Language of document : ECLI:EU:C:2024:77

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

25 gennaio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 267 TFUE – Portata dell’obbligo di rinvio dei giudici nazionali di ultima istanza – Eccezioni a tale obbligo – Criteri – Situazioni in cui la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio – Requisito, applicabile al giudice nazionale di ultima istanza, di essere convinto che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e alla Corte – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausole 2 e 3 – Nozione di “lavoratore a tempo determinato” – Componenti del Corpo militare della Croce Rossa italiana – Clausola 5 – Misure volte a prevenire e, se del caso, sanzionare gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato – Trasformazione dello status di “lavoratore a tempo determinato” in status di “lavoratore a tempo indeterminato” – Clausola 4 – Principio di non discriminazione»

Nella causa C‑389/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con sentenza del 10 giugno 2022, pervenuta in cancelleria il 13 giugno 2022, nel procedimento

GC e altri

contro

Croce Rossa Italiana,

Ministero della Difesa,

Ministero della Salute,

Ministero dell’Economia e delle Finanze,

Presidenza del Consiglio dei ministri,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Sesta Sezione (relatore), P.G. Xuereb e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Fiandaca e F. Sclafani, avvocati dello Stato;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna e S. Żyrek, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da D. Recchia e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 267 TFUE, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43) e del principio di tutela del legittimo affidamento.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, diversi membri del personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana e, dall’altro, quest’ultima, il Ministero della Difesa (Italia), il Ministero della Salute (Italia), il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italia) nonché la Presidenza del Consiglio dei ministri (Italia), in merito al loro collocamento in congedo da parte della Croce Rossa italiana.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Il considerando 17 della direttiva 1999/70 è così formulato:

«per quanto riguarda i termini utilizzati nell’accordo quadro la presente direttiva, senza definirli precisamente, lascia agli Stati membri il compito di provvedere alla loro definizione secondo la legislazione e/o la prassi nazionale, come per altre direttive adottate nel settore sociale che utilizzano termini simili, purché dette definizioni rispettino il contenuto dell’accordo quadro».

4        Ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva, il suo «scopo è attuare l’accordo quadro (…), che figura nell’allegato, concluso (…) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)».

5        L’articolo 2, primo comma, della direttiva in parola così dispone:

«Gli Stati membri mettono in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il 10 luglio 2001 o si assicurano che, entro tale data, le parti sociali introducano le disposizioni necessarie mediante accordi. Gli Stati membri devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione [europea]».

6        Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro:

«L’obiettivo del presente accordo quadro è:

a)      migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

b)      creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

7        La clausola 2 dell’accordo quadro prevede quanto segue:

«1.      Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.

2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai

a)      rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato;

b)      contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici».

8        La clausola 3 dell’accordo quadro così recita:

«Ai fini del presente accordo

1.      il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

2.      Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile” indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze (...)».

9        La clausola 4 dell’accordo quadro, al punto 1, prevede quanto segue:

«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».

10      La clausola 5 dell’accordo quadro è così formulata:

«1.      Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a

a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)      devono essere considerati “successivi”;

b)      devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

 Diritto italiano

11      L’articolo 1626 del decreto legislativo del 15 marzo 2010, n. 66 – Codice dell’ordinamento militare (supplemento ordinario alla GURI n. 106, dell’8 maggio 2010; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 66/2010»), prevede quanto segue:

«1.      Per il funzionamento dei suoi servizi in tempo di pace, di guerra o di grave crisi internazionale, la Croce Rossa italiana arruola proprio personale che costituisce un corpo speciale volontario, ausiliario delle Forze armate».

12      L’articolo 1653 di tale decreto legislativo così dispone:

«1.      Gli iscritti nei vari ruoli del personale militare dell’associazione, escluso il personale per l’assistenza spirituale, chiamati in servizio, sono militari e sono sottoposti alle norme della disciplina militare e dei codici penali militari.

2.      Le chiamate in servizio e i collocamenti in congedo degli iscritti suddetti sono effettuati dai centri di mobilitazione con provvedimento definitivo. Le chiamate sono disposte con precetto adottato in seguito ad autorizzazione del presidente nazionale.

3.      Ai mancanti alla chiamata disposta ai sensi del comma 2 sono applicate le disposizioni penali sancite per i militari.

4.      I centri di mobilitazione rendono edotti sia gli aspiranti all’arruolamento, sia gli arruolati precettati, di tale loro stato giuridico e si assicurano, prima di equipaggiarli, della perfetta conoscenza da parte degli stessi delle norme essenziali della disciplina militare».

13      L’articolo 1668 di detto decreto legislativo è così formulato:

«1.      Le chiamate in servizio del personale militare della Croce Rossa italiana sono effettuate mediante precetti rilasciati dai centri di mobilitazione o dagli altri comitati a ciò autorizzati, previe disposizioni del comitato centrale o del centro di mobilitazione, il quale a sua volta riceve l’ordine direttamente dal comitato centrale.

2.      In nessun caso si può precettare personale senza l’autorizzazione di cui al comma 1.

3.      È fatta eccezione per il personale facente parte delle squadre di pronto soccorso, comprese le squadre di riserva, mobilitato per prestazioni di soccorso in caso di gravi disastri o calamità pubbliche; per questi casi, in conformità alle norme impartite dalla presidenza nazionale dell’associazione, i comitati hanno l’obbligo di intervenire immediatamente.

4.      Nelle circostanze di cui al comma 3, il personale presentatosi si intende mobilitato con precetto: esso assume quindi senz’altro la qualità di militare in servizio attivo e i comitati preparano tempestivamente i precetti di chiamata per la consegna, che può effettuarsi anche dopo la presentazione in servizio degli interessati».

14      Ai sensi del paragrafo 1669 del medesimo decreto legislativo:

«1.      Nel caso di mobilitazione urgente, di cui all’articolo 1668, i comitati informano immediatamente il comitato centrale (ufficio personale) e il centro di mobilitazione della effettuata mobilitazione di personale, inviando a essi l’elenco nominativo del personale precettato.

2.      I centri di mobilitazione provvedono a completare l’elenco di cui al comma 1 con i dati matricolari relativi e ne trasmettono al più presto una nuova copia completata al comitato centrale, ufficio personale».

15      L’articolo 1 del decreto legislativo del 28 settembre 2012, n. 178 – Riorganizzazione dell’Associazione italiana della Croce Rossa (GURI n. 245, del 19 ottobre 2012; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 178/2012»), prevede quanto segue:

«1.      Le funzioni esercitate dall’Associazione italiana della Croce Rossa (...), di cui al comma 4, sono trasferite, a decorrere dal 1° gennaio 2014, alla (...) Associazione della Croce Rossa italiana (...). L’Associazione [della Croce Rossa italiana] è persona giuridica di diritto privato (...)».

16      L’articolo 5 di detto decreto legislativo così dispone:

«1.      Il Corpo militare della [Croce Rossa italiana] che assume la denominazione di Corpo militare volontario e il Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa sono ausiliari delle Forze armate e i loro appartenenti sono soci della [Croce Rossa italiana] e successivamente dell’Associazione [della Croce Rossa italiana]

2.      Il Corpo militare volontario resta disciplinato dal decreto legislativo n. 66/2010 (...), per quanto non diversamente disposto dal presente decreto. (...)

3.      Il Corpo militare volontario, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 6, comma 1, è costituito esclusivamente da personale volontario in congedo (...) Il personale appartenente al ruolo di cui al primo periodo non è soggetto ai codici penali militari e alle disposizioni in materia di disciplina militare recate dai citati codici dell’ordinamento militare e relativo testo unico regolamentare, fatta eccezione per quelle relative alla categoria del congedo.

4.      Il servizio prestato dal Corpo militare volontario (...) è gratuito (...).

5.      Il personale del Corpo militare costituito dalle unità già in servizio continuativo per effetto di provvedimenti di assunzione a tempo indeterminato transita, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 6, comma 1, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, in un ruolo ad esaurimento nell’ambito del personale civile della [Croce Rossa italiana] e successivamente dell’Ente (...)

6.      Fermo restando quanto previsto dai commi 3, secondo periodo e 5 del presente articolo, allo scopo di assicurare la funzionalità e il pronto impiego dei servizi ausiliari alle Forze armate rese dai Corpi ausiliari, con decreto del Ministro della difesa (...) sono determinati i criteri per la costituzione, nell’ambito del personale di cui al comma 5 del presente articolo e di cui all’articolo 6, comma 9, terzo periodo, previa selezione per titoli, di un contingente di personale del Corpo militare in servizio attivo, la cui dotazione massima e la successiva alimentazione con personale civile della [Croce Rossa italiana] e quindi dell’Ente avente altresì, la qualifica di militare in congedo, è stabilita in trecento unità. (...)».

17      Ai sensi dell’articolo 6, comma 9, di detto decreto legislativo, nella versione vigente all’epoca dei fatti:

«(...) Il Commissario e successivamente il Presidente, fino al 31 dicembre 2013 può richiamare in servizio, nei limiti delle disponibilità di bilancio, per il tempo strettamente necessario all’esigenza per la quale la chiamata è effettuata, il personale appartenente al Corpo militare che, per effetto di richiami ai sensi dell’articolo 1668 del [decreto legislativo n. 66/2010], è in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto ed è continuativamente e senza soluzione di continuità in servizio almeno a far data dal 1° gennaio 2007».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18      In base alle informazioni fornite dal giudice del rinvio, il Corpo militare della Croce Rossa italiana, istituito ai sensi dell’articolo 1626 dal decreto legislativo n. 66/2010, costituisce un corpo speciale volontario, ausiliario delle Forze armate, arruolato dalla Croce Rossa italiana. Taluni appartenenti a tale Corpo sono chiamati in servizio continuativo e altri in servizio temporaneo.

19      Il Corpo militare della Croce Rossa italiana è costituito esclusivamente da personale volontario in congedo militare, iscritto in un ruolo unico comprensivo delle categorie direttive dei medici, dei commissari e dei farmacisti, nonché della categoria del personale di assistenza. Il servizio prestato è gratuito.

20      Con l’adozione del decreto legislativo n. 178/2012, la Croce Rossa italiana è stata oggetto di riorganizzazione. Mentre prima era un ente pubblico non economico, essa è stata trasformata in associazione privata iscritta nel registro delle associazioni di volontariato.

21      Nell’ambito di tale riorganizzazione, il personale del Corpo militare già in servizio continuativo è stato iscritto in un ruolo ad esaurimento al fine di essere trasferito nell’ambito del personale civile della Croce Rossa italiana.

22      Quanto al personale in servizio temporaneo, è stato previsto che non potrà più essere richiamato in servizio dopo il 31 dicembre 2013.

23      I ricorrenti di cui al procedimento principale, che facevano parte del personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana chiamato a svolgere un servizio temporaneo, erano stati richiamati più volte in servizio tramite precetto prima di essere collocati in congedo il 31 dicembre 2013.

24      Essi adivano il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) con un ricorso volto, da un lato, a vedersi riconosciuto il diritto alla stabilizzazione del loro rapporto di lavoro con la Croce Rossa italiana, alle stesse condizioni del personale del Corpo militare di quest’ultima chiamato a svolgere un servizio continuativo, e, dall’altro, a fare annullare gli atti con cui erano stati collocati in congedo.

25      Con sentenza del 23 luglio 2014, detto tribunale respingeva il ricorso.

26      I ricorrenti di cui al procedimento principale interponevano appello avverso tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio, sostenendo segnatamente che, nell’ambito del loro rapporto con la Croce Rossa italiana, essa avrebbe abusato dell’istituto della chiamata in servizio temporaneo, affidando loro lo svolgimento non solo di adempimenti istituzionali straordinari e provvisori, ma altresì di quelli ordinari. Essi affermano, in sostanza, che il loro rapporto con la Croce Rossa italiana avrebbe configurato, in realtà, un servizio continuativo e che tale rapporto, conformemente alla giurisprudenza della Corte relativa all’accordo quadro e al principio di tutela del legittimo affidamento, avrebbe dovuto essere trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

27      Nel corso del procedimento dinanzi al giudice del rinvio, quest’ultimo ha preso atto della sopravvenuta carenza di interesse per tutti i ricorrenti di cui al procedimento principale, tranne che per GC.

28      Tale giudice osserva che, in occasione della riorganizzazione della Croce Rossa italiana, non era stata effettuata alcuna stabilizzazione del personale in servizio avente uno status giuridico diverso da quello dei ricorrenti di cui al procedimento principale, e che la «mobilità» era stata riservata al personale che aveva già un rapporto di lavoro a tempo determinato con tale ente. Infatti, il Corpo militare in servizio continuativo sarebbe transitato in un ruolo ad esaurimento.

29      Secondo il giudice del rinvio, sebbene persone chiamate per svolgere un servizio temporaneo in seno alla Croce Rossa italiana abbiano potuto essere impiegate continuativamente, ciò è avvenuto a causa di una cattiva gestione dell’organizzazione di quest’ultima.

30      Il giudice del rinvio ritiene, inoltre, che il ricorso abnorme ai volontari per momenti diversi da quelli durante i quali un’emergenza lo giustificava non possa far nascere un diritto alla stabilizzazione del rapporto tra tali volontari e la Croce Rossa italiana.

31      Al riguardo, il giudice del rinvio ritiene che coloro che hanno chiesto di entrare come volontari nella Croce Rossa italiana sapessero che questa non era la strada per aspirare a un impiego retribuito a tempo indeterminato e che, laddove avessero ritenuto non conforme alla natura del loro impegno il richiamo in servizio senza soluzione di continuità, avrebbero potuto astenersi dal proseguire detto impegno. Il fatto che essi abbiano accettato questo stato di cose non legittima quindi alcuna richiesta di stabilizzazione del loro rapporto con tale ente. Il giudice del rinvio rileva che, nella controversia di cui è investito, non vi è stato un ricorso abusivo a una serie di contratti a tempo determinato per nascondere un contratto a tempo indeterminato o diminuire le garanzie dei lavoratori, dal momento che il rapporto di servizio tra i ricorrenti di cui al procedimento principale e la Croce Rossa italiana risulta da un atto volontario che, da un punto di vista giuridico, non può essere qualificato come contratto di lavoro.

32      Anche ipotizzando che il personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana possa essere equiparato al personale delle forze armate, esso non avrebbe diritto nemmeno in questo caso alla stabilizzazione del suo rapporto con quest’ultima. Infatti, la Corte avrebbe interpretato la clausola 5 dell’accordo quadro nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi siano trasformati in contratti o in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, qualora tale normativa contenga un’altra misura effettiva destinata a evitare e, se del caso, a sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un siffatto datore di lavoro.

33      Peraltro, la controversia di cui è investito il giudice del rinvio non rientrerebbe nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro per il motivo che i ricorrenti di cui al procedimento principale sono militari, seppur non membri delle forze armate, sono stati impiegati esclusivamente su base volontaria, eseguivano il loro servizio gratuitamente, il loro status era disciplinato dal codice dell’ordinamento militare istituito con il decreto legislativo n. 66/2010, e i provvedimenti di richiamo costituivano veri e propri atti di arruolamento, basati su esigenze temporanee riconducibili all’interesse militare nazionale.

34      Secondo il giudice del rinvio, l’organizzazione e il funzionamento del Corpo militare esulano dalle competenze attribuite all’Unione europea. Infatti, in forza dell’articolo 45, paragrafo 4, TFUE, le disposizioni sulla libera circolazione dei lavoratori non si applicherebbero agli impieghi nella pubblica amministrazione, in cui rientrerebbero quelli mediante i quali vengono garantiti l’esercizio dei pubblici poteri e la tutela degli interessi generali dello Stato, quale l’espletamento dei compiti in materia di sicurezza e difesa. Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte relativa alla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), risulterebbe che l’esclusione dall’ambito di applicazione di tale direttiva di determinate attività delle forze armate o della polizia non si fonda sull’appartenenza dei lavoratori a un settore del pubblico impiego, considerato nel suo insieme, ma esclusivamente sulla natura specifica di taluni compiti particolari svolti dai lavoratori di tali settori.

35      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, il giudice del rinvio ritiene che la circostanza che i ricorrenti di cui al procedimento principale non abbiano ottenuto la stabilizzazione presso la Croce Rossa italiana, nell’ambito della riorganizzazione di quest’ultima, non costituisca una violazione dell’accordo quadro.

36      Tuttavia, esso sarebbe chiamato a pronunciarsi quale giudice di ultima istanza nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano su una controversia nell’ambito della quale sono sollevate talune questioni relative all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione.

37      Al riguardo esso rammenta che, nella sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335), la Corte ha precisato che, al fine di evitare che in uno Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con il diritto dell’Unione, qualora non sia previsto alcun ricorso giurisdizionale avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte, ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, quando è chiamato a pronunciarsi su una questione di interpretazione del diritto dell’Unione.

38      In tale sentenza, la Corte avrebbe altresì sottolineato che i giudici nazionali non sono tenuti a disporre il rinvio pregiudiziale, segnatamente, qualora la corretta applicazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio.

39      Per quanto attiene ai criteri che consentono di determinare l’esistenza di una siffatta situazione, il giudice del rinvio si chiede se il rispetto del requisito, per i giudici di ultima istanza, di essere certi dell’interpretazione e dell’applicazione da dare al diritto dell’Unione e di essere convinti che la stessa evidenza si imponga anche ai giudici degli altri Stati membri e alla Corte, debba essere accertato in senso soggettivo, ossia se i giudici di ultima istanza siano tenuti a esporre i motivi in base ai quali essi ritengono che la loro interpretazione del diritto dell’Unione sia la stessa di quella dei giudici degli altri Stati membri e della Corte, o se sia sufficiente che i giudici di ultima istanza espongano in modo oggettivo i motivi per i quali non sussistono dubbi ragionevoli quanto all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione, e ciò senza esaminare l’interpretazione che potrebbero fornire altri giudici e tenuto conto della circostanza che tale diritto utilizza una terminologia che gli è propria, della formulazione della disposizione di detto diritto di cui trattasi, del contesto in cui tale disposizione si inserisce, degli obiettivi di tutela ad essa sottesi, nonché dello stadio di evoluzione del diritto dell’Unione alla data in cui la disposizione in parola deve essere applicata.

40      Il giudice del rinvio ritiene che si debba seguire la seconda di tali alternative, in quanto essa consentirebbe di evitare di dover fornire una probatio diabolica e garantirebbe la concreta attuazione della deroga all’obbligo di rinvio, enunciata nella sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335).

41      Tale giudice si chiede altresì se l’articolo 267 TFUE, letto alla luce dei principi di indipendenza dei giudici e di ragionevole durata del processo, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice nazionale di ultima istanza, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale d’interpretazione del diritto dell’Unione, sia sottoposto automaticamente oppure a discrezione della sola parte ricorrente ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

42      Benché il giudice del rinvio escluda la sussistenza di ragionevoli dubbi quanto all’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione invocate dai ricorrenti di cui al procedimento principale, esso ritiene di dover sottoporre alla Corte alcune questioni pregiudiziali relative all’interpretazione di tali disposizioni tenuto conto, segnatamente, dell’assenza di precedenti nella giurisprudenza della Corte relativi alla problematica particolare sollevata dalla controversia di cui è investito.

43      In tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      In particolare, per escludere ogni ragionevole dubbio [in merito alla risposta] da dare alla questione sollevata e, quindi, per ritenere derogato l’obbligo di rinvio pregiudiziale ex articolo 267 TFUE gravante sul giudice di ultima istanza, si chiede di chiarire se “il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri ed alla Corte di Giustizia”:

a)      debba essere accertato in senso soggettivo, motivando in ordine alla possibile interpretazione suscettibile di essere data alla medesima questione dai giudici degli altri Stati membri e dalla Corte di giustizia ove investiti di identica questione;

b)      se, come ritenuto da questo Consiglio, al fine di evitare una probatio diabolica e consentire la concreta attuazione delle circostanze derogatorie all’obbligo di rinvio pregiudiziale indicate da codesta Corte di giustizia – sia sufficiente accertare la manifesta infondatezza della questione pregiudiziale (di interpretazione e corretta applicazione della disposizione [di diritto dell’Unione] rilevante nel caso concreto) sollevata nell’ambito del giudizio nazionale, escludendo la sussistenza di ragionevoli dubbi al riguardo, tenuto conto, sul piano meramente oggettivo –senza un’indagine sul concreto atteggiamento interpretativo che potrebbero tenere distinti organi giurisdizionali – della terminologia e del significato propri del diritto [dell’Unione] attribuibili alle parole componenti la disposizione [di diritto dell’Unione] (rilevante nel caso di specie), del contesto normativo [dell’Unione] in cui la stessa è inserita e degli obiettivi di tutela sottesi alla sua previsione, considerando lo stadio di evoluzione del diritto [dell’Unione] al momento in cui va data applicazione alla disposizione rilevante nell’ambito del giudizio nazionale;

c)      se, per salvaguardare i valori costituzionali ed europei della indipendenza del giudice e della ragionevole durata dei processi, sia possibile interpretare l’articolo 267 TFUE, nel senso di escludere che il giudice supremo nazionale, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto della Unione europea, sia sottoposto automaticamente, ovvero a discrezione della sola parte che propone l’azione, ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

2.      [Se] risultano compatibili con la direttiva [1999/70] e con il principio di legittimo affidamento gli articoli 1626, 1653, 1668 e 1669 del decreto legislativo [n. 66/2010] che prevedono l’esistenza di rapporti di servizio con una Pubblica Amministrazione aventi scadenze più volte prorogabili e rinnovabili nel corso di decenni senza soluzione di continuità.

3.      [Se] risultano compatibili con la direttiva [1999/70] e con il principio di non discriminazione gli articoli 5 e 6 del decreto legislativo [n. 178/2012] nella parte in cui stabiliscono un diverso trattamento fra personale del medesimo Corpo in servizio continuativo (ovvero a tempo indeterminato) e in servizio temporaneo (ovvero a tempo determinato), con assenza di previsioni normative che assicurino ai lavoratori in servizio temporaneo opportunità di conservazione del rapporto di lavoro a seguito del riordino dell’ente di appartenenza».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

44      Il governo polacco e la Commissione affermano, in sostanza, che la prima questione, lettera c), sarebbe irricevibile dal momento che essa non avrebbe alcun legame con l’oggetto del procedimento principale.

45      Dal canto suo, il governo italiano sostiene che tutte le questioni pregiudiziali sarebbero ipotetiche e, di conseguenza, irricevibili. In particolare, la prima questione sarebbe sollevata in una situazione in cui il giudice del rinvio ritiene che l’interpretazione corretta del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi. Inoltre, la seconda e la terza questione sarebbero irricevibili per il motivo che l’accordo quadro non sarebbe applicabile alla controversia di cui al procedimento principale a causa dell’assenza di un contratto o di un rapporto di lavoro, ai sensi della clausola 2 di tale accordo quadro.

46      Occorre rammentare che, in forza di una costante giurisprudenza della Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte, le quali godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, quando la questione sollevata riguarda l’interpretazione o la validità di una norma del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, obbligata a statuire, salvo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia ipotetico, o qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile a tale questione (sentenza del 5 maggio 2022, Zagrebačka banka, C‑567/20, EU:C:2022:352, punto 43, e ordinanza del 27 aprile 2023, Associazione Raggio Verde, C‑482/22, EU:C:2023:404, punto 50).

47      Secondo una giurisprudenza altrettanto costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, la necessità di pervenire a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo rispetti scrupolosamente i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale, indicati esplicitamente all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, i quali si presumono noti al giudice del rinvio. Tali requisiti sono inoltre richiamati nelle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1) (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 68).

48      Pertanto, è indispensabile, come enunciato all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, che la decisione di rinvio contenga l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 69).

49      Per quanto riguarda l’eccezione d’irricevibilità sollevata dal governo polacco e dalla Commissione, occorre rilevare che, con la sua prima questione, lettera c), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE, letto alla luce dei principi di indipendenza dei giudici e di ragionevole durata del processo, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente di far sorgere la responsabilità civile e disciplinare di un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, qualora tale giudice abbia preso in esame e ricusato la richiesta, presentata da una della parti della controversia dinanzi a esso pendente, diretta a che detto giudice sottoponga alla Corte, in via pregiudiziale, una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione.

50      Al riguardo, dalla sentenza di rinvio emerge che la controversia di cui al procedimento principale concerne il riconoscimento del diritto di taluni membri del personale della Croce Rossa italiana alla stabilizzazione del loro rapporto con quest’ultima, e l’annullamento degli atti con cui essa li ha collocati in congedo e non il sorgere della responsabilità civile e disciplinare di un organo giurisdizionale nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno.

51      Pertanto, appare in modo manifesto che la prima questione, lettera c), non ha alcun legame con l’oggetto del procedimento principale ed è, di conseguenza, irricevibile.

52      Per quanto attiene alle eccezioni d’irricevibilità sollevate dal governo italiano, da un lato, occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, anche ipotizzando che la corretta interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione fosse così evidente da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio, una simile circostanza non sarebbe atta a dimostrare l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma potrebbe tutt’al più esonerare il giudice del rinvio dall’obbligo di rinvio ad esso incombente in forza dell’articolo 267, terzo comma, TFUE [sentenza dell’8 giugno 2023, Fastweb e a. (Cadenza di fatturazione), C‑468/20, EU:C:2023:447, punto 45 nonché giurisprudenza ivi citata].

53      La circostanza che il giudice del rinvio escluda l’esistenza di ragionevoli dubbi quanto all’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui alle questioni pregiudiziali non comporta quindi l’irricevibilità di tali questioni.

54      Dall’altro lato, occorre rilevare che la problematica dell’applicabilità dell’accordo quadro alla controversia di cui al procedimento principale rientra nell’esame nel merito della seconda e della terza questione pregiudiziale, e non della loro ricevibilità, cosicché gli argomenti del governo italiano relativi all’esistenza di contratti o di rapporti di lavoro, ai sensi della clausola 2 di tale accordo quadro, devono essere esaminati nell’ambito di tale esame di merito.

55      Ciò precisato, occorre rilevare che il giudice del rinvio non ha esposto i motivi per cui ritiene che l’interpretazione del principio di tutela del legittimo affidamento, di cui alla seconda questione pregiudiziale, gli appaia necessaria o utile ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale.

56      Pertanto, in applicazione della giurisprudenza rammentata ai punti 47 e 48 della presente sentenza, la seconda questione, nelle parte in cui è diretta a ottenere l’interpretazione di tale principio, è irricevibile.

57      Ne consegue che le questioni pregiudiziali, fatta eccezione per la prima questione, lettera c), e per la seconda questione, nella parte in cui è diretta a ottenere l’interpretazione del principio di tutela del legittimo affidamento, sono ricevibili.

 Sulla prima questione, lettere a) e b)

58      Con la sua prima questione, lettere a) e b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, il quale, tenendo conto del fatto che il diritto dell’Unione utilizza una terminologia che gli è propria, nonché della necessità di collocare ogni disposizione di tale diritto nel suo contesto e di interpretarla alla luce dell’insieme delle disposizioni di detto diritto, delle finalità dello stesso e del suo stadio di evoluzione nel momento in cui deve essere applicato, ritenga che la corretta interpretazione della disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui è investito si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio, debba, per potersi astenere dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione della disposizione in parola, dimostrare in maniera circostanziata che, da un punto di vista soggettivo, gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione di detta disposizione.

59      Si deve rilevare che la Corte ha già risposto a tale questione, segnatamente nell’ordinanza del 27 aprile 2023, Associazione Raggio Verde (C‑482/22, EU:C:2023:404), che è stata sottoscritta dopo la data di introduzione della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

60      Infatti, al punto 46 di tale ordinanza, la Corte ha dichiarato che l’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità deve essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione. Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte.

61      Di conseguenza, si deve fornire la stessa risposta alla prima questione, lettere a) e b).

 Sulla seconda questione

62      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Il fatto che un giudice nazionale abbia, sul piano formale, formulato una questione pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi interpretativi che possano essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dalla circostanza che esso vi abbia fatto o meno riferimento nell’enunciazione delle sue questioni. Spetta al riguardo alla Corte trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio gli elementi di diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (sentenza del 22 giugno 2022, Volvo e DAF Trucks, C‑267/20, EU:C:2022:494, punto 28).

63      Alla luce dei motivi della sentenza di rinvio si deve quindi considerare che con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che consente la proroga e il rinnovo, nel corso di più anni e senza soluzione di continuità, dei precetti rivolti a volontari chiamati a svolgere un servizio temporaneo, quali quelli appartenenti al Corpo militare della Croce Rossa italiana.

64      Per quanto attiene, in primo luogo, all’applicabilità dell’accordo quadro ai fatti di cui al procedimento principale, occorre innanzitutto ricordare che dalla formulazione della clausola 2, punto 1, di tale accordo quadro risulta che l’ambito di applicazione di quest’ultimo assume una concezione ampia, poiché riguarda in generale i «lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro». Inoltre, la definizione della nozione di «lavoratori a tempo determinato», ai sensi della clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro, include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro e a prescindere dalla qualificazione del loro contratto in diritto interno (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 108, nonché ordinanza del 26 aprile 2022, Universitat de Barcelona, C‑464/21, EU:C:2022:337, punto 22).

65      Pertanto, l’accordo quadro si applica a tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato che li lega al loro datore di lavoro, purché questi siano vincolati da un contratto o da un rapporto di lavoro, ai sensi del diritto nazionale, e fatta salva soltanto la discrezionalità conferita agli Stati membri dalla clausola 2, punto 2, dell’accordo quadro per quanto attiene all’applicazione di quest’ultimo a talune categorie di contratti o di rapporti di lavoro nonché l’esclusione, conformemente al quarto comma del preambolo dell’accordo quadro, dei lavoratori interinali (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 109, nonché ordinanza del 26 aprile 2022, Universitat de Barcelona, C‑464/21, EU:C:2022:337, punto 23).

66      Peraltro, come osservato dalla Commissione, a differenza della direttiva 2003/88, che non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, in particolare nelle forze armate, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongano in modo imperativo (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Ministrstvo za obrambo, C‑742/19, EU:C:2021:597, punti 52 e 53), la direttiva 1999/70 non prevede una siffatta esclusione dal suo ambito di applicazione.

67      Inoltre, la Corte ha già dichiarato che, nella misura in cui l’accordo quadro non esclude alcun settore particolare dal suo ambito di applicazione, le prescrizioni enunciate in tale accordo quadro sono applicabili ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e con gli altri enti del settore pubblico [v., in tal senso, sentenze del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C‑658/18, EU:C:2020:572, punto 121 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C‑282/19, EU:C:2022:3, punto 70].

68      Quanto all’eccezione prevista dall’articolo 45, paragrafo 4, TFUE, invocata dal giudice del rinvio, occorre rilevare che la direttiva 1999/70 è stata adottata sul fondamento delle disposizioni del trattato CE relative alla politica sociale dell’Unione, in particolare dell’articolo 139, paragrafo 2, CE, divenuto articolo 155, paragrafo 2, TFUE, e non sulla base delle disposizioni di tale trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori. Detta eccezione non può quindi incidere sull’ambito di applicazione dell’accordo quadro.

69      Alla luce di tali circostanze, occorre considerare che soggetti quali i membri del personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana, chiamati a svolgere un servizio temporaneo, non possono essere esclusi a priori dall’ambito di applicazione dell’accordo quadro per il motivo che possiedono lo status di militari che esercitano la propria attività al servizio di un’autorità pubblica.

70      Per quanto attiene, in secondo luogo, all’esistenza di un «contratto di lavoro» o di un «rapporto di lavoro», ai sensi dell’accordo quadro, occorre rammentare che dal considerando 17 della direttiva 1999/70 e dalla clausola 2, punto 1, di tale accordo quadro emerge che la direttiva in parola lascia agli Stati membri il compito di definire i termini «contratto di assunzione» o «rapporto di lavoro», impiegati in tale clausola, secondo la legislazione e/o le prassi nazionali. Tuttavia, il potere discrezionale conferito agli Stati membri per definire tali nozioni non è illimitato. Infatti, tali termini possono essere definiti in conformità con il diritto e/o le prassi nazionali a condizione di rispettare l’effetto utile di tale direttiva e i principi generali del diritto dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C‑658/18, EU:C:2020:572, punto 117 e giurisprudenza ivi citata].

71      Pertanto, tenuto conto degli obiettivi perseguiti dall’accordo quadro, di cui alla clausola 1, occorre rilevare che la qualifica formale, da parte del legislatore nazionale, del rapporto tra una persona e la pubblica amministrazione non può escludere che a tale persona debba tuttavia essere riconosciuta la qualità di lavoratore in base al diritto nazionale, qualora tale qualifica formale sia solo fittizia, dissimulando così un vero e proprio rapporto di lavoro ai sensi di tale diritto.

72      Infatti, se gli Stati membri avessero la possibilità di escludere, a loro discrezione, talune categorie di persone dal beneficio della tutela voluta dalla direttiva 1990/70 e dall’accordo quadro, l’effetto utile e l’applicazione uniforme di tali atti sarebbero seriamente messi in discussione [v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C‑658/18, EU:C:2020:572, punto 118 e giurisprudenza ivi citata).

73      Orbene, dalla necessità di tutelare l’effetto utile del principio di parità di trattamento sancito da detto accordo quadro discende che, per non essere considerata arbitraria, l’esclusione dalla definizione di «contratto di lavoro» o di «rapporto di lavoro» può essere ammessa solo qualora la natura del rapporto di lavoro di cui trattasi sia sostanzialmente diversa da quella che lega ai loro datori di lavoro i dipendenti che, secondo il diritto nazionale, rientrano nella categoria dei lavoratori [v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C‑658/18, EU:C:2020:572, punto 123 e giurisprudenza ivi citata).

74      Nel caso di specie spetta al giudice del rinvio, che è il solo competente a valutare i fatti del procedimento principale e a interpretare la normativa nazionale, esaminare in che misura il rapporto instaurato tra i membri del personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana chiamati a svolgere un servizio temporaneo e quest’ultima sia, per sua natura, analogo o meno a un rapporto di lavoro che lega un datore di lavoro a un dipendente.

75      Tuttavia, la Corte, chiamata a fornire a tale giudice una risposta utile che gli permetta di statuire, è competente a fornirgli indicazioni tratte dagli atti del procedimento principale e dalle osservazioni scritte che le sono state presentate [sentenza dell’8 giugno 2023, Fastweb e a. (Cadenza di fatturazione), C‑468/20, EU:C:2023:447, punto 63 nonché giurisprudenza ivi citata].

76      Al riguardo, dalla sentenza di rinvio emerge che i ricorrenti di cui al procedimento principale hanno effettuato prestazioni reali ed effettive per la Croce Rossa italiana, che non sono né puramente marginali né accessorie, dal momento che hanno svolto per essa un servizio nel quadro di precetti prorogati e rinnovati più volte. Inoltre, se è vero che il giudice del rinvio sottolinea la natura volontaria e gratuita di tali prestazioni, ciò non toglie che dalla sua risposta a una richiesta di informazioni che gli è stata rivolta dalla Corte risulta che tali ricorrenti hanno percepito, come corrispettivo di tali prestazioni, «una forma di retribuzione».

77      Peraltro, poiché i ricorrenti di cui al procedimento principale hanno fatto parte del personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana chiamato a svolgere un servizio temporaneo, essi dovrebbero, in linea di principio, essere qualificati, se del caso, come «lavoratori a tempo determinato», ai sensi della clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro.

78      Nel caso in cui il giudice del rinvio dovesse concludere, tenendo conto delle considerazioni esposte ai punti da 70 a 77 della presente sentenza, nel senso dell’esistenza di «contratti di lavoro» o di «rapporti di lavoro» a tempo determinato, ai sensi dell’accordo quadro, occorre infine rammentare che da costante giurisprudenza della Corte emerge che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro si applica unicamente in presenza di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 56 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 28).

79      A tal riguardo la clausola 5, punto 2, lettera a), dell’accordo quadro lascia in linea di principio agli Stati membri e/o alle parti sociali il compito di stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato devono essere considerati «successivi» (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 57 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 29).

80      Se è vero che un siffatto rinvio alle autorità nazionali per la definizione delle modalità concrete di applicazione del termine «successivi» ai sensi dell’accordo quadro si spiega con la volontà di salvaguardare la diversità delle normative nazionali in materia, è tuttavia importante ricordare che la discrezionalità così lasciata agli Stati membri non è illimitata, poiché non può in alcun caso giungere a pregiudicare gli scopi o l’effetto utile dell’accordo quadro. In particolare, tale potere discrezionale non deve essere esercitato dalle autorità nazionali in modo tale da condurre ad una situazione che possa generare abusi e pertanto ostacolare detti obiettivi (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 58 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 30).

81      Infatti, gli Stati membri sono tenuti a garantire il risultato imposto dal diritto dell’Unione, così come risulta non solo dall’articolo 288, terzo comma, TFUE, ma anche dall’articolo 2, primo comma, della direttiva 1999/70, letto alla luce del considerando 17 di quest’ultima (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 59 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 31).

82      I limiti alla discrezionalità riconosciuta agli Stati membri, di cui al punto 80 della presente sentenza, si impongono in particolare per quanto riguarda una nozione chiave, come quella del carattere successivo dei rapporti di lavoro, che è determinante per la definizione dello stesso ambito di applicazione delle disposizioni nazionali volte ad attuare l’accordo quadro (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 60 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 32).

83      Infatti, una definizione restrittiva della nozione di «rapporti di lavoro a tempo determinato successivi» rischierebbe di avere non solo l’effetto di escludere, di fatto, un gran numero di rapporti di lavoro a tempo determinato dal beneficio della tutela dei lavoratori perseguita dalla direttiva 1999/70 e dall’accordo quadro, svuotando di gran parte del suo significato l’obiettivo perseguito da tale normativa, ma anche quello di consentire l’utilizzo abusivo di siffatti rapporti da parte dei datori di lavoro, per rispondere ad esigenze permanenti e durevoli in materia di personale (v., in tal senso, sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punti 62 e 63, nonché del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punti 36 e 37).

84      Nel caso di specie, dalla sentenza di rinvio emerge che i ricorrenti di cui al procedimento principale sono stati più volte chiamati in servizio. Inoltre, la formulazione della seconda questione pregiudiziale lascia intendere che rapporti di servizio quali quelli esistenti tra i ricorrenti di cui al procedimento principale e la Croce Rossa italiana potevano essere prorogati più volte e che i precetti emanati a tal fine erano rinnovabili per decenni senza soluzione di continuità.

85      In tali circostanze, siffatti rapporti di servizio dovrebbero, se del caso, essere qualificati come contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, pena, altrimenti, il rischio di compromettere la realizzazione degli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro.

86      Nel caso in cui il giudice del rinvio dovesse concludere nel senso dell’applicabilità dell’accordo quadro, in particolare della clausola 5, punto 1, di quest’ultimo, ai fatti di cui alla controversia in esame nel procedimento principale, occorre, in secondo luogo, ricordare che tale clausola 5 ha lo scopo di attuare uno degli obiettivi perseguiti dall’accordo quadro, vale a dire delimitare il ricorso reiterato ai contratti o ai rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come potenziale fonte di abusi a danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima volte ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 53, nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 26).

87      Pertanto, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure da essa elencate, qualora il loro diritto interno non contenga norme equivalenti (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 55 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 27).

88      Le tre misure così elencate al punto 1, lettere da a) a c), della clausola 5 dell’accordo quadro, sono relative, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale di tali contratti o rapporti di lavoro successivi e al numero di rinnovi di questi [v., in tal senso, sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 83 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 15 dicembre 2022, Presidenza del Consiglio dei Ministri e a. (Ricercatori universitari), C‑40/20 e C‑173/20, EU:C:2022:985, punto 53].

89      Gli Stati membri dispongono al riguardo di un margine di discrezionalità, dal momento che possono scegliere di far ricorso a una o più delle misure elencate nella clausola 5, punto 1, lettere da a) a c), dell’accordo quadro, oppure a norme esistenti equivalenti, e ciò tenendo conto, al contempo, delle esigenze di settori specifici e/o di categorie di lavoratori [sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 84 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 15 dicembre 2022, Presidenza del Consiglio dei Ministri e a. (Ricercatori universitari), C‑40/20 e C‑173/20, EU:C:2022:985, punto 54].

90      In tal modo la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro assegna agli Stati membri un obiettivo generale, consistente nella prevenzione di tali abusi, lasciando loro al contempo la scelta dei mezzi per conseguirlo, purché essi non rimettano in discussione lo scopo o l’effetto utile dell’accordo quadro [sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 85 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 15 dicembre 2022, Presidenza del Consiglio dei Ministri e a. (Ricercatori universitari), C‑40/20 e C‑173/20, EU:C:2022:985, punto 55].

91      Quanto alla nozione di «ragioni obiettive», ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, dalla giurisprudenza della Corte emerge che essa deve essere intesa nel senso che si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e pertanto tali da giustificare, in tale peculiare contesto, l’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti di tal genere, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 66 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C‑282/19, EU:C:2022:3, punto 93).

92      Al contrario, una disposizione nazionale che si limitasse ad autorizzare, in modo generale e astratto, attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato non sarebbe conforme agli obblighi precisati al punto precedente della presente sentenza. Invero, una tale disposizione di natura puramente formale non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di simili contratti risponda effettivamente a un’esigenza reale, se esso sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tale effetto. Detta disposizione comporta dunque un rischio concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti e, pertanto, non è compatibile con l’obiettivo e con l’effetto utile dell’accordo quadro (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punti 67 e 68 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C‑282/19, EU:C:2022:3, punto 94).

93      In ogni caso, non si può ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per lo svolgimento, in modo permanente e duraturo, di mansioni che rientrano nella normale attività del settore di cui trattasi. Come più volte statuito dalla Corte, il rinnovo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato per far fronte a esigenze che, di fatto, hanno carattere non già provvisorio, ma permanente e durevole non è giustificato ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, dal momento che un tale utilizzo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato si scontra direttamente con la premessa sulla quale si fonda tale accordo quadro, vale a dire il fatto che, sebbene i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentino una caratteristica dell’impiego in alcuni settori o per determinate occupazioni e attività, i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma comune dei rapporti di lavoro (v., in tal senso, sentenza del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C‑282/19, EU:C:2022:3, punto 105 nonché giurisprudenza ivi citata).

94      Inoltre, non si può ritenere che i lavoratori a tempo determinato siano privati della tutela ad essi garantita dall’accordo quadro per il solo motivo che hanno liberamente acconsentito alla conclusione di rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, salvo privare completamente la clausola 5 di tale accordo quadro di ogni effetto utile (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 114).

95      Nel caso di specie, il fascicolo a disposizione della Corte non contiene alcun elemento che consenta di stabilire se la normativa nazionale di cui al procedimento principale preveda una o più misure enunciate nella clausola 5, punto 1, lettere da a) a c), dell’accordo quadro o norme equivalenti. Peraltro, esso non contiene alcuna indicazione quanto alle condizioni in cui i precetti rivolti ai ricorrenti di cui al procedimento principale sono stati rinnovati.

96      Spetta quindi al giudice del rinvio verificare se tale normativa rispetti i requisiti della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza del 21 novembre 2018, de Diego Porras, C‑619/17, EU:C:2018:936, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

97      Del resto, occorre, in terzo luogo, rammentare che la clausola 5 dell’accordo quadro non enuncia sanzioni specifiche nell’ipotesi in cui siano stati constatati abusi. In tal caso, spetta alle autorità nazionali adottare misure che siano non soltanto proporzionate, ma altresì sufficientemente effettive e dissuasive da garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell’accordo quadro (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 86 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C‑282/19, EU:C:2022:3, punto 81).

98      Pertanto, la clausola 5 dell’accordo quadro non enuncia un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la conversione dei contratti di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, affinché tale normativa nazionale possa essere considerata conforme all’accordo quadro, l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve nondimeno prevedere un’altra misura effettiva per prevenire e, se del caso, sanzionare l’utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 87 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C‑282/19, EU:C:2022:3, punti 82 e 83).

99      Quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, dev’essere possibile applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e rimuovere le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione. Infatti, secondo i termini stessi dell’articolo 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti da [tale] direttiva» (sentenze del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 88 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C‑282/19, EU:C:2022:3, punto 84).

100    A tal proposito, la Corte ha già dichiarato che, affinché una normativa nazionale che vieta, nel settore pubblico, la trasformazione in un contratto di lavoro a tempo indeterminato di contratti di lavoro a tempo determinato successivi possa essere considerata conforme all’accordo quadro, l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, un’altra misura effettiva per evitare e, eventualmente, sanzionare l’utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenza del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

101    Di conseguenza, se il giudice del rinvio dovesse constatare l’assenza, nella normativa nazionale di cui al procedimento principale, di una qualsiasi altra misura effettiva per prevenire e sanzionare gli abusi eventualmente accertati nei confronti dei lavoratori del settore pubblico, una simile situazione sarebbe idonea a pregiudicare lo scopo e l’effetto utile della clausola 5 dell’accordo quadro e sarebbe, quindi, contraria a tale clausola (v., in tal senso, sentenza del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

102    In tale contesto, occorre rammentare che la Corte ha dichiarato che, laddove non esista, nei confronti del personale assunto nelle amministrazioni in forza del diritto amministrativo, nessun’altra misura equivalente ed efficace di tutela, l’equiparazione di tale personale a tempo determinato a «lavoratori a tempo indeterminato non permanenti» potrebbe costituire una misura idonea a sanzionare l’utilizzo abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato e ad eliminare le conseguenze della violazione delle disposizioni dell’accordo quadro (sentenza del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C‑726/19, EU:C:2021:439, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

103    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che:

–        essa si applica a un rapporto come quello instaurato tra il personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana chiamato a svolgere un servizio temporaneo e quest’ultima, purché tale rapporto possa essere qualificato come «contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi», ai sensi dell’accordo quadro, e,

–        nell’ipotesi in cui tale disposizione fosse applicabile a un siffatto rapporto, essa osta a una normativa nazionale che consente la proroga e il rinnovo nel corso di più anni e senza soluzione di continuità dei precetti rivolti a tale personale, nella misura in cui tale normativa non comporti nessuna delle misure destinate a evitare e, se del caso, sanzionare un utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato successivi enunciate in detta clausola 5, punto 1, lettere da a) a c), né norme equivalenti.

 Sulla terza questione

104    Tenuto conto dei motivi della sentenza di rinvio la terza questione deve essere intesa nel senso che, con essa, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio di non discriminazione, come attuato e concretizzato dalla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, a seguito della riorganizzazione di un ente quale la Croce Rossa italiana, consente a persone quali i membri del personale del Corpo militare di quest’ultima chiamati a svolgere un servizio continuativo di continuare a esercitare la loro attività al servizio di tale ente, ma non prevede tale possibilità per persone quali i membri del personale di tale medesimo Corpo militare chiamati a svolgere un servizio temporaneo.

105    Al riguardo, occorre rammentare che l’accordo quadro non fissa né le condizioni alle quali è consentito fare ricorso ai contratti di lavoro a tempo indeterminato né quelle alle quali è consentito fare ricorso ai contratti a tempo determinato (sentenza del 21 novembre 2018, Viejobueno Ibáñez e de la Vara González, C‑245/17, EU:C:2018:934, punto 36).

106    La circostanza che un rapporto di lavoro a tempo determinato sia cessato a una data determinata, mentre rapporti di lavoro a tempo indeterminato siano stati mantenuti oltre tale data costituisce la caratteristica essenziale che distingue un rapporto di lavoro a tempo determinato da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (v., in tal senso, sentenza del 21 novembre 2018, Viejobueno Ibáñez e de la Vara González, C‑245/17, EU:C:2018:934, punti 41 e 42).

107    Pertanto, una disparità di trattamento consistente nel solo fatto che un rapporto di lavoro a tempo determinato giunge, a una certa data, alla sua scadenza mentre un rapporto di lavoro a tempo indeterminato non si è concluso a detta data non può essere sanzionata sulla base dell’accordo quadro. Tale disparità è infatti inerente alla coesistenza di rapporti di lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato e non può rientrare nell’ambito di applicazione del divieto previsto dalla clausola 4, punto 1, di tale accordo quadro, salvo eliminare ogni differenza tra tali due categorie di rapporti di lavoro (v., in tal senso, sentenza del 21 novembre 2018, Viejobueno Ibáñez e de la Vara González, C‑245/17, EU:C:2018:934, punti 46 e 48).

108    Nel caso di specie occorre rilevare che, come osservato dalla Commissione, dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio emerge che l’articolo 6, comma 9, del decreto legislativo n. 178/2012 stabilisce un termine entro il quale è possibile avvalersi dei servizi di taluni membri del corpo militare della Croce Rossa italiana chiamati a svolgere un servizio temporaneo. Tale termine ha pertanto determinato la durata del servizio derivante dall’ultimo rinnovo dei precetti rivolti ai ricorrenti di cui al procedimento principale, poiché questi ultimi sono stati collocati in congedo al termine del compimento delle loro mansioni effettuate nel quadro di tali ultimi precetti.

109    In tali circostanze, nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio dovesse qualificare i membri del personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana chiamati a svolgere un servizio temporaneo come «lavoratori a tempo determinato», e i membri del personale di tale medesimo Corpo militare chiamati a svolgere un servizio continuativo come «lavoratori a tempo indeterminato comparabili», ai sensi dell’accordo quadro, si dovrebbe considerare che gli ultimi precetti rivolti ai ricorrenti di cui al procedimento principale hanno condotto a contratti o a rapporti di lavoro la cui fine è determinata dal «raggiungimento di una certa data», ai sensi della clausola 3, punto 1, di tale accordo quadro. Di conseguenza, il servizio derivante da tali precetti è terminato alla data prevista a tal fine.

110    Pertanto, in applicazione della giurisprudenza rammentata al punto 107 della presente sentenza, l’accordo quadro non può essere interpretato nel senso che esso osta alla disparità risultante dal fatto che i membri del personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana chiamati a svolgere un servizio continuativo hanno continuato a esercitare la loro attività al servizio di tale ente dopo detta data.

111    Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla terza questione dichiarando che il principio di non discriminazione, come attuato e concretizzato dalla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che, a seguito della riorganizzazione di un ente quale la Croce Rossa italiana, consente a persone quali i membri del personale del Corpo militare di quest’ultima chiamati a svolgere un servizio continuativo di continuare a esercitare la loro attività al servizio di tale ente, ma non prevede tale possibilità per persone quali i membri del personale di tale medesimo Corpo militare chiamati a svolgere un servizio temporaneo la cui attività al servizio di tale ente è terminata alla data prevista a tal fine.

 Sulle spese

112    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità deve essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione europea. Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte.

2)      La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato,

deve essere interpretata nel senso che:

–        essa si applica a un rapporto come quello instaurato tra il personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana chiamato a svolgere un servizio temporaneo e quest’ultima, purché tale rapporto possa essere qualificato come «contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi», ai sensi dell’accordo quadro, e,

–        nell’ipotesi in cui tale disposizione fosse applicabile a un siffatto rapporto, essa osta a una normativa nazionale che consente la proroga e il rinnovo nel corso di più anni e senza soluzione di continuità dei precetti rivolti a tale personale, nella misura in cui tale normativa non comporti nessuna delle misure destinate a evitare e, se del caso, sanzionare un utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato successivi enunciate in detta clausola 5, punto 1, lettere da a) a c), né norme equivalenti.

3)      Il principio di non discriminazione, come attuato e concretizzato dalla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a una normativa nazionale che, a seguito della riorganizzazione di un ente quale la Croce Rossa italiana, consente a persone quali i membri del personale del Corpo militare di quest’ultima chiamati a svolgere un servizio continuativo di continuare a esercitare la loro attività al servizio di tale ente, ma non prevede tale possibilità per persone quali i membri del personale di tale medesimo Corpo militare chiamati a svolgere un servizio temporaneo la cui attività al servizio di tale ente è terminata alla data prevista a tal fine.

Firme


*      Lingua processuale: l’italiano.