quindi, la riduzione dello smaltimento finale di tali rifiuti;

(...)

considerando che, salvo quanto prescrive la direttiva 83/189/CEE [del] Consiglio, del 28 marzo 1983, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche [(GU 1983, L 109, pag. 8)], gli Stati membri debbono preventivamente notificare alla Commissione [europea] i progetti delle misure che essi intendono adottare affinché essa possa verificare la loro conformità alla presente direttiva».

4        L’articolo 1 della direttiva 94/62, intitolato «Fine», così dispone:

«1.      Fine della presente direttiva è armonizzare le misure nazionali in materia di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, sia per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente degli Stati membri e dei paesi terzi ed assicurare così un elevato livello di tutela dell’ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato interno e prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza nella Comunità.

2.      A tal fine, la presente direttiva prevede misure intese, in via prioritaria, a prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio a cui si affiancano, come ulteriori principi fondamentali, il reimpiego degli imballaggi, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggio e, quindi, la riduzione dello smaltimento finale di tali rifiuti».

5        L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», stabilisce quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica a tutti gli imballaggi immessi sul mercato nella Comunità e a tutti i rifiuti di imballaggio, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici e a qualsiasi altro livello, qualunque siano i materiali che li compongono.

(...)».

6        La direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero (GU 2015, L 115, pag. 11), ha introdotto all’articolo 3 della direttiva 94/62, intitolato «Definizioni», i punti 1 ter e 1 quater, i quali dispongono quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva s’intende per:

(...)

ter)            “borse di plastica”: borse da asporto con o senza manici, in plastica, fornite ai consumatori nei punti vendita di merci o prodotti;

quater)      “borse di plastica in materiale leggero”: borse di plastica con uno spessore inferiore a 50 micron».

7        La direttiva 2015/720 ha altresì introdotto all’articolo 4 della direttiva 94/62, intitolato «Prevenzione», i paragrafi 1 bis e 1 ter, i quali dispongono quanto segue:

«1 bis.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero.

Tali misure possono comprendere il ricorso a obiettivi di riduzione a livello nazionale, il mantenimento o l’introduzione di strumenti economici nonché restrizioni alla commercializzazione in deroga all’articolo 18, purché dette restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie.

Tali misure possono variare in funzione dell’impatto ambientale che le borse di plastica in materiale leggero hanno quando sono recuperate o smaltite, delle loro proprietà di compostabilità, della loro durata o dell’uso specifico previsto.

Le misure adottate dagli Stati membri includono l’una o l’altra delle seguent[i] opzioni o entrambe:

a)      adozione di misure atte ad assicurare che il livello di utilizzo annuale non superi 90 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2019 e 40 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2025 o obiettivi equivalenti in peso. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse dagli obiettivi di utilizzo nazionali;

b)      adozione di strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse da tali misure.

(...)

ter.      Fatto salvo l’articolo 15, gli Stati membri possono adottare misure tra cui strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore».

8        L’articolo 9 della direttiva 94/62, intitolato «Requisiti essenziali», prevede quanto segue:

«1.      Entro tre anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, gli Stati membri provvedono a che siano immessi sul mercato soltanto gli imballaggi conformi a tutti i requisiti essenziali definiti dalla presente direttiva, compreso l’allegato II.

(...)».

9        L’articolo 16 di tale direttiva, intitolato «Notificazione», così dispone:

«1.      Fatta salva la direttiva 83/189/CEE, prima dell’adozione gli Stati membri notificano alla Commissione i progetti delle misure che prevedono di adottare nell’ambito della presente direttiva, esclusi i provvedimenti di carattere fiscale, ma comprese le specifiche tecniche connesse con misure di carattere fiscale che incoraggiano la conformità alle medesime, affinché la Commissione possa esaminarli alla luce delle disposizioni vigenti applicando in ciascun caso la procedura di cui alla suddetta direttiva.

2.      Se il provvedimento previsto concerne anche questioni tecniche ai sensi della direttiva 83/189/CEE, lo Stato membro interessato può indicare che la notificazione eseguita in forza della presente direttiva vale anche ai fini della direttiva 83/189/CEE».

10      L’articolo 18 della direttiva 94/62, intitolato «Libertà di immissione sul mercato», così recita:

«Gli Stati membri non possono ostacolare l’immissione sul mercato nel loro territorio di imballaggi conformi alle disposizioni della presente direttiva».

11      L’allegato II alla direttiva 94/62, intitolato «Requisiti essenziali concernenti la composizione e la riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la riciclabilità) degli imballaggi», stabilisce quanto segue:

«1.      Requisiti per la fabbricazione e composizione degli imballaggi

–        Gli imballaggi sono fabbricati in modo da limitare il volume e il peso al minimo necessario per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene e accettabilità tanto per il prodotto imballato quanto per il consumatore.

–        Gli imballaggi sono concepiti, prodotti e commercializzati in modo da permetterne il reimpiego o il recupero, compreso il riciclaggio, e da ridurne al minimo l’impatto sull’ambiente se i rifiuti di imballaggio o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono smaltiti.

–        Gli imballaggi sono fabbricati in modo che la presenza di metalli nocivi e di altre sostanze e materiali pericolosi come costituenti del materiale di imballaggio o di qualsiasi componente dell’imballaggio sia limitata al minimo con riferimento alla loro presenza nelle emissioni, nelle ceneri o nei residui di lisciviazione se gli imballaggi o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono inceneriti o interrati.

2.      Requisiti per la riutilizzabilità di un imballaggio

I seguenti requisiti devono essere soddisfatti simultaneamente:

–        le proprietà fisiche e le caratteristiche dell’imballaggio devono consentire una serie di spostamenti o rotazioni in condizioni di impiego normalmente prevedibili;

–        possibilità di trattare gli imballaggi usati per ottemperare ai requisiti in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori[;]

–        osservanza dei requisiti specifici per gli imballaggi recuperabili se l’imballaggio non è più utilizzato e diventa quindi un rifiuto.

3.      Requisiti per la recuperabilità di un imballaggio

a)      Imballaggi recuperabili sotto forma di riciclaggio del materiale

L’imballaggio deve essere prodotto in modo tale da consentire il riciclaggio di una determinata percentuale in peso dei materiali usati, nella fabbricazione di prodotti commerciabili, rispettando le norme in vigore nella Comunità europea. La determinazione di tale percentuale può variare a seconda del tipo d[i] materiale che costituisce l’imballaggio.

b)      Imballaggi recuperabili sotto forma di recupero di energia

I rifiuti di imballaggio trattati a scopi di recupero energetico devono avere un valore calorifico minimo inferiore per permettere di ottimizzare il recupero energetico.

c)      Imballaggi recuperabili sotto forma di compost

I rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata e il processo o l’attività di compostaggio in cui sono introdotti.

d)      Imballaggi biodegradabili

I rifiuti di imballaggio biodegradabili devono essere di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua».

 Direttiva 98/34

12      L’articolo 1, punto 12, della direttiva 98/34, che è stata abrogata dalla direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 2015, L 241, pag. 1), ma resta applicabile ratione temporis al procedimento principale, così disponeva:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

(...)

12)      “progetto di regola tecnica”: il testo di una specificazione tecnica o di un altro requisito o di una regola relativa ai servizi, comprendente anche disposizioni amministrative, elaborato per adottarlo o farlo adottare come regola tecnica e che si trovi in una fase preparatoria in cui sia ancora possibile apportarvi emendamenti sostanziali».

13      L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34 stabiliva quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 10, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti del semplice recepimento integrale di una norma internazionale e europea, nel qual caso è sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa. Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto.

(...)».

14      L’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva recitava quanto segue:

«Gli Stati membri rinviano l’adozione di un progetto di regola tecnica di tre mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1».

 Diritto italiano

15      L’articolo 1, commi 1129 e 1130, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (supplemento ordinario alla GURI n. 299, del 27 dicembre 2006), prevedeva un divieto, che avrebbe dovuto essere applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi di plastica non biodegradabili per l’asporto delle merci. Tuttavia, l’entrata in vigore di tale divieto è stata rinviata fino all’adozione del decreto-legge del 25 gennaio 2012, n. 2 – Misure straordinarie e urgenti in materia ambientale (GURI n. 20, del 25 gennaio 2012) (in prosieguo: il «decreto-legge n. 2/2012»). L’articolo 2, comma 1, di tale decreto-legge prevedeva la proroga del termine previsto all’articolo 1, comma 1130, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296, per l’entrata in vigore di detto divieto fino all’adozione di un decreto da parte del Ministero dell’Ambiente e del Ministero dello Sviluppo Economico.

16      Il decreto-legge n. 2/2012 è stato convertito in legge, con modificazioni, dalla legge del 24 marzo 2012, n. 28 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale (GURI n. 71, del 24 marzo 2012). L’articolo 2 di tale decreto-legge così recitava:

«1.      Il termine previsto dall’articolo 1, comma 1130, della [legge del 27 dicembre 2006, n. 296], ai fini del divieto di commercializzazione di sacchi per l’asporto merci, è prorogato fino all’adozione del decreto di cui al comma 2 limitatamente alla commercializzazione dei sacchi monouso per l’asporto merci realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati, di quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 micron se destinati all’uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi, di quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all’uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi.

2.      Fermo restando quanto previsto dal comma 1, con decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri [dell’Ambiente] e dello [S]viluppo [E]conomico, sentite le competenti Commissioni parlamentari, notificato secondo il diritto dell’Unione europea, da adottare entro il 31 dicembre 2012, nel rispetto della gerarchia delle azioni da adottare per il trattamento dei rifiuti, (...) possono essere individuate le eventuali ulteriori caratteristiche tecniche ai fini della loro commercializzazione, anche prevedendo forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti, nonché, in ogni caso, le modalità di informazione ai consumatori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

17      L’articolo 1 del decreto ministeriale del 18 marzo 2013, n. 73 – Individuazione delle caratteristiche tecniche dei sacchi per l’asporto delle merci (GURI n. 73, del 27 marzo 2013) (in prosieguo: il «decreto di cui trattasi nel procedimento principale»), intitolato «Definizioni», prevedeva quanto segue:

«Ai fini del presente decreto sono definiti:

a)      Sacchi per l’asporto delle merci: sacchi messi a disposizione nel punto vendita, a pagamento o gratuitamente, per l’asporto di merci alimentari e non alimentari da parte del consumatore;

(...)».

18      L’articolo 2 del decreto di cui trattasi nel procedimento principale, intitolato «Commercializzazione», così recitava:

«1.      È consentita la commercializzazione dei sacchi per l’asporto delle merci rientranti in una delle seguenti categorie:

a)      sacchi monouso biodegradabili e compostabili, conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002;

b)      sacchi riutilizzabili composti da polimeri diversi da quelli di cui alla lettera a) che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco:

b.1)      con spessore superiore a 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno 30 per cento se destinati all’uso alimentare;

b.2)      con spessore superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento se non destinati all’uso alimentare;

c)      sacchi riutilizzabili composti da polimeri diversi da quelli di cui alla lettera a) che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco:

c.1)      con spessore superiore ai 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno 30 per cento se destinati all’uso alimentare;

c.2)      con spessore superiore ai 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento se non destinati all’uso alimentare.

(...)».

19      L’articolo 6 di tale decreto prevedeva quanto segue:

«Il presente decreto è sottoposto a procedura di comunicazione ai sensi della [direttiva 98/34] ed entra in vigore dalla data di conclusione, con esito favorevole, della procedura stessa».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

20      La Papier Mettler Italia è una società operante nell’ambito della distribuzione di confezioni ed imballaggi di carta e di materia sintetica. Essa ha incentrato la propria attività sullo sviluppo e sulla produzione di imballaggi in polietilene e, più in particolare, di sacchetti e borse in plastica, come le shopping bags.

21      Il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico hanno adottato, il 18 marzo 2013, il decreto di cui trattasi nel procedimento principale, che ha stabilito il divieto di fabbricazione e commercializzazione di sacchetti di plastica per l’asporto delle merci che non fossero in possesso di alcuni requisiti in esso analiticamente indicati. Più nello specifico, l’articolo 2 di detto decreto individuava le seguenti categorie commercializzabili: da un lato, i sacchi monouso biodegradabili e compostabili, conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002 e, dall’altro, i sacchi in plastica riutilizzabili con un certo spessore variante a seconda della forma e della destinazione all’uso alimentare di questi ultimi.

22      La Papier Mettler Italia ha adito il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), giudice del rinvio, con un ricorso diretto, da un lato, all’annullamento di detto decreto e, dall’altro, alla condanna dell’Amministrazione al risarcimento di tutti i danni causati dall’adozione del medesimo decreto.

23      A sostegno di tale ricorso, la Papier Mettler Italia afferma, essenzialmente, che il decreto di cui trattasi nel procedimento principale sarebbe viziato da illegittimità per diversi motivi. In primo luogo, le autorità italiane avrebbero violato il loro obbligo di comunicare il progetto di decreto alla Commissione sotto tre profili. Sotto un primo profilo, poiché tale decreto conterrebbe regole tecniche, ai sensi della direttiva 98/34, tali autorità avrebbero violato il loro obbligo di previa comunicazione del progetto di regola tecnica previsto all’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva. Sotto un secondo profilo, dette autorità avrebbero violato il loro obbligo di notificare preventivamente alla Commissione il progetto di misure che esse prevedevano di adottare in forza dell’articolo 16 della direttiva 94/62. Sotto un terzo profilo, le stesse autorità avrebbero altresì violato l’articolo 114, paragrafo 5, TFUE, in quanto non avrebbero notificato alla Commissione le misure che prevedevano di introdurre ai fini della protezione dell’ambiente.

24      In secondo luogo, la Papier Mettler Italia afferma che il decreto di cui trattasi nel procedimento principale violerebbe gli articoli 1, 9 e 18 della direttiva 94/62, come completati dall’allegato II a quest’ultima, in quanto tale decreto vieterebbe l’immissione in commercio di sacchi da imballaggio pur conformi ad uno dei requisiti di recuperabilità stabiliti al punto 3 di tale allegato. La Papier Mettler Italia sostiene altresì che, anche ove l’adozione di detto decreto avesse inteso specificare la disciplina prevista dal decreto-legge n. 2/2012, il quale violerebbe anch’esso le disposizioni di detta direttiva, le autorità italiane non avrebbero dato applicazione diretta al diritto dell’Unione disapplicando tale decreto-legge.

25      In terzo e ultimo luogo, la Papier Mettler Italia sostiene che il decreto di cui trattasi nel procedimento principale, nella parte in cui ha disposto che tutti i sacchetti di plastica in commercio in Italia dovessero riportare obbligatoriamente una dicitura in italiano, per informare il consumatore sulle loro caratteristiche, si sarebbe rivelato un ostacolo alla libera circolazione di tali prodotti.

26      Anzitutto, il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico replicano che, al fine di interrompere l’abitudine dei consumatori italiani di utilizzare shoppers monouso in plastica per la raccolta di rifiuti organici, si sarebbe reso necessario incentivare l’utilizzo di buste di plastica biodegradabili e compostabili, nonché quello dei sacchi riutilizzabili, mediante regole tecniche previste dal decreto di cui trattasi nel procedimento principale.

27      Inoltre, il progetto di decreto sarebbe stato comunicato conformemente alle prescrizioni della direttiva 94/62 e della direttiva 98/34, dal momento che tale comunicazione sarebbe avvenuta il 12 marzo 2013, prima della pubblicazione di detto progetto nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 27 marzo successivo. L’articolo 6 del decreto di cui trattasi nel procedimento principale avrebbe subordinato l’entrata in vigore di quest’ultimo alla conclusione con esito favorevole della procedura di comunicazione alla Commissione ai sensi della direttiva 98/34.

28      Oltre a ciò, le autorità italiane sostengono che il principio di proporzionalità sarebbe rispettato, poiché il divieto istituito dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale sarebbe caratterizzato dalla sua natura selettiva in quanto varrebbe solo per gli shoppers monouso che rappresentano un pericolo per l’ambiente. Pertanto, lungi dal vietare la commercializzazione di qualsiasi sacco di plastica, il decreto di cui trattasi nel procedimento principale consentirebbe la commercializzazione di sacchi monouso biodegradabili e compostabili, conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, di sacchi in plastica tradizionale con un certo spessore, e, dunque, riutilizzabili, nonché quella di sacchi riutilizzabili per l’asporto delle merci realizzati con materiali diversi dai polimeri quali, ad esempio, la carta, i tessuti di fibre naturali e le fibre di poliammide.

29      Infine, le autorità italiane sottolineano che tale normativa non avrebbe fatto altro che anticipare le misure di tutela ambientali adottate successivamente a livello dell’Unione europea.

30      Date tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 114, paragrafi 5 e 6, del TFUE, nonché l’articolo 16, paragrafo 1 della [direttiva 94/62], nonché l’articolo 8 della [direttiva 98/34], ostino all’applicazione di una disposizione nazionale come quella prevista dal decreto [di cui trattasi nel procedimento principale], che vieti la commercializzazione di sacchi da asporto monouso fabbricati con materiali non biodegradabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti dalla [direttiva 94/62], quando tale disciplina nazionale contenente regole tecniche più restrittive rispetto alla normativa comunitaria non sia stata previamente notificata dallo Stato membro alla Commissione europea, ma solo comunicata successivamente all’adozione e prima della pubblicazione del provvedimento.

2)      Se gli articoli 1, 2, 9, paragrafo 1, e 18 della [direttiva 94/62], completati dalle norme de[i punti] 1, 2 e 3 dell’Allegato II alla Direttiva, vadano interpretati nel senso che ostino all’adozione di una norma nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi da asporto monouso fabbricati con materiali non biodegradabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti dalla [direttiva 94/62] o se le ulteriori norme tecniche stabilite dalla normativa nazionale possano trovare giustificazione in base alla finalità di assicurare una più alta tutela dell’ambiente, tenuto conto, eventualmente, della particolarità delle problematiche della raccolta dei rifiuti nello Stato membro e della necessità dello Stato stesso di dare attuazione anche agli obblighi comunitari previsti in tale connesso ambito.

3)      Se gli articoli 1, 2, 9, paragrafo 1, e 18 della [direttiva 94/62], completati dalle norme de[i punti] 1, 2 e 3 dell’Allegato II alla Direttiva, vadano interpretati nel senso di costituire una norma chiara e precisa, atta a vietare qualsiasi ostacolo alla commercializzazione dei sacchetti conformi ai requisiti stabiliti dalla direttiva e a comportare la necessaria disapplicazione della normativa nazionale eventualmente difforme ad opera di tutti gli organi dello Stato, ivi incluse le amministrazioni pubbliche.

4)      Se, infine, l’adozione di una normativa nazionale di divieto di commercializzazione di sacchetti da asporto monouso non biodegradabili, ma fabbricati nel rispetto dei requisiti stabiliti dalla [direttiva 94/62], ove non giustificata dalla finalità di assicurare una più alta tutela dell’ambiente, dalla particolarità delle problematiche della raccolta dei rifiuti nello Stato membro e dalla necessità dello Stato stesso di dare attuazione anche agli obblighi comunitari previsti in tale connesso ambito, possa costituire violazione grave e manifesta dell’articolo 18 della [direttiva 94/62]».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

31      L’Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili – Assobioplastiche (in prosieguo: l’«AIB») e il governo italiano affermano, in sostanza, che la domanda di pronuncia pregiudiziale sarebbe irricevibile per il motivo che, poiché la procedura di notifica non si è chiusa, il decreto di cui trattasi nel procedimento principale non sarebbe mai entrato in vigore o, comunque, sarebbe stato successivamente abrogato.

32      L’AIB solleva un altro motivo di irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, vertente sul fatto che il giudice del rinvio non avrebbe tenuto conto del paragrafo 1 bis introdotto all’articolo 4 della direttiva 94/62, nella parte in cui prevede disposizioni specifiche sulle borse di plastica.

33      Nessuno di tali motivi può essere accolto.

34      Invero, occorre ricordare che spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione di una norma giuridica dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 6 ottobre 2021, Sumal, C‑882/19, EU:C:2021:800, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

35      Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 6 ottobre 2021, Sumal, C‑882/19, EU:C:2021:800, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

36      Orbene, tale ipotesi non ricorre nel caso in esame. Come risulta dall’ordinanza di rinvio, la soluzione della controversia di cui al procedimento principale dipende dalle risposte che la Corte è chiamata a fornire alle quattro questioni sollevate, in quanto tali risposte consentiranno al giudice del rinvio di statuire sul ricorso per risarcimento danni proposto dalla Papier Mettler Italia, la quale lamenta il lucro cessante causato dalla cessazione della vendita dei sacchi da asporto monouso fabbricati con materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti dalla direttiva 94/62, a seguito dell’entrata in vigore del divieto previsto nel decreto di cui trattasi nel procedimento principale.

37      A tale riguardo, occorre rammentare che spetta alla Corte prendere in considerazione, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra quest’ultima e i giudici nazionali, il contesto materiale e normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, come definito dal provvedimento di rinvio, cosicché l’esame di un rinvio pregiudiziale non può essere effettuato alla luce della valutazione del diritto nazionale sostenuta dal governo di uno Stato membro o da una parte nel procedimento principale [v., in tal senso, sentenza del 15 aprile 2021, État belge (Elementi successivi alla decisione di trasferimento), C‑194/19, EU:C:2021:270, punto 26 e giurisprudenza ivi citata].

38      In tali circostanze, non si può sostenere che l’interpretazione richiesta non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale né che il problema sollevato dal giudice del rinvio sia di natura ipotetica. Inoltre, la Corte dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte.

39      Peraltro, l’argomento dell’AIB, vertente sulla mancata presa in considerazione del paragrafo 1 bis introdotto all’articolo 4 della direttiva 94/62, non può che essere respinto, dal momento che tale paragrafo non è applicabile ratione temporis ai fatti di cui al procedimento principale. Detto paragrafo è stato infatti inserito in tale direttiva mediante la direttiva 2015/720 e, di conseguenza, successivamente ai fatti di cui trattasi.

40      Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

41      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34, nonché l’articolo 16 della direttiva 94/62, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano all’adozione di una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti dalla direttiva 94/62, quando tale normativa sia stata comunicata alla Commissione solo qualche giorno prima della sua adozione e pubblicazione.

42      In via preliminare, occorre rilevare che è pacifico, nel caso di specie, che l’articolo 2 del decreto di cui trattasi nel procedimento principale, che, come ricordato al punto 21 della presente sentenza, vieta la fabbricazione e la commercializzazione di sacchetti di plastica per l’asporto delle merci che non siano in possesso di alcuni requisiti in esso analiticamente indicati, costituisce una «regola tecnica», ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 98/34.

43      Fatta tale precisazione preliminare occorre ricordare, in primo luogo, che, per giurisprudenza costante, la direttiva 98/34 è volta a tutelare, mediante un controllo preventivo, la libera circolazione delle merci, che costituisce uno dei fondamenti dell’Unione, e l’utilità di tale controllo emerge nei casi in cui regole tecniche che rientrano nel campo di applicazione di tale direttiva possano costituire ostacoli agli scambi delle merci fra Stati membri, ostacoli che sono ammissibili solo se necessari per soddisfare obblighi imperativi diretti al conseguimento di uno scopo d’interesse generale (v., in tal senso, sentenze del 30 aprile 1996, CIA Security International, C‑194/94, EU:C:1996:172, punti 40 e 48; dell’8 settembre 2005, Lidl Italia, C‑303/04, EU:C:2005:528, punto 22, nonché del 9 giugno 2011, Intercommunale Intermosane e Fédération de l’industrie et du gaz, C‑361/10, EU:C:2011:382, punto 10).

44      Dalla giurisprudenza costante della Corte risulta altresì che una regola tecnica non può essere applicata quando essa non è stata comunicata conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34 oppure quando, pur essendo stata comunicata, essa è stata approvata e posta in esecuzione prima della scadenza del periodo di sospensione di tre mesi previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva (sentenza del 16 luglio 2015, UNIC e Uni.co.pel, C‑95/14, EU:C:2015:492, punto 29 nonché giurisprudenza ivi citata).

45      A tale riguardo, per quanto concerne, sotto un primo profilo, l’obbligo di previa comunicazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34, occorre rilevare che, conformemente a tale disposizione, gli Stati membri comunicano alla Commissione ogni «progetto di regola tecnica», il quale è definito all’articolo 1, punto 12, di tale direttiva come una regola «che si trovi in una fase preparatoria in cui sia ancora possibile apportarvi emendamenti sostanziali».

46      Orbene, dall’ordinanza di rinvio risulta che il decreto di cui trattasi nel procedimento principale è stato, innanzitutto, comunicato alla Commissione il 12 marzo 2013 in applicazione dell’articolo 8 della direttiva 98/34. Tale decreto è stato poi adottato il 18 marzo successivo ed è stato infine pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 27 marzo 2013.

47      Ne consegue che non si può ritenere che tale comunicazione abbia riguardato un «progetto di regola tecnica», ai sensi dell’articolo 1, punto 12, di detta direttiva, dal momento che la comunicazione di cui trattasi verteva, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 45 delle sue conclusioni, non già su un «progetto di regola tecnica», ai sensi di tale disposizione, bensì su una versione finale di quest’ultima, che si trovava in una fase preparatoria in cui non era allora possibile apportare emendamenti sostanziali né tener conto delle osservazioni e dei pareri circostanziati emessi dagli Stati membri successivamente a detta comunicazione.

48      Sotto un secondo profilo, occorre rilevare che l’adozione del decreto di cui trattasi nel procedimento principale in un termine di sei giorni dalla sua comunicazione alla Commissione sul fondamento dell’articolo 8, paragrafo 1, di detta direttiva viola altresì l’obbligo previsto all’articolo 9, paragrafo 1, di quest’ultima, ai sensi del quale gli Stati membri rinviano l’adozione di un «progetto di regola tecnica» di tre mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, della medesima direttiva.

49      Al riguardo, i due motivi invocati dal governo italiano per giustificare l’adozione del decreto di cui trattasi nel procedimento principale in tali circostanze non risultano persuasivi.

50      Da un lato, nei limiti in cui detto governo sostiene che il divieto di commercializzazione sancito dal decreto di cui trattasi nel procedimento principale si limiterebbe a riprodurre un disposto normativo che era già stato comunicato alla Commissione, il 5 aprile 2011, quale «disegno di legge in materia di divieto di commercializzazione di sacchi biodegradabili per asporto di merci», occorre rilevare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi 49 e 50 delle sue conclusioni, che la comunicazione del progetto di cui trattasi non può essere considerata come una mera reiterazione di quella effettuata nel 2011. Invero, il decreto di cui trattasi nel procedimento principale contiene specifiche tecniche più rigorose di quelle contenute nell’atto comunicato il 5 aprile 2011, cosicché tale decreto doveva essere comunicato alla Commissione in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34.

51      Dall’altro lato, detto governo sostiene che l’entrata in vigore del decreto di cui trattasi nel procedimento principale sarebbe stata subordinata, in forza dell’articolo 6 di quest’ultimo, alla condizione della conclusione con «esito favorevole» della procedura di comunicazione avviata il 12 marzo 2013 sul fondamento dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34. Orbene, detta procedura non avrebbe avuto un tale esito, dal momento che la Commissione non avrebbe emesso alcun parere in merito a detto decreto. Tale argomento non può che essere respinto poiché, anzitutto, l’adozione e la pubblicazione di detto decreto possono, in quanto tali, produrre taluni effetti sulla libera circolazione dei prodotti di cui trattasi, inoltre, esse non hanno consentito di prendere in considerazione le osservazioni e i pareri circostanziati emessi dal Regno dei Paesi Bassi, dal Regno di Svezia e dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e, infine, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, essi costituiscono una tecnica legislativa irrispettosa del principio di certezza del diritto.

52      Dalle considerazioni che precedono risulta che la comunicazione alla Commissione del decreto di cui trattasi nel procedimento principale solo qualche giorno prima dell’adozione e della pubblicazione di quest’ultimo viola l’articolo 8, paragrafo 1, e l’articolo 9 della direttiva 98/34.

53      In secondo luogo, occorre determinare se l’inosservanza da parte di uno Stato membro del suo obbligo di previa notificazione dei progetti di misure che prevede di adottare nell’ambito della direttiva 94/62, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, di quest’ultima comporti l’inapplicabilità e, pertanto, l’inopponibilità ai singoli della normativa di cui trattasi, al pari delle conseguenze, ricordate al punto 44 della presente sentenza, derivanti dall’inosservanza da parte di uno Stato membro del suo obbligo di previa comunicazione delle regole tecniche, previsto all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34.

54      A tale riguardo occorre constatare che l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 94/62 si limita, in sostanza, ad imporre agli Stati membri l’obbligo di notificare alla Commissione, prima dell’adozione, i progetti delle misure che prevedono di adottare nell’ambito di tale direttiva, affinché detta istituzione possa esaminarli alla luce delle disposizioni esistenti. L’articolo 16, paragrafo 2, di detta direttiva dispone che, se il provvedimento previsto concerne anche questioni tecniche ai sensi della direttiva 98/34, lo Stato membro interessato può precisare che la notificazione eseguita in forza della direttiva 94/62 vale anche ai fini della direttiva 98/34.

55      Dalla formulazione dell’articolo 16 della direttiva 94/62 risulta che quest’ultimo non stabilisce alcuna procedura di controllo dell’Unione di tali progetti e non subordina l’entrata in vigore di detti progetti all’accordo o all’assenza di opposizione da parte della Commissione.

56      L’obiettivo perseguito da tale direttiva consiste, come risulta dal primo considerando di quest’ultima, nell’armonizzare le diverse disposizioni e misure nazionali concernenti la gestione degli imballaggi e dei rifiuti d’imballaggio sia, da un lato, per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente ed assicurare così un elevato livello di protezione dello stesso, sia, dall’altro, per garantire il funzionamento del mercato interno e prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi nonché le distorsioni e le restrizioni alla concorrenza. L’obiettivo più specifico perseguito dall’articolo 16 di detta direttiva mira, come risulta dal trentatreesimo considerando di quest’ultima, a consentire alla Commissione di verificare la conformità alla medesima direttiva dei progetti di misure che essi intendono adottare.

57      L’obbligo imposto agli Stati membri dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 94/62 mira quindi a consentire alla Commissione di essere informata delle misure nazionali previste nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi, al fine di poter valutare se i progetti di misure che le sono sottoposti siano o meno compatibili con il diritto dell’Unione e, se del caso, di trarne le opportune conseguenze giuridiche.

58      Ne discende che né la formulazione né lo scopo dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 94/62 consentono di ritenere che l’inosservanza dell’obbligo di previa notificazione incombente agli Stati membri produca gli stessi effetti, ricordati al punto 44 della presente sentenza, dell’inosservanza dell’obbligo di previa comunicazione di cui all’articolo 8 della direttiva 98/34.

59      Come sostenuto dalla Commissione nelle sue osservazioni, la circostanza che l’articolo 16 della direttiva 94/62 faccia riferimento alla direttiva 83/189, che è stata sostituita dalla direttiva 98/34, non può essere interpretata nel senso che una violazione di tale disposizione produca gli stessi effetti di una violazione dell’articolo 8 della direttiva 98/34. Invero, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, tale riferimento incrociato mira semplicemente ad evitare comunicazioni multiple alla Commissione di uno stesso progetto di misure in forza di diversi obblighi di comunicazione.

60      Ne consegue che l’obbligo di previa notificazione istituito dall’articolo 16 della direttiva 94/62 costituisce un semplice obbligo di informazione degli Stati membri nei confronti della Commissione, la cui inosservanza non può costituire un vizio sostanziale tale da comportare l’inapplicabilità delle misure che gli Stati membri intendono adottare, di modo che esse non possano essere opposte ai singoli. Pertanto, tale articolo non può essere invocato dinanzi a un giudice nazionale per ottenere l’annullamento di norme non notificate o l’inopponibilità di queste ultime.

61      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 devono essere interpretati nel senso che essi ostano all’adozione di una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti nella direttiva 94/62, quando tale normativa sia stata comunicata alla Commissione solo qualche giorno prima della sua adozione e pubblicazione.

 Sulla seconda questione

62      Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 18 della direttiva 94/62, in combinato disposto con l’articolo 9 e con l’allegato II a quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti in tale direttiva e, se del caso, se detta normativa possa trovare giustificazione nella finalità di assicurare un livello più elevato di tutela dell’ambiente.

63      In primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 18 della direttiva 94/62, intitolato «Libertà di immissione sul mercato», prevede che gli Stati membri non possono ostacolare l’immissione sul mercato nel loro territorio di imballaggi conformi alle disposizioni di tale direttiva.

64      L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 94/62 stabilisce che sono immessi sul mercato soltanto gli imballaggi conformi a tutti i requisiti essenziali definiti in detta direttiva, compreso l’allegato II a quest’ultima. Tale allegato menziona i requisiti essenziali concernenti la composizione nonché la riutilizzabilità e la recuperabilità degli imballaggi di cui trattasi. Più in particolare, esso elenca, al punto 3, i requisiti specifici che devono soddisfare gli imballaggi recuperabili sotto forma di riciclaggio del materiale, di recupero di energia o di compost nonché gli imballaggi biodegradabili.

65      Orbene, la Corte ha dichiarato che i requisiti concernenti la composizione e la riutilizzabilità o la compostabilità, disciplinati dagli articoli da 8 a 11 e dall’allegato II a detta direttiva, sono stati oggetto di un’armonizzazione completa (v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 2004, Radlberger Getränkegesellschaft e S. Spitz, C‑309/02, EU:C:2004:799, punto 56, nonché del 14 dicembre 2004, Commissione/Germania, C‑463/01, EU:C:2004:797, punto 44).

66      Secondo costante giurisprudenza, quando un settore è stato oggetto di un’armonizzazione completa a livello dell’Unione, gli Stati membri sono vincolati e non possono mantenere disposizioni nazionali contrastanti né subordinare la circolazione dei prodotti di cui trattasi a condizioni ulteriori (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2003, ATRAL, C‑14/02, EU:C:2003:265, punto 44, e del 12 aprile 2018, Fédération des entreprises de la beauté, C‑13/17, EU:C:2018:246, punto 23).

67      Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, quando procedono ad un’armonizzazione completa, le istituzioni dell’Unione provvedono al necessario bilanciamento tra l’obiettivo della libera circolazione del prodotto di cui trattasi e quello della tutela di interessi generali e particolari, cosicché il risultato di tale bilanciamento non può essere messo in discussione dalle autorità nazionali.

68      Nel caso di specie, dall’articolo 2 del decreto di cui trattasi nel procedimento principale risulta che quest’ultimo autorizza la commercializzazione soltanto dei sacchi di plastica biodegradabili e compostabili conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, e di quelli rispondenti alle caratteristiche di forma e spessore ricordate al punto 18 della presente sentenza, ad esclusione di tutti gli altri sacchi, compresi quelli che soddisfano gli altri requisiti di recupero previsti al punto 3 dell’allegato II alla direttiva 94/62.

69      Ne consegue che l’articolo 18 della direttiva 94/62, in combinato disposto con l’articolo 9 e con l’allegato II a quest’ultima, osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

70      In secondo luogo, occorre aggiungere che, se il governo italiano avesse inteso adottare disposizioni più rigorose per l’immissione sul mercato dei sacchi di plastica per ragioni ambientali, esso avrebbe potuto farlo solo conformemente all’articolo 114, paragrafi 5 e 6, TFUE.

71      L’articolo 114, paragrafi 5 e 6, TFUE autorizza lo Stato membro che lo ritenga necessario, dopo l’adozione di una misura di armonizzazione, a introdurre disposizioni nazionali fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente sopravvenute dopo l’adozione di tale misura, a condizione che esso notifichi le disposizioni previste alla Commissione precisando i motivi dell’introduzione delle stesse.

72      Orbene, né dall’ordinanza di rinvio né dalle osservazioni depositate dinanzi alla Corte emergono elementi idonei a suffragare la circostanza che il governo italiano abbia notificato alla Commissione, sulla base di tale disposizione, la sua intenzione di introdurre una misura di deroga.

73      In terzo e ultimo luogo, quanto all’argomento del governo italiano e dell’AIB, vertente sull’introduzione di un paragrafo 1 bis all’articolo 4 della direttiva 94/62 mediante la direttiva 2015/720, è sufficiente constatare, come rilevato al punto 39 della presente sentenza, che tale paragrafo non è applicabile ratione temporis al procedimento principale.

74      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 18 della direttiva 94/62, in combinato disposto con l’articolo 9 e con l’allegato II a quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti in tale direttiva. Detta normativa può tuttavia trovare giustificazione nella finalità di assicurare un livello più elevato di tutela dell’ambiente, qualora siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 114, paragrafi 5 e 6, TFUE.

 Sulla terza questione

75      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 18 della direttiva 94/62, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, e con l’allegato II a quest’ultima, abbia effetto diretto, cosicché tale giudice debba disapplicare una normativa nazionale contraria a detto articolo 18.

76      A tale riguardo, secondo costante giurisprudenza, per essere riconosciuta come avente effetto diretto, una disposizione di una direttiva deve apparire, dal punto di vista sostanziale, incondizionata e sufficientemente precisa. Una disposizione è incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione, né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri. Una disposizione è considerata sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo ed applicata dal giudice allorché sancisce un obbligo in termini inequivocabili [v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C‑205/20, EU:C:2022:168, punti 17 e 18].

77      Anche se una direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità per l’adozione delle modalità della sua attuazione, una disposizione di tale direttiva può essere considerata di carattere incondizionato e preciso se addossa agli Stati membri, in termini inequivocabili, un obbligo di risultato preciso e assolutamente incondizionato quanto all’applicazione della norma da essa enunciata [sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C‑205/20, EU:C:2022:168, punto 19].

78      Nel caso di specie, l’articolo 18 della direttiva 94/62 prevede che gli Stati membri non possono ostacolare l’immissione sul mercato nel loro territorio di imballaggi conformi alle disposizioni di tale direttiva.

79      Risulta quindi, da un lato, dalla formulazione di tale articolo che esso istituisce, in termini inequivocabili, un obbligo di non fare, cosicché esso costituisce una «disposizione sufficientemente precisa», ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 76 e 77 della presente sentenza. Di conseguenza, gli Stati membri devono astenersi dall’adottare qualsiasi misura che limiti la commercializzazione di imballaggi conformi alle disposizioni di detta direttiva.

80      Dall’altro lato, detto articolo presenta un «carattere incondizionato», ai sensi di tale giurisprudenza, dal momento che il divieto da esso sancito non richiede l’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione e non conferisce agli Stati membri la facoltà di assoggettare a condizioni o di restringere la portata di detto divieto.

81      È vero che dallo stesso articolo risulta che gli imballaggi di cui trattasi devono essere conformi alle disposizioni della stessa direttiva, vale a dire che essi devono essere conformi ai requisiti essenziali stabiliti all’articolo 9, paragrafo 1, di quest’ultima, il quale rinvia all’allegato II alla medesima.

82      Nondimeno, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 89 delle sue conclusioni, il beneficio della libera commercializzazione degli imballaggi conformemente alla direttiva 94/62 aveva carattere incondizionato fino all’entrata in vigore del paragrafo 1 bis, inserito nell’articolo 4 della direttiva 94/62 mediante la direttiva 2015/720, il quale ha autorizzato gli Stati membri ad introdurre misure più restrittive per la commercializzazione delle borse di plastica in materiale leggero. Come rilevato al punto 39 della presente sentenza, quest’ultima disposizione non è tuttavia applicabile ratione temporis ai fatti di cui al procedimento principale.

83      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 18 della direttiva 94/62, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, e con l’allegato II a quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che esso ha effetto diretto, cosicché un giudice nazionale, in una controversia tra un singolo e delle autorità nazionali, deve disapplicare una normativa nazionale contraria a detto articolo 18.

 Sulla quarta questione

84      Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 18 della direttiva 94/62 debba essere interpretato nel senso che l’adozione di una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti da tale direttiva, può costituire una violazione sufficientemente qualificata di detto articolo 18.

85      Per quanto riguarda la responsabilità degli Stati membri in caso di violazione del diritto dell’Unione, secondo costante giurisprudenza il diritto al risarcimento di un singolo presuppone, segnatamente, che la violazione della norma giuridica dell’Unione di cui trattasi sia sufficientemente qualificata [v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2022, Ministre de la Transition écologique e Premier ministre (Responsabilità dello Stato per l’inquinamento atmosferico), C‑61/21, EU:C:2022:1015, punto 44].

86      A tale riguardo, da costante giurisprudenza risulta che una violazione sufficientemente qualificata implica una violazione grave e manifesta da parte dello Stato membro dei limiti posti al suo potere discrezionale (sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame, C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 55).

87      Gli elementi da prendere in considerazione in tale contesto sono, in particolare, il grado di chiarezza e precisione della norma violata, l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva alle autorità nazionali interessate, la scusabilità o inescusabilità di un eventuale errore di diritto, il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato o, ancora, la circostanza che i comportamenti adottati da un’istituzione dell’Unione abbiano potuto concorrere all’omissione, all’adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o prassi nazionali contrari al diritto dell’Unione (sentenze del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame, C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 56, e del 4 ottobre 2018, Kantarev, C‑571/16, EU:C:2018:807, punto 105).

88      Peraltro, nell’ipotesi in cui lo Stato membro non si trovi di fronte a scelte normative e disponga di un margine discrezionale considerevolmente ridotto, se non inesistente, la semplice trasgressione del diritto dell’Unione può essere sufficiente per integrare una violazione sufficientemente qualificata (sentenza del 16 ottobre 2008, Synthon, C‑452/06, EU:C:2008:565, punto 38).

89      A tale riguardo è sufficiente constatare che, come ricordato al punto 79 della presente sentenza, l’articolo 18 della direttiva 94/62 istituisce, in termini inequivocabili, un obbligo di non fare, cosicché esso costituisce una «disposizione sufficientemente precisa», ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 76 e 77 della presente sentenza, e che, di conseguenza, gli Stati membri devono astenersi dall’adottare qualsiasi misura che limiti la commercializzazione di imballaggi conformi alle norme di detta direttiva. Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 98 delle sue conclusioni, tale articolo, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, e con l’allegato II a detta direttiva, non lasciava alcun margine di discrezionalità alle autorità italiane che consentisse loro di vietare, sul loro territorio, gli imballaggi conformi alle norme della medesima direttiva.

90      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 18 della direttiva 94/62 deve essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti in tale direttiva, può costituire una violazione sufficientemente qualificata di detto articolo 18.

 Sulle spese

91      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      Gli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, come modificata dal regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012,

devono essere interpretati nel senso che:

essi ostano all’adozione di una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti nella direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, come modificata dalla direttiva 2013/2/UE della Commissione, del 7 febbraio 2013, quando tale normativa sia stata comunicata alla Commissione europea solo qualche giorno prima della sua adozione e pubblicazione.

2)      L’articolo 18 della direttiva 94/62, come modificata dalla direttiva 2013/2, in combinato disposto con l’articolo 9 e con l’allegato II alla direttiva 94/62, come modificata,

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti nella direttiva 94/62, come modificata. Detta normativa può tuttavia trovare giustificazione nella finalità di assicurare un livello più elevato di tutela dell’ambiente, qualora siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 114, paragrafi 5 e 6, TFUE.

3)      L’articolo 18 della direttiva 94/62, come modificata dalla direttiva 2013/2, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, e con l’allegato II alla direttiva 94/62, come modificata,

deve essere interpretato nel senso che:

esso ha effetto diretto, cosicché un giudice nazionale, in una controversia tra un singolo e delle autorità nazionali, deve disapplicare una normativa nazionale contraria a detto articolo 18.

4)      L’articolo 18 della direttiva 94/62, come modificata dalla direttiva 2013/2,

deve essere interpretato nel senso che:

una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti nella direttiva 94/62, come modificata, può costituire una violazione sufficientemente qualificata di detto articolo 18.

Jürimäe

Piçarra

Safjan

Jääskinen

 

Gavalec

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 dicembre 2023.

Il cancelliere

 

La presidente di sezione

A. Calot Escobar

 

K. Jürimäe


*      Lingua processuale: l’italiano.