SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

20 aprile 1999 (1)

«Concorrenza — Articolo 85 del Trattato CE — Effetti di una sentenza di annullamento — Diritti della difesa — Ammenda»

Nelle cause riunite T-305/94, T-306/94, T-307/94, T-313/94, T-314/94, T-315/94, T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94,

Limburgse Vinyl Maatschappij NV, società di diritto belga avente sede a Bruxelles, con l'avv. Inne G.F. Cath, patrocinante presso lo Hoge Raad der Nederlanden, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Lambert Dupong, 4-6, rue de la Boucherie,

Elf Atochem SA, società di diritto francese avente sede a Parigi, con gli avv.ti Xavier de Roux, Charles-Henri Léger e Jacques-Philippe Gunther, del foro di Parigi, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Jacques Loesch, 11, rue Goethe,

BASF AG, società di diritto tedesco avente sede a Ludwigshafen (Germania), con l'avv. Ferdinand Hermanns, del foro di Düsseldorf, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Jacques Loesch e Marc Wolters, 11, rue Goethe,

Shell International Chemical Company Ltd, società di diritto inglese avente sede a Londra, con i signori Kenneth B. Parker, QC, del foro d'Inghilterra e del Galles, e John W. Osborne, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Jean Hoss, 2, place Winston Churchill,

DSM NV e DSM Kunststoffen BV, società di diritto olandese avente sede a Heerlen (Paesi Bassi), con l'avv. Inne G.F. Cath, patrocinante presso lo Hoge Raad der Nederlanden, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Lambert Dupong, 4-6, rue de la Boucherie,

Wacker-Chemie GmbH, società di diritto tedesco avente sede a Monaco (Germania),

Hoechst AG, società di diritto tedesco avente sede a Francoforte sul Meno (Germania),

queste ultime con gli avv.ti Hans Hellmann e Hans-Joachim Hellmann, del foro di Colonia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Jacques Loesch e Marc Wolters, 11, rue Goethe,

Société artésienne de vinyle, società di diritto francese avente sede a Parigi, con l'avv. Bernard van de Walle de Ghelcke, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Alex Schmitt, 7, Val Sainte-Croix,

Montedison SpA, società di diritto italiano avente sede a Milano (Italia), con gli avv.ti Giuseppe Celona, Giorgio Aghina, del foro di Milano, e Piero Angelo Maria Ferrari, del foro di Roma, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. George Margue, 20, rue Philippe II,

Imperial Chemical Industries plc, società di diritto inglese avente sede a Londra, con gli avv.ti David Vaughan, QC, David Anderson, barrister, del foro d'Inghilterra e del Galles, Victor White e Richard Coles, solicitors, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Lambert Dupong, 4-6, rue de la Boucherie,

Hüls AG, società di diritto tedesco avente sede a Marl (Germania), inizialmente con l'avv. Hansjürgen Herrmann, del foro di Colonia, e in seguito con l'avv. Frank Montag, del medesimo foro, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Jacques Loesch, 11, rue Goethe,

Enichem SpA, società di diritto italiano avente sede a Milano, con gli avv.ti Mario Siragusa, del foro di Roma, e Francesca Maria Moretti, del foro di Bologna, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Elvinger, Hoss e Prussen,

2, place Winston Churchill,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dai signori Berend Jan Drijber, Julian Currall e Marc van der Woude, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistiti dagli avv.ti Éric Morgan de Rivery, del foro di Parigi, Alexander Böhlke, del foro di Francoforte sul Meno, David Lloyd Jones, barrister, del foro d'Inghilterra e del Galles, Renzo Maria Morresi, del foro di Bologna, e Nicholas Forwood, QC, e successivamente dal signor Currall, assistito anche dall'avv. Marc van der Woude, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 27 luglio 1994, 94/599/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'art. 85 del Trattato CE (IV/31.865 — PVC) (GU L 239, pag. 14),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione ampliata),

composto dalla signora V. Tiili, presidente, e dai signori K. Lenaerts e A. Potocki, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale svoltasi dal 9 al 12 febbraio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della controversia

1.
    In seguito ad accertamenti compiuti nel settore del polipropilene nei giorni 13 e 14 ottobre 1983, ai sensi dell'art. 14 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204; in prosieguo: il «regolamento n. 17»), la Commissione delle Comunità europee apriva un'istruttoria sul policloruro di vinile (in prosieguo: il «PVC»). Essa effettuava quindi varie ispezioni presso le imprese interessate e rivolgeva a queste ultime numerose richieste di informazioni.

2.
    Il 24 marzo 1988 la Commissione avviava d'ufficio, a norma dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17, un procedimento contro quattordici produttori di PVC. Il 5 aprile 1988 essa contestava a ciascuna di dette imprese gli addebiti, ai sensi dell'art. 2, n. 1, del regolamento (CEE) della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all'art. 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 (GU 1963, n. 127, pag. 2268; in prosieguo: il «regolamento n. 99/63»). Tutte le imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti presentavano osservazioni nel corso del mese di giugno 1988. Ad eccezione della Shell International Chemical Company Ltd, che non aveva fatto domanda in tal senso, esse venivano sentite nel corso del mese di settembre 1988.

3.
    Il 1° dicembre 1988 il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti emetteva il proprio parere sulla proposta di decisione della Commissione.

4.
    Al termine della procedura la Commissione adottava la decisione 21 dicembre 1988, 89/190/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell'art. 85 del Trattato CEE (IV/31.865, PVC; GU 1989, L 74, pag. 1; in prosieguo: la «decisione iniziale» o la «decisione del 1988»). Con tale decisione la Commissione comminava sanzioni, per violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, ai seguenti produttori di PVC: Atochem SA, BASF AG, DSM NV, Enichem SpA, Hoechst AG, Hüls AG, Imperial Chemical Industries plc, Limburgse Vinyl Maatschappij NV, Montedison SpA, Norsk Hydro AS, la Société artésienne de vinyle, Shell International Chemical Company Ltd, Solvay e Cie e Wacker-Chemie GmbH.

5.
    Tutte queste imprese, tranne la Solvay & Cie (in prosieguo: la «Solvay»), proponevano ricorso dinanzi al giudice comunitario per ottenere l'annullamento di tale decisione.

6.
    Con ordinanza 19 giugno 1990, causa T-106/89, Norsk Hydro/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), il Tribunale dichiarava irricevibile il ricorso di questa impresa.

7.
    Le cause, registrate con i numeri T-79/89, T-84/89, T-85/89, T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89 venivano riunite ai fini della trattazione orale e della sentenza.

8.
    Con sentenza 27 febbraio 1992, cause riunite T-79/89, T-84/89, T-85/89, T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89, BASF e a./Commissione (Racc. pag. II-315), il Tribunale dichiarava inesistente la decisione del 1988.

9.
    Su ricorso della Commissione la Corte, con sentenza 15 giugno 1994, causa C-137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I-2555; in prosieguo: la «sentenza 15 giugno 1994»), annullava la sentenza del Tribunale e la decisione del 1988.

10.
    A seguito di questa sentenza la Commissione adottava, il 27 luglio 1994, una nuova decisione nei confronti dei produttori interessati dalla decisione iniziale, ad eccezione però della Solvay e della Norsk Hydro AS (in prosieguo: la «Norsk Hydro») [decisione della Commissione 27 luglio 1994, 94/599/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'art. 85 del Trattato CE (IV/31.865—PVC, GU L 239, pag. 14; in prosieguo: la «Decisione»)].

11.
    La Decisione contiene le seguenti norme:

«Articolo 1

BASF AG, DSM NV, Elf Atochem SA, Enichem SpA, Hoechst AG, Hüls AG, Imperial Chemical Industries plc, Limburgse Vinyl Maatschappij NV, Montedison SpA, Société Artésienne de Vinyl SA, Shell International Chemical Co. Ltd e Wacker Chemie GmbH hanno violato l'articolo 85 del trattato CE, partecipando (insieme a Norsk Hydro AS e Solvay & Cie) per i periodi indicati nella presente decisione ad un accordo ed una pratica concordata con inizio intorno all'agosto 1980, in base al quale i produttori che forniscono PVC nel territorio della Comunità hanno preso parte a riunioni periodiche intese a fissare prezzi obiettivo e quote obiettivo, a programmare iniziative concordate per aumentare i livelli dei prezzi e a controllare l'esecuzione dei predetti accordi collusivi.

Articolo 2

Le imprese menzionate nell'articolo 1 che operano tuttora nel settore del PVC nella Comunità (eccetto Norsk Hydro AS e Solvay & Cie, che sono tuttora soggette all'obbligo di porre fine alle infrazioni) pongono immediatamente fine alle suddette infrazioni (se già non vi abbiano provveduto) e si astengono d'ora in poi, per quanto riguarda le attività che esse svolgono nel settore del PVC, da ogni accordo o pratica concordata che possa avere oggetto o effetto identico o analogo, compreso ogni scambio di informazioni normalmente coperte dal segreto commerciale, mediante il quale i partecipanti possono conoscere direttamente o indirettamente dati concernenti la produzione, le forniture, l'entità delle scorte, i prezzi di vendita, i piani relativi ai

costi o agli investimenti di altri singoli produttori, nonché da ogni accordo o pratica concordata con cui essi siano in grado di controllare l'adesione a qualsiasi accordo espresso o tacito o a qualsiasi pratica concordata in materia di prezzi o di ripartizione dei mercati all'interno della Comunità. Ogni sistema di scambio di informazioni generali in relazione al settore PVC al quale i produttori aderiscano deve essere gestito in modo tale da escludere qualsiasi informazione che consenta di individuare il comportamento dei singoli produttori; in particolare, le imprese si astengono dallo scambiarsi informazioni supplementari aventi rilevanza ai fini della concorrenza e non previste in tale sistema.

Articolo 3

Per l'infrazione di cui all'articolo 1, le seguenti ammende vengono inflitte alle imprese menzionate qui di seguito:

i) BASF AG: ammenda di 1 500 000 ECU;

ii) DSM NV: ammenda di 600 000 ECU;

iii) Elf Atochem SA: ammenda di 3 200 000 ECU;

iv) Enichem SpA: ammenda di 2 500 000 ECU;

v) Hoechst AG: ammenda di 1 500 000 ECU;

vi) Hüls AG: ammenda di 2 200 000 ECU;

vii) Imperial Chemical Industries plc: ammenda di 2 500 000 ECU;

viii) Limburgse Vinyl Maatschappij NV: ammenda di 750 000 ECU;

ix) Montedison SpA: ammenda di 1 750 000 ECU;

x) Société Artésienne de Vinyl SA: ammenda di 400 000 ECU;

xi) Shell International Chemical Company Ltd: ammenda di 850 000 ECU;

xii) Wacker Chemie GmbH: ammenda di 1 500 000 ECU».

Procedimento

12.
    Con separati atti depositati presso la cancelleria del Tribunale tra il 5 e il 14 ottobre 1994, le imprese Limburgse Vinyl Maatschappij NV (in prosieguo: la «LVM»), Elf Atochem, BASF AG (in prosieguo: la «BASF»), Shell International Chemical Company Ltd (in prosieguo: la «Shell»), DSM NV e DSM Kunststoffen BV (in prosieguo: la «DSM»), Wacker-Chemie GmbH (in prosieguo: la «Wacker»), Hoechst AG (in prosieguo: la «Hoechst»), la Société artésienne de vinyle (in prosieguo: la «SAV»), Montedison SpA (in prosieguo: la «Montedison»), Imperial Chemical Industries plc (in prosieguo: l'«ICI»), Hüls AG (in prosieguo: la «Hüls») e Enichem SpA (in prosieguo: l'«Enichem») hanno proposto il presente ricorso.

13.
    Il 6 aprile 1995 si è svolta, a norma dell'art. 64 del regolamento di procedura, una riunione tra i membri della Terza Sezione ampliata e le parti. Nel corso di tale riunione le parti hanno acconsentito a sospendere la fase scritta e ad organizzare una trattazione orale limitata all'esame dei motivi di carattere procedurale, pronunciandosi in favore della riunione delle cause T-305/94, T-306/94, T-307/94, T-313/94, T-314/94, T-315/94, T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94.

14.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso di passare alla fase orale, limitata all'esame dei motivi di carattere procedurale, senza procedere ad istruttoria o disporre misure di organizzazione del procedimento.

15.
    Con ordinanza 25 aprile 1995 (non pubblicata nella Raccolta) il presidente della TerzaSezione ampliata ha riunito per connessione le cause T-305/94, T-306/94, T-307/94, T-313/94, T-314/94, T-315/94, T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94 ai fini della trattazione orale, in quanto connesse, ai sensi dell'art. 50 del regolamento di procedura.

16.
    La fase orale si è svolta nei giorni 13 e 14 giugno 1995.

17.
    Con ordinanza 14 luglio 1995 (non pubblicata nella Raccolta) il presidente della Terza Sezione ampliata ha ordinato la ripresa della fase scritta e la separazione delle cause.

18.
    La fase scritta si è conclusa il 20 febbraio 1996.

19.
    Nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento il Tribunale (Terza Sezione ampliata), con lettera 7 maggio 1997, ha informato le parti di aver deciso di concedere a ciascuna delle ricorrenti l'accesso al fascicolo della Commissione nella causa che ha dato origine alla Decisione, con riserva dei documenti interni della Commissione e di quelli che implicano segreti commerciali o altre informazioni confidenziali.

20.
    Dopo aver consultato il fascicolo nel corso dei mesi di giugno e luglio 1997, tutte le

ricorrenti, ad eccezione di quelle nelle cause T-315/94 e T-316/94 hanno depositato osservazioni presso la cancelleria del Tribunale, a seconda dei casi, nel luglio e nel settembre 1997. La Commissione ha presentato osservazioni di risposta nel corso del dicembre 1997.

21.
    Dopo aver sentito le parti, con ordinanza 22 gennaio 1998 il presidente della Terza Sezione ampliata ha nuovamente riunito le presenti cause ai fini della trattazione orale.

22.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso di dare inizio alla trattazione orale e ha disposto misure di organizzazione del procedimento domandando alle parti di rispondere a taluni quesiti scritti e di produrre alcuni documenti. Le parti hanno ottemperato a tali inviti.

23.
    All'udienza svoltasi dal 9 al 12 febbraio 1998 sono state ascoltate le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale.

24.
    In tale occasione le parti hanno dichiarato di non avere obiezioni alla riunione delle cause ai fini della sentenza.

25.
    All'udienza il Tribunale era composto dalla signora V. Tiili, presidente, dai signori C.P. Briët, K, Lenaerts, A. Potocki e J.D. Cooke. In seguito alla scadenza del mandato del giudice Briët, il 17 settembre 1998, la presente sentenza è stata deliberata dai tre giudici che l'hanno sottoscritta, conformemente al disposto dell'art. 32, n. 1, del regolamento di procedura.

Conclusioni delle parti

26.
    Tutte le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

— annullare la Decisione, totalmente o parzialmente,

— in subordine, annullare l'ammenda ad esse comminata o ridurne l'importo,

— condannare la Commissione alle spese.

27.
    Nelle cause T-315/94, T-316/94 e T-329/94, la Wacker, la Hoechst e la Hüls concludono altresì che il Tribunale voglia:

—    far inserire nel fascicolo il rapporto del consigliere auditore e ordinare che venga comunicato alla ricorrente,

—    ordinare che il verbale dell'audizione, compresi gli allegati, sia comunicato alla ricorrente.

28.
    Inoltre, nelle cause T-315/94 e T-329/94, la Wacker e la Hüls concludono che il Tribunale voglia:

—    ordinare alla convenuta di sottoporre al Tribunale il parere del servizio giuridico sulle questioni di procedura connesse alla decisione controversa e di comunicare loro questo parere.

29.
    Nelle cause T-315/94 e T-316/94 la Wacker e la Hoechst concludono che il Tribunale voglia:

— prendere in considerazione gli atti processuali prodotti nella causa T-92/89.

30.
    Nella causa T-325/94 la Montedison conclude altresì che il Tribunale voglia:

—    condannare la Commissione al versamento dei danni in ragione delle spese connesse alla costituzione della cauzione e per ogni altra spesa derivante dalla Decisione,

—    allegare al fascicolo della presente causa gli atti e i documenti prodotti nella causa T-104/89,

—    ascoltare, in qualità di testimoni, l'amministratore delegato e il dirigente responsabile della Montedison al 1° novembre 1982.

31.
    La Commissione in ognuna delle cause conclude che il Tribunale voglia:

— respingere il ricorso,

— condannare le ricorrenti alle spese.

Sulla ricevibilità dei motivi relativi agli artt. 44, n. 1, 46, n. 1, e 48, n. 2, del regolamento di procedura

32.
    Riguardo a diversi motivi dedotti dalle ricorrenti la Commissione ha sollevato eccezioni di irricevibilità sulla base, a seconda dei casi, dell'art. 44, n. 1, lett. c), o dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura. Una ricorrente ha altresì sollevato un'eccezione di irricevibilità basata sull'art. 46, n. 1, del regolamento di procedura. Ciascuna di queste categorie di eccezioni di irricevibilità sarà oggetto di un esame separato.

I — Sulle eccezioni di irricevibilità basate sull'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura

Argomenti delle parti

33.
    La Commissione rileva che la Montedison effettua nella replica un rinvio generale all'insieme dei motivi di carattere procedurale formulati dalle parti nelle difese comuni all'udienza del 13 e del 14 giugno 1995. I testi di tali difese non sono allegati alla sua memoria, tenuto conto della conoscenza che si presume ne abbia il Tribunale.

34.
    La Commissione sottolinea altresì che l'Enichem, nella replica e nell'introduzione della parte della sua memoria relativa ai motivi di carattere procedurale, enumera l'insieme di tali motivi formulati dalle ricorrenti nelle loro difese comuni in occasione dell'udienza del 13 e del 14 giugno 1995, ai quali essa dichiara di aderire. A tal fine, l'Enichem ha allegato alla propria replica il testo delle note difensive di tutti i consulenti delle ricorrenti.

35.
    Ora, tali rinvii non sarebbero conformi all'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale (ordinanza del Tribunale 29 novembre 1993, causa T-56/92, Koelman/Commissione, Racc. pag. II-1267, punti 21-23). Infatti il Tribunale non può sostituirsi al ricorrente nel tentare di ricercare e di individuare esso stesso gli elementi, contenuti nei documenti ai quali si fa rinvio, che si possono considerare idonei a giustificare le conclusioni formulate nel ricorso.

36.
    La Commissione sostiene inoltre che i motivi elencati dalla Shell nella replica ed esposti negli allegati a quest'ultima dovrebbero essere dichiarati irricevibili e stralciati dal dibattimento (sentenze della Corte 13 dicembre 1990, causa C-347/88, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-4747, punto 29, 13 marzo 1992, causa C-43/90, Commissione/Germania, Racc. pag. I-1909, punto 8; sentenza del Tribunale 29 giugno 1995, causa T-37/91, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1901, punto 46, e ordinanza del Tribunale 28 aprile 1993, causa T-85/92, de Hoe/Commissione, Racc. pag. II-523).

37.
    Infatti ogni memoria deve indicare chiaramente gli elementi di fatto e di diritto da applicare al caso di specie e, fatta eccezione per il ricorso, rispondere alla memoria precedente. Riferendosi pertanto a documenti allegati, presentati da altri avvocati in altre cause, la ricorrente costringerebbe il Tribunale a tentare di individuare esso stesso gli elementi che la Shell intendeva dedurre a sostegno del proprio ricorso. Inoltre, i documenti allegati sarebbero semplicemente note preparate da taluni avvocati in vista dell'udienza del 13 e del 14 giugno 1995, ma non corrisponderebbero necessariamente a quanto effettivamente perorato; ora, il resoconto dell'udienza non è disponibile. Peraltro, la ricorrente farebbe leva solo su talune parti delle note difensive di uno degli avvocati; inoltre, alcune di queste note richiamerebbero esse

stesse gli argomenti presentati da altre parti nelle loro conclusioni e memorie.

38.
    La Commissione ricorda infine che al termine della trattazione orale, al cui solo fine le cause erano state riunite, il presidente della Terza Sezione ampliata del Tribunale ha ordinato la separazione delle cause.

Giudizio del Tribunale

39.
    In forza dell'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura ogni ricorso deve indicare l'oggetto della controversia e l'esposizione sommaria dei motivi dedotti. Questa indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di predisporre la propria difesa e al Tribunale di decidere sul ricorso, se del caso, senza altre informazioni a sostegno. Per garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia occorre, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell'istanza stessa. Sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati all'istanza, non può ovviare alla mancanza di elementi essenziali nell'istanza (v. in particolare la citata ordinanza Koelman/Commissione, punto 21). Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono una funzione meramente probatoria e strumentale (sentenza del Tribunale 7 novembre 1997, causa T-84/96, Cipeke/Commissione, Racc. pag. II-2081, punto 34).

40.
    Questa interpretazione dell'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura concerne altresì le condizioni di ricevibilità della memoria di replica destinata, secondo l'art. 47, n. 1, dello stesso regolamento, ad integrare il ricorso.

41.
    Nel caso di specie va rilevato che la Shell, la Montedison e l'Enichem effettuano nelle rispettive repliche un rinvio globale ai motivi e agli argomenti esposti in comune da talune ricorrenti nel corso della procedura orale dinanzi al Tribunale, svoltasi il 13 e il 14 giugno 1995. Questo rinvio globale a documenti, anche allegati alla replica, non può sostituire l'esposizione dei fatti, dei motivi e degli argomenti nel testo stesso della memoria.

42.
    Il Tribunale rileva altresì che l'Enichem completa il testo della propria replica su taluni punti specifici tramite rinvii a documenti allegati. Detti rinvii, tuttavia, riguardano solo in maniera generale l'allegato di cui trattasi e non consentono pertanto al Tribunale di individuare con precisione gli argomenti che, a suo parere, possono completare i motivi esposti nell'istanza.

43.
    Di conseguenza, le repliche della Shell, della Montedison e dell'Enichem, in quanto operanti un rinvio a difese comuni, non soddisfano i requisiti di cui all'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura e non possono dunque essere prese in considerazione.

II — Sull'eccezione di irricevibilità basata sull'art. 46, n. 1, del regolamento di procedura

Argomenti delle parti

44.
    La Hüls contesta che la Commissione, a norma dell'art. 46, n. 1, lett. b), del regolamento di procedura, sia legittimata a rinviare al rapporto d'udienza che era stato preparato nella causa T-86/89, Hüls/Commissione, per rispondere a taluni motivi dedotti nel proprio ricorso (sentenze della Corte 8 luglio 1965, cause riunite 19/63 e 65/63, Prakash/Commissione, Racc. pag. 616, in particolare pag. 631; 28 aprile 1971, causa 4/69, Lütticke/Commissione, Racc. pag. 325, punto 2, e Commissione/Germania, citata, punti 7 e 8; sentenze del Tribunale 5 dicembre 1990, causa T-82/89, Marcato /Commissione, Racc. pag. II-735, punto 22, e ICI/Commissione, citata, punto 47).

45.
    La Commissione ritiene che il modo di citare da essa utilizzato nel controricorso non costituisca un rinvio globale ai sensi della giurisprudenza richiamata dalla ricorrente. In realtà, quest'ultima traviserebbe la funzione stessa di un allegato, che consente un rinvio formale senza ripetizioni superflue. Inoltre, la Commissione ritiene che si possa accettare il rinvio ad un altro ricorso che coinvolge le stesse parti in merito ad un medesimo complesso (sentenza ICI/Commissione, citata, punto 47).

Giudizio del Tribunale

46.
    Ai sensi dell'art. 46, n. 1, lett. b), del regolamento di procedura, il controricorso deve contenere gli argomenti di fatto e di diritto invocati. Gli argomenti invocati dal convenuto devono essere esposti in una maniera sufficientemente chiara e precisa, anche se sommaria, nel testo stesso del controricorso, al fine di consentire al ricorrente di preparare la replica e al Tribunale di statuire sul ricorso, all'occorrenza, senza altre informazioni a sostegno.

47.
    Nel caso di specie, la Commissione, sotto la rubrica «Motivi di merito», si limita a dichiarare nel proprio controricorso che «al fine di garantire la propria difesa, [essa]si vede costretta ad introdurre nel presente procedimento l'argomentazione già esposta [nell'ambito dei ricorsi promossi contro la decisione del 1988]. Invece di riprodurre alla lettera il controricorso, essa ritiene che allo stadio attuale del procedimento sia utile e opportuno rinviare a quanto da essa esposto nella causa T-86/89, come riassunto

nella relazione d'udienza». Essa enuncia poi i corrispondenti titoli della relazione d'udienza, rinvia a talune pagine della stessa e formula osservazioni volte a completare i motivi cui si riferisce.

48.
    Il Tribunale osserva che gli argomenti di fatto e di diritto invocati dalla convenuta sotto la rubrica «Motivi di merito» sono presentati solo sotto forma di titoli, così da non poter essere considerati come rispondenti ai requisiti di chiarezza e precisione necessari ai fini della ricevibilità. Pertanto, questi elementi di fatto e di diritto vanno dichiarati irricevibili.

III — Sulle eccezioni di irricevibilità basate sull'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura

Argomenti delle parti

49.
    La Commissione deduce che qualunque mezzo invocato per la prima volta nella fase della replica, che non può considerarsi come fondato su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento, costituisce un mezzo nuovo, che va dichiarato irricevibile in forza dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale (sentenze del Tribunale 10 marzo 1992, cause riunite T-68/89, T-77/89 e T-78/89, SIV e a./Commissione, Racc. pag. II-1403, punto 82, 18 novembre 1992, causa T-16/91, Rendo e a./Commissione, Racc. pag. II-2417, punto 131, e 21 febbraio 1995, causa T-29/92, SPO e a./Commissione, Racc. pag. II-289, punto 409).

50.
    Nel caso di specie, più motivi sollevati dalla LVM, dalla BASF, dalla DSM e dall'ICI sarebbero, in forza di tale norma, irricevibili.

51.
    La Commissione sostiene che l'ordinanza 14 luglio 1995 del presidente della Terza Sezione ampliata del Tribunale, che ordinava la riapertura della fase scritta e la separazione delle cause, non possa essere interpretata nel senso che autorizza una parte a sollevare tutti i motivi di carattere procedurale, compresi quelli formulati solo da altri ricorrenti nel loro ricorso.

52.
    Inoltre, la maggior parte degli allegati acclusi alla replica della Hüls dovrebbero essere stralciati, in quanto non redatti nella lingua processuale in violazione dell'art. 35, n. 3, del regolamento di procedura.

Giudizio del Tribunale

53.
    Ai sensi dell'art. 48, n. 2, primo comma. del regolamento di procedura, è vietata la produzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

54.
    Nel caso di specie bisogna osservare che la BASF ha sollevato per la prima volta nella fase della replica i motivi attinenti rispettivamente alla violazione del principio ne bis in idem, alla violazione dell'accordo sullo Spazio Economico Europeo (in prosieguo: l'«accordo SEE»), alla violazione del regolamento interno della Commissione all'epoca in vigore, alla prescrizione, alla violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e altresì quello attinente alla violazione dell'obbligo di sentire la ricorrente prima della decisione di non seguire la procedura prevista dai regolamenti n. 17 e n. 99/63.

55.
    Nella replica l'ICI invoca un motivo attinente alla violazione del regolamento interno della Commissione, in quanto il suo servizio giuridico non sarebbe stato consultato prima dell'adozione della Decisione. Secondo l'ICI, tale mancata consultazione, rivelata nella relazione d'udienza presentata nella causa T-307/94 prima dell'udienza del giugno 1995, costituisce un fatto nuovo emerso nel corso del procedimento. Questo argomento non può essere accolto. E' sufficiente osservare, al riguardo, che la suddetta relazione d'udienza non indica che il servizio giuridico non è stato affatto consultato, ma che «non esiste un parere del servizio giuridico relativo alla questione se potesse adottarsi una nuova decisione nei confronti dei produttori di PVC sulla base del procedimento amministrativo precedente l'adozione della decisione del 21 dicembre 1988» («Die Kommission behauptet, es gebe kein Gutachten des Juristischen Dienstes zu der Frage, ob eine neue Entscheidung gegenüber den PVC-Herstellern auf der Grundlage des Verwaltungsverfahrens erlassen werden könne, das vor dem Erlaß der Entscheidung vom 21. Dezember 1988 durchgeführt worden sei»). Non se ne può quindi concludere che questo estratto della relazione d'udienza nella causa T-307/94 costituisca un fatto nuovo indicante che l'adozione della Decisione non è stata preceduta dal parere del servizio giuridico.

56.
    Inoltre, per quanto l'argomentazione dell'ICI debba essere intesa nel senso che, nell'ambito del medesimo motivo e per rinvio al testo di una delle difese comuni allegate alla sua replica, si afferma l'illegittimità del regolamento interno della Commissione in vigore all'epoca dell'adozione della Decisione, bisogna osservare che questa eccezione di illegittimità viene invocata per la prima volta nella replica senza peraltro che fosse impedito alla ricorrente di sollevarla nell'atto introduttivo del suo ricorso.

57.
    La Hüls deduce nella propria replica, e vi allega, le note difensive corrispondenti agli argomenti esposti in comune in occasione dell'udienza che si è svolta il 13 e il 14 giugno 1995. Va rilevato che gli argomenti discussi in tali note, in quanto esposti sotto forma di argomenti formulati nella memoria di replica, riguardano motivi sollevati dalla ricorrente nel proprio atto introduttivo del ricorso, fatta eccezione per il motivo attinente alla mancata partecipazione dell'autorità di vigilanza dell'Associazione

europea per il libero scambio (in prosieguo: l'«EFTA»), il quale è stato quindi sollevato per la prima volta nella replica.

58.
    Inoltre il Tribunale osserva che le note difensive comuni allegate alla replica della Hüls non sono redatte nella lingua processuale scelta dalla ricorrente e che quest'ultima non ha presentato traduzioni per estratto di questi atti voluminosi, contrariamente al disposto dell'art. 35, n. 3, del regolamento di procedura. Tuttavia, nelle particolarissime circostanze del caso di specie e tenuto conto della possibilità concessa dal Tribunale di utilizzare una qualsiasi delle lingue processuali per perorare taluni argomenti comuni all'udienza del 13 e del 14 giugno 1995, il Tribunale ritiene, nonostante la pronuncia di separazione delle cause dopo la trattazione orale, che non accettare questi allegati redatti in una lingua diversa da quella processuale scelta dalla ricorrente costituirebbe un formalismo eccessivo. Pertanto, gli allegati alla replica della Hüls vanno accettati così come sono.

59.
    La LVM e la DSM deducono in replica, a sostegno del motivo attinente alla violazione del principio di proporzionalità già esposto nel loro ricorso, che la Commissione ha violato l'obbligo di motivazione che le incombe in forza dell'art. 190 del Trattato CE. Il Tribunale ritiene che, vista la formulazione dell'addebito nel contesto del motivo considerato, una tale asserzione non abbia autonomia rispetto al motivo in relazione al quale essa è invocata. Pertanto non la si può considerare come un motivo separato invocato per la prima volta nella replica.

60.
    Va ricordato infine che, a norma dell'art. 113 del regolamento di procedura, il Tribunale può sollevare d'ufficio l'irricevibilità per motivi di ordine pubblico.

61.
    In proposito il Tribunale rileva che la Elf Atochem ha dedotto per la prima volta nella propria replica la violazione, da parte della Commissione, dell'obbligo di cooperazione con l'autorità di vigilanza dell'EFTA.

62.
    Per quanto concerne la SAV va osservato che essa invoca nel proprio atto introduttivo dell'istanza un motivo attinente alla «violazione dei principi di buona amministrazione e dei diritti della difesa, in quanto il procedimento non è iniziato entro un termine ragionevole». Nella replica la ricorrente aggiunge, sotto la rubrica intitolata «Violazione dei principi di buona amministrazione della giustizia e dei diritti della difesa», che la Commissione non ha tenuto conto dell'audizione svoltasi nel settembre 1988, non avendo avuto tempo sufficiente per esaminare il processo verbale dell'audizione prima di adottare la decisione del 1988. Quest'ultimo argomento va considerato come un motivo indipendente, in quanto esso non riguarda affatto l'inizio del procedimento entro un termine ragionevole. Tale motivo, che non si ricollega a nessuno di quelli esposti nel ricorso, si deve quindi ritenere sollevato per la prima volta nella fase della replica.

63.
    Ora, nel caso di specie, durante il procedimento non è emerso alcun elemento nuovo che consenta alla Elf Atochem e alla SAV di presentare tardivamente i propri motivi. Queste due ricorrenti hanno avuto dunque la possibilità di dedurre i rispettivi motivi nei propri atti introduttivi del ricorso. Pertanto, a norma dell'art. 48, n. 2, esse non possono sollevarli nella fase della replica.

64.
    Alla luce di quanto precede, i motivi dedotti dalla Elf Atochem, dalla BASF, dalla SAV, dall'ICI e dalla Hüls, esposti per la prima volta nella fase della replica e che non sono fondati su elementi di diritto o di fatto emersi nel corso del procedimento, debbono essere dichiarati irricevibili.

Sulle conclusioni relative all'annullamento della Decisione

I — Sui motivi attinenti all'esistenza di vizi di forma e di procedura

65.
    I vari motivi attinenti all'esistenza di vizi di forma e di procedura dedotti dalle ricorrenti si ricollegano a tre orientamenti principali. Innanzi tutto esse contestano sia l'interpretazione della Commissione sulla portata della sentenza 15 giugno 1994 che ha annullato la decisione del 1988, sia le conseguenze che la stessa ne ha tratto (A). Esse inoltre sostengono che sono state commesse irregolarità al momento dell'adozione e dell'autenticazione della Decisione (B). Esse deducono altresì che il procedimento che ha preceduto l'adozione della decisione del 1988 è viziato da irregolarità (C). Infine, la Decisione non era sufficientemente motivata in merito a talune questioni rientranti nelle tre categorie testé menzionate (D).

A — Sugli effetti della sentenza 15 giugno 1994 che ha annullato la decisione del 1988

66.
    I motivi e gli argomenti delle ricorrenti si ricollegano a tre diverse considerazioni. In primo luogo, alcune ricorrenti sostengono che, in conseguenza della sentenza 15 giugno 1994, la Commissione non poteva adottare una nuova decisione. In secondo luogo, altre ricorrenti deducono che la suddetta sentenza, annullando la decisione del 1988, ha rimosso con effetto retroattivo gli atti preparatori che avevano portato all'adozione di tale decisione nei confronti di tutte le imprese destinatarie. Infine, altre ricorrenti ritengono che la Commissione, pur potendo adottare una nuova decisione al fine di trarre le conseguenze della sentenza 15 giugno 1994, avrebbe dovuto tuttavia rispettare taluni requisiti procedurali.

1. Sul potere della Commissione di adottare una nuova decisione dopo la sentenza 15 giugno 1994

67.
    L'argomento delle ricorrenti può essere suddiviso in tre capi. In un primo capo si sostiene che la Commissione, dopo la sentenza 15 giugno 1994, non poteva adottare

una nuova decisione nella «causa PVC». Il secondo capo concerne motivi attinenti al decorso del tempo, per cui la Commissione non poteva più esercitare la propria competenza per adottare la Decisione. Il terzo capo, infine, riguarda i motivi attinenti ad un asserito superamento, da parte della Commissione, del proprio potere discrezionale.

68.
    Ognuna di queste categorie di argomenti delle ricorrenti verrà esaminata separatamente.

a) Sui motivi attinenti all'asserita impossibilità per la Commissione di adottare la decisione

69.
    A sostegno della loro conclusione circa l'impossibilità per la Commissione di adottare la Decisione le ricorrenti invocano due motivi.

70.
    Il primo motivo attiene alla violazione dell'autorità della cosa giudicata. Il secondo motivo è tratto dalla violazione del principio ne bis in idem.

Sul motivo attinente alla violazione dell'autorità della cosa giudicata

— Argomenti delle parti

71.
    La LVM, la DSM, l'ICI e l'Enichem sostengono che la Commissione non poteva adottare la Decisione senza violare l'autorità di cosa giudicata della sentenza 15 giugno 1994.

72.
    La LVM e la DSM sottolineano che la distinzione tra vizi formali e vizi sostanziali che inficiavano la sentenza annullata non ha alcun fondamento giuridico, testuale o giurisprudenziale. Tale distinzione non troverebbe riscontro né nell'art. 174 del Trattato né nella sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, cause riunite T-80/89, T-81/89, T-83/89, T-87/89, T-88/89, T-90/89, T-93/89, T-95/89, T-97/89, T-99/89, T-100/89, T-101/89, T-103/89, T-105/89, T-107/89 e T-112/89, BASF e a./Commissione (Racc. pag. II-729, punto 78). In mancanza di indicazioni, la sentenza 15 giugno 1994 andrebbe interpretata nel senso che la controversia è stata definitivamente risolta (sentenze dellaCorte 29 ottobre 1980, causa 138/79, Roquette Frères/Consiglio, Racc. pag. 3333, punto 37, e 30 settembre 1982, causa 108/81, Amylum/Consiglio, Racc. pag. 3107, punto 5; conclusioni dell'avvocato generale Reischl in quest'ultima sentenza, Racc. pag. 3139, in particolare pag. 3151 e 3152). Il fatto che, avendo annullato la sentenza del Tribunale, la Corte abbia avocato a sé la causa, consentendolo lo stato degli atti, confermerebbe questa interpretazione.

73.
    Da parte sua, l'Enichem sostiene che la Corte, con la sentenza 15 giugno 1994, ha

inteso chiudere definitivamente il procedimento avviato nei confronti dei produttori di PVC utilizzando poteri ad essa derivanti dall'art. 54, primo comma, seconda frase, dello Statuto (CE) della Corte. Pur avendo esaminato solo taluni motivi, la Corte avrebbe quindi statuito su tutta la controversia, che sarebbe interamente coperta dall'autorità di cosa giudicata.

74.
    In realtà, l'atteggiamento della Commissione porterebbe ad accordare una priorità ai motivi di merito rispetto a quelli relativi alla procedura, che sarebbero semplicemente accessori. Qualsiasi irregolarità procedurale pertanto potrebbe essere facilmente corretta. Di conseguenza, l'invocazione di vizi di procedura dinanzi al giudice comunitario sarebbe inutile e vani sarebbero stati gli sforzi spiegati, nel caso di specie, dinanzi al Tribunale e successivamente dinanzi alla Corte.

75.
    Secondo la Commissione, l'autorità di cosa giudicata verte solo sugli elementi sui quali la Corte si è già pronunciata. Ora, nel caso di specie l'unico motivo di annullamento della decisione del 1988 accolto dalla Corte nella sentenza 15 giugno 1994 consisterebbe nella mancata autenticazione secondo le forme prescritte, di modo che solo la valutazione dei vizi formali effettuata dalla Corte avrebbe acquisito autorità di cosa giudicata. Gli altri motivi relativi alla procedura e al merito non erano stati quindi presi in esame dalla Corte.

76.
    La Commissione aggiunge che, dopo l'annullamento della decisione del 1988, nessuna norma poteva consentire alla Corte di rinviare la causa al Tribunale.

— Giudizio del Tribunale

77.
    L'autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale (sentenza della Corte 19 febbraio 1991, causa C-281/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I-347, punto 14, e ordinanza della Corte 28 novembre 1996, causa C-277/95 P, Lenz/Commissione, Racc. pag. I-6109, punto 50).

78.
    Nel caso di specie si deve osservare che nella sentenza 15 giugno 1994 la Corte ha tratto la conclusione che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto dichiarando inesistente la decisione 89/190 e ha decretato l'annullamento della sentenza impugnata (punti 53 e 54 della motivazione). Di conseguenza, ai sensi dell'art. 54, primo comma, seconda frase, dello Statuto (CEE), la Corte ha deciso di statuire definitivamente sulla controversia, consentendolo lo stato degli atti (punto 55 della motivazione).

79.
    La Corte pertanto ha riassunto i mezzi dedotti dalle ricorrenti nei rispettivi ricorsi d'annullamento proposti dinanzi al Tribunale avverso la decisione del 1998 nei seguenti termini: «il procedimento precontenzioso era viziato sotto molti aspetti; la decisione

controversa non è stata motivata o lo è stata in modo insufficiente; i diritti della difesa non sono stati rispettati; il sistema di prova utilizzato dalla Commissione è contestabile; la decisione impugnata è contraria all'art. 85 del Trattato ed ai principi generali del diritto comunitario, viola inoltre le norme in materia di prescrizione ed è, infine, viziata da sviamento di potere; le ammende inflitte sono irregolari» (punto 56 della motivazione).

80.
    Essa ha rilevato inoltre che, «[a] sostegno, in particolare, del mezzo basato sul difetto e sull'insufficienza di motivazione dell'atto impugnato», alcune ricorrenti avevano addotto, «in sostanza, che la motivazione dell'atto che è stato loro notificato differiva verosimilmente in diversi punti, taluni dei quali fondamentali, da quella della decisione che il Collegio dei [membri della Commissione] aveva approvato nella sua riunione del 21 dicembre 1988» (punto 57 della motivazione). La Corte ha altresì affermato: «Talune ricorrenti hanno inoltre desunto dalla risposta della Commissione che la decisione non era stata adottata in due delle lingue facenti fede, l'italiano e l'olandese, poiché erano stati sottoposti al Collegio soltanto dei progetti redatti rispettivamente in francese, inglese e tedesco» (punto 58). Essa ha poi precisato: «Le ricorrenti hanno perciò concluso la loro argomentazione affermando che l'art. 12 del regolamento interno della Commissione non era stato applicato» (punto 59). Infine, essa ha iniziato l'esame «della fondatezza del mezzo» (punto 61).

81.
    Dopo aver accertato che la Commissione aveva violato l'art. 12, primo comma, del proprio regolamento interno, non autenticando la decisione del 1988 nei termini fissati da detto articolo, la Corte ha concluso: «La decisione deve perciò essere annullata per violazione di forme sostanziali, senza che occorra esaminare gli altri mezzi dedotti dalle ricorrenti» (punto 78).

82.
    Ne consegue che la sentenza 15 giugno 1994 non ha statuito, effettivamente o necessariamente, né sugli altri mezzi procedurali sollevati dalle ricorrenti dinanzi al Tribunale, né sui motivi di merito, né infine sui mezzi accessori relativi alle ammende inflitte.

83.
    Del resto, ai sensi dell'art. 54, primo comma, dello Statuto della Corte, «[q]uando l'impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest'ultimo».

84.
    Dalla seconda frase di tale articolo non deriva la conseguenza che la Corte, nello statuire definitivamente sulla controversia accogliendo uno o più dei motivi sollevati dalle ricorrenti, risolva ipso jure i punti di fatto e di diritto da queste ultime addotti nel contesto della causa. Accogliere la tesi dell'Enichem equivarrebbe a negare che la cosa giudicata si estenda solo ai punti di fatto e di diritto effettivamente o

necessariamente giudicati.

85.
    Alla luce di quanto precede, il motivo va respinto.

Sul motivo attinente alla violazione del principio ne bis in idem

— Argomenti delle parti

86.
    La LVM, la DSM, la Montedison e l'ICI sostengono che la Commissione, adottando una nuova decisione dopo che la Corte aveva annullato quella del 1988, ha violato il principio ne bis in idem.

87.
    La LVM, la DSM e l'ICI ricordano che spetta al giudice comunitario garantire il rispetto dei principi generali di diritto, come il principio ne bis in idem (sentenze della Corte 5 maggio 1966, cause riunite 18/65 e 35/65, Gutmann/Commissione, Racc. pag. 141, e 15 marzo 1967, cause riunite 18/65 e 35/65, Gutmann/Commissione, Racc. pag. 67), proclamato anche dal protocollo n. 7 della CEDU e dall'art. 14, n. 7, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, firmato a New York il 16 marzo 1966.

88.
    Secondo la LVM e la DSM, la Commissione ha violato questo principio nelle sue due accezioni: da un lato, essa ha comminato due volte una sanzione in relazione ad una medesima infrazione; dall'altro, essa ha intentato due volte un procedimento in relazione ad una stessa fattispecie — anche se, nel secondo caso, le azioni si sono limitate all'adozione e alla notifica della decisione (sentenza 5 maggio 1966, Gutmann/Commissione, citata, pag. 174, e 15 marzo 1967, Gutmann/Commissione, citata, pag. 81, e conclusioni dell'avvocato generale Mayras nella sentenza della Corte 14 dicembre 1972, causa 7/72, Boehringer/Commissione, Racc. pag. 1281, in particolare pag. 1296).

89.
    Ai fini dell'accertamento di una violazione del ne bis in idem è determinante solo l'identità dei fatti addebitati (sentenza Boehringer/Commissione, citata, punto 6), come nel caso di specie. Non avrebbero rilevanza né l'annullamento della decisione iniziale, cosa che eliminerebbe gli effetti giuridici e non invece il fatto stesso che sia stato avviato un procedimento, sia stata accertata una violazione e sia stata inflitta una sanzione, né l'autorità di cosa giudicata.

90.
    L'ICI sottolinea da parte sua che la sentenza 15 giugno 1994 presenta un carattere obbligatorio e definitivo, implicante il fatto che essa ha acquisito autorità di cosa giudicata (art. 65 del regolamento di procedura della Corte) senza che la Corte rinvii la causa al Tribunale. Dato che la decisione del 1988 è stata annullata interamente, e non soltanto in uno dei suoi aspetti, la sentenza della Corte costituirebbe un

proscioglimento definitivo. Adottando la stessa decisione fondata sugli stessi elementi di diritto e di fatto, la Commissione avrebbe pertanto violato il principio ne bis in idem. La ricorrente osserva infine che nella sentenza 15 giugno 1994 la Corte non ha ordinato alla Commissione di adottare una nuova decisione (v., in senso contrario, sentenza della Corte 23 ottobre 1974, causa 1774, Transocean Marine Paint/Commissione, Racc. pag. 1063, punto 22).

91.
    La Commissione sottolinea innanzitutto che l'argomento sviluppato dalla LVM, dalla DSM e dall'ICI nell'ambito di questo motivo contraddice la loro affermazione secondo la quale la decisione del 1988 non è mai esistita a causa del suo annullamento ex tunc.

92.
    Essa ricorda inoltre che la rilevanza del principio ne bis in idem è stata ammessa dalla Corte nel diritto comunitario della concorrenza (sentenza Boehringer/Commissione, citata), di modo che sarebbe superfluo, da parte delle ricorrenti, invocare le norme della CEDU o del Patto internazionale sui diritti civili e politici.

93.
    In ogni caso l'argomento delle ricorrenti sarebbe infondato dal momento che, dopo l'annullamento ad opera della Corte della decisione del 1988, la decisione dovrebbe essere considerata come il primo atto che sanziona le imprese attive sul mercato del PVC per violazione dell'art. 85 del Trattato. Le imprese non si sono viste comminare due ammende né in diritto né in fatto.

94.
    La Commissione aggiunge che la regola del ne bis in idem riguarda solo la possibilità di infliggere sanzioni; essa non può quindi essere confusa con il principio dell'autorità di cosa giudicata.

— Giudizio del Tribunale

95.
    Le ricorrenti accusano la Commissione di aver violato, adottando la Decisione, il principio generale di diritto ne bis in idem, che vieta, da un lato, di infliggere due sanzioni per una stessa violazione e, dall'altro, di avviare due volte un procedimento in relazione ad un medesimo complesso di fatti.

96.
    A questo proposito il Tribunale ritiene, ai fini del presente motivo, che la Commissione non possa procedere contro un'impresa sulla base dei regolamenti n. 17 e n. 99/63 per violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza né sanzionarla con l'imposizione di un'ammenda a causa di un comportamento anticoncorrenziale che il Tribunale o la Corte hanno già accertato essere stato, o meno, dimostrato dalla Commissione.

97.
    Nel caso di specie bisogna ricordare, in primo luogo, che la Corte ha annullato la decisione del 1988 con la sentenza 15 giugno 1994. Adottando la decisione dopo tale

annullamento, la Commissione non ha quindi imposto ai ricorrenti due sanzioni per una stessa violazione.

98.
    In secondo luogo, nella sentenza 15 giugno 1994 la Corte non ha deciso su nessuno dei motivi attinenti al merito addotti dalle ricorrenti quando ha annullato la decisione del 1988 (v. supra, punto 81). Pertanto, adottando la Decisione, la Commissione si è limitata a sanare il vizio di forma censurato dalla Corte. Di conseguenza, la Commissione non ha proceduto due volte contro le ricorrenti per uno stesso complesso di fatti.

99.
    Il motivo va pertanto respinto.

b) Sui motivi attinenti al decorso del tempo

100.
    Talune ricorrenti adducono, a sostegno delle conclusioni miranti all'annullamento della decisione, diversi motivi attinenti al decorso del tempo. In primo luogo, la Commissione avrebbe violato il principio del termine ragionevole. In secondo luogo, essa avrebbe commesso un abuso di diritto. In terzo luogo essa avrebbe violato i principi relativo al processo equo. L'argomentazione della Commissione su questi motivi, tenuto conto della risposta comune ad essi data, verrà presentata nel suo complesso dopo quella delle ricorrenti.

Argomenti delle parti

— Sul motivo attinente alla violazione del principio del termine ragionevole

101.
    La LVM, la DSM e l'ICI deducono che le imprese interessate da un procedimento a norma dell'art. 85 del Trattato hanno diritto a che la Commissione decida entro un termine ragionevole. Questa garanzia del termine ragionevole è consolidata in diritto comunitario (v., in particolare, sentenza della Corte 24 novembre 1987, causa 223/85, RSV/Commissione, Racc. pag. 4617, punto 14) e sarebbe indipendente rispetto alle norme sulla prescrizione contenute nel regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 2988/74»).

102.
    Emerge inoltre dall'art. 6, n. 1, della CEDU che la fondatezza di ogni accusa in campo penale va decisa entro un termine ragionevole, al fine di evitare alle parti in giudizio un'incertezza troppo lunga sulla loro situazione giuridica.

103.
    La LVM e la DSM sostengono che il punto di partenza del termine ragionevole è qualsiasi atto istruttorio ai sensi dell'art. 2 del regolamento n. 2988/74 (Corte europea

dei diritti dell'uomo, sentenza Eckle, 15 luglio 1982, serie A, n. 51, punto 73; sentenza Foti e a., 10 dicembre 1982, serie A, n. 56, punto 52, e sentenza Corigliano, 10 dicembre 1982, serie A, n. 57, punto 34). La scadenza del termine corrisponderebbe alla data di adozione della decisione iniziale.

104.
    Secondo queste ricorrenti, nel caso di specie il termine ha iniziato a decorrere nel dicembre 1983, data degli accertamenti effettuati dalla Commissione, ed è scaduto nel dicembre 1988, coprendo così un periodo di cinque anni durante i quali, dall'aprile 1984 al gennaio 1987, la Commissione era rimasta inattiva.

105.
    Ora, nell'ambito della CEDU, un termine ragionevole non può eccedere due anni, salvo circostanze particolari (Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza König, 28 giugno 1978, serie A, n. 27, punti 98 e 99). Il solo fatto di rientrare nel diritto della concorrenza non costituirebbe una circostanza particolare.

106.
    La violazione del termine ragionevole per adottare la decisione del 1988 e, a maggior ragione, la Decisione, avrebbe inoltre fatto sorgere in capo alle imprese un legittimo affidamento nel fatto che l'indagine non avrebbe avuto seguito.

107.
    Quanto all'ICI, essa ritiene che nel caso di specie il ritardo considerato comporti due stadi. In merito al periodo dell'istruttoria, l'ICI sottolinea la passività della Commissione dal 5 giugno 1984, data in cui la ricorrente ha risposto ad una decisione ai sensi dell'art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, al mese di gennaio 1987, periodo di inizio delle indagini negli stabilimenti di altri produttori di PVC. Si tratterebbe di un termine non ragionevole (sentenza RSV/Commissione, citata, e sentenze del Tribunale 2 maggio 1995, cause riunite T-163/94 e T-165/94, NTN Corporation e Koyo Seiko/Consiglio, Racc. pag. II-1381, e 28 settembre 1995, causa T-95/94, Sytraval e Brink's France/Commissione, Racc. pag. II-2651).

108.
    Quanto al termine dovuto al ricorso controverso, ossia quasi cinque anni, esso sarebbe imputabile alla Commissione tenuto conto delle violazioni procedurali accertate a suo carico.

109.
    La LVM, la DSM e l'ICI concludono che, avendo superato il termine ragionevole, la Commissione non aveva più competenza per adottare la decisione del 1988 e, a maggior ragione, la Decisione. Quest'ultima dovrebbe dunque essere annullata per incompetenza della Commissione (sentenze della Corte 12 novembre 1987, causa 344/85, Ferriere San Carlo/Commissione, Racc. pag. 4435, e RSV/Commissione, citata).

— Sul motivo attinente all'abuso di diritto

110.
    La Waecker e la Hoechst sostengono che, a prescindere dalla valutazione delle norme relative alla prescrizione, il lungo termine trascorso fra il 1983 e il 1987, periodo durante il quale la Commissione è rimasta inattiva, e quello trascorso fra l'inizio della violazione addotta e la data di adozione della Decisione, ossia quattordici anni, costituiscono un abuso di diritto. Tale ritardo sarebbe imputabile alla sola Commissione.

— Sul motivo attinente alla violazione dei principi relativi a un processo equo

111.
    La Hüls e l'Enichem sostengono che la Commissione ha violato i principi relativi ad un processo equo.

112.
    Secondo l'Enichem tale principio è stato violato poiché è trascorso un lasso di tempo molto lungo fra la data delle prime indagini e la data di adozione della Decisione. Le parti sarebbero così state poste in una situazione di estrema difficoltà e di imbarazzo a causa dell'impossibilità di ricostruire i fatti con precisione.

113.
    La Hüls sostiene da parte sua che la prassi seguita dalla Commissione non è compatibile con le norme relative al carattere equo del processo.

114.
    In primo luogo, pur essendo venuta a conoscenza dell'asserita violazione al più tardi nel 1983, la Commissione aveva proceduto ad un accertamento nella sede della Hüls soltanto nel settembre 1987. Un tale ritardo nell'avvio del procedimento avrebbe pregiudicato le possibilità di difesa della Hüls e, di fatto, condotto ad una inversione dell'onere della prova a suo svantaggio. Ciò varrebbe ancor più per il 1994. Peraltro, il ritardo accumulato doveva influire sul livello dell'ammenda inflitta (sentenza della Corte 6 marzo 1974, cause riunite 6/73 e 7/73, Istituto Chemioterapico e Commercial Solvents/Commissione, Racc. pag. 223).

115.
    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il principio di decadenza è un elemento costitutivo del diritto comunitario vigente (sentenze della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione, Racc. pag. 619, punto 49, 18 ottobre 1989, causa 374/87, Orkem/Commissione, Racc. pag. 3283, punto 30; v. altresì art. 6 della CEDU e decisione della Commissione europea dei diritti dell'uomo 9 febbraio 1990, nella causa Melchers & Co./République fédérale d'Allemagne, n. 13258/87). Il regolamento n. 2988/74 non poteva aver risolto la questione; in caso di conflitto, il principio di decadenza, principio generale del diritto comunitario, avrebbe necessariamente prevalso sul regolamento. Detta decadenza avrebbe impedito alla Commissione di adottare nel 1994 una decisione relativa a fatti avvenuti circa quindici anni prima.

116.
    In subordine, la Commissione non contesta l'esistenza in diritto comunitario di un principio generale, basato sui requisiti di certezza del diritto e di buona

amministrazione, che imponga ad una autorità amministrativa di esercitare i propri poteri entro determinati limiti temporali (sentenza della Corte 15 luglio 1970, causa 45/69, Boehringer/Commissione, Racc. pag. 769, punto 6).

117.
    Tuttavia, il regolamento n. 2988/74 risponderebbe proprio a questo obiettivo di certezza del diritto consentendo alla Commissione e agli operatori di mercato di conoscere in anticipo i limiti di tempo entro i quali la Commissione può agire per accertare una violazione alle regole comunitarie sulla concorrenza.

118.
    Questo regolamento escluderebbe ogni riferimento ai criteri giuridici distinti di «ritardo eccessivo», di termine ragionevole, di abuso di diritto, di processo iniquo o di decadenza dall'azione. Del resto, detti criteri aggiungerebbero solo confusione e incertezza giuridica, non figurando fra le norme scritte prestabilite (sentenza 15 luglio 1970, Boehringer/Commissione, citata, punto 47) e fondandosi su un concetto vago e soggettivo.

119.
    In risposta agli argomenti della LVM e della DSM la Commissione precisa che questo regolamento priva altresì l'applicazione dell'art. 6 della CEDU di rilevanza sulla posizione giuridica delle imprese. Se anche fosse rilevante il richiamo alla CEDU, non lo sarebbe la giurisprudenza di cui si avvalgono le ricorrenti, dal momento che essa riguarda il concetto di termine ragionevole nelle cause penali che coinvolgono persone fisiche, e non nelle cause che rientrano nel diritto dell'economia applicato a persone giuridiche. Ora, in quest'ultimo campo, caratterizzato da situazioni di fatto complesse, il termine di due anni addotto dalla LVM e dalla DSM non sarebbe sufficiente, come testimonierebbe la durata dei procedimenti in materia dinanzi al Tribunale o alla Corte. Infine, sempre supponendo pertinente il richiamo all'art. 6 della CEDU, il termine ragionevole può iniziare a decorrere solo dalla comunicazione degli addebiti; i provvedimenti di indagine, come gli accertamenti e le domande di informazioni, sarebbero semplicemente volti a chiarire i fatti e non rappresenterebbero imputazioni. Nel caso di specie, la decisione del 1988 era stata adottata qualche mese dopo la comunicazione degli addebiti. Non si può dunque rimproverare alla Commissione, al contrario di quanto la LVM e la DSM sostengono, una passività che avrebbe fatto sorgere un legittimo affidamento circa l'esito del procedimento amministrativo.

Giudizio del Tribunale

120.
    In base ad una giurisprudenza costante, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto, dei quali il giudice comunitario garantisce l'osservanza (v. in particolare parere 2/94 del 28 marzo 1996, Racc. pag. I-1759, punto 33, e sentenza della Corte 29 maggio 1997, causa C-299/95, Kremzow, Racc. pag. I-2629, punto 14). A tal fine la Corte e il Tribunale si ispirano alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla

tutela dei diritti dell'uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato e aderito. La CEDU riveste, a questo proposito, un significato particolare (sentenze della Corte 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston, Racc. pag. 1651, punto 18, e Kremzow, citata, punto 14). Inoltre, ai sensi dell'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, «[l]'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla [CEDU] (...) e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario».

121.
    Occorre esaminare del resto se, alla luce di tali considerazioni, la Commissione abbia violato il principio generale di diritto comunitario del rispetto di un termine ragionevole nell'adottare decisioni a conclusione di procedimenti amministrativi in materia di concorrenza (sentenza del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96, SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. II-1739, punto 56).

122.
    Anche a supporla accertata, tuttavia, la violazione di tale principio giustificherebbe l'annullamento della Decisione solo qualora comportasse anche una violazione dei diritti della difesa delle imprese interessate. Infatti, quando non è dimostrato che un lasso di tempo eccessivo abbia pregiudicato la capacità delle imprese di difendersi in modo efficace, il mancato rispetto del termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo e può dunque analizzarsi solo come un motivo di pregiudizio atto ad essere invocato dinanzi al giudice comunitario nell'ambito di un ricorso ex artt. 178 e 215, secondo comma, del Trattato.

123.
    Nel caso di specie, la durata complessiva del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione è stata di circa 62 mesi. Il periodo durante il quale il giudice comunitario ha esaminato la legittimità della decisione del 1988 e la validità della sentenza del Tribunale non può essere preso in considerazione per determinare la durata del procedimento dinanzi alla Commissione.

124.
    Al fine di valutare il carattere ragionevole del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione bisogna tenere distinta la fase procedurale avviata con gli accertamenti effettuati nel novembre 1983 nel settore del PVC, in base all'art. 14 del regolamento n. 17, da quella iniziata alla data in cui le imprese interessate hanno ricevuto la comunicazione degli addebiti. Il carattere ragionevole della durata di ognuna di queste due fasi verrà valutato separatamente.

125.
    Il primo periodo di 52 mesi è trascorso fra i primi accertamenti effettuati nel corso del novembre 1983 e l'inizio del procedimento ad opera della Commissione nel marzo 1988 a norma dell'art. 9, n. 3, del regolamento n. 17, in attuazione dell'art. 3 dello stesso regolamento.

126.
    Il carattere ragionevole di una tale fase procedurale dev'essere valutato in funzione

delle circostanze proprie di ciascuna causa e, in particolare, del loro contesto, del comportamento delle parti nel corso del procedimento, della rilevanza della causa per le diverse imprese interessate e del suo grado di complessità.

127.
    Alla luce di tutti gli elementi del fascicolo il Tribunale ritiene ragionevole la durata del procedimento di istruzione nelle cause specifiche sottoposte al suo controllo.

128.
    A questo proposito va sottolineata la complessità dei fatti che la Commissione doveva chiarire in ragione del tipo di comportamenti in questione e dell'entità di tali comportamenti sul mercato geografico interessato, che si estende a tutta la zona di operatività dei principali produttori di PVC nel mercato comune.

129.
    Della complessità dei fatti da chiarire facevano altresì parte il numero e l'intrico di documenti riuniti dalla Commissione. Quelli raccolti al momento degli accertamenti da essa effettuati negli stabilimenti di diversi fabbricanti di prodotti petrolchimici nel corso del periodo considerato e le risposte date da questi ultimi alle questioni poste dalla Commissione ai sensi dell'art. 11 del regolamento n. 17 hanno dato vita ad un fascicolo particolarmente voluminoso. Inoltre, in mezzo ai numerosissimi documenti ottenuti nel corso del procedimento amministrativo, la Commissione ha dovuto distinguere fra quelli relativi al fascicolo del PVC e quelli relativi al fascicolo istruito parallelamente nel settore affine dello LDPE, esso stesso oggetto, come altri prodotti termoplastici nello stesso periodo, di un'indagine e di un procedimento perl'accertamento di infrazioni addebitate a imprese molte delle quali sono parti nella presente causa. Va detto inoltre che il fascicolo della causa che ha dato luogo alla Decisione conteneva, in base ad una prima numerazione amministrativa, una serie di documenti per un totale di 1 072 pagine e, in base ad un'altra numerazione, per un totale di più di 5 000 pagine, senza contare i documenti interni della Commissione.

130.
    Infine, la complessità dei fatti da chiarire emergeva dalla difficoltà a dare la prova della partecipazione delle imprese all'intesa addotta e del numero delle imprese coinvolte. A questo proposito, la decisione riferisce che «diciassette imprese hanno partecipato alle infrazioni nel corso del periodo cui si riferisce (...)» (secondo 'considerando‘, secondo comma) e che 14 imprese erano state destinatarie della decisione iniziale.

131.
    Il secondo periodo è trascorso fra la notificazione degli addebiti e l'adozione della decisione il 27 luglio 1994.

132.
    Anche il carattere ragionevole di questa fase procedurale va valutato alla luce dei criteri sopra indicati (punto 126) e in particolare del criterio della rilevanza della causa per le imprese interessate. Questo criterio riveste infatti un'importanza particolare per valutare il carattere ragionevole di questa fase della procedura di accertamento di

infrazioni alle regole sulla concorrenza. Da un lato, la notificazione della comunicazione degli addebiti in un procedimento diretto all'accertamento di un'infrazione presuppone l'avvio del procedimento ai sensi dell'art. 3 del regolamento n. 17. Con l'inizio di tale procedimento la Commissione manifesta la propria volontà di emanare una decisione che accerta l'infrazione (in tal senso, v. sentenza della Corte 6 febbraio 1973, causa 48/72, Brasserie de Haecht, Racc. pag. 77, punto 16). D'altro lato, solo a partire dal ricevimento della comunicazione degli addebiti un'impresa può venire a conoscenza dell'oggetto del procedimento iniziato contro di essa e dei comportamenti che la Commissione le addebita. Le imprese hanno dunque un interesse specifico a che questa seconda fase della procedura sia condotta con una diligenza particolare dalla Commissione, senza però che vengano pregiudicati i loro diritti alla difesa.

133.
    Nel caso di specie, questa seconda fase procedurale dinanzi alla Commissione è durata dieci mesi. Un tale termine non può essere considerato eccessivo. Infatti, gli addebiti sono stati notificati alle imprese interessate all'inizio dell'aprile 1988. Le imprese hanno risposto alla comunicazione degli addebiti nel corso del giugno 1988. Ad eccezione della Shell, che non aveva fatto domanda in tal senso, le imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti sono state ascoltate fra il 5 e l'8 settembre 1988 e il 19 settembre 1988. Il 1° dicembre 1988 il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti ha emesso il proprio parere sulla proposta di decisione della Commissione e 20 giorni dopo quest'ultima adottava la decisione iniziale. Quanto alla Decisione, essa è stata adottata 42 giorni dopo la pronuncia della sentenza del 15 giugno 1994.

134.
    Il Tribunale pertanto ritiene che la decisione iniziale, e in seguito, dopo che questa è stata annullata dalla Corte, la Decisione, siano state adottate entro un termine ragionevole dopo la comunicazione degli addebiti.

135.
    Alla luce degli elementi che precedono, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia agito conformemente al principio del rispetto di un termine ragionevole nel procedimento amministrativo che ha preceduto l'adozione della Decisione. I diritti della difesa delle imprese interessate non sono stati quindi violati a causa del decorso del tempo.

136.
    Di conseguenza, i motivi attinenti al decorso del tempo vanno respinti.

c) Sui motivi attinenti all'asserita violazione, da parte della Commissione, del suo potere discrezionale

Argomenti delle parti

137.
    L'Enichem sostiene che la Commissione, ritenendo di dover adottare una nuova decisione dopo che la Corte aveva annullato la decisione iniziale, abbia travisato i limiti della propria competenza che sarebbe, in materia, puramente discrezionale (sentenza Transocean Marine Paint, citata, e sentenze della Corte 26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 193/86, 99/86 e 215/86, Asteris e a./Commissione, Racc. pag. 2181, e 4 febbraio 1992, causa C-294/90, British Aerospace e Rover/Commissione, Racc. pag. I-493). Né l'art. 176 del Trattato, né il regolamento n. 2988/74 potevano pertanto costituire il fondamento giuridico di un obbligo di adottare nuovamente la decisione annullata.

138.
    La LVM e la DSM sostengono che, se la Commissione dispone di un potere discrezionale per istruire e perseguire le violazioni delle regole di concorrenza, tale potere va esercitato entro i limiti del diritto comunitario e, in particolare, del principio di proporzionalità. Quest'ultimo dev'essere valutato alla luce dell'obiettivo perseguito con l'adozione dell'atto e degli strumenti adottati per la sua realizzazione.

139.
    Ora, in primo luogo l'obiettivo perseguito con l'adozione della Decisione non era quello di tutelare la concorrenza nel settore del PVC bensì, come dimostrerebbe la mancanza di procedura preliminare, quello di vanificare gli effetti della sentenza 15 giugno 1994 che aveva sanzionato la prassi della Commissione. Pertanto, non sarebbero state dimostrate la necessità e l'opportunità di adottare la Decisione, che la suddetta sentenza non imponeva. L'obiettivo effettivamente perseguito non giustificherebbe l'applicazione di un'ammenda o, in ogni caso, di un'ammenda tanto elevata.

140.
    In secondo luogo, anche supponendo che il suo obiettivo fosse quello di tutelare la concorrenza, la Decisione sarebbe comunque illegittima in quanto, mancando un'indagine preliminare, essa rappresenta un mezzo sproporzionato per il raggiungimento di tale obiettivo.

141.
    Spetterebbe quindi alla Commissione dimostrare la necessità e la proporzionalità del suo intervento. Ora, nel caso di specie, la Decisione non affronterebbe la questione, in violazione dell'art. 190 del Trattato.

142.
    La Montedison da parte sua sostiene che la Decisione è viziata da sviamento di potere dal momento che la sua adozione sarebbe semplicemente il risultato di un accanimento punitivo e dell'ostinazione dei funzionari della Commissione.

143.
    In risposta agli addebiti dell'Enichem, la Commissione ritiene di poter astenersi dall'agire, in virtù del proprio potere discrezionale (sentenza del Tribunale 18

settembre 1992, causa T-24/90, Automec/Commissione, Racc. pag. II-2223). Un'impresa, in compenso, non può rimproverarle di aver fatto uso dei propri poteri (sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II-549, punti 64 e 65).

144.
    Nel caso di specie non sarebbe stato logico che la Commissione, la quale adottando la decisione del 1988 aveva esercitato il suo potere discrezionale, avesse rinunciato a fare uso delle proprie prerogative, mentre i vizi censurati dalla sentenza 15 giugno 1994 risulterebbero dalla fase finale di adozione della decisione (sentenza Asteris e a./Commissione, citata, punto 28). Per di più, l'imposizione di un'ammenda sarebbe di per sé un elemento idoneo a giustificare l'adozione di una decisione anche se le parti hanno già posto fine all'infrazione. Quanto all'art. 176 del Trattato, esso non sarebbe in discussione nel caso di specie.

145.
    Quanto ai motivi dedotti dalla LVM e dalla DSM, la Commissione ritiene di aver dimostrato, adottando la Decisione, di occuparsi dell'attuazione delle regole di concorrenza, nel rispetto della sentenza 15 giugno 1994 e del regolamento n. 2988/74. Poiché le ammende inflitte erano identiche a quelle contenute nella decisione del 1988, non la si può accusare di aver violato il principio di proporzionalità.

146.
    Per quanto riguarda più specificamente la motivazione della Decisione, la Commissione ritiene di non essere tenuta a giustificare l'opportunità del proprio intervento, tenuto conto della missione ad essa incombente in forza dell'art. 155 del Trattato.

147.
    Infine, la Commissione rileva che la Montedison non adduce elementi oggettivi, precisi e concordanti tali da provare l'esistenza di uno sviamento di potere (sentenze del Tribunale Automec/Commissione, citata, punto 105, e 19 maggio 1994, causa T-465/93, Consorzio Gruppo di azione locale «Murgia Messapica»/Commissione, Racc. pag. II-361, punto 66).

Giudizio del Tribunale

148.
    L'entità dei doveri della Commissione nel settore del diritto della concorrenza va esaminata alla luce dell'art. 89, n. 1, del Trattato, che, in questo campo, costituisce la manifestazione specifica del compito generale di sorveglianza assegnato alla Commissione dall'art. 155 del Trattato stesso.

149.
    Il compito di sorveglianza ad essa assegnato nel settore del diritto della concorrenza comprende quello di indagare e reprimere le singole infrazioni, ma implica pure il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle

imprese (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80, 101/80, 102/80 e 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 105).

150.
    Inoltre, l‘art. 85 del Trattato è un‘espressione dello scopo generale assegnato dall‘art. 3, lett. g) del Trattato all‘azione della Comunità, cioè l‘instaurazione di un regime che garantisca che la concorrenza non venga falsata nel mercato comune (nello stesso senso, sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 38).

151.
    Alla luce di questo scopo generale e del compito assegnato alla Commissione il Tribunale ritiene che, se dopo la sentenza 15 giugno 1994 che annullava la decisione del 1988 la Commissione non era tenuta ad adottare la Decisione per accertare i comportamenti anticoncorrenziali denunciati, non vi era neppure nulla che le impedisse di farlo dal momento che, nell'esercizio del potere discrezionale ad essa attribuito, da un lato, essa non ha violato l'autorità della cosa giudicata (supra, punti 77-85) e, dall'altro, essa non ha perseguito né sanzionato le imprese interessate a causa di comportamenti anticoncorrenziali che il Tribunale o la Corte avevano già accertato essere stati, o meno, dimostrati dalla Commissione (supra, punti 95-99).

152.
    Di conseguenza, spettava alla Commissione valutare, in funzione del compito conferitole dal Trattato, se la Decisione dovesse essere adottata.

153.
    Per quanto concerne gli argomenti dedotti dalla LVM e dalla DSM (supra, punti 138 e 139) a sostegno del motivo attinente alla violazione del principio di proporzionalità, il Tribunale ritiene che vadano intesi nel senso che la Commissione avrebbe commesso uno sviamento di potere adottando la Decisione, come sostenuto esplicitamente dalla Montedison.

154.
    Bisogna ricordare, al riguardo, che una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, sulla base di elementi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta essere stata adottata allo scopo esclusivo, o quantomeno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie (sentenze della Corte 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I-5755, punto 69, e 25 giugno 1997, causa C-285/94, Italia/Commissione, Racc. pag. I-3519, punto 52).

155.
    Poiché la LVM, la DSM e la Montedison non hanno fornito nessuno degli elementi in questione, questo addebito non può essere accolto.

156.
    Quanto all'argomento della LVM e della DSM secondo il quale la Decisione costituisce un mezzo sproporzionato per raggiungere l'obiettivo della tutela della concorrenza, mancando un'indagine preliminare, si tratta di una questione che verrà

esaminata in sede di valutazione della legittimità delle modalità di adozione della Decisione (v. in seguito, punto 269).

157.
    Infine, quanto all'asserita mancanza di motivazione che inficerebbe la Decisione relativamente alla necessità e alla proporzionalità dell'intervento della Commissione, è sufficiente rilevare che il primo 'considerando‘ della Decisione riguarda «il Trattato che istituisce la Comunità europea», cosa che, implicitamente ma necessariamente, costituisce un riferimento formale al compito assegnato alla Commissione.

158.
    Alla luce di quanto precede, i motivi attinenti all'asserita violazione del potere discrezionale della Commissione vanno respinti.

2. Sulla portata della sentenza 15 giugno 1994

a) Sulle censure relative all'effetto erga omnes della sentenza 15 giugno 1994

Argomenti delle parti

159.
    La Elf Atochem, la BASF e la SAV sostengono che l'annullamento della decisione del 1988, pronunciato dalla Corte nella sentenza 15 giugno 1994, ha prodotto un effetto erga omnes e costituisce pertanto una situazione giuridica nuova nei confronti di tuttele parti (sentenza della Commissione 11 febbraio 1955, causa 3/54, Assider/Alta Autorità, Racc. pag. 125), comprese quelle che non avevano proposto ricorso in tempo utile.

160.
    La SAV osserva al riguardo di trovarsi discriminata rispetto alla Solvay e alla Norsk Hydro, le quali non sono destinatarie della Decisione e nei confronti delle quali la decisione del 1988 non produce più effetti a causa della sentenza 15 giugno 1994.

161.
    Allo stesso modo, la LVM e la DSM sostengono che la Commissione ha violato il principio di non discriminazione, poiché l'art. 1 della Decisione accerta un'infrazione da parte di tutti i produttori di PVC, ponendoli in una situazione paragonabile, mentre gli artt. 2-4, che fissano le sanzioni, escludevano esplicitamente la Norsk Hydro e la Solvay.

162.
    La Commissione non può tentare di giustificarsi sostenendo la validità della decisione del 1988 nei confronti di queste due imprese poiché, in base all'art. 174 del Trattato, l'atto annullato dev'essere considerato «inesistente» e le parti ricollocate nella situazione anteriore (sentenza della Corte 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 263, punto 60). L'annullamento produce altresì un effetto erga omnes; l'art. 174 del Trattato non limiterebbe affatto, pertanto, l'effetto dell'annullamento alle imprese che abbiano validamente formato un ricorso contro

l'atto. Del resto, se una decisione è vincolante per tutti i destinatari ai sensi dell'art. 189 del Trattato, la nullità ha effetto nei confronti di tutti.

163.
    Inoltre, ove si accogliesse la tesi della Commissione, la discriminazione denunciata verrebbe constatata anche in materia di esecuzione; mentre la Decisione potrebbe essere eseguita nei confronti dei suoi destinatari, la decisione del 1988 non sarebbe più eseguibile nei confronti della Solvay e della Norsk Hydro. Queste ultime, benché in una situazione paragonabile a quella di altre imprese, sfuggirebbero ad ogni sanzione.

164.
La Commissione sostiene che la decisione del 1988 era un insieme di decisioni individuali. Dal momento che la Solvay non ha presentato ricorso contro detta decisione e che la Norsk Hydro non ha proposto il proprio ricorso in tempo utile, la decisione del 1988 sarebbe divenuta definitiva nei loro confronti (in particolare, sentenze della Corte 17 novembre 1965, causa 20/65, Collotti/Corte di giustizia, Racc. pag. 1045, 14 dicembre 1965, causa 52/64, Pfloeschner/Commissione, Racc. pag. 1211, e 14 giugno 1988, causa 161/87, Muysers e Tulp/Corte dei conti, Racc. pag. 3037, punti 9 e 10).

165.
    Essa precisa che la questione dell'effetto erga omnes delle sentenze di annullamento, che riguarda l'annullamento degli atti normativi concernenti l'ordinamento giuridico generale, non si pone nel caso di specie; l'effetto di una sentenza che annulla una decisione individuale può essere solo relativo.

166.
    Infine, il motivo sollevato dalla LVM e dalla DSM, relativo a una violazione del principio di non discriminazione, sarebbe irricevibile in quanto la posizione della Solvay e della Norsk Hydro non poteva ledere gli interessi della ricorrente. La Commissione inoltre ritiene il motivo infondato poiché la Solvay e la Norsk Hydro rimangono soggette alla decisione del 1988.

Giudizio del Tribunale

167.
    La decisione del 1988, benché redatta e pubblicata in forma di decisione unica, deve intendersi come un insieme di decisioni individuali con cui si accerta nei confronti di ciascuna delle imprese destinatarie l'infrazione alle disposizioni dell'art. 85 del Trattato ad essa imputata (o imputate) e con cui si commina un'ammenda. Infatti la Commissione, se avesse voluto, avrebbe potuto adottare, formalmente, più decisioni individuali distinte di accertamento delle infrazioni all'art. 85 del Trattato da essa appurate.

168.
    Ai sensi dell'art. 189 del Trattato, ciascuna di tali decisioni individuali facenti parte della decisione del 1988 è obbligatoria in tutti i suoi elementi per il destinatario da essa designato. Qualora un destinatario non abbia proposto, in base all'art. 173, un

ricorso per annullamento contro la decisione del 1988, tale decisione resta pertanto valida e vincolante nei suoi confronti (v., nello stesso senso, sentenza della Corte 9 marzo 1994, causa C-188/92, TWD Textilwerke Deggendorf, Racc. pag. I-833, punto 13).

169.
    Pertanto, se un destinatario decide di proporre un ricorso d'annullamento, al giudice comunitario sono sottoposti solo gli elementi della decisione che lo riguardano. Invece, gli elementi della decisione non impugnati, relativi ad altri destinatari, non rientrano nell'oggetto della controversia che il giudice comunitario è chiamato a risolvere.

170.
    Quest'ultimo, nell'ambito di un ricorso di annullamento, può pronunciarsi solo sull'oggetto della controversia a lui deferita dalle parti. Di conseguenza, la decisione del 1988 ha potuto essere annullata solo per quanto riguarda i destinatari che abbiano visto accolti i loro ricorsi dinanzi al giudice comunitario.

171.
    Il punto 2 del dispositivo della sentenza 15 giugno 1994 annulla quindi la decisione del 1988 solo in quanto essa riguardi le parti che abbiano visto accolto il loro ricorso dinanzi alla Corte.

172.
    Quanto alla giurisprudenza invocata dalle ricorrenti a sostegno della tesi dell'effetto erga omnes, è priva di rilevanza nel caso di specie, dal momento che la citata sentenza Assider/Alta Autorità riguarda l'effetto di una sentenza che annulla una decisione generale assunta nell'ambito del Trattato CECA e non, come nel caso di specie, un insieme di decisioni individuali.

173.
    Da quanto precede deriva che la Commissione non ha commesso alcuna discriminazione nei confronti delle ricorrenti non menzionando le imprese Solvay e Norsk Hydro negli articoli del dispositivo della Decisione. Infatti, perché si possa far carico alla Commissione di aver commesso una discriminazione occorre che essa abbia trattato in modo diverso situazioni comparabili, causando con ciò un pregiudizio a taluni operatori rispetto ad altri, senza che questo diverso trattamento sia giustificato dall‘esistenza di differenze obiettive di un certo rilievo (sentenza della Corte 15 gennaio 1985, causa 250/83, Finsider/Commissione, Racc. pag. 131, punto 8). Ora, nel caso di specie è sufficiente constatare che, contrariamente a quanto asserito dalle ricorrenti, queste ultime, da un lato, e la Norsk Hydro e la Solvay, dall'altro, non si trovano in situazioni paragonabili, dal momento che la decisione del 1988 non è stata annullata nei confronti di queste ultime due imprese. Per di più bisogna osservare che la Commissione, in risposta ad un quesito del Tribunale, ha indicato che Norsk Hydro e Solvay avevano pagato le ammende loro inflitte, così che le ricorrenti non potevano pretendere di trovarsi in una situazione di svantaggio rispetto a quella di queste due imprese.

174.
    Alla luce di quanto precede, bisogna concludere nel senso che l'annullamento ad opera della Corte della decisione del 1988 non ha prodotto, contrariamente a quanto dedotto dalle ricorrenti, un effetto erga omnes e che il motivo basato su una violazione del principio di non discriminazione va respinto.

b) Sugli addebiti relativi all'invalidità degli atti processuali precedenti l'adozione della Decisione

Argomenti delle parti

175.
    La Elf Atochem e la BASF sostengono che l'annullamento della decisione del 1988, pronunciato dalla Corte nella sentenza 15 giugno 1994, ha prodotto un effetto ex tunc. Esse ne deducono che la Decisione, distinta dal quella del 1988, poteva sopraggiungere in ogni caso solo al termine di un nuovo procedimento amministrativo.

176.
    La Wacker, la Hoechst e la Hüls ritengono che l'annullamento da parte della Corte della decisione del 1988, mettendo fine al procedimento amministrativo, avrebbe comportato ipso iure l'irregolarità del procedimento amministrativo contraddittorio nel suo complesso, vale a dire dopo la comunicazione degli addebiti (sentenze della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punti 48-52, e 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punto 30; sentenze del Tribunale 18 dicembre 1992, cause riunite T-10/92, T-11/92, T-12/92 e T-15/92, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-2667, punto 47, e SIV e a./Commissione, citata, punto 83). Il procedimento contraddittorio dinanzi alla Commissione e la decisione finale formerebbero, infatti, un procedimento amministrativo unico. Di conseguenza, la Decisione sarebbe illegittima in quanto la Commissione non ha iniziato un procedimento amministrativo nuovo prima di adottare la Decisione stessa. A sostegno di tale tesi la Wacker e la Hoechst rilevano che gli atti di un procedimento amministrativo condotto ai sensi dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17 sono solamente atti preparatori, la cui regolarità può essere valutata solo nell'ambito del controllo della decisione finale (sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punti 9 ss., e ordinanza della Corte 18 giugno 1986, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds/Commissione, Racc. pag. 1899, punti 13 ss.).

177.
    La Wacker, la Hoechst e la Hüls concludono che, per adottare una nuova decisione dopo l'annullamento, la Commissione avrebbe dovuto avviare un nuovo procedimento amministrativo contraddittorio (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, citata) e rispettare il complesso delle forme sostanziali prescritte.

178.
    La Wacker e la Hoechst sottolineano inoltre che nulla nel dispositivo o nella motivazione della sentenza 15 giugno 1994 permette di pensare che la Corte abbia

voluto andare contro tali principi e mantenere, sino all'accertamento del vizio, il procedimento amministrativo seguito per l'adozione della decisione del 1988 (sentenza della Corte 6 marzo 1979, causa 92/78, Simmenthal/Commissione, Racc. pag. 777, punti 106-109). Infine, tali ricorrenti precisano che la Commissione non ha diritto di sanare le violazioni di forme sostanziali (sentenza della Corte 7 febbraio 1979, cause riunite 15/76 e 16/76, Francia/Commissione, Racc. pag. 321, punti 7-11; conclusioni dell'avvocato generale Warner nella sentenza della Corte 10 luglio 1980, causa 30/78, Distillers Company/Commissione, Racc. pag. 2267, in particolare pagg. 2297 ss.).

179.
    L'Enichem sostiene da parte sua che l'annullamento della decisione del 1988 aveva posto in non cale gli atti processuali preliminari, di carattere accessorio rispetto alla decisione stessa. Tali atti non avrebbero infatti alcun significato autonomo; del resto, essi non sarebbero neppure idonei a costituire oggetto di un ricorso d'annullamento (sentenze IBM/Commissione e Cimenteries e a./Commissione, citate).

180.
Infine, la Montedison afferma che un'impresa condannata ad un'ammenda ha diritto ad un procedimento preliminare. Sarebbe quindi errato sostenere che le tappe procedurali che precedono quella viziata rimangono valide per l'adozione di un nuovo atto, soprattutto allorché il procedimento amministrativo è volto a tutelare il diritto al contraddittorio e i diritti della difesa della parte interessata. Le diverse fasi del procedimento sono infatti tappe che la Commissione deve necessariamente percorrere prima di poter infliggere un'ammenda (sentenza IBM/Commissione, citata, punto 17).

181.
    La Commissione osserva che, per conformarsi ad una sentenza di annullamento, l'istituzione interessata è tenuta a rispettare non solo il dispositivo della sentenza ma anche la motivazione da cui quest'ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario (sentenza Asteris e a./Commissione, citata, punto 27). Nel caso di specie, il solo motivo di annullamento della decisione del 1988 era stato la violazione dell'art. 12, primo comma, del regolamento interno della Commissione all'epoca vigente, relativo all'autenticazione degli atti (sentenza 15 giugno 1994, punti 76-78). Di conseguenza, la sentenza della Corte non aveva pregiudicato né rimesso in discussione il procedimento amministrativo preliminare.

182.
    Ora, conformemente all'art. 176 del Trattato, l'esecuzione di una sentenza implica il ripristino della situazione come essa era prima che sopraggiungessero le circostanze censurate dalla Corte (sentenza del Tribunale 15 luglio 1993, cause riunite T-17/90, T-28/91 e T-17/92, Camara Alloisio e a./Commissione, Racc. pag. II-841, punto 79). La Commissione avrebbe quindi avuto il diritto di emanare una nuova decisione nel rispetto delle forme che erano state violate (sentenza della Corte 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I-4023, punto 34; conclusioni dell'avvocato generale Mischo in tale sentenza, Racc. pag. I-4042, punto 57, e sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, citata, punto 47).

Giudizio del Tribunale

183.
    Il punto 2 del dispositivo della sentenza 15 giugno 1994 recita:

«La decisione della Commissione 21 dicembre 1988, 89/190/CEE, relativa ad un procedimento d'applicazione dell'art. 85 del Trattato CEE (IV-31.865, PVC), è annullata».

184.
    Al fine di stabilire la portata della sentenza di annullamento della decisione del 1988 bisogna far riferimento alla sua motivazione. E' infatti questa motivazione che, in primo luogo, identifica la disposizione esatta considerata come illegittima e, in secondo luogo, evidenzia le ragioni esatte dell'illegittimità accertata nel dispositivo (sentenza Asteris e a./Commissione, citata, punto 27; sentenze del Tribunale 5 giugno 1992, causa T-26/90, Finsider/Commissione, Racc. pag. II-1789, punto 53, e della Corte 12 novembre 1998, causa C-415/96, Regno di Spagna/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 31).

185.
    Emerge al riguardo dalla motivazione della sentenza 15 giugno 1994 che la decisione del 1988 è stata annullata per mancanza di autenticazione ai sensi dell'art. 12, primo comma, del regolamento interno della Commissione in vigore all'epoca dei fatti.

186.
    Infatti, dopo aver affermato che la Commissione aveva l'obbligo, fra l'altro, di adottare i provvedimenti che le consentissero di identificare con certezza il testo completo degli atti adottati dal Collegio (punto 73 della motivazione), la Corte ha ricordato che, ai sensi dell'art. 12, primo comma, del regolamento interno in vigore all'epoca dei fatti, «gli atti adottati dalla Commissione, in riunione o mediante procedura scritta, sono autenticati, nella o nelle lingue in cui fanno fede, dalle firme del Presidente e del Segretario esecutivo» (punto 74 della motivazione).

187.
    La Corte ha poi sancito: «Lungi dall'essere, come sostiene la Commissione, una semplice formalità destinata ad assicurarne la memoria, l'autenticazione degli atti, prevista dall'art. 12, primo comma, mira a garantire la certezza del diritto fissando, nelle lingue che fanno fede, il testo adottato dal Collegio. Essa permette così di controllare, in caso di contestazione, la perfetta corrispondenza dei testi notificati o pubblicati con il testo adottato dal Collegio e, quindi, la loro corrispondenza con la volontà dell'autore dell'atto» (punto 75 della motivazione). Ne consegue che «l'autenticazione degli atti, prevista dall'art. 12, primo comma, del regolamento interno della Commissione, è una formalità sostanziale ai sensi dell'art. 173 del Trattato (...), e che la sua violazione può giustificare un ricorso d'annullamento» (punto 76 della motivazione).

188.
    Avendo rilevato che la Commissione non contestava di non aver proceduto all'autenticazione della decisione controversa entro i termini previsti dalle disposizioni del suo regolamento interno, la Corte ha concluso che la decisione del 1988 dovesse essere annullata «per violazione di forme sostanziali, senza che occorra esaminare gli altri mezzi dedotti dalle ricorrenti» (punto 78 della motivazione).

189.
    Emerge da quanto esposto che la Corte ha annullato la decisione del 1988 a causa di un vizio procedurale concernente esclusivamente le modalità dell'adozione definitiva di tale decisione da parte della Commissione. Poiché il vizio procedurale accertato è intervenuto nell'ultima fase dell'adozione della decisione del 1988, l'annullamento non ha viziato la validità delle misure preparatorie di tale decisione, precedenti alla fase nella quale il vizio è stato accertato (nel medesimo senso, v. sentenze Fedesa e a., citata, punto 34, e Regno di Spagna/Commissione, citata, punto 32).

190.
    Questa conclusione non è invalidata dall'argomento addotto da talune ricorrenti, secondo il quale l'annullamento della decisione del 1988 ha necessariamente posto in non cale gli atti procedurali anteriori alla decisione stessa, a causa della loro indissociabilità dalla decisione finale. Infatti, la circostanza che provvedimenti aventi natura meramente preparatoria non siano impugnabili in quanto tali con un'azione di annullamento (sentenza IBM/Commissione, citata, punto 12) si spiega con la mancanza di una posizione definitiva da parte della Commissione. Essa non ha quindi per conseguenza che la validità di questi provvedimenti è messa in discussione quando la decisione finale viene annullata a causa di un vizio procedurale verificatosi, come nel caso di specie, in una fase successiva ai provvedimenti stessi.

191.
    Tale circostanza non è neppure invalidata dall'argomentazione fondata sulla citata sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione. Nelle cause che hanno dato origine a tale sentenza il Tribunale ha dichiarato irricevibili i ricorsi proposti, in particolare, contro la decisione della Commissione che rifiutava di concedere alle ricorrenti l'accesso all'insieme dei documenti che costituivano il suo fascicolo, mancando un atto impugnabile. Nell'ambito della propria valutazione il Tribunale ha affermato che se, per ipotesi, esso dovesse riconoscere, pronunciandosi su un ricorso avverso una decisione che conclude il procedimento, l'esistenza di un diritto di accedere all'intero fascicolo che sia stato posto in non cale, e dovesse quindi annullare la decisione finale della Commissione per violazione dei diritti della difesa, sarebbe l'intero procedimento ad essere viziato da illegittimità (punto 47 della motivazione).

192.
    Questo riferimento all'«intero procedimento» non può essere interpretato indipendentemente dalla successiva frase della motivazione della sentenza, secondo la quale la Commissione potrebbe riaprire il procedimento «dando alle imprese e alle associazioni di imprese interessate la possibilità di esporre nuovamente il loro punto di vista sugli addebiti loro mossi alla luce di tutti i nuovi elementi ai quali avrebbero

dovuto accedere» (punto 47 della motivazione). Ora, emerge dal dettato stesso di tale valutazione che il Tribunale non ha ritenuto che la validità della comunicazione degli addebiti potesse essere messa in discussione.

193.
    Alla luce di quanto precede bisogna concludere che la validità degli atti preparatori precedenti l'adozione della decisione del 1988 non è stata messa in discussione dall'annullamento di tale decisione da parte della Corte. Di conseguenza, le censure attinenti all'invalidità di tali atti vanno respinte.

3. Sulle modalità di adozione della Decisione, dopo l'annullamento della decisione del 1988

Esposizione sommaria degli argomenti delle ricorrenti

194.
    Le ricorrenti sostengono in sostanza che, anche se il vizio accertato è sopraggiunto nell'ultima fase dell'adozione della decisione del 1988, la sua correzione da parte della Commissione richiedeva il rispetto di talune garanzie procedurali prima che la Decisione fosse adottata.

195.
    Le ricorrenti deducono che la Decisione è nuova rispetto alla decisione del 1988 poiché questa è stata annullata. Questa sola circostanza avrebbe implicato che venisse aperto un nuovo procedimento amministrativo per l'adozione della Decisione. Talune ricorrenti sostengono che tale procedimento amministrativo avrebbe dovuto essere iniziato daccapo mentre altre ritengono che alcune fasi del procedimento avrebbero dovuto essere mantenute ferme. In modo più generale, la Commissione avrebbe violato il diritto delle ricorrenti di essere sentite.

— In merito alle fasi procedurali previste dal diritto derivato

196.
    La LVM, la Elf Atochem, la BASF, la Shell, la DSM, la SAV, la Montedison, l'ICI e la Hüls sostengono di non aver potuto presentare il loro punto di vista conformemente alle disposizioni dei regolamenti n. 17 e n. 99/63, che sono espressione del principio fondamentale del diritto comunitario dei diritti della difesa, il quale va osservato anche in mancanza di normative specifiche (sentenze della Corte Transocean Marine Paint/Commissione, British Aerospace e Rover/Commissione, citate, Hoffmann-La Roche/Commissione, citata, punto 9, sentenza 29 ottobre 1980, cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 81, Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punti 9 e 10, e 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 7; sentenze del Tribunale 10 luglio 1990, causa T-64/89, Automec/Commissione, Racc. pag. II-367, punto 46, e 29 giugno 1995, causa T-36/91, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1847, punto 69). La SAV sottolinea che la decisione del 1988 viene considerata come mai esistita, tanto

che la Commissione avrebbe dovuto iniziare daccapo il procedimento amministrativo, come si era del resto impegnata a fare nella Quarta relazione sulla politica della concorrenza (punto 49). Inoltre, secondo la SAV e l'ICI, l'opinione della Commissione per cui soltanto modifiche sostanziali del contenuto della decisione annullata al momento del suo rinnovo avrebbero potuto giustificare un nuovo procedimento si fonda solo sulla giurisprudenza della Corte in materia di equilibrio istituzionale, che non verrebbe in rilievo nel caso di specie (sentenza Fedesa e a., citata).

197.
    L'ICI respinge l'argomento della Commissione secondo il quale essa avrebbe avuto il diritto di limitarsi a correggere l'errore rilevato dalla Corte senza ascoltare le parti, poiché la decisione del 1988 e la Decisione sarebbero sopraggiunte in circostanze di fatto e di diritto diverse quanto agli attori, alla situazione economica del mercato o agli sviluppi giurisprudenziali verificatisi negli anni precedenti la Decisione.

198.
    Da parte loro, la SAV e la Montedison deducono in tale contesto che, poiché l'atto annullato è stato adottato in virtù di un potere discrezionale, l'istituzione può riassumere l'atto annullato per vizio di forma solo a condizione di rispettare le forme richieste e i diritti della difesa, anche in assenza di una norma specifica (sentenza Transocean Marine Paint/Commissione, citata, punto 16).

199.
    La LVM, la Elf Atochem, la BASF, la Shell, la DSM, la Wacker, la Hoechst, la SAV, l'ICI, la Hüls e l'Enichem sostengono, più in particolare, che la Commissione, non dando luogo ad un procedimento amministrativo preliminare, ha violato gli obblighi che essa stessa si è imposta in relazione al ruolo del consigliere auditore. La Elf Atochem, la Shell, la SAV, l'ICI e l'Enichem richiamano la decisione della Commissione 23 novembre 1990, relativa allo svolgimento delle audizioni nell'ambito dei procedimenti a norma degli artt. 85 e 86 del Trattato CEE e degli artt. 65 e 66 del Trattato CECA (Ventesima relazione sulla politica della concorrenza, pag. 350). La BASF e la Hüls sostengono che la Commissione ha violato gli artt. 5, 6 e 7 della decisione della Commissione 8 settembre 1982, relativa al mandato del consigliere auditore (Tredicesima relazione sulla politica della concorrenza, pag. 291).

200.
    L'ICI sostiene che la Decisione sarebbe stata sostanzialmente diversa se il consigliere-auditore fosse potuto intervenire, in quanto essa avrebbe potuto invocare, in tale occasione, la prescrizione dei fatti, il ritardo nell'adozione della decisione, il rifiuto della Commissione di concederle l'accesso al fascicolo, la questione dell'auto-incriminazione, la portata dell'art. 20 del regolamento n. 17 e la nozione di pratica concertata.

201.
    Secondo la Hüls non si può considerare che l'intervento del consigliere auditore nel 1988 gli abbia consentito di esercitare, nel 1994, le funzioni a lui affidate; in realtà, dovrebbe esserci necessariamente una prossimità di tempi fra l'intervento del

consigliere auditore e l'adozione della decisione corrispondente. L'atteggiamento della Commissione nel caso di specie sarebbe tanto più sorprendente in quanto il ruolo del consigliere auditore è stato ampliato (XXIII Relazione sulla politica della concorrenza, punti 203 ss.; decisione della Commissione 12 dicembre 1994, 94/810/CECA, CE, relativa al mandato dei consiglieri auditori per le procedure in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione, GU L 330, pag. 67).

202.
    L'Enichem aggiunge che la sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-9/89, Hüls/Commissione (Racc. pag. II-499), di cui la Commissione si avvale, non permette di concludere nel senso che l'audizione del consigliere auditore non costituisce una tappa obbligatoria in ogni procedimento. Nel caso di specie, se fosse stato sentito, il consigliere auditore avrebbe potuto presentare osservazioni sull'opportunità di adottare nuovamente una decisione, sui punti 55-59 della motivazione della Decisione, nuovi rispetto alla motivazione della decisione iniziale (sentenza della Corte 29 giugno 1994, causa C-135/92, Fiskano/Commissione, Racc. pag. I-2885, punto 40) e che rientrano nella competenza esclusiva del collegio dei membri della Commissione, sull'importo dell'ammenda, discriminatorio e fissato erroneamente in base al volume d'affari del 1987 anziché su quello del 1993, sulla valutazione della prescrizione, che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, costituirebbe un motivo di fondo, sulle regole relative all'accesso al fascicolo, sull'efficacia erga omnes delle sentenze della Corte, sull'applicazione del principio dell'autorità della cosa giudicata, in forza del quale la Commissione non aveva il potere di adottare la Decisione, relativa agli stessi fatti, in violazione del principio del ne bis in idem, sull'evoluzione del mercato del PVC, dal quale la ricorrente si era ritirata nel 1986 cedendo le proprie attività ad un'impresa comune costituita al 50% con l'ICI e della quale essa deterrebbe ormai solo una quota di minoranza. La Decisione quindi avrebbe potuto esserne condizionata in maniera sostanziale. A causa delle scelte operate dalla Commissione la ricorrente si troverebbe costretta a proporre un ricorso per presentare tali osservazioni.

203.
    La LVM, la Elf Atochem, la BASF, la DSM, la Wacker, la Hoechst, la SAV, l'ICI, la Hüls e l'Enichem ritengono che la Commissione abbia violato l'obbligo di sentire il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti (in prosieguo: il «comitato consultivo») prima di adottare la Decisione, consultazione prevista dall'art. 10, n. 3, del regolamento n. 17. Il comitato consultivo deve infatti intervenire prima dell'adozione di qualunque decisione che accerta un'infrazione alle regole di concorrenza di cui all'art. 10, n. 1, del regolamento n. 17 e di qualunque decisione che infligge un'ammenda, conformemente all'art. 15, n. 3, di questo stesso regolamento. Poiché la Decisione è nuova rispetto alla decisione iniziale, la consultazione del comitato consultivo avvenuta nel 1988 sarebbe, secondo le ricorrenti, inoperante e insufficiente. La Decisione andrebbe quindi annullata per violazione di forme sostanziali (conclusioni dell'avvocato generale Gand nella sentenza ACF

Chemiefarma/Commissione, citata, Racc. pag. 707, in particolare pagg. 709-711, dell'avvocato generale Warner nella sentenza Distillers Company/Commissione, citata, Racc. pag. 2267, in particolare pag. 2293, e dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn nella sentenza della Corte 28 febbraio 1984, cause riunite 228/82 e 229/82,Ford/Commissione, Racc. pag. 1164, in particolare pag. 1173; talune ricorrenti richiamano anche la giurisprudenza relativa alla violazione di un obbligo di consultazione: sentenze della Corte 21 dicembre 1954, causa 2/54, Italia/Alta Autorità, Racc. pag. 75, Roquette Frères/Consiglio, citata, 16 luglio 1992, causa C-65/90, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-4593, 5 ottobre 1993, cause riunite C-13/92, C-14/92, C-15/92 e C-16/92, Driessen e a., Racc. pag. I-4751, e 1° giugno 1994, causa C-338/92, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-2067). La sentenza della Corte 15 maggio 1975, causa 71/74, Frubo/Commissione (Racc. pag. 563), di cui si avvale la Commissione, non sarebbe rilevante in compenso, poiché la consultazione generale degli Stati nell'ambito del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 26, che applica talune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (GU 1962, n. 30, pag. 993), in assenza di dubbi da parte della Commissione, non può essere paragonata alla consultazione del comitato consultivo disciplinata in modo dettagliato nel regolamento n. 17.

204.
    La consultazione del comitato consultivo non sarebbe inoltre imposta nel caso di specie per due ragioni. In primo luogo, la BASF, la Wacker, la Hoechst, la SAV, la Hüls e l'Enichem deducono che la Decisione è la prima a sopraggiungere dopo che il giudice comunitario ha annullato una decisione precedente nei confronti delle stesse imprese. Ora, come sostenuto dalla SAV e dall'ICI, a causa del ruolo ad esso attribuito, il comitato consultivo, che dev'essere strettamente associato a un'evoluzione concertata della politica della concorrenza (Tredicesima relazione sulla politica della concorrenza, punto 79), avrebbe dovuto essere sentito sull'opportunità di adottare una nuova decisione quando la precedente è stata annullata, cosa che rientra chiaramente, in mancanza di precedenti giurisprudenziali, nella politica della concorrenza. Il fatto che l'adozione di una nuova decisione, dopo che una decisione precedente è stata annullata, rientri nel potere discrezionale della Commissione renderebbe tanto più necessaria una consultazione del comitato consultivo sull'opportunità di agire in tal modo. Sarebbe del resto in questo senso che la Commissione aveva agito in passato [decisione della Commissione 23 ottobre 1975, 75/649/CEE, relativa ad una procedimento a norma dell'art. 85 del Trattato CEE (IV/223 — Transocean Marine Paint Association), GU L 286, pag. 24].

205.
    In secondo luogo la BASF, la Wacker, la Hoechst, l'ICI, la Hüls e l'Enichem deducono che il comitato consultivo avrebbe dovuto essere sentito anche a causa delle modifiche apportate al testo della Decisione in rapporto a quello della decisione iniziale nonché, secondo alcune delle ricorrenti, a causa della lunghezza del procedimento, di circostanze particolari che hanno portato all'annullamento della decisione iniziale, di

errori della Commissione emersi nel corso dell'istruzione, dinanzi al Tribunale, dei ricorsi promossi contro tale decisione, nonché dell'evoluzione del mercato di tale prodotto dopo il 1988. L'ICI indica in tale ambito che la modifica della composizione del comitato consultivo giustificava altresì una nuova consultazione di detto organismo. In questo stesso contesto la BASF deduce che la consultazione del comitato consultivo avrebbe inoltre lo scopo di garantire alle imprese interessate il diritto ad un processo equo e il diritto di essere sentite, come testimoniato dagli artt. 1, 7, n. 1, e 8, n. 2, del regolamento n. 99/63.

206.
    La BASF, la Wacker, la Hoechst e l'ICI ritengono che tale consultazione avrebbe potuto portare la Commissione ad adottare una decisione diversa, in particolare per quanto riguarda le ammende, oppure a rinunciare all'adozione della decisione. Al riguardo la BASF rileva che, sopprimendo due frasi del 'considerando‘ n. 37 della decisione iniziale, relativo agli effetti nocivi dell'intesa, la Commissione ha eliminato un aspetto che aveva dunque necessariamente influito sulla decisione di infliggere un'ammenda e sull'importo della stessa.

207.
    La BASF e l'ICI ritengono inoltre che, se occorre consultare il comitato consultivo prima di rinnovare un'esenzione, lo stesso vale nel caso in cui la Commissione adotti una decisione che sostituisce una decisione annullata.

208.
    Più in particolare, la LVM e la DSM sottolineano che, non consultando il comitato consultivo prima dell'adozione della Decisione, la Commissione non ha consentito agli Stati membri di partecipare alla definizione della politica comunitaria di concorrenza e che la sua consultazione obbligatoria contribuirebbe alla ricerca dell'equilibrio istituzionale in questo modo. La violazione di un tale obbligo dovrebbe pertanto comportare l'annullamento della Decisione per violazione di forme sostanziali oppure per incompetenza, se questo obbligo viene inteso nel senso di esigere l'accordo delle autorità competenti degli Stati membri.

209.
    La SAV dichiara che la giurisprudenza in materia di equilibrio istituzionale, che si riferisce all'obbligo di consultazione del Parlamento su una proposta di direttiva oggetto di emendamenti successivi (in particolare, sentenza 16 luglio 1992, Parlamento/Consiglio, citata), non si può trasporre per analogia all'ipotesi di mancata consultazione del comitato consultivo su una nuova decisione che reca pregiudizio al suo destinatario.

210.
    Infine, la SAV e l'ICI ritengono che la Commissione abbia violato l'art. 190 del Trattato, in quanto il preambolo della Decisione si riferisce unicamente alla consultazione del comitato consultivo precedente l'adozione della decisione del 1988.

211.
    In modo anche più specifico la SAV deduce che la Commissione ha violato l'obbligo

di cooperazione con l'Autorità di vigilanza EFTA. In particolare, il disposto degli artt. 53, 56 e 58 dell'accordo sullo Spazio economico europeo, firmato a Porto il 2 maggio 1992 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1994, nonché i suoi protocolli 21 e 23, imporrebbero alla Commissione di collaborare con l'Autorità di vigilanza EFTA per quanto riguarda la determinazione della politica di concorrenza e l'adozione di decisioni individuali in questo campo. Omettendo di consultare il comitato consultivo la Commissione avrebbe privato l'Autorità di vigilanza EFTA della possibilità di esprimere il proprio punto di vista. L'obbligo di collaborazione con questa autorità si imporrebbe per il fatto stesso dell'adozione di una decisione, indipendentemente dalla questione se tale decisione sia identica ad una decisione precedente annullata. Inoltre, in una causa in tema di politica della concorrenza l'Autorità di vigilanza avrebbe dovuto essere chiamata a collaborare con la Commissione.

— In merito al diritto di essere sentiti addotto dalle ricorrenti

212.
    La Commissione avrebbe violato sotto diversi punti di vista il diritto delle imprese di far conoscere il loro punto di vista.

213.
    In primo luogo, la LVM e la DSM sostengono che la semplice intenzione di adottare un nuovo atto recante pregiudizio basterebbe a far sorgere l'obbligo di sentire le parti in proposito (sentenza della Corte 12 febbraio 1992, cause riunite C-48/90 e C-66/90, Paesi Bassi e a./Commissione, Racc. pag. I-565, punto 44). L'ICI ritiene che avrebbe dovuto comunque essere sentita riguardo al carattere desiderabile o opportuno di una nuova decisione nelle circostanze del caso di specie.

214.
    In secondo luogo, secondo la SAV, la Hüls e l'Enichem, la decisione preliminare di allontanarsi dalla procedura normale di adozione di una decisione avrebbe giustificato un'audizione delle parti in merito.

215.
    La SAV ritiene che, non ricominciando l'intero procedimento amministrativo al fine di adottare la Decisione, la Commissione ha compiuto una scelta. Ora, il diritto del destinatario di un atto di essere informato delle condizioni in cui la Commissione intende adottare una decisione si impone alle autorità pubbliche, anche in mancanza di una norma specifica (sentenze della Corte 27 giugno 1991, causa C-49/88, Al-Jubail Fertilizer e Saudi Arabian Fertilizer/Consiglio, Racc. pag. I-3187, punto 16, e Paesi Bassi/Commissione, citata). La Commissione avrebbe dunque dovuto sentire le imprese sulle scelte procedurali previste.

216.
    La Hüls da parte sua osserva che avrebbe dovuto essere messa in condizioni di presentare le proprie osservazioni sulla legittimità del procedimento che la Commissione intendeva seguire dopo la sentenza 15 giugno 1994, in particolare sulla questione se si poteva adottare una nuova decisione senza una nuova audizione.

217.
    La BASF, la Wacker, la Hoechst e la Hüls sottolineano che la Commissione, in dubbio sulla prassi da seguire per adottare la Decisione, avrebbe chiesto al proprio servizio giuridico una nota in merito. La BASF, la Hüls e la Wacker domandano al Tribunale di ordinare alla Commissione di produrre tale nota nel fascicolo e, secondo la BASF, nel caso in cui vi sia solo un parere verbale, di ascoltare l'agente che lo ha espresso.

218.
    In terzo luogo, la LVM, la BASF, la Shell, la DSM, la SAV, l'ICI e l'Enichem sostengono che l'adozione di una nuova decisione implicava l'obbligo per la Commissione di sentire le imprese interessate prima dell'adozione di un atto per esse lesivo (sentenze della Corte 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 27, 10 luglio 1986, causa 40/85, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2321, punto 28, 11 novembre 1987, causa 259/85, Francia/Commissione, Racc. pag. 4393, punto 12, 14 febbraio 1990, causa C-301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I-307, punto 29, e Paesi Bassi e a./Commissione, citata, punto 14). Le imprese avrebbero pertanto potuto far valere le proprie osservazioni in particolare sull'evoluzione della giurisprudenza in tema di nozione di pratica concertata e delle modalità di prova della stessa. Allo stesso modo le imprese avrebbero potuto presentare le loro osservazioni circa gli sviluppi della giurisprudenza in merito alle condizioni di accesso al fascicolo della Commissione, all'interpretazione delle regole di prescrizione, al ritardo con cui la Commissione si è pronunciata, alla discriminazione rispetto alla Norsk Hydro e alla Solvay e al principio ne bis in idem.

219.
    La Wacker, la Hoechst e l'ICI considerano, in tale contesto, che la Commissione non possa pretendere di limitare il diritto di essere sentiti solo agli addebiti mossi ad un'impresa. Un'impresa dovrebbe poter far conoscere le proprie osservazioni ogni volta che la Commissione esprime nuovi punti di vista, di fatto o di diritto, che non sono stati sino a quel momento comunicati.

220.
    La LVM e la DSM ritengono altresì che la facoltà delle imprese di sottoporre la controversia al Tribunale non dispensa la Commissione dal sentirle prima di adottare una decisione (sentenza 29 giugno 1995, causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punto 108) e la violazione del diritto fondamentale non può pertanto essere sanata, salvo compromettere l'equilibrio istituzionale.

221.
    Secondo la SAV si sarebbe potuto riprendere la vecchia procedura nello stadio in cui era stata viziata solo nei limiti in cui fosse stata aggiornata, il che avrebbe imposto alla Commissione di tener conto, nel momento in cui rinnova un atto, dei cambiamenti di fatto e di diritto sopravvenuti (sentenze della Corte 3 ottobre 1991, causa C-261/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I-4437, British Aerospace e Rover/Commissione, citata, e conclusioni dell'avvocato generale van Gerven in tale sentenza, Racc. pag. I-504, punti 10 e 12). La SAV sottolinea che avrebbe dovuto essere sentita per potersi avvalere degli sviluppi giurisprudenziali (supra, punto 218), cosa che farebbe parte

dello scopo specifico del procedimento amministrativo. Del resto, il semplice fatto che la SAV possa servirsi di questa giurisprudenza in occasione del presente ricorso non condizionerebbe l'obbligo della Commissione di sentirla in precedenza su questo argomento, il che avrebbe potuto portare ad una decisione diversa.

222.
    In quarto luogo, la LVM, la Elf Atochem, la BASF, la Shell, la DSM, la Wacker, la Hoechst, la SAV, l'ICI, la Hüls e l'Enichem ritengono che le imprese dovessero essere sentite in quanto la Decisione contiene differenze di testo in rapporto alla decisione iniziale su punti decisivi (sentenze della Corte 14 luglio 1972, causa 51/69, Bayer/Commissione, Racc. pag. 745, punto 11, e causa 55/69, Cassella/Commissione, Racc. pag. 887, punto 11), come la valutazione delle norme in tema di prescrizione, la soppressione di due frasi relative agli effetti dell'intesa ('considerando‘ n. 37 della Decisione), l'aggiunta di una parte relativa al procedimento dopo il 1988, l'omissione della Solvay e della Norsk Hydro. La Shell ritiene inoltre che il mantenimento dell'ordine di astenersi (art. 2 della Decisione) dimostra che la Commissione doveva disporre di informazioni relative al periodo 1988-1994, sulle quali la Shell non è stata sentita.

223.
    In quinto luogo, la BASF sostiene che, poiché il procedimento amministrativo precedente era stato concluso dalla decisione del 1988, era necessaria una nuova audizione.

224.
    In sesto luogo, la BASF, la Wacker, la Hoechst, l'ICI e la Hüls affermano che avrebbero dovuto essere sentite poiché fra l'audizione e l'adozione della Decisione era trascorso un periodo di sei anni. Parimenti la Shell sostiene che è trascorso un lasso di tempo eccessivo fra l'asserita infrazione e l'adozione della Decisione; si porrebbe allora la questione se il procedimento non fosse abusivo e ingiustamente pregiudizievole nei confronti della ricorrente. La BASF, la Wacker, la Hoechst e la Hüls sottolineano che la procedura di accertamento dell'infrazione che sfocia nell'imposizione di ammende ha una funzione dissuasiva (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punto 106) e presenta un carattere quasi penale. Garanzie identiche a quelle previste in un procedimento penale dovrebbero quindi essere riconosciute. Fra queste garanzie figurerebbero in particolare l'obbligo di una prossimità ragionevole di tempi fra la data dell'audizione e quella della decisione(sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II-441, punto 167). Nel caso di specie, il termine di sei anni trascorso fra queste due date, non imputabile alle imprese poiché la decisione del 1988 era affetta da gravi vizi, non può essere considerato ragionevole. La BASF aggiunge che, tenuto conto dell'evoluzione del mercato del PVC, di quella della sua stessa situazione e delle modifiche sostanziali apportate al testo della Decisione, era necessaria una nuova audizione delle imprese al fine di adottare la Decisione tenendo conto di tutte le circostanze di diritto e di fatto esistenti alla data dell'adozione.

225.
    L'ICI sostiene infine che non si può ritenere che essa sia stata messa in condizioni di difendere in modo efficace i propri interessi, dal momento che sono trascorsi sei anni fra la presentazione delle sue osservazioni, scritte e orali, e l'adozione della Decisione; infatti, il diritto di presentare effettivamente osservazioni presuppone il fatto di essere sentiti nel contesto giuridico e fattuale che domina nel periodo immediatamente precedente l'adozione di una decisione.

Argomenti della Commissione

226.
    In risposta ai motivi e agli argomenti delle ricorrenti, la Commissione sostiene che la decisione del 1988 è stata annullata nei loro confronti dalla sentenza della Corte 15 giugno 1994 per mancanza di autenticazione, in violazione dell'art. 12, primo comma, del regolamento interno della Commissione all'epoca in vigore (sentenza 15 giugno 1994, punti 76-78).

227.
    Del resto, la validità del procedimento svolto sino al momento in cui si è verificato il vizio non sarebbe condizionata. La Commissione avrebbe dunque avuto il diritto, per trarre le conseguenze della sentenza della Corte, di limitarsi all'adozione di una decisione debitamente autenticata mancando, da un lato, qualunque nuova regola del procedimento a norma dell'art. 85 del Trattato emanata successivamente alla data della decisione annullata e, dall'altro, circostanze di fatto nuove, in quanto i fatti incriminati erano passati da tempo. Ciò sarebbe dopo tutto conforme allo scopo specifico del procedimento amministrativo preliminare (sentenza della Corte 17 gennaio 1984, cause riunite 43/82 e 63/82, VBVB e VBBB/Commissione, Racc. pag. 19, punto 52). Una soluzione contraria costituirebbe un formalismo eccessivo (sentenza Frubo/Commissione, citata, punto 11).

228.
    La Commissione aggiunge che le differenze di testo esistenti fra la decisione del 1988 e la Decisione non sono sostanziali (sentenze della Corte ACF Chemiefarma/Commissione, citata, punto 178, 4 febbraio 1982, causa 817/79, Buyl e a./Commissione, Racc. pag. 245, punto 23, Fedesa e a., citata, 16 luglio 1992, Parlamento/Consiglio, citata, e 1° giugno 1994, Parlamento/Consiglio, citata), così come non sarebbe pertinente la giurisprudenza richiamata da talune ricorrenti (in particolare, le sentenze Transocean Marine Paint/Commissione e British Aerospace e Rover/Commissione, citate).

229.
    In realtà, le modifiche puramente redazionali apportate al testo non giustificherebbero l'avvio di un'audizione poiché tali aggiunte non sarebbero addebiti. Se due frasi del 'considerando‘ n. 37 della versione tedesca della decisione del 1988 non compaiono nello stesso punto della Decisione, ciò sarebbe dovuto unicamente a ragioni di armonizzazione con le altre versioni linguistiche facenti ugualmente fede. Tuttavia, poiché l'adattamento del testo non costituisce un addebito, non era stato necessario

sentire le parti in merito.

230.
    Dal momento che il vizio che ha portato all'annullamento della decisione del 1988 è stato chiaramente circoscritto all'ultima fase dell'adozione della decisione e che la Decisione non differiva sostanzialmente dalla precedente, tutte le fasi precedenti l'adozione della decisione del 1988 rimarrebbero valide.

231.
    Di conseguenza, in mancanza di qualunque nuovo addebito avverso le ricorrenti, la Commissione ritiene di non essere tenuta né a spedire una nuova comunicazione di addebiti, né ad offrire alle imprese l'occasione di presentare le proprie osservazioni orali o scritte, né ad adire il consigliere auditore, cosa che sarebbe indissociabile dalle due precedenti tappe procedurali.

232.
    La Commissione non era neppure tenuta a consultare il comitato consultivo. Infatti, tenuto conto dell'annullamento della decisione del 1988, tale consultazione, avvenuta il 30 novembre 1988, doveva considerarsi, in mancanza di nuovi addebiti, come la consultazione preliminare rispetto all'adozione della Decisione. Ciò avrebbe così risposto al significato e allo scopo dell'art. 10, n. 3, del regolamento n. 17. La Commissione sottolinea altresì che il riferimento al diritto di intervento del comitato consultivo nell'ambito del rinnovo di una decisione di esenzione non è rilevante nel caso di specie. Infatti, tale rinnovo riguarderebbe un altro ambito di riferimento temporale e le valutazioni si fonderebbero su parametri differenti.

233.
    Nelle cause BASF e ICI la Commissione precisa che la sua posizione in merito al comitato consultivo non esclude gli adattamenti non essenziali del testo, come quelli relativi alla prescrizione e alla soppressione di due frasi della versione tedesca della Decisione. Quanto alla causa Transocean Marine Paint/Commissione, cui la SAV fa rinvio, essa dimostrerebbe che un nuovo parere è necessario solo quando un elemento di fondo non è stato inizialmente sottoposto al comitato consultivo, il che peraltro non sarebbe avvenuto nel caso di specie.

234.
    La Commissione rileva inoltre di non essere vincolata dal parere del comitato consultivo, come risulta dall'art. 10, n. 6, seconda frase, del regolamento n. 17.

235.
    Nella causa concernente la SAV, la Commissione ricorda in ogni caso che il comitato consultivo è stato informato dell'argomentazione della SAV in risposta agli addebiti (sentenze Michelin/Commissione, citata, punto 7, e Hüls/Commissione, citata, punto 86) e che tali addebiti non sono mutati dal 1988. Essa aggiunge che non era necessario sentire il comitato consultivo circa l'opportunità di adottare una nuova decisione.

236.
    Infine, l'art. 1 del regolamento n. 99/63 imponeva la consultazione del comitato consultivo solo dopo l'audizione delle parti. Ora, non essendo stata necessaria una

nuova audizione delle parti, per identità di ragioni non lo era neppure una consultazione del comitato consultivo (sentenza della Corte 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 2859, punto 54).

237.
    La Commissione fa osservare peraltro di essere la sola a giudicare dell'opportunità di adottare, o adottare nuovamente, una decisione (sentenza Parker Pen/Commissione, citata, punto 65), e che essa non aveva il dovere di sentire le parti su una presunta scelta procedurale. Del resto non esisteva nessuna decisione vera e propria in cui la Commissione aveva deliberato di seguire un procedimento diverso da quello previsto dalle norme.

238.
    La Commissione aggiunge infine che le asserite evoluzioni giurisprudenziali, sia in merito alla nozione di pratica concordata sia in merito alla questione dell'accesso al fascicolo, non sono rilevanti, non essendovi alcun rapporto con la materialità degli addebiti relativi al periodo di riferimento. Queste evoluzioni giurisprudenziali addotte non conducevano infatti ad una modificazione degli addebiti mossi avverso la ricorrente. Se potevano essere invocate da talune ricorrenti per ottenere l'annullamento del procedimento amministrativo preliminare, non potevano in compenso portare all'annullamento della Decisione per mancata riapertura del procedimento.

239.
    Del resto, le questioni procedurali, su cui vi sarebbero stati sviluppi giurisprudenziali, non fanno normalmente parte della comunicazione degli addebiti e non debbono essere esaminate dalla Commissione nella sua decisione (sentenze 14 luglio 1972, ICI/Commissione, citata, e Michelin/Commissione, citata). Al riguardo, gli elementi relativi all'accesso al fascicolo che compaiono nella Decisione non costituivano una parte della motivazione essenziale a sostegno del dispositivo.

240.
    Nella causa Elf Atochem la Commissione sottolinea che l'argomento della ricorrente secondo il quale essa avrebbe dovuto essere sentita sull'applicazione dei principi ne bis in idem e di proporzionalità non ha senso, poiché nessuno di tali principi sarebbe in discussione nel caso di specie. Inoltre, l'argomento di questa ricorrente relativo all'evoluzione del mercato del PVC fra il 1988 e il 1994 sarebbe privo di rilevanza dal momento che tale evoluzione, anche se vi fosse stata, sarebbe priva di incidenza sulla valutazione dei fatti che si collocano fra il 1980 e il 1984. Nello stesso senso la Commissione precisa, nella causa T-313/94, che nulla nella Decisione indica che elementi relativi al periodo 1988-1994 erano stati utilizzati a sostegno dell'art. 2 del dispositivo.

241.
    Nelle cause BASF, Wacker e Hoechst la Commissione fa osservare, in risposta al motivo relativo alla lunghezza del periodo fra l'audizione e la Decisione, che il procedimento amministrativo in tema di concorrenza non è di natura penale e non

segue il principio dell'oralità. Per questo motivo nulla osta a che i membri della Commissione siano informati del risultato dell'audizione da parte di persone alle quali la Commissione abbia conferito il mandato di procedere alla stessa, in conformità all'art. 9, n. 1, del regolamento n. 99, senza dovervi assistere personalmente (sentenza 15 luglio 1970, Boehringer/Commissione, citata, punto 23). Essa ricorda inoltre che il consigliere auditore vigila sull'instaurazione di un verbale dell'audizione, letto e approvato dall'impresa in questione.

242.
    Infine, il semplice trascorrere del tempo tra l'infrazione e la Decisione, fra la decisione del 1988 e la Decisione e fra l'audizione e la Decisione non attribuirebbe un diritto all'audizione, poiché il legislatore comunitario ha voluto che vi fosse una sospensione durante la durata del procedimento giudiziario (art. 3 del regolamento n. 2988/74). La Shell, che invoca lo scorrere del tempo fra l'infrazione e la Decisione, non avrebbe subito alcun pregiudizio al riguardo.

243.
In più, la Decisione non era stata adottata in modo inatteso. Infatti, con un comunicato stampa pubblicato il giorno stesso della pronuncia della sentenza della Corte, la Commissione aveva esplicitato le proprie intenzioni.

244.
    La Commissione nega infine di aver violato le disposizioni dell'accordo SEE; questo, infatti, sarebbe inapplicabile ratione temporis in quanto i fatti che hanno portato alla Decisione sono precedenti all'entrata in vigore dell'accordo stesso, avvenuta il 1° gennaio 1994.

245.
    Nelle cause BASF, Wacker e Hüls la Commissione osserva che non esiste un parere del suo servizio giuridico sulla questione se una nuova decisione potesse essere adottata nei confronti dei produttori di PVC sulla base del procedimento amministrativo anteriore all'adozione della decisione del 1988. In ogni caso, un tale parere avrebbe carattere puramente interno e non sarebbe accessibile ai terzi (sentenza Hüls/Commissione, citata, punto 86).

Giudizio del Tribunale

246.
Il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento con cui possono essere inflitte sanzioni, specie ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, citata, punto 9).

247.
    In applicazione di detto principio, l'art. 19, n. 1, del regolamento n. 17 e l'art. 4 del regolamento n. 99/63 obbligano la Commissione a muovere nella sua decisione finale solo gli addebiti sui quali le imprese e le associazioni di imprese destinatarie hanno

potuto esprimere il loro punto di vista.

248.
    Il diritto delle imprese e associazioni di imprese di far conoscere il loro punto di vista in occasione della fase scritta e della fase orale del procedimento amministrativo sugli addebiti mossi dalla Commissione costituisce un elemento essenziale dei diritti della difesa (sentenza Hoechst/Commissione, citata, punto 52). Tale audizione infatti è necessaria al fine di «garantire alle imprese ed associazioni d'imprese (...) il diritto di manifestare, a conclusione dell'istruzione, il proprio punto di vista su tutti gli addebiti che la Commissione intende loro contestare nelle sue decisioni» (terzo 'considerando‘ del regolamento n. 99/63).

249.
    Il rispetto dei diritti della difesa esige dunque che sia data ad ogni impresa o associazione d'imprese interessate la possibilità di essere sentite sugli addebiti che la Commissione intende muovere nei confronti di ciascuna di esse nella decisione finale che accerta l'infrazione alle norme della concorrenza.

250.
    Nel caso di specie è stato già accertato che l'annullamento della decisione del 1988 non ha condizionato la validità delle misure preparatorie di questa decisione, precedenti il momento in cui il vizio è sopraggiunto (supra, punto 189). La validità della comunicazione degli addebiti, inviata a ciascuna delle ricorrenti all'inizio del mese di aprile 1988, non è quindi stata messa in questione dalla sentenza 15 giugno 1994. Allo stesso modo e per identiche ragioni non è stata condizionata la validità della fase orale del procedimento amministrativo, svoltasi dinanzi alla Commissione nel corso del mese di settembre 1988.

251.
    Pertanto, il Tribunale ritiene che una nuova audizione delle imprese interessate era necessaria prima dell'adozione della Decisione solo in quanto quest'ultima contenevaaddebiti nuovi rispetto a quelli enunciati nella decisione iniziale annullata dalla Corte.

252.
    Ora, le ricorrenti non contestano il fatto che il testo della Decisione non contenga alcun nuovo addebito rispetto al testo della decisione del 1988. Di conseguenza, la Commissione ha giustamente adottato la Decisione senza procedere a una nuova audizione delle imprese interessate. Al riguardo, la circostanza che la Decisione sia stata adottata in circostanze di fatto e di diritto diverse da quelle esistenti al momento in cui era stata adottata la decisione iniziale non significa affatto che la Decisione contenga addebiti nuovi.

253.
    Poiché non era tenuta a procedere ad una nuova audizione delle imprese interessate, la Commissione non ha potuto violare i termini della propria decisione 23 novembre 1990, relativa allo svolgimento delle audizioni nell'ambito delle procedure di esecuzione degli artt. 85 e 86 del Trattato CEE e degli artt. 65 e 66 del Trattato CECA. Questa decisione, infatti, non era applicabile nel tempo alla fase orale del

procedimento amministrativo che ha preceduto l'adozione della Decisione.

254.
    Per quanto riguarda il comitato consultivo, del quale l'art. 10, nn. 3-6, del regolamento n. 17 regola le competenze, la composizione e la procedura di consultazione, il Tribunale rileva che esso ha emanato il proprio parere sulla proposta di decisione della Commissione il 1° dicembre 1988.

255.
    L'allegazione delle ricorrenti secondo cui nelle circostanze del caso di specie la Commissione doveva procedere ad una nuova consultazione del comitato consultivo prima di adottare la Decisione non può essere accolta.

256.
    Infatti, ai sensi dell'art. 1 del regolamento n. 99/63, «prima di sentire il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, la Commissione procede all'audizione prevista dall'art. 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17». Detta norma conferma che l'audizione delle imprese interessate e la consultazione del comitato sono necessarie in situazioni identiche (sentenza Hoechst/Commissione, citata, punto 54).

257.
    Ora, come il Tribunale ha giudicato in precedenza (supra, punto 252), una nuova audizione delle imprese interessate non era affatto necessaria, nelle circostanze del caso di specie, prima dell'adozione della Decisione. Poiché, in rapporto alla decisione del 1988, su una proposta della quale il comitato consultivo era stato sentito ai sensi dell'art. 10, n. 5, del regolamento n. 17, la Decisione comporta solo modifiche redazionali che non pregiudicano gli addebiti, non era necessaria una nuova consultazione del comitato consultivo.

258.
    In questo contesto occorre rilevare infine che la Decisione menziona espressamente, nella sua parte introduttiva, la consultazione del comitato consultivo. La censura dedotta dalla SAV e dall'ICI, relativa ad una insufficiente motivazione della Decisione a questo proposito, dev'essere dunque disattesa.

259.
    Per quanto riguarda la censura relativa all'asserita violazione dell'obbligo di cooperazione con l'Autorità di vigilanza EFTA, è sufficiente osservare che, non essendo stata richiesta alcuna nuova audizione delle imprese interessate né alcuna nuova consultazione del comitato consultivo prima dell'adozione della Decisione, le norme applicabili dell'accordo SEE e quelle dei protocolli 21 e 23 non erano applicabili al procedimento amministrativo in corso. Infatti, queste norme sono entrate in vigore il 1° gennaio 1994, data alla quale le tappe procedurali che esigevano la cooperazione fra la Commissione e l'Autorità di vigilanza EFTA, ossia l'audizione delle imprese e la consultazione del comitato consultivo, si erano già svolte.

260.
    Le ricorrenti si avvalgono altresì della giurisprudenza secondo la quale il rispetto dei

diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa concludersi con un atto per questa lesivo costituisce un principio fondamentale di diritto comunitario e dev'essere garantito anche in assenza di norme specifiche (in particolare, sentenza Paesi Bassi/Commissione, citata, punto 44).

261.
    Da questa giurisprudenza non si può dedurre tuttavia che la Commissione dovesse nuovamente sentire le ricorrenti prima di adottare l'atto per esse lesivo.

262.
    Bisogna ricordare, infatti, che il procedimento amministrativo per l'accertamento di infrazioni alle disposizioni dell'art. 85 del Trattato è disciplinato dai regolamenti n. 17 e n. 99/63. Ora, questa normativa specifica contiene disposizioni (supra, punto 247) che garantiscono espressamente ed effettivamente il principio del rispetto dei diritti della difesa.

263.
    In ogni caso, secondo questa giurisprudenza il principio del rispetto dei diritti della difesa esige che il destinatario della decisione si veda comunicare, prima dell'adozione della decisione finale per lui lesiva, un'esposizione precisa e completa delle censure che la Commissione intende muovere a suo carico.

264.
    Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non si può dedurre da questa giurisprudenza che il rispetto dei diritti della difesa imponga alla Commissione, allorché essa avvia un procedimento di accertamento di un'infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza nei confronti di diverse imprese, un obbligo diverso da quello di mettere ognuna di queste imprese in condizione, nel corso di tale procedimento, di far conoscere efficacemente il loro punto di vista sulla sussistenza e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze allegati nonché sui documenti accolti dalla Commissione a sostegno delle loro affermazioni relative all'esistenza di una violazione del diritto comunitario.

265.
    Allo stesso modo, va osservato che la sentenza Transocean Marine Paint/Commissione, già citata, invocata dalle ricorrenti a sostegno della loro tesi sulla necessità di una nuova audizione, è priva di pertinenza nel caso di specie, dal momento che essa concerne una situazione particolare, vale a dire quella del rispetto dei diritti della difesa di un'impresa allorché la Commissione intenda subordinare a certe condizioni un'esenzione prevista dall'art. 85, n. 3, del Trattato.

266.
    Ne deriva che la Commissione non era tenuta, prima di adottare la Decisione, a sentire le imprese interessate circa la sua intenzione di adottare un nuovo atto per esse lesivo, sulla scelta procedurale compiuta, sulle loro diverse osservazioni relative a taluni elementi di fatto e di diritto, nonché sulle differenze esistenti fra il testo della Decisione e quello della decisione iniziale annullata. Occorre sottolineare che non si allega che tali circostanze costituiscano addebiti nuovi.

267.
    Peraltro, la mancanza di un obbligo per la Commissione di procedere ad una nuova audizione delle imprese interessate non è inficiata dal termine di sei mesi che è trascorso tra la fase orale del procedimento amministrativo e l'adozione della Decisione. Infatti, queste imprese hanno avuto la possibilità di esporre a voce, nel settembre 1988, il loro punto di vista sugli addebiti, rimasti immutati dopo tale data e mossi nei loro confronti nella Decisione.

268.
    Infine, anche supponendo che il servizio giuridico della Commissione abbia emanato un parere relativo alla questione se si poteva adottare una nuova decisione nei confronti dei produttori di PVC sulla base del procedimento amministrativo precedente l'adozione della decisione del 1988, il rispetto dei diritti della difesa non esige che le imprese coinvolte in un procedimento ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, possano commentare un tale parere, che costituisce un documento puramente interno alla Commissione. Al riguardo occorre sottolineare che la Commissione non è tenuta ad attenersi al parere emesso dal proprio servizio giuridico e, di conseguenza, non presenta nessun aspetto decisivo di cui il giudice comunitario debba tener conto per esercitare il proprio sindacato (v., nello stesso senso, sentenza Hüls/Commissione, citata, punto 86).

269.
    Va altresì disatteso l'argomento dedotto dalla LVM e dalla DSM (supra, punto 140), secondo il quale la Decisione sarebbe illegittima in quanto, mancando un'indagine preliminare, essa costituisce un mezzo sproporzionato per raggiungere l'obiettivo di tutela della concorrenza. E' sufficiente ricordare a riguardo che la Commissione non era tenuta a procedere ad una nuova audizione delle imprese interessate prima di adottare la Decisione. La sproporzione addotta dalle ricorrenti si basa quindi su una premessa erronea.

270.
    Alla luce di quanto precede, occorre respingere l'insieme delle censure dedotte dalle ricorrenti.

B — Sulle irregolarità commesse in occasione dell'adozione e dell'autenticazione della Decisione

271.
    Alcune ricorrenti sostengono che la Commissione ha commesso irregolarità nell'adozione e nell'autenticazione della Decisione.

272.
    In udienza la Wacker e la Hoechst hanno rinunciato ad un motivo attinente alla mancanza di autenticazione della Decisione, cosa di cui il cancelliere ha preso atto. Il Tribunale ritiene che questa rinuncia comporti altresì quella al motivo attinente alla mancanza di conformità tra le copie della Decisione notificate alla Wacker e alla Hoechst e l'originale, essendo questo secondo motivo strettamente legato al primo.

273.
    Le deduzioni delle ricorrenti si compongono di diversi motivi.

1. Sui motivi attinenti all'illegittimità del regolamento interno della Commissione del 17 febbraio 1993

Argomenti delle parti

274.
    La LVM e la DSM ricordano che la Decisione è stata adottata in forza delle disposizioni del regolamento interno della Commissione del 17 febbraio 1993 (GU L 230, pag. 16; in prosieguo: il «regolamento interno»). L'art. 16 di tale regolamento prevede che gli atti adottati, allegati al processo verbale della riunione durante la quale sono stati adottati, sono autenticati con le firme del presidente e del segretario generale della Commissione apposte sulla prima pagina di tale processo verbale.

275.
    Secondo la LVM e la DSM, una parte può invocare la violazione di un tale regolamento interno in quanto forma sostanziale (sentenza 27 febbraio 1992, BASF e a./Commissione, citata, punto 75). Nel caso di specie, le disposizioni in tema di autenticazione non sarebbero conformi ai principi desunti dalle sentenze 27 febbraio 1992, BASF e a./Commissione, citata (punti 75 e 78), e 15 giugno 1994 (punti 75, 76 e 78), secondo i quali l'obbligo di autenticazione con la firma, in calce all'atto stesso, del presidente e del segretario generale della Commissione esprime un'esigenza fondamentale del diritto comunitario, ispirata a considerazioni di certezza del diritto. Di conseguenza, non esisterebbe un atto facente fede in lingua olandese debitamente notificato.

276.
    L'Enichem sostiene che, adottando la Decisione, la Commissione ha violato sia i principi enunciati nella sentenza 15 giugno 1994, sia il proprio regolamento interno. Infatti, gli artt. 2 e 16 di tale regolamento, relativi rispettivamente alla delega all'adozione e all'autenticazione degli atti adottati in forza di questa procedura, non sarebbero compatibili con il rispetto del principio di collegialità.

277.
    Inoltre, le modalità di autenticazione degli atti, previste dall'art. 16 del regolamento interno, non garantirebbero la certezza del diritto come richiesto dalla Corte, poiché ad essere autenticato sarebbe il verbale e non la misura adottata.

278.
    Ai motivi della LVM e della DSM la Commissione risponde che l'eccezione di illegittimità sollevata contro il regolamento interno è irricevibile. Infatti, il regolamento interno di un'istituzione non costituisce un atto di portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, ai fini dell'applicazione dell'art. 184 del Trattato. Essa osserva che in ogni caso la LVM e la DSM confondono il principio di collegialità previsto dall'art. 163 del Trattato e l'autenticazione delle decisioni. Sarebbe quindi errato sostenere che l'art. 12 del

regolamento interno, nella versione in vigore alla data di adozione della decisione del 1988, costituiva l'unico mezzo per rispettare il principio di collegialità (sentenza 15 giugno 1994, punti 72-77).

279.
    La Commissione ritiene che l'Enichem non dimostri né in qual modo il regolamento interno non sarebbe conforme alla sentenza della Corte, né in qual modo questa presunta mancata conformità riguarderebbe elementi relativi all'adozione della Decisione (sentenza del Tribunale 27 ottobre 1994, causa T-35/92, Deere/Commissione, Racc. pag. II-957).

Giudizio del Tribunale

280.
    In via preliminare il Tribunale ritiene che l'argomento delle ricorrenti debba essere inteso nel senso che esse eccepiscono l'illegittimità di talune disposizioni del regolamento interno della Commissione, in vigore al momento in cui la Decisione è stata adottata. Infatti le ricorrenti pongono in questione in modo incidentale, conformemente all'art. 184 del Trattato, la validità di talune disposizioni del regolamento interno invocando uno dei motivi di controllo di legittimità menzionati nell'art. 173 del Trattato stesso, ossia la violazione del Trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione.

281.
    L'eccezione di illegittimità delle disposizioni del regolamento interno si articola in due capi. In un primo capo, la LVM, la DSM e l'Enichem sostengono che le disposizioni dell'art. 16, primo comma, del regolamento interno, relativo alle modalità di autenticazione degli atti adottati, sono contrarie al principio della certezza del diritto affermato dalla Corte nella sentenza 15 giugno 1994. In un secondo capo, l'Enichem deduce che le disposizioni degli artt. 2, lett. c), e 16, secondo comma, del regolamento interno, relative alla procedura di autorizzazione, sono contrarie al principio di collegialità.

— Sulla ricevibilità dell'eccezione di illegittimità

282.
    Il Tribunale ritiene necessario esaminare d'ufficio la ricevibilità dell'eccezione di illegittimità nel suo complesso, senza limitarsi alla sola obiezione sollevata dalla Commissione.

283.
    Ai sensi dell'art. 184 del Trattato «[n]ell'eventualità di una controversia che metta in causa un regolamento adottato congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio o un regolamento del Consiglio, della Commissione o della [Banca Centrale], ciascuna parte può, anche dopo lo spirare del termine previsto dall'articolo 173, quinto comma, valersi dei motivi previsti dall'articolo 173, secondo comma, per invocare dinanzi alla Corte di giustizia l'inapplicabilità del regolamento stesso».

284.
    Va rilevato in primo luogo che, secondo la giurisprudenza della Corte (sentenza Simmenthal/Commissione, citata, punti 39-41), l‘art. 184 del Trattato è espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare, al fine di ottenere l‘annullamento di una decisione che la concerne direttamente e individualmente, la validità di precedenti atti delle istituzioni comunitarie, che costituiscono il fondamento giuridico della decisione impugnata, qualora non abbia il diritto di proporre, in forza dell‘art. 173 del Trattato, un ricorso diretto contro tali atti, di cui essa subisce così le conseguenze senza averne potuto chiedere l‘annullamento.

285.
    L'art. 184 deve quindi essere interpretato in maniera estensiva in modo che sia garantito un effettivo controllo di legittimità degli atti delle istituzioni. In tal senso la Corte ha già decretato nella sentenza Simmenthal/Commissione, citata in precedenza (punto 40), che la sfera d'applicazione del suddetto articolo deve comprendere gli atti delle istituzioni che, pur non avendo forma di regolamento, producono tuttavia effetti analoghi.

286.
    Il Tribunale ritiene che la sfera d'applicazione dell'art. 184 deve comprendere altresì le disposizioni di un regolamento interno di una istituzione che, pur non costituendo il fondamento giuridico della decisione impugnata e non producendo effetti analoghi a quelli di un regolamento ai sensi di questo articolo del Trattato, determinano le forme sostanziali richieste ai fini dell'adozione della decisione stessa e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto dei soggetti che ne sono i destinatari. E' importante infatti che i destinatari di una decisione possano contestare in via incidentale la legittimità dell'atto che condiziona la validità formale della decisione stessa, nonostante che l'atto in questione non ne costituisca il fondamento giuridico, qualora non sia stato in grado di chiedere l'annullamento di tale atto prima di aver ricevuto notifica della decisione controversa.

287.
    Di conseguenza, le disposizioni del regolamento interno della Commissione possono costituire oggetto di un'eccezione di illegittimità in quanto garantiscono la tutela degli individui.

288.
    In secondo luogo va ricordato che l'eccezione di illegittimità dev'essere limitata a quanto indispensabile alla soluzione della controversia.

289.
    Infatti, l'art. 184 del Trattato non ha lo scopo di consentire a una parte di contestare l'applicabilità di qualsiasi atto di portata generale a sostegno di un ricorso qualsiasi. L'atto generale di cui si eccepisce l'illegittimità dev'essere applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie oggetto del ricorso e deve esistere un nesso giuridico diretto fra la decisione individuale impugnata e l'atto generale in questione (sentenze della Corte 31 marzo 1965, causa 21/64, Macchiorlati Dalmas e Figli/Alta Autorità, Racc. pag. 227, in particolare pag. 245, 13 luglio 1966, causa 32/65, Italia/Consiglio e

Commissione, Racc. pag. 563, in particolare pag. 594, e sentenza del Tribunale 26 ottobre 1993, cause riunite T-6/92 e T-52/92, Reinarz/Commissione, Racc. pag. II-1047, punto 57).

290.
    Nel caso di specie l'eccezione di illegittimità mira, nel secondo capo, a far accertare che le disposizioni del regolamento interno della Commissione sulla delega violano il principio di collegialità. Ora, l'Enichem non sostiene nemmeno che la Decisione sia stata adottata in forza di una competenza delegata, né adduce alcun elemento che lo possa far pensare. Poiché l'Enichem non ha dimostrato l'esistenza di un nesso giuridico diretto tra la Decisione e le disposizioni del regolamento interno di cui eccepisce l'illegittimità, il secondo capo dell'eccezione dev'essere dichiarato irricevibile.

291.
    Quanto al primo capo dell'eccezione di illegittimità, va ricordato che la Decisione è stata autenticata in forza delle disposizioni dell'art. 16, primo comma, del regolamento interno. Esiste pertanto un nesso giuridico diretto tra la Decisione e questo articolo del regolamento interno di cui le ricorrenti invocano l'illegittimità.

292.
    Questo articolo del regolamento interno stabilisce le modalità di autenticazione dell'atto lesivo nei confronti delle ricorrenti. Ora, l'autenticazione degli atti in base alle modalità previste dal regolamento interno della Commissione mira a garantire la certezza del diritto fissando, nelle lingue che fanno fede, il testo adottato dal Collegio (sentenza 15 giugno 1994, punto 75). Ne deriva che tale disposizione mira a garantire la tutela dei destinatari dell'atto e che, di conseguenza, essa può costituire oggetto di un'eccezione di illegittimità.

293.
    Emerge da quanto precede che il primo capo dell'eccezione d'illegittimità sollevata dalla LVM, dalla DSM e dall'Enichem avverso l'art. 16, primo comma, del regolamento interno è ricevibile. Di conseguenza bisogna procedere all'esame della fondatezza di detta eccezione con riguardo all'asserito mancato rispetto dell'esigenza della certezza del diritto.

— Sull'illegittimità dell'art. 16, primo comma, del regolamento interno a causa del mancato rispetto dell'esigenza della certezza del diritto

294.
    Secondo le ricorrenti, la Decisione sarebbe illegittima in quanto le modalità previste all'art. 16, primo comma, del regolamento interno relative all'autenticazione degli atti sarebbero incompatibili con l'esigenza della certezza del diritto che la Corte ha ricordato nella sentenza 15 giugno 1994.

295.
    L'art. 16, primo comma, del regolamento interno in vigore all'epoca dell'adozione della Decisione dispone:

«Gli atti adottati in riunione o mediante procedimento scritto sono allegati, nella o nelle lingue nelle quali fanno fede, al processo verbale della riunione della Commissione nel corso della quale sono stati adottati o ne sia stato preso atto. Tali atti sono autenticati dalle firme del Presidente e del Segretario generale apposte sulla prima pagina del suddetto processo verbale».

296.
    Nella sentenza 15 giugno 1994 la Corte ha ricordato che emerge dall'art. 162, n. 2, del Trattato che la Commissione ha l'obbligo, fra l'altro, di adottare i provvedimenti che le consentano di identificare con certezza il testo completo degli atti adottati dal Collegio (punti 72 e 73 della motivazione).

297.
    Al riguardo la Corte ha ritenuto che l'autenticazione degli atti, prevista dall'art. 12, primo comma, del regolamento interno in vigore all'epoca dell'adozione della decisione del 1988, il quale stabiliva che «gli atti adottati dalla Commissione, in riunione o mediante procedura scritta, sono autenticati, nella lingua o nelle lingue in cui fanno fede, dalle firme del Presidente e del Segretario esecutivo», mira a garantire la certezza del diritto fissando, nelle lingue che fanno fede, il testo adottato dal Collegio. Essa ha aggiunto che l'autenticazione «permette così di controllare, in caso di contestazione, la perfetta corrispondenza dei testi notificati o pubblicati con il testo adottato dal Collegio e, quindi, la loro corrispondenza con la volontà dell'autore dell'atto» (punto 75 della motivazione).

298.
    Alla luce della motivazione della sentenza 15 giugno 1994, occorre accertare se le modalità previste dall'art. 16, primo comma, del regolamento interno (supra, punto 295) sono tali da consentire di individuare con certezza il testo completo degli atti adottati dal Collegio.

299.
    In primo luogo bisogna precisare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, nella sentenza 15 giugno 1994 la Corte non ha preso posizione sulla questione se l'autenticazione prevista secondo le disposizioni dell'art. 12, primo comma, del regolamento interno in vigore all'epoca in cui è stata adottata la decisione del 1988 costituisse l'unico modo di autenticazione accettabile rispetto alla certezza del diritto. Infatti, pur avendo indicato l'obiettivo dell'autenticazione degli atti (punto 75 della motivazione), la Corte tuttavia non ha precisato che le modalità richieste ai fini dell'autenticazione dall'art. 12, primo comma, del regolamento interno all'epoca in vigore erano le sole idonee a garantire tale obiettivo.

300.
    Inoltre, le parti dinanzi alla Corte concordavano sul fatto che la Commissione avesse violato le disposizioni relative all'autenticazione previste dal suo regolamento interno, in modo che la Corte ha potuto constatare l'illegittimità della decisione iniziale sulla base di una violazione delle forme sostanziali senza doversi pronunciare sulla legittimità dell'autenticazione entro i termini prescritti dall'art. 12, primo comma, del

vecchio regolamento interno.

301.
    Infine, le ricorrenti ritengono che la firma apposta sul verbale non risponda al requisito della certezza del diritto poiché, in mancanza di un atto firmato dal presidente e dal segretario esecutivo, non era possibile controllare l'esatta corrispondenza dei testi notificati o pubblicati con il testo adottato dal Collegio dei membri della Commissione. Esse ne deducono che solo la prima pagina del verbale era autenticata.

302.
    Questo argomento non può essere accolto. Il Tribunale ritiene che le modalità prescritte dall'art. 16, primo comma, del regolamento interno costituiscono di per sé una garanzia sufficiente per controllare, in caso di contestazione, la perfetta corrispondenza dei testi notificati o pubblicati con il testo adottato dal collegio e, per ciò stesso, con la volontà dell'autore. Infatti, dal momento che tale testo è allegato al processo verbale e che la prima pagina di quest'ultimo è firmata dal presidente e dal segretario generale, esiste un nesso tra il processo verbale stesso e i documenti da esso compresi che garantisce circa il contenuto e la forma esatti della decisione del Collegio.

303.
    Al riguardo si deve presumere che un'autorità abbia agito conformemente alla normativa applicabile finché il giudice comunitario non abbia accertato il contrario.

304.
    Di conseguenza, l'autenticazione prevista secondo le modalità dell'art. 16, primo comma, del regolamento interno deve considerarsi legittima. Il motivo va pertanto respinto.

2. Sui motivi attinenti alla violazione del principio di collegialità e del regolamento interno della Commissione

Argomenti delle parti

305.
    La LVM e la DSM sostengono che la Commissione, adottando la Decisione, ha violato le disposizioni del suo regolamento interno. Esse indicano in sede di replica che la copia «autenticata» della Decisione loro notificata è firmata dal Commissario incaricato delle questioni di concorrenza, il che tenderebbe a dimostrare che la Decisione non è stata adottata dal Collegio dei membri della Commissione ma dal solo Commissario interessato, in violazione del principio di collegialità. Questo elemento sarebbe sufficiente a mettere in dubbio la presunzione di validità della Decisione (sentenze 29 giugno 1995, causa T-37/91, ICI/Commissione, già citata, e causa T-31/91, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-1821). La LVM e la DSM chiedono che il Tribunale ordini alla Commissione di produrre informazioni complementari al riguardo.

306.
    La Elf Atochem rileva che la Decisione è stata adottata appena un mese dopo la sentenza della Corte; inoltre, secondo le dichiarazioni fatte alla stampa da un portavoce della Commissione, tale decisione sarebbe stata adottata senza discussione in seno al Collegio. Questi elementi sarebbero tali da rimettere in questione la validità della Decisione per violazione del principio di collegialità.

307.
    La Commissione ritiene che una violazione delle regole interne sull'assunzione delle decisioni possa essere invocata solo quando il ricorrente può dimostrare, con indizi concreti, che vi è ragione di dubitare della validità dell'assunzione della decisione. In mancanza di tali indizi l'atto della Commissione si ritiene validamente adottato (sentenza Deere/Commissione, citata, punto 31). Ora, nel caso di specie le ricorrenti non avrebbero apportato nessun indizio concreto.

Giudizio del Tribunale

308.
    La circostanza che la copia della Decisione inviata alla LVM e alla DSM reca il nome del Commissario incaricato delle questioni di concorrenza e la menzione «per copia conforme» («voor gelijkluidend afschrift» in olandese) non costituisce indizio del fatto che la Decisione sia stata adottata in violazione del principio di collegialità. A questo proposito, il testo della Decisione indica che si tratta di una «decisione della Commissione». Inoltre, da questo stesso testo emerge che è «la Commissione delle Comunità europee» che, considerati i fatti e la valutazione giuridica, ha adottato la Decisione.

309.
    Di conseguenza, queste ricorrenti non adducono alcun indizio o circostanza precisa tali da escludere la presunzione di validità di cui godono gli atti comunitari (v., in particolare, sentenza Slazenger/Commissione, citata, punto 24).

310.
    In mancanza di un indizio del genere non spetta al Tribunale disporre i provvedimenti istruttori sollecitati.

311.
    Inoltre, il fatto che la Decisione sia stata emanata poco tempo dopo la sentenza 15 giugno 1994, e la circostanza, anche a supporne la veridicità, che essa sia stata adottata senza discussione in seno al collegio dei Commissari non implicano affatto che il principio di collegialità sia stato violato.

312.
    Risulta da quanto precede che i motivi vanno respinti.

3. Sui motivi attinenti alla composizione del fascicolo sottoposto alla delibera del Collegio dei membri della Commissione

313.
    L'ICI sostiene che, a causa dei vizi da cui sarebbe inficiato il procedimento

amministrativo, il Collegio dei membri della Commissione non ha potuto venire a conoscenza di tutti i documenti rilevanti della causa prima di adottare la Decisione e, in particolare, di un nuovo rapporto del consigliere auditore e di un nuovo resoconto dei risultati della consultazione del comitato consultivo. Il collegio dei Commissari, la cui composizione era stata ampiamente modificata rispetto al 1988, non sarebbe quindi stato informato dei mezzi di difesa dell'ICI.

314.
    La Commissione ritiene che questo motivo sia privo di qualunque fondamento in diritto.

315.
    Bisogna ricordare che la Commissione, dopo l'annullamento della decisione del 1988 sancito dalla Corte il 15 giugno 1994, non ha commesso alcun errore di diritto non procedendo ad una nuova audizione delle imprese interessate né ad una nuova consultazione del comitato consultivo prima di adottare la Decisione (supra, punti 246-258).

316.
    Poiché la premessa del ragionamento della ricorrente è erronea, il motivo è privo di fondamento in diritto e, di conseguenza, va respinto.

4. Sui motivi attinenti alla violazione, da un lato, dei principi di identità fra l'organismo che ha deliberato e l'organismo che ha statuito e, dall'altro, del principio di immediatezza

Argomenti delle parti

317.
    La Hüls sostiene che, in forza del principio di identità fra l'organismo che ha deliberato e l'organismo che ha statuito, una decisione può essere adottata solo dalle persone che hanno preso parte al procedimento o che hanno avuto la possibilità di formarsi un'opinione diretta sulla causa. Ora, nel caso di specie la maggior parte dei membri della Commissione alla data di adozione della Decisione, e in particolare il Commissario incaricato delle questioni di concorrenza, così come il direttore generale della direzione generale della concorrenza (DG IV), non erano più in carica al momento dell'istruzione della causa nel 1988.

318.
    In materia di concorrenza la Commissione non va considerata come un'amministrazione in quanto tale, ossia come un'istituzione indipendente dai propri membri. Bisogna far riferimento, al riguardo, agli artt. 1 e 12 del regolamento interno, i quali stabiliscono che la Commissione agisce collegialmente, nonché all'art. 6 dello Statuto del consigliere auditore.

319.
    La BASF, la Wacker e la Hoechst sostengono, da parte loro, che la Commissione ha violato il principio di immediatezza. La BASF osserva che alla data di adozione della

Decisione la maggior parte dei membri della Commissione e il direttore generale della DG IV non erano più gli stessi in carica nel 1988. Di conseguenza, la Decisione è stata adottata da soggetti che non erano pienamente informati della causa e che non hanno avuto il tempo di informarsi dopo la sentenza 15 giugno 1994. Questo motivo non mira ad esigere che i Commissari siano personalmente presenti alle audizioni bensì che, grazie all'applicazione delle norme di procedura, e in particolare alla consultazione del consigliere auditore, siano informati esattamente su ciò che in esse viene detto.

320.
    Infine, la Wacker e la Hoechst sostengono che chi elabora la decisione deve aver partecipato alle audizioni o, per lo meno, deve poter raccogliere in breve tempo l'impressione che le audizioni hanno prodotto su altri partecipanti. Ciò non sarebbe avvenuto nel caso di specie, dato che la maggior parte dei Commissari al momento dell'audizione non era più in funzione alla data cui la Decisione è stata adottata.

321.
    La Commissione ritiene che i principi di identità e di immediatezza non esistono. A suo giudizio, il diritto processuale comunitario in materia di concorrenza si basa su autorità investite di una funzione e non sulle persone che esercitano le funzioni in questione (sentenza ACF Chemiefarma/Commissione, citata, punti 71 e 72). Nessuna disposizione imporrebbe che le diverse fasi di un procedimento in tema di concorrenza si svolgano nel corso di un unico e medesimo mandato dei Commissari.

Giudizio del Tribunale

322.
    Le ricorrenti parlano della violazione di un principio generale che impone la continuità nella composizione dell'organismo amministrativo investito di un procedimento che può dar luogo all'irrogazione di un'ammenda.

323.
    Ora, non esiste alcun principio generale del genere (sentenza ACF Chemiefarma/Commissione, citata, punto 72).

324.
    Pertanto, il motivo è infondato e va respinto.

C — Sui vizi che inficerebbero il procedimento amministrativo

325.
    Le ricorrenti invocano in subordine diversi motivi attinenti ad irregolarità commesse durante il procedimento amministrativo che ha preceduto l'adozione della Decisione. Il Tribunale rileva, in tale contesto, che all'udienza la Wacker e la Hoechst hanno rinunciato al motivo attinente alla violazione dell'art. 3 del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385), cosa di cui il cancelliere ha preso atto.

326.
    I motivi possono essere distinti a seconda che riguardino la presenza di vizi nella

comunicazione degli addebiti o quella di vizi nell'audizione. Quanto al motivo attinente alla violazione del diritto di accesso al fascicolo della Commissione, verrà esaminato dopo la parte della sentenza relativa al merito.

1. Sui motivi attinenti all'esistenza di vizi nella comunicazione degli addebiti

a) Sul motivo attinente all'esistenza di vizi formali nella comunicazione degli addebiti

Argomenti delle parti

327.
    La Wacker e la Hoechst sostengono che la Decisione si basa su un'irregolare comunicazione degli addebiti. Infatti, in primo luogo gli addebiti erano stati comunicati solo da un agente della Commissione, in violazione dell'art. 2 del regolamento n. 99/63. In secondo luogo, la comunicazione degli addebiti, consistente in un documento voluminoso di cui non era possibile sapere se fosse completo, sarebbe contraria alle disposizioni dello stesso art. 2, ai sensi del quale la Commissione comunica gli addebiti per iscritto. Di conseguenza, gli addebiti dovevano essere comunicati in un unico documento scritto. In terzo luogo, la comunicazione degli addebiti doveva essere firmata dall'autore.

328.
    La Commissione ritiene il motivo manifestamente infondato.

Giudizio del Tribunale

329.
    Per quanto riguarda l'argomento attinente all'asserita delega a comunicare gli addebiti attribuita ad un agente della Commissione, emerge dagli atti del fascicolo che la comunicazione degli addebiti rivolta alle ricorrenti era accompagnata da una lettera firmata, per il direttore generale della DG IV della Commissione, dal direttore generale aggiunto della stessa.

330.
    Firmando detta lettera, il direttore generale aggiunto ha agito nell'ambito non di una delega di poteri, bensì di una semplice delega a firmare che il Commissario competente ha attribuito al direttore generale (sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 52/69, Geigy/Commissione, Racc. pag. 787, punto 5). Tale delega rappresenta il mezzo normale attraverso il quale la Commissione esercita la propria competenza (sentenza VBVB e VBBB/Commissione, citata, punto 14).

331.
    Nei limiti in cui le ricorrenti non hanno addotto alcun indizio che consenta di credere che, all'occorrenza, l'amministrazione comunitaria non avrebbe osservato le norme applicabili in materia (sentenza VBVB e VBBB/Commissione, citata, punto 14), la censura va respinta.

332.
    A maggior ragione non si possono accogliere le censure attinenti ad un'asserita violazione delle regole formali della comunicazione degli addebiti.

333.
    Ai sensi dell'art. 2, n. 1, del regolamento n. 99/63, «[l]a Commissione comunica per iscritto alle imprese e associazioni d'imprese interessate gli addebiti ch'essa loro contesta». Questa norma non esige che la comunicazione degli addebiti rechi una firma manoscritta sul documento stesso, né che la comunicazione degli addebiti sia costituita da un atto formalmente unico.

334.
    Alla luce di quanto precede, il motivo va respinto.

b) Sul motivo attinente alla violazione dell'art. 3 del regolamento n. 1 del Consiglio

Argomenti delle parti

335.
    La BASF, la Hüls e l'Enichem sostengono che la Commissione ha violato l'art. 3 del regolamento n. 1. La comunicazione degli addebiti comprendeva infatti taluni allegati, indispensabili alla buona comprensione degli addebiti, non redatti nella lingua dello Stato membro che esercita la giurisdizione su di essi. Questo argomento sarebbe valido anche riguardo ai documenti trasmessi dalla Commissione il 3 maggio 1988. L'Enichem aggiunge che la Commissione in tal modo ha violato anche l'art. 4 del regolamento n. 99/63.

336.
    La Commissione ritiene l'argomento delle ricorrenti contrario alla lettera e allo spirito dell'art. 3 del regolamento n. 1. L'abbondanza delle reazioni delle ricorrenti dimostrerebbe del resto che, di fatto, esse non hanno avuto difficoltà particolari a comprendere l'insieme del contenuto degli elementi di prova.

Giudizio del Tribunale

337.
    Gli allegati alla comunicazione degli addebiti che non provengono dalla Commissione non vanno considerati come «testi» ai sensi dell'art. 3 del regolamento n. 1 del Consiglio. Essi vanno considerati infatti come documenti probatori sui quali la Commissione si basa e, pertanto, vanno portati a conoscenza del destinatario così come sono (v., in particolare, sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-148/89, Tréfilunion/Commissione, Racc. pag. II-1063, punto 21). La Commissione non ha quindi commesso alcuna violazione delle disposizioni dell'art. 3 del regolamento n. 1 del Consiglio.

338.
    Quanto all'asserita violazione dell'art. 4 del regolamento n. 99/63 addotta dall'Enichem, va rilevato che il testo della comunicazione degli addebiti rivolto a detta ricorrente in lingua italiana contiene estratti rilevanti degli allegati. Questa presentazione le ha

quindi consentito di sapere con precisione su quali fatti e su quale ragionamento giuridico la Commissione si era basata (sentenza Tréfilunion/Commissione, citata, punto 21). Di conseguenza, la ricorrente è stata in grado di difendere adeguatamente i propri diritti.

339.
    Di conseguenza il motivo va respinto.

c) Sul motivo attinente alla mancanza di tempo sufficiente per preparare la risposta alla comunicazione degli addebiti

Argomenti delle parti

340.
    La Wacker e la Hoechst sostengono che la Commissione non le ha messe in condizione di prendere conoscenza del fascicolo e di far in seguito conoscere efficacemente il loro punto di vista (sentenza della Corte 27 ottobre 1977, causa 121/76, Moli/Commissione, Racc. pag. 1971, punto 20). Rifiutando, malgrado le circostanze del caso di specie, di prorogare il termine impartito all'impresa per presentare le sue osservazioni di risposta alla comunicazione degli addebiti, la Commissione avrebbe violato tanto i diritti della difesa quanto le disposizioni dell'art. 11 del regolamento n. 99/63.

341.
    La BASF sostiene di non aver avuto a disposizione un tempo sufficiente per procedere all'esame dei documenti che le sono stati notificati con lettera 3 maggio 1988.

342.
    La Commissione ribatte alla Wacker e alla Hoechst che le disposizioni dell'art. 11 del regolamento n. 99/63 sono state rispettate. La ricorrente avrebbe pertanto beneficiato di due mesi per rispondere per iscritto alla comunicazione degli addebiti e di cinque mesi per preparare l'audizione del settembre 1988. Questi termini sarebbero del tutto sufficienti, specie se paragonati ai termini previsti dall'art. 173, quinto comma, del Trattato (sentenza della Corte 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands/Commission, Racc. pag. 207, punti 270-273). Il fatto che taluni allegati alla comunicazione degli addebiti non fossero redatti nella lingua della ricorrente non può modificare tale conclusione, atteso che la ricorrente e il suo avvocato non hanno incontrato difficoltà di comprensione.

343.
    In risposta all'argomento della BASF la Commissione ritiene che, per quanto concerne i documenti allegati alla sua lettera del 3 maggio 1988, la ricorrente non può sostenere, tenuto conto del tenore della lettera stessa, di aver compreso solo dopo l'adozione della decisione che tali documenti erano utili alla sua difesa; era lei che doveva stabilirlo. Poiché la lettera è stata spedita il 3 maggio 1988, e le risposte sono state fornite il 10 giugno 1988, alla ricorrente sarebbe stato lasciato un tempo sufficiente; quest'ultima, senza chiedere proroghe oltre tale data, avrebbe peraltro presentato un gran numero di osservazioni. Le disposizioni dell'art. 11, n. 1, del regolamento n. 99/63

sarebbero quindi state rispettate.

Giudizio del Tribunale

344.
    L'art. 2, n. 4, del regolamento n. 99/63 dispone: «Nel comunicare gli addebiti la Commissione fissa un termine entro il quale le imprese e associazioni d'imprese possono manifestare il proprio punto di vista». A tal fine, l'art. 11, n. 1, del medesimo regolamento precisa: «la Commissione tiene conto del tempo necessario per presentare le osservazioni e dell'urgenza del caso. Il termine non dev'essere inferiore a due settimane e può essere prorogato».

345.
    Nel caso di specie la comunicazione degli addebiti è stata spedita il 5 aprile 1998 alle imprese interessate, le quali dovevano far conoscere il loro punto di vista sugli addebiti mossi nei loro confronti entro il 16 maggio 1988.

346.
    Con lettera 3 maggio 1988 la Commissione ha spedito alle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti una serie di documenti complementari indicando che, pur non essendo citati negli addebiti, «[essi] potevano essere rilevanti per la valutazione della causa nel suo complesso».

347.
    La Wacker e la Hoechst hanno chiesto una proroga del termine fino al 15 luglio 1988. Con lettera 18 maggio 1988 la Commissione ha deciso di accordare loro una dilazione fino al 10 giugno 1988, tenuto conto in particolare della spedizione di documenti complementari il 3 maggio 1988.

348.
    In risposta alla domanda di proroga presentata dalla BASF il 5 maggio 1988, pervenuta alla Commissione il 17 maggio seguente, quest'ultima, con lettera 24 maggio 1988, ha fissato al 10 giugno 1988 la scadenza per la risposta alla comunicazione degli addebiti.

349.
    Il Tribunale ritiene che, nelle circostanze del presente caso, il termine di circa due mesi così accordato alle ricorrenti sia stato sufficiente a consentir loro di preparare la risposta alla comunicazione degli addebiti (in tal senso, sentenza United Brands/Commissione, citata, punti 272 e 273).

350.
    Di conseguenza, il motivo va respinto.

2. Sui motivi attinenti all'esistenza di vizi nell'audizione

a) Sul motivo attinente al termine insufficiente per preparare l'audizione

351.
    La Wacker e la Hoechst sostengono che il consigliere auditore non ha avuto a

disposizione un tempo sufficiente per preparare l'audizione.

352.
    La Commissione ritiene infondata tale affermazione.

353.
    Quand'anche fossero state legittimate a sollevare un tale motivo, le ricorrenti non hanno specificato in quale misura il tempo concesso al consigliere auditore per preparare l'audizione non gli è stato sufficiente e non hanno neppure addotto in qual modo, supponendo fondata la loro affermazione, questa circostanza avrebbe potuto viziare il procedimento amministrativo.

354.
    Di conseguenza, il motivo va respinto.

b) Sul motivo attinente alla violazione dell'art. 3 del regolamento n. 1

Argomenti delle parti

355.
    La BASF, la Wacker, la Hoechst e l'Enichem sostengono che la Commissione ha violato l'art. 3 del regolamento n. 1. Infatti il processo verbale dell'audizione riprodurrebbe le dichiarazioni delle varie parti solo nella lingua in cui si sono espresse e non unicamente nella lingua dello Stato che esercita la giurisdizione sulle ricorrenti stesse. Ora, secondo la BASF, anche queste dichiarazioni sarebbero essenziali poiché, per ipotesi, l'addebito mosso nei confronti di tutte le imprese è di aver attuato un'intesa.

356.
    La Commissione ritiene questo motivo infondato.

Giudizio del Tribunale

357.
    Bisogna ricordare che, ai sensi dell'art. 9, n. 4, del regolamento n. 99/63, «[l]e principali dichiarazioni rilasciate da ciascuna delle persone sentite sono messe a verbale. Il processo verbale viene letto e approvato dalle persone sentite».

358.
    Nel caso di specie è pacifico che le ricorrenti sono state in grado di prendere utilmente conoscenza della parte principale delle loro dichiarazioni depositate nel processo verbale.

359.
    Inoltre le ricorrenti, le quali non contestano di aver avuto la possibilità di seguire quanto si è detto nel corso dell'audizione grazie all'interpretazione simultanea, non asseriscono che il processo verbale contenesse, a causa della mancanza di traduzione delle parti redatte in una lingua diversa da quella dello Stato membro che esercita la giurisdizione su di esse, inesattezze o omissioni sostanziali nei loro confronti, atte ad avere conseguenze dannose che potessero viziare la procedura amministrativa

(sentenze ACF Chemiefarma/Commissione, citata, punto 52, e Parker Pen/Commissione, citata, punto 74).

360.
    Ne consegue che il motivo va respinto.

c) Sul motivo attinente al carattere incompleto del processo verbale dell'audizione

Argomenti delle parti

361.
    La BASF sostiene che il processo verbale dell'audizione è incompleto. Infatti, esso non comprenderebbe parti decisive delle dichiarazioni di altre imprese. Ad esempio, non sarebbero state allegate al verbale, contrariamente a quanto ivi indicato, le difese presentate a nome di tutte le imprese interessate, la difesa della ricorrente e quella delle altre imprese. Ora, trattandosi di accuse di collusione, la presa di conoscenza e l'esame delle difese presentate dalle altre parti erano essenziali. La BASF aggiunge che la Commissione non può invocare l'art. 9, n. 4, del regolamento n. 99/63, dato che quest'ultimo riguarda unicamente il controllo sull'esattezza del contenuto del verbale ad opera della parte sentita, ma non il diritto di prendere conoscenza delle dichiarazioni di altre parti.

362.
    La Wacker e la Hoechst deducono un motivo identico basato sull'assenza di menzione, nel processo verbale, delle affermazioni comuni alle diverse imprese.

363.
    La Commissione ritiene che il processo verbale dell'audizione, come notificato alla BASF, sia conforme all'art. 9, n. 4, del regolamento n. 99/63, in quanto consente a quest'ultima di approvare le proprie dichiarazioni. Di conseguenza, non avrebbe senso trasmettere alla ricorrente, perché l'approvi, il testo delle dichiarazioni formulate dalle altre imprese interessate e dai loro avvocati in occasione dell'audizione.

364.
    Dopo tutto, la BASF, la Wacker e la Hoechst avevano avuto conoscenza di tali dichiarazioni, avendo assistito all'audizione.

Giudizio del Tribunale

365.
    Durante la fase orale del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione, svoltasi tra il 5 e l'8 settembre 1988 e il 19 settembre 1988, i soggetti interessati hanno potuto far valere in comune i loro punti di vista relativamente a taluni argomenti.

366.
    Emerge dal verbale dell'audizione, comunicato a ciascuna delle persone che vi hanno preso parte, che gli interventi comuni sono stati esposti in forma sintetica.

367.
    Ne emerge altresì che il testo completo dei diversi interventi fatti a nome dei soggetti interessati doveva essere contenuto negli allegati che fanno parte del verbale. Ora, va

osservato che tali allegati non sono stati acclusi a questo documento.

368.
    Questa circostanza non costituisce peraltro un vizio del procedimento amministrativo tale da inficiare la legittimità della decisione che ne costituisce il risultato. Infatti, l'art. 9, n. 4, del regolamento n. 99/63 (citato supra, punto 357) ha lo scopo di garantire la sostanziale conformità del verbale alle dichiarazioni delle persone sentite (sentenza 14 luglio 1972, ICI/Commissione, citata, punto 29). Ora, poiché le difese comuni hanno riguardato le ricorrenti, queste hanno potuto venire a conoscenza della sostanza delle dichiarazioni, poiché queste sono state registrate nel verbale dell'audizione. Inoltre, esse non dicono che la riproduzione sintetica di tali dichiarazioni contiene inesattezze. Infine, dal momento che queste difese erano presentate a nome delle ricorrenti, queste ultime non potevano affermare di non averne avuto una conoscenza sufficiente.

369.
    Quanto alla mancata comunicazione in allegato al processo verbale del testo delle affermazioni della BASF e di quelle delle altre persone che avevano presentato osservazioni, non costituisce neppure un vizio del procedimento amministrativo tale da inficiare la legittimità della Decisione, dal momento che lo stesso verbale riporta le dichiarazioni essenziali.

370.
    In ogni caso, va sottolineato che la BASF, la Wacker e la Hoechst hanno partecipato all'audizione ed hanno potuto, in tale occasione, venire a conoscenza degli argomenti effettivamente esposti in comune e delle osservazioni presentate a titolo individuale da altre persone.

371.
    Il motivo va pertanto respinto.

d) Sul motivo attinente alla mancata produzione del parere del consigliere auditore

Argomenti delle parti

372.
    La Wacker e la Hoechst affermano che esse avrebbero dovuto avere la possibilità di venire a conoscenza del parere del consigliere auditore e di commentarlo. La Commissione avrebbe quindi illegittimamente omesso di produrre tale parere.

373.
    La BASF e la Hüls sostengono che la Decisione è illegittima in quanto non ha tenuto conto della relazione del consigliere auditore. Infatti la relazione da quest'ultimo preparata all'epoca della decisione del 1988 poteva contenere valutazioni, in fatto e in diritto, che confermavano le censure mosse dalle imprese. Esse di conseguenza chiedono al Tribunale di invitare la Commissione a produrre la relazione del consigliere auditore.

374.
    La Commissione respinge la richiesta di comunicazione della relazione del consigliere

auditore in quanto si tratta di un documento interno cui i terzi non hanno accesso.

Giudizio del Tribunale

375.
    Il Tribunale rileva che i diritti della difesa non esigono che le imprese coinvolte in un procedimento ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato possano commentare la relazione del consigliere auditore, che costituisce un documento puramente interno alla Commissione. E' stato affermato che tale relazione ha il valore di un parere per la Commissione, che questa non è affatto tenuta ad attenervisi e che quindi la relazione non presenta alcun aspetto decisivo di cui il giudice comunitario debba tener conto per esercitare il proprio sindacato (ordinanza 11 dicembre 1986, ICI/Commissione, causa 212/86 R, non pubblicata nella Raccolta, punti 5-8). Infatti, il rispetto dei diritti della difesa è adeguatamente garantito se i vari organi che concorrono alla formazione della decisione finale sono stati correttamente informati degli argomenti formulati dalle imprese in risposta agli addebiti comunicati loro dalla Commissione e agli elementi di prova presentati dalla Commissione per suffragare tali addebiti (sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 7).

376.
    A questo proposito va rilevato che la relazione del consigliere auditore non ha lo scopo di integrare o correggere gli argomenti delle imprese, né quello di formulare nuovi addebiti o fornire elementi probatori nuovi a carico delle imprese stesse (in particolare, sentenze del Tribunale 24 ottobre 1991, causa T-2/89, Petrofina/Commissione, Racc. pag. II-1087, punto 54, e Hüls/Commissione, citata, punto 87).

377.
Ne consegue che le imprese non hanno il diritto, in base al rispetto dei diritti della difesa, di esigere la comunicazione della relazione del consigliere auditore per poterla commentare (sentenze Petrofina/Commissione, citata, punto 55, e Hüls/Commissione, citata, punto 88).

378.
    Di conseguenza, il motivo va respinto.

D — Sulla violazione dell'art. 190 del Trattato

Argomenti delle parti

379.
    Alcune ricorrenti sostengono che l'obbligo di motivazione imposto dall'art. 190 del Trattato è stato violato più volte.

380.
    Ad esempio, la Wacker e la Hoechst sostengono che la Decisione non è sufficientemente motivata su questi tre punti essenziali: riunione degli elementi costitutivi dell'infrazione, qualificazione di accordo o pratica concordata e

partecipazione di queste ricorrenti.

381.
    La Montedison sottolinea che la Decisione non consente di comprendere le considerazioni che hanno indotto la Commissione a decidere di confermare le ammende già comminate per fatti che si asseriscono verificati tra i dieci e i quindici anni prima (sentenza della Corte 2 maggio 1990, causa C-27/89, Scarpe, Racc. pag. I-1701, punto 27, e sentenza del Tribunale 24 ottobre 1991, causa T-3/89, Atochem/Commissione, Racc. pag. II-1177, punto 222). Nel caso di specie, nessun interesse legittimo giustificherebbe i procedimenti promossi nei confronti di un'impresa che si è ritirata dal mercato da più di dieci anni (in senso contrario, v. sentenza della Corte 2 marzo 1983, causa 7/82, GVL/Commissione, Racc. pag. 483, e sentenza 18 settembre 1992, Automec/Commissione, citata, punto 85).

382.
    Secondo l'ICI la Decisione non fornisce spiegazioni riguardo al ritardo con cui la Commissione si è pronunciata, alla scelta procedurale di non procedere ad una nuova comunicazione degli addebiti né ad una nuova audizione delle parti, all'utilizzazione di documenti scoperti nell'ambito di un'istruttoria diversa o di prove raccolte in violazione del diritto di non autoaccusarsi, al rifiuto di autorizzare l'accesso al fascicolo in condizioni conformi alla giurisprudenza, all'imposizione di un'ammenda anche se basata su un errore di fatto e alla conclusione per cui la decisione del 1988 rimarrebbe valida nei confronti della Solvay e della Norsk Hydro.

383.
    La Hüls sostiene che il testo stesso della Decisione non è comprensibile indipendentemente dai documenti cui fa riferimento, nessuno dei quali è allegato ad essa. Inoltre, nella sua valutazione giuridica la Commissione non rinvia né ad elementi di prova concreti e determinati, né ai fatti esposti all'inizio della Decisione. Infine, essa deduce che la Decisione non è motivata correttamente, specie se si tiene conto della durata del procedimento (sentenza Sytraval e Brink's France/Commissione, citata, punto 77, in combinazione con il punto 56).

384.
    Da parte sua l'Enichem sostiene che la Commissione non ha spiegato le ragioni in base alle quali ha nuovamente sanzionato le imprese destinatarie dopo un periodo di tempo cosí lungo. Non sono sufficienti a tale scopo né il regolamento n. 2988/74, che potrebbe tutt'al più giustificare i poteri della Commissione ma non motivarne le scelte, né il fatto che la Commissione avesse già deciso di imporre ammende nel 1988, il che non implica che fosse obbligata a farlo nuovamente dopo la sentenza 15 giugno 1994.

385.
    La Commissione considera il motivo infondato. Essa sostiene che la Decisione è conforme ai requisiti di cui all'art. 190 del Trattato.

Giudizio del Tribunale

386.
    Secondo una giurisprudenza costante, l'obbligo di motivazione di una decisione individuale è finalizzato a consentire al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato sulla legittimità della decisione ed a fornire all'interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata ovvero se sia eventualmente inficiata da un vizio che consenta di contestarne la validità, dovendosi precisare che la portata di tale obbligo dipende dalla natura dell'atto in questione e dal contesto nel quale l'atto è stato emanato (v., in particolare, sentenza del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T-49/95, Van Megen Sports/Commissione, Racc. pag. II-1799, punto 51).

387.
    Nel caso di specie occorre innanzitutto sottolineare che il primo 'considerando‘ della decisione concerne «il trattato che istituisce la Comunità europea» il che, implicitamente ma necessariamente, costituisce un riferimento formale alla missione assegnata alla Commissione (supra, punti 148 e 149). Questo riferimento costituisce di per sé una motivazione sufficiente dell'interesse della Commissione all'accertamento di un'infrazione e alla punizione delle imprese a tale titolo. Infatti, disponendo di una competenza discrezionale nell'attuazione delle prerogative che il Trattato le attribuisce nel campo del diritto della concorrenza, la Commissione non è tenuta a spiegare in dettaglio i motivi che l'hanno portata a compiere tali scelte. Pertanto, le affermazioni della Montedison e dell'Enichem vanno respinte.

388.
    Quanto all'insufficienza di motivazione dedotta dalla Wacker, dalla Hoechst e dalla Hüls, bisogna ricordare che, benché a norma dell‘art. 190 del Trattato la Commissione sia obbligata a motivare le proprie decisioni indicando gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione legale del provvedimento e le considerazioni che l‘hanno indotta ad adottare la decisione, non è prescritto che essa discuta tutti i punti di fatto e di diritto che sono stati sollevati da ciascun interessato nel corso del procedimento amministrativo (v., in particolare, sentenza Van Landewyck e a./Commissione, citata, punto 66). Al riguardo il Tribunale ritiene che i 'considerando‘ nn. 7-27 costituiscano un'esposizione chiara dei principali documenti presi in considerazione dalla Commissione come prove dell'infrazione. Allo stesso modo, i 'considerando‘ nn. 28-39 costituiscono una motivazione sufficiente delle conseguenze giuridiche che essa ha tratto dagli elementi di fatto.

389.
    La circostanza che la Commissione non fornisca alcuna spiegazione quanto al ritardo con cui si è pronunciata, alla scelta procedurale di non procedere ad una nuova comunicazione degli addebiti né ad una nuova audizione delle parti, all'utilizzazione di documenti scoperti nell'ambito di un'istruttoria distinta o di prove ottenute in violazione del diritto di non autoaccusarsi, al rifiuto di autorizzare l'accesso al fascicolo in condizioni conformi alla giurisprudenza, nonché all'imposizione di un'ammenda anche se basata su un errore di fatto, non costituisce un vizio di motivazione della decisione. Infatti, questi argomenti invocati dall'ICI mirano sostanzialmente a contestare il fondamento della valutazione della Commissione in merito a queste

diverse questioni. Ora, tali argomenti, relativi all'esame del fondamento della decisione, sono nel contesto presente privi di pertinenza.

390.
    Infine, quanto all'argomento dell'ICI per cui la decisione non sarebbe motivata in merito alla validità della decisione del 1988 nei confronti della Norsk Hydro e della Solvay, è sufficiente rilevare che la Decisione contiene una motivazione esplicita sul punto. Infatti, dal 'considerando‘ n. 59 della Decisione emerge che «[g]iacché Solvay non ha proposto alla Corte di giustizia un ricorso d'annullamento della decisione, e il ricorso di Norsk Hydro è stato dichiarato irricevibile, nei confronti di tali imprese resta valida la decisione 89/190/CEE».

391.
    Alla luce di quanto precede, questo motivo va respinto.

II — Sui motivi di merito

392.
    Le ricorrenti in sostanza espongono tre ordini di argomenti. In primo luogo, esse presentano una serie di motivi sulle prove (A). In secondo luogo, contestano l'esistenza, tanto in fatto quanto in diritto, di un'infrazione all'art. 85, n. 1, del Trattato (B). In terzo luogo, ognuna presenta argomenti volti a dimostrare, in ogni caso, che essa non ha partecipato all'asserita infrazione che viene loro addebitata (C).

A — Sulle prove

393.
    I motivi presentati dalle ricorrenti comprendono due profili. Innanzitutto esse contestano la ricevibilità di talune delle prove presentate contro di loro. Inoltre, esse contestano il carattere probatorio degli elementi assunti a loro carico.

1. Sulla ricevibilità delle prove

394.
    Le ricorrenti sostengono l'irricevibilità delle prove accolte a loro carico. A tal fine esse deducono sei motivi: in primo luogo, la violazione del principio dell'inviolabilità del domicilio; in secondo luogo, quella dei principi del diritto al silenzio e del diritto a non contribuire alla propria incriminazione; in terzo luogo, quella dell'art. 20 del regolamento n. 17; in quarto luogo, le ricorrenti contestano che il rifiuto di rispondere a richieste di informazioni o di produrre documenti possa essere valutato a titolo di prova a loro carico; in quinto luogo, esse deducono che taluni atti non sono mai stati comunicati loro o, in sesto luogo, sono stati comunicati solo tardivamente.

395.
    Come osservato dalle ricorrenti, questi motivi hanno in comune il fatto che, ove ritenuti fondati, bisognerebbe stralciare dal dibattimento gli atti controversi e valutare la legittimità della decisione senza di essi (sentenza AEG/Commissione, citata, punti 24-30, e ordinanza del Presidente della Corte 26 marzo 1987, causa 46/87 R,

Hoechst/Commissione, Racc. pag. 1549, punto 34).

a) Sul mezzo attinente alla violazione del principio dell'inviolabilità del domicilio

Argomenti delle parti

396.
    La LVM e la DSM sostengono, in via preliminare, che il Tribunale può controllare la conformità di un accertamento operato nell'ambito dell'art. 14 del regolamento n. 17, con l'art. 8 della CEDU. Infatti, da un lato quest'ultima disposizione è direttamente applicabile in diritto comunitario. Dall'altro, un accertamento presso i locali in cui una persona fisica o giuridica svolge la propria attività, ai sensi dell'art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, costituisce una «perquisizione» che rientra nell'ambito dell'art. 8 della CEDU.

397.
    Sempre in via preliminare, le ricorrenti ritengono, pur non avendo presentato ricorso contro le decisioni che disponevano l'accertamento, di conservare un interesse a farne verificare la legittimità in quanto la Decisione si basa su elementi di prova ottenuti in modo irregolare. Per di più, l'accertamento compiuto nella sede della DSM il 6 dicembre 1983 si basava su un mandato, ai sensi dell'art. 14, n. 2, del regolamento n. 17, che non poteva essere oggetto di un ricorso d'annullamento ex art. 173 del Trattato.

398.
    Nel primo capo di questo motivo le ricorrenti ritengono gli atti di accertamento adottati dalla Commissione contrari al principio dell'inviolabilità del domicilio, ai sensi dell'art. 8 della CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza Hoechst/Commissione, citata, e sentenza della Corte 17 ottobre 1989, causa 85/87, Dow Benelux/Commissione, Racc. pag. 3137).

399.
    Infatti, in primo luogo gli atti di accertamento sono stati adottati senza autorizzazione giudiziaria preliminare. In secondo luogo, le decisioni o i mandati di accertamento erano stati formulati in termini generali, senza limitazioni, e non avevano quindi consentito di individuare l'oggetto dell'accertamento, come proverebbe la decisione di accertamento del 4 novembre 1987 indirizzata alla LVM e il mandato del 29 novembre 1983, sulla base del quale è stato effettuato l'accertamento nella sede della DSM, il 6 dicembre 1983. In terzo luogo, le ricorrenti ritengono che possano essere effettuati solo gli accertamenti necessari (art. 14, n. 1, del regolamento n. 17 e art. 8 CEDU). Ora, questo vincolo della necessità doveva essere valutato alla luce della descrizione degli indizi che la Commissione intende verificare, descrizione che appunto mancava nel caso di specie.

400.
    Le ricorrenti concludono per l'illegittimità di tutti gli atti di accertamento adottati dalla

Commissione nel presente caso.

401.
    L'Enichem dal canto suo sostiene che «la successiva decisione di accertamento è illegittima, in quanto il suo obiettivo era formulato in termini (...) generali», in violazione quindi dell'art. 14 del regolamento n. 17.

402.
    Nel secondo capo del motivo la LVM e la DSM contestano la validità dell'esecuzione degli accertamenti effettuati dalla Commissione. Questi infatti avrebbero sconfinato nel segreto commerciale, tenuto conto della natura e del volume dei documenti effettivamente esaminati in questa occasione.

403.
    La Commissione sottolinea, in via preliminare, che la CEDU non si applica ai procedimenti comunitari di concorrenza. Inoltre, il motivo sarebbe irricevibile in quanto le ricorrenti non hanno proposto un ricorso contro la decisione della Commissione che disponeva l'accertamento contestato.

404.
    Quanto alla fondatezza del motivo, la Commissione ritiene che la rilevanza della giurisprudenza della Corte (sentenze Hoechst/Commissione e Dow Benelux/Commissione, citate) non sia pregiudicata dall'art. 8 della CEDU come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Giudizio del Tribunale

405.
    Nel caso di specie la Commissione ha effettuato accertamenti, ai sensi dell'art. 14, n. 2, del regolamento n. 17, nella sede delle seguenti imprese: Shell e ICI, sulla base di un mandato del 16 novembre 1983, DSM, sulla base di un mandato del 29 novembre 1983, EVC, società comune all'ICI e all'Enichem, sulla base di un mandato del 17 luglio 1987, e Hüls sulla base di un mandato del 17 settembre 1987.

406.
    La Commissione ha inoltre adottato decisioni di accertamento ai sensi dell'art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, in data 15 gennaio 1987 nei confronti delle imprese Alcudia, Atochem, BASF, Hoechst e Solvay, e in data 4 novembre 1987 nei confronti della Wacker e della LVM.

407.
    Occorre esaminare se il motivo sia ricevibile, cosa che viene contestata dalla Commissione, e in seguito se sia fondato.

i) Sulla ricevibilità del motivo

408.
    Le decisioni di accertamento sono di per sé atti suscettibili di essere oggetto di un ricorso d'annullamento ex art. 173 del Trattato. Infatti, l'art. 14, n. 3, del regolamento n. 17 prevede espressamente che la decisione di accertamento indichi «il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso la decisione».

409.
    Ora, secondo una giurisprudenza consolidata, una decisione adottata dalle istituzioni comunitarie che non sia stata impugnata dal destinatario entro i termini stabiliti dall'art. 173 del Trattato diviene definitiva nei suoi confronti. Tale giurisprudenza è basata in particolare sulla considerazione che i termini di impugnazione sono intesi a preservare la certezza del diritto, evitando che atti comunitari produttivi di effetti giuridici vengano rimessi in discussione all'infinito (in particolare, sentenza della Corte 30 gennaio 1997, causa C-178/95, Wiljo, Racc. pag. I-585, punto 19).

410.
    La LVM è quindi decaduta dal diritto di avvalersi dell'illegittimità della decisione di accertamento di cui era destinataria e che non ha impugnato entro i termini. Il motivo è pertanto irricevibile.

411.
    Per contro, nella misura in cui documenti ottenuti dalla Commissione siano utilizzati a loro carico, è ricevibile una contestazione da parte della LVM e della DSM avverso la legittimità di decisioni di accertamento destinate ad altre imprese, mentre non è certo che sarebbe sicuramente ricevibile una contestazione di legittimità presentata nell'ambito di un ricorso diretto presentato contro di loro.

412.
    E' parimenti ricevibile la contestazione da parte delle ricorrenti, nell'ambito di un ricorso d'annullamento presentato avverso la decisione finale, della legittimità dei mandati di accertamento, che non sono atti suscettibili di ricorso ex art. 173 del Trattato.

413.
    Infine, emerge dalla giurisprudenza della Corte che un'impresa non può contestare la legittimità dello svolgimento del procedimento di accertamento nell'ambito di un ricorso d'annullamento proposto avverso l'atto in base al quale la Commissione procede all'accertamento stesso. Infatti, il controllo giurisdizionale sulle condizioni in cui è stato effettuato un accertamento rientra in un ricorso d'annullamento proposto, all'occorrenza, avverso la decisione finale adottata dalla Commissione a norma dell'art. 85, n. 1, del Trattato (Sentenza Dow Benelux/Commissione, citata, punto 49, e conclusioni dell'avvocato generale Mischo in tale sentenza, Racc. pag. 3149, punto 127, in fine; ordinanza del tribunale 9 giugno 1997, causa T-9/97, Elf Atochem/Commissione, Racc. pag. II-909, punto 25).

414.
    E' ricevibile quindi anche la contestazione da parte delle ricorrenti dello svolgimento dei procedimenti di accertamento effettuati dalla Commissione.

415.
    Di conseguenza, l'irricevibilità dedotta dalla Commissione dev'essere limitata al motivo sollevato dalla LVM, in quanto diretto avverso la decisione di accertamento di cui è stata destinataria.

416.
    Tuttavia, quanto al motivo esposto dall'Enichem, bisogna osservare che né i documenti

della ricorrente né la fase orale consentono al Tribunale di individuare la decisione di accertamento di cui la ricorrente contesta la legittimità. Di conseguenza il motivo, in quanto sollevato dall'Enichem, va dichiarato irricevibile, essendo impossibile per il Tribunale comprenderne il significato e la portata.

ii) Sulla fondatezza del motivo

417.
    Per le ragioni esposte in precedenza (v. supra, punto 120), il motivo va inteso come basato su una violazione del principio generale del diritto comunitario che garantisce una tutela contro gli interventi arbitrari o sproporzionati dei pubblici poteri nella sfera di attività privata di ogni persona, sia fisica che giuridica (sentenze Hoechst/Commissione, citata, punto 19, Dow Benelux/Commissione, citata, punto 30, e sentenza della Corte 17 ottobre 1989, cause riunite 97/87, 98/87 e 99/87, Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, Racc. pag. 3165, punto 16).

418.
    Tale motivo si suddivide in due capi, l'uno relativo alla validità delle azioni di accertamento, l'altro a quella dell'esecuzione di tali atti.

— Sul primo capo del motivo, attinente alla validità degli atti di accertamento

419.
    In primo luogo va rilevato che non viene contestato il fatto che le decisioni di accertamento rivolte dalla Commissione a talune imprese nel corso del 1987 sono identiche, o simili, a quella inviata alla Hoechst il 15 gennaio 1987. Ora, quest'ultima impresa ha presentato un ricorso per annullamento avverso tale decisione, respinto dalla Corte (sentenza Hoechst/Commissione, citata). In quanto i motivi e gli argomenti oggi addotti dalla LVM e dalla DSM sono identici o simili a quelli invocati allora dalla Hoechst, il Tribunale non vede motivo di discostarsi dalla giurisprudenza della Corte.

420.
    Va rilevato inoltre che tale giurisprudenza è basata sull'esistenza di un principio generale di diritto comunitario, testé ricordato, applicabile alle persone giuridiche. Il fatto che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo relativa all'applicabilità dell'art. 8 della CEDU alle persone giuridiche si sarebbe evoluta dopo la pronuncia delle sentenze Hoechst/Commissione, Dow Benelux/Commissione e Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, citate in precedenza, non ha quindi alcuna incidenza diretta sul fondamento delle soluzioni accolte nelle suddette sentenze.

421.
    In secondo luogo, emerge dall'art. 14, n. 2, del regolamento n. 17 che gli accertamenti effettuati in base a semplice mandato si basano sulla collaborazione volontaria delle imprese (sentenze Hoechst/Commissione, citata, punto 31, Dow Benelux/Commissione, citata, punto 42, e Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, citata, punto 28). Questa osservazione non può essere modificata dal fatto che una sanzione è prevista dall'art. 15, n. 1, lett. c), prima parte della frase, del regolamento n. 17. Infatti, tale sanzione

si applica solo nell'ipotesi in cui, avendo accettato di cooperare all'accertamento, l'impresa presenti in modo incompleto i libri o altri documenti aziendali richiesti.

422.
    Dal momento che l'impresa ha effettivamente collaborato a un accertamento effettuato in base a un mandato, il motivo attinente ad una ingerenza eccessiva dell'autorità pubblica è infondato, mancando elementi a sostegno del fatto che la Commissione avrebbe oltrepassato i limiti della collaborazione offerta dall'impresa.

423.
Di conseguenza, questo capo del motivo va respinto.

— Sul secondo capo del motivo, attinente all'esecuzione degli atti di accertamento

424.
    A questo titolo, le ricorrenti deducono un solo argomento attinente all'ingente quantità dei documenti copiati e portati via dalla Commissione, che avrebbe pertanto sconfinato nel segreto commerciale.

425.
    Ora, l'asserita voluminosità dei documenti di cui la Commissione ha preso una copia, peraltro non altrimenti precisata dalle ricorrenti, non può costituire, di per sé, un vizio che inficia lo svolgimento di un procedimento di accertamento, mentre, per di più, la Commissione procede ad un'indagine in merito ad un'intesa che si assume conclusa fra tutti i produttori europei di un dato settore. Inoltre, in forza dell'art. 20, n. 2, del regolamento n. 17, i funzionari e gli altri agenti della Commissione sono tenuti a non divulgare le informazioni raccolte in applicazione di tale regolamento e che, per loro natura, sono coperte dal segreto professionale.

426.
    Pertanto, l'irregolarità degli accertamenti operati dalla Commissione non è dimostrata.

427.
    Alla luce di questi elementi, il presente motivo va interamente respinto.

b) Sul motivo attinente alla violazione di un «diritto al silenzio» e del diritto di non contribuire alla propria incriminazione

Argomenti delle parti

428.
    Il motivo si può dividere in due capi.

429.
    Nel primo capo la LVM, la DSM e l'ICI ricordano che in forza dell'art. 14, n. 3, del Patto sui diritti civili e politici, nonché dell'art. 6 della CEDU, secondo l'interpretazione della Corte europea dei diritti dell'uomo, qualunque accusato, compresa un'impresa, ha diritto, ab initio, di mantenere il silenzio (Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza Funke/Francia, citata, punto 44, e parere della Commissione europea dei diritti dell'uomo 10 maggio 1994, Saunders/Regno Unito, punti 69, 71 e

76; contra, la sentenza precedente della Corte, Orkem/Commissione, citata, punti 30-35 e 37-41, che esprime una valutazione ormai priva di senso, essendo sensibilmente arretrata rispetto alla sentenza Funke/Francia). Ora, la Commissione non può andare contro la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (sentenze della Corte 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT, Racc. pag. I-2925, punto 41, e Orkem/Commissione, citata, punto 30).

430.
    Le ricorrenti ne deducono che qualunque informazione ottenuta dalla Commissione sulla base dell'art. 11 del regolamento n. 17 dovrebbe essere stralciata dal dibattimento. Tale conclusione andrebbe applicata tanto alle decisioni di richiesta di informazioni, ai sensi dell'art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, quanto alle domande di informazioni, ai sensi dell'art. 11, n. 1, di tale regolamento; infatti, poiché le sanzioni previste dall'art. 15, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento si applicano in entrambi i casi, si tratterebbe di informazioni ottenute sotto costrizione, ai sensi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.

431.
    I diritti delle imprese pregiudicate non si possono ignorare a causa del fatto che una tale conclusione può mettere in discussione la legittimità dell'art. 11 del regolamento n. 17 nel suo complesso; la Commissione dovrebbe pertanto accertare l'infrazione con ogni altro mezzo compatibile con gli artt. 6 e 8 della CEDU.

432.
    Pertanto, nessuna delle risposte fornite dalle imprese alle domande di informazioni loro rivolte dalla Commissione può contribuire all'acquisizione della prova.

433.
    Nel secondo capo di questo motivo la LVM, la Elf Atochem, la DSM, l'ICI e l'Enichem invocano il diritto di non contribuire alla propria incriminazione.

434.
    Di conseguenza, secondo la LVM, la Elf Atochem, la DSM e l'ICI le risposte alle questioni che sono state dichiarate illegittime nelle sentenze della Corte 18 ottobre 1989, Orkem/Commissione, citata, e causa 27/88, Solvay/Commissione (Racc. pag. 3355) dovrebbero essere stralciate dal dibattimento.

435.
    La Elf Atochem mette in discussione per esempio la decisione ex art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, di cui è stata destinataria. La LVM, la DSM e l'ICI contestano, inoltre, la legittimità di tutte le richieste di informazioni indipendentemente dall'impresa destinataria e dal fondamento giuridico.

436.
    L'Enichem sostiene che, obbligando le imprese a sottoporsi ad operazioni di accertamento senza disporre del minimo indizio sulle pratiche indagate, la Commissione avrebbe indotto le imprese ad autoincriminarsi.

437.
    La Commissione ricorda in via preliminare che la CEDU non si applica ai

procedimenti comunitari di concorrenza. Inoltre, il motivo sarebbe irricevibile in quanto le ricorrenti non hanno proposto un ricorso avverso le decisioni di richiesta di informazioni.

438.
    In ogni caso, la Commissione osserva che le imprese non hanno risposto, nel caso di specie, a nessuna delle questioni che la Corte ha giudicato contrarie al diritto comunitario (sentenze Orkem/Commissione e 18 ottobre 1989, Solvay/Commissione, citate).

Giudizio del Tribunale

439.
    Nell'ambito della sua indagine nel presente caso la Commissione ha rivolto alla maggior parte delle imprese domande di informazioni ai sensi dell'art. 11 del regolamento n. 17. Alcune erano richieste di informazioni ai sensi del n. 1 di detto articolo, altre erano decisioni ai sensi del n. 5 del medesimo.

440.
    Bisogna esaminare la ricevibilità del motivo, contestata dalla Commissione, e in seguito la sua fondatezza.

— Sulla ricevibilità del motivo

441.
    Per le ragioni sopra esposte a proposito delle decisioni di accertamento e che si possono trasporre alle decisioni di domanda di informazioni, le ricorrenti sono decadute dal diritto di invocare l'illegittimità delle decisioni di richiesta di informazioni di cui erano destinatarie e che non hanno contestato entro due mesi dalla notifica.

442.
    Il motivo è pertanto irricevibile in quanto mira a dichiarare l'illegittimità delle domande di informazioni di cui le ricorrenti sono state rispettivamente destinatarie.

— Sulla fondatezza del motivo

443.
    I poteri attribuiti alla Commissione dal regolamento n. 17 hanno lo scopo di consentirle di espletare il compito, ad essa affidato dal Trattato, di vegliare sull'osservanza delle norme sulla concorrenza nel mercato comune.

444.
    Nel corso del procedimento di indagine preliminare il regolamento n. 17 non riconosce all'impresa nei cui confronti viene svolta un'indagine alcun diritto di sottrarvisi per il motivo che potrebbe risultarne la prova di un'infrazione, da essa compiuta, alle norme sulla concorrenza. Il regolamento le impone, anzi, un obbligo di attiva collaborazione, per cui deve tenere a disposizione della Commissione tutte le informazioni riguardanti l'oggetto dell'indagine (sentenza Orkem/Commissione, citata, punto 27, e sentenza del Tribunale 8 marzo 1995, causa T-34/93, Société Générale/Commissione, Racc. pag. II-545, punto 72).

445.
    In mancanza di un diritto al silenzio espressamente consacrato dal regolamento n. 17, si deve accertare se talune limitazioni al potere di investigazione della Commissione nel corso dell'indagine preliminare non scaturiscano dalla necessità di garantire il rispetto dei diritti della difesa, considerati dalla Corte un principio fondamentale dell'ordinamento giuridico comunitario (sentenza Orkem/Commissione, citata, punto 32).

446.
    A questo proposito, se è vero che i diritti della difesa devono essere rispettati nei procedimenti amministrativi che possono portare all'irrogazione di sanzioni, è necessario evitare che detti diritti vengano irrimediabilmente compromessi nell'ambito di procedure d'indagine previa che possono essere determinanti per la costituzione di prove attestanti l'illegittimità di comportamenti di imprese (sentenze Orkem/Commissione, citata, punto 33 e Société Générale/Commissione, citata, punto 73).

447.
    Tuttavia, per realizzare la finalità perseguita dall'art. 11, nn. 2 e 5, del regolamento n. 17, la Commissione ha il diritto di obbligare un'impresa a fornirle tutte le informazioni necessarie per quanto attiene ai fatti di cui quest'ultima sia a conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui sia in possesso, pur potendo essi servire ad accertare che l'impresa stessa o un'altra impresa hanno tenuto un comportamento anticoncorrenziale (sentenze Orkem/Commissione, citata, punto 34, 18 ottobre 1989, Solvay/Commissione, citata, e Société Générale/Commissione, citata, punto 74).

448.
    Il riconoscimento di un diritto al silenzio assoluto, invocato dalle ricorrenti, andrebbe infatti oltre quanto necessario al rispetto dei diritti della difesa delle imprese e costituirebbe un ostacolo ingiustificato allo svolgimento, da parte della Commissione, del compito di vegliare sul rispetto delle regole di concorrenza nel mercato comune, attribuitole dall'art. 89 del Trattato. Va osservato, in particolare, che sia nelle loro risposte alle richieste di informazioni, sia nel prosieguo del procedimento amministrativo, quando la Commissione ritenga opportuno avviarlo, le imprese hanno piena facoltà di far valere il proprio punto di vista, specie riguardo ai documenti che sono state indotte a produrre o alle risposte che hanno fornito a domande della Commissione.

449.
    Tuttavia la Commissione non può, con una decisione di richiesta di informazioni, pregiudicare i diritti della difesa riconosciuti all'impresa. Per esempio, essa non può imporre all'impresa l'obbligo di fornire risposte attraverso le quali questa sarebbe indotta ad ammettere l'esistenza della trasgressione, che deve invece essere provata dalla Commissione (sentenze Orkem/Commissione, citata, punti 34, in fine, e 35, 18 ottobre 1989, Solvay/Commissione, citata, e Société Générale/Commissione, citata, punto 74).

450.
    Gli argomenti della ricorrente vanno valutati entro i limiti così ricordati.

451.
    Nel caso di specie, in primo luogo è pacifico che le questioni contenute nelle decisioni di richiesta di informazioni e contestate dalle ricorrenti in questo capo del motivo sono identiche a quelle annullate dalla Corte nelle citate sentenze Orkem/Commissione e 18 ottobre 1989, Solvay/Commissione. Anche tali questioni, pertanto, sono illegittime per gli stessi motivi.

452.
    Tuttavia, come sottolineato dalla Commissione, emerge dal fascicolo che le imprese hanno effettivamente rifiutato di rispondere a tali questioni, o negato i fatti sui quali erano state interrogate.

453.
    Di conseguenza, l'illegittimità delle questioni de quo non ha conseguenze sulla legittimità della Decisione.

454.
    Infatti, le ricorrenti non hanno individuato alcuna risposta precisa a dette questioni, né hanno indicato quale uso la Commissione avrebbe fatto di tali risposte nella Decisione.

455.
    In secondo luogo, un'impresa non ha l'obbligo di rispondere a una richiesta di informazioni, ai sensi dell'art. 11, n. 1, del regolamento n. 17, contrariamente a quanto accade per le decisioni di richiesta di informazioni.

456.
    Le imprese sono pertanto libere di rispondere o meno a questioni che vengono loro poste in base a tale disposizione. Questa conclusione non può essere modificata dal fatto che è prevista una sanzione dall'art. 15, n. 1, lett. b), prima parte della frase, del regolamento n. 17. Infatti una tale sanzione si applica solo nell'ipotesi in cui, avendo accettato di rispondere, l'impresa fornisca un'informazione inesatta.

457.
    Non si può pertanto ritenere che la Commissione, attraverso domande di informazioni ai sensi dell'art. 11, n. 1, del regolamento n. 17, imponga ad un'impresa l'obbligo di fornire risposte attraverso le quali potrebbe essere indotta ad ammettere l'esistenza della trasgressione che spetta alla Commissione di provare.

458.
    In terzo luogo, quanto all'argomento specifico dell'Enichem, va ricordato che il rispetto, da parte della Commissione, del divieto di imporre alle imprese l'obbligo di fornire risposte attraverso le quali esse sarebbero indotte ad ammettere l'esistenza di un'infrazione dev'essere valutato solo in base alla natura e al contenuto delle questioni poste e non in base ad indizi di cui la Commissione disponeva in precedenza. Dopo tutto, va rilevato che nella citata sentenza Hoechst/Commissione, relativa a una decisione di accertamento simile a quella rivolta agli altri produttori di PVC, la Corte ha concluso che tale decisione conteneva gli elementi essenziali prescritti dall'art. 14, n. 3, del regolamento n. 17. In particolare, essa ha sottolineato che tali decisioni

menzionavano informazioni che indicavano l'esistenza e l'applicazione di accordi o di pratiche concordate tra taluni produttori di PVC che potevano costituire una infrazione all'art. 85 del Trattato (sentenza Hoechst/Commissione, citata, punto 42). Pertanto, l'argomento dell'Enichem non può essere accolto.

459.
    Di conseguenza il motivo va respinto interamente.

c) Sul motivo attinente ad una violazione dell'art. 20, n. 1, del regolamento n. 17

Argomenti delle parti

460.
    La LVM, la DSM, l'ICI, la Hüls e l'Enichem ricordano che in forza dell'art. 20, n. 1, del regolamento n. 17, informazioni raccolte legittimamente possono essere utilizzate solo per lo scopo per il quale sono state richieste (sentenza Dow Benelux/Commissione, citata, punti 17 e 18, e, su questioni analoghe, sentenze della Corte 16 luglio 1992, causa C-67/91, Asociación Española de Banca Privada e a./Commissione, Racc. pag. I-4785, punti 35-39 e 42-54, e 10 novembre 1993, causa C-60/92, Otto, Racc. pag. I-5683, punto 20).

461.
    Di conseguenza la Commissione, pur potendo utilizzare informazioni raccolte nell'ambito di un'indagine come indizi per valutare l'opportunità di avviare un'altra indagine (sentenza Dow Benelux/Commissione, citata, punto 19), non può servirsi di questi elementi come prova di questa nuova infrazione (sentenza Asociación Española de Banca Privada e a., citata, punto 42), per la quale occorrono altri mezzi di prova.

462.
    Nel caso di specie, dato che l'istruzione della causa aveva portato all'adozione della decisione della Commissione 23 aprile 1986, 86/398/CEE, relativa ad un procedimento ai sensi dell'art. 85 del Trattato (IV/31.149. — Polipropilene; GU L 230, pag. 1), la Commissione aveva ottenuto documenti alcuni dei quali sono stati poi usati illegittimamente come prove nella causa in oggetto. Più precisamente, si tratta di documenti cosiddetti «di programmazione», del documento intitolato «spartire la sofferenza», acclusi rispettivamente negli allegati nn. 3 e 6 alla comunicazione degli addebiti, e di una nota dell'ICI del 15 aprile 1981, allegata alla lettera della Commissione del 27 luglio 1988. La LVM e la DSM sottolineano che anche taluni documenti di quest'ultima sono in discussione.

463.
    Le ricorrenti ne deducono che, servendosi di questi documenti come prove nella presente causa, la Commissione ha violato l'art. 20, n. 1, del regolamento n. 17.

464.
    L'Enichem osserva che la Commissione, così facendo, ha violato altresì l'art. 14, nn. 2 e 3, del regolamento n. 17, in quanto nel corso dell'indagine sul mercato del polipropilene ha raccolto documenti che esulavano dall'oggetto del suo mandato.

465.
    La Commissione deduce in sostanza che i documenti controversi sono stati integrati nel fascicolo della causa sulla base di mandati relativi al PVC. Pertanto, nulla si opporrebbe alla loro utilizzazione nel caso di specie.

Giudizio del Tribunale

466.
    Prima di esaminare la fondatezza dei motivi bisogna precisare i fatti.

— Sui fatti

467.
    Nel caso di specie è pacifico da un lato che i documenti controversi sono stati ottenuti dalla Commissione per la prima volta nell'ambito dell'indagine nel settore del polipropilene e, dall'altro lato, che tali documenti sono stati utilizzati come prove dalla Commissione nella decisione impugnata.

468.
    Inoltre, emerge da fascicolo che la Commissione ha domandato una nuova copia dei documenti controversi nell'ambito di mandati vertenti specificamente sul PVC.

469.
    Infatti, per quanto riguarda i documenti di programmazione, la Commissione ne ha preso di nuovo una copia in occasione di un ulteriore accertamento, in base ad un mandato che riguardava specificamente il PVC.

470.
    Per quanto concerne l'allegato n. 6 alla comunicazione degli addebiti e la nota dell'ICI del 15 aprile 1981, la Commissione li ha individuati e richiesti una seconda volta in occasione dell'accertamento del 23 novembre 1983, in base ad un mandato relativo specificamente al PVC, come confermato da una lettera spedita dall'ICI alla Commissione il 16 marzo 1984. L'ICI non può validamente sostenere di essersi peraltro opposta, in detta lettera, al fatto che questi documenti fossero incorporati nel fascicolo sul PVC; al contrario, emerge espressamente da tale lettera che l'autore ha allegato volontariamente una copia nuova di questi documenti a tal fine.

471.
    Quanto ai documenti della DSM, solo tale impresa e la LVM ne hanno parlato. Tuttavia, né gli atti né le questioni poste all'udienza hanno consentito di individuare i documenti de quo. In ogni caso, emerge dalla memoria di replica di queste due ricorrenti che, da un lato, i documenti in questione sono stati ottenuti dalla Commissione, per la prima volta, nell'ambito della causa «polipropilene», e dall'altro che la Commissione li ha richiesti e ottenuti nuovamente nel dicembre 1983, in occasione di un accertamento nella sede della DSM, in base ad un mandato relativo specificamente al PVC.

— Sulla fondatezza del motivo

472.
    E' pacifico che, considerati gli artt. 14 e 20, n. 1, del regolamento n. 17, le informazioni raccolte nel corso di accertamenti non vanno utilizzate per scopi diversi da quelli indicati nel mandato di accertamento o nella decisione di accertamento. Detta prescrizione è intesa a tutelare sia il segreto professionale, sia i diritti della difesa delle imprese. Questi ultimi diritti sarebbero gravemente compromessi qualora la Commissione potesse basarsi, nei confronti delle imprese, su prove che, conseguite durante un accertamento, siano estranee all'oggetto ed allo scopo di questo (sentenza Dow Benelux/Commissione, citata, punto 18).

473.
    Per contro, non se ne può concludere che alla Commissione è fatto divieto di avviare un procedimento d'indagine al fine di accertare l'esattezza o di completare informazioni di cui essa sia venuta incidentalmente a conoscenza durante un accertamento precedente qualora dette informazioni provino l'esistenza di comportamenti in contrasto con le norme del Trattato in materia di concorrenza (sentenza Dow Benelux/Commissione, citata, punto 19).

474.
    E' accertato del resto (v. supra, punti 467-471) che la Commissione non si è limitata a introdurre d'ufficio nella presente causa documenti ottenuti in una causa diversa, ma che ha richiesto di nuovo questi documenti nell'ambito di mandati di controllo vertenti specificamente sul PVC.

475.
    Tenuto conto degli elementi che precedono, è chiaro che il motivo si limita alla questione se la Commissione, avendo ottenuto dei documenti in una prima causa e avendoli utilizzati come indizi per avviare un altro procedimento, ha il diritto di domandare, sulla base di mandati o di decisioni relativi a questo secondo procedimento, una nuova copia dei suddetti documenti e di utilizzarli quindi come mezzi di prova in questa seconda causa.

476.
    Ne deriva che la Commissione, avendo precisamente ottenuto di nuovo questi documenti sulla base di mandati o di decisioni vertenti specificamente sul PVC, ai sensi dell'art. 14 del regolamento n. 17, e avendoli utilizzati allo scopo indicato in tali mandati o decisioni, ha rispettato i diritti della difesa delle imprese derivanti dalla suddetta norma.

477.
    Il fatto che la Commissione abbia ottenuto per la prima volta dei documenti in una determinata causa non dà una garanzia assoluta che questi documenti non possano essere richiesti legittimamente in un'altra causa e utilizzati come prova. In mancanza, come sottolineato dalla Commissione, le imprese sarebbero indotte, durante l'accertamento in una prima causa, a consegnare tutti i documenti che consentano di dimostrare un'altra infrazione e a premunirsi così da ogni procedimento al riguardo. Una soluzione del genere oltrepasserebbe i limiti di quanto necessario per la tutela del segreto professionale e dei diritti della difesa e costituirebbe un ostacolo ingiustificato

allo svolgimento, da parte della Commissione, del compito di vegliare sul rispetto delle regole sulla concorrenza nel mercato comune.

478.
    Alla luce di tutti questi elementi, il motivo va respinto.

d) Sul motivo attinente all'irricevibilità, come prova, del rifiuto di rispondere a domande di informazioni o di produrre documenti

Argomenti delle parti

479.
    La Elf Atochem e la BASF contestano che la Commissione possa utilizzare a titolo di prova dell'infrazione o della loro partecipazione alla stessa il fatto che esse non hanno risposto a richieste di informazioni o non hanno prodotto taluni documenti, tanto più che detto rifiuto sarebbe oggettivamente giustificato.

480.
    La Commissione sostiene che manca nella Decisione un qualunque fondamento a tale affermazione.

Giudizio del Tribunale

481.
    Per l'analisi del presente motivo occorre distinguere tra la prova dell'infrazione e la prova della partecipazione delle imprese alla stessa.

— Prova dell'infrazione

482.
    Se è vero che la Commissione ha, direttamente o indirettamente, preso atto del rifiuto delle imprese di rispondere a determinate domande (Decisione, punti 6, in fine, 8, in fine, 9, terzo comma, 14, primo comma, 16, primo comma, 18, primo comma, 20, terzo e quarto comma, 26, terzo e quinto comma, 37, secondo comma), essa però non ne ha mai fatto uso nella Decisione come elemento di prova dell'infrazione.

483.
    In realtà, in questi diversi punti la Commissione si è limitata a dichiarare che, non avendo potuto ottenere le informazioni richieste alle imprese, essa doveva basarsi su altri elementi per addurre la prova dell'infrazione e, in particolare, fare un uso più netto delle deduzioni tratte dalle informazioni a sua disposizione.

484.
    Questo capo del motivo è pertanto infondato.

— Prova della partecipazione all'infrazione

485.
    Poiché è in discussione solo la partecipazione delle imprese all'intesa addotta, una ricorrente non può contestare le prove accolte per dimostrare la partecipazione di

altre imprese all'infrazione. L'esame del motivo si limita quindi a determinare se, nei confronti delle ricorrenti ICI e Elf Atochem, la Commissione abbia considerato come prova della loro partecipazione il loro rifiuto o l'impossibilità di rispondere a richieste di informazioni.

486.
    Se le ricorrenti non sono state in grado di individuare gli estratti della Decisione da cui emergerebbe che il loro rifiuto di rispondere alle richieste di informazione della Commissione è stato considerato come prova della loro partecipazione all'infrazione addotta, emerge dal punto 26, primo comma, in fine, della Decisione, che «la Commissione ha esaminato anche il ruolo svolto da ciascun produttore e le prove della partecipazione di ciascuno di essi all'intesa. Ulteriori particolari sono stati forniti a ciascun produttore nel corso della procedura amministrativa».

487.
    Tali informazioni comprendono i documenti rubricati come «particolarità individuali», che erano allegati alla comunicazione degli addebiti.

488.
    Nel caso della Elf Atochem, sotto la rubrica «principali prove della partecipazione all'infrazione», questo documento specifica: «[L'impresa] rifiuta di fornire ogni informazione in forza dell'art. 11 del regolamento n. 17 riguardo alla sua partecipazione [alle] riunioni».

489.
    Ora, il rifiuto o l'impossibilità di rispondere a richieste di informazioni non può di per sé costituire prova della partecipazione di un'impresa all'intesa.

490.
    Per valutare la partecipazione della Elf Atochem all'intesa bisogna dunque non tener conto di questa circostanza presa in considerazione dalla Commissione.

491.
    Nelle «particolarità individuali» relative all'ICI nulla del genere viene detto. Di conseguenza, in mancanza di ogni indicazione del fatto che la Commissione avrebbe considerato il rifiuto o l'impossibilità di questa impresa di rispondere a richieste di informazioni come prova della sua partecipazione all'intesa, il motivo, in quanto sollevato dall'ICI, va considerato infondato.

e) Sul motivo attinente alla mancanza di comunicazione di documenti

Argomenti delle parti

492.
    La Wacker e la Hoechst sostengono, in primo luogo, che gli estratti della stampa specializzata, benché previsti nella lista degli allegati alla comunicazione degli addebiti, non vi erano acclusi e non potevano quindi essere loro opposti. In secondo luogo esse deducono che la nota dell'ICI del 15 aprile 1981, di cui la Commissione si avvale, non era menzionata né allegata alla comunicazione degli addebiti. Nella replica esse

sostengono che detta nota non è mai stata loro inviata.

493.
    La Hüls sostiene che la nota dell'ICI del 15 aprile 1981 non può considerarsi come una prova ammissibile poiché non era allegata alla comunicazione degli addebiti.

494.
    Essa dichiara inoltre che l'allegato n. 15 alla comunicazione degli addebiti, relativo alle vendite di quattro produttori tedeschi durante il primo trimestre del 1984, da un lato, e durante tutto l'anno 1984, dall'altro, dovrebbero essere stralciati dal dibattimento perché tale allegato è stato formato sulla base di elementi non divulgati (Sentenza AEG/Commissione, citata, punto 30).

495.
    La Commissione osserva che gli estratti della stampa specializzata erano allegati alla comunicazione degli addebiti. Peraltro, la nota dell'ICI del 15 aprile 1981, pur non essendo allegata a detta comunicazione, era stata inviata alle parti il 28 luglio 1988. Non può pertanto derivarne alcuna conseguenza sulla legittimità della Decisione. Infine, in quanto fondato sulla mancata comunicazione di questo documento, il motivo sollevato dalla Wacker e dalla Hoechst è irricevibile, ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura.

Giudizio del Tribunale

496.
    In primo luogo, sembra che gli estratti della stampa specializzata facessero parte della comunicazione degli addebiti (allegato speciale intitolato «iniziative accertate in materia di prezzi)». Inoltre, pur supponendo che la Wacker e la Hoechst non li abbiano ricevuti, si tratta di documenti per loro natura pubblici. Di conseguenza, la mancata comunicazione di questi documenti, anche ove accertata, non può inficiare la legittimità della Decisione.

497.
    In secondo luogo va rilevato che nessuna norma impedisce alla Commissione di comunicare alle parti, dopo aver inviato la comunicazione degli addebiti, nuovi documenti che essa ritiene possano sostenere la sua tesi, riservandosi di concedere alle imprese il tempo necessario per presentare il proprio punto di vista al riguardo (sentenza AEG/Commissione, citata, punto 29). Pertanto, il fatto che un documento non fosse menzionato né allegato alla comunicazione degli addebiti non può inficiare di per sé la legittimità della Decisione. Inoltre, le ricorrenti non sostengono di non essere state in grado di far valere efficacemente il loro punto di vista in merito, dopo che la Commissione aveva loro inviato una copia del suddetto documento con lettera del 27 luglio 1988, specificandone la rilevanza riguardo al meccanismo di quote addotto. Difatti, esse hanno avuto la possibilità di esprimersi sia per iscritto che verbalmente.

498.
    In terzo luogo il motivo, in quanto fondato sul fatto che il suddetto documento non è

mai stato comunicato alla Wacker e alla Hoechst, è un motivo nuovo, sollevato in fase di replica. Poiché nulla indica che esso sarebbe basato su elementi di diritto e di fatto emersi nel corso del procedimento, tale motivo va dichiarato irricevibile, ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura.

499.
    In quarto luogo va osservato che l'allegato n. 15 alla comunicazione degli addebiti non costituisce una prova autonoma, presentando invece, certo in modo sommario, gli elementi del calcolo effettuato dalla Commissione a conforto delle conclusioni che essa ha tratto dall'allegato n. 10. Tali conclusioni erano integralmente esposte nella comunicazione degli addebiti e la ricorrente ha potuto formulare le proprie osservazioni al riguardo in tempo utile. Di conseguenza, anche supponendo che questo allegato n. 15 sia irricevibile in quanto non contiene elementi di informazione sufficienti, spetterebbe in ogni caso al Tribunale accertare la fondatezza delle conclusioni che la Commissione, al punto 14 della Decisione, ha tratto dalla comunicazione degli addebiti.

500.
    Il motivo va pertanto respinto.

f) Sul motivo attinente alla comunicazione tardiva di documenti

Argomenti delle parti

501.
    La BASF sostiene che l'allegato n. 3 alla comunicazione degli addebiti, che costituisce un documento a carico determinante, le è stato comunicato nella sua versione integrale solo in occasione dell'audizione il 6 settembre 1988. Malgrado la domanda formulata nel corso dell'audizione, la ricorrente non avrebbe quindi avuto la possibilità di esprimersi al riguardo, in violazione degli artt. 3, 4 e 7 del regolamento n. 99/63.

502.
    La Commissione osserva che il presente motivo non riguarda l'allegato n. 3, bensì le annotazioni manoscritte illeggibili ivi apportate e di cui la ricorrente avrebbe avuto sufficiente conoscenza.

Giudizio del Tribunale

503.
    E' accertato che i documenti che costituiscono l'allegato n. 3 alla comunicazione degli addebiti erano acclusi alla suddetta comunicazione, così come inviata alla ricorrente il 5 aprile 1988. Il motivo è quindi limitato alla comunicazione, che si asserisce tardiva, della trascrizione delle note manoscritte ivi apportate, in modo illeggibile, sulle quattro pagine di tale allegato.

504.
    E' accertato altresì che la ricorrente ha ricevuto una trascrizione integrale delle note manoscritte solo il 6 settembre 1988, in occasione dell'audizione.

505.
    Tuttavia, la sola annotazione manoscritta di cui la Commissione ha voluto avvalersi nella Decisione era stata espressamente menzionata nell'allegato alla comunicazione degli addebiti relativo alle iniziative accertate in tema di prezzi. Ne risulta che la ricorrente ha avuto piena possibilità di presentare le proprie osservazioni al riguardo.

506.
    Il motivo va pertanto respinto.

507.
    Alla luce di questi elementi, i motivi attinenti all'irricevibilità delle prove accolte dalla Commissione a carico delle ricorrenti vanno respinti, fatta riserva per il punto 490.

2. Sull'acquisizione della prova

508.
    L'argomento delle ricorrenti al riguardo si compone, in sostanza, di due motivi o serie di motivi. Innanzitutto esse contestano il valore probatorio di taluni tipi di documenti assunti a loro carico dalla Commissione. Inoltre esse le contestano di aver violato i principi relativi alla produzione della prova.

a) Sul motivo attinente alla mancanza di valore probatorio delle categorie di prove assunte dalla Commissione

Argomenti delle parti

509.
    La LVM e la DSM sostengono che, in base ai principi della procedura penale olandese e in base al diritto a un processo equo ai sensi dell'art. 6 della CEDU (Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza Kostovski, 20 novembre 1989, serie A n. 166, punti 39 e 44, e, indirettamente, sentenze del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-4/89, BASF/Commissione, Racc. pag. II-1523, punti 64-72, e causa T-6/89, Enichem Anic/Commissione, Racc. pag. II-1623, punti 69-73), la prova dei fatti addebitati non può fondarsi esclusivamente né sulle dichiarazioni dell'accusato, né sulle dichiarazioni di altre imprese incriminate, che debbono, per principio, essere considerate dubbie in modo da essere opposte solo al loro autore, né, infine, su scritti «ufficiosi», la cui affidabilità e autenticità è, per loro stessa natura, incerta.

510.
    Pertanto, nel caso di specie la Decisione dovrebbe essere annullata in quanto fondata esclusivamente su tali documenti senza il sostegno di elementi di prova legittimi.

511.
    La Commissione obietta che le norme del diritto penale olandese e l'interpretazione abusivamente estensiva della sentenza Kostovski, citata in precedenza, non sono rilevanti per l'applicazione delle norme comunitarie sulla concorrenza. Esse priverebbero di qualunque interesse pratico gli artt. 11 e 14 del regolamento n. 17.

Giudizio del Tribunale

512.
    In primo luogo, nessuna norma né principio generale del diritto comunitario impediscono alla Commissione di avvalersi di informazioni e documenti come quelli indicati dalle ricorrenti. In secondo luogo, se la tesi delle ricorrenti fosse accolta, l'onere della prova dei comportamenti contrari agli artt. 85 e 86 del Trattato, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile e incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuita dal Trattato.

513.
    In particolare, va rilevato che le ricorrenti invocano a torto, a sostegno della loro tesi, le sentenze BASF/Commissione e Enichem Anic/Commissione, citate in precedenza. Infatti, dalla motivazione di tali sentenze emerge che il Tribunale, lungi dal ritenere che le dichiarazioni delle imprese siano, per principio, prive di valore probatorio, ha concluso che, nel caso di specie, i documenti dedotti non avevano il significato e la portata che la Commissione accordava loro.

514.
    Di conseguenza, i motivi invocati dalle ricorrenti si confondono con la questione se gli accertamenti di fatto effettuati dalla Commissione poggino sugli elementi di prova da essa prodotti.

b) Sul motivo attinente ad una violazione delle regole relative all'acquisizione della prova

Argomenti delle parti

515.
    La LVM, la Elf Atochem, la BASF, la DSM, la Wacker, la Hoechst e l'ICI sostengono, nell'ambito dei motivi specificati, che la Commissione ha violato il principio della presunzione d'innocenza e dell'onere della prova su di essa incombente.

516.
    Esse ricordano che la presunzione d'innocenza, tutelata dall'art. 6 della CEDU, costituisce un principio generale del diritto comunitario e si applica in pieno per l'attuazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (sentenze della Corte ACF Chemiefarma/Commissione, citata, punto 153, 21 febbraio 1973, causa 6/72, Europemballage e Continental Can/Commissione, Racc. pag. 215, 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, 54/73, 55/73, 56/73, 111/73, 113/73, e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 301, e 28 marzo 1984, cause riunite 29/83 e 30/83, CRAM e Rheinzink/Commissione, Racc. pag. 1679; sentenze BASF/Commissione, citata, punti 70 e 71, e Enichem Anic/Commissione, citata, punto 70).

517.
    Pertanto, quali che siano le difficoltà pratiche che la Commissione incontra nel produrre prove, l'onere di dimostrare un'asserita infrazione incombe su di essa, in

contropartita degli ampi poteri di indagine che le sono riconosciuti (sentenze Hoechst/Commissione e Dow Benelux/Commissione, citate in precedenza).

518.
    A questo scopo la Commissione non può limitarsi ad affermazioni, supposizioni o induzioni. Essa deve far riferimento a indizi gravi, precisi e concordanti (v., per esempio, sentenze Europemballage e Continental Can/Commissione, citata, punti 31-37, United Brands/Commissione, citata, punti 264-267, e Suiker Unie e a./Commissione, citata, punto 166; conclusioni dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn nella sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, Racc. pag. 1914, e sentenza della Corte 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, Racc. pag. I-1307); inoltre, deve esistere un nesso diretto e causale tra i fatti e le conclusioni che ne sono tratte, le quali debbono essere ragionevolmente e obiettivamente esenti da dubbi (sentenza della Corte 30 giugno 1966, causa 56/65, STM, Racc. pag. 261, in particolare pagg. 283 e 284).

519.
    Al contrario, le imprese cui si addebita un'infrazione all'art. 85 del Trattato devono vedersi riconoscere il beneficio del dubbio. Inoltre, esse non devono necessariamente invalidare le affermazioni della Commissione, ma solo dimostrare che esse sono incerte o insufficientemente sostenute (conclusioni dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn nella sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citate, Racc. pag. 1931). In mancanza, le imprese si troverebbero di fronte ad un'illegittima inversione dell'onere della prova; esse sarebbero infatti tenute a fornire la prova negativa della loro mancata partecipazione all'intesa e costrette così alla «probatio diabolica».

520.
    Orbene, nel caso di specie la Commissione avrebbe violato questi principi e queste regole.

521.
    Infatti, secondo la LVM e la DSM, anziché basarsi su fatti accertati, la Commissione si sarebbe accontentata di ciò che essa definisce come prove indirette ma che si limitano in realtà ad affermazioni, supposizioni e induzioni (per esempio, i punti 9, 16, 20 e 23 della decisione).

522.
    Nel caso di specie, secondo la Elf Atochem la Commissione, che ammette la debolezza delle prove di cui dispone (punti 31 e 38 della motivazione della Decisione), non ha giustificato né l'esattezza dei dati su cui si basa la sua analisi, né il fondamento delle sue valutazioni. In realtà essa ha postulato l'esistenza e, alla luce delle riunioni fra taluni produttori sul cui oggetto ammette di non disporre di dati, l'attuazione di un piano generale basato su proposte del 1980, scoperte presso l'ICI. Tuttavia essa non può provare né la partecipazione di ciascun produttore a quelle che essa qualifica come «iniziative comuni», né l'unità della volontà delle imprese alle quali essa addebita l'attuazione comune di un'infrazione.

523.
    Nel caso di specie, secondo la BASF, il metodo di produzione della prova utilizzato dalla Commissione rientrerebbe in un «circolo vizioso». Infatti, in un primo tempo la Commissione presume che gli elementi di prova prodotti hanno un certo tenore e, in un secondo tempo, utilizza questi stessi elementi per dimostrare che essi possiedono il tenore preconcetto da essa loro attribuito. Questo porterebbe ad un inaccettabile rovesciamento dell'onere della prova. Sarebbe parimenti inaccettabile affermare che la mancanza di documenti a carico, per esempio sulle riunioni tra produttori, possa servire per creare una presunzione di colpevolezza. La mancanza di documenti sarebbe del resto inevitabile tenuto conto degli anni trascorsi fra la prima indagine e la comunicazione degli addebiti.

524.
    La Wacker e la Hoechst sostengono che, attraverso un uso abusivo della prova indiziaria, la Commissione ha violato le regole sulla produzione della prova. Il ragionamento che essa ha costruito consisterebbe infatti nel dedurre l'esistenza dell'accordo di base dalla presenza di atti esecutivi e viceversa, senza però mai dimostrare l'esistenza dell'uno e degli altri.

525.
    Nel caso di specie, secondo la SAV, mentre la Commissione ammetterebbe di non disporre di elementi essenziali per la prova della partecipazione all'intesa di talune imprese, fra cui la ricorrente, detta prova sarebbe desunta, per ciascuno dei presunti partecipanti, dalla sua adesione «all'intesa globalmente considerata». In realtà, la Commissione si sarebbe limitata a dedurre la partecipazione di tutte le imprese dal semplice fatto che alcune di esse vi avevano partecipato (punto 25 della Decisione). Di fatto, le tre prove che si ritiene dimostrino la partecipazione individuale della SAV non hanno alcun carattere probatorio.

526.
    L'ICI sostiene che nel caso di specie gli elementi di prova non bastano a giustificare in modo convincente le asserzioni di fatto della Commissione. Ciò riguardo all'oggetto delle riunioni e degli impegni assunti dai produttori in tali occasioni (punto 9, terzo e quarto comma della Decisione), nonché dell'attuazione di ogni sistema relativo al «volume» e ai prezzi e della conclusione secondo cui i prezzi risulterebbero da una concertazione o ancora dal nesso di causalità fra i documenti di programmazione e gli ulteriori accertamenti sui fatti compiuti dalla Commissione (punti 24, secondo comma, e 30, secondo comma, della Decisione).

527.
    In ogni caso, queste asserzioni di fatto non basterebbero a giustificare le conclusioni di diritto che la Commissione ne trae, sia in merito all'esistenza di un accordo o di una pratica concertata, sia in merito al pregiudizio per il commercio tra gli Stati membri (sentenza United Brands e a./Commissione, citata, punti 248-267, e conclusioni dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn nella sentenza Musique Diffusion française/Commission, citate, Racc. pag. 1930, in particolare pag. 1931).

528.
    La Hüls sostiene che la Commissione, senza fornire spiegazioni, ha attribuito nella Decisione valore di certezza a semplici probabilità di cui alla sua lettera del 24 novembre 1987 con la quale chiedeva informazioni alla ricorrente. In realtà, dopo la richiesta di informazioni la Commissione avrebbe avuto l'idea preconcetta che la ricorrente aveva violato l'art. 85 del Trattato.

529.
    La Commissione obietta sostanzialmente di non aver violato l'onere della prova ad essa incombente. Essa ritiene di aver disposto di prove sufficienti ad accertare un'infrazione (punto 23 della Decisione). L'eventuale inesattezza di tale affermazione rientrerebbe nella valutazione del merito. Essa in particolare ricorda che il ricorso alle prove indiziarie è consentito (v. in particolare sentenze 14 luglio 1972, ICI/Commissione, citata, punti 64-68, CRAM e Rheinzink/Commissione, citata, punti 16-20, e Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, citata, punto 71). Ciò sarebbe d'altronde indispensabile, tenuto conto della crescente presa di coscienza da parte degli ambienti affaristici europei della portata che ha il diritto della concorrenza. Inoltre le prove non devono essere considerate isolatamente, ma nel loro complesso (sentenze 14 luglio 1972, ICI/Commissione, citata, punto 68, CRAM e Rheinzink/Commissione, citata, punto 20, e Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, citata, punto 163), e le prove individuali non possono essere dissociate dal loro contesto (sentenza SIV e a./Commissione, citata, punti 91-94).

Giudizio del Tribunale

530.
    L'esame del presente motivo si confonde con quello, sollevato in particolare dalle medesime ricorrenti, attinente ad errori manifesti di valutazione dei fatti compiuti dalla Commissione nell'accertare sia l'esistenza dell'infrazione, sia la partecipazione delle imprese alla stessa.

531.
    Conviene quindi rinviare l'analisi di questo motivo, in modo da procedere simultaneamente al suo esame e a quello degli altri motivi di fondo.

B — Sulla contestazione riguardo all'esistenza di una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato

532.
    Tutte le ricorrenti mettono in discussione la valutazione dei fatti svolta dalla Commissione. La SAV è la sola che contesta unicamente la sua partecipazione all'intesa di cui trattasi, adducendo di non essere a conoscenza di essa. Tuttavia, per dimostrare di non aver partecipato a detta intesa, contesta anche, se non altro in parte, i fatti accertati dalla Commissione. Tali ultime censure sono quindi esaminate nel presente titolo.

533.
    Inoltre, le ricorrenti contestano la qualificazione giuridica dei fatti effettuata dalla

Commissione.

534.
    Occorre esaminare di seguito le censure in fatto e quelle in diritto.

1. In fatto

Breve sunto della Decisione

535.
    Nella prima parte della Decisione, intitolata «i fatti», la Commissione ha, in una prima sezione introduttiva, identificato le imprese interessate dalla Decisione e fornito taluneinformazioni, in particolare, sul prodotto di cui trattasi, sul mercato del PVC e sullo stato di sovraccapacità di tale settore.

536.
    In una seconda sezione, essa ha proceduto alla descrizione dell'infrazione, esaminando in successione i seguenti cinque aspetti: le origini dell'intesa (punto 7 della Decisione), le riunioni di produttori (punti 8 e 9), i sistemi di quote (punti 10-14), il controllo delle vendite sui mercati nazionali (punti 15 e 16) e i prezzi obiettivo e iniziative in materia di prezzi (punti 17-22).

537.
    Riguardo all'origine dell'intesa, la Commissione si è fondata essenzialmente su due documenti rinvenuti nei locali dell'ICI, inseriti all'allegato 3 della comunicazione degli addebiti (denominati congiuntamente nel prosieguo: «documenti di programmazione»). Il primo di tali documenti, intitolato «lista di controllo», e il secondo, «risposta alle proposte», costituiscono, secondo la Commissione, un progetto per la creazione d'intese.

538.
    Riguardo alle riunioni tra produttori, la Commissione si è riferita in particolare alle risposte di taluni produttori alle richieste di informazioni formulate dalla Commissione durante la previa procedura amministrativa.

539.
    Sui meccanismi di quote, la Commissione ha descritto i fatti allegati sulla base di svariati documenti. Essa si è riferita così a tre documenti inseriti agli allegati 6, 7 e 9 della comunicazione degli addebiti, da cui emerge, a suo parere, che i produttori di PVC hanno instaurato tra di loro un meccanismo di compensazione, destinato a rafforzare un sistema di quote. Il primo documento, intitolato «spartire la sofferenza», è un manoscritto rinvenuto nei locali dell'ICI, il secondo è un documento proveniente dall'ICI, ma scoperto presso un produttore terzo (nel prosieguo: «documento Alcudia»), l'ultimo, un documento interno della DSM, rinvenuto nei locali di tale impresa (nel prosieguo: «documento DSM»). Essa si è fondata anche su altri due documenti, cioè, una nota del 15 aprile 1981 trovata nei locali dell'ICI e che trascrive il messaggio del direttore generale della divisione petrolchimica della Montedison (nel prosieguo: la «nota del 15 aprile 1981») (comunicata dalla Commissione alle ricorrenti

con lettera 27 luglio 1988) e una tabella rinvenuta nei locali dell'Atochem (nel prosieguo: la «tabella Atochem») (allegato 10 alla comunicazione degli addebiti).

540.
    Riguardo ai meccanismi di controllo delle vendite, ai sensi dei quali i produttori «nazionali» di taluni grandi mercati nazionali si sarebbero scambiati informazioni sui quantitativi da essi venduti in ciascuno di tali mercati, la Commissione si è basata, principalmente, su una serie di tabelle rinvenute nei locali della Solvay (nel prosieguo: le «tabelle Solvay»), inserite agli allegati 20-40 della comunicazione degli addebiti. Essa si è rifatta anche a quanto affermato dalla Solvay il 25 febbraio 1988, e dalla Shell il 3 dicembre 1987, in risposta a talune domande di informazioni. Tali risposte erano inserite nella comunicazione degli addebiti, rispettivamente agli allegati 41 e 42.

541.
    Riguardo alle iniziative di prezzo, la Commissione si è fondata, in particolare, su documenti interni di svariati produttori di PVC, inseriti agli allegati P1-P70 della comunicazione degli addebiti, nonché su estratti della stampa specializzata relativi al periodo 1980-1984, inseriti all'allegato, non numerato, della comunicazione degli addebiti.

542.
    Infine, in una terza sezione, la Commissione ha formulato talune osservazioni in particolare sulla prova dell'esistenza dell'intesa (punti 23 e 24 della Decisione). Essa osserva pertanto: «E' insito nella natura stessa delle infrazioni oggetto del presente caso che eventuali decisioni debbano basarsi in gran parte su prove indiziarie: l'esistenza dei fatti che configurano la violazione dell'articolo 85 può dover essere, almeno in parte, dimostrata mediante logica deduzione da altri fatti provati» (punto 23 della Decisione). Dopo aver elencato i principali elementi di prova di cui ritiene di poter disporre, la Commissione ha sottolineato che «i vari elementi probatori diretti e indiziari del presente caso devono essere valutati congiuntamente. (...) considerati sotto questo profilo, tutti gli elementi di prova si rafforzano reciprocamente in relazione ai fatti in questione e autorizzano la conclusione che nel settore del PVC era in atto un cartello per la ripartizione del mercato e la fissazione dei prezzi» (punto 24 della Decisione).

Argomenti delle ricorrenti

543.
    Le ricorrenti sostengono che la Commissione non è giunta a provare i fatti di cui afferma l'esistenza.

— Sull'origine dell'intesa

544.
    Secondo le ricorrenti, i documenti di programmazione sarebbero privi di valore probatorio.

545.
    In primo luogo, la BASF, la DSM, la Wacker, la Hoechst, la Hüls e l'Enichem ritengono non provato il fatto che tali documenti riguardino il PVC; i documenti di cui agli allegati 1 e 2 della comunicazione degli addebiti avrebbero così come unico scopo di far credere che i documenti di programmazione, che costituiscono l'allegato successivo alla comunicazione degli addebiti, sono relativi a tale settore di attività.

546.
    In secondo luogo, secondo la BASF e l'Enichem, non è provato che tali documenti riguardano mercati diversi da quello del Regno Unito.

547.
    In terzo luogo, la BASF, la DSM, la Wacker, la Hoechst, la SAV, la Hüls e l'Enichem fanno valere che la risposta alle proposte non costituisce una risposta alla lista di controllo. Infatti, il primo documento sarebbe successivo al secondo ed i temi affrontati nella risposta alle proposte non corrispondono a quelli indicati nella lista di controllo. Nessuno dei documenti di programmazione comporterebbe d'altronde riferimenti all'altro. Infine, il fatto che tali documenti siano stati rinvenuti uniti tra di loro non potrebbe ovviare alla loro mancata concordanza nel fondo.

548.
    In quarto luogo, la BASF, la DSM, la Wacker, la Hoechst, la SAV, la Hüls e l'Enichem sottolineano che i documenti di programmazione sono redatti da persone non identificate e destinati a persone non identificate; resta dunque da provare che essi non siano la semplice espressione del parere di differenti persone in seno all'ICI, o che siano stati indirizzati o portati a conoscenza di altre imprese.

549.
    In quinto luogo, i ricorrenti sostengono che non esistono prove del nesso tra tali documenti e gli accordi restrittivi successivi che la Commissione ritiene di aver provato.

550.
    In ultimo luogo, secondo la BASF e la DSM, se è vero che la lista di controllo si riferisce ad una riunione del 18 settembre 1980, senza altra precisazione, la Commissione non ha provato né che tale riunione ha avuto luogo, né che non si trattasse di una semplice riunione interna dell'ICI, né che essa fosse dedicata all'esame della lista di controllo, né ancora che abbia prodotto risultati.

— Sulle riunioni tra produttori

551.
    La BASF osserva che né la data né il luogo delle riunioni sono stati precisati.

552.
    Secondo le ricorrenti, ad eccezione della Shell, la Commissione non ha provato che tali riunioni perseguissero uno scopo anticoncorrenziale. Deducendo dalle risposte delle imprese alle domande di informazioni che l'oggetto delle riunioni tra produttori era illegittimo, la Commissione avrebbe indebitamente travisato il senso di tali risposte; emergerebbe infatti da queste che le discussioni tra produttori riguardavano l'evoluzione del mercato del PVC in generale. Tale spiegazione sarebbe perfettamente

plausibile, tenuto conto della crisi che attraversava il settore e dell'importante documentazione che confermava il carattere concorrenziale del mercato. La BASF aggiunge che la Commissione non può dedurre il carattere illecito di tali riunioni dal fatto che manchi il processo verbale.

553.
    La LVM, la BASF, la DSM e l'Enichem sostengono che nessun legame permette di ricondurre tali riunioni tra produttori al preteso piano generale. In ogni caso, la Hüls sottolinea che il presunto oggetto anticoncorrenziale delle riunioni non può essere stabilito attraverso i documenti di programmazione poiché questi sono privi di valore probatorio.

— Sui meccanismi di quote e di compensazione

554.
    Le ricorrenti contestano il valore probatorio dei documenti ai quali la Commissione si riferisce.

555.
    In primo luogo, esse ricordano che i documenti di programmazione non possono essere utilmente fatti valere dalla Commissione (v. supra, punti 544 e seguenti).

556.
    In secondo luogo, la BASF, la Wacker, la Hoechst e la Hüls sostengono che i documenti spartire la sofferenza e Alcudia non riguardano il PVC e sono stati elaborati da persone estranee a tale settore; le loro opinioni, basate su informazioni parziali e voci, non potrebbero di conseguenza costituire una prova delle violazioni.

557.
    Né l'uno né l'altro di tali documenti proverebbe che un meccanismo di compensazione sia effettivamente esistito e sia stato realizzato. D'altra parte, il documento Alcudia porterebbe la menzione «progetto». Inoltre, l'ICI aveva dichiarato, nella sua risposta del 9 ottobre 1987 ad una richiesta di informazioni, che un tale sistema non era mai stato attuato.

558.
    In terzo luogo, neppure il documento DSM avrebbe valore probatorio.

559.
    La DSM, la BASF e la Hüls osservano così che in realtà esso costituirebbe solo uno studio di mercato interno, che compara statistiche globali della Fides con le vendite proprie della DSM. Secondo la DSM, il termine compensazione che appare su tale documento prevedrebbe solo la compensazione di precedenti indicazioni inesatte della Fides. Un meccanismo di compensazione, nel senso fatto proprio dalla Commissione, non avrebbe d'altra parte alcun senso, dal momento che la domanda di PVC era aumentata del 12% nel primo semestre del 1982 in rapporto allo stesso semestre dell'anno precedente.

560.
    La Wacker e la Hoechst fanno valere che il documento DSM è un estratto di un

documento più voluminoso, cosicché preso isolatamente non potrebbe essere compreso.

561.
    La BASF sottolinea infine che la Commissione non ha provato neppure un caso di compensazione tra produttori; la messa in pratica di un tale meccanismo, le cui modalità di funzionamento non sono dimostrate, non sarebbe quindi provata. La consegna di quantità minime da produttore a produttore, allo scopo di fronteggiare strozzature, non può essere qualificata come compensazione.

562.
    In quarto luogo, la tabella Atochem non avrebbe alcun valore probatorio.

563.
    La Elf Atochem rileva che tale documento, sebbene rinvenuto nei locali della Atochem, è estraneo a tale impresa ed è stato trovato nell'ufficio di una persona priva di responsabilità operazionali, tra i fascicoli di studi generali senza rapporto con il PVC.

564.
    Inoltre, secondo la BASF, tale documento, che si presume essere del 1984, sarebbe stato fatto a posteriori, cosa che non avrebbe alcun senso in un sistema di quote. La Wacker e la Hoechst sottolineano che l'origine delle cifre ivi indicate sono sconosciute; tali dati potrebbero tuttavia risultare da informazioni pubbliche.

565.
    Secondo la BASF, la Wacker, la Hoechst e la Hüls, la Commissione si limiterebbe a supporre che l'abbreviazione «%T», che appare sulla tabella Atochem, sia un riferimento ad un obiettivo; orbene, le indicazioni relative ai produttori tedeschi corrisponderebbero esattamente alla parte che rappresenta la loro capacità di produzione, cosicché «%T» potrebbe significare la percentuale della capacità totale.

566.
    D'altra parte, la LVM, la BASF, la DSM e l'Enichem osservano che i quantitativi effettivamente venduti non corrispondono ai quantitativi indicati nella tabella Atochem, cosa che avvalorerebbe l'ipotesi che i dati indicati costituirebbero solo valutazioni individuali. In realtà, la Commissione disporrebbe di dati relativi alle vendite effettive solo per tre delle tredici imprese e solo sei delle undici cifre relative a queste tre imprese corrisponderebbero ai dati relativi alle vendite effettive.

567.
    Secondo la BASF, la Wacker, la Hoechst e la Hüls, per quel che riguarda più in particolare i produttori tedeschi, le loro vendite sarebbero aggregate, cosa che renderebbe impossibile la loro identificazione e quella delle loro vendite; tale elemento sarebbe incompatibile con l'esistenza di un meccanismo di quote. Inoltre, il raffronto di tali supposti obiettivi con i dati relativi alle vendite effettive della Hoechst, come stabilite e certificate da una società di revisione nell'ottobre 1988, farebbe emergere sensibili differenze, dell'ordine del 5%.

568.
    In quinto luogo, la BASF contesta la pertinenza di documenti sui quali si basa la Commissione a sostegno della sua analisi della tabella Atochem.

569.
    Così, gli allegati 13-16, relativi alle statistiche sui volumi di vendita effettivi, mostrerebbero semplicemente che le dichiarazioni rese dai produttori al sistema Fides sono esatte. Gli allegati 17-19 non sarebbero che documenti interni, che fanno stato degli obiettivi di vendita che si fissano le imprese stesse; l'allegato 18 contrasterebbe con un sistema di quote, poiché l'ICI vi prevede una diminuzione della sua quota di mercato per i mesi a venire.

570.
    In sesto luogo, la Wacker, la Hoechst e la Hüls fanno valere che la nota dell'ICI del 15 aprile 1981 è anch'essa priva di valore probatorio. Non solamente essa non riguarderebbe il PVC, ma il suo significato resterebbe inoltre oscuro.

— Sulla sorveglianza delle vendite sui mercati nazionali

571.
    In primo luogo, la Hüls sostiene che la natura delle tabelle Solvay priva le stesse di ogni valore probatorio. Queste sarebbero state realizzate a posteriori, sulla base di informazioni la cui fonte è sconosciuta, in vista della realizzazione di studi di mercato. Si tratterebbe tutt'al più solo di ipotesi riguardanti l'evoluzione futura del fatturato, mai concretatesi l'anno successivo, e di stime, come dimostrano le cifre arrotondate. Redatti in francese, e non in inglese, questi non potrebbero che essere documenti interni della Solvay.

572.
    In secondo luogo, la LVM osserva che le tabelle Solvay avrebbero valore probatorio solamente se esatte; orbene, esse presenterebbero differenze sensibili in rapporto alle vendite effettive. Infatti, la Commissione avrebbe tenuto conto dei dati forniti provvisoriamente alla Fides, e non delle cifre definitive della Fides, le sole che traducono le vendite effettive. Orbene, tenuto conto delle date del carico e della consegna, potrebbero esistere delle differenze. Inoltre, la Wacker e la Hoechst rilevano che, per i produttori tedeschi, le tabelle Solvay non indicano alcun dato individualizzato, bensì solo cifre globali.

573.
    In terzo luogo, la Hüls sottolinea che la cifra globale delle vendite di PVC sul mercato tedesco (allegato 20 alla comunicazione degli addebiti), se in accordo con le dichiarazioni della Fides, non dovrebbe, secondo le regole del sistema Fides, includere le consegne fatte alla società Dynamite Nobel AG; un tale errore mostra quindi che le cifre di cui all'allegato 20 non corrispondono al sistema Fides.

574.
    In quarto luogo, la LVM, la BASF, la DSM, la Montedison e l'Enichem contestano alla Commissione di aver affermato, senza dimostrarlo, che i dati precisi relativi alle vendite non avrebbero potuto essere ottenuti senza uno scambio volontario tra i

produttori. Al contrario, la Solvay avrebbe spiegato di aver elaborato da sola, a fini interni, i documenti statistici sui quali la Commissione basa le sue accuse. La DSM contesta, esempi a sostegno, la conclusione della Commissione secondo cui una valutazione precisa delle parti di mercato di ciascun produttore non potrebbe essere ottenuta senza uno scambio di informazioni tra di essi. In realtà, sulla sola base di informazioni facilmente accessibili, ciascuna impresa avrebbe potuto realizzare stime precise di vendita delle concorrenti, senza alcuno scambio illegittimo d'informazioni. La BASF sottolinea che la nozione stessa di scambio implica una reciprocità tra imprese, cosa che in realtà non è stata addotta. Secondo l'Enichem, se una nota rifacentesi alla tabella dell'allegato 34, e d'altra parte solo a questa, illustra i dati scambiati con i colleghi, non sarebbe precisato chi siano tali colleghi; tenuto conto della politica aggressiva della ricorrente, non può trattarsi che di colleghi di lavoro all'interno della Solvay, e non della ricorrente. Si tratterebbe in ogni caso solo di scambi di dati già noti, e non di previsioni.

575.
    In ultimo luogo, la BASF e la Shell sostengono che la Commissione ha snaturato il senso della risposta data dalla Shell ad una richiesta di informazioni. Infatti, da un lato, la Shell avrebbe indicato che nessuna informazione precisa era stata comunicata alla Solvay; ogni comunicazione di questo tipo avrebbe riguardato le vendite in Europa occidentale e non avrebbe quindi potuto costituire la fonte di dati figuranti nei documenti Solvay che comportano una suddivisione paese per paese. Dall'altro, la Shell avrebbe aggiunto che tutte le informazioni di tale natura erano state comunicate solo occasionalmente tra gennaio 1982 e ottobre 1983, mentre i documenti Solvay contengono cifre relative al periodo 1980-1984. Tali elementi di fatto confermerebbero che i documenti Solvay sono stati elaborati solo a partire dalle statistiche ufficiali pubblicate e dai contatti con la clientela.

— Sulle iniziative in materia di prezzi

576.
    La Basf, la Wacker, la Hoechst, e la Montedison ricordano che, a loro parere, i documenti di programmazione non hanno valore probatorio (v. supra, punti 544 e seguenti).

577.
    Secondo la LVM e la DSM, l'esistenza di prezzi obiettivo non era concepibile nel mercato del PVC; i prezzi sarebbero infatti negoziati caso per caso.

578.
    La LVM, la DSM, la Wacker e la Hoechst fanno valere che gli allegati P1-P70 alla comunicazione degli addebiti non hanno valore probatorio, dal momento che si tratta di rapporti interni delle imprese fatti a posteriori.

579.
    In ogni caso, secondo la LVM, la BASF, la DSM, la Wacker, la Hoechst, la Montedison, la Hüls e l'Enichem, tali allegati non permettono di concludere che le

iniziative contestate fossero concordate; in realtà, le iniziative di cui trattasi non sarebbero che il risultato di decisioni autonome di imprese, senza previa concertazione; le imprese non avrebbero fatto altro che adattarsi intelligentemente alle condizioni del mercato.

580.
    Le ricorrenti sottolineano infine che gli allegati P1-P70 e i documenti ad esse indirizzati dalla Commissione il 3 maggio 1988 rivelerebbero, al contrario, un mercato concorrenziale, nel quale, in particolare, i prezzi evolvevano rapidamente e frequentemente e taluni produttori si mostravano aggressivi.

581.
    Gli estratti dalla stampa specializzata non costituirebbero né una prova né un indizio di infrazione. Essi non sarebbero quindi sufficienti a sostenere la tesi della Commissione.

Giudizio del Tribunale

582.
    Occorre rilevare che, allo scopo di determinare l'origine dell'intesa, la Commissione si è basata sul testo dei documenti di programmazione, sulle informazioni fornite dall'ICI a loro proposito, a seguito di una richiesta di informazioni ad essa indirizzata, e sulla stretta correlazione esistente tra le pratiche previste descritte in tali documenti, da un lato, e le pratiche accertate sul mercato, dall'altro.

583.
    Alla luce di quanto detto, occorre esaminare anzitutto le differenti pratiche di cui la Commissione ritiene aver provato l'esistenza sul mercato, mettendole in parallelo con le pratiche previste nei documenti di programmazione.

— Sui sistemi di quote

584.
    La lista di controllo, che costituisce il primo dei documenti di programmazione, enunciava, al suo punto 3, talune «proposte per un nuovo quadro di riunioni». Tale rubrica, dopo aver elencato sotto forma di iniziali o di sigle il nome di taluni produttori interpellati per partecipare a tali riunioni, contiene una suddivisione relativa alle «proposte sulle modalità di funzionamento delle riunioni», contenente essa stessa i seguenti elementi: «quote di mercato percentuali dei produttori, unitamente alle eventuali variazioni consentite rispetto a tali quote» e «accordi per l'utilizzazione di nuove capacità».

585.
    La risposta alle proposte, che costituisce il secondo dei documenti di programmazione, enuncia, al suo punto 2, la proposta secondo cui «in futuro, le quote espresse in tonnellate dovranno essere assegnate per impresa e non per paese», accompagnata dal seguente commento: «fermamente appoggiato ma, per essere realistico ed applicabile, un futuro sistema di quote deve comprendere una formula convenuta per

l'utilizzazione di nuove capacità e di impianti che avevano ripreso a funzionare dopo chiusure temporanee». Al punto 3, questo stesso documento contiene la seguente proposta: «la quota di mercato dei produttori dovrà essere calcolata sulla base di quelle conseguite nel 1979 mediante correzione delle anomalie flagranti verificatesi nel corso di tale anno», accompagnato dal seguente commento: «pienamente appoggiato». Infine al punto 4 troviamo la seguente proposta: «una flessibilità di circa il 5% dovrà essere applicata alle quote di mercato fissate ai sensi del punto 3 di cui sopra, in modo tale che le posizioni reali sul mercato dei produttori possano evolvere per riflettere il vero potenziale di ciascuno», accompagnato dal seguente commento: «parecchi dubbi a tal proposito, soprattutto per il fatto che, se quote di mercato devono essere definite, sarebbe pericoloso integrare un'autorizzazione ad eccedere la quota convenuta».

586.
    Per dimostrare l'esistenza di un meccanismo di quote, la Commissione si è riferita, nella sua Decisione, a diversi documenti di cui aveva potuto ottenere copia nel corso della procedura di indagine da essa svolta.

587.
    Essa si è così fondata, in particolare, su tre documenti che provano, a suo parere, l'esistenza di un meccanismo di compensazione attuato nel 1981 tra i produttori di PVC e che dimostrano l'esistenza di meccanismi di quote di cui esso non sarebbe che un corollario.

588.
    Il documento spartire la sofferenza, scoperto nei locali dell'ICI, riguarda, principalmente, un sistema di ripartizione delle perdite relative alla riduzione delle vendite di un prodotto termoplastico diverso dal PVC. Tuttavia, troviamo le seguenti osservazioni: «L'esperienza acquisita con sistemi simili per il PVC e l'LDPE non promette nulla di buono, ma talune lezioni possono esserne tratte». Dopo l'indicazione «Quantità obiettivo», l'autore del documento prosegue: «Su quale base verrebbero valutate le prestazioni? I produttori di PVC sono stati in grado di lavorare su quote di mercato convenute per il 1981». Infine viene indicato che «il sistema per il PVC consentiva rettifiche soltanto se le vendite di un'impresa o di un gruppo di imprese scendeva al di sotto del 95% dell'”obiettivo”. Ciò consentiva alle imprese di guadagnare quote di mercato impunemente».

589.
    Il documento Alcudia, proveniente dall'ICI ma scoperto presso un produttore spagnolo, riguarda un progetto relativo ad un meccanismo di compensazione tra produttori di LDPE che avrebbero venduto quantità inferiori ad una quota predeterminata e produttori che avrebbero venduto in misura maggiore a tale quota. Vi è indicato: «Il sistema è molto simile a quello instaurato recentemente dai produttori di PVC ed applicato alla metà delle vendite del mese di maggio ed a quelle del mese di giugno». Tale documento descrive poi i principali elementi di tale sistema analogo a quello applicato nel caso del PVC. Così, i produttori si accordano sulle loro vendite obiettivo corrispondenti ad una data percentuale delle vendite totali. Dal

momento in cui i dati Fides provvisori sono noti, gli obiettivi in tonnellate sono calcolati per ciascun partecipante e confrontati con le vendite effettive, al fine di stabilire le variazioni; vengono allora effettuate compensazioni tra coloro che hanno sorpassato la loro quota e coloro che non l'hanno raggiunta. Per facilitare il funzionamento, veniva anche proposto che «i produttori fossero ”raggruppati” nella speranza che potessero essere trovate soluzioni in seno al gruppo per annullare le variazioni». Si faceva anche menzione della possibilità di un sistema alternativo, consistente nel tener conto solo delle variazioni superiori al 5%. Ai sensi di tale documento, l'autore confronta la proposta relativa al sistema per l'LDPE con «l'accordo PVC» ed indica in particolare a tal proposito: «il sistema può funzionare se restano fuori due o tre produttori? Per il PVC ne rimane fuori soltanto uno».

590.
    Il Tribunale ritiene che il dettato di tali documenti avvalora in modo probante le conclusioni tratte dalla Commissione.

591.
    Se è vero che entrambi i documenti riguardano un altro prodotto termoplastico, ciò non toglie che gli estratti citati dalla Commissione nella sua Decisione riguardino esplicitamente il PVC.

592.
    Inoltre, dal dettato di tali documenti, emerge che il meccanismo di compensazione in questione è stato effettivamente attuato dai produttori di PVC, ad eccezione di uno di essi. Il documento Alcudia, in particolare, costituisce un progetto solo nella misura in cui riguarda l'altro prodotto termoplastico in questione, cioè l'LDPE.

593.
    Infine, la censura delle ricorrenti secondo cui tali documenti non sarebbero affidabili, in quanto l'autore era estraneo al settore del PVC, non può essere accolta. Infatti, entrambi i documenti comportano precise indicazioni, in particolare in tema di date, di percentuali e di numero di partecipanti al sistema PVC, che portano a concludere che gli autori avevano una conoscenza precisa del meccanismo al quale si riferivano e dal quale volevano trarre profitto alla luce dell'«esperienza acquisita».

594.
    La Commissione si riferisce anche al documento DSM, del 12 agosto 1982.

595.
    Come da essa osservato agli ultimi due paragrafi del punto 11 della Decisione, l'autore del documento accerta un'importante differenza, dell'ordine del 12%, tra le statistiche di vendita del PVC nel primo semestre del 1982 nell'Europa occidentale e quelle delprimo semestre del 1981, mentre la crescita della domanda in tale zona geografica era stata sensibilmente inferiore; osserva inoltre evoluzioni sensibilmente differenti da un mercato geografico all'altro. Esso indica successivamente che talune spiegazioni, inizialmente prospettate (v. anche, a questo proposito, l'allegato P22 alla comunicazione degli addebiti, che è un documento della DSM del 12 luglio 1982), basate sull'evoluzione normale del mercato (diminuzione delle importazioni dei paesi

terzi in Europa occidentale, immagazzinamento e aumento del livello di attività), non possono essere accolte. L'autore prosegue: «la circostanza potrebbe spiegarsi con una falsa dichiarazione sulle vendite effettuata nella prima metà del 1981 (compensazione!). Si indagherà sulla questione».

596.
    Da questo documento emerge anche che l'evoluzione del mercato nel primo semestre del 1982 non poteva trovare spiegazione in normali fattori propri del mercato, ma piuttosto in false dichiarazioni di vendita per quanto riguarda il primo semestre del 1981. Tali false dichiarazioni trovavano esse stesse la loro ragione d'essere nei meccanismi di compensazione tra produttori. Come accertato dalla Commissione, tale documento, che occorre leggere in particolare alla luce dei due esaminati precedentemente, che dimostrano l'esistenza di un meccanismo di compensazione nel corso del primo semestre del 1981, stabilisce che taluni produttori avevano senza dubbio dichiarato, per tale semestre, cifre di vendita inferiori al vero, allo scopo di non dover sottostare a tale meccanismo.

597.
    Questo documento permette anche di concludere che, a causa del comportamento di taluni produttori, tale meccanismo non ha funzionato in modo ottimale. Ciò deve essere d'altronde ricollegato al documento spartire la sofferenza, nel quale è indicato che «L'esperienza acquisita con sistemi simili per il PVC e l'LDPE non promette nulla di buono».

598.
    In tale contesto, l'interpretazione alternativa del termine compensazione proposta dalla DSM, tutto sommato poco chiara, non è per nulla credibile. Non è plausibile che, per correggere errori nella loro dichiarazione al sistema Fides per un anno, i produttori dichiarino l'anno seguente vendite integrate con quelle omesse l'anno precedente.

599.
    Per stabilire l'esistenza di un meccanismo di quote, la Commissione si riferisce anche ad una nota rinvenuta presso l'ICI, datata 15 aprile 1981. Tale nota è il testo di un messaggio indirizzato dall'allora amministratore delegato della divisione petrolchimica della Montedison all'ICI. Esso contiene il seguente estratto: «l'ICI, per il PVC per esempio, potrebbe disporre per la fine del 1981 di nuove capacità in Germania ed ha chiesto un aumento della quota di 30 kt a partire dal gennaio 1981». Come ricordato dalla Commissione, a tale data, l'ICI prevedeva di aprire un nuovo stabilimento in Germania, disponendo nello stesso tempo la chiusura di uno vecchio in altro luogo.

600.
    Occorre rilevare che, sebbene tale nota riguardi in primo luogo un altro prodotto termoplastico, essa, nell'estratto di cui sopra, si riferisce specificatamente al PVC.

601.
    Inoltre, le ricorrenti non sono state capaci di apportare una qualsiasi interpretazione del termine «quota» contenuto in tale nota alternativa rispetto a quella data dalla Commissione. A questo proposito occorre ricordare che tale nota è la trascrizione di

un messaggio proveniente da un dirigente di una società concorrente, ragion per cui non si può ritenere che il termine «quota» si riferisse a semplici obiettivi interni dell'ICI.

602.
    La Commissione ha infine ritenuto che il sistema di controllo dei volumi così fissato avesse operato almeno fino al mese di aprile 1984. Essa si è basata a tale scopo su una tabella Atochem, dal titolo «PVC — primo trimestre».

603.
    Tale tabella è formata da nove colonne:

—    la prima elenca l'insieme dei produttori europei di PVC attivi sul mercato in tale periodo;

—    la seconda, terza e quarta colonna indicano, per ciascuno dei produttori europei, ad eccezione dei quattro produttori tedeschi, le cui vendite appaiono aggregate, le vendite realizzate, rispettivamente, nel mese di gennaio, febbraio e marzo. Per i primi due mesi, la tabella porta la menzione «FIN» e per l'ultimo mese, la menzione «Q». Non è contestato il fatto che tali indicazioni corrispondono alle statistiche definitive (in inglese: «final») e veloci (in inglese: «quick») comunicate al sistema di scambio d'informazioni Fides; ciò è quanto emerge d'altra parte dalla risposta dell'Atochem del 5 maggio 1987, inserita all'allegato 11 della comunicazione degli addebiti, fornita a seguito di una richiesta di informazioni da parte della Commissione. Il sistema Fides è, come ricordato nella Decisione (punto 12, n. 3), un servizio statistico industriale, gestito da una società di contabilità con sede a Zurigo, nell'ambito del quale i produttori aderenti comunicano i propri dati di vendita, prima in forma rapida, poi sotto forma definitiva, ad un ufficio centrale che raccoglie tali informazioni ed elabora statistiche globali ed anonime per l'intero mercato dell'Europa occidentale;

—    la quinta indica le vendite totali relative al primo trimestre;

—    la sesta corrisponde alla percentuale delle vendite dei produttori europei in rapporto al totale delle loro vendite durante il primo trimestre;

—    la settima è intitolata «%T»;

—    l'ottava indica le vendite del mese di aprile, con la menzione «Q»;

—    l'ultima indica la quota dei produttori in rapporto alle vendite totali dei produttori europei durante il primo quadrimestre.

604.
    La Commissione ne ha concluso che la sigla «%T» costituiva chiaramente il riferimento ad una percentuale «obiettivo» (in inglese «target»). Essa trae ugualmente da tale documento la conclusione che i produttori citati si scambiavano i loro dati di vendita al di fuori del sistema Fides ufficiale per sorvegliare il funzionamento del sistema di quote. Infine, la Commissione ha esaminato in quale misura i produttori avessero raggiunto l'obiettivo a loro attribuito.

605.
    In via preliminare, il Tribunale ritiene che l'identità esatta dell'autore del documento non è determinante. Interessa solo sapere se le conclusioni che la Commissione ha tratto dalla tabella Atochem sono fondate.

606.
    Inoltre, è accettato che tale tabella si riferisce ai primi mesi del 1984, come risulta d'altronde dalla risposta dell'Atochem del 5 maggio 1987 ad una richiesta di informazioni. Tenuto conto del fatto che, per i mesi di marzo e aprile 1984, la tabella contiene unicamente le statistiche «veloci», e non definitive, tale tabella può essere fatta risalire al mese di maggio 1984.

607.
    In primo luogo deve essere confermata l'interpretazione data dalla Commissione alla sigla «%T». A tal proposito, occorre rilevare come non si possa ammettere che tali sigle riguardino solo obiettivi puramente interni alle imprese; ciò non spiegherebbe infatti in alcun modo la ragione per cui l'autore del documento disponesse dell'insieme degli obiettivi interni dei differenti produttori. Inoltre, l'interpretazione di tale sigla non può essere dissociata dal contesto della presente causa, e in particolare dagli altri documenti che dimostrano in maniera efficace l'esistenza di un meccanismo di quote tra i produttori di PVC. D'altra parte, emerge dalla tabella che il documento non indica le parti di mercato in rapporto al totale delle vendite in Europa occidentale, poiché le importazioni non sono prese in considerazione, bensì la parte di mercato rispettiva dei produttori in rapporto al mercato costituito dall'insieme di essi, cosa che conferma che l'obiettivo era quello di verificare la parte di mercato nell'ambito del meccanismo collusorio. Infine, occorre rilevare che i ricorrenti non hanno fornito nessun'altra spiegazione plausibile riguardo al significato della sigla «%T» nel contesto della presente causa.

608.
    In secondo luogo, la Commissione si è sforzata di verificare se l'ammontare delle vendite indicate nella tabella per i vari produttori corrispondesse alle quantità effettivamente dichiarate dalle imprese alla Fides. A questo proposito, la Commissione ha sottolineato di non aver potuto ottenere da parte di tutti i produttori copia di tali dichiarazioni e quindi di non essere stata in grado di procedere ad un controllo sistematico dei dati sulle vendite di cui alla tabella. Tuttavia, la Commissione ha ottenuto i dati sulle vendite, di talune imprese. Ora, risulta da tali dati che dieci tra i dati sulle vendite da essa verificate sono identici alle dichiarazioni dei produttori alla Fides. Inoltre, da altri cinque dati sulle vendite, relative alla Solvay e alla LVM,

emerge un ammontare vicino a quello indicato nella tabella.

609.
    Infine, la Commissione si è sforzata di calcolare le vendite di quattro produttori tedeschi per il primo trimestre del 1984. A tal fine, essa ha utilizzato i dati dichiarati alla Fides da tre di loro (la BASF, la Wacker e la Hüls), di cui essa aveva potuto ottenere copia, e i dati sulle vendite dichiarati dalla Hoechst stessa nella sua risposta del 27 novembre 1987 ad una richiesta d'informazioni da parte della Commissione. Essa è così pervenuta ad un totale di 198 353 tonnellate, che ha affiancato al totale di 198 226 tonnellate, di cui alla tabella Atochem. Occorre rilevare che la differenza tra tali due totali è effettivamente trascurabile e conforta la tesi della Commissione secondo cui un tale risultato non poteva ottenersi senza uno scambio di dati tra i produttori.

610.
    La Commissione ha fatto riferimento al risultato di tale calcolo e alle conclusioni da essa illustrate nella comunicazione degli addebiti. Di fronte alla Commissione, la Hoechst ha tuttavia smentito i dati da essa stessa inizialmente prodotti e ne ha forniti dei nuovi. La Commissione ha tuttavia potuto stabilire che questi non erano per nulla credibili. Così essa indica nella Decisione (punto 14, nota n. 1) che «i nuovi dati forniti dalla Hoechst nel corso dell'audizione (peraltro non corroborati da prove documentali) (...) sono palesemente inattendibili; essi implicherebbero che Hoechst utilizzava il suo impianto a più del 105% mentre gli altri raggiungevano tassi di utilizzazione di appena il 70%». Hoechst ha riconosciuto di fatto che queste nuove cifre erano errate e ha fornito alla Commissione, con lettera 21 ottobre 1988, una terza serie di cifre.

611.
    Tale nuova serie di cifre comporta, in rapporto a quelle inizialmente fornite, una rettifica trascurabile dei dati relativi alle vendite della Hoechst in Europa, che, d'altra parte, non farebbero che confermare l'esattezza delle cifre di cui alla tabella Atochem, aggiungendovi, in quanto «vendite al consumatore» ai sensi delle dichiarazioni Fides, il consumo proprio della Hoechst relativo al suo stabilimento di Kalle. Il Tribunale ritiene tuttavia che, tenuto conto delle circostanze nelle quali tali cifre sono state prodotte, non possono essere considerate sufficientemente affidabili per rimettere in discussione quelle fornite dalla stessa ricorrente in risposta ad una richiesta di informazioni.

612.
    I produttori tedeschi fanno tuttavia osservare che le loro vendite sono aggregate, e non individualizzate; pertanto sarebbe sufficiente che tre dei quattro produttori tedeschi abbiano partecipato a tale scambio di informazioni perché la parte relativa al quarto sia dedotta per semplice sottrazione dai dati ufficiali complessivi provenienti dalla Fides. Pertanto, la tabella Atochem non avrebbe valore probatorio nei confronti di nessuno dei quattro produttori in causa. Tale argomento non può essere accolto. Infatti, le tabelle provenienti dalla Fides presentano in maniera aggregata le vendite originarie della Germania, e non semplicemente quelle dei quattro produttori tedeschi;

orbene, tali statistiche, per il primo trimestre del 1984, mostrano un totale di vendita sensibilmente superiore al solo totale di vendita della BASF, della Wacker, della Hoechst e della Hüls. Date tali condizioni, il Tribunale ritiene che la conoscenza dei dati relativi alle vendite di tre di esse non permettesse di ottenere, attraverso una semplice sottrazione, un totale di vendita dei quattro produttori tedeschi così preciso come quello risultante dalla tabella Atochem.

613.
    Occorre rilevare, d'altra parte, che i dati relativi alle vendite menzionati nella tabella Atochem sono precisi, ad eccezione di quelli indicati per le imprese ICI e Shell, che mostrano dati manifestamente arrotondati; orbene, nel caso dell'ICI, nella nota a pié pagina della tabella si trova la seguente menzione: «calcolato sulla base dei dati Fides». Tali elementi confortano la conclusione della Commissione secondo cui, per gli altri produttori, le cifre non sono semplici valutazioni calcolate in base a dati ufficiali, bensì informazioni fornite dagli stessi produttori. Occorre ricordare a questo proposito che, se i produttori inviano individualmente alla Fides le loro proprie dichiarazioni relative ai dati sulle vendite, ciò viene fatto in forma confidenziale; i produttori ricevono dal canto loro solo dati aggregati, e non i dati individuali dichiarati dagli altri produttori.

614.
    In terzo luogo, la Commissione si è sforzata di verificare se la quota relativa ad ognuno dei produttori per il 1984 corrispondeva alla quota obiettivo, come appare nella tabella Atochem. Essa ha così potuto constatare, alla luce delle informazioni che ha potuto ottenere, che la quota di mercato della Solvay nel 1984 era identica alla quota obiettivo menzionata nella tabella Atochem. D'altra parte, essa ha potuto determinare che la quota di mercato dei quattro produttori tedeschi per il 1984, ossia il 24%, era prossima alla quota obiettivo indicata nella tabella, ossia il 23,9%. Infine, la quota di mercato dell'ICI per il 1984 è aumentata all'11,1%, mentre la quotaobiettivo di tale impresa nella tabella Atochem era dell'11%. A questo proposito, è significativo rilevare, con la Commissione, che due documenti interni dell'ICI del 18 settembre 1984 e del 16 ottobre 1984, inseriti agli allegati 17 e 18 della comunicazione degli addebiti, si riferiscono precisamente ad un «obiettivo» dell'11% per l'impresa.

615.
    L'Enichem sostiene che la sua quota di vendita è aumentata al 12,3% nel 1984, dato nettamente inferiore a quello indicato nella tabella Atochem. Tale obiezione non può essere accolta. Questa ricorrente è stata invitata a precisare le basi sulle quali aveva stabilito la sua quota di mercato per il 1984, ma non è stata in grado di fornire nessuna spiegazione sugli elementi da essa presi in considerazione. Inoltre, il Tribunale rileva che, nei suoi allegati all'atto introduttivo (Volume III, allegato 2), la ricorrente ha prodotto una tabella nella quale venivano ricapitolate le vendite dell'Enichem, anno per anno, per il periodo dal 1979 al 1986, da cui si capisce che le quote di mercato sono state calcolate, per ciascuno di questi anni, in modo identico. Orbene, per gli anni 1979-1982, la ricorrente, su richiesta del Tribunale nell'ambito delle misure di

organizzazione del procedimento, ha tentato di spiegare come essa aveva calcolato la sua parte di mercato. Ne emerge che la ricorrente si è limitata, da un lato, a dichiarare i suoi dati relativi alle vendite per ognuno di questi anni, senza alcun elemento tale da corroborare tale affermazione. Dall'altro, tali dati sulle vendite sono stati rapportati non a quelli delle vendite dei produttori europei in Europa occidentale, bensì ai dati relativi al consumo europeo, per forza di cose più elevato poiché include anche le importazioni. In questo modo, la quota di mercato dichiarata dalla ricorrente ne risulta sostanzialmente ridotta.

616.
    Pertanto, il Tribunale conclude che i dati forniti dall'Enichem non possono essere per nulla considerati affidabili.

617.
    Ne consegue che le valutazioni di fatto svolte dalla Commissione nella sua Decisione devono essere confermate.

— Sulla sorveglianza delle vendite sui mercati nazionali

618.
    La lista di controllo contiene, riguardo alle proposte relative alle modalità di funzionamento del nuovo quadro di riunioni, il seguente passaggio: «informazioni mensili, per paese, sulle vendite di ciascun produttore».

619.
    Al fine di stabilire l'esistenza di un meccanismo con il quale i produttori nazionali di taluni grandi mercati nazionali si sono scambiati i dati sui quantitativi che essi vendevano in ciascuno di questi mercati, la Commissione si è riferita soprattutto alle tabelle Solvay.

620.
    Tali tabelle si presentano in modo uniforme.

621.
    Le tabelle relative al mercato tedesco (allegati 20-23 alla comunicazione degli addebiti) comprendono diverse colonne. La prima contiene le seguenti menzioni: «consumo M. N.» (cioè «consumo sul mercato nazionale»), «importazioni di terzi», «vendite dei produttori nazionali»; quest'ultima rubrica è seguita dal nome dei principali produttori nazionali. Le colonne seguenti corrispondono poi ad «ipotesi» per un determinato anno, seguite da una colonna «realizzazioni» per questo stesso anno. Ognuna di queste colonne è divisa in due, una espressa in tonnellate, l'altra in percentuale; di fronte a ciascuna delle rubriche della prima colonna appaiono dati in cifre. Occorre rilevare che le vendite di ciascuno dei produttori tedeschi sono indicate; pertanto viene a cadere oggettivamente l'argomento della Wacker e della Hoechst, relativo al fatto che i dati relativi alle vendite dei produttori tedeschi sono aggregati, e non individualizzati.

622.
    Le altre tabelle, relative ai mercati francese (allegati 24-28 della comunicazione degli

addebiti), del Benelux (allegati 29-32) e italiano (allegati 33-40), contengono anch'esse svariate colonne. La prima contiene il nome di produttori nazionali, una rubrica intitolata «totale dei produttori nazionali», una rubrica «importazioni», che distingue talora le importazioni «di altri paesi Fides» e quelle di «paesi terzi (non Fides)», e una rubrica «mercato totale». Le due colonne seguenti portano la menzione di due anni successivi; ciascuna di tali colonne si suddivide in due, una espressa in tonnellate, l'altra in percentuali; in ciascuna delle rubriche della prima colonna appaiono delle cifre. In taluni casi è presente una colonna supplementare che indica, in percentuale, l'evoluzione da un anno all'altro. Inoltre, in taluni casi è presente una colonna «previsioni», relativa all'anno in corso.

623.
    Come emerge dalla Decisione, cosa che la Commissione ha confermato in risposta ad una questione del Tribunale, il presente addebito riguarda solamente il mercato tedesco, italiano e francese.

624.
    Occorre rilevare, anzitutto, che le tabelle Solvay non indicano solo «ipotesi» ma anche «realizzazioni». Dal momento che lo scambio d'informazioni si fonda su «realizzazioni», non può che trattarsi di informazioni già note; l'argomento secondo cui si tratterebbe solo di valutazioni future non è quindi fondato. Per di più, potendo far risalire le tabelle Solvay all'inizio del mese di marzo successivo all'anno per il quale vengono scambiati i dati di vendita per produttore e per paese, questi non possono essere considerati talmente superati da perdere ogni carattere confidenziale.

625.
    Inoltre, se è vero che le tabelle recano cifre in kt, con decimali se del caso, non ne consegue che si tratti di valutazioni svolte dalla Solvay individualmente. Di fatto, i dati relativi alle vendite della Solvay, impresa da cui provengono tali tabelle, sono indicati anch'essi solo in kt.

626.
    La Commissione si è sforzata di verificare che le vendite indicate nelle tabelle corrispondessero alle vendite effettuate dai produttori che vi figuravano. Essa non ha potuto tuttavia verificare tutte le cifre ivi contenute, tenuto conto del fatto che la maggior parte dei produttori hanno sostenuto di essere nell'incapacità di fornire i loro dati di vendita.

627.
    Tale verifica ha portato ad accertare che, sul mercato tedesco, i dati relativi alle vendite della Hüls, della BASF e dell'ICI che la Commissione aveva potuto ottenere erano, per svariati anni, identici o prossimi a quelli indicati nella tabella Solvay (punto 16, secondo comma, della Decisione). A tal proposito occorre rilevare che, nel suo atto introduttivo, la BASF ha sottolineato che questi documenti «danno un'immagine molto fedele dello stato delle vendite dei principali concorrenti». La Hüls ha pur tuttavia fatto osservare che le tabelle Solvay per la Germania relative all'esercizio 1980 indicano vendite globali di 736,7 kt; ora, per quanto riguarda la Wacker e la Hoechst,

tale ammontare comprenderebbe, come risulta da una nota a pié pagina nell'allegato 20 della comunicazione degli addebiti, «il lavoro su ordinazione per [l'impresa Dynamite Nobel AG]», che non è inclusa nelle statistiche Fides. Tuttavia, tale obiezione non spiega esattamente come la Solvay sia entrata a conoscenza dei dati di vendita relativi a tale «lavoro su ordinazione» e conferma al contrario la conclusione della Commissione secondo cui i produttori si sono comunicati i loro dati di vendita al di fuori del sistema Fides.

628.
    Per quel che riguarda il mercato francese, la Commissione ha constatato che i dati di vendita della Shell, della LVM e dell'Atochem, che figurano, per taluni anni, nelle tabelle Solvay, erano molto vicini a quelli effettivi di cui era potuta entrare in possesso (punto 16, terzo comma, della Decisione).

629.
    Per quanto riguarda il mercato italiano, la Commissione non ha potuto ottenere alcun dato sulle vendite effettive. Le ricorrenti i cui nomi appaiono in tali tabelle non hanno contestato l'esattezza delle cifre ivi menzionate. Inoltre, come rilevato dalla Commissione, nella prima tabella relativa al mercato italiano troviamo l'osservazione seguente: «la ripartizione del mercato nazionale tra i vari produttori per il 1980 è stata effettuata in base allo scambio di dati con i nostri colleghi». D'altra parte, le tabelle inserite agli allegati 37 e 39 della comunicazione degli addebiti, che sono relative alle vendite nel 1983, portano, in calce al nome del più piccolo produttore sul mercato italiano, l'indicazione «stime». Infine, la Solvay, nella sua risposta del 25 febbraio 1988 ad una richiesta di informazioni, ha indicato: «a causa delle particolarità della situazione italiana, non possiamo escludere che vi sia stato tra i concorrenti uno scambio di taluni dati di vendita». In tale contesto, la spiegazione del termine «colleghi» proposta dall'Enichem non può essere accolta.

630.
    Tuttavia, le ricorrenti sostengono che tali dati non sono necessariamente il risultato di uno scambio tra produttori. A questo proposito, esse non sostengono che i dati indicati nelle tabelle Solvay erano essi stessi dati pubblicati, bensì che potevano essere calcolati sulla base delle informazioni ottenute sul mercato o sulla base delle informazioni già pubblicate. Esse si basano a questo proposito sulle spiegazioni che la Solvay aveva fornito riguardo all'elaborazione di tali tabelle, che, secondo questa impresa, potevano essere realizzate senza contatti con i concorrenti.

631.
    A questo proposito, occorre ricordare che, nella sua risposta del 3 dicembre 1987 ad una richiesta di informazioni, la Shell ha indicato che «a più riprese nel corso del periodo che va dal gennaio 1982 all'ottobre 1983, la Solvay telefonava per ottenere conferma delle sue stime riguardo alle quantità vendute dalle società del gruppo Shell»; tuttavia, essa ha affermato che nessuna informazione precisa era stata resa nota.

632.
    Sul mercato francese, la Solvay ha indicato che il volume del mercato complessivo poteva essere determinato con precisione sulla base, in particolare, delle statistiche della Fides. Sottraendo il volume delle proprie vendite, la Solvay otteneva il volume totale delle vendite delle sue concorrenti sul mercato francese. Per determinare le vendite di ciascun produttore, la Solvay ha indicato quanto segue: «Se il cliente appartiene ad un gruppo che produce PVC ma ciò nonostante si rifornisce parzialmente presso altri produttori, si ritiene forfettariamente che la società madre rifornisca la sua filiale per l'80%, la quota restante essendo ripartita tra gli altri concorrenti; se noi sappiamo che uno dei consumatori di PVC si rifornisce principalmente presso un produttore, i responsabili francesi [della Solvay] ritengono in modo forfettario che tale produttore si rifornisce per il 50% delle necessità del suo cliente; infine, se il rifornimento del cliente è effettuato da vari produttori al di fuori dei casi sopra contemplati, la ripartizione viene effettuata tra i differenti fornitori in modo lineare in funzione del loro numero (per es., se ci sono quattro fornitori per un cliente determinato, i responsabili francesi attribuiscono a ciascuno di essi il 25% dei rifornimenti di tale cliente)». Così, la Solvay determina la parte di ciascun produttore presso i propri clienti. Infine, «per determinare le quantità totali effettivamente vendute dai concorrenti sull'intero mercato, i responsabili francesi [della Solvay] applicano le quote di mercato così calcolate alla cifra totale di consumo di PVC (...) e ottengono così il totale approssimativo delle vendite [dei] concorrenti [della Solvay]».

633.
    E' giocoforza constatare che tale metodo di calcolo presentato dalla Solvay, e di cui si avvalgono le altre ricorrenti, si fonda su valutazioni forfettarie e in cui giocano un ruolo importante le approssimazioni e l'alea. Il Tribunale ritiene che tale pretesa modalità di calcolo non permette la determinazione precisa ed esatta delle vendite di ciascuno dei produttori così come appaiono nelle tabelle Solvay.

634.
    Allo stesso modo, per quanto riguarda il mercato tedesco, la Solvay ha indicato che la quota delle vendite di ciascuno dei concorrenti era determinata grazie a «colloqui con la clientela», a informazioni pubbliche (statistiche ufficiali e stampa specializzata) e alla «conoscenza approfondita del mercato dei [suoi] responsabili tedeschi». Il Tribunale non può neppure in questo caso ritenere che tale metodo permetta alla Solvay, al di fuori di ogni scambio con i concorrenti, di pervenire a risultati di precisione pari a quelli di cui alle tabelle Solvay. A questo proposito, occorre sottolineare che dalle risposte delle ricorrenti ad una questione del Tribunale emerge che il numero di clienti di ciascun produttore raggiungeva talvolta le diverse centinaia.

635.
    Infine, gli esempi forniti dalla DSM per dimostrare che i dati relativi alle vendite potevano essere agevolmente calcolati sulla base di informazioni pubbliche non sono pertinenti. Tali esempi riguardano infatti la valutazione del mercato nel suo complesso e la quota di mercato della ricorrente stessa, cose che non rientrano nell'ambito della Decisione.

636.
    Le eccezioni di fatto delle ricorrenti devono, alla luce di quanto detto, essere respinte.

— Sui prezzi obiettivo e le iniziative in materia di prezzi

637.
    Come già rilevato (supra, punto 584) la lista di controllo indica, al punto 3, talune proposte relative alle modalità di funzionamento del nuovo quadro di riunioni previsto. Dopo aver indicato, sotto forma di iniziali o di sigle, i nomi di 10 produttori di PVC, il documento riporta i seguenti passaggi: «come arrivare ad una migliore trasparenza in materia di prezzi», «sconto in favore degli importatori (massimo 2% ?)», «prezzipiù alti nel Regno Unito e in Italia (livellamento verso l'alto?)» e «lotta contro il turismo». Esso comprende anche una rubrica intitolata «proposte in materia di prezzi», nella quale si può leggere in particolare: «periodo di stabilità (siamo pronti ad accettare la situazione del secondo trimestre del 1980, ma solamente per un periodo di tempo limitato)» e «livello dei prezzi da ottobre a dicembre 1980 e date di attuazione». Infine, sotto la rubrica relativa ad una riunione fissata al 18 settembre 1980, viene indicato in particolare: «impegni da trovare sui movimenti di prezzo ottobre/dicembre».

638.
    La risposta alle proposte comprende due punti che riguardano i prezzi. La prima proposta, ai sensi della quale «dovrebbe aversi un livello di prezzi comune in Europa occidentale», è seguita dalla risposta: «Proposta appoggiata, ma dubbi sono manifestati sulla possibilità di abbandonare il tradizionale sconto agli importatori». La sesta proposta afferma che «non sarebbe opportuno tentare un aumento dei prezzi durante [un] periodo di stabilizzazione di tre mesi» durante il quale i fornitori dovranno stabilire contatti solo con i clienti ai quali hanno effettuato consegne durante i tre mesi precedenti (punto 5 della risposta alle proposte); essa è accompagnata della seguente risposta: «(...) a causa delle perdite subite, la possibilità di un aumento di prezzo dal 1° ottobre non può essere esclusa, nonostante le difficoltà esistenti a tal proposito, cioè difficoltà di ottenere un sostegno unanime e di dover applicare un tale aumento in un momento di probabile diminuzione della domanda in Europa occidentale».

639.
    Nella sua Decisione, la Commissione ha identificato una quindicina di iniziative in materia di prezzi (v. tabella 1 in allegato alla Decisione), di cui la prima sarebbe intervenuta il 1° novembre 1980.

640.
    Nell'ambito dei presenti ricorsi, la LVM e la DSM sono le sole ricorrenti a contestare l'esistenza stessa delle iniziative in materia di prezzi rilevate dalla Commissione, per il motivo che iniziative in materia di prezzi di questo tipo sarebbero inconcepibili nel settore del PVC. A questo proposito, basta rilevare che gli allegati P1-P70 alla comunicazione degli addebiti si riferiscono in modo sistematico a prezzi obiettivo e ad iniziative in materia di prezzo. Indipendentemente dalla questione di sapere se si tratta

di azioni individuali o concordate, tale constatazione è sufficiente a respingere l'argomento delle ricorrenti.

641.
    Deve quindi ritenersi dimostrata l'esistenza stessa di iniziative in materia di prezzi. Occorre pertanto esaminare se, come sostiene la Commissione, tali iniziative erano il risultato di una collusione tra i produttori di PVC.

642.
    A titolo preliminare, occorre rilevare che, se gli allegati P1-P70 costituiscono, per taluni, documenti interni alle imprese successivi alle date relative alle iniziative in materia di prezzi identificate dalla Commissione, non si può con ciò dedurne che essi non possano, di per sé, costituire una prova del fatto che le iniziative erano il risultato di una collusione. Conviene infatti verificare il contenuto dei documenti in causa.

643.
    Le ricorrenti non contestano che dai documenti prodotti dalla Commissione sembri risultare che, in date identiche, siano stati progettati aumenti per portare il prezzo del PVC ad uno stesso livello, che era, in linea generale, largamente superiore a quello prevalente sul mercato nei giorni precedenti tali aumenti. Di fatto, per ciascuna delle iniziative identificate dalla Commissione, tale constatazione emerge dal dettato stesso degli allegati P1-P70. Gli estratti dalla stampa specializzata, prodotti dalla Commissione in allegato alla comunicazione degli addebiti, confermano d'altra parte tali aumenti alle date da essa accertate.

644.
    Inoltre, il Tribunale ritiene, dopo un esame attento degli allegati P1-P70, che tali iniziative non possono essere considerate come puramente individuali. Infatti, tanto in base al dettato di tali allegati quanto del loro esame incrociato, il Tribunale ha acquisito la convinzione che tali documenti costituiscano la prova materiale di una collusione tra produttori in materia di prezzi a livello europeo.

645.
    Così l'allegato P1, che è un documento proveniente dall'ICI, dopo aver sottolineato il fatto che «la domanda di PVC sul mercato dell'Europa occidentale nel mese di ottobre è aumentata considerevolmente, a causa dell'anticipo dell'aumento dei prezzi al 1° novembre», contiene la seguente indicazione: «l'aumento di prezzo annunciato per il 1° novembre è inteso a portare tutti i prezzi per il PVC in sospensione in Europa occidentale ad un minimo di 1,50 DM». Tale documento va raffrontato agli allegati P2 e P3, provenienti dalla Wacker e che indicano un identico aumento alla stessa data, e all'allegato P4, proveniente dalla Solvay, che, per quanto riguarda il mese di novembre 1980, contiene la frase seguente: «taluni importatori offrono sconti a danno dei produttori britannici, in contrasto con quanto previsto». Inoltre, l'allegato P5, proveniente dalla DSM, si riferisce anch'esso all'iniziativa del 1° novembre in materia di prezzi.

646.
    Analogamente, per quanto riguarda la seconda iniziativa in materia di prezzi prevista

per il 1° gennaio 1981 e diretta a portare il prezzo del PVC a 1,75 DM, vi si fa riferimento negli allegati P2 e P8, provenienti dalla Wacker, P4, proveniente dalla Solvay, P6 e P7, provenienti dall'ICI, e P9, proveniente dalla DSM. In particolare, l'allegato P4, dopo la frase citata al punto precedente, indica: «la prospettiva per il mese di dicembre non è buona, nonostante un ulteriore aumento di prezzo annunciato per il 1° gennaio 1981». L'allegato P6 contiene il seguente passaggio: «un nuovo aumento di prezzo è stato annunciato (...) a 1,75 DM (...) per tutti i mercati dell'Europa occidentale a partire dal 1° gennaio 1981».

647.
    L'iniziativa prevista per il 1° gennaio 1982, destinata a portare il prezzo del PVC a 1,60 DM, è adottata in base a due documenti provenienti dall'ICI, inseriti agli allegati P19 e P22 della comunicazione degli addebiti, e a due documenti provenienti dalla DSM, inseriti agli allegati P20 e P21. L'allegato P22 reca il seguente commentario: «l'iniziativa in materia di prezzi da parte dell'industria è quella di aumentare i prezzi a 1,60 DM/380 UKL/t, ma essa non sembra promettere bene — la BP e la Shell rifiutano di cooperare». L'allegato P21 indica: «le prospettive per il mese di gennaio [1982] non sono favorevoli. Nonostante un aumento dei prezzi annunciato, si può constatare in questo momento un abbassamento dei prezzi in rapporto al livello di dicembre. Soprattutto, i fornitori britannici non hanno neppure informato i clienti britannici dell'aumento dei prezzi». A questo proposito, si deve rilevare che, se si può ammettere che un'impresa sia al corrente, per esempio attraverso i clienti, del fatto che un concorrente ha annunciato un aumento dei prezzi o, al contrario, che non ha annunciato un tale aumento, non si può ammettere che essa sia a conoscenza del fatto che un produttore non ha annunciato un aumento di prezzo che esso avrebbe dovuto annunciare. Ciò può essere spiegato unicamente dal fatto che tale atteso aumento era stato preventivamente convenuto tra i produttori.

648.
    L'iniziativa annunciata per il 1° maggio 1982, destinata a portare i prezzi a 1,35 DM, trova conferma negli allegati P23 e P26, provenienti dall'ICI, P24, proveniente dalla DSM, e P25, opera della Wacker. In particolare, l'autore dell'allegato P23, esaminando il livello dei prezzi nell'aprile 1982 sul mercato europeo, e più in particolare sul mercato tedesco e francese, aggiunge il seguente commentario: «Lo slittamento dei prezzi è stato fermato alla fine del mese, in seguito all'annuncio di un aumento generale dei prezzi europei a 1,35 DM/kg per il 1° maggio». All'allegato P24, relativo al mese di maggio 1982, troviamo che, «a causa dell'aumento dei prezzi annunciato», i prezzi della DSM sono aumentati, ma viene precisato: «ciò è ben inferiore all'aumento previsto cioè 1,35 DM/1,40 DM. Le ragioni principali sono i cattivi risultati sui mercati tedeschi e del Benelux e la mancanza di cooperazione dei produttori britannici e scandinavi nell'aumento dei prezzi. In Francia e Italia, l'aumento ha avuto esito maggiormente positivo».

649.
    L'iniziativa del 1° settembre 1982, destinata a portare i prezzi ad un livello di 1,50

DM/kg, è stata accertata in base, in particolare, agli allegati P29, P39 e P41, provenienti dalla DSM, P30 e P34, provenienti dall'ICI, e P31-P33, opera della Wacker. All'allegato P29, del 12 agosto 1982, si può leggere, riguardo ai prezzi del mese di agosto: «Una certa pressione è avvertita sui mercati tedesco, belga e lussemburghese, cosa sorprendente dal momento che un aumento importante dei prezzi è programmato per il 1° settembre». Sotto il titolo «prezzi del mese di settembre», il documento prosegue: «un aumento di prezzo significativo fino ad un livello di circa 1,50 DM/kg è programmato. A tutt'oggi, abbiamo notato che tutti i principali produttori annunciano tale aumento di prezzo e solamente pochi scostamenti sono stati rilevati». L'allegato P32 contiene il seguente commento: «sul mercato dell'Europa occidentale, sono in corso sforzi molto intensi per consolidare i prezzi al 1° settembre» L'allegato P33 contiene la seguente osservazione: «l'aumento di prezzo del PVC, introdotto il 1° settembre, che lo porta ad un livello minimo di 1,50 DM/kg, è stato coronato da successo riguardo alla tendenza generale, ma noi troviamo ancora in ottobre casi in cui i nostri concorrenti forniscono a 1,35 DM e 1,40 DM/kg». All'allegato P34, l'autore del documento, esaminando la situazione del mercato nell'Europa occidentale in generale, rileva un aumento della domanda nel mese di ottobre 1982 in rapporto al mese precedente, ed aggiunge: «Tuttavia, ciò era in gran parte dovuto agli sforzi compiuti in vista dell'aumento dei prezzi al 1° settembre che avevano di conseguenza condotto ad acquistare prima di tale data». L'allegato P41 contiene il seguente commento, relativo all'iniziativa del 1° settembre: «il successo dell'aumento dei prezzi dipende ormai in larghissima misura dalla disciplina dei produttori tedeschi».

650.
    Ci si può ancora riferire all'aumento di prezzo intervenuto, in due tempi, il 1° aprile 1983 e il 1° maggio 1983, il cui obiettivo era di portare il prezzo del PVC, rispettivamente, a 1,60 DM, con un minimo di 1,50 DM, e a 1,75 DM, con un minimo di 1,65 DM. Occorre ricordare anzitutto che la Shell, nella sua risposta del 3 dicembre 1987 ad una richiesta di informazioni (allegato 42 della comunicazione degli addebiti), ha indicato che, in occasione di una riunione a Parigi il 2 o il 3 marzo 1983 tra i produttori dell'Europa occidentale di PVC, «sono state fatte delle proposte da parte di altri produttori per quanto riguarda aumenti di prezzo e un controllo dei volumi», anche se essa ha aggiunto che non era stato preso alcun impegno. L'ICI ha confermato che tale riunione ha avuto luogo (allegato 4 alla comunicazione degli addebiti). L'allegato P43, proveniente dall'ICI, contiene il seguente passaggio: «Informate tutti i clienti a partire da lunedì 7 marzo [1983] che i prezzi saranno aumentati a 1,60 DM, accompagnati dallo sconto per i clienti di categoria 1 e di categoria 2, di, rispettivamente 10 e 5 pfennig». Tale aumento doveva scattare il 1° aprile 1983, come emerge dal resto del testo del telex. L'autore dell'allegato P49, proveniente dalla Shell e datato 13 marzo 1983, dopo aver sottolineato la diminuzione dei prezzi avutasi nel mese di marzo fino ad un livello di 1,20 DM/kg, indica: «un'iniziativa importante è prevista per bloccare tale erosione; obiettivi minimi sono stati fissati a 1,50 e 1,65

DM/kg, rispettivamente per il mese di marzo e aprile». Un fax dell'ICI del 6 aprile 1983, inserito nell'allegato P45 alla comunicazione degli addebiti, contiene il seguente commento: «le informazioni provenienti dal mercato sembrano chiaramente indicare che il settore nel suo insieme applica ormai l'iniziativa in materia di prezzi del 1° aprile 1983». Un documento della Wacker del 25 aprile 1983 (allegato P46) testimonia degli «sforzi compiuti per aumentare i prezzi del PVC in aprile a 1,50 DM/kg ed in maggio a 1,65 DM/kg». Un rapporto interno della DSM del 24 giugno 1983 (allegato P48), dopo aver indicato una diminuzione dei prezzi nell'Europa occidentale durante il primo trimestre del 1983, indica: «dopo il 1° aprile, un tentativo è stato fatto per aumentare i prezzi in Europa occidentale. L'aumento pianificato fino ad un livello di 1,50 DM al 1° aprile e di 1,65 DM al 1° maggio è fallito».

651.
    Occorre rilevare inoltre che, in un memorandum dell'ICI del 31 gennaio 1983, inserito nell'allegato 44 alla comunicazione degli addebiti, era indicato che, «in Europa, i ”prezzi obiettivo” sono molto ben conosciuti nel settore e costituiscono in quanto tali ”livelli indicativi”». L'autore aggiungeva: «si ammette diffusamente che tali livelli indicativi non potranno essere raggiunti su un mercato fiacco (...) ma l'annuncio in realtà ha un effetto psicologico sugli acquirenti. Lo stesso avviene quando si acquista un'automobile: il prezzo di listino è fissato ad un livello tale per cui l'acquirente è soddisfatto quando ha ottenuto uno sconto del 10-15%, il cliente ha fatto un ”buon affare”, ma il produttore/rivenditore di automobili continua ad avere un margine adeguato». In tali condizioni, l'autore raccomandava «che le imprese del settore del PVC annunciassero con ”ampia diffusione” prezzi obiettivo che fossero ben superiori al livello probabilmente raggiunto, per esempio 1, 65 DM/kg in marzo» (sottolineatura eliminata).

652.
    Si può notare per di più che la stampa specializzata ha fatto essa stessa riferimento, in talune occasioni, ad una collusione tra i produttori di PVC. Così, nella rivista European Chemical News del 1° giugno 1981 si può leggere: «i più importanti produttori europei di prodotti plastici fanno uno sforzo concertato per imporre aumenti di prezzo significativi per il [PVC], allo scopo di raggiungere i livelli di prezzodi inizio 1981». Il 4 aprile 1983, questa stessa rivista sosteneva: «i produttori europei [di PVC] intraprendono un tentativo determinato allo scopo di aumentare i prezzi a partire dall'inizio del mese di aprile. Essi si sarebbero incontrati a Parigi alla metà del mese di marzo per discutere dell'aumento dei prezzi».

653.
    In base all'esame attento dei numerosi documenti prodotti dalla Commissione in allegato alla comunicazione degli addebiti e relativi ai prezzi del PVC, di cui i punti 645-650 di cui sopra non costituiscono che esempi, il Tribunale ritiene dimostrato, in base agli elementi di prova materiali prodotti dalla Commissione, che gli «aumenti di prezzo», le «iniziative in materia di prezzi» o i «prezzi obiettivo» ai quali si riferiscono tali documenti non costituiscono semplici decisioni individuali autonome

prese da ciascuno dei produttori, ma il risultato di una collusione tra di essi.

654.
    Occorre tuttavia rilevare fin d'ora che diversi degli allegati P1-P70 testimoniano il fallimento o il limitato successo di talune iniziative in materia di prezzo, cosa che la Commissione ha rilevato al punto 22 della Decisione.

655.
    Tali fallimenti o limitati successi trovano la loro spiegazione nei diversi fattori sottolineati dalla Commissione al punto 22 e che sono menzionati esplicitamente in taluni degli allegati P1-P70. Così, allo scopo di rifornirsi a prezzi più interessanti, taluni clienti hanno talvolta effettuato acquisti importanti nei giorni precedenti l'entrata in vigore di un aumento di prezzo annunciato. Ciò è in particolare quanto emerge dagli allegati P8, P12, P21, P23, P30 e P39.

656.
    Inoltre, dalla lettura degli allegati P1-P70, emerge che i produttori hanno, almeno in talune occasioni, cercato di trovare un equilibrio tra il mantenimento di un volume di vendite e di relazioni con clienti particolari, da un lato, e l'aumento di prezzo dall'altro.

657.
    Così, i clienti importanti si vedevano talvolta proporre sconti o prezzi speciali (per esempio allegato P17), oppure accordi temporanei venivano conclusi con taluni clienti per assicurargli consegne a prezzi anteriori al programmato aumento (in particolare allegato P21). Svariati documenti ottenuti dalla Commissione rilevano che, in talune occasioni, i produttori indicavano la loro intenzione di sostenere una prevista iniziativa in materia di prezzi, assicurandosi comunque che ciò non andasse a discapito dei volumi di vendita. Così si può leggere in un fax dell'ICI, inviato il 18 dicembre 1981 alle diverse consociate in Europa e relativo alle iniziative in materia di prezzi del gennaio 1982: «restano dei dubbi sul fatto se tali livelli di prezzo saranno raggiunti; sorvegliate quindi la situazione dei clienti individuali in Europa (...) è molto importante trovare un buon equilibrio tra l'aumento dei prezzi e il mantenimento delle quote di vendita in questo difficile periodo». Una nota della Wacker del 9 agosto 1982 (allegato P31) contiene la seguente osservazione: «la strategia della Wacker per i mesi a venire è la seguente: noi ci collocheremo nella scia degli sforzi di aumento di prezzo che si profilano presso i nostri concorrenti, ma noi non tollereremo in alcun caso nuove diminuzioni riguardo alle quantità. In altri termini, se il mercato non accetta tale aumento, noi interverremo con la flessibilità necessaria in materia di prezzi al momento voluto». Nello stesso modo, una nota della DSM non datata (allegato P41) contiene il seguente commento a proposito dell'iniziativa del successivo 1° gennaio 1983: «la DSM sosterrà il tentativo di aumentare i prezzi, ma non in quanto capogruppo. L'aumento di prezzo sarà sostenuto nei limiti della difesa della nostra quota di mercato».

658.
    Al contrario, svariati documenti dimostrano l'intenzione del settore di sostenere

fermamente un'iniziativa in materia di prezzi, oppure il sostegno effettivo di una tale iniziativa, a dispetto dei rischi indotti sui volumi di vendita. Così si può citare, per esempio, nel caso della DSM, l'allegato P13, nel quale si legge che la DSM ha «fermamente sostenuto l'iniziativa in materia di prezzi» e l'allegato P41, che contiene il seguente passaggio: «l'aumento dei prezzi a settembre e la decisione della DSM di sostenere in maniera molto decisa tale aumento hanno condotto ad una perdita in volumi ma a prezzi ben maggiori». Per quanto riguarda l'ICI si possono rilevare, in particolare, gli allegati P16, del 14 luglio 1981 e relativo all'iniziativa in materia di prezzi del 1° giugno, che concerne la decisa posizione dell'ICI in materia di prezzi, P30, del 20 ottobre 1982, nel quale si fa presente il fatto che l'ICI ha «mantenuto una linea particolarmente dura» sui prezzi a settembre, e P34, relativo all'iniziativa del settembre 1982, in cui è indicato: «abbiamo nuovamente sostenuto in modo totale l'aumento dei prezzi». Si può citare ancora, nel caso della Wacker, l'allegato P15, relativo all'iniziativa in materia di prezzi del 1° settembre 1981 destinata a portare il prezzo obiettivo a 1,80 DM: «la Wacker Chemie ha deciso, come politica generale e nell'interesse della consolidazione urgente dei prezzi, di non concludere alcun affare al di sotto di 1,80 DM a settembre».

659.
    Come rilevato dalla Commissione al punto 22 della Decisione, taluni produttori si sono visti rimproverare, in talune occasioni, il loro comportamento aggressivo sul mercato, che perturbava o faceva fallire iniziative in materia di prezzi che altri produttori intendevano sostenere. Così, in una nota della DSM del 25 febbraio 1981 (allegato P9), l'autore indicava che «l'iniziativa in materia di prezzi annunciata per il 1° gennaio [1981] ad un livello di 1,75 DM non è stata certamente coronata da successo» e prosegue: «l'atteggiamento aggressivo di taluni fornitori francesi e italiani durante gli ultimi tre mesi ha condotto ad una concorrenza feroce sui clienti più grandi, cosa che ha provocato un abbassamento dei prezzi». Nello stesso modo, l'allegato P23, dell'ICI, datato 17 maggio 1982, testimonia le preoccupazioni di quest'ultima riguardo alla sua quota di mercato nel Regno Unito e precisa: «la Shell, la BP e la DSM sono state particolarmente aggressive su tale mercato». Un documento della DSM del 1° giugno 1981, indirizzato dalla Commissione alle imprese con lettera 3 maggio 1988, sottolinea, relativamente ai mercati belga e lussemburghese nell'aprile del 1981: «Un tentativo di aumento dei prezzi è fallito dopo una settimana. L'aggressività della BASF, della Solvay, dell'ICI e della SAV ha condotto ad un livello di prezzi che non era né migliore né peggiore di quello del mese precedente». Un altro documento della DSM dell'ottobre 1981 indica, per questi stessi mercati geografici: «In agosto pressioni sono state esercitate sui prezzi. E' stato rilevato un comportamento più aggressivo da parte di svariati produttori (la BASF, la SAV, la Solvay, l'Anic e la ME)». Un documento dell'ICI del 19 aprile 1982 rileva: «E' difficile ottenere conferma sull'identità dei produttori che spingono i prezzi verso il basso, ma sia la Shell che la Solvay sono state segnalate come le probabili colpevoli».

660.
    In realtà il successo di una iniziativa in materia di prezzi non poteva intervenire che in un ambiente favorevole, di cui i produttori non avevano il controllo. Così, dall'allegato P52 emerge che l'ICI riteneva che numerosi fattori contribuissero al prevedibile successo dell'iniziativa prevista il 1° maggio 1983, tra i quali stocks ridotti, una ripresa della domanda, voci di penuria, in particolare per l'esportazione, l'aumento dei prezzi sui mercati esteri e gli effetti della razionalizzazione del settore. Altri documenti adducono l'evoluzione della domanda (per es., allegati P27, P31, P45, P47) o quella delle importazioni provenienti da paesi terzi (per es., allegati P16 e P31). Al contrario, fattori come la sovraccapacità, l'aumento delle importazioni, l'abbassamento dei prezzi sui mercati dei paesi terzi, il grande numero di produttori di PVC nell'Europa occidentale oppure l'apertura di nuove installazioni per la Shell e per l'ICI, appaiono come fattori che indeboliscono il livello dei prezzi (allegato P21, proveniente dalla DSM e relativo al 1981).

661.
    Occorre concludere da tale esame che la Commissione ha valutato correttamente, per quanto riguarda le iniziative in materia di prezzi, i fatti di specie.

662.
    In base all'esame effettuato precedentemente, sembra esistere una correlazione stretta tra i progetti descritti nei documenti di programmazione e le pratiche che, a partire dai primi mesi successivi all'elaborazione di tali documenti, sono state accertate effettivamente sul mercato del PVC, tanto in termini di prezzo che di controllo dei quantitativi, che costituiscono i due principali aspetti dell'infrazione rimproverata. Inoltre, ma in misura minore, esiste una correlazione tra i progetti descritti nei documenti di programmazione e le pratiche addebitate in materia di scambio d'informazioni tra produttori.

663.
    Occorre esaminare gli argomenti delle ricorrenti relativi all'origine dell'intesa alla luce del dettato dei documenti di programmazione, delle informazioni date dall'ICI al loro riguardo nella sua risposta ad una richiesta di informazioni della Commissione del 30 aprile 1984, inserita in allegato 4 alla comunicazione degli addebiti, e di tale correlazione tra i documenti di programmazione e le pratiche effettivamente accertate sul mercato nelle settimane successive alla loro elaborazione.

664.
    Si deve anzitutto rilevare che, nella sua risposta alla richiesta di informazioni, l'ICI ha indicato che, tenuto conto del luogo in cui i documenti erano stati trovati dalla Commissione, era ragionevole pensare che essi riguardassero il PVC. La correlazione tra i documenti di programmazione e le pratiche effettivamente accertate sul mercato del PVC confermano tale conclusione.

665.
    Inoltre, l'identità esatta dell'autore dei documenti di programmazione non sembra determinante. E' importante sapere solo se tali documenti possono essere considerati come un progetto di creazione d'intesa, così come sostenuto dalla Commissione. Per

di più, il documento «risposta alle proposte» contiene il nome del suo autore; questo, il signor Sheaff, era il direttore della divisione «materie plastiche» dell'ICI all'inizio degli anni '80. Nella sua risposta ad una richiesta di informazioni, l'ICI ha indicato che era ragionevole pensare che il signor Sheaff fosse anche l'autore del documento «lista di controllo».

666.
    Il Tribunale non può accogliere l'eccezione secondo cui i documenti di programmazione riguarderebbero solo il mercato britannico oppure il mercato britannico e italiano. A questo proposito, occorre ricordare che il punto 1 della risposta alle proposte concerne il «livello dei prezzi comune per l'Europa occidentale». Il punto 2 di tale risposta riguarda la possibilità di un sistema di quote «per impresa, piuttosto che su base nazionale», cosa che esclude per lo meno l'ipotesi che un solo mercato geografico sia interessato. Inoltre, al punto 6 della risposta alle proposte, nel quale è presa in esame la possibilità di un aumento dei prezzi nell'ultimo trimestre del 1980, vengono fatte presenti le difficoltà che deriverebbero, in particolare, da una diminuzione della «domanda nell'Europa occidentale» nel suo insieme. Inoltre, la lista di controllo, se è vero che si riferisce più in particolare in due punti ai mercati britannico e italiano, contiene un punto 3 intitolato «proposta per un nuovo quadro di riunioni»; orbene, tale punto contiene proposte formulate in termini generali, rispetto alle quali nulla lascia pensare che esse siano state limitate ad uno o due mercati geografici; tutt'altro, il fatto che tali proposte siano presentate direttamente dopo la lista dei principali produttori europei di PVC rafforza la conclusione che i mercati britannici e/o italiani non fossero i soli cui si facesse riferimento. Si deve infine ricordare che i documenti di programmazione richiamavano in particolare due pratiche, l'una relativa ad iniziative in materia di prezzi, di cui la prima era prevista per l'ultimo trimestre del 1980, l'altra concernente un sistema di quote accompagnato da un meccanismo di compensazione; orbene, emerge dall'analisi svolta precedentemente che un'iniziativa si è avuta il 1° novembre 1980, al fine di «portare tutti i prezzi del PVC in sospensione dell'Europa occidentale ad un minimo di 1,50 DM», e che un meccanismo di compensazione è stato messo in atto fin dai primi mesi del 1981, al quale partecipavano l'insieme dei produttori europei, ad eccezione della Shell. Tale correlazione avvalora la conclusione che i documenti di programmazione non si riferivano semplicemente ad uno o due mercati nazionali.

667.
    L'affermazione delle ricorrenti secondo cui i documenti stessi di programmazione non sarebbero mai stati diffusi al di fuori dei locali dell'ICI non è determinante. E' importante solamente sapere se il contenuto di tali documenti mostra l'esistenza di un progetto diretto ad organizzare il mercato del PVC al di fuori del libero gioco della concorrenza.

668.
    L'argomento secondo cui i due documenti di programmazione non sarebbero tra loro vincolati non può essere accolto. A questo proposito, si deve anzitutto ricordare che

questi documenti sono stati scoperti nei locali dell'ICI e che essi erano materialmente uniti l'uno all'altro. Inoltre, occorre rilevare che la lista di controllo conteneva l'elenco di taluni temi, che, in modo generale, riguardavano meccanismi di controllo dei volumi di vendita e di controllo dei prezzi. Tali temi sono essi stessi affrontati, in modo più preciso, nelle risposte alle proposte. Inoltre, taluni punti più dettagliati si ritrovano nell'uno e l'altro dei documenti. Questo è il caso del riferimento ad un periodo di stabilità di tre mesi, della possibilità di un aumento dei prezzi durante l'ultimo trimestre del 1980, della necessità di trovare una soluzione per tener conto delle nuove capacità di produzione o ancora della possibilità di variazioni in rapporto alle quote di mercato prefissate, con lo stesso riferimento ad una soglia del 5% e alle riserve formulate a questo proposito. Non si può d'altra parte ritenere che questi due documenti non si trovino in alcun rapporto tra di loro.

669.
    Le ricorrenti sostengono tuttavia che, sulla base dei documenti di programmazione, la Commissione ha, a torto, concluso che il secondo documento di programmazione costituisce il riassunto della risposta dei produttori di PVC alle proposte formulate dall'ICI (punto 7, ultimo comma, della Decisione). A questo proposito, esse rilevano che i documenti di programmazione potrebbero benissimo essere nient'altro che l'espressione delle opinioni od osservazioni degli agenti dell'ICI o di quelle degli agenti dell'ICI e della Solvay, impresa contemplata più in particolare ai punti 5 e 6 della lista di controllo. Inoltre, la risposta alle proposte sarebbe un documento anteriore alla lista di controllo, cosa che annullerebbe la tesi della Commissione.

670.
    Il Tribunale afferma che il dettato stesso dei documenti di programmazione non permette di ritenere, come fatto dalla Commissione ai punti 7, ultimo comma, e 10, primo comma, della Decisione, che il secondo documento di programmazione costituisse la risposta degli altri produttori di PVC alle proposte fatte dall'ICI, così come non permette di concludere che tali documenti sarebbero solo la manifestazione di un parere degli agenti dell'ICI.

671.
    Pur ritenendo esatta la tesi delle ricorrenti, occorre rilevare che tale circostanza non pregiudica il sistema probatorio della Commissione. Infatti, come risulta dall'esame a cui si è proceduto in via preliminare, la Commissione ha prodotto numerosi documenti che dimostrano l'esistenza delle pratiche descritte nella Decisione. Inoltre, resta fermo che i documenti di programmazione, e più in particolare la lista di controllo, che provengono da un importante responsabile dell'ICI, enunciano in modo chiaro l'esistenza di un progetto di creazione di intesa in capo a tale impresa, che era, alla data di elaborazione di tali documenti, uno dei principali produttori europei di PVC in Europa occidentale. Sembra così, se non altro, che tali documenti di programmazione costituiscano la base sulla quale sono state condotte consultazioni e discussioni tra produttori e che hanno portato alla realizzazione effettiva delle misure illecite previste.

672.
    A questo riguardo, se è esatto che i documenti prodotti dalla Commissione a sostegno dei propri accertamenti di fatto relativi alle pratiche sul mercato del PVC non fanno alcun riferimento ai documenti di programmazione, il Tribunale ritiene che la stretta correlazione tra tali pratiche e quelle descritte in tali documenti dimostrino sufficientemente l'esistenza di un legame tra esse.

673.
    La Commissione ha pertanto concluso, giustamente, che i documenti di programmazione potevano essere considerati all'origine dell'intesa che si è materializzata nelle settimane successive alla loro elaborazione.

— Sulle riunioni tra produttori

674.
    Occorre rilevare anzitutto che le ricorrenti non contestano l'esistenza stessa di riunioni informali tra produttori, avvenute al di fuori dell'ambito delle associazioni professionali.

675.
    Inoltre, ai fini della valutazione dei fatti in rapporto all'art. 85 del Trattato, non è indispensabile che la data e, a fortiori, il luogo delle riunioni tra produttori siano dimostrate da parte della Commissione. Dopo tutto, dalla risposta dell'ICI del 5 giugno 1984 ad una richiesta di informazioni da parte della Commissione (allegato 4 alla comunicazione degli addebiti) emerge che tali riunioni hanno avuto luogo «assai regolarmente, circa una volta al mese, e a differenti livelli di responsabilità». L'ICI ha precisato che, tenuto conto, in particolare, del fatto che nessun documento relativo a tali riunioni era stato ritrovato, essa non era in grado di indicare le date e i luoghi delle riunioni tenutesi dopo il mese di agosto 1980. Invece, essa ha potuto identificare i luoghi e le date di nuove riunioni informali tra produttori svoltesi nel corso dei primi dieci mesi dell'anno più recente, cioè il 1983. Sei riunioni si sarebbero pertanto tenute a Zurigo, il 15 febbraio, l'11 marzo, il 18 aprile, il 10 maggio, il 18 luglio e l'11 agosto 1983, due a Parigi, il 2 marzo e il 12 settembre 1983, e una ad Amsterdam, il 10 giugno 1983. L'ICI ha inoltre elencato le imprese che avrebbero partecipato ad almeno talune di tali riunioni informali, cioè, in ordine alfabetico: l'Anic, l'Atochem, la BASF, la DSM, l'Enichem, la Hoechst, la Hüls, l'ICI, la Kemanord, la LVM, la Montedison, la Norsk Hydro, la PCUK, la SAV, la Shell, la Solvay e la Wacker.

676.
    La Shell, nella sua risposta del 3 dicembre 1987 ad una richiesta d'informazioni (allegato 42 alla comunicazione degli addebiti), ha confermato di aver partecipato alle riunioni di Parigi del 2 marzo 1983 e di Zurigo dell'11 agosto 1983, per le quali la Commissione aveva raccolto la prova della sua partecipazione in forma di indicazioni riportate in un'agenda.

677.
    La BASF, nella sua risposta dell'8 dicembre 1987 ad una domanda di informazioni della Commissione (allegato 5 alla comunicazione degli addebiti), ha anche indicato

che, dal 1980 all'ottobre 1983, si sono tenute riunioni tra produttori di PVC, «talvolta fino ad una al mese». Essa ha anche elencato le imprese rappresentate, regolarmente od irregolarmente, a tali riunioni, cioè, in ordine alfabetico: l'Anic, l'Atochem, l'Enichem, la Hoechst, l'Hüls, l'ICI, la LVM, la Montedison, la Norsk, l'Hydro, la Shell, la Solvay e la Wacker.

678.
    Si può infine rilevare che, nell'ambito dei presenti ricorsi, la Montedison riconosce l'esistenza di riunioni informali tra produttori, riportate dalla stampa specializzata.

679.
    Se esse non contestano l'esistenza di tali riunioni informali tra produttori, le ricorrenti contestano l'oggetto di tali riunioni, che, secondo esse, non sarebbe dimostrato.

680.
    Occorre ricordare anzitutto che, a dispetto del numero di riunioni che si sono tenute durante il periodo in esame e delle inchieste svolte ai sensi degli artt. 11 e 14 del regolamento n. 17, la Commissione non ha potuto ottenere alcun processo verbale o resoconto di tali riunioni. Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, dal punto 9 della Decisione non emerge che la Commissione si sarebbe basata su questo solo motivo per concludere che le riunioni perseguivano uno scopo anticoncorrenziale.

681.
    Nella sua risposta alle richieste di informazioni, l'ICI ha indicato che queste riunioni vertevano su un gran numero di questioni, «ivi comprese quelle riguardanti prezzi e volumi». Più precisamente, essa ha indicato che, «durante il periodo in esame, discussioni hanno certamente avuto luogo nel corso di tali riunioni tra produttori riguardo ai livelli di prezzo e al margine necessario per permettere ai produttori di ridurre l'ammontare delle loro perdite. Secondo l'ICI, ciascun produttore ha espresso i propri punti di vista al proposito, che sono stati discussi. Spesso, i produttori avevano visioni divergenti sui livelli di prezzo adeguati (...) Tuttavia, un apparente accordo si è manifestato su quelli che potevano essere i livelli di prezzo ai quali i produttori potevano aspirare; tuttavia, nessun impegno riguardo ad un prezzo fisso è emerso da tali discussioni. Secondo le valutazioni dell'ICI all'epoca, e ancora oggi, un tale consenso era più apparente che reale. E' certo, per quanto a conoscenza dell'ICI, che ciascuna delle parti a tali discussioni si riteneva in posizione tale da poter prendere qualsiasi libera iniziativa che considerasse adeguata alle proprie circostanze individuali».

682.
    Nella sua risposta del 3 dicembre 1987 ad una richiesta di informazioni, la Shell ha riconosciuto di aver partecipato a due delle riunioni menzionate dall'ICI. Riguardo alla prima, che si è tenuta a Parigi il 2 marzo 1983, essa ha indicato: «Nel corso della riunione, sono state discusse le difficoltà che incontrava il settore e sono state fatte delle proposte da parte di altri produttori per quanto riguarda un aumento dei prezzi ed un controllo dei volumi. [Il rappresentante della Shell] non ha sostenuto tali proposte. [Egli] non può ricordarsi se sia stato trovato un accordo o un consenso su

una iniziativa in materia di prezzi o sui volumi». Riguardo alla seconda riunione, tenutasi a Zurigo l'11 agosto 1983, la Shell ha indicato che «taluni produttori hanno espresso la loro opinione su una iniziativa in materia di prezzi. [Il rappresentante della Shell] non ha sostenuto tali punti di vista. [Egli] non può ricordarsi se un accordo o un consenso sia stato trovato».

683.
    A questo proposito occorre rilevare che, contrariamente a quanto pretendono le ricorrenti, la Commissione non ha travisato il senso delle risposte di talune imprese alle richieste di informazioni. Essa ha così ricordato che ciascuno di tali produttori aveva, a dispetto dell'oggetto delle riunioni, sostenuto che nessun «impegno» sarebbe stato preso (v. i punti 8, secondo comma, della Decisione, per quanto riguarda l'ICI, e 9, primo comma, per quanto riguarda in particolare la Shell e la Hoechst).

684.
    D'altra parte, occorre ricordare che i documenti di programmazione contenevano la chiara intenzione di realizzare un «nuovo quadro di riunioni» tra produttori, nel corso delle quali sarebbero stati discussi gli accordi in materia di prezzi, di controllo dei volumi e di scambio di informazioni. Inoltre, la Commissione ha accertato l'esistenza di riunioni tra produttori durante il periodo in esame. Infine, come emerge dall'analisi svolta in precedenza, la Commissione ha accertato l'esistenza, durante il periodo in esame, di meccanismi di quote, di un controllo sui prezzi e di uno scambio d'informazioni tra produttori.

685.
    Dalla stretta coincidenza tra ciò che era previsto nei documenti di programmazione, da un lato, e le pratiche effettivamente realizzate sul mercato del PVC, la Commissione ha correttamente concluso che le riunioni informali tra produttori avevano effettivamente avuto come scopo i temi di cui ai documenti di programmazione.

686.
    Alla luce di tali elementi, occorre concludere che la Commissione ha determinato correttamente l'oggetto delle riunioni tra produttori che si sono tenute dal 1980 al 1984.

687.
    Date tali circostanze, le eccezioni delle ricorrenti sulla parte «in fatto» della Decisione devono essere respinte.

In diritto

688.
    Le ricorrenti rimproverano alla Commissione diversi errori di diritto nell'applicazione dell'art. 85 del Trattato. In primo luogo, la Commissione avrebbe commesso un errore di diritto qualificando come accordo «e/o» pratica concordata i comportamenti che essa addebita alle imprese (a). In secondo luogo, nel caso di specie, la Commissione non avrebbe qualificato correttamente né l'esistenza di un accordo né quella di una

pratica concordata (b). In terzo luogo, essa avrebbe anche trasgredito l'art. 85 del Trattato riguardo alla determinazione dell'oggetto o dell'effetto della collusione fatta valere (c). In ultimo luogo, essa avrebbe commesso anche un errore di diritto nella qualificazione del danno al commercio tra Stati membri (d).

a) Sulla qualifica di accordo «e/o» pratica concordata

Argomenti delle ricorrenti

689.
    La LVM, la Elf Atochem, la DSM, la Hüls e l'Enichem sostengono che la Commissione, limitandosi ad indicare, nel dispositivo della sua Decisione, che le imprese avevano partecipato ad un accordo «e/o» ad una pratica concordata, ha violato l'art. 85, n. 1, del Trattato.

690.
    Certamente, le ricorrenti prendono atto del fatto che il Tribunale ha ammesso la possibilità di una qualificazione congiunta (in particolare sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-8/89, DSM/Commissione, Racc. pag. II-1833, punti 234 e 235).

691.
    Tuttavia, nel caso di specie, secondo l'Enichem, la Commissione dando una qualificazione giuridica alternativa, e non cumulativa, sarebbe andata al di là di tale giurisprudenza.

692.
    La LVM, l'Elf Atochem, la DSM e la Hüls sostengono, da parte loro, che la giurisprudenza sopra citata può trovare applicazione solo in particolari circostanze. Così, è solamente nel caso in cui la prova di entrambe le qualificazioni è stata stabilita che una tale soluzione è applicabile. Orbene, nel caso di specie, la Commissione non avrebbe qualificato precisamente né l'esistenza di un accordo né quella di una pratica concordata.

693.
    La LVM, la DSM e l'Enichem ricordano che la distinzione tra queste due qualificazioni giuridiche comporta differenze sui vari aspetti relativi ai mezzi probatori.

Giudizio del Tribunale

694.
    Occorre rilevare, in via preliminare, che l'argomentazione della LVM, dell'Elf Atochem, della DSM e della Hüls non è diretta a porre in discussione il principio stesso della qualifica di accordo «e/o» di pratica concordata di cui all'art. 1 della Decisione, ma piuttosto il fatto che una tale qualifica possa essere accolta nel caso di specie, poiché non sarebbero state dimostrate né l'esistenza di un accordo, né quella di una pratica concordata. La soluzione di tale motivo dipende quindi da quella data al motivo successivo.

695.
    Solo l'Enichem contesta quindi il principio stesso della qualifica di accordo «e/o» di pratica concordata.

696.
    Occorre rilevare che, nell'ambito di una violazione complessa, la quale ha coinvolto svariati produttori che durante parecchi anni hanno perseguito un obiettivo di controlloin comune del mercato, non si può pretendere da parte della Commissione che essa qualifichi esattamente la violazione, per ognuna delle imprese e in ogni dato momento, come accordo o come pratica concordata, dal momento che, in ogni caso, l'una e l'altra di tali forme di violazione sono previste dall'art. 85 del Trattato.

697.
    La Commissione ha pertanto il diritto di qualificare una tale violazione complessa come accordo «e/o» pratica concordata, in quanto tale violazione implica elementi che devono essere qualificati come «accordo» e elementi che devono essere qualificati come «pratica concordata».

698.
    In una tale situazione, la doppia qualificazione deve essere intesa non come una qualificazione che esige simultaneamente e cumulativamente la prova che ciascuno di questi elementi di fatto presenta gli elementi costitutivi di un accordo e di una pratica concordata, bensì come indicante un insieme complesso che comporta elementi di fatto di cui taluni sono stati qualificati come accordo ed altri come pratica concordata ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, il quale non prevede qualificazioni specifiche per tale tipo di violazione complessa.

699.
    Il presente motivo, come sollevato dall'Enichem, deve, pertanto, essere respinto.

b) Sulla qualificazione, nel caso di specie, di «accordo» e/o di «pratica concordata»

Argomenti delle ricorrenti

700.
    Le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha determinato né l'esistenza di un accordo, né quella di una pratica concordata.

701.
    La BASF e l'ICI ritengono che, per qualificare un accordo, ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, devono esserci elementi rivelatori di un impegno verso obiettivi comuni ed elementi rivelatori dell'esistenza di un obbligo reciproco (sentenza della Corte 15 luglio 1970, causa 44/69, Buchler/Commissione, Racc. pag. 733, punto 25, e Van Landewyck e a./Commissione, citata, punto 86). Ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, un accordo deve essere concluso tra due parti che hanno almeno, seppur in modo non vincolante, manifestato la volontà di mettere in atto un determinato comportamento tale da falsare il gioco della concorrenza (sentenza della Corte 20 giugno 1978, causa 28/77, Tepea/Commissione, Racc. pag. 1391). Non sarebbe quindi sufficiente stabilire l'esistenza di una comunanza di punti di vista tra i produttori.

702.
    Orbene, nel caso di specie, le ricorrenti ricordano che, come emergerebbe dall'analisi dei fatti, non è dimostrato che la «lista di controllo», la quale non si sa se sia stata indirizzata ad altre imprese o, per lo meno, portata alla loro conoscenza, costituisca una proposta di collusione. Nulla dimostra che la «lista di controllo», che costituirebbe una proposta, sia stata discussa, fissata di comune accordo e accettata dagli altri produttori. Inoltre, la «risposta alle proposte», come emerge dal suo stesso contenuto, non potrebbe costituire accettazione della supposta intesa. Non sarebbe comunque dimostrato che i pareri espressi nella «risposta alle proposte» provengano da uno qualsiasi degli altri produttori di PVC.

703.
    Inoltre le ricorrenti sostengono che l'esistenza stessa delle riunioni non permette di fissare il loro oggetto. Nessun legame permetterebbe d'altronde di collegarli al preteso piano generale. Di fatto, i documenti utilizzati dalla Commissione per quel che riguarda le iniziative in materia di prezzi mostrerebbero che le imprese hanno perseguito politiche dei prezzi autonome, basate sull'evoluzione dei mercati; Nessuno di essi per contro proverebbe un previo accordo tra produttori.

704.
    Secondo la Elf Atochem, la Commissione non avrebbe stabilito con certezza l'esistenza di un accordo. La sola esistenza di riunioni non sarebbe sufficiente a dare atto dell'oggetto di tali riunioni né dell'adesione di ciascuna delle parti beneficiarie. La Commissione non potrebbe concludere che sia in questione un «vasto accordo continuato» in base a circostanze che rivelano tutt'al più comportamenti che non sono né generali né uniformi, né continuati. Nella migliore delle ipotesi saremmo allora in presenza di una pluralità di accordi distinti e successivi.

705.
    Le ricorrenti non mettono in discussione la definizione di pratica concordata di cui al punto 32, terzo comma della Decisione (sentenze della Corte 14 luglio 1972, ICI/Commissione, citata, punto 112, Suiker Unie/Commissione, citata, punto 174, 14 luglio 1981, causa 172/80, Züchner, Racc. pag. 2021, punti 12-14, e CRAM e Rheinzink/Commissione, citata, punto 20). Tuttavia, la Elf Atochem, la BASF, l'ICI e la Hüls sottolineano che la nozione di pratica concordata implicherebbe due elementi, uno soggettivo (la concertazione), l'altro oggettivo (un comportamento sul mercato, cioè una pratica). Orbene, nel caso di specie, la Commissione non avrebbe dimostrato né l'uno né l'altro di tali elementi. In particolare, non procedendo ad un esame del comportamento delle imprese sul mercato, la Commissione si sarebbe astenuta dal dimostrare l'esistenza stessa di una pratica concordata.

706.
    La LVM e la DSM sostengono che la Commissione ha, in violazione dell'art. 85 del Trattato, cercato di sanzionare un tentativo di violazione. Infatti, dal momento che è questione di oggetto o di effetto, devono necessariamente esistere atti di esecuzione. Si sottrarrebbero così all'art. 85 del Trattato il tentativo o l'intenzione di concludere un accordo vietato e, per sua natura, ogni forma di concertazione che non abbia

condotto al compimento di atti d'esecuzione sotto forma di «pratiche». La LVM e la DSM contestano così che la sola partecipazione a riunioni aventi un oggetto vietato possa essere qualificata come punibile.

707.
    L'Elf Atochem fa valere che il parallelismo di comportamento può costituire solo una prova imperfetta di una pratica concordata (sentenza Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, citata); inoltre, l'onere della prova non potrebbe essere invertito dalla semplice constatazione di un tale parallelismo (conclusioni dell'avvocato generale Darmon nella causa Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, citata, Racc. pag. I-1445). Per di più la ricorrente sostiene che anche tale parallelismo di comportamento, in materia di prezzi o di quote di compensazione, non è stato dimostrato dalla Commissione.

708.
    La BASF sostiene che il solo fatto che imprese concorrenti procedano ad un aumento dei prezzi non significa che queste si siano messe d'accordo (sentenza 14 luglio 1972, ICI/Commissione, citata). Essa sottolinea, a questo proposito, l'importanza determinante del prezzo per la commercializzazione del PVC, tenuto conto del fatto che si tratta di un prodotto ponderoso intercambiabile. Il prezzo verrebbe fissato quindi ad un livello di equilibrio tra l'offerta e la domanda. La diminuzione di prezzo da parte di un produttore, unico modo per lui di accrescere la sua quota di mercato, condurrebbe necessariamente ad un crollo generale dei prezzi, tenuto conto del limitato numero di offerenti. Al contrario, un aumento dei prezzi verrebbe coronato da successo solo se le condizioni del mercato lo permettessero; se ciò non fosse, gli altri produttori non seguirebbero tale aumento e il promotore dell'aumento perderebbe la sua quota di mercato oppure si troverebbe costretto ad abbassare di nuovo i suoi prezzi.

709.
    La Wacker e la Hoechst fanno osservare che la Commissione si è, a torto, astenuta dall'esaminare il comportamento effettivo delle imprese sul mercato.

710.
    Secondo la SAV, la Commissione ha trasgredito il suo obbligo di procedere ad un esame approfondito ed oggettivo del contenuto economico della supposta intesa (sentenze citate LTM, Suiker Unie e a./Commissione, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, e SIV e a./Commissione). Nel caso di specie, la Commissione ha formulato solo alcune osservazioni generali sul mercato (punti 5 e 6 dei motivi della Decisione), ma non ha per nulla esaminato il suo concreto funzionamento.

711.
    Secondo la Montedison, la Commissione non ha tenuto conto delle condizioni di fissazione dei prezzi nel caso di prodotti destinati all'industria; in realtà, le tabelle dei prezzi sarebbero pubblicate regolarmente, il prezzo applicato dalla principale impresa del settore permetterebbe agli altri di situarsi, senza che ciò comporti la rinuncia all'autonomia del loro comportamento (sentenza Suiker Unie e a./Commissione,

citata). La Commissione si limiterebbe ad opporre a tali dati di fatto l'oggetto delle riunioni così come era indicato nei documenti di programmazione.

712.
    L'Enichem osserva che il fatto che nessuna iniziativa in materia di prezzi sia mai riuscita lascia pensare che si tratti di sforzi individuali. Inoltre, i documenti raccolti dalla Commissione (allegati P alla comunicazione degli addebiti) mostrerebbero il carattere altamente concorrenziale del mercato, che non potrebbe semplicemente essere imputato ad un'intesa indisciplinata; infatti, in mancanza di prove dirette, l'affermazione che esiste un'intesa dovrebbe proprio essere sostenuta dal comportamento collusorio effettivo dei presunti partecipanti, cosa che non ricorre nel caso di specie.

713.
    La LVM, l'Elf Atochem, la DSM, la SAV, l'ICI, la Hüls e l'Enichem sostengono che, se si supponesse dimostrato quanto rilevato dalla Commissione, sarebbe sufficiente alle imprese incriminate di invocare circostanze che pongano tali fatti sotto una luce diversa permettendo così di dare una spiegazione diversa da quella accolta dalla Commissione (sentenze CRAM e Rheinzink/Commissione, citata, punto 16, e Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, citata, in particolare punti 70 e 72).

714.
    Orbene, nel caso di specie, per quel che riguarda le iniziative in materia di prezzi, la Commissione avrebbe respinto senza dimostrazione la spiegazione avanzata dalle ricorrenti e fondata sulla teoria economica della «leadership barometrica dei prezzi». Eppure, da tale teoria risulterebbe che le iniziative in materia di prezzi sono solo il risultato del normale funzionamento del mercato, senza concertazione tra le imprese.

Giudizio del Tribunale

715.
    Secondo una costante giurisprudenza, perché vi sia accordo, ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, è sufficiente che le imprese in questione abbiano espresso la loro volontà comune di comportarsi sul mercato in una determinata maniera (in particolare sentenze ACF Chemiefarma/Commissione, citata, punto 112, e Van Landewyck e a./Commissione, citata, punto 86).

716.
    Occorre sottolineare, anzitutto, che l'argomentazione delle ricorrenti tende, almeno in parte, a dimostrare che i documenti di programmazione non possono qualificarsi come accordi, ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Tale argomentazione non è tuttavia pertinente.

717.
    Infatti, emerge dai motivi della Decisione, e più in particolare dai punti 29-31, relativi al carattere ed alla struttura dell'accordo, che la Commissione non ha qualificato i documenti di programmazione come accordo ai sensi di tale disposizione. D'altra parte, come sottolineato nella parte «fatti» della Decisione, la Commissione afferma

di considerare tali documenti come un «piano d'azione per l'intesa».

718.
    Inoltre, l'argomentazione delle ricorrenti consiste nel riprendere le censure di fatto che sono state precedentemente esposte e respinte dal Tribunale.

719.
    In tali condizioni, le ricorrenti non potrebbero utilmente sostenere che l'elaborazione, nel corso di riunioni tra produttori, e la realizzazione in comune di meccanismi di quote e di compensazione, di iniziative in materia di prezzi e di scambi di informazioni sulle loro vendite effettive, durante vari anni, non costituiscano l'espressione di una volontà comune di comportarsi sul mercato in una determinata maniera.

720.
    Inoltre il fatto che l'art. 85 del Trattato distingua la nozione di «pratica concordata» da quella di «accordi tra imprese» e di «decisioni di associazioni di imprese» è dovuto all'intenzione di comprendere fra i comportamenti vietati da questo articolo una forma di coordinamento dell'attività delle imprese che, senza esser stata spinta fino all'attuazione di un vero e proprio accordo, costituisce in pratica una consapevole collaborazione fra le imprese stesse, a danno della concorrenza (sentenza 14 luglio 1972, ICI/Commissione, citata, punto 64). I criteri di coordinamento e di collaborazione, messi in evidenza nella giurisprudenza della Corte, non richiedono l'elaborazione di un vero e proprio «piano», ma vanno intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato in materia di concorrenza, e secondo la quale ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta ch'egli intende seguire sul mercato comune. Se è vero che tale esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti, la suddetta esigenza di autonomia vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l'effetto d'influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ovvero di rivelare ad un concorrente il comportamento che l'interessato ha deciso, o prevede, di tenere egli stesso sul mercato (sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata, punti 173 e 174).

721.
    Le ricorrenti non mettono in discussione tale giurisprudenza, che la Commissione ha ricordato al punto 33 della Decisione, ma la sua applicazione nel caso di specie.

722.
    Tuttavia, organizzando, durante più di tre anni, e partecipando a riunioni, il cui oggetto è stato correttamente determinato dalla Commissione, i produttori hanno preso parte ad una concertazione tramite la quale essi hanno sostituito coscientemente una cooperazione pratica tra di essi ai rischi della concorrenza.

723.
    Così, ciascun produttore ha non solamente perseguito lo scopo di eliminare in anticipo l'incertezza relativa al comportamento futuro dei suoi concorrenti, ma ha dovuto necessariamente, al fine di definire la condotta da seguire sul mercato, tener conto,

direttamente o indirettamente, delle informazioni ottenute nel corso di tali riunioni.

724.
    Le ricorrenti si fondano tuttavia sulle citate sentenze CRAM e Rheinzink/Commissione e Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione per confutare le conclusioni della Commissione.

725.
    Da tale giurisprudenza emerge che, quando il ragionamento della Commissione è fondato sulla supposizione che i fatti dimostrati non possono essere spiegati altrimenti che in funzione di una concertazione tra le imprese, alle ricorrenti basta dimostrare circostanze che pongano sotto una luce diversa i fatti stabiliti dalla Commissione e che permettano così di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta dalla Commissione (sentenze CRAM e Rheinzink/Commissione, citata, punto 16, e Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, citata, in particolare punti 70, 126 e 127).

726.
    Tale giurisprudenza non trova applicazione nel caso di specie

727.
    Infatti, come rilevato dalla Commissione al punto 21 della Decisione, la prova della concertazione tra le imprese non risulta dalla semplice constatazione di un parallelismo nel comportamento sul mercato, ma da documenti da cui emerge che le pratiche erano il risultato di una concertazione (v. supra, punti 582 e seguenti).

728.
    In tali condizioni, occorre che le ricorrenti, non solo presentino semplicemente una pretesa spiegazione alternativa dei fatti accertati dalla Commissione, ma anche che confutino l'esistenza di tali fatti in base ai documenti prodotti dalla Commissione. Orbene, come risulta dall'esame dei fatti, ciò non si è verificato nel caso di specie.

729.
    Ne consegue che la Commissione ha agito correttamente nell'accogliere, in via sussidiaria, la qualificazione di pratica concordata, ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

730.
    Infine, si può rilevare, come emerge dal punto 31 della Decisione, che le pratiche realizzate sono il risultato di una collusione protrattasi per più anni, basata sugli stessi meccanismi e che perseguivano lo stesso obiettivo comune. Pertanto, è a giusto titolo che la Commissione ha concluso che tali pratiche dovevano essere considerate come una sola collusione continuata, piuttosto che come la successione di accordi distinti.

731.
    Il motivo deve, di conseguenza, essere respinto interamente.

c) Sulla qualificazione di oggetto o di effetto anticoncorrenziale

Argomenti delle ricorrenti

732.
    La LVM e la DSM fanno valere che la nozione di restrizione della concorrenza esige, come elementi essenziali ai fini della constatazione di una infrazione, un comportamento manifesto ed il suo effetto sul mercato. Nel caso di specie, non essendo stato provato un tale comportamento, la Commissione avrebbe dovuto sforzarsi per dimostrare un effetto sul mercato del PVC. Ciò non è avvenuto essendosi la Commissione limitata ad affermazioni, di natura d'altronde speculativa.

733.
    La LVM, la DSM, la Wacker e la Hoechst sostengono che la Commissione si è illegittimamente astenuta dal procedere, o dal disporre che si procedesse, ad un'analisi economica degli effetti dell'addotta intesa, quando invece essa è tenuta a valutare gli effetti su un mercato ed a tener conto del contesto economico (in particolare sentenze LTM, citata, e Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, citata, punto 70). Per di più, essa avrebbe respinto senza dimostrazione l'insieme delle conclusioni economiche alle quali era pervenuto un esperto nominato dalle imprese sotto accusa, da cui emergeva che il mercato del PVC era caratterizzato da una accesa concorrenza. La Wacker e la Hoechst domandano che, per rimediare all'insufficiente esame degli effetti dell'intesa compiuto dalla Commissione, sia ordinata una perizia allo scopo di valutare tali effetti, o che sia loro concesso un termine per richiedere ed ottenere una tale perizia. La SAV, da parte sua, sottolinea che la Commissione si è limitata a formulare talune osservazioni generali sul mercato (punti 5 e 6 della Decisione), ma non ha in nessun modo esaminato l'effettivo funzionamento di esso.

734.
    Secondo l'ICI, nella valutazione degli effetti dell'asserita intesa sui prezzi, la Commissione ha omesso di tener conto degli elementi di prova di natura economica che erano stati avanzati. Orbene, questi avrebbero provato che il mercato del PVC era caratterizzato da un'accesa concorrenza, confermando così che i prezzi del PVC non erano soggetti ad alcuna influenza al di fuori del libero gioco della concorrenza. Dal canto suo, la Commissione non avrebbe apportato alcun elemento a sostegno della sua tesi, la quale si fonderebbe solamente su semplici affermazioni. In realtà, qualunque cosa possa essere successa nel corso delle riunioni, non si sarebbe prodotto alcun effetto sui prezzi.

735.
    La Basf contesta alla Commissione un esame insufficiente degli effetti dell'asserita intesa, cosa che sarebbe confermata dalla soppressione di un passaggio al punto 37 della versione tedesca della Decisione in rapporto a quella della decisione del 1988.

736.
    La Montedison ricorda, da parte sua, che, a seguito del sostanziale aumento dei prezzi del petrolio nel 1979, il settore del PVC è stato colpito da una grave crisi. Tutte le imprese, dal 1980 al 1986, avrebbero prodotto in perdita, comportando così l'uscita dal mercato di alcune di esse. Di fronte a tale situazione, esse avrebbero fatto uso del loro diritto di riunione e di libera espressione delle loro rispettive opinioni. Pertanto le pratiche incriminate non sarebbero il risultato di concertazioni illegittime; esse

costituirebbero solo tentativi per un parziale recupero delle perdite, unico comportamento razionale in un mercato in crisi. Per di più, le pratiche di cui trattasi non avrebbero avuto effetti sulla concorrenza; la Commissione ha così accertato essa stessa che le iniziative in materia di prezzi non avrebbero prodotto che un totale fallimento o un successo limitato.

737.
    La Hüls sostiene che le asserite iniziative in materia di prezzi non hanno prodotto effetti, restando i prezzi di mercato inferiori agli asseriti prezzi obiettivo.

738.
    L'Enichem sostiene che la Commissione non ha prodotto la prova dell'esistenza di effetti sul mercato. Il preteso effetto psicologico di cui si avvale la Commissione non corrisponderebbe così ad alcun preciso concetto giuridico. Per di più, l'evoluzione dei prezzi dal gennaio 1981 all'ottobre 1984 sarebbe stata minima.

Giudizio del Tribunale

739.
    Dall'esame dei fatti emerge che la violazione addebitata consisteva in particolare nel fissare in comune prezzi e volumi di vendita sul mercato del PVC. Una tale infrazione, prevista espressamente, a titolo di esempio, all'art. 85, n. 1 del Trattato, aveva uno scopo anticoncorrenziale.

740.
    La circostanza che il settore del PVC attraversasse, all'epoca dei fatti contestati, una grave crisi non può portare alla conclusione che le condizioni di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato non fossero soddisfatte. Se è vero che tale situazione del mercato può essere, se del caso, presa in considerazione al fine di ottenere, a titolo di eccezione, una esenzione ai sensi dell'art. 85, n. 3, del Trattato, è giocoforza constatare che i produttori di PVC non hanno, in alcun momento, presentato una tale domanda di esenzione, in base all'art. 4, n. 1, del regolamento n. 17. Occorre rilevare infine che la Commissione, nello svolgere la sua valutazione, non ha ignorato, come emerge dal punto 5 della Decisione, la crisi che stava attraversando il settore; inoltre, essa ne ha tenuto conto nella determinazione dell'ammontare dell'ammenda.

741.
    Secondo una giurisprudenza costante, ai fini dell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo, ove risulti che esso ha per oggetto di restringere impedire o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune (in particolare, sentenza della Corte 13 luglio 1966, cause riunite 56 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione, Racc. pag. 429, in particolare pag. 496). Pertanto, nella misura in cui il motivo esposto dalle ricorrenti deve essere inteso nel senso che sarebbe necessaria la dimostrazione di effetti anticoncorrenziali concreti, nonostante sia stato accertato l'oggetto anticoncorrenziale dei comportamenti rimproverati, esso non può essere accolto.

742.
    Inoltre, sembrerebbe che due frasi del punto 37 della versione tedesca della decisione del 1988, relativa agli effetti dell'intesa, siano state soppresse nella versione tedesca della Decisione. Dal momento che tale soppressione aveva come unico oggetto l'armonizzazione delle differenti versioni linguistiche della Decisione, le ricorrenti non possono considerare tale circostanza come la prova di un esame insufficiente degli effetti dell'infrazione.

743.
    Occorre rilevare infine che, contrariamente a quanto sostengono talune ricorrenti, la Commissione non si è limitata ad un'analisi speculativa degli effetti dell'infrazione rimproverata. Essa si è infatti limitata, al punto 37 della Decisione, a sottolineare il fatto che sapere se a lungo termine i livelli di prezzo sarebbero stati assai più bassi in mancanza di collusione rappresenta una pura speculazione.

744.
    Tuttavia, la Commissione ha correttamente concluso che l'infrazione rimproverata non era rimasta senza effetti.

745.
    Così, la fissazione di prezzi obiettivo a livello europeo ha necessariamente alterato il gioco della concorrenza sul mercato del PVC. Gli acquirenti hanno così visto il loro margine di negoziazione dei prezzi limitato. D'altra parte, come già rilevato (supra, punto 655), diversi degli allegati P1 - P70 mostrano che gli acquirenti hanno spesso proceduto ad acquisti prima della data di applicazione di un'iniziativa in materia di prezzi. Ciò conferma la conclusione della Commissione secondo cui gli acquirenti erano coscienti del fatto che le iniziative in materia di prezzi dei produttori limitano le loro possibilità di negoziazione e non sarebbero quindi prive di effetti.

746.
    Se è esatto che talune iniziative sono state considerate come fallimenti da parte dei produttori (v. supra, punto 654), cosa che la Commissione non ha per nulla trascurato nell'adottare la sua Decisione, resta che numerosi degli allegati P1-P70 testimoniano della riuscita, totale o parziale, di iniziative in materia di prezzi. Di fatto, i produttori stessi hanno accertato a più riprese che un'iniziativa in materia di prezzi aveva messo termine ad un periodo di diminuzione dei prezzi, oppure portato ad un aumento dei prezzi praticati sul mercato. Possono essere presi così, a titolo di esempio, gli allegati P3 («l'aumento per il 1° novembre [1980] si è imposto, di modo che una seconda azione è stata intrapresa»), P5 («l'aumento dei prezzi al 1° novembre [1980] non è stato totalmente coronato da successo, ma i prezzi sono aumentati sostanzialmente»), P17 («gli aumenti di prezzo del giugno [1981] sono progressivamente accettati in tutta Europa»), P23 («lo slittamento dei prezzi è stato fermato alla fine del mese [di aprile 1982], grazie all'annuncio di un aumento generale dei prezzi europei ad un livello di 1,35 DM per il 1° maggio») o P33 («l'aumento dei prezzi introdotto il 1° settembre [1982] per il PVC omopolimero, che porta il prezzo ad un massimo di 1,50 DM/kg, è stato coronato da successo sul piano della tendenza generale»).

747.
    Emerge così dalle constatazioni obiettive effettuate dai produttori stessi all'epoca dei fatti che le iniziative in materia di prezzi hanno prodotto un effetto sul livello dei prezzi di mercato.

748.
    D'altra parte, come sottolineato dalla Commissione (punto 38 della Decisione), le pratiche contestate sono state decise nel corso di un periodo di più di tre anni. E' pertanto poco probabile che i produttori abbiano, all'epoca, ritenuto che fossero totalmente prive di efficacia e di utilità.

749.
    Ne consegue che la Commissione ha valutato correttamente gli effetti dell'infrazione addebitata. Pertanto, e tenuto conto in particolare delle constatazioni obiettive dei produttori stessi all'epoca dei fatti, la Commissione non era tenuta a procedere ad un'analisi economica approfondita degli effetti dell'intesa sul mercato. Alla luce di ciò non si deve accogliere la domanda della Wacker e dell'Hoechst, diretta a che sia disposta una tale analisi.

750.
    Pertanto il presente motivo deve essere respinto.

d) Sulla qualificazione di pregiudizio al commercio tra Stati membri

Argomenti delle parti

751.
    La LVM e la DSM sostengono che la Commissione non ha dimostrato che le praticheaddebitate abbiano pregiudicato il commercio tra Stati membri. Così, non è il fatto che l'accordo fosse «suscettibile» di produrre un effetto sul commercio che è determinante per il pregiudizio al commercio tra Stati membri, ma il suo effetto economico; orbene, tale effetto, o la possibilità di tale effetto, devono essere dimostrati (sentenze della Corte LTM, citata, Racc. pag. 360, e 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia e a./Commissione, Racc. pag. 2545, punto 22).

752.
    Secondo l'ICI, nell'esame del carattere rilevante del pregiudizio, la Commissione si sarebbe accontentata di affermazioni non corroborate. Essa non avrebbe così tenuto conto di elementi di prova di natura economica che la ricorrente aveva presentato nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti. In realtà, qualunque cosa abbia potuto succedere nel corso delle riunioni tra i produttori, ciò non avrebbe avuto alcuna incidenza sugli scambi tra Stati membri.

Giudizio del Tribunale

753.
    L'art. 85, n. 1, del Trattato richiede che gli accordi e le pratiche concordate siano suscettibili di pregiudicare il commercio tra Stati membri. Pertanto la Commissione non ha l'obbligo di dimostrare l'esistenza concreta di un tale pregiudizio (sentenza

della Corte 17 luglio 1997, causa C-219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punti 19 e 20).

754.
    Inoltre risulta dalla giurisprudenza che un accordo, una pratica concordata o una decisione di associazione di imprese non ricadono sotto il divieto dell'art. 85, n. 1, allorché pregiudichino il mercato in maniera irrilevante, in ragione della debole posizione dei partecipanti sul mercato dei prodotti di cui trattasi (sentenza della Corte 9 luglio 1969, causa 5/69, Völk, Racc. pag. 295, punto 7).

755.
    Nel caso di specie, come rilevato dalla Commissione al punto 39 della sua Decisione, i comportamenti rimproverati si estendevano all'insieme degli Stati membri e coprivano praticamente l'insieme delle vendite di tale prodotto industriale nella Comunità. Inoltre, la maggior parte dei produttori vendevano i loro prodotti in più di uno Stato membro. Non è infine in discussione che gli scambi intracomunitari, tenuto conto degli squilibri esistenti tra l'offerta e la domanda sui diversi mercati nazionali, fossero di rilevante entità.

756.
    Pertanto, la Commissione ha concluso correttamente al punto 39 della Decisione che i comportamenti rimproverati erano suscettibili di pregiudicare in modo rilevante gli scambi tra Stati membri.

e) Sugli altri motivi di diritto

Sul motivo relativo ad uno sviamento di potere

757.
    La BASF ritiene che la Commissione abbia commesso uno sviamento di potere rifiutandosi di procedere alle verifiche necessarie per corroborare le sue affermazioni riguardo agli effetti dell'intesa sul mercato, al contesto economico, alla durata dell'infrazione e all'esistenza di ostacoli al libero gioco di mercato. Essa avrebbe così abusato del potere discrezionale ad essa riconosciuto dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

758.
    La Commissione sottolinea che tale motivo non è che la ripetizione dei motivi precedenti e deve dunque essere respinto per le stesse ragioni. In ogni caso, essa contesta il fatto di aver usato dei suoi poteri per scopi diversi da quelli addotti.

759.
    In mancanza di indici obiettivi, pertinenti e concordanti, da cui emerga che la Decisione è stata presa esclusivamente, o per lo meno in modo determinante, per scopi diversi da quelli addotti, tale motivo deve essere respinto.

Sul motivo relativo ad una mancata concordanza tra il dispositivo e i motivi della Decisione

760.
    La Shell fa valere un'incongruenza tra l'art. 1 del dispositivo della Decisione ed i motivi di questa. Essa osserva, in quanto ai motivi della Decisione, che, in primo luogo, il comportamento ad essa imputato riguarda solo una pratica concertata, e non un accordo tra imprese (Decisione, punto 34), in secondo luogo, è esclusa ogni partecipazione da parte sua nell'elaborazione dei documenti di programmazione (punto 48), in terzo luogo, la sua pretesa partecipazione andrebbe dal gennaio 1982 all'ottobre 1983 (punti 48 e 54) e, in ultimo luogo, la sua partecipazione era limitata (punti 48 e 53). Orbene, su ciascuno di tali punti, il dispositivo sarebbe differente.

761.
    Occorre ricordare che il dispositivo di una decisione deve essere inteso alla luce dei motivi che lo sottendono.

762.
    Nel caso di specie, l'art. 1 del dispositivo, nell'indicare che le imprese hanno partecipato ad un accordo «e/o» ad una pratica concordata, impedisce ogni contraddizione con il punto 34 della Decisione. Inoltre, dal momento che tale articolo si riferisce ad infrazioni «per i periodi indicati nella presente decisione», la ricorrente non può utilmente avvalersi di una contraddizione con i motivi della Decisione, tanto in riferimento alla sua mancata partecipazione al progetto di creazione di intesa nel 1980, quanto alla durata della sua partecipazione. Infine, così come esposto ai punti 48 e 53 dei motivi della Decisione, nulla nel dispositivo indica che la Commissione non abbia tenuto conto del ruolo limitato svolto dalla ricorrente.

763.
    Il motivo deve pertanto essere respinto.

C — Sulla partecipazione delle ricorrenti alla violazione accertata

764.
    Le ricorrenti contestano alla Commissione, in primo luogo, di aver accolto il principio di una responsabilità collettiva (1). Esse sostengono, in secondo luogo, che la loro partecipazione alla violazione non è comunque dimostrata (2).

1. Sulla pretesa imputazione di una responsabilità collettiva

Argomenti delle parti

765.
    La Elf Atochem, la BASF, la SAV, l'ICI e l'Enichem sottolineano che la responsabilità di un'impresa non può essere che personale, in forza di un principio universalmente riconosciuto.

766.
    Nel caso di specie, la Commissione non avrebbe osservato tale principio. Infatti, essa afferma, al punto 25 della Decisione, che non è necessario provare che ciascun partecipante ha preso parte ad ognuna delle manifestazioni dell'intesa, ma che è sufficiente valutare la loro partecipazione all'intesa «considerata complessivamente».

767.
    La Commissione osserva che, come emergerebbe in particolare dai punti 25, secondo comma, 26, primo comma, e 31, in fine, della Decisione, essa era perfettamente cosciente della necessità di provare l'adesione individuale dei ricorrenti all'intesa addebitata.

Giudizio del Tribunale

768.
    Al punto 25, secondo comma, della Decisione, la Commissione ha indicato quanto segue: «Per quanto riguarda gli aspetti pratici dei mezzi probatori, la Commissione ritiene che, oltre a dimostrare l'esistenza di un'intesa mediante prove persuasive, è necessario provare anche che ciascun sospetto partecipante ha aderito al progetto comune. Tuttavia, ciò non significa che debbano esistere prove documentali che dimostrino che ciascun partecipante ha preso parte ad ogni manifestazione dell'infrazione. E' altamente improbabile che in una fattispecie di questo tipo la prova documentale ricorra per ciascun partecipante; e ogni elemento delle prove documentali non nominerà puntualmente tutti i partecipanti al cartello. Nel presente caso non è stato possibile, data l'assenza di documentazione sui prezzi, provare l'effettiva partecipazione di ciascun produttore a iniziative concordate in materia di prezzi. Pertanto, in relazione a ciascun sospetto partecipante la Commissione ha valutato l'esistenza o no di prove sufficientemente attendibili a dimostrazione della sua adesione all'intesa nel suo complesso e non già l'esistenza di prove della sua partecipazione ad ogni manifestazione dell'intesa stessa».

769.
    Al punto 31, in fine, della Decisione è indicato: «Nel caso di specie, il punto essenziale è che per un lungo periodo i produttori si sono concentrati in vista di uno scopo comune illecito e ciascuno di essi deve, non solo assumersi la responsabilità per il ruolo svolto direttamente come singolo, ma anche condividere la responsabilità per l'attuazione dell'intesa nel suo complesso».

770.
    Emerge così, in particolare dalla prima frase del punto 25, secondo comma, della Decisione, che la Commissione non ha trascurato la necessità di provare la partecipazione di ciascuna impresa all'intesa addebitata.

771.
    A tal fine, essa ha fatto riferimento alla nozione di intesa considerata «complessivamente» o «nel suo insieme». Non se ne potrebbe tuttavia dedurre che la Commissione avrebbe accolto il principio di una responsabilità collettiva, nel senso che essa avrebbe imputato a talune imprese la partecipazione a fatti ai quali essa sarebbe estranea per il solo motivo che la partecipazione di altre imprese a tali fatti è, invece, dimostrata.

772.
    Infatti la nozione di intesa considerata «complessivamente» o «nel suo insieme» è indissociabile dalla natura della violazione di cui trattasi. Questa consiste, come emerge

dall'esame dei fatti, nella regolare organizzazione, per una durata di svariati anni, di riunioni tra produttori concorrenti il cui oggetto era costituito dall'accordo su pratiche illecite, destinate ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato del PVC.

773.
    Ora, un'impresa può altresì essere ritenuta responsabile di un'intesa globale anche qualora venga dimostrata la sua diretta partecipazione soltanto a uno o più degli elementi costitutivi di tale intesa, purché le fosse noto, o dovesse necessariamente esserle noto, il fatto che la collusione a cui partecipava, in particolare tramite regolari riunioni organizzate durante diversi anni, rientrava in un piano globale diretto a falsare il gioco normale della concorrenza, e che questo piano globale riguardava il complesso degli elementi costitutivi dell'intesa.

774.
    Nel caso di specie, se, in mancanza di documenti, la Commissione non è stata in grado di provare la partecipazione di ciascuna impresa all'attuazione delle iniziative in materia di prezzi, attuazione che costituisce una delle manifestazioni dell'intesa, essa ha comunque ritenuto di essere in grado di dimostrare che ciascuna impresa aveva in ogni caso partecipato alle riunioni tra produttori aventi ad oggetto, in particolare, la fissazione dei prezzi in comune.

775.
    Così come emerge dal punto 20, quarto e quinto comma: «La Commissione, in mancanza di documentazione sui prezzi da parte dei produttori, non è in grado di dimostrare che tutti i produttori hanno introdotto contemporaneamente listini di prezzi identici o applicato prezzi ”obiettivo” ”europei” in marchi tedeschi. Tuttavia è possibile dimostrare che uno degli argomenti principali delle riunioni nelle quali tutti i produttori erano implicati era la fissazione dei prezzi obiettivo e il coordinamento delle iniziative in materia di prezzi».

776.
    Questa stessa idea è espressa al punto 26, quinto comma: «Il grado di responsabilità di ciascun partecipante non dipende tuttavia dai documenti che — in maniera fortuita o no — sono disponibili presso quella impresa, bensì dalla sua partecipazione all'intesa vista nella sua globalità. Pertanto, il fatto che la Commissione non abbia ottenuto prove quanto al comportamento relativo alla fissazione dei prezzi di alcune imprese non ne sminuisce la partecipazione, dato che risulta dimostrato che esse erano membri di diritto di un'intesa nella quale venivano programmate iniziative in materia di prezzi».

777.
    Sembra pertanto che, nella Decisione, la Commissione sostenga di essere stata in grado di dimostrare che ciascuna impresa aveva partecipato, da un lato, a talune manifestazioni dell'intesa e, dall'altro, alla luce di un insieme di indizi concordanti, alle riunioni tra produttori nel corso delle quali esse si accordavano, in particolare, sui prezzi da praticare nei giorni successivi. A tal proposito, la Commissione si è riferita a giusto titolo al fatto che l'impresa veniva citata nei documenti di programmazione,

i cui progetti sono stati poi attuati ed accertati sul mercato del PVC nelle settimane successive alla loro elaborazione, che la sua partecipazione alle altre manifestazioni dell'intesa era provata o ancora che l'impresa era stata citata dalla BASF e dall'ICI come partecipante alle riunioni tra produttori.

778.
    Dall'insieme di tali elementi emerge che la Commissione non ha addebitato a ciascuna impresa una responsabilità collettiva, o ancora una responsabilità per una manifestazione di un'intesa alla quale essa sarebbe rimasta estranea, bensì la responsabilità dei fatti ai quali ognuna aveva partecipato.

2. Sulla partecipazione individuale delle ricorrenti all'infrazione

779.
    Ognuna delle ricorrenti nella presente causa, ad eccezione dell'ICI, contesta che sia stata dimostrata la sua partecipazione alla violazione ad essa addebitata, sia nell'ambito di un motivo specifico, sia nell'ambito di altri motivi relativi, per esempio, alla determinazione dei fatti o alle norme in materia di onere della prova.

780.
    In queste condizioni, occorre esaminare di seguito la situazione di ciascuna delle ricorrenti, ad eccezione dell'ICI. L'esame di tali questioni è indissociabile da quello del valore probatorio dei documenti ai quali si riferisce la Commissione e delle conseguenze giuridiche che essa ne trae, elementi questi già esaminati in precedenza.

a) La DSM

Argomenti delle ricorrenti

781.
    In primo luogo, le ricorrenti negano di aver partecipato a riunioni tra produttori nel corso delle quali sarebbero stati discussi i prezzi e le quote di mercato. Gli elementi di prova della Commissione a tal proposito sarebbero infatti manifestamente insufficienti. Così, anzitutto, l'indicazione del nome della DSM sulla lista di controllo, il cui valore probatorio è già stato accertato, non dimostrerebbe né che la riunione ivi prevista abbia avuto luogo, né che la DSM vi abbia partecipato. Inoltre, le dichiarazioni dell'ICI, fatte d'altra parte con riserva, riguarderebbero fatti accaduti nel 1983, anno in cui la DSM aveva abbandonato il mercato del PVC. Infine, la DSM non sarebbe stata identificata dalla BASF come partecipante alle riunioni.

782.
    In secondo luogo, riguardo al preteso sistema di quote, le ricorrenti ritengono privo di valore probatorio il documento della DSM, il solo utilizzato contro di loro dalla Commissione, nel quale appare il termine «compensazione». Pur supponendo che il termine sia da interpretare nel senso ad esso dato dalla Commissione, ciò non significherebbe che i ricorrenti abbiano partecipato ad un tale meccanismo.

783.
    In terzo luogo, sul controllo delle vendite, le ricorrenti contestano che la Commissione abbia dimostrato l'esistenza di un tale meccanismo.

784.
    In ultimo luogo, sui prezzi obiettivo e le iniziative in materia di prezzi, le ricorrenti ricordano che la stessa esistenza di iniziative in materia di prezzi concertati non è dimostrata.

Giudizio del Tribunale

785.
    La DSM è stata identificata dall'ICI come partecipante alle riunioni tra produttori (v. supra, punto 675) di cui la Commissione ha dimostrato il carattere illecito (v. supra, punti 679-686). Contrariamente a quanto indicato dalle ricorrenti, le dichiarazioni dell'ICI non riguardano solo il periodo successivo al gennaio 1983, bensì le riunioni informali tenutesi al ritmo approssimativo di una al mese «a partire dal mese di agosto 1980», cosa che la BASF ha confermato (v. supra, punti 675 e 677).

786.
    Inoltre la DSM appariva esplicitamente nei documenti di programmazione come membro interpellato del «nuovo quadro di riunioni» previsto dall'ICI. Tenuto conto della stretta correlazione esistente tra le pratiche previste in tali documenti e quelle accertate sul mercato del PVC nelle settimane successive (v. supra, punti 662 e seguenti), l'indicazione del nome della DSM può essere considerata come un indizio della sua partecipazione alla violazione contestata.

787.
    Svariati documenti utilizzati dalla Commissione per stabilire l'esistenza di iniziative in materia di prezzi comuni (v. supra, punti 637-661) provengono dalla DSM. Diversi tra tali documenti, e in particolare gli allegati P5, P13, P28 e P41, testimoniano inoltre il fatto che la DSM ha «fermamente sostenuto» tali iniziative in materia di prezzi.

788.
    Il documento Alcudia, confermando, con altri documenti, l'esistenza di un meccanismo di controllo dei volumi di vendita tra produttori di PVC, designa indirettamente la DSM, dal momento che vi si può leggere che, «nel caso del PVC, un solo produttore non partecipa [al sistema di compensazione]» (v. supra, punto 589); orbene, in risposta ad una domanda di informazioni, l'ICI ha indicato che la Shell era il produttore in questione. Inoltre, il documento della DSM, relativamente al quale la Commissione ha concluso, a giusto titolo, che confermava l'esistenza di un meccanismo di compensazione tra i produttori (v. supra, punti 594-598), è un rapporto mensile sulla situazione del mercato elaborato dai servizi della DSM.

789.
    Per quanto riguarda il controllo delle vendite, le ricorrenti mettono in discussione solo l'esistenza di un tale meccanismo. Orbene, tale censura è già stata esaminata e respinta dal Tribunale (v. supra, punti 618-636).

790.
    Alla luce dell'insieme di tali elementi, la Commissione ha, a giusto titolo, concluso che la DSM aveva preso parte alla violazione contestata.

b) L'Atochem

Argomenti della ricorrente

791.
    Secondo la ricorrente, la Commissione non ha apportato alcun elemento di prova del consenso o della partecipazione della Elf Atochem all'intesa contestata.

792.
    Riguardo alle iniziative in materia di prezzi, la ricorrente sottolinea che nessun documento fa riferimento ad essa o alle società del gruppo. Nulla nel fascicolo dimostrerebbe che la Elf Atochem abbia adottato un comportamento parallelo a quello degli altri produttori di PVC. Tutt'altro, svariati documenti dimostrerebbero da parte sua un comportamento concorrenziale e non coordinato.

793.
    Riguardo al presunto sistema di quote, di compensazioni e di sorveglianza del mercato, la ricorrente fa valere che i due documenti sulla cui base essa è stata incriminata (quadro Atochem e quadro Solvay) sono privi di valore probatorio. La Commissione riconoscerebbe essa stessa, al punto 11 della Decisione, che una disciplina non è affatto esistita. Secondo la ricorrente, le variazioni costanti delle quote di mercato della Elf Atochem sono evidentemente incompatibili con l'esistenza di un tale sistema al quale l'impresa avrebbe partecipato.

794.
    La Commissione non avrebbe dimostrato né la sua presenza alle riunioni tra produttori, né la sua partecipazione, attiva o passiva, alle decisioni che ivi avrebbero potuto esser prese.

Giudizio del Tribunale

795.
    L'Atochem è stata citata dall'ICI come partecipante alle riunioni tra produttori (v. supra, punto 675), di cui la Commissione ha dimostrato il carattere illegittimo (v. supra, punti 679-686).

796.
    La presenza della ricorrente a tali riunioni è stata confermata dalla BASF (v. supra, punto 677).

797.
    Inoltre, i documenti di programmazione menzionano, tra i membri interpellati dall'ICI per partecipare al «nuovo quadro di riunioni», la «nuova società francese», riguardo a cui non si nega né che si tratti della società Chloé, né che quest'ultima è diventata in seguito l'Atochem.

798.
    Per le ragioni già esposte (v. supra, punto 788), il documento Alcudia designa indirettamente l'Atochem.

799.
    Il quadro Atochem, che ricapitola le vendite dei diversi produttori ancora in attività al primo semestre del 1984 ed i corrispondenti obiettivi (v. supra, punti 602 e seguenti), è stato rinvenuto nella sede di tale impresa. Pur supponendo, come sostiene la ricorrente, che tale quadro non sia stato elaborato al suo interno, tuttavia esso indica un obiettivo di vendita e dati di vendita che la riguardano.

800.
    Quanto all'argomento dell'Atochem secondo cui «l'evoluzione delle produzioni non conforta l'esistenza delle quote dedotte» (ricorso, pag. 12), esso è basato su un quadro che costituiva l'allegato 1 della risposta della ricorrente alla comunicazione degli addebiti. Orbene, è sufficiente constatare che tale quadro si riferisce agli anni 1986 e 1987, che non sono in discussione nella presente causa.

801.
    Infine, tra le cifre relative alle vendite che appaiono nei quadri della Solvay e che la Commissione è stata in grado di verificare, ve ne sono che riguardano l'Atochem e sono esatte (v. supra, punto 628).

802.
    D'altra parte, se la Commissione non ha potuto ottenere alcuna tabella dei prezzi dell'Atochem che gli avrebbe permesso di verificare che tale impresa aveva messo in opera le iniziative di prezzi comuni, gli allegati P1-P70 indicano che i produttori francesi non sono rimasti estranei a tale manifestazione dell'intesa. Così, al di là dei documenti, come gli allegati P1, P6, P15, P19, P22, P26, P29, P32, P45 e P48, nei quali si fa riferimento ad «iniziative generali» destinate ad aumentare «il complesso dei prezzi europei» o ancora ad «iniziative del settore», taluni allegati evocano più specificamente il mercato francese e permettono di concludere che le iniziative in materia di prezzi vi erano annunciate e applicate. Ciò è in particolare quanto emerge dagli allegati P21, P23, P24, P30, P31 e P38.

803.
    Se è vero che due documenti fanno riferimento all'atteggiamento aggressivo di produttori francesi in materia di prezzi, occorre rilevare che ciò non è tale da inficiare le conclusioni della Commissione. Infatti, in primo luogo, essa ne ha tenuto conto nella sua analisi dei fatti, in particolare al punto 22, terzo comma, della Decisione, dove viene precisato: «E' anche vero che numerosi produttori che prendevano parte alle riunioni venivano definiti ”aggressivi” o ”disfattisti” in alcuni mercati da altri produttori che si consideravano forti sostenitori delle iniziative in materia di prezzi e che erano disposti a perdere vendite pur di riuscire ad imporre un aumento». La Commissione ha fatto anche riferimento a questa circostanza nella sua valutazione giuridica, in particolare al punto 31, primo comma, della Decisione, dove viene precisato: «Può anche darsi che in relazione all'uno o all'altro aspetto degli accordi, un particolare produttore o gruppo di produttori abbia talvolta formulato riserve oppure non sia stato

soddisfatto di qualche punto specifico». D'altra parte il comportamento aggressivo occasionale di taluni produttori contribuiva all'insuccesso di talune iniziative, cosa che emerge dai punti 22, 37 e 38 della Decisione. In secondo luogo, il fatto che la ricorrente occasionalmente non abbia messo in opera una prevista iniziativa in materia di prezzi non pregiudica la conclusione della Commissione; infatti, per quanto riguarda più specificamente le imprese per le quali essa non aveva potuto ottenere alcuna tabella dei prezzi, la Commissione si è limitata ad affermare che tali imprese avevano comunque partecipato alle riunioni tra produttori il cui oggetto era, in particolare, la fissazione di obiettivi in materia di prezzi (v. supra, punti 774 e seguenti), e non la concreta messa in opera di tali iniziative (sentenza Atochem/Commissione, citata, punto 100).

804.
    Dato l'insieme di tali elementi, è a giusto titolo che la Commissione ha concluso affermando la partecipazione della ricorrente alla violazione addebitata.

c) La BASF

Argomenti della ricorrente

805.
    La ricorrente contesta il fatto che esistano prove sufficienti della sua adesione all'intesa considerata globalmente. Nel caso di specie, tali prove si limiterebbero ai documenti di programmazione, alla partecipazione a riunioni regolari, al quadro Atochem e al quadro Solvay.

806.
    Orbene, in primo luogo, il valore probatorio dei documenti di programmazione sarebbe già stato confutato. In mancanza di ogni prova che essa fosse a conoscenza di tali documenti e che li avesse sottoscritti, questi non sarebbero sufficienti a provare la partecipazione della ricorrente all'intesa.

807.
    In secondo luogo, nessuna prova permetterebbe di concludere che la ricorrente abbia aderito ad accordi violanti il diritto della concorrenza e adottati in occasione delle riunioni tra produttori, cosa che non potrebbe, d'altra parte, essere dedotta dalla sola esistenza delle riunioni. In ogni caso, la ricorrente ricorda di aver dichiarato, nella sua risposta dell'8 dicembre 1987 ad una richiesta d'informazioni, che essa non aveva partecipato ad alcuna riunione dopo l'ottobre 1983, sempre che ve ne siano state di ulteriori.

808.
    In terzo luogo, il solo fatto che il nome della ricorrente sia menzionato nel quadro dell'Atochem, a sua insaputa, non sarebbe sufficiente a dimostrare la sua partecipazione ad una intesa illecita. Tale documento non dimostrerebbe né che la BASF si è vista attribuire una quota propria, né che essa abbia aderito ad un sistema di quote. I quadri Solvay, da parte loro, non permetterebbero di dimostrare che la

ricorrente ha partecipato a scambi di informazioni con i suoi concorrenti.

Giudizio del Tribunale

809.
    La ricorrente ha riconosciuto di aver partecipato a riunioni informali tra produttori, di cui la Commissione ha dimostrato l'illegittimità ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato (v. supra, punti 679-686).

810.
    Tale presenza alle riunioni è stata confermata dall'ICI (v. supra, punto 675)

811.
    La ricorrente era identificata nei documenti di programmazione, come membro interpellato del «nuovo quadro di riunioni». Se, come già indicato, tali documenti costituiscono, al massimo, un «progetto di creazione d'intesa» (v. supra, punti 670-673) e non possono pertanto essere considerati come la prova della partecipazione dellaricorrente alla violazione rimproverata, il fatto che la ricorrente vi sia stata citata può essere considerato come indizio di tale partecipazione.

812.
    Per le ragioni già esposte (v. supra, punto 788), il documento Alcudia designa indirettamente la BASF.

813.
    BASF appare nel quadro Atochem il quale contiene, sia pure in forma aggregata, i dati di vendita e la percentuale delle vendite obiettivo dei quattro produttori tedeschi (v. supra, punto 612).

814.
    La BASF è citata anche nei quadri Solvay. Tra le cifre di vendita menzionate che la Commissione è stata in grado di verificare, due riguardano la ricorrente e sono esatte (v. supra, punto 627).

815.
    D'altra parte, se la Commissione non ha potuto ottenere alcuna tabella dei prezzi della BASF che le avrebbe permesso di verificare che tale impresa aveva messo in opera le iniziative comuni in materia di prezzi, gli allegati P1-P70 indicano che i produttori tedeschi non sono restati estranei a tale manifestazione dell'intesa. Così, al di là dei documenti, come gli allegati P1, P6, P15, P19, P22, P26, P29, P32, P45 e P48, nei quali si fa riferimento ad «iniziative generali» destinate ad aumentare «l'insieme dei prezzi europei» o ancora ad «iniziative del settore», taluni allegati evocano più specificamente il mercato tedesco e permettono di concludere che le iniziative in materia di prezzi vi erano annunciate ed applicate. Ciò è in particolare quanto emerge dagli allegati P23, P24, P26, P29, P30, P41 e P58.

816.
    Dato il combinato di tali elementi, è a giusto titolo che la Commissione ha concluso ritenendo la ricorrente come partecipante alla violazione rimproverata.

d) Shell

Argomenti della ricorrente

817.
    Nella prima parte di tale motivo, la ricorrente rimprovera alla Commissione di aver ignorato la struttura particolare del gruppo Shell. Infatti, benché destinataria della Decisione, essa non sarebbe né produttore né fornitore di PVC. Essa non sarebbe che una società di servizi il cui ruolo di consiglio non comporterebbe la possibilità d'imporre alle società di sfruttamento Shell l'attuazione di un'intesa, tanto in materia di prezzi quanto di quote di produzione. Inoltre, la Commissione non avrebbe potuto legittimamente supporre che, nella misura in cui la ricorrente avrebbe potuto consigliare alle società di sfruttamento del gruppo di raggiungere un prezzo determinato in un determinato caso, tali società avrebbero effettivamente proceduto in tal senso.

818.
    Nella seconda parte del motivo, la ricorrente sostiene che la prova della sua partecipazione alle riunioni tra produttori è fondata, in larga misura, sull'ammissione della partecipazione dei suoi rappresentanti a due di esse.

819.
    Ora, la prima riunione, tenutasi a Parigi il 2 marzo 1983, avrebbe teso unicamente ad esaminare la crisi che colpiva l'industria petrolchimica europea e la necessità di ristrutturare tale settore, in particolare alla luce del primo progetto di rapporto del gruppo di lavoro Gatti/Grenier, adottato a seguito di riunioni con la Commissione. Inoltre, un'iniziativa comune non potrebbe all'occasione essere stata decisa, poiché la stampa specializzata aveva riportato l'aumento di prezzo due settimane prima; ciò apparirebbe nel numero della rivista European Chemical News del 21 febbraio 1983: «sembra che i produttori prevedano aumenti di prezzo ad un livello di 1,50 - 1,65 DM/kg ma il loro calendario è incerto». Infine, in ogni caso, il rappresentante della Shell non avrebbe appoggiato alcuna pretesa iniziativa, come prova il fatto che, meno di quattro settimane dopo la riunione, le società del gruppo Shell hanno fissato un prezzo obiettivo di 1,35 DM/kg, nettamente inferiore al supposto prezzo obiettivo di 1,60 DM/kg o al supposto prezzo minimo settoriale di 1,50 DM/kg.

820.
    La seconda riunione, che ha avuto luogo a Zurigo nell'agosto del 1983, avrebbe avuto ad oggetto l'esame delle condizioni di commercializzazione del PVC, dei prezzi dominanti sul mercato e della necessità per il settore di aumentare i prezzi. Il rappresentante della Shell non avrebbe appoggiato nessuna di tali tesi. Nessun documento interno della ricorrente rivelerebbe d'altra parte un qualunque prezzo obiettivo per questo periodo, e ogni prezzo settoriale risultante nella documentazione della ricorrente in questo periodo avrebbe manifestamente per origine fonti professionali indipendenti.

821.
    Nella terza parte di questo motivo, la ricorrente sostiene che i soli elementi di prova riguardanti il sistema di quote sono i documenti di programmazione del 1980 e il quadro Atochem, riferentesi senza dubbio al 1984. Ora, alla luce della Decisione, la Shell non avrebbe partecipato all'elaborazione del piano del 1980 e la sua presunta partecipazione sarebbe cessata nell'ottobre 1983. Quanto al meccanismo di compensazione, la Decisione (punto 26, secondo comma, in fine) riconoscerebbe esplicitamente che la Shell non vi ha partecipato.

822.
    Nella quarta parte del motivo, relativo al meccanismo di sorveglianza delle vendite sul mercato interno, la ricorrente osserva che la prova di tali meccanismi è fondata, da un lato, sui quadri Solvay, dall'altro, su colloqui telefonici tra la Solvay e la Shell, di cui quest'ultima ha riconosciuto l'esistenza nella sua risposta ad una richiesta d'informazioni.

823.
    Orbene, i quadri Solvay riguarderebbero i seguenti grandi mercati nazionali: la Germania, l'Italia, il Benelux e la Francia. Nel caso di specie, solo questi ultimi due mercati potrebbero essere pertinenti, poiché la Shell non è un produttore nazionale né in Germania né in Italia. Tuttavia, per quanto riguarda il Benelux, la Commissione riconoscerebbe essa stessa che i dati indicati non corrispondono alle dichiarazioni Fides individuali. Per quanto riguarda la Francia, contrariamente alle affermazioni della Commissione, le cifre attribuite alla Shell nei quadri Solvay sarebbero nettamente diverse da quelle contenute nelle dichiarazioni della Shell alla Fides.

824.
    D'altra parte, la Commissione avrebbe distorto la risposta della Shell alla domanda di informazioni. Infatti, da un lato, nessuna informazione precisa sarebbe stata comunicata alla Solvay; tali comunicazioni avrebbero riguardato solo le vendite in Europa occidentale e non avrebbero quindi potuto costituire la fonte dei quadri Solvay, che comportano una suddivisione paese per paese. Dall'altro, tali informazioni sarebbero state comunicate occasionalmente tra gennaio 1982 ed ottobre 1983, mentre i quadri Solvay riportano le cifre per il periodo 1980-1984. Ciò confermerebbe che i quadri non sono stati elaborati che a partire da statistiche ufficiali pubblicate e da contatti con la clientela.

825.
    Nella quinta parte del motivo, relativa alle iniziative in materia di prezzi, la ricorrente sostiene, anzitutto, che dalla Decisione emergono contraddizioni quanto al grado di partecipazione della Shell. Infatti, nella Decisione si afferma nello stesso tempo che la Shell ha partecipato alle iniziative in materia di prezzi (punto 20), che essa ne era informata (punto 26) e che essa ne era semplicemente a conoscenza (punto 48).

826.
    Inoltre, a parte due casi isolati, la ricorrente non avrebbe partecipato alle riunioni tra produttori.

827.
    Le società del gruppo Shell avrebbero fissato i loro prezzi in modo indipendente. Così, sulle quattro iniziative per le quali la Commissione dispone di documenti provenienti dalla Shell, la ricorrente fa osservare che le iniziative settoriali erano sempre state segnalate con anticipo sulla stampa specializzata. Inoltre, i prezzi obiettivo fissati dalla Shell non corrispondevano ai supposti prezzi obiettivo del settore. Il solo caso di concordanza quantitativa risalirebbe al 1° settembre 1982; tuttavia, in questo caso, la Shell avrebbe fissato il suo prezzo obiettivo solo il 9 settembre 1982 e tale prezzo obiettivo sarebbe dovuto intervenire solo il 1° ottobre 1982; inoltre, dal mese di novembre 1982, la Shell avrebbe riportato il suo prezzo obiettivo ad un livello inferiore (1,40 DM/kg invece di 1,50 DM/kg).

828.
    Nella sesta parte di tale motivo, la ricorrente fa valere che una pratica concordata era incompatibile con la strategia della Shell, che aveva messo in servizio nel 1981 un nuovo stabilimento per la produzione del PVC, la cui capacità immediata di 100 kt all'anno doveva essere sfruttata a pieno regime. I due stabilimenti di PVC della Shell avrebbero avuto un carico di lavoro superiore alla media settoriale e le quote di mercato della Shell si sarebbero, per questo fatto, ampiamente accresciute. In tali condizioni accettare una quota basata sulla posizione ottenuta nel 1979 non avrebbe avuto alcun senso. In realtà, nessuna annata potrebbe servire come riferimento accettabile, dal momento che Shell poneva in servizio un nuovo stabilimento.

Giudizio del Tribunale

829.
    Nella prima parte del motivo, la ricorrente sostiene che, tenuto conto delle specificità del gruppo Royal Dutch-Shell, gli era impossibile imporre un comportamento, fosse esso anticoncorrenziale, alle società operative del gruppo.

830.
    Al punto 46 della Decisione, nell'esaminare le particolarità del gruppo Royal Dutch-Shell, la Commissione non ha trascurato il fatto che «le varie società» operative «nel settore chimico godono apparentemente di un ampio grado di autonomia di gestione», e che la ricorrente è «una società di servizi».

831.
    Tuttavia, essa ha sottolineato, cosa che non è contestata, che la ricorrente assume la responsabilità «per la programmazione e il coordinamento delle attività del gruppo Shell nel settore dei prodotti termoplastici». Pertanto essa possiede un compito di indirizzo riguardo alle società operative del gruppo.

832.
    Inoltre, allo stesso punto 46 della Decisione, la Commissione ha sottolineato che la ricorrente «era in contatto con il cartello» e «partecipava alle riunioni nel 1983». Così, svariati allegati alla comunicazione degli addebiti relativi alle iniziative in materia di prezzi provengono dalla ricorrente (allegati P35, P36, P49, P50, P51, P53, P54, P55 e P59). Orbene, tali allegati, in particolare, costituiscono la prova dell'esistenza di

iniziative concertate tra produttori (v. supra, punti 637 e seguenti) e mostrano che la ricorrente era, se non altro, informata in modo preciso dei prezzi obiettivo fissati e delle date previste a tal fine. Inoltre, il rappresentante della Shell alle due riunioni a cui la ricorrente riconosce aver partecipato nel 1983 era il signor Lane, allora vice presidente dell'impresa ricorrente.

833.
    Infine la Commissione ha ritenuto che «la definizione della Corte di ”pratica concordata” è particolarmente adatta a definire la partecipazione di Shell che ha collaborato con l'intesa senza esserne membro di diritto ed è stata in grado di adattare il proprio comportamento sul mercato alla luce dei suoi contatti con il cartello». Date tali condizioni, anche se la ricorrente non era in grado d'imporre i prezzi alle filiali di vendita, resta comunque il fatto che, essendo in contatto con il cartello e rinviando verso le filiali le informazioni così ottenute, essa era l'elemento motore della partecipazione del gruppo Shell alla pratica concordata. A questo proposito, occorre rilevare che i suddetti allegati alla comunicazione degli addebiti provenienti dalla ricorrente, indicanti sia i prezzi obiettivo che la loro data di messa in pratica, erano indirizzati, come emerge dal dettato stesso, all'insieme delle consociate del gruppo in Europa.

834.
    Date tali condizioni, la pretesa particolare struttura del gruppo Royal Dutch-Shell non costituisce di per sé un ostacolo per affermare che la ricorrente era in grado di partecipare ad una pratica contraria alle disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato e, a fortiori, di essere destinataria della Decisione.

835.
    Quanto alla prova della partecipazione della ricorrente all'intesa, occorre ricordare che la Commissione ha, in particolare ai punti 48 e 53 della Decisione, riconosciuto il ruolo minore della ricorrente nell'infrazione addebitata. Pertanto, occorre esaminare se la Commissione ha prodotto elementi sufficienti per stabilire che la ricorrente «è rimasta ai margini del cartello» (punto 53 della Decisione).

836.
    A tal proposito, sia l'ICI che la BASF hanno identificato la ricorrente come partecipante alle riunioni informali tra produttori (v. supra, punti 675 e 677). La Shell ammette di aver partecipato a due riunioni, per le quali la Commissione aveva raccolto la prova della sua partecipazione sotto forma di indicazioni contenute in un'agenda (v. supra, punto 676). Tuttavia, essa nega che tali riunioni abbiano avuto un obiettivo anticoncorrenziale o che essa si sia resa partecipe di una qualsiasi collusione in tale occasione.

837.
    Riguardo alla prima riunione, a Parigi, il 2 marzo 1983, il Tribunale ha ritenuto che l'oggetto anticoncorrenziale da essa perseguito sia stato dimostrato dalla Commissione (v. supra, punti 650 e 652).

838.
    L'articolo di stampa di cui si serve la ricorrente, preso dalla rivista European Chemical News del 21 febbraio 1983, non inficia tale conclusione. Infatti, i termini stessi di tale articolo citati dalla ricorrente sono ambigui, in quanto non permettono di concludere per l'esistenza di iniziative individuali. Inoltre, l'articolo era impreciso sulla data delle iniziative; per contro, i documenti posteriori di qualche giorno alla riunione del 2marzo 1983 e trovati dalla Commissione nei locali delle imprese, in particolare quelli della Shell, mostrano la data esatta delle iniziative.

839.
    La Shell afferma infine di non aver, comunque, sostenuto iniziative in materia di prezzi. A tal fine, essa fa valere che, il 31 marzo 1983, essa ha fissato il suo prezzo obiettivo a 1,35 DM/kg, ossia ad un livello inferiore a quello presuntivamente fissato di concerto dai produttori. Resta che la Shell era a conoscenza del livello di prezzo deciso dai produttori il 2 marzo 1983 e della data di attuazione di tale iniziativa, come emerge dall'allegato P49, datato 13 marzo 1983. Da ciò consegue che, con la sua partecipazione alla riunione del 2 marzo 1983, la ricorrente, lungi dal determinare la sua politica dei prezzi in maniera autonoma, nell'incertezza del comportamento dei suoi concorrenti, ha necessariamente dovuto prendere in considerazione, direttamente o indirettamente, le informazioni ottenute da essi nel corso di tale riunione.

840.
    Quanto alla seconda riunione, tenutasi a Zurigo, nell'agosto 1983, la ricorrente ha riconosciuto, in risposta ad una richiesta d'informazioni della Commissione, che, nel corso di tale riunione, «taluni produttori hanno manifestato la loro opinione su una iniziativa in materia di prezzi». Inoltre, svariati allegati alla comunicazione degli addebiti, come gli allegati P53, P54, P55, P56, P57, P58 e P60, dimostrano che una iniziativa è stata effettivamente prevista ed attuata per il mese di settembre 1983. Infine, gli allegati P53, P54 e P55, provenienti dalla ricorrente, permettono di concludere che essa ha preso parte a tale iniziativa, contrariamente a quanto da essa affermato. Essa, inoltre, ne era a conoscenza già prima che diventasse di pubblico dominio. Così, la stampa specializzata di cui la ricorrente si è avvalsa nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, l'ha pubblicata solo alla fine del mese di settembre.

841.
    Il documento Alcudia, relativo al meccanismo di compensazione, è privo di valore probatorio nei confronti della ricorrente, dal momento che, alla luce delle risposte dell'ICI ad una richiesta d'informazioni, la Shell era il solo produttore a non prendervi parte (v. supra, punto 788). Come emerge in particolare dal punto 48 della Decisione, tale constatazione avvalora la conclusione della Commissione secondo cui la ricorrente ha agito a margine del cartello.

842.
    Il quadro Atochem riguarda il primo trimestre del 1984 e può essere fatto risalire al maggio 1984 (v. supra, punto 606), mentre, ai sensi del punto 54, terzo comma della Decisione, la Shell, fin dall'ottobre 1983, aveva preso le distanze dal cartello. Di fatto, il quadro Atochem contiene le cifre di vendita della Shell solo in forma arrotondata.

Tuttavia, dal momento che tale quadro evidenzia una percentuale obiettivo per la ricorrente, obiettivo che poteva essere stato deciso solo prima del primo trimestre del 1984, tale documento indica che la Shell, alla fine del 1983, non era estranea al meccanismo di quote.

843.
    Per quanto riguarda il meccanismo di controllo delle vendite (v. supra, punti 618-636), solo due dei mercati geografici di cui ai quadri Solvay sono pertinenti nei confronti della Shell, cioè quello del Benelux e quello francese.

844.
    La Commissione, in risposta ad una questione del Tribunale, ha confermato che la censura relativa al controllo delle vendite non riguardava il mercato del Benelux, così come risultava già dalla comunicazione degli addebiti.

845.
    Per contro, è il caso di ricordare la precisione delle cifre attribuite alla Shell, per il mercato francese, tanto per le vendite del 1982 che per quelle del 1983 (v. supra, punto 628). Tale precisione conferma che la Shell ha, almeno sul mercato francese, partecipato allo scambio di informazioni. Nella sua risposta ad una domanda d'informazioni del 3 dicembre 1987, la ricorrente aveva dichiarato che, «a più riprese, nel corso del periodo che va dal gennaio 1982 all'ottobre 1983, la Solvay telefonava per ottenere conferma delle sue stime riguardo alle tonnellate vendute dalle società del gruppo Shell». La ricorrente ricorda anche di aver dichiarato che «nessuna informazione precisa era stata fornita»; tuttavia, la precisione delle cifre di vendita sul mercato francese contraddice tale affermazione.

846.
    Per quanto riguarda la pretesa contraddizione di cui la Decisione sarebbe viziata riguardo al grado di partecipazione della Shell alle iniziative in materia di prezzi, occorre rilevare che il punto 20 della Decisione riguarda solo la dimostrazione del carattere collettivo delle iniziative in materia di prezzi. Al punto 26 della Decisione, viene indicato che la ricorrente era a conoscenza di tali iniziative, e, al punto 48, che essa ne era a conoscenza e che le appoggiava. A tal proposito, è sufficiente rilevare che, se il punto 48 completa il punto 26, non comporta contraddizioni con esso.

847.
    Come già affermato, i documenti prodotti dalla Commissione stabiliscono che la ricorrente ha partecipato alle iniziative in materia di prezzi decise in occasione delle riunioni tra produttori del 2 marzo 1983 e dell'11 agosto 1983 (v. supra, punti 836-840). Allo stesso modo, l'allegato P59, che è un documento della ricorrente datato 28 ottobre 1983, mostra che essa era perfettamente a conoscenza dell'iniziativa decisa per il 1° novembre 1983, diretta a portare i prezzi del PVC ad un livello di 1,90 DM/kg. Quanto all'iniziativa prevista per il settembre 1982, è vero che, dal mese di luglio 1982, la rivista European Chemical News aveva annunciato sia l'iniziativa in materia di prezzi sia l'importo, sia la data. Tuttavia, dallo stesso dettato di tale articolo non emerge che si trattasse di iniziative individuali. Così esso afferma in particolare: «I

produttori [di PVC] discutono di un aumento dei prezzi a settembre ed ottobre (la colonna ”prezzo fabbricanti” nel quadro di cui sotto riflette tali previsti prezzi obiettivo)». Di fatto, come già accertato (v. supra, punto 649), i documenti prodotti dalla Commissione permettono di concludere che l'iniziativa di cui trattasi era il risultato di una concertazione tra i produttori del settore. La circostanza che la Shell abbia adottato il prezzo obiettivo convenuto solo all'inizio del mese di settembre per metterlo in atto nel mese d'ottobre 1982 non sembra, date tali condizioni, determinante. Per di più, gli allegati P34 e P39, provenienti dall'ICI e dalla DSM rispettivamente, mostrano che «l'iniziativa in materia di prezzi è proseguita in ottobre».

848.
    Alla luce dell'insieme di tali elementi, occorre concludere che, contrariamente a quanto essa sostiene, la ricorrente non è restata estranea ai meccanismi collusivi decisi dai produttori di PVC. La Commissione ha stabilito esattamente la partecipazione della ricorrente alla violazione addebitata.

849.
    In tali condizioni, l'argomento addotto dalla ricorrente relativo alla strategia commerciale che era la sua all'inizio del decennio 1980-1990 non può essere accolto. Di fatto, con la sua partecipazione alla violazione addebitata, la ricorrente è stata in grado di adattare il suo comportamento commerciale in base alla conoscenza del comportamento degli altri produttori.

e) La LVM

Argomenti della ricorrente

850.
    In primo luogo, la ricorrente nega di aver partecipato a riunioni tra produttori nel corso delle quali i prezzi e le quote di mercato sarebbero state discusse. Gli elementi di prova della Commissione sarebbero infatti manifestamente insufficienti. Così, anzitutto, i documenti di programmazione sarebbero anteriori di quasi 30 mesi alla data di costituzione della LVM; l'indicazione del nome della DSM e della SAV, le società madri della ricorrente, non potrebbero avere il minimo carattere probatorio al suo riguardo. Inoltre, le dichiarazioni dell'ICI e della BASF, che indicano la LVM come partecipante alle riunioni tra produttori, sarebbero state fatte con riserva. Infine, sarebbe inesatto affermare che la ricorrente ha rifiutato di rispondere, nella sua lettera del 28 gennaio 1988, alla richiesta d'informazioni del 23 dicembre 1987, fondata sull'art. 11 del regolamento n. 17; in ogni caso, ciò non proverebbe la sua partecipazione alle riunioni.

851.
    In secondo luogo, sul preteso sistema di quote, la ricorrente sostiene che il solo documento utilizzato contro di essa dalla Commissione, ossia il quadro Atochem, non è probante. Esso conterrebbe infatti cifre di vendita sensibilmente differenti da quelle

delle vendite effettive.

852.
    In terzo luogo, sul controllo delle vendite, la ricorrente ritiene che i quadri Solvay avrebbero valore probatorio solo se esatti, il che non è il caso in esame.

853.
    In ultimo luogo, sui prezzi obiettivo e le iniziative in materia di prezzi, la ricorrente ricorda che l'esistenza stessa d'iniziative in materia di prezzi concertati non è dimostrata. In realtà, essa non avrebbe fatto che adattarsi intelligentemente alle condizioni del mercato (v. allegati P13, P21 e P29 alla comunicazione degli addebiti).

Giudizio del Tribunale

854.
    Occorre rilevare che la LVM è stata creata solo all'inizio del 1983. Pertanto, la circostanza che documenti anteriori, prodotti dalla Commissione a sostegno delle sue conclusioni, come i documenti di programmazione, non menzionino il nome della ricorrente è senza importanza ai fini della valutazione della partecipazione di tale impresa alla violazione. Dal canto suo, la ricorrente non può utilmente avvalersi, a sostegno delle proprie pretese, degli allegati P13, P21 e P29 alla comunicazione degli addebiti, che si riferiscono a fatti anteriori alla sua creazione e riguardano la DSM.

855.
    La LVM è stata citata dall'ICI come partecipante alle riunioni informali tra produttori (v. supra, punto 675) di cui la Commissione ha dimostrato che perseguivano un oggetto contrario alle disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato (v. supra, punti 679-686).

856.
    La presenza della ricorrente a tali riunioni è stata confermata dalla BASF (v. supra, punto 677).

857.
    Taluni documenti utilizzati dalla Commissione per dimostrare, a giusto titolo, l'esistenza di iniziative in materia di prezzi comuni, come gli allegati P57, P58 e P67, provengono da tale impresa.

858.
    Il quadro Atochem contiene il nome della ricorrente e l'indicazione di una percentuale obiettivo di vendite ad essa attribuita; inoltre, i dati ivi indicati relativi alle vendite di questa società sono prossimi ai dati di vendita effettivi (v. supra, punto 608).

859.
    I quadri Solvay contengono un riferimento esplicito alla LVM. Tra i dati menzionati che la Commissione è stata in grado di verificare, due riguardano questa impresa e corrispondono, in forma arrotondata ed in kt, alle sue cifre di vendita effettive (v. supra, punti 625 e 628).

860.
    Dal combinato di tali elementi, è a giusto titolo che la Commissione ha concluso

ritenendo provata la partecipazione della ricorrente alla violazione addebitata.

f) La Wacker

Argomenti della ricorrente

861.
    Secondo la ricorrente, dai documenti di programmazione non emergerebbe una sua partecipazione a discussioni, negoziazioni o riunioni come quelle ad essa addebitate. Le informazioni fornite dall'ICI e dalla BASF, che l'hanno indicata come partecipante a riunioni tra produttori, non sarebbero né precise né affidabili.

862.
    La ricorrente nega poi di aver partecipato ad un sistema di quote e ad un meccanismo di compensazione, da un lato, e ad un'intesa sui prezzi, dall'altro. Nessun documento corroborerebbe le allegazioni della Commissione a tal proposito.

Giudizio del Tribunale

863.
    La Wacker è stata indicata dall'ICI come partecipante alle riunioni informali tra produttori (v. supra, punto 675), di cui la Commissione ha dimostrato il fine contrario alle disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato (v. supra, punti 679-686).

864.
    La presenza della ricorrente a tali riunioni informali è stata confermata dalla BASF (v. supra, punto 677).

865.
    Il nome della Wacker appariva nei documenti di programmazione come membro interpellato del «nuovo quadro di riunioni», sotto l'iniziale «W»; all'epoca dei fatti, solo la Wacker aveva una denominazione sociale che cominciava con questa lettera.

866.
    Svariati documenti utilizzati dalla Commissione per dimostrare l'esistenza d'iniziative comuni in materia di prezzi (v. supra, punti 637-661), come gli allegati P2, P3, P8, P15, P25, P31, P32, P33, P47, P62 e P65, provengono da tale impresa. Essi fanno ampiamente riferimento ad iniziative in materia di prezzi, ad azioni di aumento dei prezzi decisi e ad intensi sforzi del settore per consolidare i prezzi.

867.
    Per ragioni identiche a quelle già esposte (v. supra, punto 788), il documento Alcudia designa indirettamente la Wacker.

868.
    La ricorrente viene citata nel quadro Atochem e questo contiene, sia pure in forma aggregata, i dati di vendita e la percentuale delle vendite obiettivo dei quattro produttori tedeschi (v. supra, punto 612).

869.
    I quadri Solvay contengono l'indicazione dei dati di vendita della ricorrente, dati che

non sono stati contestati.

870.
    Dato il combinato di tali elementi, è a giusto titolo che la Commissione ha ritenuto la partecipazione della ricorrente alla violazione addebitata.

g) La Hoechst

Argomenti della ricorrente

871.
    Secondo la ricorrente, dai documenti di programmazione non emerge che essa avrebbe partecipato a discussioni, negoziazioni o riunioni come quelle ad essa addebitate. Le informazioni fornite dall'ICI e dalla BASF, che l'hanno identificata come partecipante a riunioni tra produttori, non sarebbero né precise né affidabili.

872.
    La ricorrente nega poi di aver partecipato ad un sistema di quote e ad un meccanismo di compensazione, da un lato, e ad un'intesa sui prezzi, dall'altro. Nessun documento conforterebbe le allegazioni della Commissione a tal riguardo.

Giudizio del Tribunale

873.
    La Hoechst è stata citata dall'ICI come partecipante alle riunioni informali tra produttori (v. supra, punto 675), di cui la Commissione ha dimostrato il fine contrario alle disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato (v. supra, punti 679-686).

874.
    La presenza della ricorrente a tali riunioni informali è stata confermata dalla BASF (v. supra, punto 677).

875.
    Per le ragioni già esposte (v. supra, punto 788), il documento Alcudia designa indirettamente la Hoechst.

876.
    La ricorrente viene citata nel quadro Atochem ed esso contiene, sia pure in forma aggregata, i dati di vendita e la percentuale di vendita obiettivo dei quattro produttori tedeschi (v. supra, punto 612).

877.
    I quadri Solvay contengono l'indicazione dei dati di vendita della ricorrente, dati che non sono stati contestati.

878.
    D'altra parte, se la Commissione non ha potuto ottenere alcuna tabella dei prezzi della Hoechst che le avrebbe permesso di verificare che tale impresa aveva attuato le iniziative comuni in materia di prezzi, gli allegati P1-P70 indicano che i produttori tedeschi non sono restati estranei a tale manifestazione dell'intesa. Così, a parte taluni documenti, come gli allegati P1, P6, P15, P19, P22, P26, P29, P32, P45 et P48, nei quali

si fa riferimento ad «iniziative generali» destinate ad aumentare «l'insieme dei prezzi europei» o ancora ad «iniziative del settore», taluni allegati riguardano più specificamente il mercato tedesco e permettono di concludere che le iniziative in materia di prezzi erano annunciate ed applicate. Ciò è quanto emerge in particolare dagli allegati P23, P24, P26, P29, P30, P41 e P58.

879.
    Dato il combinato di tali elementi, è a giusto titolo che la Commissione ha ritenuto la partecipazione della ricorrente alla violazione addebitata.

h) La SAV

Argomenti della ricorrente

880.
    La ricorrente sostiene che non esiste alcuna prova della sua partecipazione alla supposta intesa. Essa ricorda che tre documenti sono stati impiegati dalla Commissione nei suoi confronti, di cui nessuno dotato di valore probatorio.

881.
    Così la lista di controllo, che è uno dei documenti di programmazione, sarebbe solo un documento interno dell'ICI. Si tratterebbe solamente di una proposta unilaterale di essa. La ricorrente non vi sarebbe menzionata se non in quanto produttore di PVC o in quanto impresa interpellata dall'ICI per partecipare al gruppo d'imprese di cui a tale documento, e non come partecipante ad un'intesa. Ma nulla proverebbe che una tale proposta fosse stata indirizzata ad altri produttori o che essi l'avessero accettata. Quanto alla risposta alle proposte, questa non potrebbe essere una risposta alla lista di controllo, poiché sarebbe invece anteriore. In ogni caso, la risposta alle proposte non proverebbero che la SAV vi abbia preso parte, poiché nessun nome è indicato in tale documento.

882.
    La risposta dell'ICI, del 5 giugno 1984, alla richiesta di informazioni della Commissione del 30 aprile 1984 indicherebbe con precisione le date e i luoghi delle riunioni solo per l'anno 1983; orbene, la SAV avrebbe cessato ogni attività diretta di produzione o di commercializzazione sul mercato del PVC proprio a partire dal 1° gennaio 1983. Inoltre, tale risposta sarebbe formulata in termini vaghi e con riserva; al contrario, la ricorrente avrebbe sempre negato di aver partecipato a qualsiasi riunione e la BASF non avrebbe indicato la ricorrente come partecipante a riunioni (Decisione, punto 26, nota 10). Infine, pur supponendo che la SAV abbia partecipato a talune riunioni, non sarebbe dimostrato che vi si sia discusso di prezzi o di volumi. La Commissione avrebbe d'altronde snaturato i propositi dell'ICI, che ha sempre affermato che le riunioni non perseguivano un oggetto anticoncorrenziale.

883.
    Per quanto riguarda i quadri Solvay, la ricorrente sostiene che i dati relativi alle vendite ad essa attribuiti sul mercato francese, lungi dall'essere esatti, come sostiene

la Commissione, presentano differenze dell'ordine dell'8-25% in rapporto alle sue vendite effettive. Così, non sarebbe dimostrato che la ricorrente abbia partecipato ad un qualunque scambio d'informazioni, costitutivo di una violazione propria, né, d'altra parte, che essa abbia partecipato ad un qualsiasi accordo collusorio di cui lo scambio d'informazioni sarebbe lo strumento.

884.
    Infine, la ricorrente sostiene che la sua partecipazione all'intesa di cui trattasi non è in ogni caso plausibile. Infatti, ultima arrivata sul mercato del PVC dopo il 1977, in un contesto sfavorevole di un mercato eccedentario, essa avrebbe condotto una politica aggressiva, che si sarebbe tradotta in un aumento delle quantità vendute e delle quote di mercato detenute. In realtà, la ricorrente non avrebbe avuto alcun interesse a partecipare ad un'intesa del tipo di quella ad essa imputata da parte della Commissione. Questa non potrebbe d'altra parte trincerarsi dietro l'affermazione secondo cui le riunioni tra produttori avevano comunque un oggetto anticoncorrenziale, poiché precisamente nessuna prova, o nessuna prova sufficiente, permetterebbe di dimostrare che la SAV ha partecipato a tali riunioni.

Giudizio del Tribunale

885.
    La ricorrente è stata identificata dall'ICI tra i partecipanti alle riunioni informali tra i produttori (v. supra, punto 675), di cui la Commissione ha dimostrato lo scopo contrario alle disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato (v. supra, punti 679-686). Se è vero che l'ICI ha precisato le date e i luoghi delle riunioni solo per l'anno 1983, ciò non toglie che essa ha indicato che riunioni informali si sono tenute «a partire dal mese di agosto 1980», al ritmo approssimativo di una al mese (v. supra, punto 675). E' dunque a giusto titolo che la Commissione ritiene la risposta dell'ICI come un indizio che permette di dimostrare la partecipazione della ricorrente alla violazione.

886.
    La ricorrente risultava, dai documenti di programmazione, come membro interpellato del previsto «nuovo quadro di riunioni». Così come emerge dalla Decisione, i documenti di programmazione costituiscono solo un «progetto di creazione d'intesa» e non possono, pertanto, essere visti come la prova della partecipazione della ricorrente alla violazione addebitata. Tuttavia, il fatto che la ricorrente vi sia stata citata costituisce un indizio di tale partecipazione, tenuto conto della stretta correlazione tra le pratiche ivi descritte e quelle accertate sul mercato nelle settimane successive (v. supra, punti 662-673).

887.
    Per le ragioni sopra esposte (v. supra, punto 788), il documento Alcudia, confermando, con altri documenti, l'esistenza di meccanismi di compensazione tra i produttori di PVC, indica indirettamente la ricorrente.

    

888.
    Per quanto riguarda i quadri Solvay, la SAV ha presentato un quadro, estratto dai suoi

libri contabili, diretto a dimostrare che i dati di vendita che la riguardano, cioè quelli relativi al mercato francese durante gli anni 1980-1982, comportano sensibili differenze, tra l'8 e il 25%, in rapporto ai dati di vendita effettivi. E' certamente impossibile sapere se gli importi presentati dalla SAV, estratti dai suoi libri contabili, siano stati calcolati nello stesso modo di quelli che appaiono nei quadri Solvay. Tuttavia, in mancanza di serie smentite da parte della Commissione, occorre concludere che tali quadri non possono essere considerati come probanti nei confronti della ricorrente.

889.
    Se la Commissione non ha potuto ottenere alcuna tabella dei prezzi della SAV, che le avrebbe permesso di verificare che tale impresa aveva attuato le iniziative in materia di prezzi comuni, gli allegati P1-P70 indicano che i produttori francesi non sono restati estranei a tale manifestazione dell'intesa. Così, al di là dei documenti, come gli allegati P1, P6, P15, P19, P22, P26, P29, P32, P45 et P48, nei quali si fa riferimento ad «iniziative generali» destinate ad aumentare «l'insieme dei prezzi europei» o ancora ad «iniziative di settore», taluni allegati si riferiscono più specificamente al mercato francese e permettono di concludere che le iniziative in materia di prezzi vi erano annunciate ed applicate. Ciò è quanto emerge in particolare dagli allegati P21, P23, P24, P30, P31 e P38.

890.
    Se è esatto che due documenti fanno riferimento all'attitudine aggressiva di produttori francesi in termini di prezzi, occorre rilevare che ciò non è tale da inficiare le conclusioni della Commissione. Infatti, in primo luogo, essa ne ha tenuto conto sia nel suo esame dei fatti che nella sua valutazione giuridica (v. supra, punto 801). In secondo luogo, la circostanza che la ricorrente non abbia nell'occasione attuato una programmata iniziativa in materia di prezzi non inficia la conclusione della Commissione; infatti, per quanto riguarda più in particolare le imprese per le quali la Commissione non aveva potuto ottenere alcuna tabella dei prezzi, essa si è limitata ad affermare che tali imprese avevano in ogni modo partecipato alle riunioni tra produttori il cui oggetto era, in particolare, la fissazione di obiettivi di prezzo (v. supra, punti 774 e seguenti), e non l'attuazione effettiva di tali iniziative (sentenza Atochem/Commissione, citata, punto 100).

891.
    Alla luce dell'insieme di tali elementi, occorre concludere che i documenti prodotti dalla Commissione sono sufficienti per stabilire che la ricorrente ha, contrariamente a quanto da essa sostenuto, partecipato alla violazione addebitatagli. Tuttavia, spetta al Tribunale verificare se le osservazioni formulate sopra, in particolare per quel che riguarda i quadri Solvay, pregiudichino le conclusioni della Commissione sulla durata della partecipazione della ricorrente alla violazione.

i) Montedison

Argomenti della ricorrente

892.
    La ricorrente rileva anzitutto di non essere menzionata né nei documenti di programmazione né nel quadro Atochem.

893.
    Inoltre, gli elementi ritenuti a suo carico non avrebbero valore probatorio.

894.
    In primo luogo, il fatto di essere stata indicata, dall'ICI e dalla BASF, come partecipante ad almeno alcune delle riunioni, non dimostrerebbe nulla di reprensibile. Inoltre, solo la Montedison, e non la Montedipe, è citata dall'ICI e dalla BASF, mentre invece la Montedison aveva cessato la produzione di PVC dal 1° gennaio 1981; ciò significherebbe che la sua partecipazione era cessata prima di tale data.

895.
    In secondo luogo, la ricorrente ritiene che, riguardo agli scambi di informazioni relative al mercato italiano, informazioni del resto pubbliche, la Commissione non ha tenuto conto dei commenti a pié pagina del documento sul quale essa si basa, i quali fanno espressamente riferimento alla viva concorrenza esistente sul mercato.

896.
    In terzo luogo, per quel che riguarda la partecipazione ad un sistema di compensazione, il documento Alcudia non avrebbe valore probatorio. La ricorrente nega che un tale meccanismo sia mai stato attuato; nessuna impresa italiana avrebbe aderito individualmente ad esso, come attestato dal fatto che il documento controverso menziona solo in modo generico i produttori italiani. Pur supponendo che un tale meccanismo abbia trovato applicazione pratica, non si sarebbe trattato che di una di quelle misure di razionalizzazione prese in forza di accordi bilaterali, e che la Commissione aveva essa stessa auspicato in sostituzione del cartello di crisi.

897.
    In quarto luogo, la ricorrente osserva che nessuna delle iniziative in materia di prezzi individuata dalla Commissione concernerebbe la Montedipe, allora proprietaria dell'impresa. In ogni caso, gli atti illeciti addebitatile consisterebbero solo nella ricerca di un prezzo ideale che avrebbe permesso ai produttori di ridurre le loro perdite. Tuttavia, il prezzo praticato effettivamente dalla Montedipe sarebbe sempre stato nettamente inferiore al prezzo obiettivo e si sarebbe sempre scostato dal prezzo di mercato, prova evidente che la ricorrente ha agito in tutta autonomia.

Giudizio del Tribunale

898.
    Come rilevato dalla ricorrente, la Montedison non è ripresa né nei documenti diprogrammazione né nel quadro Atochem, che riguarda un periodo successivo alla data in cui la Montedison ha abbandonato il mercato del PVC. Tale circostanza emerge, in particolare, dai punti 7 e 13 della Decisione.

899.
    La Montedison è stata citata dall'ICI come partecipante alle riunioni informali tra produttori (v. supra, punto 675), di cui la ricorrente ha confermato l'esistenza e di cui

la Commissione ha dimostrato lo scopo contrario alle disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato (v. supra, punti 679-686).

900.
    Tale presenza alle riunioni è stata confermata dalla BASF (v. supra, punto 677).

901.
    Certamente, l'ICI e la BASF hanno citato la Montedison invece che la Montedipe, che ha rilevato l'attività di produzione di PVC della Montedison a partire dal 1° gennaio 1981. Tuttavia, da ciò non può concludersi che la Montedison, dal 1° gennaio 1981, sia rimasta estranea alla violazione addebitata.

902.
    Infatti, se la Montedison ha trasferito le attività di produzione alla Montedipe nel gennaio 1981, è solo nel 1983 che essa ha abbandonato ogni attività nel settore del PVC (v., in particolare, il punto 13 , primo comma della Decisione). Inoltre, in risposta ad una domanda del Tribunale, la ricorrente ha riconosciuto che, durante tutto tale periodo, essa deteneva, direttamente o per il tramite di società controllate, la totalità del capitale sociale della Montedipe. Infine, la nota dell'ICI del 15 aprile 1981, che contribuisce a provare il sistema di controllo dei volumi di vendita tra produttori, è la trascrizione di un messaggio inviato dal direttore della divisione petrolchimica della Montedison (v. supra, punti 599-601), conferma questa del fatto che tale ultima società, contrariamente a quanto da essa sostenuto, non è restata estranea alla violazione addebitata.

903.
    Per le ragioni già esposte (v. supra, punto 788), il documento Alcudia, che costituisce uno dei documenti in grado di dimostrare l'attuazione di un meccanismo di compensazione tra produttori di PVC, fa indirettamente riferimento alla Montedison. La ricorrente non può utilmente sostenere che un tale meccanismo sarebbe stato auspicato dalla Commissione nel luglio 1982 in occasione di contatti tra di essa e nove produttori europei, diretti alla ristrutturazione del settore petrolchimico. Infatti, non solamente la Commissione aveva manifestato in tale occasione il suo rifiuto riguardo ad ogni accordo relativo a prezzi o a quote di vendita tra produttori, ma tali contatti sono inoltre successivi all'attuazione del meccanismo di compensazione di cui la Commissione ha, nel caso di specie, dimostrato l'esistenza.

904.
    Per di più, la nota dell'ICI del 15 aprile 1981 fa riferimento al meccanismo di quote; orbene, tale nota è la trascrizione di un messaggio indirizzato dal signor Diaz, ex direttore generale della divisione petrolchimica della Montedison, all'ICI (v. supra, punti 599-601).

905.
    Riguardo ai quadri Solvay relativi al mercato italiano (allegati 33-41 alla comunicazione degli addebiti), la ricorrente, per le ragioni già indicate (v. supra, punti 629-635), non può sostenere che i dati relativi alle vendite da essi riportati potessero essere determinati alla luce dei dati pubblici. Inoltre, se la seconda nota a pié pagina

di cui all'allegato 34 fa riferimento ad una viva concorrenza, ciò non spiega come la Solvay fosse a conoscenza dei dati di vendita di ciascuno dei suoi concorrenti. A questo proposito, occorre ricordare che la prima nota a fondo pagina di cui a tale documento precisa: «La ripartizione del mercato nazionale tra i differenti produttori per il 1980 è stata determinata sulla base dello scambio di dati con i nostri colleghi» (v. supra, punto 629).

906.
    Per quanto riguarda le iniziative in materia di prezzi, che la Commissione ha dimostrato essere state adottate in modo concertato in violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato (v. supra, punti 637-661), la ricorrente produce un quadro in cui sono raffrontati i prezzi obiettivo allegati dalla Commissione ed i prezzi effettivamente praticati dalla Montedison (punto 10 del ricorso). Dalla differenza esistente tra di essi, la ricorrente ne conclude di non aver potuto partecipare alle iniziative in materia di prezzi. Tuttavia, essa non precisa in nessun momento né la fonte delle cifre che essa afferma costituire i prezzi da essa effettivamente praticati, né la data precisa in cui tali prezzi effettivamente praticati sono stati accertati. In ogni caso, tale quadro mostra che i prezzi effettivamente praticati dalla ricorrente, pur se supposti esatti, erano inferiori ai prezzi obiettivo; orbene, la Commissione ha sempre riconosciuto che le imprese non erano arrivate a raggiungere i prezzi obiettivo. Infine, alla ricorrente, come agli altri produttori, non viene rimproverata la messa in opera delle iniziative in materia di prezzi, non avendo potuto la Commissione ottenere da essa documenti relativi ai prezzi, bensì viene contestata solo la sua partecipazione alle riunioni informali tra produttori nel corso delle quali venivano determinati i prezzi obiettivo (v. supra, punti 774-777).

907.
    D'altra parte, gli allegati P1-P70 indicano che i produttori italiani non sono rimasti estranei a tale manifestazione dell'intesa. Così, al di là dei documenti, come gli allegati P1, P6, P15, P19, P22, P26, P29, P32, P45 et P48, nei quali si fa riferimento ad «iniziative generali» destinate ad aumentare «l'insieme dei prezzi europei» o ancora ad «iniziative di settore», taluni allegati indicano più specificamente il mercato italiano e permettono di concludere che le iniziative in materia di prezzi dovevano trovare applicazione in Italia, anche se essi mostrano che l'aumento previsto non ha talvolta avuto luogo, cosa che provocava le proteste dei concorrenti. Ciò è quanto emerge in particolare dagli allegati P9, P24, P26 e P28.

908.
    Dato il combinato di tali elementi, è a giusto titolo che la Commissione ha ritenuto la ricorrente come partecipante alla violazione addebitata.

j) La Hüls

Argomenti della ricorrente

909.
    La ricorrente sostiene, in primo luogo, che nulla permette di stabilire un legame tra di essa e i documenti di programmazione. Così, non sarebbe provato che la lista di controllo, approntata da un terzo, sia stata comunicata alla ricorrente, o che essa abbia partecipato all'elaborazione della risposta alle proposte ed abbia dunque dato il suo accordo alle supposte programmazioni. L'abbreviazione «H» di cui a tali documenti, non significherebbe necessariamente Hüls: da un lato, la Hüls e la Hoechst sarebbero state, nel 1984, due produttori tedeschi di dimensioni analoghe, dall'altro, la lettera H sarebbe stata, nel 1980, l'iniziale di cinque produttori di PVC. La presunzione della Commissione si risolverebbe quindi in un nulla, tanto più che, fino al 1985, la ricorrente non si chiamava Hüls AG, ma Chemische Werke Hüls AG, generalmente nota con l'abbreviazione CWH.

910.
    In secondo luogo, la prova della partecipazione della ricorrente a riunioni illegittime e della regolarità di tale partecipazione non sarebbe stata fornita, data la mancanza di un processo verbale. Le dichiarazioni dell'ICI e della BASF non sarebbero probanti, dato che queste due imprese hanno sempre negato l'illiceità dell'oggetto delle riunioni.

911.
    In terzo luogo, la partecipazione della ricorrente alle iniziative in materia di prezzi non sarebbe dimostrata, vista la mancanza di documenti interni dell'impresa relativi ai prezzi. Essa non potrebbe d'altra parte essere dedotta dalla partecipazione alle riunioni, poiché, precisamente, la ricorrente non ha preso parte a riunioni illecite.

912.
    In quarto luogo, la nota dell'ICI del 15 aprile 1981 non dimostrerebbe la partecipazione della ricorrente ad un sistema di quote. Neppure la partecipazione al preteso meccanismo di compensazione messo in opera per rafforzare tale sistema sarebbe dimostrato. D'altra parte, il quadro Atochem non sarebbe probante, poiché le cifre ivi menzionate comportano differenze sensibili con le vendite effettive.

913.
    In ultimo luogo, la Commissione non avrebbe apportato la prova della partecipazione della ricorrente ad un preteso scambio d'informazioni. I quadri Solvay non avrebbero infatti valore probatorio.

Giudizio del Tribunale

914.
    La Hüls è stata citata dall'ICI come partecipante alle riunioni informali tra produttori (v. supra, punto 675), di cui la Commissione ha dimostrato l'oggetto anticoncorrenziale (v. supra, punti 679-686).

915.
    La presenza di rappresentanti di questa impresa alle riunioni è stata confermata dalla BASF (v. supra, punto 677).

916.
    Secondo i documenti di programmazione, il «gruppo di programmazione dei 6»

doveva essere composto da «S», «ICI», «W», «H» e dalla «nuova società francese». Dopo aver ricordato che l'ICI si era rifiutata di confermare l'identità delle imprese così identificate, la Commissione ha indicato nella sua Decisione (punto 7): «dal contesto e dall'elenco dei partecipanti previsti risulta chiaro che (...), con ogni probabilità, ”H” è Hüls, il più importante produttore tedesco di PVC (Hoechst, l'unica altra possibilità, era solo un modesto produttore di PVC)».

917.
    La ricorrente contesta anzitutto che «H» possa indicare la Hüls. Infatti, fino al 1985, la denominazione completa della ricorrente era Chemische Werke Hüls AG, e la sigla corrispondente CWH. Tale argomento non può essere accolto. Infatti, nei documenti di programmazione, l'indicazione dei membri designati del «nuovo quadro di riunioni» è fatto sotto forma di semplici iniziali, piuttosto che sotto quella di una sigla ufficiale e riconosciuta. Inoltre, sia il quadro Atochem che la risposta dell'ICI ad una richiesta d'informazioni, che datano al 1984, si riferiscono alla Hüls. Allo stesso modo, numerosi allegati all'atto introduttivo della ricorrente, risalenti all'inizio degli anni 1980, contengono carta intestata recante, in grande, la menzione Hüls, e, in piccolo, la sigla «CWH». Se la denominazione Hüls non era quindi quella ufficiale della ricorrente, ne era evidentemente la denominazione usuale.

918.
    Orbene, come sottolineato dalla Commissione nella Decisione, sembrava che, al momento della preparazione dei documenti di programmazione, la Hüls fosse il più importante produttore e venditore tedesco di PVC ed uno dei principali in Europa. Tale conclusione è confermata dalle risposte delle ricorrenti ad una questione del Tribunale. Inoltre, le altre quattro imprese designate come membri interpellati del «gruppo di programmazione» erano anch'esse i principali produttori di PVC in Europa nel 1980.

919.
    Per le ragioni già esposte (v. supra, punto 788), il documento Alcudia, relativo ai meccanismi di compensazione, identifica indirettamente la Hüls.

920.
    La ricorrente è indicata nel quadro Atochem che contiene, sia pure in forma aggregata, i dati relativi alle vendite e la percentuale delle vendite obiettivo dei quattro produttori tedeschi (v. supra, punto 612).

921.
    La Hüls è anche citata nei quadri Solvay. Tra i dati di vendita menzionati che la Commissione è stata in grado di verificare, tre riguardano la ricorrente e sono esatti (v. supra, punto 627).

922.
    D'altra parte, se la Commissione non ha potuto ottenere alcuna tabella dei prezzi della Hüls che le avrebbe permesso di verificare che tale impresa aveva posto in essere le iniziative comuni in materia di prezzi, gli allegati P1-P70 indicano che i produttori tedeschi non sono restati estranei a tale manifestazione dell'intesa. Così, oltre ai

documenti, come gli allegati P1, P3, P15, P19, P22, P26, P29, P32, P45 et P48, nei quali si fa riferimento ad «iniziative generali» destinate ad aumentare «l'insieme dei prezzi europei» o ancora ad «iniziative del settore», taluni allegati riguardano più specificamente il mercato tedesco e permettono di concludere che le iniziative in materia di prezzi vi erano annunciate ed applicate. Ciò è in particolare quanto emerge dagli allegati P23, P24, P26, P29, P30, P41 e P58.

923.
    Dato il combinato di tali elementi, è a giusto titolo che la Commissione ha ritenuto la partecipazione della ricorrente alla violazione addebitata.

k) Enichem

Argomenti della ricorrente

924.
    Secondo la ricorrente, la Commissione non ha dimostrato la sua partecipazione ad una qualsiasi delle manifestazioni dell'intesa

925.
    Così, in primo luogo, per quanto riguarda l'origine dell'intesa, nessuna responsabilità potrebbe essere addossata alla ricorrente. Infatti, questa non avrebbe preso parte alla redazione dei documenti di programmazione. Inoltre, il solo fatto di essere citata, a sua insaputa, da parte di imprese terze che avrebbero avuto l'intenzione di invitarla a partecipare a riunioni non sarebbe sufficiente a far nascere una tale responsabilità. Infine, non sarebbe dimostrato che la risposta alle proposte costituisca effettivamente la risposta delle persone alle quali la lista di controllo doveva essere indirizzata.

926.
    In secondo luogo, per quanto riguarda le riunioni tra produttori, la ricorrente osserva che l'ICI e la BASF hanno citato i nomi dell'Anic o dell'Enichem; orbene dal mese di ottobre 1981 al mese di febbraio 1983, non sarebbero esistite società operative aventi, in tutto o in parte, tali denominazioni. Inoltre, in ogni caso, la Commissione avrebbe dovuto ancora provare l'identità dei partecipanti e l'andamento di tali partecipazioni.

927.
    In terzo luogo, per quanto riguarda le iniziative in materia di prezzi, la ricorrente fa valere che non esiste alcuna prova della sua partecipazione a tali iniziative. La mancanza di documenti interni dell'Enichem in materia di prezzi non potrebbe voler dire, come sostiene la Commissione, che tali documenti, poiché compromettenti, sarebbero stati nascosti o distrutti; un tale ragionamento, puramente speculativo, violerebbe il principio secondo cui l'onere della prova incombe alla Commissione. D'altra parte, neppure riguardo alla partecipazione della ricorrente alle riunioni che, secondo la Commissione, hanno preceduto gli aumenti di prezzi vi sarebbe alcunché atto a dimostrarla. Al contrario, svariati documenti mostrerebbero che l'Enichem ha adottato sul mercato italiano una politica dei prezzi aggressiva.

928.
    In quarto luogo, per quanto riguarda le quote, la ricorrente sottolinea che l'unico documento che fa riferimento all'Enichem o all'Anic è il quadro Atochem. Orbene, non solamente tale solo documento non basterebbe a dimostrare la partecipazione della ricorrente, ma non sarebbe neppure probante, tenuto conto del significativo scarto tra i dati di vendita ivi citati (tutti superiori al 14%), e i dati reali (12,3%). In tali condizioni, il fatto che, durante il periodo preso in considerazione nell'inchiesta, le quote di mercato siano sostanzialmente cambiate dimostrerebbe che non vi è stata intesa in materia di quote.

929.
    In quinto luogo, per quanto riguarda il controllo delle vendite, i soli elementi di prova della partecipazione dell'Enichem sarebbero i quadri Solvay. Ora, questi non presenterebbero alcun valore probatorio.

930.
    La ricorrente conclude che, in assenza di prove nei confronti dell'Enichem, poco importa che queste debbano essere considerate nel loro insieme e non isolatamente. In ogni caso, i quattro documenti nei quali appare il nome della ricorrente (allegati 3, 10 e 34 e le dichiarazioni della BASF e dell'ICI), sarebbero troppo isolati per dimostrare l'adesione continuata della ricorrente ad un intesa complessa, soprattutto quando, d'altra parte, è stata dimostrata la politica aggressiva dell'Enichem.

Giudizio del Tribunale

931.
    L'Anic e l'Enichem, impresa alla quale è stato addebitato il comportamento dell'Anic, sono state citate dall'ICI come partecipanti alle riunioni (v. supra, punto 675), di cui la Commissione ha dimostrato la finalità anticoncorrenziale (v. supra, punti 679-686).

932.
    La presenza dell'Anic e dell'Enichem alle riunioni è stata confermata dalla BASF (v. supra, punto 677).

933.
    L'Enichem fa tuttavia osservare che, dall'ottobre 1981 al febbraio 1983, nessuna società operativa nel campo del PVC portava il nome di Anic o Enichem, di modo che le risposte dell'ICI e della BASF non permetterebbero di dedurne la sua partecipazione durante tale periodo. Tale argomento non può essere accolto. Infatti, come rilevato dalla Commissione, il gruppo al quale appartiene la ricorrente non aveva abbandonato il mercato del PVC durante tale periodo, ma aveva trasferito le sue attività in tale settore ad una società comune, per cui tutte le attività nel campo del PVC provenivano dal gruppo ENI e sono state da esso riprese nel febbraio 1983. Inoltre i quadri Solvay per l'anno 1982 relativi al mercato italiano mostrano che tale filiale comune ha continuato a partecipare alla violazione contestata. Infine, l'Anic stessa non era sparita, dato che è solo alla fine del 1982 che essa ha trasferito alla società comune in questione il capitale di un'altra società del gruppo ENI, la SIL, essa stessa proprietaria di stabilimenti di produzione di PVC in Italia.

934.
    L'Anic è una delle imprese indicate nei documenti di programmazione. Tenuto conto della stretta correlazione tra le pratiche descritte in tali documenti e quelle accertate sul mercato del PVC nelle settimane successive, tali documenti, fossero anche interni all'ICI, come sostenuto dalla ricorrente, costituiscono un indizio della partecipazione della ricorrente alla violazione contestata.

935.
    Il quadro Atochem, che contribuisce a dimostrare l'esistenza di un meccanismo di quote di vendita, porta l'indicazione sia del nome della ricorrente che dei dati di vendita per il primo trimestre del 1984 e di una percentuale obiettivo relativa alle vendite ad essa attribuita. Le contestazioni della ricorrente sulla realtà delle cifre di vendita che la riguardano sono state precedentemente esaminate e respinte (v. supra, punto 615).

936.
    Inoltre, per le ragioni già evidenziate (v. supra, punto 788), il documento Alcudia, relativo ai meccanismi di compensazione tra produttori indica indirettamente l'Enichem.

937.
    Del resto, l'argomento secondo cui le quote di mercato dei produttori sarebbero state profondamente modificate durante il periodo dell'inchiesta, cosa che sarebbe incompatibile con un meccanismo di quote, è fondato su un semplice rinvio alla «realtà dei fatti» (replica, pag. 23) e non è accompagnato da nessun elemento di prova. In ogni caso, occorre ricordare, come emerge dalla Decisione stessa, che i documenti che dimostrano l'esistenza di meccanismi di compensazione tra produttori permettono egualmente di concludere che tali meccanismi non hanno funzionato correttamente (v. supra, punti 588 e 597). Infine, nel caso particolare dell'Enichem, l'evoluzione delle quote di mercato non sembrava determinante, tenuto conto delle numerose ristrutturazioni che il gruppo ha conosciuto durante il periodo in cui ha avuto luogo la violazione, per l'acquisto delle attività di concorrenti nel settore del PVC.

938.
    I quadri Solvay portano l'indicazione del nome della ricorrente e le sue vendite sul mercato italiano. Inoltre, il quadro di cui all'allegato 34 alla comunicazione degli addebiti porta il seguente commento: «La ripartizione del mercato nazionale tra i vari produttori per il 1980 è stata effettuata in base allo scambio dei dati con i nostri colleghi (...)» Ora, essendo i documenti di programmazione, che risalgono all'agosto 1980, all'origine dell'intesa, è precisamente per tale anno 1980 che lo scambio poteva essere effettivo per la prima volta (v. supra, punto 629).

939.
    La ricorrente fa valere ancora che la Commissione avrebbe dovuto precisare l'identità delle imprese partecipanti a ciascuna delle riunioni e, di conseguenza, stabilire con quale regolarità ciascuna di esse vi partecipava. Occorre rilevare che la regolarità della presenza di un'impresa alle riunioni tra produttori non pregiudica la sua

partecipazione alla violazione, ma il grado della sua partecipazione. Inoltre, pretendere dalla Commissione che essa dimostri la regolarità della sua partecipazione renderebbe in pratica impossibile la sanzione di un'intesa tra imprese, salvo il caso in cui emergano processi verbali o resoconti di riunioni illegittime che menzionino il nome dei partecipanti. Infine, se è vero che l'ICI e la BASF, nelle loro risposte alle domande di informazioni, hanno indicato che le imprese da esse citate avevano partecipato più o meno regolarmente alle riunioni (v. supra, punti 675 e 677), la Commissione ne ha debitamente tenuto conto (in particolare, punto 8, terzo comma, e punto 26, terzo comma). Essa ha anche preso in considerazione tale circostanza nella determinazione del livello delle ammende (punto 53 della Decisione), riservandosi l'esame della situazione delle imprese per le quali il loro ruolo, più o meno rilevante, venga accertato. Di fatto, se la Commissione avesse potuto ottenere la prova della partecipazione di ciascuna delle imprese all'insieme delle riunioni tra produttori nel corso delle quali, durante quasi quattro anni, sono state decise iniziative concertate in materia di prezzi e meccanismi di volumi di vendita, le ammende inflitte, che non oltrepassano 3 200 000 ECU, sarebbero da considerare di importo proporzionalmente basso rispetto alla gravità della violazione.

940.
    Infine, gli allegati P1-P70 indicano che i produttori italiani non sono restati estranei alle iniziative in materia di prezzi. Così, al di là dei documenti, come gli allegati P1, P6, P15, P19, P22, P26, P29, P32, P45 e P48, nei quali si fa riferimento ad «iniziative generali» destinate ad aumentare «l'insieme dei prezzi europei» o ancora ad «iniziative di settore», taluni allegati fanno riferimento più in particolare al mercato italiano e permettono di concludere che le iniziative in materia di prezzi dovevano trovare applicazione in Italia, anche se da essi emerge che l'aumento previsto non ha, in alcuni casi, avuto luogo, cosa che suscitava le proteste dei concorrenti. Ciò è in particolare quanto emerge dagli allegati P9, P24, P26, P28 e P58.

941.
    Dato il combinato di tali elementi, è a giusto titolo che la Commissione ha ritenuto la partecipazione della ricorrente alla violazione addebitata.

D — Sull'imputabilità della violazione e l'identificazione dei destinatari della Decisione

1. Sull'imputabilità della violazione

Argomenti delle ricorrenti

942.
    La Elf Atochem contesta la motivazione della Decisione relativa alla mancanza di responsabilità dell'Elf Atochem per le attività della società PCUK, di cui la maggior parte dell'attività in campo chimico era stata attribuita all'Atochem in occasione della sua costituzione nel 1983. Infatti, tale motivazione riposerebbe sul fatto che la Elf Atochem «è indiscutibilmente responsabile della ATO Chimie/Chloe/Orgavyl»

(Decisione, punto 42, sesto comma), e non sulla norma secondo cui, allorché l'impresa che cede un'attività continua ad esistere in quanto entità distinta dopo la cessione, l'impresa cessionaria non sopporta nessuna responsabilità per eventuali comportamenti anticoncorrenziali del cedente anteriori alla cessione.

943.
    La DSM ricorda che, a partire dal 1° gennaio 1983, le attività nel campo del PVC della DSM NV sono state trasferite alla LVM, consociata comune della DSM NV e della EMC Belgio SA, e che la LVM è stata ritenuta responsabile di quanto da essa stessa compiuto. Nel caso di specie, sarebbe quindi per il periodo precedente tale data che si pone la questione dell'imputabilità della violazione. Orbene, con atto 19 dicembre 1984, sarebbe stata costituita la società DSM Kunststoffen BV, consociata al 100% della DSM NV. I diritti ed obblighi facenti capo fino ad allora al settore «materie plastiche» della DSM NV gli sarebbero stati trasferiti. Nonostante che la DSM Kunststoffen sia una filiale autonoma della DSM NV, sarebbe tuttavia a quest'ultima che è stata addebitata la violazione.

944.
    Ciò facendo, la Commissione avrebbe applicato in modo incorretto le norme di diritto comunitario. Il principio sarebbe che, quando i diritti ed obblighi, così come le attività economiche alle quali si riferisce la violazione in questione, sono stati trasferiti ad un'altra impresa, tale violazione deve essere imputata a tale altra impresa, avente causa della prima e, quindi, destinataria della decisione (sentenza CRAM e Rheinzink/Commissione, citata, punti 6-9; sentenza del Tribunale 28 aprile 1994, causa T-38/92, AWS Benelux/Commissione, Racc. pag. II-211, punto 30). L'elemento determinante in materia di imputazione di una violazione è il comportamento autonomo dell'impresa sul mercato e non la sua struttura giuridica (sentenza 14 luglio 1972, ICI/Commissione, citata, punto 133; sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-11/89, Shell/Commissione, Racc. pag. II-757, punto 311 e 312). Orbene, le ricorrenti avrebbero sempre affermato l'autonomia del comportamento della DSM Kunststoffen, senza essere contraddette dalla Commissione, alla quale incombeva d'altro canto l'onere della prova (sentenza AEG/Commissione, citata, punto 50). Per il periodo che va dall'inizio della presunta violazione all'inizio dell'anno 1983, la violazione avrebbe dovuto dunque essere imputata alla DSM Kunststoffen.

945.
    La Montedison afferma di essere nient'altro che un'entità intermedia tra la holding e la società operativa, avendo cessato la produzione di PVC il 31 dicembre 1980. Durante i due anni successivi, tale attività di produzione avrebbe fatto capo alla società operativa Montedipe e, nel 1983, tale settore dell'impresa sarebbe passato definitivamente sotto il controllo dell'Enichem. La Commissione non avrebbe in alcun momento dimostrato che la Montedipe fosse priva di autonomia gestionale in rapporto alla Montedison.

946.
    L'Enichem fa valere che, secondo la Commissione, per attribuire la responsabilità di

una violazione, occorre anzitutto identificare l'impresa che l'ha compiuta, poi determinare le sue vicende; se l'impresa che ha commesso l'infrazione cede semplicemente il suo ramo di attività nel settore del PVC ad un terzo, ma rimane come soggetto di diritto indipendente, essa conserverebbe la responsabilità della violazione; per contro, se l'impresa che ha commesso la violazione è assorbita da un'altra impresa, e cessa quindi di esistere, sarebbe allora l'acquirente ad assumere la responsabilità per le violazioni passate. La ricorrente fa notare il carattere ibrido di tale tesi, che dipenderebbe, a seconda del caso, da un esame giuridico o da una valutazione economica.

947.
    L'Enichem fa osservare che, sia il suo ramo di attività PVC che, in via generale, il settore del PVC in Italia, hanno conosciuto profonde modifiche, durante e dopo il periodo coperto dall'inchiesta.

948.
    Così, la società la cui attuale denominazione è Enichem Anic, e che avrebbe dovuto essere la destinataria della Decisione, avrebbe svolto attività di produzione di PVC sino alla fine del 1981, poi di nuovo a partire dall'inizio del 1983 fino al trasferimento delle attività alla EVC, società operativa comune creata nell'ottobre 1986 tra l'Enichem e l'ICI. Nell'intervallo, la società che ha operato sul mercato del PVC sarebbe stata la società Enoxy, società operativa comune creata dall'ENI e dalla società americana Occidental.

949.
    L'Enichem invece, sotto differenti denominazioni, avrebbe svolto, durante tutto questo periodo, solo il ruolo di holding delle partecipazioni dello Stato italiano nelle differenti società operative che si sono succedute nel settore del PVC.

950.
    Infine, le attività d'impresa nel settore del PVC che, nel 1986, sono state cedute alla EVC, sarebbero state gestite, nel corso del periodo preso in considerazione dalla Commissione, da svariate imprese autonome (Anic; Occidental; Montedison, le cui attività nel settore del PVC svolte dalla sua consociata, la Montedipe, sono state cedute, nel marzo 1983, alla Enoxy, divenuta, a seguito della cessione, avvenuta anch'essa nel mese di marzo, da parte dell'Occidental delle sue quote, società controllata al 100% dall'Enichem; la Sir, le cui attività sono state cedute al gruppo ENI nel dicembre 1981 e la Rumianca, consociata della Sir, le cui attività nel campo della chimica sono anch'esse state cedute al gruppo ENI), tutte dotate tuttora di soggettività giuridica.

951.
    Pertanto, alla luce del punto 43 della Decisione, sembrerebbe che la Commissione abbia attribuito alla ricorrente, l'Enichem, la responsabilità per le violazioni commesse nel corso del periodo preso in esame nell'inchiesta, quindi da tutte le imprese, ivi incluse la Sir, la Rumianca e l'Enoxy (ma ad eccezione della Montedipe). Ora, per quanto riguarda la Sir e la Rumianca, esse avrebbero fatto parte del gruppo Sir

Finanziaria, che esiste ancora oggi e che, di conseguenza, dovrebbe continuare a sopportare la responsabilità per la partecipazione delle sue ex consociate. Allo stesso modo la Occidental, che gode a tutt'oggi di personalità giuridica, dovrebbe sopportare in modo solidale la responsabilità della violazione per il periodo dicembre 1981 - febbraio 1983, durante il quale essa gestiva, congiuntamente, la Enoxy; invece, la Decisione non attribuirebbe nessuna responsabilità alla Occidental, violando così il principio di non discriminazione. In realtà, l'Enichem Anic potrebbe essere considerata come responsabile solo delle violazioni commesse dall'Anic, fino alla fine del 1981, e dalla Enoxy Chimica, dopo il febbraio 1983 (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, citata, punti 74-88, CRAM e Rheinzink/Commissione, citata, ed Enichem Anic/Commissione, citata, punti 228 e seguenti).

Giudizio del Tribunale

952.
    A titolo preliminare, sembra che la Elf Atochem non contesti la conclusione alla quale è giunta la Commissione, cioè di non imputare ad essa la responsabilità delle azioni compiute dalla PCUK, ma solo la motivazione che la sottende. Dato ciò, l'esame del motivo sollevato da questa ricorrente non potrebbe condurre ad un annullamento, neppure parziale di una disposizione della Decisione. Pertanto, in mancanza di interesse ad agire della ricorrente, il motivo deve essere respinto.

953.
    Emerge dalla giurisprudenza che, una volta che sia stabilita la sussistenza di un'infrazione, occorre determinare la persona fisica o giuridica che era responsabile della gestione dell'impresa al momento in cui è stata commessa l'infrazione, affinché la detta persona risponda di quest'ultima. Tuttavia, qualora tra il momento in cui viene commessa l'infrazione e il momento in cui l'impresa deve risponderne la persona responsabile della gestione dell'impresa abbia cessato di esistere giuridicamente, occorre dapprima localizzare l'insieme degli elementi materiali ed umani che hanno concorso alla commissione dell'infrazione e poi identificare la persona che è divenuta responsabile della gestione del detto insieme, allo scopo di evitare che, a seguito della scomparsa della persona che era responsabile della sua gestione al momento in cui è stata commessa l'infrazione, l'impresa possa non rispondere di quest'ultima.

954.
    Sembra che le norme enunciate dalla Commissione al punto 41, secondo comma e seguenti, della Decisione siano conformi a tali principi.

955.
    Occorre di conseguenza esaminare l'applicazione che la Commissione ha fatto di tali principi, successivamente nel caso della DSM, della Montedison e dell'Enichem.

956.
    L'argomentazione della DSM riguarda solo l'imputabilità della violazione addebitata alla DSM, quindi per il periodo anteriore alla creazione della LVM (v. supra, punto 943).

957.
    Orbene, nel caso di specie, contrariamente alle situazioni esaminate nelle sentenze invocate dalla ricorrente, non è contestato che, da un lato, la DSM sia l'impresa che ha commesso l'infrazione addebitata prima della costituzione della LVM e, dall'altro, che, malgrado la riorganizzazione alla quale ha proceduto, attraverso la cessione delle sue attività «materie plastiche» alle sue filiali in data posteriore ai fatti addebitati, la DSM esista giuridicamente. Pertanto, è a giusto titolo che la Commissione ha, in applicazione dei principi ricordati sopra, ritenuto responsabile la DSM per il periodo di cui trattasi.

958.
    Date tali circostanze, la cessione alle consociate del ramo di attività non ha alcuna influenza sulla determinazione dell'impresa responsabile della violazione.

959.
    Il motivo sollevato dalla DSM deve pertanto essere respinto.

960.
    Secondo una costante giurisprudenza, la circostanza che l'affiliata abbia personalità giuridica distinta non basta ad escludere la possibilità d'imputare alla società madre il suo comportamento, in particolare allorché l'affiliata non decide in modo autonomo quale dev'essere il suo comportamento sul mercato, ma applica in sostanza le direttive impartitele dalla società madre (sentenza 14 luglio 1972, ICI/Commissione, citata, punti 132 e 133).

961.
    Nel caso di specie, la Montedison ha confermato che essa deteneva la totalità del capitale delle società Montedipe e Montepolimeri, cosicché occorre ritenere che tali consociate seguano necessariamente la politica tracciata dagli stessi organi statutari che fissano la politica della società madre.

962.
    Il motivo sollevato dalla Montedison deve pertanto essere respinto.

963.
    Il motivo sollevato dall'Enichem contiene, per quel che riguarda l'imputabilità della violazione addebitata, due censure. La prima si riferisce all'imputabilità degli atti di due società, la Sir e la Rumianca, compiuti prima della loro incorporazione al gruppo al quale appartiene la ricorrente. La seconda riguarda l'imputabilità degli atti compiuti durante i mesi da gennaio 1982 a febbraio 1983 dalla Enoxy.

964.
    In primo luogo, secondo la ricorrente, la Commissione le ha attribuito la responsabilità degli atti della Sir e della Rumianca, le cui attività nel settore del PVC sono state acquistate dal gruppo ENI nel dicembre 1981, per il tramite dell'Anic; orbene, poiché la ex casa madre di queste due società esiste, questa avrebbe dovuto sopportare la responsabilità della violazione. A sostegno di tale tesi, la ricorrente fa riferimento al punto 43 della Decisione, da cui emerge che «Enichem raggruppa il settore chimico statale in Italia che precedentemente operava sotto la denominazione di Anic» e che l'Enichem deve «assumersi la responsabilità per l'attività dell'Anic» e quindi di tutte

le società ad essa legate.

965.
    Tuttavia, non sembra che la Commissione abbia ritenuto l'Enichem responsabile per le attività svolte dalla Sir e dalla Rumianca precedentemente alla loro integrazione nel gruppo di cui fa parte la ricorrente.

966.
    Infatti, anzitutto, la Sir e la Rumianca non sono contemplate dalla Decisione. Non essendo stata formulata alcuna censura nei loro confronti, nessuna responsabilità per loro fatti illeciti può essere stata imputata alla ricorrente. Inoltre, il punto 43 della Decisione significa tutt'al più che le attività nel settore del PVC della Sir e della Rumianca sono imputate alla ricorrente, in particolare per calcolare la quota di mercato al fine di determinare l'importo delle ammende, solo a partire dal giorno in cui esse sono state assorbite dall'Anic. Per contro, non permette di concludere che la responsabilità per eventuali pratiche illegittime della Sir e della Rumianca precedenti tale assorbimento siano state imputate all'Enichem.

967.
    In secondo luogo, emerge dal fascicolo e dalle risposte della ricorrente alle questioni poste dal Tribunale in occasione dell'udienza che, il 29 dicembre 1981, l'ENI e l'Occidental hanno dato vita ad una società comune, la Enoxy, alla quale è stato trasferito l'intero settore del PVC controllato dall'ENI, tramite l'Anic; l'Occidental, da parte sua, ha trasferito alla Enoxy attività ulteriori rispetto a quella del PVC. Nel febbraio 1983, l'ENI ha acquistato la partecipazione dell'Occidental nel capitale della Enoxy; qualche giorno più tardi, l'ENI ha ceduto tutta la sua quota del capitale del gruppo Enoxy alla Enichimica SpA (oggi l'Enichem SpA).

968.
    Date tali circostanze, la ricorrente contesta alla Commissione, anzitutto, di aver ad essa attribuito la responsabilità di atti della società Occidental, l'altra casa madre della Enoxy. Tuttavia, tale censura si fonda su una semplice affermazione che non trova riscontro in alcun punto della Decisione.

969.
    Inoltre, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver ritenuto responsabile anche la Occidental per i fatti compiuti dalla Enoxy, di cui essa era pur tuttavia una delle due case madri. Però, dato che il gruppo al quale appartiene la ricorrente è rimasto presente sul mercato del PVC dal gennaio 1982 all'ottobre 1983, per il tramite di una società comune alla quale essa aveva trasferito la sua attività nel settore del PVC, il fatto che la Commissione non abbia proceduto anche nei confronti della Occidental non esclude la responsabilità del gruppo al quale appartiene la ricorrente (sentenza Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, citata, punto 197).

970.
    Date tali circostanze, il motivo sollevato dall'Enichem deve anch'esso essere respinto.

2. Sull'identificazione dei destinatari della Decisione

Argomenti delle ricorrenti

971.
    La DSM sostiene, in primo luogo, che la Commissione ha commesso un errore di diritto indirizzando la Decisione alla DSM NV, anziché alla DSM Kunststoffen. Infatti, la responsabilità della violazione commessa prima del 1983 dalla DSM NV dovrebbe essere imputata alla sola società DSM Kunststoffen, consociata al 100% della DSM NV, creata con atto del 19 dicembre 1984; è dunque a tale società che avrebbe dovuto essere indirizzata la Decisione.

972.
    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono di essere vittime di una discriminazione. Infatti, la Commissione avrebbe accolto, nei confronti della Shell, un argomento analogo al loro (Decisione, punto 46). Per contro, la Commissione le avrebbe trattate alla stessa stregua dell'Enichem e della Montedison, pur trattandosi di situazioni di fatto distinte (Decisione, punto 45).

973.
    In terzo luogo, secondo le ricorrenti, la Commissione non ha osservato l'obbligo di motivazione. Infatti, sebbene essa non sia tenuta a rispondere a tutti gli argomenti di fatto sollevati dalle imprese accusate (sentenza ACF Chemiefarma/Commissione, citata, punto 77), essa ha tuttavia risposto a censure simili formulate da altre imprese (Decisione, punti 45 e 46). La motivazione nei confronti delle ricorrenti avrebbe dovuto essere, d'altra parte, ancora più circonstanziata avendo esse sollevato tale motivo durante la fase amministrativa (sentenza AWS Benelux/Commissione, citata, punto 27).

974.
    L'Enichem fa valere che, perché un gruppo d'imprese sia il destinatario appropriato di una decisione, occorre che costituisca una sola organizzazione unitaria di elementi personali, materiali ed immateriali diretti in maniera durevole allo scopo, in particolare, di produrre e vendere un prodotto determinato (sentenza Shell/Commissione, citata, punti 312 e 313). Orbene, nel caso di specie, non esisterebbe alcuna prova che dimostri il ruolo dell'Enichem alla testa di questo gruppo di società (Decisione, punto 45 in fine).

975.
    In realtà, l'Enichem, in quanto holding, non avrebbe assunto nessuna responsabilità riguardo alle attività del settore delle materie termoplastiche, tra cui il PVC. I punti 43 e 45 della Decisione sarebbero, a questo proposito, contraddittori, poiché non si può sostenere che l'Enichem sia, nello stesso tempo, responsabile in qualità di holding principale di un gruppo e successore della società operativa dello stesso gruppo.

976.
    In realtà, l'Enichem Anic, questa era la sua denominazione a partire dal 27 maggio 1985, sarebbe il solo soggetto di diritto che può rappresentare la continuità tra ledifferenti società del gruppo che hanno operato, sotto differenti ragioni sociali, nel settore del PVC fino a quando, nel 1986, l'attività non è stata affidata alla società

EVC, filiale comune creata con l'ICI. L'Enichem Anic (sotto le sue diverse denominazioni) avrebbe gestito in modo autonomo, rispetto all'Enichem, l'intero ciclo di produzione dei materiali termoplastici e di commercializzazione diretta in Italia. D'altra parte, tutte le società che si occupavano della commercializzazione all'estero dei prodotti dell'Enichem Anic, ivi comprese le consociate dell'Enichem International, la quale non è una consociata controllata al 100% dall'Enichem, avrebbero svolto tale attività sulla base di contratti di distribuzione o di agenzia con l'Enichem Anic. Solo l'Enichem Anic avrebbe dunque potuto essere destinataria della Decisione.

977.
    Per avvalorare il suo punto di vista, la ricorrente osserva che la decisione 24 novembre 1987, adottata ai sensi dell'art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, era indirizzata all'Enichem Anic (all'epoca Enichem Base). Inoltre, la verifica del 21 gennaio 1987 sarebbe stata effettuata nei locali di tale impresa. D'altra parte, se la comunicazione degli addebiti è stata indirizzata all'Enichem, ciò sarebbe dovuto unicamente al fatto che la Commissione credeva che tale società fosse la società operativa del gruppo, e non per il fatto che essa fosse una holding del gruppo. Infine la ricorrente sottolinea che la decisione 86/398 del 23 aprile 1986, nella causa relativa al polipropilene, è stata indirizzata all'Anic SpA, cioè all'Enichem Anic, poiché questa era la denominazione della società a partire dal 27 maggio 1985.

Giudizio del Tribunale

978.
    Come rilevato da parte della Commissione al punto 44 della Decisione, se la nozione di impresa, di cui all'art. 85, n. 1, del Trattato, non coincide necessariamente con quella di società dotata di personalità giuridica, è necessario, per l'applicazione e l'esecuzione delle decisioni, identificare un'entità dotata della personalità giuridica che sarà destinataria dell'atto.

979.
    Dal momento che la DSM è il solo autore della violazione e rappresenta quindi la sola società, dotata di personalità giuridica, alla quale la violazione è imputata, la questione stessa dell'identificazione del destinatario non si pone. Il destinatario poteva essere solo la società DSM NV, unico autore dell'infrazione.

980.
    Derivando tale conclusione dall'applicazione diretta dei principi ricordati al punto 44 della Decisione, il richiamo di essi costituisce una motivazione sufficiente nel caso della ricorrente.

981.
    D'altra parte, nel caso della DSM, una sola impresa, giuridicamente esistente, ha commesso l'infrazione. Né la Shell, né l'Enichem, né la Montedison si trovano nella stessa situazione. Pertanto, il supposto differente trattamento accordato a queste tre imprese dalla Commissione, al momento di determinare il destinatario della Decisione, non costituirebbe una discriminazione nei confronti della DSM.

982.
    I motivi ed argomenti sollevati dalla DSM devono pertanto essere respinti.

983.
    Al punto 45 della Decisione, la Commissione ha affermato quanto segue: «Enichem e Montedison hanno sostenuto che destinataria appropriata di eventuali decisioni è un'affiliata all'interno del gruppo che provvede attualmente alle attività termoplastiche. La Commissione osserva però che in entrambi i casi le responsabilità della commercializzazione del PVC sono condivise da questa società con le altre società del gruppo: per esempio, mentre Enichem ANIC SpA provvede alle vendite di PVC in Italia di Enichem, le sue operazioni di commercializzazione a livello internazionale sono dirette dalla società Enichem International SA, con sede a Zurigo, e in ciascuno Stato membro le vendite di PVC vengono realizzate dalle consociate nazionali di Montedison. Ad avviso della Commissione è quindi opportuno che destinataria della presente decisione sia la società finanziaria principale alla testa dei gruppi Enichem e Montedison».

984.
    La Montedison ha confermato che, durante il periodo in cui ha avuto luogo la violazione, essa deteneva la totalità del capitale delle società Montedipe e Montepolimeri. In tal caso, sembrava superfluo verificare se la ricorrente potesse influenzare in modo determinante il comportamento commerciale delle sue consociate (sentenza AEG/Commissione, citata, punto 50).

985.
    Date tali condizioni, la Commissione ha, a giusto titolo, indirizzato la Decisione alla Montedison.

986.
    Occorre sottolineare che, come riconosciuto dall'Enichem, il motivo da essa sollevato «non costituisce sterile argomentazione fine a sé stessa, ma base essenziale di quanto si tratterà nel seguito circa l'ammontare dell'ammenda, che è stata evidentemente commisurata con riferimento al fatturato della holding, ben superiore a quello della società operativa» (memoria di replica, pag. 15). Orbene, nel caso di specie, sembra che, come nel suo diritto (in particolare vedi sentenze della Corte 15 luglio 1970, Boehringer/Commissione, citata, punto 55, e 8 novembre 1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punti 51-53), la Commissione abbia determinato previamente un importo globale dell'ammenda, che è stato in seguito distribuito tra le imprese in funzione della quota media di mercato detenuta da ciascuna e delle eventuali circostanze attenuanti o aggravanti proprie a ciascuna. Pertanto, con riserva dell'applicazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, che fissa la soglia massima dell'ammenda suscettibile di essere irrogata dalla Commissione, il fatturato della holding non è stato preso in considerazione per la determinazione dell'importo dell'ammenda individuale inflitta alla ricorrente. In questi limiti, la ricorrente non ha interesse a sollevare il presente motivo.

987.
    Del resto, come emerge dal punto 45 della Decisione, l'Enichem Anic era solamente una società operativa nel settore del PVC in seno al gruppo ENI. Essa controllava così stabilimenti di produzione in Italia ed era incaricata della commercializzazione in Italia. Altre società del gruppo, controllate attraverso la società di diritto svizzero Enichem International SA, erano invece responsabili della commercializzazione al di fuori di tale mercato geografico. Non si può pertanto ammettere che una società come l'Enichem Anic, che rappresenta solo una parte dell'attività del gruppo nel settore del PVC, sia necessariamente l'unica destinataria della Decisione.

988.
    Inoltre, è accertato che la ricorrente non è che una holding, priva di attività operativa. La ricorrente ha confermato che «durante tutto il periodo dell'inchiesta, l'Enichem SpA [sotto differenti denominazioni] ha continuato a svolgere solo il ruolo di holding delle partecipazioni dello Stato nelle diverse società operative che si sono succedute nel settore del PVC» (v. ricorso, pag. 57).

989.
    In presenza di una tale situazione, nella quale esistono svariate società operative, tanto in termini di produzione che di commercializzazione, ripartite, per di più, in funzione del mercato geografico specifico, la Commissione non sbaglia decidendo di indirizzare la sua decisione alla holding del gruppo, piuttosto che, come vorrebbe la ricorrente, ad una delle società operative del gruppo.

990.
    E' corretto che, nella causa polipropilene, la Commissione aveva indirizzato la decisione all'Enichem Anic, e non alla ricorrente. Tuttavia, ciò solo non può condurre alla conclusione che la scelta della ricorrente come personalità giuridica destinataria della Decisione sia necessariamente erronea. Infatti, da un lato, non è per nulla dimostrato che l'organizzazione del gruppo ENI nel settore del polipropilene fosse, all'epoca dei fatti, identica a quella esistente nel settore del PVC. Dall'altro, il fatto che la Commissione abbia, in una causa, indirizzato la decisione a una data società non può comunque costituire un vincolo per le altre cause.

991.
    La circostanza che una decisione di richiesta di informazioni sia stata indirizzata all'Enichem Anic e che un procedimento d'indagine sia stato effettuato presso la sede di questa stessa impresa non è determinante per l'identificazione del destinatario della Decisione, dal momento che, ai sensi degli artt. 11 e 14 del regolamento n. 17, qualsiasi impresa può essere oggetto di una richiesta di informazioni o di un procedimento d'indagine.

992.
    Pertanto il motivo deve essere respinto.

III — Sui motivi relativi all'accesso al fascicolo

A — Sulle condizioni in cui la Commissione ha dato accesso al suo dossier in occasione

del procedimento amministrativo

Argomenti delle parti

993.
    Talune ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver dato loro accesso solo ad una parte del suo fascicolo amministrativo.

994.
    In sede di replica, basandosi sulle sentenze del Tribunale 29 giugno 1995, cause T-30/91, Solvay/Commissione (Racc. pag. II-1775), e T-36/91, ICI/Commissione, citata, tali ricorrenti confermano che, così come da esse sostenuto nel loro ricorso, l'accesso limitato al dossier costituisce violazione di un requisito formale essenziale che pregiudica il diritto della difesa. Infatti, la sola possibilità che esistano documenti a discarico sarebbe sufficiente per accertare una violazione dei diritti della difesa, che non potrebbe venir regolarizzata dal Tribunale nell'ambito del suo controllo giurisdizionale (sentenze 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punto 98, e causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punto 108). Pertanto la Decisione dovrebbe essere annullata.

995.
    Nella sua memoria difensiva, nelle diverse cause, la Commissione ha ricordato che il punto 27 della Decisione espone le ragioni per le quali essa non aveva accolto le domande delle imprese, avanzate durante il procedimento amministrativo, di accesso completo al fascicolo.

996.
    Confermando le ragioni così invocate, essa sostiene di aver dato regolarmente accesso al suo fascicolo amministrativo.

997.
    Così, la giurisprudenza non riconoscerebbe un diritto assoluto di accesso a tale fascicolo (sentenze della Corte VBVB e VBBB/Commissione, citata, e 3 luglio 1991, causa C-62/86, AZKO/Commissione, Racc. pag. I-3359; sentenza del Tribunale 1° aprile 1993, causa T-65/89, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, Racc. pag. II-389). Nella misura in cui il motivo delle ricorrenti consisterebbe nel domandare un tale accesso completo, questo sarebbe quindi infondato.

998.
    La Commissione sarebbe tenuta a dare accesso solo all'insieme dei documenti sui quali si fondano le sue conclusioni. Orbene, non solamente ciò sarebbe avvenuto, ma la Commissione sarebbe andata persino oltre, indirizzando a tali imprese, il 3 maggio 1988, documenti complementari che, a suo parere, potevano essere utili alla difesa (Decisione, punto 27, ultimo comma, in fine).

999.
    In talune cause, la Commissione confuta il principio affermato dal Tribunale nella sentenza 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione (Racc. pag. II-1711), secondo cui è tenuta a rispettare i principi da essa stessa fissati nella

Dodicesima Relazione sulla politica della concorrenza e, di conseguenza, a divulgare oltre ai documenti a carico anche, a certe condizioni, quelli del suo fascicolo amministrativo.

1000.
    Le ricorrenti non avrebbero dimostrato la malafede degli agenti della Commissione.

1001.
    Se documenti utili alla difesa esistevano nel fascicolo delle altre imprese, l'impresa da cui essi provenivano se ne sarebbe avvalsa.

1002.
    Per di più, le ricorrenti sarebbero state autorizzate a procedere ad uno scambio di documenti tra di loro, sulla base di una rinuncia reciproca alla confidenzialità, a condizione tuttavia che un tale scambio non riguardasse dati commerciali sensibili, il cui scambio potesse costituire una restrizione della concorrenza (v. Decisione, punto 27, terzo comma).

1003.
    La Commissione ricorda, infine, il carattere confidenziale dei documenti di cui al suo fascicolo amministrativo. Riguardo ai documenti commerciali interni a ciascuna impresa, risulterebbe tanto dall'art. 214 del Trattato che dall'art. 20, n. 2, del regolamento n. 17 che essa era tenuta a non divulgarli. Del resto, la Commissione ha fornito, durante il procedimento amministrativo, una lista dei documenti contenuti nel fascicolo.

1004.
    Le imprese dovrebbero, per lo meno, individuare i documenti che ritengano utilizzabili a loro difesa.

1005.
    Nella controreplica, la Commissione fa osservare che le sentenze 29 giugno 1995, cause T-30/91, Solvay/Commissione, e T-36/91, ICI/Commissione, citate, confermano che non esiste un diritto assoluto di accesso al fascicolo amministrativo. In particolare, le imprese non possono avere un diritto di accesso né ai documenti contenenti segreti commerciali o altre informazioni confidenziali, né ai documenti interni della Commissione. Alla luce di ciò, è a ragione che i documenti commerciali provenienti da ciascuna delle imprese non sono stati ad esse resi disponibili.

1006.
    La Commissione osserva che la distinzione tra documenti a carico e a discarico è fondamentale. Mentre l'eventuale mancato accesso a documenti a carico avrebbe comportato solamente l'esclusione di tali documenti in quanto mezzi di prova (sentenza 29 giugno 1995, causa T-37/91, ICI/Commissione, citata, punto 71), il mancato accesso a documenti a discarico avrebbe avuto come conseguenza l'illegittimità della decisione, dato che il Tribunale non può regolarizzare la violazione dei diritti della difesa verificatasi durante il procedimento amministrativo (sentenza 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punto 98).

1007.
    Tuttavia, per stabilire se esistano documenti a discarico fra quelli non divulgati, non basta dichiarare che una simile possibilità esiste, ma occorre procedere ad una specie di esame di plausibilità. Orbene, in mancanza delle circostanze proprie delle citate sentenze del 29 giugno 1995 nelle cause T-30/91 e T-36/91, ovvero, da un lato, l'accertamento di infrazioni basate su comportamenti paralleli e non su prove dirette e, dall'altro, il fatto che le imprese interessate ai sensi dell'art. 85 del Trattato si erano viste contestare anche un abuso di posizione dominante, nulla indicherebbe che nei documenti non comunicati si potessero trovare eventualmente documenti a discarico.

1008.
    La Commissione conclude che la semplice mancanza di comunicazione dei documenti nel corso del procedimento amministrativo non può di per sé portare all'annullamento della Decisione.

Giudizio del Tribunale

1009.
    In via preliminare va rilevato che la Montedison nel suo ricorso non ha sollevato motivi attinenti all'accesso al fascicolo.

1010.
    Le parti concordano sul fatto che nel procedimento amministrativo la Commissione ha consentito l'accesso soltanto ad una parte del suo fascicolo amministrativo. Infatti, oltre ai documenti provenienti dai propri servizi, ciascuna ricorrente ha avuto a disposizione tutti i documenti sui quali si basavano le conclusioni della Commissione, nonché una serie di altri documenti spediti con lettera datata 3 maggio 1998.

1011.
    Nelle cause di concorrenza l'accesso al fascicolo ha lo scopo di consentire ai destinatari di una comunicazione degli addebiti di prendere conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché essi possano pronunciarsi utilmente, sulla base di tali elementi, sulle conclusioni cui è giunta la Commissione nella comunicazione degli addebiti. L'accesso al fascicolo appartiene dunque alle garanzie procedurali dirette a tutelare i diritti della difesa. Orbene, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento con cui possono essere inflitte sanzioni costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che va osservato in ogni circostanza, anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa. L'effettivo rispetto di tale principio generale impone che l'impresa interessata sia stata messa in grado, già durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il suo punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, delle censure e delle circostanze allegate dalla Commissione (sentenze del Tribunale 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punto 59, causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punto 69, causa T-37/91, ICI/Commissione, citata, punto 49, nonché la giurisprudenza ivi citata).

1012.
    A questo proposito, nell'ambito del procedimento contraddittorio istituito dal

regolamento n. 17, non può spettare alla Commissione da sola decidere quali siano i documenti utili per la difesa (sentenze 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punto 81, e causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punto 91). Tenuto conto del principio generale della parità delle armi, non si può ammettere che la Commissione possa decidere da sola se utilizzare o meno certi documenti contro le ricorrenti, mentre queste ultime non vi hanno avuto accesso e non hanno dunque potuto decidere parallelamente se utilizzarli o meno per la propria difesa (sentenze 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punto 83, e causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punto 93).

1013.
Inoltre, un'eventuale violazione dei diritti della difesa ha natura obiettiva e non dipende dalla buona fede o dalla mala fede dei funzionari della Commissione (sentenze 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punto 84, e causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punto 94).

1014.
    Del resto, la difesa di un'impresa non può dipendere dalla buona volontà di un'altra impresa che si presume sia sua concorrente e contro la quale la Commissione ha sollevato addebiti analoghi. Poiché spetta alla Commissione istruire correttamente una causa di concorrenza, essa non può delegarla alle imprese i cui interessi economici e processuali sono spesso in conflitto. Pertanto, con riguardo alla violazione dei diritti della difesa, è irrilevante che le imprese coinvolte siano state autorizzate a procedere ad uno scambio di documenti. Difatti, una simile cooperazione tra imprese, peraltro aleatoria, non può in nessun caso eliminare l'obbligo della Commissione di garantire essa stessa, durante l'istruzione di un'infrazione al diritto della concorrenza, la tutela dei diritti della difesa delle imprese interessate (sentenze Solvay/Commissione, causa T-30/91, citata, punti 85 e 86, e ICI/Commissione, causa T-36/91, citata, punti 95 e 96).

1015.
    Tuttavia, come sottolineato dalla Commissione, l'accesso al fascicolo non si può estendere ai documenti interni dell'istituzione, ai segreti commerciali di altre imprese e alle altre informazioni confidenziali (sentenza BPB Industries e British Gypsum/Commissione, punto 29).

1016.
    A questo proposito va ricordato che, secondo un principio generale che si applica durante lo svolgimento del procedimento amministrativo, principio espresso dall'art. 214 del Trattato e da diverse disposizioni del regolamento n. 17, le imprese hanno diritto alla tutela dei loro segreti commerciali. Tuttavia, questo diritto va contemperato con la garanzia dei diritti della difesa (sentenze 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punto 88, e causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punto 98).

1017.
    Di conseguenza, la Commissione non può riferirsi, in maniera generale, alla riservatezza per giustificare il suo rifiuto assoluto di divulgare i documenti del suo

fascicolo. Nel caso di specie, del resto, essa non sostiene proprio che tutte le informazioni contenute in tali documenti fossero coperte dalla riservatezza. Pertanto, la Commissione era in grado di preparare, o di far preparare, una versione non confidenziale dei documenti di cui trattasi o, all'occorrenza, qualora ciò si rivelasse difficoltoso, di stabilire una lista dei documenti interessati sufficientemente precisa per consentire alle imprese di determinare, in piena cognizione di causa, se i documenti descritti potessero essere rilevanti per la sua difesa (sentenze 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punti 89-95, e causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punti 99-105).

1018.
    Nel caso di specie, va osservato che non è stata approntata alcuna versione non confidenziale dei documenti in questione. Del resto, se la Commissione ha effettivamente fornito alle ricorrenti una lista dei documenti che il suo fascicolo conteneva, detta lista non presentava nessuna utilità per le ricorrenti stesse. Infatti, essa si limitava a indicare l'impresa da cui, in via generale, provenivano le pagine corrispondenti del fascicolo amministrativo.

1019.
    Alla luce dell'insieme di detti elementi, occorre concludere che, nel corso del procedimento amministrativo della presente causa, la Commissione non ha dato alle ricorrenti regolare accesso al fascicolo.

1020.
    Tuttavia, detta circostanza non può di per sé portare all'annullamento della Decisione.

1021.
    Infatti, una violazione dei diritti della difesa va esaminata in relazione alle circostanze specifiche del caso di specie, in quanto è sostanzialmente legata alle censure di cui la Commissione ha tenuto conto per dimostrare l'infrazione contestata all'impresa interessata. Si tratta infatti di verificare se le possibilità di difesa della ricorrente siano state pregiudicate dalle condizioni alle quali esse hanno avuto accesso al fascicolo amministrativo della Commissione. Al riguardo, per constatare una violazione dei diritti della difesa è sufficiente dimostrare che l'omessa divulgazione dei documenti in questione ha potuto influenzare, a scapito della ricorrente, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione (sentenze 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punti 60 e 68, e causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punti 70 e 78; v. altresì, nel campo degli aiuti di Stato, sentenza 11 novembre 1987, Francia/Commissione, citata, punto 13).

1022.
    Se così fosse, il procedimento amministrativo sarebbe viziato e la Decisione dovrebbe essere annullata. Difatti, la violazione dei diritti della difesa avvenuta in fase di procedimento amministrativo non può essere regolarizzata nel procedimento dinanzi al Tribunale, che si limita ad un controllo giurisdizionale nell'ambito dei soli motivi dedotti e non può dunque sostituire un'istruzione completa della causa nell'ambito del procedimento amministrativo. In effetti, se le ricorrenti avessero potuto, durante il

procedimento amministrativo, avvalersi dei documenti idonei a discolparle, esse avrebbero eventualmente potuto influenzare le valutazioni del collegio dei membri della Commissione (sentenze 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, citata, punto 98, e causa T-36/91, ICI/Commissione, citata, punto 108).

1023.
    Con lettera 7 maggio 1997, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento e fatta salva la valutazione dei motivi dedotti dalle ricorrenti, il Tribunale ha deciso di consentire ad ognuna l'accesso al fascicolo della Commissione, ad eccezione dei documenti interni di quest'ultima e dei documenti che implicano segreti commerciali o altre informazioni confidenziali. Esso ha invitato le parti a comunicargli qualunque informazione confidenziale presente nel fascicolo. Infine, le ricorrenti che lo desideravano sono state invitate a presentare, entro il 31 luglio 1997, osservazioni precise, motivate e il più possibile brevi, per dimostrare in che modo, a loro avviso, la mancata comunicazione degli addebiti avesse potuto influenzare la loro difesa. Le ricorrenti dovevano presentare copia dei documenti cui avrebbero fatto riferimento.

1024.
    Nessuna ricorrente ha sollevato problemi di confidenzialità.

1025.
    Per tener conto dei termini necessari alla Commissione per assicurarsi presso le imprese terze che i documenti da esse prodotti non fossero coperti dalla confidenzialità, e in considerazione della richiesta del consulente della BASF, basata su pressanti motivi personali, il Tribunale ha prorogato il termine concesso alle ricorrenti per depositare le loro osservazioni in merito ai documenti da esse consultate, prima, sino al 31 agosto e, in seguito, sino al 22 settembre 1997.

1026.
    Come già osservato, solo la Wacker e la Hoechst non hanno risposto all'invito del Tribunale e non hanno quindi depositato osservazioni in cancelleria. In udienza, il consulente di queste due ricorrenti ha spiegato di non aver potuto consultare il fascicolo della Commissione né depositare osservazioni a causa di impedimenti personali. Tuttavia, il Tribunale osserva che non gli è mai stata presentata una domanda di proroga dei termini a questo titolo e che la Wacker e la Hoechst non hanno mai depositato osservazioni. Di conseguenza, bisogna ritenere che queste due ricorrenti non hanno dimostrato che la mancata comunicazione degli addebiti nel corso del procedimento amministrativo abbia pregiudicato i loro diritti della difesa.

1027.
    La Commissione ha depositato le proprie osservazioni il 12 dicembre 1997.

1028.
    Inoltre, come già osservato, la Montedison non aveva dedotto motivi attinenti all'accesso al fascicolo amministrativo. Pertanto, non va tenuto conto delle osservazioni depositate da questa ricorrente.

1029.
    Di conseguenza, bisogna prendere in esame la portata delle osservazioni presentate dalle altre nove ricorrenti in seguito alle misure di organizzazione del procedimento decise dal Tribunale.

B — Sulle osservazioni depositate nell'ambito della misura di organizzazione del procedimento

Argomenti delle ricorrenti

1030.
    Le nove ricorrenti che hanno validamente presentato osservazioni hanno prodotto una serie di documenti la cui mancata divulgazione poteva, a loro avviso, pregiudicarne i diritti della difesa.

1031.
    Alcune ricorrenti sottolineano che la Commissione non solo non ha consentito loro l'accesso al fascicolo durante il procedimento amministrativo, ma che inoltre aveva deliberatamente reso illeggibili taluni passaggi dei documenti comunicati. Orbene, questi passaggi contenevano commenti che avrebbero potuto avallare le tesi delle ricorrenti.

1032.
    Altre ricorrenti osservano inoltre che, tenuto conto del tempo trascorso, non si può più procedere ad un vero e proprio esame dei documenti che hanno potuto consultare.

1033.
    Altre osservano infine che i documenti cui esse fanno riferimento sono di per sé sufficienti a dimostrare la misura del pregiudizio ai loro diritti della difesa, ma che anche altri documenti potevano essere prodotti a sostegno di tale conclusione.

1034.
    La DSM e la LVM domandano peraltro al Tribunale di ordinare la produzione dei resoconti degli accertamenti compiuti dalla Commissione presso le sedi delle imprese.

Giudizio del Tribunale

1035.
    In via preliminare va osservato che il controllo in oggetto mira ad accertare se la mancata divulgazione di documenti o di estratti di documenti abbia potuto pregiudicare le possibilità di difesa delle ricorrenti. Il fatto che alcuni passaggi di documenti, emersi da allora, fossero stati inizialmente resi illeggibili dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo non modifica la portata del controllo svolto dal Tribunale. Al riguardo occorre ricordare che una eventuale violazione dei diritti della difesa ha un carattere oggettivo e non dipende dalla buona o dalla malafede dei funzionari della Commissione.

1036.
    Peraltro, le ricorrenti hanno avuto a disposizione un termine di tre mesi per consultare

il fascicolo della Commissione e depositare le loro osservazioni. Poiché spetta alle imprese che hanno lamentato un accesso incompleto al fascicolo amministrativo dimostrare l'entità del pregiudizio ai loro diritti della difesa, al quale scopo esse hanno avuto a disposizione un tempo sufficiente, bisogna tenere in considerazione soltanto i documenti dalle stesse prodotti. Le ricorrenti non possono validamente limitarsi a far riferimento all'incompletezza dei documenti da esse individuati nelle loro osservazioni e a queste ultime allegati.

1037.
    Infine, l'esame che dev'essere effettuato ha un carattere oggettivo, viste le conclusioni accolte dalla Commissione nella Decisione. Il fatto che i documenti in oggetto fossero datati non può del resto rappresentare un ostacolo alla ricerca di un'eventuale violazione dei diritti della difesa.

1038.
    Di conseguenza, le osservazioni delle ricorrenti vanno esaminate tutte insieme.

1039.
    Al riguardo, in primo luogo, le ricorrenti non possono avvalersi dei documenti o degli estratti di documenti che erano a loro disposizione già durante il procedimento amministrativo. E' questo il caso, in particolare, dei documenti allegati alla comunicazione degli addebiti o alla lettera della Commissione del 3 maggio 1988. Difatti, l'oggetto stesso della misura di organizzazione del procedimento decisa dal Tribunale consiste nell'esaminare se documenti non divulgati alle ricorrenti durante il procedimento amministrativo potessero influire, se fossero stati comunicati, sulle conclusioni della Commissione. Questa riserva non vale tuttavia per i documenti già comunicati, mentre le ricorrenti si avvalgono di estratti che erano stati occultati. Devono quindi essere esclusi gli allegati nn. 9, 10, 11, 15, 21 e 23 alle osservazioni della DSM e della LVM, nn. 4 e 6 a quelle della Elf Atochem, n. 134 a quelle della BASF, n. 10 a quelle della SAV, n. 13 a quelle dell'ICI, nn. 12, 15 e 26 a quelle della Hüls, et nn. 9, 26 e 28 a quelle dell'Enichem.

1040.
    In secondo luogo, ai fini dell'esame de quo, vanno ugualmente stralciati i documenti e gli estratti di documenti di cui le ricorrenti si avvalgono, allorché essi si riferiscano ad un periodo precedente l'inizio dell'intesa o successivo alla fine dell'infrazione presa in considerazione dalla Commissione per determinare l'importo dell'ammenda. A questo scopo non è rilevante la data del documento, bensì la pertinenza dell'estratto addotto dalle ricorrenti in merito al periodo dell'infrazione. Pertanto, bisogna stralciare gli allegati nn. 8, 16-18 e 23-29 alle osservazioni della DSM e della LVM, nn. 2 e 3 a quelle della Elf Atochem, nn. 132-138, 141 e 142 a quelle della BASF, nn. 1, 2, 6-9 e 11 a quelle della SAV, nn. 18, 25, 27 e 34 a quelle della Hüls e nn. 1, 11, 15, 26, 32 (4), 40, 45, 54 (2) e (3) a quelle dell'Enichem.

1041.
    In terzo luogo, alcuni documenti invocati dalle parti non riguardano gli addebiti formulati dalla Commissione. Del resto, non è possibile che la loro mancata

divulgazione abbia pregiudicato le possibilità di difesa delle imprese. Tale è il caso dei documenti riguardanti il mercato dei paesi terzi (v. punto 39 della Decisione, nota a pie' di pagina n. 1), o le vendite dei prodotti derivati (in particolare allegati n. 7 alle osservazioni della Elf Atochem e nn. 3 e 4 a quelle della SAV).

1042.
    Parimenti, le ricorrenti menzionano taluni documenti che attestano indicazioni sui prezzi date a voce; del resto, ciò smentirebbe la tesi della Commissione secondo la quale il fatto stesso che non esistano indicazioni scritte, per diversi produttori, proverebbe che questi ultimi avevano «qualcosa» da nascondere. La Commissione tuttavia, pur avendo effettivamente accertato che in talune imprese mancavano documenti sui prezzi e avendo contestato che non si era potuto fissare per iscritto alcun obiettivo riguardo ai prezzi, non ha tratto la conclusione che tale mancanza dimostrasse la partecipazione di queste imprese alle iniziative sui prezzi (v. punto 20 della Decisione). Pertanto, i documenti dedotti dalle ricorrenti al riguardo sono irrilevanti. Il Tribunale rileva del resto che le ricorrenti effettuano una lettura soltanto parziale dei suddetti documenti, i quali indicano esplicitamente che le istruzioni verbali sarebbero state completate con l'invio di tariffe scritte (in particolare, allegati n. 30 alle osservazioni della DSM e della LVM e n. 41 a quelle dell'Enichem).

1043.
    Occorre pertanto esaminare gli altri documenti prodotti dalle ricorrenti.

1044.
    In via generale, alcune ricorrenti sottolineano il fatto che i documenti da esse prodotti non fanno alcun riferimento all'esistenza di un accordo o di una pratica concordata fra le imprese (allegati nn. 19 e 31 alle osservazioni della DSM e della LVM e n. 135 a quelle della BASF). Tuttavia, il silenzio nei documenti non si può considerare atto a modificare le conclusioni della Commissione, che si basano su prove documentali. Tale in particolare è il caso di comunicati stampa o di lettere indirizzate da un produttore ai propri clienti per annunciare un aumento di prezzo. Infatti, non si può contare sul fatto che documenti di questo tipo indichino che il suddetto aumento è stato concordato con altri produttori.

1045.
    Allo stesso modo, le ricorrenti si riferiscono a tre documenti interni della Shell, intitolati «business plans» del 12 luglio 1982, 19 aprile 1983 e 4 novembre 1983, e relativi rispettivamente ai periodi 1982/1986, 1983/1987 e 1984/1987 (allegati nn. 1-3 alle osservazioni della DSM e della LVM, e nn. 1 e 2 a quelle dell'ICI). Indipendentemente dalla confidenzialità attribuita a questi documenti all'epoca del procedimento amministrativo, va rilevato che il fatto che tali documenti non menzionino l'esistenza di una violazione dell'art. 85 del Trattato non si può considerare come atto a mettere in discussione le prove documentali prodotte dalla Commissione. Tali documenti riguardano, per loro natura, certe previsioni di mercato. I riferimenti ad una prevista «pressione concorrenziale» o l'ipotesi («underlying assumption») di una politica dei prezzi pienamente concorrenziale non possono influire sulle

conclusioni della Commissione che si basano su documenti successivi, contemporanei ai fatti addebitati, i quali attestano l'esistenza di iniziative sui prezzi nel 1983 e nel 1984, alle quali la Shell in particolare ha partecipato.

1046.
    Talune ricorrenti rilevano che alcuni documenti illustrano la situazione di sovraccapacità del mercato, le perdite subite dai produttori all'epoca dei fatti e la ristrutturazione di alcune fra loro (per esempio, allegato n. 139 alle osservazioni della BASF e n. 13 a quelle della Hüls).

1047.
    Tuttavia, la Commissione ha tenuto pienamente conto della situazione del mercato e delle imprese (punti 5 e 36 della Decisione), anche al momento della determinazione dell'importo dell'ammenda (punto 52, secondo comma, della Decisione). Inoltre, va ricordato che tali circostanze non possono escludere di per sé l'applicazione dell'art. 85 del Trattato (v. supra, punto 740).

1048.
    La LVM e la DSM si avvalgono di un documento manoscritto del 1983, contenente la trascrizione delle note scritte a mano sui documenti di programmazione (allegato n. 6 alle loro osservazioni). Tuttavia, esse non spiegano in quale misura tali annotazioni, che erano state fornite alle ricorrenti in occasione dell'audizione dinanzi alla Commissione nel settembre 1988 (v. supra, punti 503-505), influirebbero sul significato dei documenti di pianificazione.

1049.
    Le ricorrenti si avvalgono poi di documenti che metterebbero direttamente in discussione il valore probatorio dei documenti prodotti dalla Commissione a sostegno delle sue conclusioni.

1050.
    Alcuni documenti, per esempio, dimostrerebbero che il termine «compensazione» non ha il significato che gli attribuisce la Commissione nella Decisione (in particolare, allegato n. 5 alle osservazioni della Elf Atochem e n. 11 a quelle dell'ICI). Tuttavia, l'utilizzazione di uno stesso termine in contesti manifestamente diversi non può rimettere in discussione le conclusioni della Commissione. Al riguardo va ricordato che l'esistenza di un meccanismo di compensazione, come individuato dalla Commissione nella Decisione, risulta espressamente dai documenti «spartire la sofferenza» e «Alcudia» (v. supra, punti 588-593). Ciò risulta anche sia dal testo del documento DSM sia dal confronto di tale documento con i due precedenti (v. supra, punti 594-598).

1051.
    Inoltre, la Elf Atochem rinvia ad un documento che mostra l'evoluzione delle parti del mercato della Shell nel 1981, il che sarebbe incompatibile con un sistema di compensazione fra produttori (allegato n. 1 alle osservazioni della ricorrente). Tuttavia, dalla decisione risulta che la Shell era proprio l'unico produttore che non ha partecipato a questo meccanismo e che la Commissione ha tenuto conto della

partecipazione della stessa Shell all'infrazione solo a partire dal 1982.

1052.
    La DSM, la LVM e l'Enichem si avvalgono altresì di tabelle allegate alla risposta dell'ICI ad una richiesta di informazioni (allegati n. 37 alle osservazioni della DSM e nn. 37-39 a quelle dell'Enichem). Se questa risposta del 5 giugno 1984 era acclusa all'allegato n. 4 alla comunicazione degli addebiti, in compenso queste tabelle, che contenevano i prezzi obiettivo interni dell'ICI dal settembre 1980 al dicembre 1983, divisi per mercato nazionale, erano state soppresse. Orbene, le ricorrenti sottolineano che le suddette tabelle rivelano l'esistenza di prezzi obiettivo diversi da quelli che la Commissione ha individuato nella Decisione. Queste differenze rimetterebbero in discussione il carattere concordato delle iniziative sui prezzi.

1053.
    Bisogna ricordare, tuttavia, che le tabelle di cui trattasi erano state create ai fini della procedura di accertamento dell'infrazione. La circostanza che l'ICI affermi che si trattava di iniziative sui prezzi interne all'impresa non può pertanto influire sulle conclusioni della Commissione in merito ai documenti da essa prodotti. Indipendentemente dal problema dei tassi di cambio utilizzati dall'Enichem per la conversione dei prezzi obiettivo dichiarati dall'ICI (stabiliti nella moneta nazionale) in marchi tedeschi (moneta nella quale sono formulate le iniziative nelle tabelle allegate alla Decisione), va rilevato che le ricorrenti ignorano le osservazioni e le riserve espresse dalla stessa ICI nel preambolo alle suddette tabelle. Per esempio, l'ICI sosteneva, da un lato, che i prezzi erano quelli praticati nei confronti di clienti «secondari», dall'altro che la mancata indicazione di un'iniziativa sui prezzi per un determinato mese non significava che l'iniziativa non avesse avuto luogo, ma che non ne esistevano più tracce scritte. Sembra infatti che tali tabelle non facciano menzione di iniziative sui prezzi che però risultano espressamente dai documenti prodotti dalla suddetta impresa e allegati alla comunicazione degli addebiti. Inoltre, le differenze rilevate dall'Enichem si basano sull'indicazione, da parte dell'ICI, dei prezzi praticati ai clienti «secondari», ma sono smentite se si tiene conto dei prezzi per i clienti principali, come indicati negli allegati alla comunicazione degli addebiti.

1054.
    La Hüls deduce una lettera dell'ICI del 7 marzo 1983, la quale rimetterebbe in discussione l'interpretazione data all'allegato P45 alla comunicazione degli addebiti, del 6 aprile 1983, relativa all'iniziativa sui prezzi, in due tempi, del 1° aprile e del 1° maggio 1983 (allegato n. 11 alle osservazioni della Hüls). Infatti, detta lettera dimostrerebbe che l'ICI ha fissato i suoi prezzi in modo individuale, soprattutto in funzione dello stato della domanda sul mercato, correndo il rischio di una perdita di clientela.

1055.
    Al riguardo bisogna ricordare innanzitutto che l'esistenza dell'iniziativa comune di cui trattasi è stata accertata sulla base di più documenti (in particolare gli allegati nn. 42 e P42-P53 alla comunicazione degli addebiti) e non sulla base del solo documento P45.

Inoltre la Commissione ha accertato lo svolgimento di una riunione fra produttori a Parigi il 2 marzo 1983, nel corso della quale si è discusso sia del volume delle vendite che del livello dei prezzi. Del resto, la Hüls ha prodotto altresì un telex dell'ICI datato 4 marzo 1983 (allegato n. 10 alle sue osservazioni), da cui risulta che l'ICI ha deciso un'azione definitiva mirante a portare il prezzo a 1,50 DM/kg a partire dal 1° aprile. Infatti, due giorni dopo la riunione di Parigi l'ICI ha deciso un aumento di prezzo la cui data e il cui livello corrispondevano a quelli dell'iniziativa individuata dalla Commissione nella Decisione. Infine, un altro telex dell'ICI risalente all'inizio del marzo 1983 (allegato n. 19 alle osservazioni della Hüls) si riferisce non soltanto all'iniziativa sui prezzi del 1° aprile 1983, ma anche a quella del 1° maggio 1983, mirante a portare il prezzo ad un livello minimo di 1,65 DM/kg. Questo documento va confrontato anche con l'allegato P43 alla comunicazione degli addebiti, privo di datama, considerato il suo contenuto, precedente il lunedì 7 marzo 1983. Orbene, questo documento indicava già la decisione di un'iniziativa sui prezzi a partire dal 1° aprile e dal 1° maggio 1983, con menzione dei prezzi obiettivo.

1056.
    Di conseguenza, la lettera dell'ICI del 7 marzo 1983, firmata dal rappresentante dell'ICI alle riunioni fra produttori, lungi dall'influire sulle conclusioni della Commissione, al contrario le avvalora. Sebbene l'estensore di tale lettera si interroghi sulle possibilità di successo di tale iniziativa, tenuto conto del fallimento di quella precedente del 1° gennaio 1983, che era stata anch'essa individuata dalla Commissione nella Decisione, ciò non rimette in discussione il fatto che l'iniziativa stessa fosse il risultato di una concertazione fra i produttori avvenuta cinque giorni prima a Parigi.

1057.
    La DSM, la LVM (allegato n. 30 alle rispettive osservazioni) e la Hüls (allegato n. 20 alle sue osservazioni) si avvalgono altresì di un documento dell'ICI del 19 aprile 1983, che dimostrerebbe che detta impresa è stata messa al corrente dell'iniziativa in materia di prezzi solo con riguardo alle informazioni ottenute sul mercato. Tuttavia le ricorrenti ignorano il fatto che sin dai primi giorni del mese di marzo, ossia immediatamente dopo la riunione dei produttori avvenuta il 2 marzo 1983 a Parigi, l'ICI era già a conoscenza della data e del livello dell'iniziativa del 1° maggio 1983 (v. supra, punto 1055). Del resto, lo stesso documento del 19 aprile 1983 rinvia ad una lettera precedente, del 10 marzo 1983.

1058.
    L'Enichem inoltre produce una serie di documenti che rimetterebbero in discussione la conclusione della Commissione secondo la quale le iniziative erano fissate in marchi tedeschi per essere poi convertite in moneta nazionale. Questa discussione però non ha senso. Da un lato, emerge dagli allegati P1-P70 che i prezzi obiettivo europei erano effettivamente convenuti in marchi tedeschi. La stessa ricorrente si è del resto avvalsa di estratti di numerosi documenti che confermano questo stato di fatto (per esempio, allegati nn. 2 e 36 alle sue osservazioni). D'altra parte è evidente che, per essere applicati, questi prezzi dovevano essere convertiti in moneta nazionale. Infine, la

Commissione non ha mai asserito che le iniziative sui prezzi avessero avuto l'effetto di garantire che i prezzi effettivamente praticati su ciascun mercato nazionale fossero identici.

1059.
    Taluni documenti indicherebbero che le imprese erano informate dai loro clienti o dalla stampa specializzata circa le iniziative sui prezzi degli altri produttori (allegati nn. 31 e 33 alle osservazioni della DSM e della LVM, n. 140 a quelle della BASF, nn. 9 e 33 a quelle della Hüls, nn. 3-6 e 10-12 a quelle dell'Enichem). Tuttavia, questi documenti non consentono di dedurre che le imprese erano state informate solo per queste vie circa l'esistenza di un'iniziativa sui prezzi. Al contrario, essi sono coerenti con l'idea per cui le ricorrenti cercavano di verificare, presso i clienti o attraverso la stampa specializzata, se i concorrenti avessero effettivamente annunciato un aumento dei prezzi e se vi avessero dato attuazione alla data prevista (cosa che risulterebbe anche da documenti già comunicati negli allegati P1-P70). Tenuto conto del fatto che spesso queste iniziative non avevano seguito al livello richiesto, questa informazione soprattutto consentiva a ciascuno di verificare l'evolversi di un'iniziativa e di adottare la propria politica riguardo al suo esito, buono o cattivo, totale o parziale.

1060.
    Gli altri documenti dedotti dalle ricorrenti tenderebbero a dimostrare la vivace concorrenza che interessava il mercato del PVC durante il periodo dell'infrazione, il che sarebbe assolutamente incompatibile con le conclusioni della Commissione. In particolare, le ricorrenti si riferiscono a documenti che individuano concorrenti «aggressivi» o ancora che sottolineano l'esistenza di condizioni economiche favorevoli o meno ad un aumento dei prezzi, cosa che significherebbe che le iniziative non erano concordate, bensì decise unilateralmente tenuto conto delle condizioni del mercato.

1061.
    Questi documenti non mirano a rimetterne in discussione direttamente altri forniti dalla Commissione a sostegno delle sue conclusioni, bensì a dimostrare l'esistenza di un'intensa concorrenza incompatibile con essi.

1062.
    Tuttavia, emerge dalla Decisione che queste circostanze sono state tenute in attenta considerazione. Infatti la Commissione non asserisce che i prezzi erano aumentati in modo costante durante la durata dell'infrazione, né che erano rimasti stabili. Al contrario, le tabelle allegate alla Decisione dimostrano che i prezzi non hanno smesso di fluttuare, raggiungendo il livello minimo nel primo trimestre del 1982. La Commissione ha così espressamente riconosciuto che le iniziative sui prezzi avevano incontrato un successo incompleto o, in alcuni casi, erano state considerate persino un completo insuccesso (punti 22 e 36-38 della Decisione). Essa ha altresì indicato alcuni motivi di tale risultato: oltre agli elementi esterni ai produttori (acquisti anticipati dei consumatori, importazioni da paesi terzi, caduta della domanda specie nel 1981 e nel 1982, sconti speciali ...), essa ha rilevato che taluni produttori hanno talvolta privilegiato i propri volumi di vendita a discapito dei prezzi (punti 22 e 38 della

Decisione) e che, tenuto conto delle caratteristiche del mercato, sarebbe stato vano tentare iniziative concertate in materia di prezzi se le condizioni non fossero state favorevoli ad una maggiorazione (punto 38 della Decisione). Inoltre, la Commissione non ha ignorato l'esistenza di comportamenti «aggressivi» di talune imprese (punto 22 della Decisione). Parimenti, essa ha sottolineato che i documenti «spartire la sofferenza», Alcudia e DSM, se da un lato attestano l'esistenza di un meccanismo di compensazione fra i produttori, dall'altro permettono di concludere che tali meccanismi non hanno funzionato correttamente (punto 11 della Decisione). E' con riguardo al complesso di tali considerazioni che la Commissione ha stabilito l'importo dell'ammenda inflitta alle ricorrenti.

1063.
    Del resto, va rilevato che tanto gli allegati P1-P70 quanto i documenti inviati dalla Commissione alle parti nel maggio 1988 fornivano già una base documentaria sufficiente a consentire alle ricorrenti di sostenere, come del resto hanno fatto, l'esistenza delle circostanze di cui ora si avvalgono.

1064.
    Occorre infine sottolineare che, al di là degli estratti utilizzati dalle ricorrenti, alcuni dei documenti prodotti, letti nel loro complesso o in connessione con i documenti allegati alla comunicazione degli addebiti, avvalorano invece le conclusioni della Commissione.

1065.
    Per esempio, sembra che taluni concorrenti indicati come aggressivi in una data fase appoggiassero invece la precedente o successiva iniziativa sui prezzi. Così, l'ICI si richiama ad un documento della Shell del luglio 1982, nel quale essa viene descritta come un possibile concorrente aggressivo (allegato n. 4 alle sue osservazioni); tuttavia, l'allegato P37 alla comunicazione degli addebiti, prodotto dall'ICI, attesta il forte sostegno dato da questa impresa all'iniziativa sui prezzi del settembre 1982. Una constatazione identica emerge dal confronto fra l'allegato n. 12 alle osservazioni dell'ICI e gli allegati P38 e P40 alla comunicazione degli addebiti. Per quanto riguarda la DSM, la stessa conclusione emerge, in particolare, dagli allegati P5, P13, P28 e P41 alla comunicazione degli addebiti.

1066.
    Allo stesso modo, per esempio, in una nota interna della Wacker, del 7 giugno 1982 (allegati n. 7 alle osservazioni della Shell, n. 5 a quelle della SAV e n. 14 a quelle dell'ICI) l'autore, dopo aver sottolineato la catastrofica caduta dei prezzi, spiega — estratto di cui si avvale la ricorrente: «Conquista importante di parti del mercato: (in Germania, per il periodo gennaio-marzo 1982): Shell e Enoxy; conquista media di parti del mercato: DSM, SAV, PCUK; perdite al di sotto della media, oltre alla Wacker: Hoechst, Orgavyl e CWH nonché BASF». Tuttavia, alla riga successiva, l'autore prosegue: «A partire da maggio sono in corso sforzi al fine di risanare il prezzo del PVC omopolimero». Questi sforzi, che si asseriscono individuali in un mercato concorrenziale, consistevano nel fissare, per il 1° maggio 1982, un prezzo obiettivo

superiore del 35% al prezzo di mercato, e successivamente, per il 1° giugno 1982, un prezzo obiettivo superiore del 10% all'obiettivo precedente (ovvero, rispettivamente, prezzi di 1,35 DM/kg e di 1,50 DM/kg, corrispondenti all'importo dei prezzi obiettivo individuati dalla Commissione alle suddette date). Questo documento va confrontato con l'allegato P25 alla comunicazione degli addebiti, anch'esso prodotto dalla Wacker, in cui l'autore, malgrado questo rialzo sostanziale nel contesto concorrenziale descritto dalle ricorrenti, aggiunge: «L'ammontare delle quantità vendute dovrebbe essere elevato in maggio». Parimenti, l'autore dell'allegato P23 alla comunicazione degli addebiti, dopo aver constatato la caduta dei prezzi in aprile ad un livello di 1 DM/kg, indica: «Il calo dei prezzi è stato arrestato alla fine del mese in seguito all'annuncio di un generale aumento dei prezzi europei a 1,35 DM/kg al 1° maggio». Infine, il Tribunale rileva che sia la nota della Wacker del 3 marzo 1982, comunicata dalla Commissione alle parti il 3 maggio 1988, sia l'allegato P25 alla comunicazione degli addebiti permettevano di sostenere lo stesso argomento invocato dalle ricorrenti tenuto conto della nota della Wacker del 7 giugno 1982.

1067.
    Allo stesso modo, una nota della Solvay del 22 marzo 1983 (allegato n. 43 alle osservazioni dell'Enichem), dopo aver sottolineato la situazione preoccupante in materia di prezzi e l'aggressività di taluni produttori, contiene la seguente osservazione: «Oggi siamo nuovamente alla vigilia di un tentativo di rialzo dei prezzi». Va ricordato al riguardo che la Commissione ha individuato, sulla base di documenti provenienti da altre imprese, un'iniziativa compiuta il 1° aprile 1983. Il documento in questione contiene per di più una menzione delle iniziative di maggio, giugno e settembre 1982, tutte individuate dalla Commissione nella decisione.

1068.
    Infine, un gran numero di documenti prodotti dalle ricorrenti contiene un esplicito riferimento ad «iniziative sui prezzi» le cui date e i cui livelli corrispondono esattamente a quelli individuati dalla Commissione nella Decisione.

1069.
    La Shell si avvale altresì di documenti dell'ICI che confermerebbero, come essa ha sempre sostenuto, che, tenuto conto del suo ruolo di società di servizi, essa non era in grado di imporre alcun comportamento alle società di vendita del gruppo nei diversi Stati membri (allegati nn. 2 e 3 alle osservazioni della Shell). Tuttavia, questa circostanza emerge esplicitamente dalla Decisione (punto 46), anche se la Commissione ha nondimeno ritenuto che la ricorrente dovesse essere destinataria della Decisione, specie perché essa costituiva l'organismo che garantiva il contatto con l'intesa. A questo titolo va rilevato che in uno di questi documenti (allegato n. 3 alle osservazioni della Shell), che costituisce un rendiconto della riunione fra l'ICI e la Shell, quest'ultima ha indicato «qual è ormai la strada che l'ICI deve percorrere all'interno della Shell» allo scopo di giungere al coordinamento in seno al gruppo.

1070.
    Non è stato prodotto alcun documento per quanto specificamente riguarda le riunioni

fra i produttori e il meccanismo di vigilanza delle vendite.

1071.
    Va rilevato infine che i resoconti delle riunioni degli accertamenti compiuti nelle sedi delle imprese, di cui alcune ricorrenti chiedono la produzione, sono documenti interni della Commissione. Come tali, le ricorrenti non vi hanno accesso (v. supra, punto 1015). La circostanza che due di questi resoconti sono stati tuttavia divulgati non può modificare questa conclusione.

1072.
    Riguardo a questi due resoconti, considerato il fatto che in ogni caso giustamente essi non sarebbero stati forniti in occasione dell'accesso al fascicolo, se questo fosse stato effettuato nel 1988, dovrebbero essere stralciati, indipendentemente dal loro contenuto. Del resto, tali documenti, redatti all'indomani o nei giorni successivi all'accertamento svoltosi il 20 e il 21 gennaio 1987 nei locali della BASF, dai quali risulta che non si è scoperto alcun indizio di una pratica concordata, non rimettono in discussione il valore probatorio dei documenti raccolti dalla Commissione a sostegno delle sue conclusioni finali.

1073.
    D'altronde, senza domandarne formalmente la produzione, la Hüls e l'Enichem hanno osservato che, al di là dei documenti interni della Commissione e dei documenti la cui confidenzialità non era stata sollevata dall'impresa che li aveva prodotti, talune pagine del fascicolo non erano state comunicate alle ricorrenti. Per esempio si discute di una richiesta di informazioni alla società Kemanord in occasione del procedimento di indagine; una simile richiesta non può di per sé comportare alcun elemento utile alla difesa delle ricorrenti. Gli altri documenti consistono in lettere o fogli di trasmissione di fax spediti alla Commissione da imprese terze o viceversa. Come la Commissione ha evidenziato, in mancanza di una richiesta di confidenzialità da parte di queste imprese, non le competeva divulgare detti documenti. Del resto, non vi è alcun indizio che lasci supporre che tali documenti potessero presentare una qualsiasi utilità nell'ambito dell'esame di cui trattasi. L'Enichem ha evidenziato altresì che non era stata comunicata l'esistenza di una lettera della Wacker. Tuttavia, emerge dalla lettera della Commissione alla cancelleria del Tribunale del 17 luglio 1997 che questo documento era e rimaneva a disposizione delle ricorrenti.

1074.
    Risulta per esempio dall'approfondito esame svolto dal Tribunale dei documenti prodotti dalle ricorrenti che nessuna fra di esse ha dimostrato che lo svolgimento della procedura e la decisione siano stati condizionati, a suo pregiudizio, dalla mancata divulgazione di un documento che essa avrebbe dovuto conoscere.

1075.
    Alla luce del complesso di questi elementi, i motivi esposti dalle ricorrenti in relazione all'accesso al fascicolo amministrativo della Commissione devono essere respinti.

Sulle ammende

1076.
    Tutte le ricorrenti hanno presentato conclusioni in via subordinata, miranti all'annullamento o alla riduzione delle ammende inflitte. I loro argomenti si articolano in cinque capi. In primo luogo, esse si basano su motivi attinenti al decorso del tempo e alle regole relative alla prescrizione, come emergono dal regolamento n. 2988/74 (I). In secondo luogo, esse deducono una violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (II). In terzo luogo, esse contestano un'insufficienza di motivazione (III). In quarto luogo, deducono errori di valutazione compiuti dalla Commissione (IV). Infine, esse lamentano la violazione di taluni principi generali di diritto comunitario (V).

I — Sui motivi attinenti al decorso del tempo e alla prescrizione

1077.
    A sostegno delle conclusioni volte all'annullamento o alla riduzione dell'importo delle ammende, le ricorrenti deducono innanzitutto motivi identici a quelli esposti a sostegno delle conclusioni miranti all'annullamento della Decisione (v. supra, punti 100-119), basate sul decorso del tempo.

1078.
    Per le stesse ragioni esposte in precedenza (v. supra, punti 120-136), questi motivi vanno respinti.

1079.
    Occorre pertanto esaminare i motivi attinenti alla violazione del regolamento n. 2988/74.

Argomenti delle ricorrenti

1080.
    Le ricorrenti sostengono che il potere di infliggere ammende era prescritto, in applicazione del regolamento n. 2988/74. Al riguardo esse deducono gli otto argomenti seguenti.

1081.
    In primo luogo, secondo la BASF, le diverse fasi del procedimento amministrativo che hanno preceduto l'adozione della decisione del 1988 non hanno potuto interrompere la prescrizione, dal momento che i loro effetti erano stati annullati dalla sentenza 15 giugno 1994.

1082.
    In secondo luogo, tre ricorrenti sostengono che nei loro confronti i fatti erano già prescritti, almeno parzialmente, quando è stata adottata la decisione del 1988. La Montedison e la Hüls osservano infatti che, risalendo il primo atto che ha interrotto il procedimento nei loro confronti, per l'una, al novembre 1987 e, per l'altra, al dicembre 1987, i fatti anteriori, rispettivamente, al novembre 1982 e al dicembre 1982 sarebbero prescritti. Al fine di dimostrare che al 1° novembre 1982 non aveva più contatti con l'intesa, la Montedison conclude che il Tribunale voglia ascoltare in qualità di testimoni l'amministratore delegato e il dirigente responsabile della sua filiale Montedipe, che erano in carica il 1° novembre 1982. La DSM sostiene che, avendo

essa abbandonato il mercato nel gennaio 1983, i fatti erano prescritti sin dal gennaio 1988.

1083.
    In terzo luogo, secondo la BASF e l'ICI, la decisione del 1988 non è un atto che interrompe la prescrizione secondo l'art. 2, n. 1, del regolamento n. 2988/74; in ogni caso, tale decisione è stata annullata e non produrrebbe quindi alcun effetto di diritto, compresi quelli in materia di prescrizione.

1084.
    In quarto luogo, secondo la LVM, la BASF, la DSM, l'ICI e la Hüls, i ricorsi proposti contro la decisione del 1988 non hanno sospeso la prescrizione. Infatti una decisione che accerta un'infrazione e infligge un'ammenda non è prevista dall'art. 3 del regolamento n. 2988/74.

1085.
    In quinto luogo, secondo l'ICI e la Hüls, anche se i ricorsi presentati contro una decisione che accerta un'infrazione e infligge un'ammenda possono sospendere la prescrizione, non sarebbe questo il caso dei ricorsi proposti contro la decisione del 1988. infatti, il tempo trascorso sarebbe imputabile solo alla Commissione, unica responsabile della nullità della decisione del 1988.

1086.
    In sesto luogo, secondo la LVM e la DSM, se il ricorso proposto contro la decisione del 1988 ha sospeso la prescrizione, ne deriverebbe una discriminazione fra la Solvay e la Norsk Hydro, da un lato, e le altre imprese dall'altro. Infatti, la decisione del 1988, che la Corte ha annullato erga omnes, non potrebbe più essere eseguita nei confronti delle prime due imprese.

1087.
    In settimo luogo, secondo la LVM, la DSM e l'ICI, il ricorso della Solvay proposto avverso una richiesta di informazioni, che ha dato origine alla citata sentenza 18 ottobre 1989, Solvay/Commissione, non ha potuto sospendere la prescrizione nei confronti delle altre imprese.

1088.
    Infine, secondo la LVM, la BASF, la DSM e l'ICI, tenuto conto del termine imperativo di prescrizione dettato dall'art. 2, n. 3, seconda frase, del regolamento n. 2988/74, il potere della Commissione di infliggere ammende era in ogni caso prescritto allorché essa ha adottato la Decisione, il 27 luglio 1994.

Giudizio del Tribunale

1089.
    Emerge dall'art. 1 del regolamento n. 2988/74 che il potere della Commissione di comminare ammende per le infrazioni all'art. 85, n. 1, del Trattato è soggetto ad un termine di prescrizione di cinque anni. La prescrizione decorre dal giorno in cui l'infrazione è stata commessa o, per quanto concerne le infrazioni permanenti o continuate, dal giorno in cui l'infrazione stessa è cessata. Essa può tuttavia essere

interrotta o sospesa ai sensi, rispettivamente, degli artt. 2 e 3 del regolamento n. 2988/74.

1090.
    Come già affermato (v. supra, punti 183-193), la validità degli atti preparatori anteriori all'adozione della decisione del 1988 non è stata messa in discussione dall'annullamento di tale decisione da parte della Corte nella sentenza 15 giugno 1994. Pertanto, questi atti hanno effettivamente interrotto la prescrizione, ai sensi dell'art. 2 del regolamento n. 2988/74.

1091.
    Nel caso di specie, risulta dalla Decisione (punto 6) che accertamenti erano stati effettuati il 21, il 22 e il 23 novembre 1983 presso l'ICI e la Shell e, il 6 dicembre 1983, presso la DSM. Una richiesta scritta di informazioni era stata rivolta all'ICI con decisione 30 aprile 1984. Accertamenti erano stati eseguiti il 20 e il 21 gennaio 1987 presso l'Atochem, l'Enichem e la Solvay e successivamente, sempre nel corso del 1987, presso la Hüls, la Wacker e la LVM. Infine, la comunicazione degli addebiti era stata notificata alle imprese il 5 aprile 1988.

1092.
    Orbene, in primo luogo ognuno di questi atti ha interrotto la prescrizione, ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. a), b) e d), del regolamento n. 2988/74. In secondo luogo, la prescrizione riprende a decorrere da ciascuna interruzione, ai sensi dell'art. 2, n. 3, prima frase, di tale regolamento. In terzo luogo, questa interruzione vale nei confronti di tutte le imprese che abbiano partecipato all'infrazione, ai sensi dell'art. 2, n. 2, del regolamento.

1093.
    Pertanto, il potere della Commissione di comminare ammende per fatti risalenti al massimo all'agosto 1980 non era prescritto quando essa ha adottato la decisione del 1988. Di conseguenza, non vi è motivo di accogliere la richiesta della Montedison di ascoltare testimoni.

1094.
    Le ricorrenti contestano poi che i ricorsi proposti contro la decisione del 1988, ai quali esse partecipavano tutte, abbiano potuto sospendere la prescrizione.

1095.
    Ai sensi dell'art. 3 del regolamento n. 2988/74, «[l]a prescrizione dell'azione rimane sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso contro la decisione della Commissione».

1096.
    Le ricorrenti ritengono che il termine «decisione» utilizzato in detto articolo stia ad indicare gli atti elencati all'art. 2 del regolamento. Poiché la decisione finale che accerta un'infrazione e infligge un'ammenda non è compresa in detto elenco, i ricorsi promossi contro la decisione del 1988 non avrebbero sospeso la prescrizione.

1097.
    Sembra tuttavia che gli atti elencati nell'art. 2, n. 1, del regolamento non costituiscano

affatto atti qualificabili come decisioni. Tale è in particolare il caso delle domande scritte di informazioni di cui all'art. 11, dei mandati di accertamento di cui all'art. 14 del regolamento n. 17, o ancora della comunicazione degli addebiti, i quali sono semplicemente atti preparatori. Non si può ammettere pertanto che il termine «decisione» utilizzato all'art. 3 del regolamento faccia rinvio agli atti elencati nell'art. 2.

1098.
    In realtà, l'oggetto stesso di tale art. 3 è di consentire la sospensione della prescrizione quando la Commissione non possa intervenire per una ragione oggettiva ad essa non imputabile, relativa al fatto che un ricorso è pendente. Infatti, una decisione della Commissione che infligge un'ammenda non si può considerare come definitiva per il tempo in cui decorre il termine legale per formare un ricorso nei suoi confronti o, ove sia il caso, per il tempo in cui pende un ricorso; al termine di detto ricorso, in caso di annullamento la Commissione può essere indotta ad adottare una nuova decisione. A questo proposito va sottolineato che l'art. 2 del regolamento, relativo all'interruzione, e l'art. 3, relativo alla sospensione, perseguono obiettivi diversi. Laddove il primo mira a trarre le conseguenze dell'adozione di atti di istruzione e del procedimento da parte della Commissione, il secondo mira al contrario a rimediare alla situazione in cui la Commissione è impossibilitata ad agire.

1099.
    Le ricorrenti non possono validamente sostenere che, essendo stata annullata la decisione del 1988 per violazione di forme sostanziali imputabile alla Commissione, i ricorsi proposti contro tale decisione non hanno potuto sospendere la prescrizione.

1100.
    Infatti l'art. 3 del regolamento, in base al quale la prescrizione è sospesa per il tempo in cui un procedimento è pendente dinanzi alla Corte, ha senso solo se una decisione che accerta un'infrazione e infligge un'ammenda, che costituisce oggetto del ricorso, è annullata. Orbene, come rilevato dalla Commissione, l'annullamento di un atto da essa adottato è necessariamente imputabile ad essa, nel senso che tale annullamento riflette un errore da parte sua. Di conseguenza, affermare come fanno le ricorrenti che un ricorso non ha effetto sospensivo della prescrizione se esso porta a riconoscere un errore imputabile alla Commissione priverebbe l'art. 3 del regolamento di ogni significato. La sospensione è giustificata dal fatto stesso che un ricorso è pendente dinanzi al Tribunale o alla Corte, e non dalle conclusioni cui giungono queste giurisdizioni nelle loro sentenze.

1101.
    Pertanto, bisogna concludere nel senso che la prescrizione è stata sospesa per il tempo in cui la decisione del 1988 costituiva oggetto di un procedimento pendente dinanzi al Tribunale e alla Corte, di cui tutte le ricorrenti erano parte. Anche se si doveva tener conto solo della data dell'ultimo ricorso depositato dinanzi al Tribunale, il 24 aprile 1989, e anche se il periodo trascorso fra la data della pronuncia della sentenza e quella del ricorso alla Corte non doveva essere tenuto in considerazione, la prescrizione

sarebbe stata sospesa per un periodo minimo di quattro anni, undici mesi e ventidue giorni. Pertanto, pur se, come sostenuto dalle ricorrenti, la comunicazione degli addebiti, notificata il 5 aprile 1988, doveva costituire l'ultimo atto interruttivo della prescrizione, come risulta dall'art. 2 n. 1, lett. d), del regolamento n. 2988/74, il potere della Commissione di comminare ammende non era prescritto il 27 luglio 1994, data di adozione della Decisione.

1102.
    Le ricorrenti deducono tuttavia che, se i ricorsi proposti contro la decisione del 1988 hanno sospeso la prescrizione, ne risulterebbe una discriminazione fra la Solvay e la Norsk Hydro, da un lato, e le altre imprese, dall'altro.

1103.
    Tuttavia, questo argomento si basa sul postulato per cui l'annullamento della decisione del 1988 da parte della Corte avrebbe prodotto un effetto erga omnes. Orbene, è sufficiente ricordare, come già statuito (v. supra, punti 167-174), che non è questo il caso.

1104.
    Per di più, anche a supporre corretta la tesi delle ricorrenti, ciò non inciderebbe sulla conclusione obiettiva per cui nei loro confronti il potere della Commissione di comminare ammende non era prescritto.

1105.
    Quanto al termine massimo di prescrizione di dieci anni, come risulta dall'art. 2, n. 3, seconda frase, del regolamento n. 2988/74, va ricordato che è stato prorogato a causa del periodo di sospensione della prescrizione in ragione della pendenza di ricorsi dinanzi al Tribunale e alla Corte (art. 2, n. 3, in fine, del regolamento). Come già detto, questa sospensione è durata almeno quattro anni, undici mesi e ventidue giorni. Di conseguenza, neppure il potere della Commissione di comminare ammende per fatti risalenti al massimo all'agosto 1980 era prescritto, con riguardo all'art. 2, n. 3, del regolamento n. 2988/74, il 27 luglio 1994, data di adozione della Decisione.

1106.
    Alla luce dell'insieme di questi elementi, bisogna concludere nel senso che il potere della Commissione di comminare ammende non era prescritto quando la Decisioneè stata adottata. Di conseguenza, non vi è motivo di determinare se l'adozione della decisione del 1988 abbia ugualmente interrotto la prescrizione o se il ricorso proposto dalla Solvay avverso una richiesta di informazioni ad essa destinata abbia sospeso la prescrizione nei confronti delle altre imprese; infatti, questi elementi, se fondati, non possono che avallare la conclusione per cui la prescrizione non era compiuta.

II — Sui motivi attinenti alla violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17

1107.
    Le ricorrenti contestano la valutazione del carattere intenzionale e della durata dell'infrazione. Inoltre esse contestano il volume d'affari preso in considerazione per determinare l'ammenda. Infine, esse imputano alla Commissione di non aver tenuto

conto di talune circostanze attenuanti.

Sul carattere intenzionale dell'infrazione

1108.
    La LVM, la DSM, la Wacker, la Hoechst e l'Enichem contestano che la Commissione abbia dimostrato l'esistenza di un'infrazione commessa intenzionalmente, ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

1109.
    A norma di detto articolo, nella versione vigente all'epoca dell'adozione della Decisione, «[l]a Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest'ultimo importo fino al dieci per cento del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all'infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza (...) commettano un'infrazione alle disposizioni dell'art. 85, paragrafo 1 (...) del Trattato».

1110.
    Nel caso di specie è chiaro che la Commissione ha considerato solo il carattere intenzionale dell'infrazione, e non la semplice negligenza (punto 51, n. 2, della Decisione).

1111.
    Perché un'infrazione alle norme del Trattato sulla concorrenza si possa considerare intenzionale, non è necessario che l'impresa sia stata conscia di trasgredire tali norme, ma è sufficiente che essa non potesse ignorare che il suo comportamento aveva come scopo la restrizione della concorrenza (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-143/89, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. II-917, punto 41).

1112.
    Nel caso di specie, la gravità intrinseca della ripetuta infrazione all'art. 85, n. 1, del Trattato, in particolare delle lett. a) e c), così come descritta ed analizzata in questa sentenza, rivela che le ricorrenti non hanno agito per imprudenza né per negligenza, bensì in modo intenzionale.

1113.
    Il motivo va pertanto respinto.

Sulla durata dell'infrazione

Argomenti delle ricorrenti

1114.
    Le ricorrenti ritengono che la Decisione debba essere annullata, almeno parzialmente, ovvero l'ammenda debba essere annullata o ridotta, a causa di diversi vizi intervenuti nella determinazione della durata dell'infrazione (sentenze Hoffmann-La Roche, citata, punti 140 e 141, Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punti 129 e 130, Petrofina/Commissione, citata, punti 249 ss., 17 dicembre 1991, BASF/Commissione,

citata, punti 64-72 e 259-262, nonché Dunlop Slazenger/Commissione, citata).

1115.
    La LVM e la DSM contestano alla Commissione di non aver indicato in maniera sufficientemente precisa la data d'inizio e di termine dell'infrazione contestata (rispettivamente, punti 48 e 54 della Decisione).

1116.
    Più in particolare, tenuto conto del fatto che la responsabilità della DSM viene meno, secondo il dettato della Decisione, nel momento in cui è costituita la LVM, ovvero il 1° gennaio 1983, la DSM rileva la contraddizione fra i punti 42, 48 e 54 della Decisione circa la data di termine dell'infrazione ad essa addebitata.

1117.
    Secondo la Elf Atochem la Commissione non è stata in grado di fornire la prova della durata dell'infrazione contestata. Né la data d'inizio, né la data di termine dell'infrazione sarebbero quindi determinate in modo preciso.

1118.
    La BASF ritiene che non esista prova della sua adesione all'intesa sin dal 1980. Neppure la sua partecipazione all'infrazione sino al maggio 1984 sarebbe dimostrata; detta conclusione si baserebbe in effetti sulla tabella Atochem, il cui valore probatorio è già stato contestato. La ricorrente sostiene in ogni caso di non aver partecipato a riunioni successive all'ottobre 1983, data dei primi accertamenti della Commissione nel settore del polipropilene. In ogni modo, ciò dovrebbe portare ad una riduzione dell'ammenda.

1119.
    La Wacker e la Hoechst sostengono in sede di replica che la Decisione non presenta una motivazione sufficiente circa la valutazione della durata dell'infrazione. Infatti, in violazione del principio di colpevolezza individuale, la durata della partecipazione di ciascun destinatario della Decisione, fatta eccezione per la Shell e l'ICI, non è indicata. In realtà nulla dimostrerebbe nel caso di specie che ognuna di esse ha partecipato all'infrazione a partire dall'agosto 1980, inizio presunto dell'intesa, e fino al maggio 1984, data presunta della fine dell'intesa.

1120.
    La Montedison rileva che la Decisione presenta motivi contraddittori. Infatti, al punto 43, ultimo comma, la Commissione riconosce che la ricorrente ha abbandonato il mercato del PVC nel marzo 1983. Eppure, come emerge dai punti 26 e 51 della Decisione, la Commissione avrebbe tenuto in considerazione il periodo successivo.

1121.
    La Hüls ritiene che la Decisione non esponga i motivi che giustificano l'ammenda comminata. In particolare, la Commissione non avrebbe precisato quando la ricorrente aveva iniziato a partecipare all'intesa, né quando aveva cessato di farlo, limitandosi ad indicare una durata dell'intesa valida per la maggior parte delle imprese. In tal modo, la Commissione avrebbe violato l'obbligo di motivazione.

1122.
    Nell'ambito di un motivo attinente al difetto di motivazione, l'Enichem sostiene che, in violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione non ha provato né la durata dell'infrazione, né la durata della partecipazione di ciascuna impresa all'intesa contestata.

Giudizio del Tribunale

1123.
    Occorre esaminare innanzitutto gli argomenti sopra esposti che attengono al solo controllo del rispetto dell'obbligo di motivazione.

1124.
    Al riguardo, e con riserva per il caso DSM che verrà esaminato successivamente (punti 1127 ss.), ai punti 48 e 54 della Decisione la Commissione ha indicato in modo chiaro, da un lato, la durata dell'infrazione contestata a ciascuna ricorrente, dall'altro, i documenti o gli elementi sui quali essa si basa per comprovare tale durata. Tanto le ricorrenti quanto il Tribunale sono pertanto in grado di verificare il fondamento delle valutazioni della Commissione.

1125.
    Inoltre, se il regolamento n. 17 impone alla Commissione di determinare la durata dell'infrazione tenuta in considerazione per fissare l'importo dell'ammenda, esso non impone al contrario di determinare a quale data successiva l'infrazione è effettivamente terminata. Di conseguenza, non si può addebitare alla Commissione un difetto di motivazione in merito alla data dell'effettiva cessazione dell'infrazione. A questo riguardo, anche supponendo che l'infrazione sia definitivamente cessata, ciò non porterebbe all'annullamento dell'art. 2 della Decisione, ma lo priverebbe di effetto, in quanto esso ingiunge alle imprese di porre termine alle pratiche contestate.

1126.
    Nell'analisi della durata dell'infrazione, la Commissione ha osservato che la Montedison ha ceduto le proprie attività all'Enichem nel marzo 1983 (punto 43, ultimo comma, della Decisione). Questa osservazione non è smentita dal punto 26, quarto comma, e dal punto 51, terzo comma, della Decisione stessa. Infatti, questi punti concernono periodi successivi e riguardano solo le imprese che erano ancora attive sul mercato del PVC e non, evidentemente, la ricorrente. Il mezzo attinente ad una contraddizione di motivi a questo riguardo va pertanto respinto.

1127.
    Per quanto concerne la data considerata per la fine della partecipazione della DSM all'infrazione contestata, va osservato che la Decisione si riferisce «all'inizio del 1983» (punto 42, settimo comma), al mese «di aprile 1983» (punto 48, quarto comma) e alla «metà del 1983» (punto 54, secondo comma, in fine). Se è vero che la posizione della Commissione non era chiara, essendo tuttavia precisato che soltanto i punti 48 e 54 riguardavano una questione identica, comunque la data dell'aprile 1983 è la sola menzionata nella parte della Decisione espressamente dedicata alla «durata dell'infrazione».

1128.
    Nei suoi scritti sulla causa in oggetto, la Commissione ha confermato di aver preso in considerazione l'aprile 1983, poiché era inconcepibile che la presenza della DSM nel settore del PVC fosse venuta meno all'improvviso il 1° gennaio 1983.

1129.
    Nell'ambito della sua competenza di merito, il Tribunale rileva innanzitutto che, per convenzione del 22 febbraio 1983, la EMC Belgique (in rappresentanza della SAV) e la DSM avevano trasferito le loro attività rispettive di produzione del PVC alla LVM con effetto a partire dal 1° gennaio 1983.

1130.
    Emerge inoltre dall'allegato P41 alla comunicazione degli addebiti, prodotto dalla DSM, che quest'ultima avrebbe appoggiato «il tentativo di aumentare i prezzi» «a partire dal 1° gennaio [1983]» e che un nuovo aumento sarebbe intervenuto se il precedente fosse stato coronato da successo. Questo documento conferma la tesi della Commissione secondo la quale le decisioni assunte dalla DSM prima del suo ritiro dal mercato avevano ancora potuto esplicare effetti nel corso dei mesi successivi. Poiché la seconda iniziativa sui prezzi individuata dalla Commissione nel 1983 è datata 1° aprile 1983, il Tribunale ritiene che per determinare l'ammenda bisogna considerare che gli effetti della partecipazione della DSM all'intesa si sono protratti sino a questa data.

1131.
    Pertanto, i motivi attinenti ai vizi di motivazione che inficerebbero la Decisione in merito alla durata dell'infrazione vanno respinti.

1132.
    Talune ricorrenti sostengono poi che la Commissione non abbia fornito la prova della loro partecipazione all'infrazione contestata.

1133.
    Tuttavia, com'è stato osservato, la Decisione comporta un'indicazione sufficientemente precisa della durata dell'infrazione contestata riguardo a ciascuna delle ricorrenti, nonché dei documenti su cui la Commissione si basa a tal fine. Orbene, sembra che gli argomenti delle ricorrenti siano volti a contestare il valore probatorio dei suddetti documenti, valore che è già stato esaminato in dettaglio nella parte «In fatto» di questa sentenza (punti 535 ss.).

1134.
    Occorre così ricordare che nei documenti di programmazione diverse imprese, fra cui la «nuova società francese», la BASF e la Wacker, erano individuate come partecipanti previsti al nuovo quadro di riunioni. Il progetto di creazione di un'intesa contenuto in questi documenti era stato attuato sin dalle settimane successive, in particolare con un'iniziativa generale sui prezzi a partire dal 1° novembre 1980, la cui esistenza emergeva dai documenti di programmazione stessi. Inoltre, sia l'ICI che la BASF hanno ammesso l'esistenza di riunioni fra produttori, di cui la Commissione ha accertato lo scopo anticoncorrenziale, a partire dall'agosto 1980. Nel caso della Hoechst la Commissione ha accertato, al punto 48, terzo comma, della Decisione, che

detta impresa non era citata nei documenti di programmazione. Tuttavia, dall'inizio del 1981, le tabelle della Solvay riportano l'indicazione dei volumi di vendita di questa ricorrente per il mercato tedesco nel 1980.

1135.
    Parimenti, il Tribunale ha confermato il valore probatorio della tabella Atochem, e l'ultima iniziativa sui prezzi individuata dalla Commissione nel periodo considerato per determinare l'ammenda risale al 1° aprile 1984. Fatto salvo il caso dell'ICI e della Shell (v. punto 51, terzo comma, della Decisione e supra, punto 613), tutte le imprese ancora operanti nel settore del PVC nei primi tre mesi del 1984, fra le quali la Elf Atochem, la BASF, la Wacker e la Hoechst, sono individuate nella tabella Atochem.

1136.
    Pertanto, alla luce di tali elementi, i motivi esposti dalle ricorrenti in merito alla durata dell'infrazione vanno respinti.

1137.
    Tuttavia, nel caso della SAV, bisogna ricordare che le tabelle Solvay non si possono considerare come probatorie riguardo a detta impresa (v. supra, punto 888).

1138.
    Di conseguenza, l'ultimo documento che permette di individuare la ricorrente come partecipante all'infrazione contestata è il documento Alcudia (v. supra, punto 887). Orbene, il meccanismo di compensazione che vi è descritto, alla pari di altri documenti, riguarda specificamente solo il periodo trascorso durante il primo semestre del 1981 (v. supra, punti 587-601).

1139.
    Il Tribunale considera inoltre che i documenti relativi ai prezzi di cui al punto 889 non possono di per sé essere considerati sufficienti ad asserire la partecipazione della ricorrente all'infrazione oltre i primi sei mesi del 1981. Infatti, se questi documenti possono costituire un indizio in più, tenuto conto di altri documenti, a sostegno della conclusione per cui un'impresa ha partecipato all'infrazione, in compenso, per il periodo in relazione al quale essi non sono corroborati da nessun elemento aggiuntivo, essi non si possono considerare sufficienti ad asserire la partecipazione di un'impresa all'infrazione.

1140.
    Di conseguenza bisogna osservare che in mancanza di valore probatorio delle tabelle Solvay per quanto concerne la SAV, non è dimostrato che quest'ultima abbia partecipato all'infrazione dopo i primi sei mesi del 1981.

1141.
    Pertanto, la partecipazione della ricorrente all'infrazione non va considerata come dimostrata, ai fini della determinazione dell'ammenda, solo per il periodo compreso fra l'agosto 1980 e il giugno 1981, e non fino all'aprile 1983, come risulta dalla Decisione.

1142.
    L'art. 1 della Decisione dev'essere quindi annullato in quanto, per rinvio alla

motivazione, si addebita alla SAV di aver partecipato all'infrazione di cui trattasi successivamente ai primi sei mesi del 1981.

1143.
    L'ammenda va quindi ridotta, tenuto conto della durata in tal modo stabilita e della gravità dell'infrazione cui detta impresa ha partecipato. Tradotta in euro, a norma dell'art. 2, n. 1, del regolamento del Consiglio (CE) 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (GU L 162, pag. 1), l'ammenda inflitta alla SAV va ridotta a 135 000 euro.

Sul volume d'affari preso in considerazione

Argomenti delle ricorrenti

1144.
    L'Enichem osserva, in primo luogo, che il volume d'affari ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 è il volume d'affari dell'esercizio fiscale precedente la Decisione, ossia, nel caso di specie, quello del 1993. Orbene, pur se il rapporto fra l'ammenda e questo volume d'affari è necessariamente distinto dal rapporto che esisteva fra l'ammenda e il volume d'affari del 1987, la Commissione avrebbe tuttavia inflitto un'ammenda di importo identico in valore assoluto. A questo proposito, il fatto che l'ammenda comminata rimanga inferiore alla soglia minima del 10% indicata nell'art. 15 non avrebbe rilevanza.

1145.
    Inoltre, tenuto conto del fatto che l'Enichem nel 1986 ha cessato ogni attività nel settore del PVC, nonché del fatto che essa non aveva più né nel 1987 né nel 1993 volumi d'affari relativi a questo settore, non sarebbe equo prendere in considerazione il volume d'affari complessivo dell'Enichem, sebbene ciò sia possibile (sentenza Parker Pen, citata, punto 94). Ciò ancor più dato che il volume d'affari preso in considerazione è quello dell'Enichem, destinataria per errore della Decisione, anziché quello della società operativa Enichem Anic.

Giudizio del Tribunale

1146.
    Bisogna ricordare innanzitutto che il volume d'affari indicato all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, citato supra, al punto 1109, ha lo scopo di determinare l'importo massimo dell'ammenda che può essere comminata ad un'impresa per violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

1147.
    Pertanto, la semplice evoluzione del rapporto tra, da un lato, l'ammenda comminata nella decisione del 1988 e il volume d'affari realizzato nel corso dell'esercizio sociale precedente (ossia nel 1987) e, dall'altro, l'ammenda, di identico importo in ecu, comminata nella Decisione e il volume d'affari realizzato nel corso dell'esercizio sociale precedente (ossia nel 1993) non porta di per sé ad una violazione dell'art. 15,

n. 2, del regolamento n. 17. Ciò avverrebbe nel caso in cui, a causa di detta evoluzione, l'ammenda comminata nel 1994 superasse la soglia massima fissata in tale disposizione. Orbene, è pacifico che l'ammenda inflitta è sostanzialmente inferiore a questo tasso minimo.

1148.
    Inoltre, per determinare l'importo dell'ammenda effettivamente inflitta alla ricorrente, la Commissione ha tenuto conto in particolare dell'importanza rispettiva, sul mercato del PVC, di ciascuno dei partecipanti all'infrazione (punto 53, primo comma, della Decisione). Orbene, questa importanza è stata valutata in funzione della quota media del mercato e non del volume d'affari di ciascuna delle ricorrenti soltanto nel corso del periodo dell'infrazione.

1149.
    I motivi esposti dalla ricorrente vanno di conseguenza respinti.

Sulla mancata considerazione di talune circostanze attenuanti

Argomenti delle ricorrenti

1150.
    A sostegno delle loro conclusioni volte alla riduzione dell'ammenda loro inflitta, le ricorrenti si avvalgono delle circostanze seguenti, che la Commissione avrebbe ignorato.

1151.
    La BASF e l'ICI sottolineano il ritardo con cui la decisione sarebbe stata adottata e la riprovevole inerzia della Commissione, la quale ha dato seguito solo nel 1987 agli accertamenti avviati nel 1983. Se fosse intervenuta prima, le infrazioni sarebbero senza dubbio cessate prima del maggio 1984 (sentenze Istituto Chemioterapico e Commercial Solvents/Commissione, citata, punto 51, e Dunlop Slazenger/Commissione, citata, punto 167).

1152.
    La Wacker, la Hoechst e la SAV ricordano la crisi che interessava il settore del PVC e le perdite sostanziali subite nel corso del periodo considerato dalla Decisione.

1153.
    La Wacker e la Hoechst fanno valere il loro comportamento irreprensibile successivamente al 1988, l'effetto preventivo che già si attribuiva alla decisione iniziale e il loro ritiro dal mercato dopo il 1993.

1154.
    La Hoechst e la SAV sottolineano la loro ridotta importanza sul mercato all'epoca dei fatti addebitati e l'assenza di effetti percepibili del loro comportamento sul mercato.

1155.
    La SAV fa valere la sua qualità di nuova arrivata sul mercato del PVC e la mancanza di infrazioni precedenti alle norme comunitarie sulla concorrenza.

1156.
    L'ICI espone la mancanza di effetti certi sul mercato (v., in particolare, la sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata, punti 612 ss.), la cooperazione di cui essa avrebbe dato prova rispondendo ai quesiti della Commissione ai sensi dell'art. 11 del regolamento n. 17 e l'azione da essa intrapresa per assicurare per il futuro il rispetto del diritto comunitario della concorrenza (v., in particolare, la decisione della Commissione 18 dicembre 1987, 88/86/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell'art. 85 del Trattato [V/31.107 — Fisher-Price/Quaker Oats Ltd — Toyco], GU 1988, L 49, pag. 19).

Giudizio del Tribunale

1157.
    In via preliminare, va ricordato che la gravità delle infrazioni dev'essere accertata in relazione a numerosi elementi quali, segnatamente, le circostanze proprie del caso di specie, il suo contesto e l'effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (ordinanza della Corte 25 marzo 1996, causa C-137/95 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 54).

1158.
    In primo luogo, la Corte ha statuito che, benché la gravità di un'infrazione giustifichi una sanzione rilevante, occorre considerare il fatto che la sua durata avrebbe potuto essere più breve se la Commissione fosse intervenuta con maggiore tempestività (sentenza Istituto Chemioterapico e Commercial Solvents/Commissione, citata, punto 51). Nel caso di specie, la Commissione ha iniziato a sospettare l'esistenza dell'infrazione nell'ottobre 1983 e nessuna ammenda è stata comminata per il periodo successivo al maggio 1984. Bisogna allora stabilire se, a causa di un presunto difetto di diligenza nel corso di tale periodo, la Commissione abbia potuto indirettamente contribuire a prolungare l'infrazione suddetta. Orbene, va ricordato che la Commissione ha effettuato accertamenti sin dal novembre 1983 e ha indirizzato all'ICI una richiesta di informazioni nel dicembre 1983 e una decisione di domanda di informazioni nell'aprile 1984. Di conseguenza, non si può contestare alla Commissione un difetto di diligenza che avrebbe potuto contribuire a prolungare la durata dell'infrazione presa in considerazione nell'ambito della determinazione dell'importo delle ammende. Ciò ancor più nel caso ICI, ove nessuna ammenda è stata comminata per il periodo successivo all'ottobre 1983.

1159.
    In secondo luogo, al punto 52, secondo comma, della Decisione, la Commissione ha indicato di aver ridotto l'importo delle ammende a causa del fatto che, per gran parte del periodo considerato dalla Decisione, le imprese de quo hanno dichiarato perdite sostanziali nel settore del PVC a seguito della crisi attraversata all'epoca da detto settore. Questa osservazione basta a respingere l'argomento delle ricorrenti basato sulla crisi del mercato del PVC e sulle perdite sostanziali dei produttori nel corso del periodo in questione (v. sentenza DSM/Commissione, citata, punto 304).

1160.
    In terzo luogo, come già statuito (v. supra, punti 744-749), a torto le ricorrenti sostengono che l'infrazione non ha prodotto effetti, anche se le iniziative sui prezzi hanno avuto un successo incompleto, come la Commissione stessa riconosce nella Decisione. Le ricorrenti non possono quindi asserire che la mancanza di effetti costituirebbe una circostanza attenuante.

1161.
    In quarto luogo, la cooperazione dell'ICI durante il procedimento amministrativo non è andata oltre quanto derivante dagli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 11, nn. 4 e 5, del regolamento n. 17. Pertanto, la sua collaborazione non può costituire una circostanza attenuante (sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-12/89, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-907, punto 34). Per di più, il Tribunale rileva che l'essenza dell'argomento di fondo dell'ICI mira a dimostrare che la Commissione ha male interpretato le sue risposte alle richieste di informazione.

1162.
    In quinto luogo, se è certo importante il fatto che la ricorrente abbia adottato provvedimenti volti a impedire che in futuro vengano commesse nuove infrazioni al diritto comunitario della concorrenza da parte di membri del suo personale, tale circostanza non muta in nulla la realtà dell'infrazione rilevata nella fattispecie. Il solo fatto che in certi casi la Commissione ha preso in considerazione, nella propria prassi decisionale precedente, l'attuazione di un programma di informazione come circostanza attenuante non implica che essa abbia l'obbligo di procedere nello stesso modo nel caso di specie. Ciò tanto più che l'infrazione de quo costituiva una violazione manifesta dell'art. 85, n. 1, lett. a) e c), del Trattato. Come la Commissione ha rilevato al punto 51, secondo comma, della Decisione, l'ICI fa parte del resto delle imprese che si erano già viste comminare ammende a causa di una collusione nel settore chimico [decisione della Commissione 24 luglio 1969, 69/243/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell'art. 85 del Trattato (IV/26.267 — Materie coloranti; GU L 195, pag. 11)].

1163.
    In sesto luogo, né il comportamento irreprensibile di un'impresa dopo l'adozione della decisione del 1988 né la mancanza di infrazioni precedenti attenuano la realtà e la gravità dell'infrazione compiuta. In effetti, questi elementi costituiscono una circostanza normale di cui la Commissione non deve tener conto come circostanza attenuante (v. in particolare sentenza DSM/Commissione, citata, punto 317).

1164.
    In settimo luogo, il fatto che un'impresa abbia abbandonato il mercato del PVC prima dell'adozione della Decisione non muta la realtà, la gravità o la durata dell'infrazione che le è addebitata e non giustifica, quindi, la riduzione di un'ammenda.

1165.
    In ottavo luogo, la circostanza che un'impresa sia una nuova arrivata su un mercato non attenua la gravità dell'infrazione in precedenza descritta alla quale essa ha partecipato (sentenza 10 marzo 1992, Solvay/Commissione, citata, punto 339).

1166.
    In nono luogo, il solo fatto che la decisione del 1988 sia stata adottata non ha effetto dissuasivo. Soltanto l'ammenda presenta un carattere al contempo repressivo e preventivo. Orbene, la decisione del 1988 è stata annullata e con essa le ammende inflitte.

1167.
    Infine, dal punto 53, primo comma, della Decisione risulta che, per stabilire l'importo delle ammende da comminare alle diverse imprese, la Commissione ha tenuto conto della loro rispettiva importanza sul mercato del PVC. Di conseguenza, le ricorrenti non possono avvalersi delle loro modeste dimensioni sul mercato per ottenere una riduzione dell'ammenda.

1168.
    Alla luce di tutti questi elementi, a torto le ricorrenti addebitano alla Commissione di non aver tenuto conto delle circostanze attenuanti dedotte.

III — Sui motivi attinenti alla violazione dell'obbligo di motivazione

Argomenti delle ricorrenti

1169.
    La LVM, la Elf Atochem, la DSM, la Wacker, la Hoechst, la Hüls e l'Enichem ritengono che la Decisione non contenga alcun elemento specifico che permetta di capire il livello delle ammende comminate a ciascuna di esse (sentenze ACF Chemiefarma/Commissione, citata, punto 176, e Suiker Unie e a./Commissione, citata, punti 622 e 623).

1170.
    Infatti, la Commissione non ha fatto conoscere né la natura dei parametri oggettivi utilizzati per valutare la responsabilità delle imprese, né la loro importanza rispettiva. Né l'enumerazione in termini generali dei criteri accolti, né l'esistenza di ammende differenti per ciascuna impresa sarebbero sufficienti a colmare questa lacuna.

1171.
    Secondo le ricorrenti, la messa a disposizione di simili dati non dovrebbe più essere considerata un'aspettativa (sentenze Enichem Anic/Commissione, citata, punto 274, e Tréfilunion/Commissione, citata, punto 142), bensì un diritto. Altrimenti, vi sarebbe violazione dell'art. 6 della CEDU in quanto esso assicura ad ogni accusato il diritto di conoscere, in modo preciso e dettagliato, la motivazione della sanzione inflittagli, compresi i criteri utilizzati e i «metodi di calcolo» per misurare la sanzione.

Giudizio del Tribunale

1172.
    Secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall'art. 190 del Trattato, che costituisce una forma sostanziale ai sensi dell'art. 173, dev'essere adeguata alla natura dell'atto e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli

interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev'essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell'atto, della natura dei motivi esposti e dell'interesse che i destinatari dell'atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l'accertamento del se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all'art. 190 del Trattato va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in particolare, sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink's France, Racc. pag. I-1719, punto 63).

1173.
    Per quanto riguarda una decisione che infligge ammende più volte per un'infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza, la portata dell'obbligo di motivazione dev'essere valutata in particolare alla luce del fatto che la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di un gran numero di elementi quali, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l'effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (ordinanza SPO e a./Commissione, citata, punto 54). Inoltre, nel fissare l'importo di ciascuna ammenda la Commissione dispone di un margine di discrezionalità e la si può considerare obbligata ad applicare, a tal fine, una formula matematica precisa (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59).

1174.
    Nel caso di specie, ai punti 51-54 della Decisione la Commissione ha esposto gli elementi di cui essa ha tenuto conto nel determinare l'ammenda. In particolare, dai punti 52 e 53 emerge che il metodo seguito dalla Commissione comporta due tappe, come attestato dalla formulazione preliminare di ogni punto e dal dettato dei criteri, generali e individuali, che vi sono menzionati.

1175.
    In un primo tempo, la Commissione ha fissato un importo complessivo, com'è nel suo diritto (v., in particolare, sentenze 15 luglio 1970, Boehringer/Commissione, citata, punto 55, e IAZ e a./Commissione, citata, punti 51-53). Per determinare l'importo delle ammende da comminare, come risulta dal punto 52 della Decisione, la Commissione ha tenuto conto di diversi criteri, vale a dire la natura e la gravità dell'infrazione contestata, l'importanza del prodotto industriale di cui trattasi e il valore delle vendite ad esso relative (ossia, circa 3 miliardi di ECU all'anno nell'Europa occidentale), nonché la dimensione generale delle imprese coinvolte.

1176.
    Essa ha sottolineato altresì che venivano considerati a titolo di circostanze attenuanti, da un lato, il fatto che le imprese fossero a conoscenza delle perdite sostanziali nel corso di una gran parte del periodo considerato dalla Decisione, dall'altro, il fatto che,

praticamente nello stesso periodo, la maggior parte delle imprese erano già state condannate ad ammende rilevanti per aver partecipato ad un'infrazione nel settore termoplastico (polipropilene).

1177.
    L'importo complessivo delle ammende così determinate nella decisione del 1988, compresi quindi i casi Solvay e Norsk Hydro, ammontava a 23 500 000 ECU.

1178.
    In un secondo tempo, la Commissione ha ripartito questo importo complessivo tra le imprese sanzionate. Nel determinare le ammende da infliggere alle diverse imprese, la Commissione ha tenuto conto, come emerge dai punti 53 e 54 della Decisione, del livello di partecipazione di ciascuna impresa e del ruolo da ciascuna di esse svolto (nei limiti in cui essa è riuscita a determinarlo) negli accordi collusivi, nonché della loro importanza rispettiva sul mercato del PVC. A tal fine la Commissione si è sforzata di esaminare la misura in cui talune imprese potessero qualificarsi come capofila, senza riuscirvi, ovvero, al contrario, se si potesse considerare che alcune di esse avevano avuto un ruolo soltanto marginale nell'infrazione; essa ha altresì considerato, per ciascuna, la durata della partecipazione all'infrazione contestata, come risulta dall'art. 54 della Decisione.

1179.
    Interpretati alla luce dell'esposizione dettagliata, nella Decisione, delle deduzioni di fatto esposte nei confronti di ognuno dei destinatari, i punti 51-54 della Decisione stessa contengono una indicazione sufficiente e pertinente degli elementi di valutazione presi in considerazione per determinare la gravità e la durata dell'infrazione commessa da ciascuna delle imprese de quo.

1180.
    E' certamente auspicabile che le imprese — per poter decidere con piena cognizione di causa in merito al proprio atteggiamento — siano poste in grado di conoscere in dettaglio, mediante qualunque sistema che la Commissione ritenga opportuno, il metodo di calcolo dell'ammenda loro inflitta in una decisione che accerta un'infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza, senza che a tal fine esse debbano proporre ricorso giurisdizionale contro la decisione (sentenza Tréfilunion/Commissione, citata, punto 142).

1181.
    Occorre peraltro rilevare che queste cifre non costituiscono una motivazione supplementare e a posteriori della Decisione, bensì la traduzione, appunto in cifre, dei criteri esposti nella Decisione stessa, quando questi di per sé possono essere quantificati.

1182.
    Al riguardo, ai sensi degli artt. 64 e 65 del regolamento di procedura, spetta al Tribunale, se lo ritenga necessario per esaminare i motivi dedotti dalle parti, domandare alla Commissione spiegazioni concrete sui diversi criteri accolti ed esposti nella Decisione.

1183.
    Difatti, in occasione di ricorsi proposti contro la decisione del 1988, il Tribunale aveva chiesto alla Commissione di fornire in udienza precisazioni sul calcolo delle ammende inflitte. A tal fine, la Commissione aveva prodotto una tabella che è stata acclusa in allegato ai ricorsi nel procedimento in oggetto.

1184.
    Pertanto, i motivi delle ricorrenti attinenti alla motivazione insufficiente della Decisione quanto ai criteri tenuti in considerazione per determinare l'ammenda vanno respinti.

IV — Sugli errori di diritto e gli errori manifesti di valutazione

Argomenti delle parti

1185.
    In primo luogo, la LVM e la DSM deducono che, fra i criteri indicati nella Decisione per determinare l'importo dell'ammenda, quelli relativi all'importanza del prodotto in questione e alla posizione generale delle imprese sul mercato (punto 52 della Decisione) sono difficili da comprendere e tanto più da quantificare. Quello relativo all'importanza economica di chi ha commesso l'infrazione è inaccettabile, in quanto porta a determinare l'importo dell'ammenda in base alle risorse di ciascuna impresa piuttosto che della gravità della loro condotta.

1186.
    In secondo luogo, le ricorrenti ricordano che all'udienza dinanzi al Tribunale nei ricorsi proposti contro la decisione del 1988 la Commissione aveva prodotto una tabella che spiegava le modalità di calcolo delle ammende. Da questa tabella sarebbe risultato che la Commissione aveva tenuto conto della quota media di mercato di ciascuna impresa per il periodo 1980-1984 nel settore del PVC. Orbene, vi era un errore manifesto sulle quote di mercato considerate per alcune ricorrenti, e le ammende dovrebbero essere proporzionalmente ridotte.

1187.
    La Elf Atochem rileva infatti che, per calcolare l'ammenda ad essa comminata, la Commissione le ha attribuito una quota media di mercato del 13% per il periodo 1980-1984, ossia una quota superiore a quella effettiva.

1188.
    L'ICI sottolinea che la sua quota media di mercato era, per lo stesso periodo, dell'8,1%, anzi del 7,4% se si tiene conto solo del periodo 1980-1983, cui si riferiscono le accuse contro di essa; la tabella esibita dalla Commissione, invece, le attribuiva una quota media di mercato dell'11%.

1189.
    Infine, l'Enichem osserva che la Commissione le avrebbe attribuito una quota media di mercato del 15%, sul periodo 1980-1984, sensibilmente più elevata di quella effettiva, e persino più elevata della quota di mercato da essa detenuta nel 1984 (12,3%).

Giudizio del Tribunale

1190.
    Va rilevato innanzitutto che, al contrario di quanto asserito dalla LVM e dalla DSM, la Commissione ha diritto di tener conto sia del volume e del valore delle merci che costituiscono oggetto dell'infrazione, sia delle dimensioni e della potenza economica delle imprese considerate (sentenze 15 luglio 1970, Boehringer/Commissione, citata, punto 55, e IAZ e a./Commissione, citata, punto 52).

1191.
    Inoltre, il Tribunale osserva che, rispondendo ad un quesito da esso formulato durante l'esame dei ricorsi proposti contro la decisione iniziale, la Commissione aveva presentato in udienza una tabella riepilogativa delle cifre relative alla determinazione dell'importo delle ammende. Da questa tabella, che le ricorrenti hanno riprodotto nel procedimento in oggetto, emerge che, per ripartire l'ammenda complessiva fra le imprese, il criterio relativo alla loro importanza sul mercato del PVC, menzionato nella Decisione (punto 53), è stato quantificato sulla base della quota media su tale mercato nel periodo 1980-1984 nell'Europa occidentale, secondo i dati della Fides. In realtà, sembra che questa quota di mercato abbia costituito l'elemento decisivo, nel senso che un'impresa in possesso di una data quota di mercato sopportava una quota equivalente dell'ammenda complessiva. A questo «tasso pivot» la Commissione ha applicato le modifiche, in rialzo o in ribasso, individuate nella Decisione, per esempio in base alla durata della partecipazione o all'accertamento del ruolo minore di un'impresa. Per esempio, un'impresa che aveva partecipato pienamente per tutta la durata dell'infrazione si vedeva infliggere una quota dell'ammenda complessiva pari a circa il 110 della sua quota media di mercato.

1192.
    Occorre esaminare gli argomenti delle ricorrenti alla luce di questi elementi.

1193.
    Per quanto riguarda l'Atochem, su richiesta del Tribunale la ricorrente ha prodotto la propria quota media di mercato per il periodo 1980-1984, pari al 10,5%.

1194.
    Quanto all'ICI, essa ha prodotto cifre da cui risulta che la sua quota media di mercato per il periodo 1980-1983, l'unico periodo per il quale nella Decisione viene presa in considerazione la sua partecipazione, era del 7%.

1195.
    Poiché la Commissione non ha contestato in modo risoluto queste cifre, bisogna considerare che, attribuendo alla Elf Atochem e all'ICI una quota di mercato pari, rispettivamente, al 13 e all'11%, essa abbia esagerato la loro quota di mercato imponendo, quindi, una quota troppo elevata dell'ammenda.

1196.
    Di conseguenza, la quota di ammenda comminata alla Elf Atochem e all'ICI dev'essere ridotta.

1197.
    Detta ammenda va fissata ad un livello pari ad una quota dell'ammenda complessiva equivalente alla quota media di mercato della ricorrente, maggiorata in quanto quest'ultima ha partecipato all'infrazione contestata per tutta la durata individuata dalla Commissione, e tenendo conto del fatto che essa non beneficia di alcuna circostanza attenuante particolare. Di conseguenza, l'ammenda dev'essere ridotta all'11% del totale, ossia a 2 600 000 euro.

1198.
    L'ammenda inflitta all'ICI va fissata ad una quota dell'ammenda complessiva equivalente alla sua quota media di mercato, ridotta in ragione del fatto che tale ricorrente ha preso le distanze dall'infrazione contestata a partire dall'ottobre 1983.Pertanto, detta ammenda dev'essere fissata al 6,6% del totale, ossia, arrotondando, a 1 550 000 euro.

1199.
    Quanto all'Enichem, essa sostiene che la sua quota media di mercato corrispondeva al 2,7% nel 1980 e nel 1981, al 5,5% nel 1982, al 12,8% nel 1983 e al 12,3% nel 1984, di modo che la sua quota media di mercato per il periodo complessivo ammonterebbe a poco più del 7%.

1200.
    Tuttavia, in primo luogo, come già statuito (v. supra, punto 615), le cifre prodotte dalla ricorrente non sono sufficientemente certe.

1201.
    In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione non le ha attribuito una quota media di mercato del 15% per il periodo 1980-1984. Nella tabella prodotta dalla Commissione viene infatti espressamente dichiarato che tale quota di mercato si riferisce all'anno 1984. Inoltre, una nota a pie' di pagina indica che detta quota è il risultato dell'acquisizione, nel marzo 1983, delle attività della Montedison nel settore del PVC, il che incontestabilmente aveva aumentato in misura sostanziale la quota di mercato della ricorrente. Difatti, se la Commissione avesse considerato una quota media di mercato pari al 15% sul periodo complessivo, l'ammenda inflitta alla ricorrente avrebbe dovuto essere superiore a quelle comminate alla Elf Atochem e alla Solvay, le quali si trovavano in una situazione identica a quella della ricorrente con riguardo tanto alla durata quanto alla parte avuta nell'infrazione, ma le cui quote di mercato così come valutate dalla Commissione erano inferiori al 15%. Orbene, è chiaro invece che l'ammenda inflitta all'Enichem era sostanzialmente inferiore a quella delle due suddette imprese.

1202.
    In terzo luogo, la quota di mercato, pari al 12%, indicata nelle particolarità individuali allegate alla comunicazione degli addebiti non è in contraddizione con la quota indicata nella tabella esibita dalla Commissione; infatti, la prima riguarda complessivamente l'anno 1983, mentre la seconda concerne solo la quota di mercato dopo l'acquisizione delle attività della Montedison nel settore del PVC.

1203.
    Infine, sembra che la ricorrente sia stata condannata ad un'ammenda corrispondente al 10,6% dell'ammenda complessiva. Pertanto, tenuto conto delle modalità di calcolo accolte dalla Commissione, sembra che la ricorrente si sia vista attribuire una quota media di mercato nell'Europa occidentale inferiore al 10%.

1204.
    Non essendovi contestazioni risolute da parte della ricorrente, non vi è motivo di ridurre l'ammenda che le è stata comminata.

1205.
    Di conseguenza, bisogna respingere i motivi esposti dalle ricorrenti, fatta riserva per quanto statuito in precedenza nei casi Elf Atochem e ICI (v. supra, punti 1193-1198).

1206.
    Il Tribunale è consapevole del fatto che, avendo la Commissione preliminarmente determinato un importo complessivo poi ripartito fra le imprese, la riduzione dell'ammenda inflitta ad alcune di esse dovrebbe indurre ad aumentare in misura corrispondente le ammende comminate alle altre imprese in modo da arrivare al medesimo importo complessivo. Tuttavia, nel caso di specie il Tribunale, nell'esercizio della competenza di merito ad esso attribuita in base all'art. 172 del Trattato, ritiene che non vi è motivo di procedere a tale aumento.

V — Sulla violazione dei principi generali di diritto

1207.
    Le ricorrenti deducono la violazione di diversi principi generali, vale a dire quelli dell'individualità delle pene, della proporzionalità e, infine, della parità di trattamento.

Sui motivi attinenti alla violazione del principio dell'individualità delle pene

1208.
    Secondo la Elf Atochem, la Wacker, la Hoechst, la SAV, la Hüls e l'Enichem, dichiarando che ogni produttore è responsabile non soltanto delle decisioni individuali che gli sono attribuite, ma anche dell'attuazione dell'intesa nel suo complesso, la Commissione avrebbe accolto il principio di una responsabilità collettiva. In questo modo essa avrebbe violato i principi dell'individualità e della personalità delle pene.

1209.
    Come statuito (v. supra, punti 768-778), ciascuna delle ricorrenti è sanzionata solo per i fatti ad essa individualmente contestati.

1210.
    Il motivo va pertanto respinto.

Sui motivi attinenti alla violazione del principio di proporzionalità

Argomenti delle ricorrenti

1211.
    La Shell ricorda, in primo luogo, che i punti 48 e 53 della Decisione rilevano esplicitamente il ruolo limitato, ai margini degli accordi, da essa svolto, e in secondo luogo che la sua asserita partecipazione è durata dal gennaio 1982 all'ottobre 1983, ossia 21 mesi. Di conseguenza, l'ammenda inflitta sarebbe sproporzionata.

1212.
    La Montedison sostiene che l'ammenda è sproporzionata se si considera la breve durata dell'infrazione.

1213.
    L'Enichem osserva che l'ammenda inflitta nella Decisione, identica a quella comminata nella decisione iniziale, è espressa in ECU. Orbene, tenuto conto della forte svalutazione della lira italiana nel periodo compreso fra le date di adozione di queste due decisioni, l'ammenda dovuta dalla ricorrente, in lire italiane, sarebbe in realtà notevolmente superiore a quella comminata nel 1988. Se si ammette che la durata e la gravità dell'infrazione non sono ovviamente cambiate rispetto alla decisione del 1988 e si presume proporzionata l'ammenda comminata all'epoca, ne deriva che l'ammenda attualmente inflitta all'Enichem, espressa nella moneta nazionale, è sproporzionata.

1214.
    La ricorrente aggiunge che non aveva alcuna ragione di premunirsi contro il rischio di cambio, poiché la sentenza del Tribunale e poi quella della Corte l'avevano liberata da qualunque obbligo di pagare un'ammenda. Essa sottolinea che, nei suoi confronti, la sola moneta di riferimento è quella dello Stato in cui l'impresa ha la propria sede (sentenza della Corte 9 marzo 1977, cause riunite 41/73, 43/73 e 44/73, Société anonyme Générale sucrière e a./Commissione, Racc. pag. 445, punti 12 e 13, e parte in fatto della sentenza, pag. 455). Essa osserva ancora che, per esempio, con una conversione preliminare dell'ammenda iniziale in lire italiane, sarebbe stato facile evitare l'effetto pregiudizievole della svalutazione di questa moneta.

Giudizio del Tribunale

1215.
    Ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, per stabilire l'importo dell'ammenda bisogna prendere in considerazione la durata e la gravità dell'infrazione. La proporzionalità dell'ammenda dev'essere quindi valutata con riguardo all'insieme delle circostanze dell'infrazione.

1216.
    Nel caso di specie la Montedison non ha affatto dimostrato perché l'ammenda sarebbe sproporzionata in considerazione della gravità e della durata dell'infrazione.

1217.
    L'argomento esposto dalla Shell si basa su considerazioni di cui la Commissione ha tenuto conto nel determinare l'importo dell'ammenda e che hanno portato a decretare un'ammenda in proporzione meno rilevante rispetto a quella comminata ad altre imprese (punto 53, in fine, della Decisione). Non vi è alcun elemento che confermi che l'importo dell'ammenda così fissato sarebbe sproporzionato.

1218.
    Per quanto concerne gli argomenti dell'Enichem, va rilevato che, ai sensi dell'art. 3 della Decisione, le ammende inflitte sono espresse in ECU. L'art. 4 dispone che tali ammende si possono pagare in ECU.

1219.
    Nessun elemento indica che l'ammenda comminata, espressa in ECU, sarebbe sproporzionata tenuto conto della gravità e della durata dell'infrazione.

1220.
    Inoltre la Commissione ha il diritto di esprimere l'importo dell'ammenda in ECU, unità monetaria convertibile in moneta nazionale. La possibilità di convertire l'ECU in moneta nazionale differenzia questa unità monetaria dall'unità di conto inizialmente menzionata all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, a proposito della quale la Corte ha esplicitamente riconosciuto che, non trattandosi di una moneta di pagamento, essa implica necessariamente la determinazione dell'importo dell'ammenda in moneta nazionale (sentenza Société anonyme Générale sucrière e a./Commissione, citata, punto 15).

1221.
    E' chiaro del resto che l'ammenda inflitta alla ricorrente nell'art. 3 della Decisione ed espressa in ECU è identica a quella fissata all'art. 3 della decisione del 1988. Infatti, lo stesso scopo perseguito dalla Commissione era l'adozione di una decisione identica, nel merito, a quella del 1988 che era stata annullata per violazione di forme sostanziali.

1222.
    Inoltre, a causa del fatto stesso che, a partire dalla decisione del 1988, le ammende erano espresse in ECU e in mancanza di una moneta comune in cui la Commissione avrebbe potuto esprimerle, o di tassi di cambio fissi tra le valute degli Stati membri, i rischi di modifiche dei tassi di cambio rimangono inevitabili. L'Enichem avrebbe potuto cautelarsi contro questi rischi fintantoché la causa era pendente dinanzi al Tribunale e in seguito dinanzi alla Corte nell'ambito di un'impugnazione. Va infine ricordato che, il giorno stesso della pronuncia della sentenza 15 giugno 1994, la Commissione, con un comunicato stampa, ha indicato la sua intenzione di adottare nuovamente la decisione, cosa avvenuta un mese dopo.

1223.
    Infine, si deve osservare che non viene contestato il fatto che l'ammenda inflitta, anche se espressa in moneta nazionale, rimanga di molto inferiore alla soglia minima indicata nell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

1224.
    Alla luce di tali elementi, i motivi esposti dalle ricorrenti vanno respinti.

Sui motivi attinenti alla violazione del principio di parità di trattamento

Argomenti delle ricorrenti

1225.
    Le ricorrenti si avvalgono di quattro tipi di violazione del principio di parità di

trattamento.

1226.
    In primo luogo la LVM, la Shell, la DSM, l'ICI e l'Enichem sostengono di essere vittime di un trattamento differente rispetto a quello riservato ad altre ricorrenti.

1227.
    In secondo luogo, l'Enichem sostiene che l'ammenda ad essa comminata era superiore a quella imposta in altre decisioni relative a settori che versavano in una crisi meno grave di quella del settore del PVC [decisione della Commissione 6 agosto 1984, 84/405/CEE, relativa ad un procedimento ai sensi dell'art. 85 del Trattato (IV/30.350 - Zinc Producer Group; GU L 220, pag. 27].

1228.
    In terzo luogo, l'Enichem contesta la discriminazione di cui essa è vittima a causa dell'evoluzione del tasso di cambio ECU/lira italiana fra la data di adozione della decisione del 1988 e quella della Decisione. Se le ammende espresse in ECU sono identiche a quelle del 1988, le ammende convertite in moneta nazionale sono in compenso diverse, tenuto conto delle fluttuazioni del cambio in seguito sopraggiunte. La ricorrente, la cui ammenda convertita in moneta nazionale è aumentata in modo notevole, sarebbe così discriminata rispetto ad altre destinatarie della Decisione. Di fatto, essa sarebbe penalizzata dal fatto di aver utilizzato, con successo, le vie legali che era possibile espletare avverso la decisione iniziale.

1229.
    In quarto luogo, la LVM, la DSM, l'ICI e l'Enichem contestano la discriminazione di cui sono vittime rispetto alla Solvay e alla Norsk Hydro che, di diritto, sfuggono ad ogni sanzione pecuniaria. Infatti, da un lato, la Solvay e la Norsk Hydro non si vedono infliggere ammende dalla Decisione. Dall'altro, tali imprese sfuggono a qualunque sanzione fissata nella decisione del 1988, poiché quest'ultima era stata annullata nei confronti di tutte le imprese, in base all'effetto erga omnes della sentenza della Corte 15 giugno 1994. D'altronde, anche se la decisione del 1988 non fosse stata annullata nei riguardi della Solvay e della Norsk Hydro, resta il fatto che la Commissione non ne potrebbe ottenere l'esecuzione: innanzitutto perché l'art. 192 del Trattato enuncia la necessità per l'autorità nazionale di verificare l'autenticità della decisione del 1988, il che è impossibile dal momento che detta decisione è stata annullata per difetto di autenticazione; inoltre, perché il termine di prescrizione per l'applicazione delle sanzioni è oggi scaduto (art. 4 del regolamento n. 2988/74).

Giudizio del Tribunale

1230.
    In primo luogo, come già ricordato, la determinazione dell'importo delle ammende individuali è il risultato della ponderazione di diversi elementi, in particolare l'importanza dell'impresa sul mercato, la durata della sua partecipazione o ancora il ruolo che ha potuto svolgere, specie nel caso della Shell.

1231.
    Orbene, le ricorrenti non hanno affatto dimostrato che la Commissione avrebbe trattato in modo diverso situazioni identiche o trattato nello stesso modo situazionidiverse. In realtà, tutti i casi addotti di discriminazione fra le ricorrenti si basano sul confronto tra la loro situazione e quella di una o più altre ricorrenti la cui importanza sul mercato e durata della partecipazione o il ruolo avuto nell'infrazione sono differenti.

1232.
    In secondo luogo, va rilevato che la determinazione dell'importo delle ammende si basa su una varietà di criteri, che vanno valutati caso per caso, in relazione alle circostanze della fattispecie. In più, il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17, se ciò è necessario per garantire l'attuazione della politica comunitaria della concorrenza (v., in particolare, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punto 109). Del resto, non è dimostrato che nel caso di specie la Commissione abbia violato il principio di parità di trattamento in confronto alla sua prassi precedente.

1233.
    In terzo luogo, per quanto riguarda la discriminazione che deriverebbe dalla svalutazione o dal deprezzamento di talune divise nazionali rispetto ad altre, il Tribunale osserva che le ammende comminate alle diverse ricorrenti sono state espresse in ECU. Di conseguenza, è chiaro che le ammende inflitte a ciascuna delle ricorrenti dall'art. 3 della Decisione sono identiche a quelle inflitte nella decisione del 1988.

1234.
    I rischi dei tassi di cambio ineriscono all'esistenza di valute nazionali diverse, la cui parità può fluttuare in ogni momento. L'Enichem del resto non asserisce che la fissazione delle ammende in valuta nazionale rimedierebbe agli effetti di tali fluttuazioni quando, come nel caso di specie, si discute di imprese che hanno sede in diversi Stati membri e le cui ammende sarebbero fissate nella valuta di ciascuno di questi Stati.

1235.
    Come già statuito, la Commissione ha il diritto di esprimere le ammende inflitte in ECU, il che del resto consente alle imprese di confrontare più agevolmente gli importi delle ammende inflitte a ciascuna di esse. Inoltre, lo scopo della Commissione era quello di adottare una decisione identica, in sostanza, a quella del 1988, limitandosi a correggere il vizio formale che aveva portato al suo annullamento ad opera della Corte. Infine, tenuto conto del fatto che, a partire dalla decisione del 1988, le ammende erano espresse in ECU, nonché dei rischi inevitabili in materia di tassi di cambio, la ricorrente avrebbe potuto premunirsi contro tali rischi, come già detto (punto 1222).

1236.
    In quarto luogo, la presunta discriminazione di cui le ricorrenti sarebbero vittime

rispetto alla Solvay e alla Norsk Hydro si basa sul postulato per cui l'annullamento della decisione del 1988 da parte della Corte avrebbe prodotto un effetto erga omnes. Orbene, è sufficiente ricordare, come già statuito (v. supra, punti 167-174), che non è questo il caso.

1237.
    In ogni caso, bisogna ricordare che un'impresa che, con il suo comportamento, ha violato l'art. 85, n. 1, del Trattato non può sottrarsi a qualsiasi sanzione per il motivo che nessuna ammenda è stata inflitta ad un altro operatore economico, se il procedimento dinanzi al Tribunale non riguarda la situazione di quest'ultimo (v. in particolare sentenza Ahlström Osakeythiö e a./Commissione, citata, punto 197).

1238.
    Di conseguenza, tutti i motivi delle ricorrenti relativi alla violazione di principi generali di diritto vanno respinti.

1239.
    Alla luce di tali elementi, l'insieme dei motivi addotti dalle ricorrenti a sostegno delle conclusioni volte all'annullamento o alla riduzione dell'ammenda vanno respinti, fatte salve le seguenti riserve.

1240.
    Conformemente ai punti 1143, 1197 e 1198 della presente sentenza, le ammende inflitte alla Elf Atochem, alla SAV e all'ICI vanno ridotte, rispettivamente, a 2 600 000 euro, 135 000 euro e 1 550 000 euro.

Sulle altre conclusioni

1241.
    Le ricorrenti hanno presentato altre conclusioni (v. supra, punti 27-30) oltre a quelle precedentemente esaminate e a quelle relative alle spese.

1242.
    Alcune di queste altre conclusioni sono già state esaminate, tenuto conto del loro stretto legame con i motivi dedotti a sostegno delle conclusioni volte all'annullamento della Decisione o di quelle volte all'annullamento o alla riduzione dell'ammenda, motivi che sono stati respinti (v. supra, punti 268, 365-371, 375-377 e 1091).

1243.
    Per quanto riguarda le conclusioni miranti al versamento nel fascicolo degli atti prodotti in occasione dei ricorsi proposti contro la decisione del 1988, vanno respinte per le stesse ragioni sopra esposte (punto 39).

1244.
    Occorre pertanto esaminare, da un lato, le conclusioni volte all'annullamento dell'art. 2 della Decisione (I), dall'altro, la domanda, presentata dalla Montedison, di risarcimento del danno che essa assume di aver subito (II).

I — Sulle conclusioni volte all'annullamento dell'art. 2 della Decisione

Argomenti delle ricorrenti

1245.
    Nella fase della replica la Hoechst deduce, senza includerlo formalmente nelle proprie conclusioni, che l'art. 2 della Decisione, che ingiunge la cessazione del comportamento incriminato, è illegittimo nella parte che la riguarda, in quanto non terrebbe conto del fatto che tale ricorrente non esercitava più alcuna attività nel settore del PVC allorché la Decisione stessa è stata adottata.

1246.
    La DSM ricorda che, ai sensi dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17, la Commissione può obbligare le imprese a porre fine all'infrazione da essa accertata. Nel caso di specie, l'art. 2 della Decisione ingiungeva, in particolare, la cessazione di qualunque scambio di informazioni confidenziali fra i produttori di PVC; orbene, né l'art. 1 della Decisione né, del resto, la motivazione della stessa consentono di trarre la conclusione che un'infrazione del genere fosse stata accertata. La Commissione avrebbe quindi ecceduto i poteri ad essa conferiti dalla citata disposizione del regolamento n. 17.

Giudizio del Tribunale

1247.
    Per quanto riguarda il motivo dedotto dalla Hoechst, senza bisogno di interrogarsi circa la sua ricevibilità ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, basta osservare che l'art. 2 della Decisione si rivolge espressamente alle imprese «ancora operanti nel settore del PVC». Di conseguenza, l'argomento a sostegno di questa conclusione è manifestamente privo di fondamento.

1248.
    Ai sensi dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17, se la Commissione accerta un'infrazione, in particolare, dell'art. 85 del Trattato, può obbligare con una decisione le imprese interessate a porre fine all'infrazione accertata. Come emerge dal punto 50 della Decisione, l'art. 2 è stato adottato in applicazione di tale disposizione. Dopo averne ricordato il contenuto, la Commissione spiega infatti: «[n]on risulta se siano in effetti mai cessate le riunioni o quanto meno le comunicazioni fra le imprese in relazione a prezzi e quantitativi. E' pertanto necessario che la decisione imponga altresì l'obbligo formale alle imprese ancora operanti nel settore del PVC di porre termine all'infrazione e di astenersi, in futuro, da accordi collusivi che abbiano oggetto o effetto analoghi».

1249.
    E' giurisprudenza consolidata che l'applicazione dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17 può consistere nel divieto di persistere in certi comportamenti e pratiche o situazioni di cui è stata accertata l'illegalità (sentenze della Corte Istituto Chemioterapico e Commercial Solvents/Commissione, già citata, punto 45, e 6 aprile 1995, cause riunite C-241/91 P e C-242/91 P, RTE e ITP/Commissione, Racc. pag. I-743, punto 90), ma anche nel divieto di tenere in futuro un comportamento simile (sentenza del Tribunale

6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II-755, punto 220).

1250.
    Inoltre, nella misura in cui l'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17 dev'essere applicato in funzione dell'infrazione accertata, la Commissione ha il potere di precisare la portata degli obblighi che incombono alle imprese interessate perché sia posta fine all'infrazione. Tali obblighi non devono tuttavia eccedere i limiti di quanto è appropriato e necessario per conseguire lo scopo prefisso, vale a dire il ripristino della situazione conforme al diritto in relazione alle norme che sono state violate (sentenza RTE e ITP/Commissione, citata, punto 93).

1251.
    Nel caso di specie, nell'art. 2 della Decisione la Commissione ordina innanzitutto alle imprese ancora operanti nel settore del PVC di porre immediatamente fine alle infrazioni rilevate nella Decisione.

1252.
Essa ingiunge poi alle imprese di astenersi per il futuro, nel settore considerato, da ogni accordo o pratica concordata che possa avere oggetto o effetto identico o analogo.

1253.
    Ingiunzioni di tale genere rientrano evidentemente nel potere di cui la Commissione dispone in virtù dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17.

1254.
    Inoltre, fra questi accordi o pratiche concordate che abbiano oggetto o effetto identico o analogo a quelli delle pratiche contestate nella Decisione, la Commissione ricomprende «ogni scambio di informazioni normalmente coperte dal segreto commerciale, mediante il quale i partecipanti possono conoscere direttamente o indirettamente dati concernenti la produzione, le forniture, l'entità delle scorte, i prezzi di vendita, i piani relativi ai costi o agli investimenti di altri singoli produttori». Avendo il diritto di vietare, per il futuro, qualunque accordo o pratica che abbia un oggetto o un effetto identico o analogo a quelli del comportamento accertato nella Decisione, la Commissione ha giustamente previsto anche gli scambi di informazioni in questione. Infatti, da un lato, la Decisione contiene in particolare un addebito relativo specificamente allo scambio dei dati concernenti le vendite; dall'altro, le riunioni fra produttori si basavano sullo scambio di informazioni in materia di prezzi e di volumi di vendita, essendo volte alla definizione in comune della politica da seguire in materia. Parimenti, la Commissione ha il diritto di vietare gli scambi concernenti la vendita e i prezzi di vendita, che sono previsti nella Decisione, così come gli scambi di informazioni di diversa natura, che consentirebbero «indirettamente» di conseguire un risultato «identico o analogo». In particolare, dallo scambio dei dati individuati relativi alla produzione e all'entità delle scorte si potrebbero facilmente dedurre le vendite di ciascuno; non riconoscere alla Commissione il potere di vietare un simile scambio permetterebbe alle imprese di aggirare facilmente l'ingiunzione ad esse rivolta di non continuare o di non adottare nuovamente comportamenti come quelli accertati

nella Decisione.

1255.
    Quanto al divieto di scambio di informazioni normalmente coperte dal segreto commerciale, tramite le quali le imprese «siano in grado di controllare l'adesione a qualsiasi accordo espresso o tacito o a qualsiasi pratica concordata in materia di prezzi o di ripartizione dei mercati», esso presenta una connessione diretta con le pratiche accertate nella Decisione, la quale contesta alle imprese di aver attuato in comune meccanismi di controllo dei volumi di vendita e delle iniziative sui prezzi.

1256.
    Ai sensi dell'art. 2, seconda frase, prima parte, della Decisione, «[o]gni sistema di scambio di informazioni generali in relazione al settore PVC al quale i produttori aderiscano deve essere gestito in modo tale da escludere qualsiasi informazione che consenta di individuare il comportamento dei singoli produttori». Nella Decisione i sistemi di scambio di dati generali cui i produttori possano aderire non sono messi in discussione, in quanto non consentono di individuare il comportamento di singoli produttori, limitandosi alla comunicazione dei dati aggregati (v. Decisione, punto 12, terzo comma). La seconda frase dell'art. 2 mira quindi semplicemente a evitare che i produttori possano aggirare il divieto di continuare o di adottare nuovamente comportamenti come quelli accertati nella Decisione, sostituendo al loro sistema di riunioni regolari un sistema di scambio di dati individuali che porterebbe al medesimo risultato. Questa frase volge dunque solo a precisare la nozione, indicata nella frase precedente, di accordo o di pratica concordata avente un oggetto o un effetto analogo.

1257.
    La seconda parte della seconda frase della stessa disposizione è ridondante rispetto alla prima. Essa mira semplicemente a precisare che il divieto di scambio di dati individuali, che consentano di identificare il comportamento dei vari produttori, nell'ambito di un sistema cui i produttori stessi aderiscano non può beninteso essere aggirato attraverso scambi diretti fra i produttori.

1258.
    Infine, la seconda frase dell'art. 2 della Decisione indica chiaramente che, a differenza della situazione affrontata dal Tribunale nell'ambito dei ricorsi proposti contro la decisione della Commissione 13 luglio 1994, 94/601/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell'art. 85 del Trattato (IV/C/33.833 — Cartone; GU L 243, pag. 1), la Commissione non ha previsto un divieto che copra altresì, a certe condizioni, i dati scambiati in forma aggregata.

1259.
    Alla luce di tutti questi elementi, è chiaro che gli oneri incombenti alle imprese ai sensi dell'art. 2 della Decisione non vanno oltre i limiti di quanto idoneo e necessario per garantire il ripristino della situazione conforme alle norme violate. Adottando l'art. 2 della Decisione, la Commissione non ha quindi ecceduto i poteri ad essa conferiti in forza dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17.

1260.
    Di conseguenza, le conclusioni volte all'annullamento dell'art. 2 della Decisione vanno respinte.

II — Sulla domanda di risarcimento del danno assertivamente subito

1261.
    La Montedison conclude che il Tribunale voglia condannare la Commissione al risarcimento dei danni in ragione delle spese connesse alla costituzione della cauzione bancaria e per tutte le altre spese relative alla Decisione.

1262.
    Il Tribunale osserva che il ricorso non consente di individuare i motivi di diritto su cui la ricorrente intende basare le sue conclusioni a riguardo.

1263.
    Ne deriva che il ricorso non soddisfa i requisiti minimi posti dall'art. 19 dello Statuto della Corte e dall'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura perché un ricorso sia ricevibile. Pertanto, dette conclusioni sono irricevibili (sentenza Parker Pen/Commissione, citata, punti 99 e 100).

1264.
    Inoltre, supponendo che la colpa contestata alla Commissione corrisponda alle diverse censure esposte dalla ricorrente a sostegno delle sue conclusioni volte all'annullamento, respinte dal Tribunale, si dovrebbe osservare che le conclusioni dirette al risarcimento del danno subito sarebbero comunque infondate.

Conclusioni

1265.
    Dal complesso dell'esame cui il Tribunale ha proceduto emerge che l'art. 1 della Decisione dev'essere annullato, in quanto assume che la SAV abbia partecipato all'infrazione contestata dopo i primi sei mesi del 1981. Le ammende comminate alla Elf Atochem, alla SAV e all'ICI vanno ridotte, rispettivamente, a 2 600 000, 135 000 e 1 550 000 euro. Per il resto i ricorsi vanno respinti.

Sulle spese

1266.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Inoltre, quando vi siano più parti soccombenti, il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese.

1267.
    Poiché la LVM, la BASF, la Shell, la DSM, la Wacker, la Hoechst, la Montedison, la Hüls e l'Enichem sono rimaste soccombenti, vanno condannate alle spese della Commissione, avendo quest'ultima concluso in tal senso.

1268.
    Poiché la Elf Atochem e l'ICI sono rimaste parzialmente soccombenti, bisogna condannare queste ricorrenti e la Commissione a sopportare ciascuna le proprie spese.

1269.
    Essendo la SAV rimasta parzialmente soccombente, ma avendo visto accolto il proprio ricorso in misura significativa, essa va condannata a sopportare due terzi delle proprie spese, mentre la Commissione va condannata a sopportare, oltre alle sue proprie spese, un terzo di quelle della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    Le cause T-305/94, T-306/94, T-307/94, T-313/94, T-314/94, T-315/94, T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94 sono riunite ai fini della sentenza.

2)    L'art. 1 della decisione della Commissione 27 luglio 1994, 94/599/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell'art. 85 del Trattato CE (IV/31.865 — PVC), è annullato in quanto assume che la Société artésienne de vinyle abbia partecipato all'infrazione contestata dopo i primi sei mesi del 1981.

3)    Le ammende comminate alla Elf Atochem SA, alla Société artésienne de vinyle e alla Imperial Chemical Industries plc dall'art. 3 di tale decisione sono ridotte, rispettivamente, a 2 600 000 euro, 135 000 euro e 1 550 000 euro.

4)    Per il resto i ricorsi sono respinti.

5)    Ciascuna ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione nella causa da essa promossa. Tuttavia, nelle cause T-307/94 e T-328/94, la Elf Atochem SA, la Imperial Chemical Industries plc e la Commissione sopporteranno ciascuna le proprie spese. Nella causa T-318/94 la Société artésienne de vinyle sopporterà i due terzi delle proprie spese e la Commissione, oltre alle proprie, sopporterà un terzo delle spese della ricorrente.

Tiili                    Lenaerts                        Potocki

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 aprile 1999.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

V. Tiili

Indice

     Fatti all'origine della controversia

II - 3

     Procedimento

II - 6

     Conclusioni delle parti

II - 8

         Sulla ricevibilità dei motivi relativi agli artt. 44, n. 1, 46, n. 1, e 48, n. 2, del regolamento di procedura

II - 9

             I — Sulle eccezioni di irricevibilità basate sull'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura

II - 10

                 Argomenti delle parti

II - 10

                 Giudizio del Tribunale

II - 11

             II — Sull'eccezione di irricevibilità basata sull'art. 46, n. 1, del regolamento di procedura

II - 12

                 Argomenti delle parti

II - 12

                 Giudizio del Tribunale

II - 12

             III — Sulle eccezioni di irricevibilità basate sull'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura

II - 13

                 Argomenti delle parti

II - 13

                 Giudizio del Tribunale

II - 13

         Sulle conclusioni relative all'annullamento della Decisione

II - 16

             I — Sui motivi attinenti all'esistenza di vizi di forma e di procedura

II - 16

                 A — Sugli effetti della sentenza 15 giugno 1994 che ha annullato la decisione del 1988

II - 16

                     1. Sul potere della Commissione di adottare una nuova decisione dopo la sentenza 15 giugno 1994

II - 16

                     a) Sui motivi attinenti all'asserita impossibilità per la Commissione di adottare la decisione

II - 17

                     Sul motivo attinente alla violazione dell'autorità della cosa giudicata

II - 17

                     — Argomenti delle parti

II - 17

                     — Giudizio del Tribunale

II - 18

                     Sul motivo attinente alla violazione del principio ne bis in idem

II - 20

                     — Argomenti delle parti

II - 20

                     — Giudizio del Tribunale

II - 21

                     b) Sui motivi attinenti al decorso del tempo

II - 22

                     Argomenti delle parti

II - 22

                     — Sul motivo attinente alla violazione del principio del termine ragionevole

II - 22

                     — Sul motivo attinente all'abuso di diritto

II - 23

                     — Sul motivo attinente alla violazione dei principi relativi a un processo equo

II - 24

                     Giudizio del Tribunale

II - 25

                     c) Sui motivi attinenti all'asserita violazione, da parte della Commissione, del suo potere discrezionale

II - 28

                     Argomenti delle parti

II - 29

                     Giudizio del Tribunale

II - 30

                     2. Sulla portata della sentenza 15 giugno 1994

II - 32

                     a) Sulle censure relative all'effetto erga omnes della sentenza 15 giugno 1994

II - 32

                     Argomenti delle parti

II - 32

                     Giudizio del Tribunale

II - 33

                     b) Sugli addebiti relativi all'invalidità degli atti processuali precedenti l'adozione della Decisione

II - 35

                     Argomenti delle parti

II - 35

                     Giudizio del Tribunale

II - 37

                     3. Sulle modalità di adozione della Decisione, dopo l'annullamento della decisione del 1988

II - 39

                     Esposizione sommaria degli argomenti delle ricorrenti

II - 39

                     — In merito alle fasi procedurali previste dal diritto derivato

II - 39

                     — In merito al diritto di essere sentiti addotto dalle ricorrenti

II - 44

                     Argomenti della Commissione

II - 47

                     Giudizio del Tribunale

II - 50

                 B — Sulle irregolarità commesse in occasione dell'adozione e dell'autenticazione della Decisione

II - 54

                     1. Sui motivi attinenti all'illegittimità del regolamento interno della Commissione del 17 febbraio 1993

II - 55

                     Argomenti delle parti

II - 55

                     Giudizio del Tribunale

II - 56

                     — Sulla ricevibilità dell'eccezione di illegittimità

II - 56

                     — Sull'illegittimità dell'art. 16, primo comma, del regolamento interno a causa del mancato rispetto dell'esigenza della certezza del diritto

II - 58

                     2. Sui motivi attinenti alla violazione del principio di collegialità e del regolamento interno della Commissione

II - 60

                     Argomenti delle parti

II - 60

                     Giudizio del Tribunale

II - 61

                     3. Sui motivi attinenti alla composizione del fascicolo sottoposto alla delibera del Collegio dei membri della Commissione

II - 61

                     4. Sui motivi attinenti alla violazione, da un lato, dei principi di identità fra l'organismo che ha deliberato e l'organismo che ha statuito e, dall'altro, del principio di immediatezza

II - 62

                     Argomenti delle parti

II - 62

                     Giudizio del Tribunale

II - 63

                 C — Sui vizi che inficerebbero il procedimento amministrativo

II - 63

                     1. Sui motivi attinenti all'esistenza di vizi nella comunicazione degli addebiti

II - 64

                     a) Sul motivo attinente all'esistenza di vizi formali nella comunicazione degli addebiti

II - 64

                     Argomenti delle parti

II - 64

                     Giudizio del Tribunale

II - 64

                     b) Sul motivo attinente alla violazione dell'art. 3 del regolamento n. 1 del Consiglio

II - 65

                     Argomenti delle parti

II - 65

                     Giudizio del Tribunale

II - 65

                     c) Sul motivo attinente alla mancanza di tempo sufficiente per preparare la risposta alla comunicazione degli addebiti

II - 66

                     Argomenti delle parti

II - 66

                     Giudizio del Tribunale

II - 67

                     2. Sui motivi attinenti all'esistenza di vizi nell'audizione

II - 67

                     a) Sul motivo attinente al termine insufficiente per preparare l'audizione

II - 67

                     b) Sul motivo attinente alla violazione dell'art. 3 del regolamento n. 1

II - 68

                     Argomenti delle parti

II - 68

                     Giudizio del Tribunale

II - 68

                     c) Sul motivo attinente al carattere incompleto del processo verbale dell'audizione

II - 69

                     Argomenti delle parti

II - 69

                     Giudizio del Tribunale

II - 69

                     d) Sul motivo attinente alla mancata produzione del parere del consigliere auditore

II - 70

                 D — Sulla violazione dell'art. 190 del Trattato

II - 71

                     Argomenti delle parti

II - 71

                     Giudizio del Tribunale

II - 72

             II — Sui motivi di merito

II - 74

                 A — Sulle prove

II - 74

                     1. Sulla ricevibilità delle prove

II - 74

                     a) Sul mezzo attinente alla violazione del principio dell'inviolabilità del domicilio

II - 75

                     Argomenti delle parti

II - 75

                     Giudizio del Tribunale

II - 76

                     i) Sulla ricevibilità del motivo

II - 76

                     ii) Sulla fondatezza del motivo

II - 78

                     — Sul primo capo del motivo, attinente alla validità degli atti di accertamento

II - 78

                     — Sul secondo capo del motivo, attinente all'esecuzione degli atti di accertamento

II - 79

                     b) Sul motivo attinente alla violazione di un «diritto al silenzio» e del diritto di non contribuire alla propria incriminazione

II - 79

                     Argomenti delle parti

II - 79

                     Giudizio del Tribunale

II - 81

                     — Sulla ricevibilità del motivo

II - 81

                     — Sulla fondatezza del motivo

II - 81

                     c) Sul motivo attinente ad una violazione dell'art. 20, n. 1, del regolamento n. 17

II - 84

                     Argomenti delle parti

II - 84

                     Giudizio del Tribunale

II - 85

                     — Sui fatti

II - 85

                     — Sulla fondatezza del motivo

II - 85

                     d) Sul motivo attinente all'irricevibilità, come prova, del rifiuto di rispondere a domande di informazioni o di produrre documenti

II - 87

                     Argomenti delle parti

II - 87

                     Giudizio del Tribunale

II - 87

                     — Prova dell'infrazione

II - 87

                     — Prova della partecipazione all'infrazione

II - 87

                     e) Sul motivo attinente alla mancanza di comunicazione di documenti

II - 88

                     Argomenti delle parti

II - 88

                     Giudizio del Tribunale

II - 89

                     f) Sul motivo attinente alla comunicazione tardiva di documenti

II - 90

                     Argomenti delle parti

II - 90

                     Giudizio del Tribunale

II - 90

                     2. Sull'acquisizione della prova

II - 91

                     a) Sul motivo attinente alla mancanza di valore probatorio delle categorie di prove assunte dalla Commissione

II - 91

                     Argomenti delle parti

II - 91

                     Giudizio del Tribunale

II - 92

                     b) Sul motivo attinente ad una violazione delle regole relative all'acquisizione della prova

II - 92

                     Argomenti delle parti

II - 92

                     Giudizio del Tribunale

II - 95

                 B — Sulla contestazione riguardo all'esistenza di una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato

II - 95

                     1. In fatto

II - 96

                     Breve sunto della Decisione

II - 96

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 97

                     — Sull'origine dell'intesa

II - 97

                     — Sulle riunioni tra produttori

II - 98

                     — Sui meccanismi di quote e di compensazione

II - 99

                     — Sulla sorveglianza delle vendite sui mercati nazionali

II - 101

                     — Sulle iniziative in materia di prezzi

II - 102

                     Giudizio del Tribunale

II - 103

                     — Sui sistemi di quote

II - 103

                     —    la prima elenca l'insieme dei produttori europei di PVC attivi sul mercato in tale periodo

II - 107

                     — Sulla sorveglianza delle vendite sui mercati nazionali

II - 111

                     — Sui prezzi obiettivo e le iniziative in materia di prezzi

II - 115

                     — Sulle riunioni tra produttori

II - 125

                     In diritto

II - 127

                     a) Sulla qualifica di accordo «e/o» pratica concordata

II - 128

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 128

                     Giudizio del Tribunale

II - 128

                     b) Sulla qualificazione, nel caso di specie, di «accordo» e/o di «pratica concordata»

II - 129

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 129

                     Giudizio del Tribunale

II - 132

                     c) Sulla qualificazione di oggetto o di effetto anticoncorrenziale

II - 134

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 134

                     Giudizio del Tribunale

II - 136

                     d) Sulla qualificazione di pregiudizio al commercio tra Stati membri

II - 138

                     Argomenti delle parti

II - 138

                     Giudizio del Tribunale

II - 138

                     e) Sugli altri motivi di diritto

II - 139

                     Sul motivo relativo ad uno sviamento di potere

II - 139

                     Sul motivo relativo ad una mancata concordanza tra il dispositivo e i motivi della Decisione

II - 139

                 C — Sulla partecipazione delle ricorrenti alla violazione accertata

II - 140

                     1. Sulla pretesa imputazione di una responsabilità collettiva

II - 140

                     Argomenti delle parti

II - 140

                     Giudizio del Tribunale

II - 141

                     2. Sulla partecipazione individuale delle ricorrenti all'infrazione

II - 143

                     a) La DSM

II - 143

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 143

                     Giudizio del Tribunale

II - 144

                     b) L'Atochem

II - 145

                     Argomenti della ricorrente

II - 145

                     Giudizio del Tribunale

II - 145

                     c) La BASF

II - 147

                     Argomenti della ricorrente

II - 147

                     Giudizio del Tribunale

II - 148

                     d) Shell

II - 149

                     Argomenti della ricorrente

II - 149

                     Giudizio del Tribunale

II - 151

                     e) La LVM

II - 155

                     Argomenti della ricorrente

II - 155

                     Giudizio del Tribunale

II - 156

                     f) La Wacker

II - 157

                     Argomenti della ricorrente

II - 157

                     Giudizio del Tribunale

II - 157

                     g) La Hoechst

II - 158

                     Argomenti della ricorrente

II - 158

                     Giudizio del Tribunale

II - 158

                     h) La SAV

II - 159

                     Argomenti della ricorrente

II - 159

                     Giudizio del Tribunale

II - 160

                     i) Montedison

II - 161

                     Argomenti della ricorrente

II - 161

                     Giudizio del Tribunale

II - 162

                     j) La Hüls

II - 164

                     Argomenti della ricorrente

II - 164

                     Giudizio del Tribunale

II - 165

                     k) Enichem

II - 167

                     Argomenti della ricorrente

II - 167

                     Giudizio del Tribunale

II - 168

                 D — Sull'imputabilità della violazione e l'identificazione dei destinatari della Decisione

II - 170

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 170

                     Giudizio del Tribunale

II - 173

                     2. Sull'identificazione dei destinatari della Decisione

II - 175

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 176

                     Giudizio del Tribunale

II - 177

             III — Sui motivi relativi all'accesso al fascicolo

II - 179

                 A — Sulle condizioni in cui la Commissione ha dato accesso al suo dossier in occasione del procedimento amministrativo

II - 180

                     Argomenti delle parti

II - 180

                     Giudizio del Tribunale

II - 182

                 B — Sulle osservazioni depositate nell'ambito della misura di organizzazione del

procedimento

II - 186

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 186

                     Giudizio del Tribunale

II - 186

     Sulle ammende

II - 195

         I — Sui motivi attinenti al decorso del tempo e alla prescrizione

II - 196

             Argomenti delle ricorrenti

II - 196

             Giudizio del Tribunale

II - 197

         II — Sui motivi attinenti alla violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17

II - 200

             Sul carattere intenzionale dell'infrazione

II - 201

             Sulla durata dell'infrazione

II - 201

                 Argomenti delle ricorrenti

II - 201

                 Giudizio del Tribunale

II - 203

             Sul volume d'affari preso in considerazione

II - 206

                 Argomenti delle ricorrenti

II - 206

                 Giudizio del Tribunale

II - 206

             Sulla mancata considerazione di talune circostanze attenuanti

II - 207

                 Argomenti delle ricorrenti

II - 207

                 Giudizio del Tribunale

II - 208

             III — Sui motivi attinenti alla violazione dell'obbligo di motivazione

II - 210

                 Argomenti delle ricorrenti

II - 210

                 Giudizio del Tribunale

II - 210

             IV — Sugli errori di diritto e gli errori manifesti di valutazione

II - 213

                 Argomenti delle parti

II - 213

                 Giudizio del Tribunale

II - 214

             V — Sulla violazione dei principi generali di diritto

II - 216

                 Sui motivi attinenti alla violazione del principio dell'individualità delle pene

II - 216

                 Sui motivi attinenti alla violazione del principio di proporzionalità

II - 217

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 217

                     Giudizio del Tribunale

II - 217

                 Sui motivi attinenti alla violazione del principio di parità di trattamento

II - 219

                     Argomenti delle ricorrenti

II - 219

                     Giudizio del Tribunale

II - 220

         Sulle altre conclusioni

II - 221

             I — Sulle conclusioni volte all'annullamento dell'art. 2 della Decisione

II - 222

                 Argomenti delle ricorrenti

II - 222

                 Giudizio del Tribunale

II - 222

             II — Sulla domanda di risarcimento del danno assertivamente subito

II - 225

     Conclusioni

II - 225

     Sulle spese

II - 225


1: Lingue processuali: il tedesco, l'inglese, il francese, l'italiano, l'olandese.

Racc.