Language of document : ECLI:EU:C:2004:207

Arrêt de la Cour

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
1° aprile 2004 (1)

«Inadempimento di uno Stato – Aiuti concessi dagli Stati – Art. 88, n. 2, secondo comma, CE – Aiuti incompatibili con il mercato comune – Obbligo di recupero – Impossibilità assoluta di esecuzione»

Nella causa C-99/02,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. O. Fiumara, vice avvocato generale dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, entro i termini prescritti, tutte le misure necessarie per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che, ai sensi della decisione della Commissione 11 maggio 1999, 2000/128/CE, relativa al regime di aiuti concessi dall'Italia per interventi a favore dell'occupazione (GU 2000, L 42, pag. 1), notificata il 4 giugno 1999, sono stati giudicati illegittimi ed incompatibili con il mercato comune e, ad ogni modo, avendo omesso di comunicare alla Commissione le misure adottate, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 3 e 4 della detta decisione, nonché del Trattato CE,



LA CORTE (Quinta Sezione),



composta dai sigg. P. Jann, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, A. La Pergola e S. von Bahr (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig.ra M. Múgica Arzamendi, amministratore principale

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 18 settembre 2003, nel corso della quale la Commissione è stata rappresentata dalla sig.ra E. Montaguti, in qualità di agente, e la Repubblica italiana dal sig. O. Fiumara, vice avvocato generale dello Stato, assistito dal sig. A. Morrone,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 15 marzo 2002, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell’art. 88, n. 2, secondo comma, CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato entro i termini prescritti tutte le misure necessarie per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che, ai sensi della decisione della Commissione 11 maggio 1999, 2000/128/CE, relativa al regime di aiuti concessi dall’Italia per interventi a favore dell’occupazione (GU 2000, L 42, pag. 1), notificata il 4 giugno 1999, sono stati giudicati illegittimi ed incompatibili con il mercato comune e, ad ogni modo, avendo omesso di comunicare alla Commissione le misure adottate, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 3 e 4 della detta decisione, nonché del Trattato CE.


Decisione 2000/128 e procedimento precontenzioso

2
L’11 maggio 1999 la Commissione ha adottato la decisione 2000/128, i cui artt. 1‑4 dispongono quanto segue:

«Articolo 1

1.      Gli aiuti illegittimamente concessi dall’Italia, a decorrere dal novembre 19[9]5, per l’assunzione di lavoratori mediante i contratti di formazione e lavoro previsti dalle leggi 863/84, 407/90, 169/91 e 451/94, sono compatibili con il mercato comune e con l’accordo SEE a condizione che riguardino:

la creazione di nuovi posti di lavoro nell’impresa beneficiaria a favore di lavoratori che non hanno ancora trovato un impiego o che hanno perso l’impiego precedente, nel senso definito dagli orientamenti in materia di aiuti all’occupazione;

l’assunzione di lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad inserirsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro. Ai fini della presente decisione, per lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad inserirsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro s’intendono i giovani con meno di 25 anni, i laureati fino a 29 anni compresi, i disoccupati di lunga durata, vale a dire le persone disoccupate da almeno un anno.

2.      Gli aiuti concessi per mezzo di contratti di formazione e lavoro che non soddisfano alle condizioni menzionate al paragrafo 1 sono incompatibili con il mercato comune.

Articolo 2

1.      Gli aiuti concessi dall’Italia in virtù dell’articolo 15 della legge n. 196/97 per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato sono compatibili con il mercato comune e con l’accordo SEE purché rispettino la condizione della creazione netta di posti di lavoro come definita dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti all’occupazione.

Il numero dei dipendenti delle imprese è calcolato al netto dei posti che beneficiano della trasformazione e dei posti creati per mezzo di contratti a tempo determinato o che non garantiscono una certa stabilità dell’impiego.

2.      Gli aiuti per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato che non soddisfano la condizione di cui al paragrafo 1 sono incompatibili con il mercato comune.

Articolo 3

L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che non soddisfano alle condizioni di cui agli articoli 1 e 2 già illegittimamente concessi.

Il recupero ha luogo conformemente alle procedure di diritto interno. Le somme da recuperare producono interessi dalla data in cui sono state messe a disposizione dei beneficiari fino a quella del loro recupero effettivo. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nel quadro degli aiuti a finalità regionale.

Articolo 4

Entro due mesi a decorrere dalla data di notificazione della presente decisione, l’Italia informa la Commissione delle misure adottate per conformarvisi».

3
Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 13 agosto 1999, la Repubblica italiana ha proposto, ai sensi dell’art. 230, primo comma, CE, un ricorso diretto all’annullamento della decisione 2000/128 e, in subordine, all’annullamento di tale decisione per la parte che prevede il recupero delle somme che costituiscono un aiuto incompatibile con il mercato comune.

4
Il 28 ottobre 1999 la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di fornirle informazioni circa le misure prese per garantire l’esecuzione della decisione 2000/128. Tale richiesta è stata seguita da un carteggio al riguardo tra la Commissione e la Repubblica italiana, nel corso del quale quest’ultima ha esposto l’estrema complessità che l’attuazione della detta decisione comportava e ha riferito di un incontro tenutosi a Roma il 27 marzo 2000 tra il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale ed il membro della Commissione responsabile per la concorrenza.

5
Il 19 aprile 2001 la Commissione ha ricevuto un’ultima lettera dalle autorità italiane, con cui queste la informavano che il 1° febbraio 2001 si era tenuta una conferenza di servizi tra le amministrazioni competenti per individuare le linee operative in base alle quali si sarebbe proceduto al recupero degli aiuti indebitamente versati e che era stato definito il «procedimento tecnico-operativo» per il loro recupero.

6
Con sentenza 7 marzo 2002, causa C‑310/99, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑2289), la Corte ha respinto il ricorso di annullamento presentato dalla Repubblica italiana avverso la decisione 2000/128.

7
Alla luce di tali circostanze, ritenendo che la Repubblica italiana non avesse adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla decisione 2000/128, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.


Nel merito

Argomenti delle parti

8
La Commissione sostiene che il 4 agosto 1999, ossia alla scadenza del termine di due mesi dalla data di notifica della decisione 2000/128, la Repubblica italiana non le aveva ancora comunicato le misure adottate per conformarsi all’obbligo di recuperare presso le imprese beneficiarie gli aiuti versati illegittimamente.

9
Infatti, in un primo momento, le autorità italiane si sarebbero limitate a fare un generico riferimento all’estrema difficoltà ed alla complessità presentate dalla procedura di verifica propedeutica all’esecuzione del recupero. Solo in un secondo tempo, nel dicembre 2000 e nell’aprile 2001, le dette autorità avrebbero rispettivamente prospettato l’elaborazione di uno «schema operativo» volto all’applicazione della decisione 2000/128 e comunicato alla Commissione talune informazioni relative alle iniziative dei competenti organi nazionali, informazioni che, comunque, costituirebbero solo mere attività preparatorie. Le autorità italiane non avrebbero mai sostenuto di avere intrapreso concrete iniziative nei confronti delle imprese interessate.

10
Le autorità italiane non avrebbero neppure prospettato modalità di esecuzione della decisione 2000/128 che consentissero di superare le difficoltà incontrate.

11
La Repubblica italiana ammette di non avere ancora proceduto al recupero delle somme di cui trattasi. Ciò sarebbe dovuto sia alle difficoltà riscontrate per individuare i beneficiari degli aiuti illegittimi, sia ai dubbi delle autorità italiane sull’ampiezza del recupero stesso. Tuttavia, il governo italiano non sarebbe rimasto inerte riguardo all’obbligo ad esso derivante dalla decisione 2000/128 e l’affermazione della Commissione secondo cui esso avrebbe omesso di informarla sugli sviluppi della situazione sarebbe erronea.

12
A tale proposito, la Repubblica italiana rileva che, nel corso del procedimento relativo alla causa decisa con la citata sentenza Italia/Commissione, le autorità italiane hanno avviato le procedure preliminari per il recupero degli aiuti, fatto salvo l’esito del ricorso. Essendo sorte molte difficoltà nella stessa individuazione della portata dell’obbligo di recupero, le dette autorità si sarebbero più volte messe in contatto con i servizi della Commissione per chiarire la situazione.

13
In particolare, con una nota dell’11 dicembre 2000 il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale avrebbe presentato alla Commissione uno schema per il recupero degli aiuti, e questa sarebbe stata informata, sia all’udienza del 4 aprile 2001 nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Italia/Commissione, sia con una nota del 19 aprile 2001, che nel febbraio 2001 si era tenuta una conferenza di servizi tra le amministrazioni competenti durante la quale sarebbero state definite le linee operative in base alle quali si sarebbe proceduto al recupero degli aiuti ritenuti indebiti, completando la definizione della procedura tecnico-operativa per il recupero.

14
La Repubblica italiana sostiene di avere la ferma intenzione di adempiere i suoi obblighi, tenendo conto delle indicazioni fornite dalla Corte. Tuttavia, ai fini di una più rapida esecuzione delle operazioni di recupero e per evitare il rischio di aprire, su iniziativa dei beneficiari degli aiuti indebiti, un contenzioso nazionale, se non comunitario, di proporzioni imprevedibili, sarebbe opportuno che le autorità italiane e quelle comunitarie definissero di comune intesa, stragiudizialmente e quanto meno nelle grandi linee, i criteri che permettano, da un lato, di escludere in concreto dal recupero gli aiuti concessi in favore di imprese che, per dimensioni, ubicazione, nonché tipo di attività, non sono tenute all’obbligo di restituzione e, dall’altro, di esentare le imprese rispetto alle quali si può ragionevolmente ritenere che possano far valere un affidamento meritevole di tutela. L’esclusione di certe categorie di imprese, essenzialmente le imprese di piccole dimensioni, potrebbe agevolare l’effettiva concentrazione dell’attività di recupero nei confronti di quelle che non potrebbero invocare una giusta causa di esclusione.

Giudizio della Corte

15
Occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità e che tale conseguenza non può dipendere dalla forma in cui l’aiuto è stato concesso (v., in particolare, sentenze 10 giugno 1993, causa C‑183/91, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑3131, punto 16; 27 giugno 2000, causa C‑404/97, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑4897, punto 38, e 26 giugno 2003, causa C‑404/00, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑6695, punto 44).

16
In conformità ad una giurisprudenza parimenti costante, se la decisione della Commissione che dispone la soppressione di un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune non è stata impugnata con un ricorso o un tale ricorso è stato respinto, il solo motivo difensivo che uno Stato membro può opporre al ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione sulla base dell’art. 88, n. 2, CE è l’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione (v. sentenze 4 aprile 1995, causa C‑348/93, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑673, punto 16; 22 marzo 2001, causa C‑261/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2537, punto 23; 2 luglio 2002, causa C‑499/99, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑6031, punto 21, e 26 giugno 2003, Commissione/Spagna, cit., punto 45).

17
Il fatto che uno Stato membro non possa sollevare contro un tale ricorso nessun altro motivo se non quello vertente su un’impossibilità assoluta di esecuzione non impedisce che lo Stato il quale, in occasione dell’esecuzione di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, incontri difficoltà impreviste e imprevedibili o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione sottoponga tali problemi alla valutazione di quest’ultima, proponendo appropriate modifiche della decisione stessa. In tal caso, la Commissione e lo Stato membro, in forza del principio che impone agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie doveri reciproci di leale cooperazione, principio che informa in particolare l’art. 10 CE, devono collaborare in buona fede per superare le difficoltà nel pieno rispetto delle disposizioni del Trattato, soprattutto di quelle relative agli aiuti di Stato (v. citate sentenze Commissione/Italia, punto 17, e Commissione/Francia, punto 24; 3 luglio 2001, causa C‑378/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑5107, punto 31; 2 luglio 2002, Commissione/Spagna, cit., punto 24, e 26 giugno 2003, Commissione/Spagna, cit., punto 46).

18
Tuttavia, la condizione di un’impossibilità assoluta di esecuzione non è soddisfatta quando il governo convenuto si limita a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che l’esecuzione della decisione presenta, senza intraprendere alcuna reale iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza proporre alla Commissione modalità alternative di esecuzione di tale decisione che consentano di superare le difficoltà (v. sentenze 2 febbraio 1989, causa 94/87, Commissione/Germania, Racc. pag. 175, punto 10; 29 gennaio 1998, causa C‑280/95, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑259, punto 14; 2 luglio 2002, Commissione/Spagna, cit., punto 25, e 26 giugno 2003, Commissione/Spagna, cit., punto 47).

19
Nella fattispecie, occorre innanzi tutto ricordare che, al punto 102 della citata sentenza Italia/Commissione, relativamente al principio del rispetto del legittimo affidamento, la Corte ha rilevato che, con comunicazione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU 1983, C 318, pag. 3), la Commissione aveva informato i potenziali beneficiari di aiuti di Stato della precarietà degli aiuti loro concessi illegittimamente, nel senso che essi avrebbero dovuto eventualmente restituirli (v. sentenza 20 settembre 1990, causa C‑5/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3437, punto 15).

20
Non si può certo escludere la possibilità, per il beneficiario di un aiuto illegittimo, di invocare circostanze eccezionali sulle quali abbia potuto fondare il proprio affidamento circa la regolarità di tale aiuto e di opporsi, quindi, al suo rimborso. In un caso siffatto spetta al giudice nazionale, eventualmente adito, valutare le circostanze del caso di specie, dopo aver proposto alla Corte, se necessario, questioni pregiudiziali di interpretazione (v. citate sentenze 20 settembre 1990, Commissione/Germania, punto 16, e Italia/Commissione, punto 103).

21
Per contro, uno Stato membro le cui autorità abbiano concesso un aiuto in violazione delle norme procedurali di cui all’art. 88 CE non può invocare il legittimo affidamento dei beneficiari per sottrarsi all’obbligo di adottare i provvedimenti necessari ai fini dell’esecuzione di una decisione della Commissione con cui quest’ultima gli ordina il recupero di tale aiuto. Ammettere tale possibilità significherebbe, infatti, privare di ogni efficacia pratica le disposizioni di cui agli artt. 87 CE e 88 CE, in quanto le autorità nazionali potrebbero far valere in tal modo il proprio comportamento illegittimo al fine di vanificare l’efficacia delle decisioni emanate dalla Commissione in virtù di tali disposizioni del Trattato (v. citate sentenze 20 settembre 1990, Commissione/Germania, punto 17, e Italia/Commissione, punto 104).

22
Inoltre, al punto 105 della citata sentenza Italia/Commissione, per quanto riguarda l’argomento del governo italiano secondo cui il rimborso sarebbe complesso e difficilmente verificabile, nonché quello relativo alla vasta diffusione del regime degli aiuti nel tessuto produttivo nazionale, la Corte ha ricordato che è sufficiente rilevare, conformemente alla sua giurisprudenza, che il timore di difficoltà interne, anche insormontabili, non può giustificare il fatto che uno Stato membro non osservi gli obblighi ad esso incombenti ai sensi del diritto comunitario (v., in particolare, sentenza Commissione/Portogallo, cit., punto 52).

23
Nemmeno il fatto che lo Stato membro di cui trattasi dimostri la necessità di verificare la situazione individuale di ciascuna impresa interessata dal recupero degli aiuti illegittimi, come d’altronde riconosciuto dalla Corte al punto 91 della citata sentenza Italia/Commissione, né la circostanza che un termine insolitamente breve sia trascorso tra la notifica della decisione di recupero dei detti aiuti e la presentazione di un ricorso per inadempimento sono idonei a giustificare la mancata esecuzione di tale decisione (v. sentenza 26 giugno 2003, Commissione/Spagna, cit., punto 56).

24
Occorre ricordare che, poiché l’art. 88, n. 2, secondo comma, CE non prevede una fase precontenziosa, a differenza dell’art. 226 CE, e, di conseguenza, la Commissione non emette un parere motivato che imponga agli Stati membri un termine per conformarsi alla sua decisione, il termine di riferimento, per l’applicazione della prima disposizione menzionata, può essere solo quello previsto nella decisione di cui si lamenta l’omessa esecuzione o, eventualmente, quello fissato successivamente dalla Commissione (sentenza Commissione/Belgio, cit., punto 26). Nella fattispecie, dall’art. 4 della decisione 2000/128 risulta che la Commissione aveva fissato un termine di due mesi a decorrere dalla data di notifica di detta decisione.

25
E’ pacifico che, allo scadere di tale termine, il governo italiano non aveva adottato le misure necessarie per recuperare gli aiuti in questione. Inoltre, dal punto 105 della citata sentenza Italia/Commissione emerge che, più di due anni e mezzo dopo la scadenza del detto termine, la Corte ha constatato che il governo in questione non aveva intrapreso alcun tentativo per recuperare gli aiuti in causa.

26
Infine, dai chiarimenti forniti dal governo italiano nell’udienza tenutasi per la presente causa risulta che, alla data di tale udienza, ossia il 18 settembre 2003, il procedimento di recupero era sempre allo stadio delle misure preparatorie, quali la definizione delle linee operative per effettuare il recupero degli aiuti in questione e l’individuazione delle imprese interessate. A tale data detto governo non aveva quindi intrapreso alcuna iniziativa concreta presso i beneficiari al fine di recuperare tali aiuti.

27
Pertanto, alla luce delle circostanze della fattispecie è giocoforza dichiarare che la Repubblica italiana non ha dimostrato l’impossibilità assoluta di dare esecuzione alla decisione 2000/128.

28
Poiché nessuna misura necessaria per recuperare presso i beneficiari gli aiuti indicati dalla decisione 2000/128 è stata adottata dal governo italiano, quest’ultimo non può validamente addurre a propria difesa una pretesa mancanza di cooperazione da parte della Commissione.

29
Occorre pertanto dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato entro i termini prescritti tutte le misure necessarie per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che, ai sensi della decisione 2000/128, sono stati giudicati illegittimi ed incompatibili con il mercato comune, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 3 e 4 della detta decisione.


Sulle spese

30
A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese.


Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
La Repubblica italiana, non avendo adottato entro i termini prescritti tutte le misure necessarie per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che, ai sensi della decisione della Commissione 11 maggio 1999, 2000/128/CE, relativa al regime di aiuti concessi dall’Italia per interventi a favore dell’occupazione, sono stati giudicati illegittimi ed incompatibili con il mercato comune, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 3 e 4 della detta decisione.

2)
La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Jann

Timmermans

Rosas

La Pergola

von Bahr

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1° aprile 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1
Lingua processuale: l'italiano.