SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
16 ottobre 1997(1)
[234s«Art. 177 del Trattato CE Competenza Giurisdizionedi uno degli Stati membri Ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica italiana Parere obbligatorio del Consiglio di Stato
Direttive 86/457/CEE e 93/16/CEE Formazione specifica in medicina generale
Diritti acquisiti anteriormente al 1° gennaio 1995»[s
Nei procedimenti riuniti da C-69/96 a C-79/96,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai
sensi dell'art. 177 del Trattato CE, dal Consiglio di Stato (Italia) nelle cause dinanzi
ad esso pendenti tra
Maria Antonella Garofalo (C-69/96),
Giovanni Pagano (C-70/96),
Rosa Bruna Vitale (C-71/96),
Francesca Nuccio (C-72/96),
Giacomo Cangialosi (C-73/96),
Giacoma D'Amico (C-74/96),
Giulia Lombardo (C-75/96),
Emanuela Giovenco (C-76/96),
Caterina Lo Gaglio (C-77/96),
Daniela Guerrera (C-78/96),
Cesare Di Marco (C-79/96)
e
Ministero della Sanità,
Unità Sanitaria Locale (USL) n. 58 di Palermo,
domande vertenti sull'interpretazione dell'art. 177 del Trattato CE e dell'art. 7 della
direttiva del Consiglio 15 settembre 1986, 86/457/CEE, relativa alla formazione
specifica in medicina generale (GU L 267, pag. 26),
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta dai signori C. Gulmann, presidente di sezione, M. Wathelet,
J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward (relatore), J.-P. Puissochet, giudici,
avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: R. Grass
viste le osservazioni scritte presentate:
- per il governo italiano, dal professor Umberto Leanza, capo del servizio del
contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di
agente, assistito dal signor Pier Giorgio Ferri, avvocato dello Stato;
- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Berend Jan Drijber
e dalla signora Laura Pignataro, membri del servizio giuridico, in qualità di
agenti,
vista la relazione del giudice relatore,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 26 giugno
1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
- Con undici ordinanze 6 dicembre 1995, pervenute in cancelleria il 14 marzo 1996,
nei procedimenti da C-69/96 a C-73/96, e il 15 marzo 1996, nei procedimenti da C-74/96 a C-79/96, il Consiglio di Stato ha sottoposto alla Corte di giustizia, ai sensi
dell'art. 177 del Trattato CE, tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione
di quest'ultima norma nonché della direttiva del Consiglio 15 settembre 1986,
86/457/CEE, relativa alla formazione specifica in medicina generale (GU L 267,
pag. 26).
- Le questioni sono sorte nell'ambito di vari ricorsi straordinari al Presidente della
Repubblica italiana proposti dalla signora Garofalo e da altri dieci medici (in
prosieguo: la «signora Garofalo e altri») contro la delibera 4 aprile 1995, n. 1495,
con cui il commissario straordinario dell'Unità Sanitaria Locale (USL) n. 58 di
Palermo (in prosieguo: l'«USL») ha approvato la graduatoria dei medici di base
convenzionati con il servizio sanitario nazionale, e contro il decreto del Ministro
della Sanità 15 dicembre 1994 (GURI n. 303 del 29 dicembre 1994), in base al
quale la delibera è stata emanata.
- La direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE, intesa ad agevolare la libera
circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed
altri titoli (GU L 165, pag. 1), enuncia, nel ventiquattresimo 'considerando, che
i medici generici i quali esercitano la loro attività nell'ambito del regime di
previdenza sociale e si sono stabiliti, avvalendosi della direttiva del Consiglio 16
giugno 1975, 75/362/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi,
certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare
l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (GU
L 167, pag. 1), anteriormente al 1° gennaio 1995, devono avere un diritto acquisito
ad esercitare l'attività di medico in qualità di medico generico nell'ambito del
regime previdenziale dello Stato membro ospitante anche se non posseggono una
formazione specifica in medicina generale.
- L'art. 36 della medesima direttiva così dispone:
«1. A partire dal 1° gennaio 1995, gli Stati membri, fatte salve le disposizioni
relative ai diritti acquisiti, subordinano l'esercizio delle attività di medico in qualità
di medico generico nell'ambito dei loro regimi di sicurezza sociale al possesso di
un diploma, certificato o altro titolo di cui all'articolo 30.
Tuttavia gli Stati membri possono esonerare da tale condizione le persone che
stiano seguendo un corso di formazione specifica in medicina generale.
2. Ogni Stato membro determina i diritti acquisiti. Tuttavia esso deve
considerare come acquisito il diritto di esercitare le attività di medico in qualità di
medico generico nell'ambito del suo regime nazionale di sicurezza sociale senza il
diploma, certificato o altro titolo di cui all'articolo 30 per tutti i medici che godano
di tale diritto al 31 dicembre 1994 ai sensi degli articoli da 1 a 20 e, alla data
menzionata, siano stabiliti nel suo territorio avendo beneficiato delle disposizioni
dell'articolo 2 o dell'articolo 9, paragrafo 1».
- Il testo del 'considerando e dell'articolo sopra citati è riprodotto letteralmente
nell'undicesimo 'considerando e nell'art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva 86/457, che
è stata sostituita e incorporata nella direttiva 93/16.
- Con il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256 (GURI n. 191 del 16 agosto 1991;
in prosieguo: il «decreto n. 256/91»), la direttiva 86/457 è stata recepita
nell'ordinamento italiano.
- L'art. 2 di tale decreto dispone che dal 1° gennaio 1995 l'attestato di formazione
specifica in medicina generale costituisce il titolo necessario per l'esercizio della
medicina generale nell'ambito del servizio sanitario nazionale, salvi i diritti acquisiti.
- Ai sensi dell'art. 6 del decreto n. 256/91, che tratta dei diritti acquisiti, hanno diritto
ad esercitare l'attività professionale in qualità di medico di medicina generale
nell'ambito del servizio sanitario nazionale «i titolari (...) di un rapporto
convenzionale»; la disposizione elenca poi le categorie di aventi diritto: i medici
che già esercitano la propria attività presso il servizio sanitario nazionale in qualità
di medici di base convenzionati, i medici addetti al servizio di guardia medica, i
medici specialisti ambulatoriali di medicina interna, ecc. Il «rapporto
convenzionale» dev'essere stato, in ogni caso, stabilito anteriormente al 31
dicembre 1994.
- Il medesimo decreto attribuisce al Ministro della Sanità il potere di individuare
«ulteriori categorie» di medici cui viene riconosciuto, come diritto acquisito, il
diritto di esercitare l'attività professionale in qualità di medico di medicina generale
nell'ambito del servizio sanitario nazionale.
- Il Ministro della Sanità si è avvalso di tale potere emanando il decreto 15 dicembre
1994, che ha esteso il titolo del diritto acquisito a tutti i medici che hanno
conseguito l'abilitazione professionale entro il 31 dicembre 1994.
- I ricorrenti, la signora Garofalo e altri, sono medici in possesso dell'abilitazione
professionale e dell'attestato di formazione specifica in medicina generale. In
seguito alla pubblicazione di un avviso di vacanza, essi hanno presentato istanza per
l'inclusione nella graduatoria degli aspiranti a posti di medico generico
convenzionato con l'USL. La graduatoria, nella quale figuravano i loro nomi, è
stata approvata dall'amministratore dell'USL con deliberazione 4 aprile 1995.
- La signora Garofalo e gli altri ricorrenti hanno tuttavia proposto un ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica (in prosieguo: il «ricorso
straordinario») impugnando la detta graduatoria in quanto vi erano inclusi, e
collocati in posizione migliore della loro, medici non in possesso dello speciale
titolo di formazione specifica in medicina generale.
- Nell'ambito di tale ricorso, i ricorrenti fanno valere che il decreto n. 256/91
configura il titolo di formazione specifica in medicina generale come obbligatorio
per l'accesso all'attività di medico di base convenzionato con il servizio sanitario
nazionale dal 1° gennaio 1995, salvi i diritti acquisiti. Essi ritengono di conseguenza
che il decreto del Ministro della Sanità 15 dicembre 1994 sia eccessivamente
estensivo in quanto attribuisce a tutti i medici abilitati ad esercitare la professione
anteriormente al 1° gennaio 1995 il diritto di esercitare l'attività di medico di
medicina generale nell'ambito del servizio sanitario nazionale.
- Il Ministero della Sanità, presso il quale è stato depositato il ricorso, ha chiesto, in
data 27 ottobre 1995, il parere del Consiglio di Stato.
- Quest'ultimo ha ritenuto, prima di emettere il proprio parere, di dover chiedere
alla Corte di giustizia un'interpretazione dell'art. 7, n. 2, della direttiva 86/457,
divenuto art. 36, n. 2, della direttiva 93/16. Per di più, nutrendo dubbi sul proprio
titolo per porre una questione del genere, esso ha sollevato una questione
preliminare relativa alla nozione di «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del
Trattato. Esso ha pertanto rinviato la pronuncia del parere per sottoporre alla
Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se nell'art. 177 del Trattato il termine giurisdizione" debba essere
interpretato in senso estensivo, e cioè comprendendovi non solo le sedi
giurisdizionali propriamente definite come tali negli ordinamenti nazionali,
ma anche quelle procedure amministrative contenziose caratterizzate oltre
che dall'imparzialità, dalle garanzie del contraddittorio, ecc. anche
dall'irrevocabilità ed immodificabilità della decisione, e dalla sua
insindacabilità da parte di ogni altra autorità amministrativa e
giurisdizionale.
2) Se nell'art. 7.2 della direttiva 86/457/CEE l'espressione tutti i medici che
godano di tale diritto al 31 dicembre 1994" indichi coloro che avevano
maturato astrattamente titolo ad accedere ad un rapporto di servizio (come
dipendenti, convenzionati, incaricati, ecc.) con il servizio sanitario nazionale,
ovvero solo coloro che avessero già stabilito, in concreto, un rapporto di
servizio.
3) Se, posto che al quesito precedente si risponda nel secondo modo, la
direttiva si interpreti nel senso che comunque rientra nei poteri dell'autorità
nazionale estendere il concetto dei diritti acquisiti" sino a includervi tutti
coloro che alla data indicata avevano conseguito la semplice abilitazione
professionale, ovvero nel senso che per diritto acquisito" deve intendersi
una posizione comunque più qualificata della semplice abilitazione
professionale».
- Con ordinanza del presidente della Corte 29 aprile 1996, i procedimenti da C-69/96
a C-79/96 sono stati riuniti ai fini della fase scritta e orale del procedimento e della
sentenza.
Sulla prima questione
- E' assodato che il Consiglio di Stato possiede i requisiti necessari per essere
considerato una giurisdizione ai sensi dell'art. 177 del Trattato, quando esamina in
secondo e ultimo grado i ricorsi proposti avverso le sentenze pronunciate dai
tribunali amministrativi regionali nell'ambito di controversie riguardanti atti della
pubblica amministrazione.
- La prima questione pregiudiziale è diretta a chiarire, in sostanza, se questo stesso
organo costituisca una giurisdizione ex dell'art. 177 del Trattato anche quando
emette un parere nell'ambito di un ricorso straordinario.
- Per risolvere tale questione, occorre esaminare le modalità d'intervento del
Consiglio di Stato nell'ambito di tale specifico procedimento, alla luce dei criteri
stabiliti dalla Corte di giustizia per definire la nozione di «giurisdizione» ai sensi
dell'art. 177 del Trattato, quali l'origine legale dell'organo, il suo carattere
permanente, l'obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del
procedimento, il fatto che l'organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente
(v., da ultimo, sentenza 17 settembre 1997, causa C-54/96, Dorsch Consult, non
ancora pubblicata nella Raccolta, punto 23).
- Si deve infatti rilevare che il ricorso straordinario è un ricorso amministrativo
contenzioso disciplinato, nel 1971, con decreto del Presidente della Repubblica
n. 1199.
- Risulta inoltre dal fascicolo di causa che il soggetto il quale si proponga di ottenere
l'annullamento di un atto amministrativo italiano può scegliere tra due rimedi, il
ricorso straordinario e il ricorso giurisdizionale al Tribunale amministrativo
regionale, entrambi dotati delle comuni caratteristiche giurisdizionali fondamentali
e ciascuno alternativo rispetto all'altro.
- Infatti, tranne il termine d'impugnazione e alcune caratteristiche secondarie, sono
innanzi tutto identiche le condizioni per esperire l'uno o l'altro ricorso; è poi
equivalente l'oggetto della domanda, vale a dire l'annullamento di un atto
amministrativo lesivo di un interesse legittimo; infine, i motivi sui quali può fondarsi
tale domanda sono gli stessi in entrambi i casi.
- Per di più, sia il ricorso straordinario sia il ricorso amministrativo giurisdizionale
ordinario prevedono un contraddittorio e garantiscono l'osservanza dei principi
d'imparzialità e di parità fra le parti.
- Per quanto riguarda il ricorso straordinario, emerge dal fascicolo che la
consultazione del Consiglio di Stato è obbligatoria e che il suo parere,
esclusivamente basato sull'applicazione delle norme di legge, costituisce il progetto
della decisione che verrà formalmente emanata dal Presidente della Repubblica
italiana. Tale parere, comprensivo di motivazione e dispositivo, è parte integrante
di un procedimento che è l'unico che possa consentire, in quella sede, la risoluzione
del conflitto sorto tra un singolo e la pubblica amministrazione. Una decisione
difforme da tale parere può essere pronunciata solo previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri e dev'essere debitamente motivata.
- Infine, come ha rilevato l'avvocato generale al paragrafo 25 delle sue conclusioni,
il Consiglio di Stato è un organo permanente, imparziale e indipendente poiché i
suoi membri, tanto nelle sezioni consultive quanto in quelle giurisdizionali, offrono
garanzie legali d'indipendenza e d'imparzialità e non possono far partecontemporaneamente delle due sezioni.
- Infatti la Corte ha riconosciuto, in una situazione analoga, la natura di giurisdizione
ex art. 177 del Trattato, al Nederlandse Raad van State (sentenza 27 novembre
1973, causa 36/73, Nederlandse Spoorwegen, Racc. pag. 1299).
- Risulta dall'analisi che precede che il Consiglio di Stato, quando emette un parere
nell'ambito di un ricorso straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi
dell'art. 177 del Trattato.
Sulla seconda e sulla terza questione
- Con la seconda e la terza questione il giudice a quo domanda se l'art. 36, n. 2, della
direttiva 93/16 che ha sostituito l'art. 7, n. 2, della direttiva 86/457 debba essere
interpretato nel senso che, per poter esercitare la propria attività nell'ambito del
regime previdenziale di uno Stato membro senza aver conseguito un attestato di
formazione in medicina generale, il medico deve aver instaurato un rapporto di
servizio con il regime previdenziale di tale Stato anteriormente al 1° gennaio 1995
e, in caso di soluzione affermativa, se l'autorità nazionale competente abbia il
potere di estendere questo diritto ai medici che non hanno instaurato un rapporto
del genere entro quella stessa data.
- L'art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 attribuisce ad ogni Stato membro il potere di
determinare, a propria discrezione, i diritti acquisiti.
- Emerge chiaramente dalla lettera di tale disposizione che l'esercizio di questo
potere è subordinato ad un'unica condizione, ovvero che ciascuno Stato membro
deve riconoscere il diritto acquisito dei medici i quali, pur non essendo in possesso
di un attestato di formazione in medicina generale, fruivano anteriormente al 1°
gennaio 1995 del riconoscimento, nello Stato membro considerato, dei diplomi,
attestati o altri titoli rilasciati in un altro Stato membro e vi avevano ottenuto, entro
quella stessa data, il diritto di esercitare l'attività di medico di medicina generale
nell'ambito del regime previdenziale nazionale.
- Quest'obbligo minimo è volto ad evitare il verificarsi di situazioni in cui medici che
si sono avvalsi della libertà di stabilimento sancita dalle direttive comunitarie e
hanno acquisito, anteriormente al 1° gennaio 1995, un diritto, per quanto teorico,
ad esercitare la propria attività di medico di medicina generale nell'ambito del
regime previdenziale di uno Stato membro vengano ad esserne privati per il fatto
di non essere in possesso dei nuovi diplomi, attestati o altri titoli previsti dalla
direttiva 93/16, che sostituisce la direttiva 86/457.
- Occorre precisare, al riguardo, che il fatto che non intercorra un effettivo rapporto
di servizio con il regime previdenziale nazionale non preclude ai medici che hanno
maturato il titolo per accedere ad un rapporto del genere il diritto di instaurarlo
in un periodo successivo. Infatti, l'art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 non impone, ai
fini del riconoscimento del diritto acquisito, che sia stato instaurato un rapporto di
servizio entro il 31 dicembre 1994, bensì soltanto che il diritto sia considerato
acquisito quando, alla data menzionata, il medico ha il diritto di esercitare l'attività
di medico di medicina generale nell'ambito del regime previdenziale nazionale.
- Ne consegue che lo Stato membro ospitante deve riconoscere ai medici stabilitisi
sul suo territorio in forza della direttiva 75/362 anteriormente al 1° gennaio 1995
il diritto di esercitare l'attività di medico generico nell'ambito del suo regime
previdenziale, anche qualora essi non abbiano una formazione specifica in medicina
generale.
- Fatto salvo tale obbligo minimo, l'art. 36, n. 2, consente agli Stati membri di
estendere i diritti acquisiti a ulteriori situazioni.
- La seconda e la terza questione pregiudiziale devono quindi essere risolte
dichiarando che l'art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 che ha sostituito l'art. 7, n. 2,
della direttiva 86/457 dev'essere interpretato nel senso che uno Stato membro
può determinare i diritti acquisiti dei medici di medicina generale, in relazione a
situazioni anteriori al 1° gennaio 1995, alla sola condizione che riconosca ai medici
che vi si sono stabiliti in forza della direttiva 75/362, anteriormente al 1° gennaio
1995, il diritto di esercitare l'attività di medico di medicina generale nell'ambito del
suo regime previdenziale, anche qualora essi non siano in possesso di una
formazione specifica in medicina generale e non abbiano instaurato alcun rapporto
di servizio con il regime previdenziale di tale Stato.
Sulle spese
- Le spese sostenute dal governo italiano e dalla Commissione delle Comunità
europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a
rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi
statuire sulle spese.
Per questi motivi,LA CORTE (Quinta Sezione),
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Consiglio di Stato con undici
ordinanze 6 dicembre 1995, dichiara:
- Il Consiglio di Stato, quando emette un parere nell'ambito di un ricorso
straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi dell'art. 177 del
Trattato.
- L'art. 36, n. 2, della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE, intesa
ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento
dei loro diplomi, certificati ed altri titoli che ha sostituito l'art. 7, n. 2,
della direttiva del Consiglio 15 settembre 1986, 86/457/CEE, relativa alla
formazione specifica in medicina generale dev'essere interpretato nel
senso che uno Stato membro può determinare i diritti acquisiti dei medici
di medicina generale, in relazione a situazioni anteriori al 1° gennaio 1995,
alla sola condizione che riconosca ai medici che vi si sono stabiliti in forza
della direttiva del Consiglio, 16 giugno 1975, 75/362/CEE, concernente il
reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e
comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto
di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, anteriormente al 1°
gennaio 1995, il diritto di esercitare l'attività di medico di medicina
generale nell'ambito del suo regime previdenziale, anche qualora essi non
siano in possesso di una formazione specifica in medicina generale e non
abbiano instaurato alcun rapporto di servizio con il regime previdenziale
di tale Stato.
Gulmann Wathelet Moitinho de Almeida Edward Puissochet
|
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 ottobre 1997.
Il cancelliere
Il presidente della Quinta Sezione
R. Grass
C. Gulmann
1: Lingua processuale: l'italiano.