SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

5 maggio 2021 (*)

«Medicinali per uso umano – Domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di una versione generica del medicinale Tecfidera – Decisione dell’EMA di diniego di convalida della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio – Decisione anteriore della Commissione in cui si considerava che il Tecfidera – dimetilfumarato non rientrava nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm – Eccezione di illegittimità – Ricevibilità – Associazione di sostanze medicinali precedentemente autorizzata – Autorizzazione all’immissione in commercio successiva di un componente dell’associazione di sostanze medicinali – Valutazione dell’esistenza di due autorizzazioni all’immissione in commercio globali diverse – Errore manifesto di valutazione»

Nella causa T‑611/18,

Pharmaceutical Works Polpharma S.A., con sede in Starogard Gdański (Polonia), rappresentata da M. Martens, N. Carbonnelle, avvocati, e S. Faircliffe, solicitor,

ricorrente,

contro

Agenzia europea per i medicinali (EMA), rappresentata da T. Jabłoński, S. Drosos e R. Pita, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Commissione europea, rappresentata da A. Sipos e L. Haasbeek, in qualità di agenti,

e da

Biogen Netherlands BV, con sede in Badhoevedorp (Paesi Bassi), rappresentata da C. Schoonderbeek, avvocata,

intervenienti,

avente ad oggetto, da un lato, una domanda diretta a veder dichiarare ricevibile e fondata un’eccezione di illegittimità sollevata contro la decisione di esecuzione C(2014) 601 final della Commissione, del 30 gennaio 2014, che accorda l’autorizzazione ad immettere in commercio il Tecfidera – dimetilfumarato, un medicinale per uso umano, nella parte in cui, in tale decisione di esecuzione, la Commissione considera che il Tecfidera – dimetilfumarato non rientra nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm e, dall’altro lato, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione dell’EMA del 30 luglio 2018 di diniego di convalida della domanda presentata dalla ricorrente al fine di ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio di una versione generica del medicinale Tecfidera,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto da R. da Silva Passos (relatore), presidente, V. Valančius, I. Reine, L. Truchot e M. Sampol Pucurull, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 luglio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        La ricorrente, Pharmaceutical Works Polpharma S.A., è una società farmaceutica che sviluppa e commercializza vari medicinali, tra i quali figurano taluni medicinali generici.

2        Il 9 agosto 1994, il Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte (Istituto federale per i medicinali e i dispositivi medici, Germania; in prosieguo: il «BfArM») rilasciava due autorizzazioni all’immissione in commercio relative a due dosaggi di un medicinale denominato Fumaderm alla Fumapharm AG. Il Fumaderm contiene fumarato di dimetile o dimetilfumarato (in prosieguo: il «DMF») e vari sali di etil-idrogeno-fumarato (sali di monoetil-fumarato; in prosieguo: il «MEF»). Da una parte, il Fumaderm prae, o Fumaderm iniziale, è destinato ad essere utilizzato durante una fase di avvio di tre settimane per migliorare la tolleranza al trattamento. Esso si presenta sotto forma di compresse composte in particolare da 30 mg di DMF, da 67 mg di sale di calcio di MEF, da 5 mg di sale di magnesio di MEF e da 3 mg di sale di zinco di MEF. Dall’altra parte, il Fumaderm è destinato ad essere utilizzato al termine della fase di avvio e si presenta sotto forma di compresse composte in particolare da 120 mg di DMF, da 87 mg di sale di calcio di MEF, da 5 mg di sale di magnesio di MEF e da 3 mg di sale di zinco di MEF. Il Fumaderm è indicato per la cura della psoriasi.

3        Tali due autorizzazioni all’immissione in commercio venivano successivamente trasferite alla Almirall Hermal GmbH, alla Fumedica AG e, infine, alla Biogen Idec. Inoltre, nell’ottobre 2003, la Fumapharm ha concesso alla Biogen Idec una licenza esclusiva sui diritti di sviluppo e commercializzazione dei prodotti contenenti DMF, poi, nel 2006, la Biogen Idec ha acquisito la Fumapharm.

4        L’8 giugno 2011, la Biogen Idec Ltd presentava, presso l’Agenzia europea per i medicinali (EMA), una domanda di concessione di un’autorizzazione all’immissione in commercio secondo la procedura centralizzata a livello di Unione europea in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1). L’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 726/2004 prevede:

«Qualsiasi medicinale non contemplato nell’allegato [del regolamento n. 726/2004] può essere oggetto di autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dall[’Unione] secondo il disposto del [detto] regolamento, qualora (...) il richiedente dimostri che tale medicinale costituisce un’innovazione significativa sul piano terapeutico, scientifico o tecnico o che il rilascio di un’autorizzazione secondo il [detto] regolamento è nell’interesse dei pazienti o della sanità animale a livello [dell’Unione]».

5        La domanda di cui al precedente punto 4 verteva su un prodotto composto da DMF e destinato alla cura della sclerosi a placche. Nella lettera di accompagnamento a tale domanda, la Biogen Idec menzionava i seguenti elementi. In primo luogo, essa indicava che il DMF era una sostanza attiva che non era stata precedentemente approvata o valutata quale monosostanza, ossia come componente unico di un medicinale, per una qualsiasi indicazione. In secondo luogo, essa sottolineava di avere intenzione di presentare una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio «completa», vale a dire accompagnata da tutti i dati di cui all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), e, in particolare, dai risultati delle prove precliniche e cliniche. In terzo luogo, essa precisava di essere titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio accordata alla Fumapharm nel 1994 per il Fumaderm, che era composto da DMF e da sali di MEF (v. precedente punto 2).

6        Di conseguenza, da un lato, la Biogen Idec chiedeva conferma che il prodotto per il quale essa chiedeva un’autorizzazione all’immissione in commercio e che era composto da DMF non rientrasse nell’ambito dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83.

7        L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 prevede:

«Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 (...)

Quando per un medicinale è stata rilasciata un’autorizzazione iniziale all’immissione in commercio ai sensi del primo comma, ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché le variazioni ed estensioni sono parimenti autorizzati ai sensi del primo comma o sono inclusi nell’autorizzazione all’immissione in commercio iniziale. Tutte le autorizzazioni all’immissione in commercio in questione sono considerate facenti parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale, in particolare ai fini dell’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1».

8        L’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 è del seguente tenore:

«In deroga all’articolo 8, paragrafo 3, lettera i), e fatto salvo il diritto sulla tutela della proprietà industriale e commerciale, il richiedente non è tenuto a fornire i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche se può dimostrare che il medicinale è un medicinale generico di un medicinale di riferimento che è o è stato autorizzato a norma dell’articolo 6 per almeno otto anni in uno Stato membro o nell[’Unione].

Un medicinale generico autorizzato ai sensi della presente disposizione non può essere immesso in commercio finché non sono trascorsi dieci anni dall’autorizzazione iniziale del medicinale di riferimento.

Il primo comma si applica anche se il medicinale di riferimento non è stato autorizzato nello Stato membro in cui è presentata la domanda relativa al medicinale generico. In tal caso il richiedente indica nella domanda il nome dello Stato membro in cui il medicinale di riferimento è o è stato autorizzato. Su richiesta dell’autorità competente dello Stato membro in cui è presentata la domanda, l’autorità competente dell’altro Stato membro trasmette, entro un mese, la conferma che il medicinale di riferimento è o è stato autorizzato, insieme alla composizione completa del medicinale di riferimento e, se necessario, ad altra documentazione pertinente.

Il periodo di dieci anni di cui al secondo comma è esteso ad un massimo di undici anni se durante i primi otto anni di tale decennio il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ottiene un’autorizzazione per una o più indicazioni terapeutiche nuove che, in occasione della valutazione scientifica ai fini dell’autorizzazione, sono ritenute portatrici di un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti».

9        Dall’altro lato, e alla luce di quanto precede, l’8 giugno 2011 la Biogen Idec chiedeva all’EMA di confermare che, se fosse approvato sulla base di una domanda completa, il prodotto per il quale essa chiedeva un’autorizzazione all’immissione in commercio avrebbe beneficiato del periodo di protezione dei dati di cui all’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, indipendentemente dal fatto che la sostanza attiva che esso conteneva, il DMF, fosse o meno qualificata come «nuova sostanza attiva».

10      L’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004 è così formulato:

«Fatto salvo il diritto relativo alla protezione della proprietà industriale e commerciale, i medicinali per uso umano autorizzati ai sensi del [detto] regolamento beneficiano di una protezione dei dati per la durata di otto anni e di una protezione della commercializzazione per la durata di dieci anni, che è prolungata, nell’ultimo caso, fino ad un massimo di 11 anni se, durante i primi otto anni di tale periodo decennale, il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ottiene un’autorizzazione per una o più nuove indicazioni terapeutiche le quali, nel corso della valutazione scientifica precedente alla loro autorizzazione, sono considerate apportare un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti».

11      Il 21 luglio 2011, il comitato per i medicinali per uso umano (in prosieguo: il «CHMP»), istituito dall’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 726/2004, ha considerato che una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio, secondo la procedura centralizzata, del prodotto della Biogen Idec, composto da DMF, era ammissibile in quanto tale prodotto costituiva un’innovazione significativa sul piano terapeutico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 726/2004 (v. precedente punto 4).

12      Con lettera del 3 agosto 2011, l’EMA informava la Biogen Idec che il CHMP riteneva ammissibile una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio secondo la procedura centralizzata del suo prodotto, composto da DMF. Nella stessa lettera, l’EMA specificava che l’autorizzazione di un’associazione di sostanze medicinali non era considerata rientrante nelle autorizzazioni all’immissione in commercio globali delle varie sostanze attive singole conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83. L’EMA aggiungeva che, tenuto conto di tale valutazione e del fatto che uno sviluppo completo era stato effettuato dalla ricorrente per il suo prodotto contenente DMF, il medicinale in questione avrebbe beneficiato, in linea di principio, dell’esclusiva dei dati prevista dall’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, indipendentemente dal fatto che la sostanza attiva fosse qualificata o meno come «nuova sostanza attiva».

13      Il 28 febbraio 2012, la Biogen Idec depositava, presso l’EMA, una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso umano Tecfidera – dimetilfumarato (in prosieguo: il «Tecfidera – dimetilfumarato» o il «Tecfidera») in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 726/2004. Tale domanda di autorizzazione all’immissione in commercio conteneva tutti i dati di cui all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83. In tale domanda, la Biogen Idec sottolineava, in sostanza, che il Tecfidera era indicato per la cura della sclerosi a placche. Tale domanda verteva su capsule gastroresistenti da 120 mg e da 240 mg di DMF. La posologia proposta consisteva in una dose iniziale di 120 mg due volte al giorno per sette giorni, poi in un aumento di tale dose per raggiungere la dose raccomandata di 240 mg due volte al giorno. Inoltre, nel modulo di accompagnamento alla sua domanda, la Biogen Idec dichiarava che la sua domanda verteva su una sostanza attiva nota e non dichiarava che il Tecfidera contenesse una nuova sostanza attiva mai autorizzata nell’Unione.

14      Il 21 marzo 2013, il CHMP, alla luce di tutti i dati forniti e delle discussioni scientifiche che avevano avuto luogo al suo interno, emetteva un parere favorevole all’autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera.

15      In seguito a tale parere, la Biogen Idec contattava la Commissione europea e chiedeva che la decisione di autorizzazione all’immissione in commercio indicasse che l’esclusiva dei dati, prevista all’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, si applicasse al Tecfidera, conformemente alla posizione espressa dall’EMA nella sua lettera del 3 agosto 2011 (v. precedente punto 12).

16      Il 16 maggio 2013, si teneva una riunione tra la Commissione e la Biogen Idec. Nel corso di tale riunione, la Commissione sottolineava che, nelle decisioni di autorizzazione all’immissione in commercio, non veniva effettuata alcuna dichiarazione sull’esclusiva dei dati in quanto l’esclusiva dei dati era una nozione dinamica soggetta a modifiche in caso di trasferimento di elementi patrimoniali tra società. La Commissione aggiungeva che le decisioni di autorizzazione all’immissione in commercio contenevano unicamente, sul fondamento della valutazione scientifica operata dal CHMP, una dichiarazione relativa allo status di «nuova sostanza attiva» ai sensi dell’allegato I, parte II, punto 3, della direttiva 2001/83. Tale punto prevede in particolare che, «[q]ualora la sostanza attiva di un medicinale essenzialmente simile contenga la stessa parte terapeuticamente attiva del medicinale originale autorizzato associata ad un diverso sale/estere composto/derivato, occorre comprovare che non vi sono cambiamenti della farmacocinetica della parte attiva, della farmacodinamica e/o della tossicità che potrebbero mutarne il profilo di sicurezza/efficacia» e che, «[s]e ciò non si verifica, tale associazione va considerata come nuova sostanza attiva». Inoltre, la Commissione esprimeva riserve in ordine all’interpretazione dell’EMA, riguardante l’esclusiva dei dati per il Tecfidera, indipendentemente dallo status di «nuova sostanza attiva» (v. precedente punto 12). Così, la Commissione precisava alla Biogen Idec che essa aveva una possibilità di scelta. Da un lato, la Biogen Idec poteva lasciare che la Commissione adottasse una decisione di autorizzazione all’immissione in commercio senza dichiarazione concernente lo status di «nuova sostanza attiva». Poiché tale argomento non era trattato nella relazione di valutazione del CHMP, la Biogen Idec, nel caso in cui una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di una versione generica del Tecfidera fosse convalidata, avrebbe dovuto difendere la sua posizione con un’azione giudiziaria. Dall’altro lato, la Biogen Idec poteva rivolgere una domanda alla Commissione affinché quest’ultima sospendesse l’iter di adozione della decisione di autorizzazione all’immissione in commercio e chiedesse una valutazione relativa allo status di «nuova sostanza attiva». La Commissione osservava che tale iter poteva richiedere tempo e sottolineava che era impossibile prevedere l’esito della valutazione scientifica. In conclusione, la Commissione chiedeva alla Biogen Idec di informarla della sua scelta al più presto possibile.

17      Con lettera del 17 maggio 2013 inviata all’EMA, la Commissione affermava in particolare che la sua decisione di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera non poteva comprendere una dichiarazione in ordine allo status di «nuova sostanza attiva» nel caso di specie, in quanto la questione non era stata trattata nella relazione di valutazione del CHMP.

18      Con lettera del 18 settembre 2013 inviata al presidente del CHMP, la Commissione asseriva che la Biogen Idec aveva chiesto che la questione di stabilire se la sostanza attiva DMF potesse essere qualificata come nuova sostanza attiva fosse esaminata. Inoltre, la Commissione precisava che una nuova sostanza attiva era definita come una sostanza chimica non autorizzata in precedenza in quanto medicinale nell’Unione. Al riguardo, essa faceva riferimento all’allegato I dell’«Avviso ai richiedenti, Volume 2A, Procedure relative alle autorizzazioni all’immissione in commercio, capitolo 1, autorizzazioni all’immissione in commercio» (Notice to applicants, Volume 2A, Procedures for marketing authorisation, Chapter 1, Marketing authorisations, in prosieguo: l’«avviso ai richiedenti») nella sua versione del giugno 2013. Inoltre, essa sottolineava che il DMF non era stato precedentemente autorizzato in quanto medicinale nell’Unione, ma che esso faceva parte del medicinale Fumaderm, che era stato autorizzato in Germania nel 1994. Pertanto, al fine di valutare se il DMF fosse una nuova sostanza attiva, la Commissione chiedeva al CHMP di valutare se il DMF fosse diverso dal Fumaderm, composto da DMF e da sali di MEF. La Commissione invitava quindi il CHMP a rivedere la sua relazione di valutazione allo scopo di includere una valutazione del DMF contenuto nel Tecfidera alla luce dello status di «nuova sostanza attiva».

19      Il 23 settembre 2013, l’EMA riceveva la domanda della Biogen Idec diretta ad ottenere la qualificazione come «nuova sostanza attiva» del DMF contenuto nel Tecfidera.

20      In una relazione di valutazione del 9 ottobre 2013, riguardante lo status di «nuova sostanza attiva» del DMF contenuto nel Tecfidera, il relatore del CHMP considerava che il DMF era diverso dal Fumaderm, composto da DMF e da MEF. Tuttavia, per motivi di coerenza con precedenti casi analoghi, il relatore chiedeva il parere del Quality Working Party, gruppo di lavoro permanente che fornisce in particolare consigli al CHMP sulla qualità dei medicinali, relativamente alla questione di stabilire se il DMF e il MEF potessero o meno essere considerati reciprocamente come derivati.

21      In una seconda relazione di valutazione del 9 ottobre 2013, il correlatore del CHMP concludeva che il Tecfidera, composto da DMF, era diverso dal Fumaderm, composto da DMF e da MEF. Tuttavia, egli sollecitava il parere del Quality Working Party al fine di stabilire se quest’ultimo fosse d’accordo nell’affermare, da un lato, che il DMF e il MEF erano chimicamente diversi e, dall’altro, che il DMF e il MEF non erano reciprocamente derivati.

22      In una relazione congiunta del 18 ottobre 2013, il relatore e il correlatore del CHMP (in prosieguo, congiuntamente: i «relatori») consideravano che dovevano essere fornite ulteriori informazioni a sostegno dell’affermazione secondo la quale il DMF era diverso dal Fumaderm, composto da DMF e da MEF. Di conseguenza, i relatori rivolgevano varie obiezioni alla Biogen Idec. In primo luogo, essi ritenevano che la Biogen Idec dovesse giustificare le ragioni per le quali il MEF e il DMF non potevano essere considerati come esteri e derivati l’uno dall’altro. In secondo luogo, essi invitavano la Biogen Idec a trattare, riguardo alla sicurezza e/o all’efficacia, potenziali differenze significative, sotto il profilo delle loro proprietà, tra, da un lato, il DMF in seno al Tecfidera e, dall’altro, la miscela di DMF e di sali di MEF contenuta nel Fumaderm.

23      In occasione di una riunione tenutasi il 24 ottobre 2013, il CHMP sollevava due obiezioni importanti nei confronti della domanda di concessione dello status di «nuova sostanza attiva» al DMF. Tali obiezioni miravano, in primo luogo, a precisare se il DMF e il MEF fossero esteri o derivati l’uno dall’altro, e, in secondo luogo, a trattare delle differenze cliniche rilevanti in termini di sicurezza e/o di efficacia tra, da un lato, il DMF e, dall’altro, il DMF associato al MEF.

24      Il 4 novembre 2013, la Biogen Idec forniva le sue risposte alle obiezioni sollevate dal CHMP.

25      In una relazione congiunta dell’11 novembre 2013, i relatori esaminavano le risposte della Biogen Idec e consideravano che la sostanza attiva DMF contenuta nel medicinale Tecfidera non poteva essere qualificata come «nuova sostanza attiva» in quanto non risultava dai dati forniti che le proprietà del DMF differissero significativamente, in termini di sicurezza e/o di efficacia, dal prodotto Fumaderm che era già autorizzato e che conteneva una miscela di DMF e di sali di MEF.

26      Il 21 novembre 2013, il CHMP emetteva un parere rivisto rispetto al parere adottato il 21 marzo 2013 (v. precedente punto 14). In tale parere rivisto, il CHMP sottolineava che, nella sua domanda di esame dello status del DMF contenuto nel Tecfidera in quanto «nuova sostanza attiva», del 18 settembre 2013 (v. precedente punto 18), la Commissione aveva precisato, da una parte, che una «nuova sostanza attiva» ai sensi della direttiva 2001/83 era una sostanza chimica non autorizzata in precedenza in quanto medicinale nell’Unione e, dall’altra, che il DMF faceva parte del medicinale Fumaderm, autorizzato in Germania nel 1994 ma non autorizzato in precedenza in quanto medicinale nell’Unione.

27      Nello stesso parere, il CHMP, in applicazione dell’articolo 7 del regolamento n. 726/2004, raccomandava, all’unanimità, il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera. Inoltre, sulla base di un esame degli elementi di prova scientifici e conformemente alle precisazioni fornite dalla Commissione il 18 settembre 2013 (v. precedente punto 18), il CHMP considerava che il DMF era diverso dal Fumaderm, composto da DMF e da sali di MEF. Il CHMP ne deduceva che la sostanza attiva del Tecfidera, il DMF, era una «nuova sostanza attiva».

28      Il 26 novembre 2013, il CHMP adottava la relazione europea pubblica di valutazione (in prosieguo: l’«EPAR») riguardante il Tecfidera. L’EPAR veniva pubblicata in applicazione dell’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 726/2004. Essa costituisce un sunto comprensibile da parte del pubblico delle caratteristiche del medicinale, con la motivazione del parere del CHMP favorevole al rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio. L’EPAR riguardante il Tecfidera consta di quattro parti. In una prima parte, il CHMP ricordava gli antefatti della procedura. In una seconda parte, il CHMP procedeva ad una discussione scientifica vertente in particolare sugli aspetti qualitativi, sugli aspetti non clinici, sugli aspetti clinici nonché sullo status di «nuova sostanza attiva» del DMF contenuto nel Tecfidera. In una terza parte, il CHMP procedeva ad una valutazione del rapporto rischi/benefici del Tecfidera e concludeva nel senso che tale rapporto era positivo per il trattamento degli «adulti affetti da forme cicliche di sclerosi a placche». In una quarta parte, il CHMP raccomandava la concessione di un’autorizzazione all’immissione in commercio fatto salvo il rispetto di talune condizioni.

29      Per quanto riguarda specificamente lo status di «nuova sostanza attiva» del DMF contenuto nel Tecfidera, il CHMP ricordava la precisazione fornita dalla Commissione il 18 settembre 2013 e menzionata al precedente punto 18. Inoltre, il CHMP sottolineava che, per valutare se il DMF fosse diverso dal Fumaderm, composto da DMF e da sali di MEF, esso aveva preso in considerazione l’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/83, ai sensi del quale, in particolare, «[i] vari sali, esteri, eteri, isomeri, miscele di isomeri, complessi o derivati di una sostanza attiva sono considerati la stessa sostanza attiva se non presentano differenze significative delle proprietà relative alla sicurezza e/o efficacia». Infine, il CHMP riteneva che il MEF e il DMF fossero entrambi attivi e non corrispondessero alla stessa sostanza attiva, in quanto la loro parte attiva terapeutica non era la stessa. Al riguardo, il CHMP faceva riferimento all’allegato I, parte II, punto 3, della direttiva 2001/83, menzionato al precedente punto 16. Il CHMP deduceva che non era necessario indagare oltre sulle potenziali differenze significative in ordine al profilo sicurezza/efficacia. Il CHMP concludeva nel senso che la sostanza attiva del Tecfidera, il DMF, era una nuova sostanza attiva.

30      Il 19 dicembre 2013, la Commissione presentava un progetto di decisione di esecuzione recante autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale ad uso umano Tecfidera – dimetilfumarato al comitato permanente per i medicinali per uso umano, istituito dall’articolo 121, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 e di cui all’articolo 87, paragrafo 1, del regolamento n. 726/2004, al fine di raccogliere il parere di tale comitato mediante procedura scritta.

31      Il 10 gennaio 2014, uno dei membri del comitato permanente dei medicinali per uso umano chiedeva che si tenesse una riunione in seduta plenaria del detto comitato ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 726/2004. Tale membro concordava con la concessione di un’autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera sulla base del rapporto rischi/benefici. Per contro, esso non concordava con la valutazione secondo la quale il DMF del Tecfidera costituiva una nuova sostanza attiva, in quanto il DMF era già utilizzato, associato ad un’altra sostanza attiva, in seno al Fumaderm. Malgrado tale disaccordo, esso considerava che il Tecfidera rientrava in una nuova autorizzazione all’immissione in commercio globale dato che non avrebbe costituito né un dosaggio, una forma farmaceutica, una via di somministrazione o una presentazione ulteriori, né un’estensione del Fumaderm.

32      Il 28 gennaio 2014, si teneva a Bruxelles (Belgio) una riunione in seduta plenaria del comitato permanente per i medicinali per uso umano al fine di discutere del progetto di decisione di esecuzione della Commissione vertente sull’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso umano Tecfidera – dimetilfumarato in base al regolamento n. 726/2004.

33      Nel corso di tale riunione, numerosi membri esprimevano l’opinione secondo la quale lo status di «nuova sostanza attiva» non poteva applicarsi ad una sostanza che era contenuta in un medicinale già autorizzato e che, di conseguenza, il DMF non era una nuova sostanza attiva.

34      Pertanto, il considerando 3 del progetto di decisione di esecuzione della Commissione veniva modificato al fine, da una parte, di eliminare il riferimento allo status di «nuova sostanza attiva» e, dall’altra, di menzionare il fatto che la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera era fondata sull’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83. Il comitato permanente per i medicinali per uso umano emetteva un parere favorevole su tale progetto modificato.

35      Il 30 gennaio 2014, la Commissione adottava la decisione di esecuzione C(2014) 601 final che accorda a norma del regolamento n. 726/2004 l’autorizzazione ad immettere in commercio il Tecfidera – dimetilfumarato, un medicinale per uso umano (in prosieguo: la «decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014»). Una sintesi di tale decisione di esecuzione veniva pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 28 febbraio 2014 (GU 2014, C 59, pag. 1).

36      Al considerando 1 della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, la Commissione afferma che il medicinale Tecfidera – dimetilfumarato risponde ai requisiti della direttiva 2001/83.

37      Al considerando 2 di tale decisione di esecuzione, la Commissione sottolinea che si deve quindi autorizzare la sua immissione in commercio.

38      Il considerando 3 della detta decisione di esecuzione è così formulato:

«Il [DMF], vale a dire la sostanza attiva del “Tecfidera – dimetilfumarato”, rientra nella composizione del medicinale autorizzato Fumaderm. Tale medicinale è costituito dal DMF e dal sale di calcio del fumarato di etile, dal sale di magnesio dell’etil‑idrogeno‑fumarato e dal sale di zinco dell’etil‑idrogeno‑fumarato (sali del monoetilfumarato – MEF), appartenenti allo stesso titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio. Il comitato per i medicinali per uso umano ha concluso che il MEF e il DMF sono entrambi attivi e che non sono la stessa sostanza attiva, in quanto non rientrano nello stesso gruppo funzionale terapeutico. Si ritiene pertanto che il Tecfidera contenente il DMF sia diverso dal Fumaderm, l’altro medicinale già autorizzato costituito dal DMF e dai sali del MEF. Il “Tecfidera – dimetilfumarato”, la cui domanda di autorizzazione si fondava sull’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83/CE, e il medicinale già autorizzato Fumaderm non fanno pertanto parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale, come descritto all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83/CE».

39      In seguito all’adozione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, veniva aggiunta una nota all’EPAR (v. precedente punto 28) al fine di precisare che, «alla luce d[ell’]evoluzione delle considerazioni normative, testimoniata dal considerando [3] della decisione [di esecuzione del 30 gennaio 2014], la dichiarazione finale del parere del CHMP secondo cui la sostanza attiva del Tecfidera, e cioè il DMF, [era] una nuova sostanza attiva [era] superata». Tuttavia, il CHMP precisava che tutte le altre considerazioni e conclusioni scientifiche relative alla sua valutazione restavano valide.

40      Il 22 giugno 2015, la ricorrente depositava, presso il BfArM, una domanda di accesso ai documenti in applicazione della legge tedesca in materia. Tale domanda verteva, in sostanza, sul complesso dei documenti detenuti dal BfArM e connessi alla domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale Fumaderm. Il 20 febbraio 2017, il BfArM respingeva tale domanda in quanto le informazioni alle quali era richiesto l’accesso rientravano nei segreti aziendali e commerciali della Biogen Idec e quest’ultima si era opposta a tale accesso.

41      Il 22 novembre 2017, la ricorrente inviava al BfArM una nuova domanda di accesso ai documenti. Tale domanda verteva su tutti i documenti detenuti dal BfArM e connessi alla domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale Fumaderm. Tale domanda di accesso ai documenti verteva altresì su un prodotto denominato Panaclar 120 mg che era diretto a curare la psoriasi. Tale prodotto aveva formato oggetto di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio depositata nel 2005 dalla Fumapharm presso il BfArM e successivamente ritirata.

42      Il 27 novembre 2017, la ricorrente depositava una domanda presso l’EMA. Con tale domanda, essa intendeva ottenere conferma dell’ammissibilità della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio che avrebbe presentato secondo la procedura centralizzata in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 726/2004, per un medicinale generico denominato Dimethyl Fumarate Pharmaceutical Works Polpharma. L’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 726/2004 prevede che un medicinale generico di un medicinale di riferimento autorizzato dall’Unione può, a talune condizioni, essere autorizzato dalle autorità competenti degli Stati membri a norma, in particolare, della direttiva 2001/83.

43      Con lettera del 14 dicembre 2017, l’EMA accusava ricevuta della domanda di cui al precedente punto 42. Inoltre, essa precisava alla ricorrente che, sulla base della documentazione prodotta, il Dimethyl Fumarate Pharmaceutical Works Polpharma poteva essere oggetto di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio presentata secondo la procedura centralizzata in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 726/2004. Inoltre, l’EMA sottolineava che la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio della ricorrente sarebbe stata accettata solo alla scadenza del periodo di protezione dei dati, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, accordato al medicinale di riferimento denominato Tecfidera, che aveva ricevuto un’autorizzazione all’immissione in commercio iniziale il 30 gennaio 2014. A tale riguardo, l’EMA faceva riferimento alla decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 (v. precedente punto 35). L’EMA specificava che, in tale decisione di esecuzione, la Commissione aveva considerato che il Tecfidera – dimetilfumarato, da una parte, e il medicinale già autorizzato denominato Fumaderm, dall’altra, non rientravano nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 (v. precedente punto 7). Sempre nella sua lettera del 14 dicembre 2017, l’EMA sottolineava che non sarebbe stata effettuata alcuna designazione di relatori prima che fosse possibile la presentazione di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. Infine, l’EMA invitava la ricorrente a informarla, al più tardi con sette mesi di anticipo, della sua intenzione di presentare una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio tenuto conto del periodo di protezione dei dati di cui beneficiava il Tecfidera.

44      Il 19 marzo 2018, il BfArM respingeva la domanda di accesso ai documenti menzionata al precedente punto 41.

45      Con lettera del 22 marzo 2018, l’EMA faceva riferimento alla lettera della ricorrente del 27 novembre 2017 (v. precedente punto 42) e la informava che, nel corso di una riunione del marzo 2018, il CHMP e il comitato per la valutazione dei rischi in materia di farmacovigilanza avevano congiuntamente designato un relatore per ciascuno di essi.

46      Il 19 aprile 2018, la ricorrente proponeva ricorso contro la decisione del BfArM di cui al precedente punto 44, con la quale quest’ultimo aveva respinto la sua domanda di accesso ai documenti.

47      Il 27 giugno 2018, la ricorrente presentava una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale generico del Tecfidera presso l’EMA. Tale domanda veniva modificata il 5 e il 18 luglio 2018. Essa verteva su capsule gastroresistenti di 120 mg e 240 mg di DMF. Essa era fondata sull’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, che prevede la presentazione di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio secondo una procedura cosiddetta «abbreviata» (v. precedente punto 8).

48      Con lettera dell’11 luglio 2018, l’EMA chiedeva alla ricorrente di fornire informazioni integrative.

49      Il 18 luglio 2018, la ricorrente rispondeva alla richiesta dell’EMA.

50      Con lettera del 30 luglio 2018 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), l’EMA sottolineava in particolare che, secondo il considerando 3 della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, il Tecfidera – dimetilfumarato, la cui domanda di autorizzazione era fondata sull’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83, da un lato, e il medicinale già autorizzato Fumaderm, dall’altro, non facevano parte di una stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, per il motivo che il MEF e il DMF erano entrambi attivi e non corrispondevano alla stessa sostanza attiva, dato che la loro parte attiva terapeutica non era la stessa. Inoltre, l’EMA ricordava che, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, i medicinali per uso umano autorizzati dalle disposizioni del detto regolamento beneficiavano, fatto salvo il diritto relativo alla protezione della proprietà industriale e commerciale, di un periodo di protezione dei dati della durata di otto anni e di un periodo di protezione della commercializzazione della durata di dieci anni. Pertanto, l’EMA considerava che il Tecfidera beneficiava manifestamente del proprio periodo autonomo di otto anni di protezione dei dati e che tale periodo di protezione non era ancora scaduto. Tenuto conto di queste constatazioni, l’EMA precisava che il riferimento a dati relativi alle prove precliniche e alle sperimentazioni cliniche, contenuti nel fascicolo del Tecfidera, non era attualmente autorizzato ai fini della presentazione di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83. L’EMA concludeva nel senso che essa non era in grado di convalidare la domanda della ricorrente diretta al rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale generico derivato dal Tecfidera.

51      L’8 ottobre 2018, il BfArM respingeva il ricorso proposto dalla ricorrente, menzionato al precedente punto 46, nella parte in cui tale ricorso riguardava i documenti relativi all’autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

52      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 9 ottobre 2018, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

53      L’EMA ha depositato il controricorso il 17 gennaio 2019.

54      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 21 dicembre 2018 e il 31 gennaio 2019, la Biogen Netherlands BV, ossia la società alla quale l’autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera era stata trasferita (in prosieguo: la «Biogen»), e la Commissione hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni dell’EMA.

55      Con lettere del 5, 7 e 25 febbraio 2019, l’EMA ha chiesto il trattamento riservato, nei confronti della Biogen e della Commissione, di taluni elementi contenuti negli allegati del controricorso.

56      La ricorrente ha depositato la replica l’11 marzo 2019.

57      Con ordinanza del presidente della Nona Sezione del Tribunale del 19 marzo 2019, la Biogen e la Commissione sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni dell’EMA. La decisione sul merito delle domande di trattamento riservato è stata riservata.

58      L’EMA ha depositato la controreplica il 29 aprile 2019.

59      Sulla base delle versioni non riservate degli atti processuali, la Biogen e la Commissione hanno depositato la loro memoria di intervento, rispettivamente, il 16 maggio e il 17 maggio 2019.

60      L’EMA e la ricorrente hanno depositato le loro osservazioni sulle memorie di intervento, rispettivamente, il 21 giugno e il 24 giugno 2019.

61      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato, dal 4 ottobre 2019, alla Settima Sezione, alla quale la presente causa è stata, di conseguenza, attribuita, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale.

62      Su proposta della Settima Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rinviare la causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

63      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a rispondere a vari quesiti scritti e a produrre taluni documenti. Le parti hanno ottemperato a tali richieste entro i termini impartiti.

64      Essendo stata rinviata l’udienza di discussione, inizialmente prevista il 7 maggio 2020, le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti orali rivolti dal Tribunale sono state sentite all’udienza del 13 luglio 2020.

65      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare ricevibile e fondata l’eccezione di illegittimità da essa sollevata nei confronti della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 nella misura in cui, in tale decisione di esecuzione, la Commissione considera che il Tecfidera – dimetilfumarato non rientra nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm;

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EMA alle spese.

66      L’EMA conclude sostanzialmente che il Tribunale voglia:

–        respingere in quanto irricevibile l’eccezione di illegittimità diretta contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014;

–        in ogni caso, respingere il ricorso di annullamento in quanto integralmente infondato;

–        condannare la ricorrente a tutte le spese del presente procedimento.

67      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere in quanto irricevibile l’eccezione di illegittimità diretta contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 e, di conseguenza, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        in ogni caso, respingere l’eccezione di illegittimità diretta contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 in quanto infondata e, di conseguenza, respingere il ricorso in quanto infondato.

68      La Biogen conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere in quanto irricevibile l’eccezione di illegittimità diretta contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014;

–        in ogni caso, respingere il ricorso in quanto integralmente infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese del presente procedimento, ivi comprese le sue.

III. In diritto

69      Col primo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di dichiarare ricevibile e fondata l’eccezione di illegittimità da lei dedotta contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014. Col secondo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di annullare la decisione impugnata.

A.      Sul primo capo della domanda, diretto ad ottenere che il Tribunale dichiari ricevibile e fondata l’eccezione di illegittimità sollevata contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014

70      Ai sensi dell’articolo 277 TFUE, nell’eventualità di una controversia che metta in causa un atto di portata generale adottato da un’istituzione, organo o organismo dell’Unione, ciascuna parte può valersi dei motivi previsti all’articolo 263, secondo comma, per invocare dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea l’inapplicabilità dell’atto stesso.

71      L’articolo 277 TFUE è espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare, in via incidentale, al fine di ottenere l’annullamento di una decisione ad essa rivolta, la validità degli atti di portata generale che costituiscono il fondamento di tale decisione (v., in questo senso, sentenze del 6 marzo 1979, Simmenthal/Commissione, 92/78, EU:C:1979:53, punto 39, e del 19 gennaio 1984, Andersen e a./Parlamento, 262/80, EU:C:1984:18, punto 6).

72      L’accertamento di illegittimità da parte del giudice non ha effetto erga omnes, ma comporta l’illegittimità della decisione individuale impugnata, lasciando sussistere l’atto di portata generale nell’ordinamento giuridico senza pregiudicare la legittimità di altri atti che siano stati adottati sul suo fondamento e che non siano stati impugnati entro il termine di ricorso (v. sentenza del 25 ottobre 2018, KF/CSUE, T‑286/15, EU:T:2018:718, punto 157 e giurisprudenza citata).

73      Pertanto, la facoltà offerta dall’articolo 277 TFUE di invocare l’inapplicabilità di un atto di carattere generale non costituisce un autonomo diritto d’azione e non può essere esercitata se non in via incidentale (v. ordinanza dell’8 luglio 1999, Area Cova e a./Consiglio, T‑194/95, EU:T:1999:141, punto 78 e giurisprudenza citata; sentenza del 6 giugno 2013, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, T‑279/11, EU:T:2013:299, punto 96).

74      Inoltre, nell’ambito di una domanda di annullamento di un atto individuale lesivo, il giudice dell’Unione è senz’altro competente ad accertare in via incidentale l’illegittimità di una disposizione di portata generale sulla quale si fonda l’atto impugnato. Tuttavia, esso non è competente ad eseguire accertamenti del genere nel dispositivo delle sue sentenze (v. sentenza del 14 dicembre 2018, GQ e a./Commissione, T‑525/16, EU:T:2018:964, punto 37 e giurisprudenza citata).

75      Nella fattispecie, la ricorrente chiede, con un capo della domanda autonomo, che il Tribunale dichiari ricevibile e fondata l’eccezione di illegittimità da essa sollevata contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, nella parte in cui la Commissione vi ha considerato che il Tecfidera – dimetilfumarato non rientrava nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm.

76      Risulta dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti da 70 a 73 che il primo capo di domanda è irricevibile e dev’essere respinto.

77      Tuttavia, alla luce del contenuto del ricorso, tale conclusione non osta a che il Tribunale esamini l’eccezione di illegittimità della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 nel contesto della sua risposta al secondo capo della domanda del ricorso, diretto all’annullamento della decisione impugnata (v., in questo senso, sentenze del 14 dicembre 2018, GQ e a./Commissione, T‑525/16, EU:T:2018:964, punti 38 e 39, e del 12 dicembre 2019, Feral/Comitato delle regioni, T‑529/16, non pubblicata, EU:T:2019:851, punti 27, 33 e 58).

B.      Sul secondo capo della domanda, diretto all’annullamento della decisione impugnata

78      A sostegno della sua domanda di annullamento, la ricorrente fa valere un motivo unico, relativo all’illegittimità della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 nella parte in cui la Commissione vi ha considerato che il Tecfidera non rientrava nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm. In sostanza, la ricorrente sostiene che la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, che funge da unico fondamento giuridico della decisione impugnata, è illegittima e, conformemente all’articolo 277 TFUE, dev’essere dichiarata inapplicabile. Di conseguenza, la decisione impugnata, che nega la convalida della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale generico del Tecfidera, sarebbe priva di fondamento giuridico e dovrebbe essere annullata, in particolare per carenza di motivazione, in applicazione dell’articolo 296 TFUE.

79      L’EMA, sostenuta dalla Commissione e dalla Biogen, oppone un’eccezione di irricevibilità.

1.      Sulla ricevibilità

80      L’EMA, sostenuta dalla Commissione e dalla Biogen, fa valere, in sostanza, che, supponendo che la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 costituisca un atto regolamentare nella parte in cui la Commissione vi ha considerato che il Tecfidera non rientrava nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm, l’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente dovrebbe essere respinta in quanto irricevibile. Infatti, la ricorrente avrebbe potuto legittimamente impugnare la detta decisione di esecuzione sul fondamento dell’articolo 263 TFUE e avrebbe quindi dovuto proporre un ricorso di annullamento contro quest’ultima, il che essa ha omesso di fare.

81      Da un lato, l’EMA sostiene che, se, come sostiene la ricorrente, la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, alla luce del suo considerando 3, è un atto regolamentare, tale atto produce necessariamente, e senza misure di esecuzione, effetti sulla situazione giuridica della detta ricorrente. Secondo l’EMA, tale decisione di esecuzione avrebbe avuto l’effetto di accordare al Tecfidera il beneficio di un periodo di protezione dei dati distinto e, di conseguenza, di impedire alla ricorrente di fondarsi sul fascicolo del Tecfidera sino alla scadenza di tale periodo.

82      Dall’altro lato, l’EMA, sostenuta dalla Biogen, fa valere che la ricorrente disponeva di un interesse ad agire contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 nella parte in cui la Commissione vi ha confermato che il Tecfidera e il Fumaderm non facevano parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale. A tale riguardo, l’EMA sottolinea che un annullamento di tale decisione di esecuzione avrebbe condotto a constatare che il Tecfidera faceva parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm e avrebbe così permesso alla ricorrente di presentare immediatamente una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di una versione generica del Tecfidera.

83      Secondo l’EMA, la lesione della sfera giuridica della ricorrente era certa durante il periodo compreso tra la pubblicazione di una sintesi della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 28 febbraio 2014 e la scadenza del termine di ricorso di annullamento contro tale decisione di esecuzione.

84      Dal canto suo, la Commissione sostiene altresì che non esiste alcun nesso giuridico diretto tra la decisione impugnata e talune misure preparatorie della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014.

a)      Sulla qualificazione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 come «atto di portata generale»

85      Risulta dalla formulazione dell’articolo 277 TFUE che un’eccezione di irricevibilità può essere sollevata solo contro un atto di portata generale (v. precedente punto 70).

86      Inoltre, l’articolo 288, quarto comma, TFUE dispone che «[l]a decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi» e che, «[s]e designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi».

87      Nella fattispecie, la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 è stata adottata in seguito ad una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio presentata dalla Biogen Idec. Inoltre, tale decisione di esecuzione accorda un’autorizzazione all’immissione in commercio ad una società specifica, cioè la Biogen Idec. Infine, la Biogen Idec è la sola destinataria di tale decisione di esecuzione.

88      Pertanto, sotto un profilo formale, la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 si presenta come una decisione individuale, e non come un atto di portata generale.

89      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, la scelta della forma non può mutare la natura di un atto, cosicché occorre chiedersi se il contenuto dell’atto corrisponda effettivamente alla forma attribuitagli (sentenza del 13 dicembre 1989, Grimaldi, C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 14, e ordinanza del 27 ottobre 2015, Belgio/Commissione, T‑721/14, EU:T:2015:829, punto 20). Inoltre, per determinare la portata di un atto, il giudice dell’Unione non può semplicemente considerare la sua denominazione ufficiale, ma deve tener conto, in primo luogo, del suo oggetto e del suo contenuto (sentenza del 14 dicembre 1962, Confédération nationale des producteurs de fruits e légumes e a./Consiglio, 16/62 e 17/62, non pubblicata, EU:C:1962:47, pag. 918).

90      Un atto ha portata generale se si applica a situazioni determinate obiettivamente e se produce i suoi effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in maniera generale e astratta (sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16P a C‑624/16P, EU:C:2018:873, punto 29).

91      La sfera di applicazione dell’articolo 277 TFUE deve pertanto comprendere gli atti delle istituzioni che, pur non avendo la forma di regolamento, producono tuttavia effetti analoghi (sentenza del 6 marzo 1979, Simmenthal/Commissione, 92/78, EU:C:1979:53, punto 40). In altri termini, l’eccezione di illegittimità non può essere limitata agli atti che hanno la forma di un atto di portata generale ai sensi dell’articolo 277 TFUE, affinché sia garantito un sindacato di legittimità effettivo degli atti delle istituzioni a carattere generale a favore delle persone escluse dal ricorso diretto contro tali atti, quando esse sono pregiudicate da decisioni di applicazione che le riguardano direttamente e individualmente (v., in questo senso, sentenza del 26 ottobre 1993, Reinarz/Commissione, T‑6/92 e T‑52/92, EU:T:1993:89, punto 56).

92      Nella fattispecie, al considerando 3 della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, la Commissione ha considerato che il Tecfidera contenente DMF era diverso dal Fumaderm, l’altro medicinale già autorizzato composto da DMF e da sali di MEF. Essa ne ha dedotto che il Tecfidera – dimetilfumarato, la cui domanda di autorizzazione era fondata sull’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83, e il medicinale già autorizzato Fumaderm non facevano parte di una stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della stessa direttiva.

93      Al riguardo, occorre rilevare che l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 rinvia all’articolo 10, paragrafo 1, della stessa direttiva e collega così esplicitamente la nozione di «autorizzazione globale» al periodo di protezione regolamentare dei dati dei medicinali di riferimento, indicato in detto articolo 10, paragrafo 1, indipendentemente dal fatto che tale nozione copre diversi sviluppi del medicinale iniziale per i quali devono essere forniti elementi distinti in momenti diversi (sentenza del 28 giugno 2017, Novartis Europharm/Commissione, C‑629/15P e C‑630/15P, EU:C:2017:498, punto 64). Tale constatazione vale altresì per quanto riguarda il periodo di protezione regolamentare dei dati previsto all’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004.

94      Pertanto, la constatazione contenuta al considerando 3 della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, secondo cui il Tecfidera e il Fumaderm precedentemente autorizzato non facevano parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, ha come conseguenza che la detta decisione di esecuzione dev’essere interpretata nel senso che comportava l’applicabilità di un periodo di protezione regolamentare dei dati attinenti al Tecfidera.

95      La decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 si applica quindi a situazioni determinate oggettivamente, a seguito dell’accertamento delle caratteristiche rispettive del Fumaderm e del Tecfidera a cui essa procede. Inoltre, poiché l’applicabilità del periodo di tutela regolamentare dei dati attinenti al Tecfidera discende da tale accertamento, tale decisione di esecuzione può produrre effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in maniera generale ed astratta, e cioè ogni operatore la cui attività può essere collegata al Tecfidera e, in particolare, ogni operatore che possa produrre un medicinale generico del Tecfidera.

96      Di conseguenza, la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 è, come hanno del resto sostenuto l’EMA e la Commissione all’udienza, un atto di portata generale ai sensi dell’articolo 277 TFUE, nella parte in cui essa constata, al suo considerando 3, che il Tecfidera non fa parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm.

b)      Sullesistenza di un nesso tra la decisione impugnata e le valutazioni contestate dalla ricorrente

97      La Commissione sottolinea che esiste un nesso giuridico diretto tra la decisione impugnata e la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, in quanto il diniego opposto nella decisione impugnata è direttamente connesso, in primo luogo, alla constatazione secondo la quale il Tecfidera è diverso dal Fumaderm e, in secondo luogo, al periodo di protezione dei dati autonomo che discende da tale qualificazione. Per contro, la Commissione sostiene che non esiste alcun nesso giuridico diretto tra la decisione impugnata e talune delle misure preparatorie alla decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, e cioè il parere rivisto del CHMP del 21 novembre 2013 (v. precedente punto 26) e, a fortiori, l’EPAR del 26 novembre 2013 riguardante il Tecfidera (v. precedente punto 28).

98      Poiché l’articolo 277 TFUE non è diretto a consentire ad una parte di contestare l’applicabilità di qualsiasi atto di carattere generale a sostegno di qualsivoglia ricorso, la portata di un’eccezione di illegittimità dev’essere limitata a quanto è indispensabile per la definizione della lite. Ne consegue che l’atto generale la cui illegittimità è fatta valere dev’essere applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie che forma oggetto del ricorso (v. sentenza del 25 ottobre 2018, KF/CSUE, T‑286/15, EU:T:2018:718, punto 156 e giurisprudenza citata).

99      Infatti, in occasione di ricorsi di annullamento intentati contro decisioni individuali, la Corte ha ammesso che possono validamente formare oggetto di un’eccezione di illegittimità le disposizioni di un atto di portata generale che costituiscono il fondamento di dette decisioni (v., in questo senso, sentenze del 28 ottobre 1981, Krupp Stahl/Commissione, 275/80 e 24/81, EU:C:1981:247, punto 32, e dell’11 luglio 1985, Salerno e a./Commissione e Consiglio, 87/77, 130/77, 22/83, 9/84 e 10/84, EU:C:1985:318, punto 36) o che presentano un nesso giuridico diretto con decisioni del genere (v., in questo senso, sentenze del 31 marzo 1965, Macchiorlati Dalmas/Alta Autorità, 21/64, EU:C:1965:30, pag. 245; del 9 settembre 2003, Kik/UAMI, C‑361/01 P, EU:C:2003:434, punto 76, e del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 237).

100    A tale riguardo, vero è che, nella sentenza del 22 gennaio 2015, Teva Pharma e Teva Pharmaceuticals Europe/EMA (T‑140/12, EU:T:2015:41, punti 52 e 53), fatta valere dalla Commissione, il Tribunale ha respinto in quanto irricevibile un’eccezione di illegittimità sollevata contro una relazione sintetica e un parere del comitato per i medicinali orfani dell’EMA. In tale sentenza, il Tribunale ha rilevato che tali atti erano atti preparatori e che la Commissione poteva discostarsi dal parere del detto comitato. Esso ne ha dedotto che tali atti non costituivano atti a carattere generale e non erano, per loro natura, atti che potessero costituire la base giuridica della decisione impugnata o avere un nesso diretto con quest’ultima in modo tale che la loro asserita illegittimità potesse avere un qualsiasi impatto sulla definizione della controversia.

101    Tuttavia, in primo luogo, occorre rilevare che, nell’ambito del suo ricorso, la ricorrente non solleva formalmente un’eccezione di illegittimità nei confronti del parere del CHMP o dell’EPAR. Infatti, la ricorrente fa valere che la valutazione scientifica del CHMP è manifestamente errata in quanto essa conclude nel senso dell’esistenza di una rilevante differenza tra il Tecfidera e il Fumaderm. Secondo la ricorrente, ne discende che la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, che avalla le constatazioni del CHMP su questo punto, è illegittima e inapplicabile.

102    In secondo luogo, risulta dalla giurisprudenza che, nella misura in cui una decisione conferma puramente e semplicemente il parere dell’EMA, si deve ritenere che il contenuto di tale parere, come del resto quello della relazione di valutazione su cui esso si fonda, formino parte integrante della motivazione di tale decisione, per quanto riguarda in particolare la valutazione scientifica del medicinale in questione (v. sentenza dell’11 giugno 2015, Laboratoires CTRS/Commissione, T‑452/14, non pubblicata, EU:T:2015:373, punto 60 e giurisprudenza citata).

103    Nella decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, la Commissione non ha ribadito la conclusione del CHMP secondo cui la sostanza attiva del Tecfidera, il DMF, era una nuova sostanza attiva. Tuttavia, in tale decisione di esecuzione, la Commissione si è fondata esplicitamente, da un lato, sulla valutazione del CHMP secondo cui il MEF e il DMF sono entrambi attivi e non corrispondono alla stessa sostanza attiva, in quanto la loro parte attiva terapeutica non è la stessa e, dall’altro, sulla conclusione del CHMP secondo la quale il DMF è diverso dal Fumaderm. La Commissione ne ha dedotto che il Tecfidera e il Fumaderm non facevano parte di una stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale. Così, in seguito all’adozione di tale decisione di esecuzione, è stata aggiunta all’EPAR una nota, relativa al Tecfidera, al fine di precisare che, «alla luce d[ell’]evoluzione delle considerazioni normative, testimoniata dal considerando [3] della decisione [di esecuzione del 30 gennaio 2014], la dichiarazione finale del parere del CHMP secondo cui la sostanza attiva del Tecfidera,e cioè il DMF, [era] una nuova sostanza attiva [era] superata». Per contro, il CHMP ha precisato che tutte le altre considerazioni e conclusioni scientifiche relative alla sua valutazione restavano valide.

104    Si deve quindi considerare che il contenuto del parere rivisto del CHMP, come del resto il contenuto dell’EPAR su cui è fondato, forma parte integrante della motivazione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, relativamente, in particolare, alla valutazione scientifica dell’esistenza di una differenza tra il Tecfidera e il Fumaderm.

105    Pertanto, la ricorrente è legittimata, al fine di dimostrare l’illegittimità della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, a contestare le valutazioni che, in primo luogo, sono contenute nel parere rivisto del CHMP, nonché nell’EPAR, e su cui, in secondo luogo, si fonda la detta decisione di esecuzione.

106    L’argomentazione addotta dalla Commissione e relativa alla mancanza di nesso giuridico diretto tra la decisione impugnata e talune delle misure preparatorie della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 è pertanto respinta.

c)      Sul diritto della ricorrente di proporre un ricorso diretto contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014

107    L’articolo 277 TFUE costituisce l’espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare, al fine di ottenere l’annullamento di una decisione che la concerne direttamente e individualmente, la validità di precedenti atti delle istituzioni, che costituiscono il fondamento giuridico della decisione impugnata, qualora non avesse il diritto di proporre, in forza dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto contro tali atti, di cui essa subisce così le conseguenze senza averne potuto chiedere l’annullamento (sentenze del 6 marzo 1979, Simmenthal/Commissione, 92/78, EU:C:1979:53, punto 39, e del 17 giugno 1999, ARAP e a./Commissione, T‑82/96, EU:T:1999:127, punto 46).

108    Qualora una parte ricorrente fosse legittimata a intentare un ricorso di annullamento contro un atto di cui essa eccepisce successivamente l’illegittimità mediante eccezione, l’eccezione di illegittimità sollevata contro tale atto è respinta in quanto irricevibile per il motivo che la preclusione osta a tale contestazione incidentale di un atto definitivo (v., in questo senso, sentenza del 20 settembre 2011, Regione autonoma della Sardegna e a./Commissione, T‑394/08, T‑408/08, T‑453/08 e T‑454/08, EU:T:2011:493, punto 68). Infatti, ammettere che una parte ricorrente, nell’ambito di un ricorso di annullamento diretto contro una decisione, possa far valere irregolarità relative a un atto anteriore di cui essa avrebbe potuto chiedere l’annullamento permetterebbe di mettere indirettamente in discussione decisioni anteriori non impugnate entro il termine di ricorso di cui all’articolo 263 TFUE e di eludere così tale termine (v., in questo senso, sentenza del 29 giugno 1995, Spagna/Commissione, C‑135/93, EU:C:1995:201, punto 17).

109    Occorre quindi verificare se, alla luce degli elementi agli atti, un ricorso proposto dalla ricorrente ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 sarebbe stato ricevibile.

110    A tale riguardo, si deve ricordare che l’articolo 263, quarto comma, TFUE dispone che «[q]ualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione».

111    Nella fattispecie, è pacifico che la ricorrente non è stata destinataria della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014.

112    In questo contesto, si deve ricordare che la ricevibilità di un ricorso proposto da una persona fisica o giuridica contro un atto di cui essa non è destinataria, a norma dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, è subordinata alla condizione che alla medesima persona sia riconosciuta la legittimazione ad agire, la quale si presenta in due ipotesi. Da un lato, un tale ricorso può essere proposto a condizione che detto atto la riguardi direttamente e individualmente. Dall’altro lato, la suddetta persona può proporre ricorso contro un atto regolamentare che non comporti misure di esecuzione se esso la riguarda direttamente (sentenze del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punti 59 e 91, e del 13 marzo 2018, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, C‑244/16 P, EU:C:2018:177, punto 39).

113    In primo luogo, quanto alla condizione relativa al fatto che la ricorrente sia interessata individualmente, da costante giurisprudenza emerge che i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono affermare di essere individualmente interessati solamente qualora la decisione stessa li riguardi a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che li caratterizzi rispetto a qualsiasi altro soggetto e, quindi, li distingua in modo analogo ai destinatari (sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 223; del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 72, e del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 46).

114    La possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti di diritto ai quali si applica un provvedimento non comporta affatto che questi soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da questo provvedimento, qualora risulti che tale applicazione sia effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto in questione (v., in questo senso, sentenze del 22 novembre 2001, Antillean Rice Mills/Consiglio, C‑451/98, EU:C:2001:622, punto 52, e del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 47).

115    Nella fattispecie, innanzitutto, la circostanza che la ricorrente sia un produttore di medicinali generici e che essa abbia progettato, eventualmente, di immettere in commercio un medicinale generico del Tecfidera non è, di per sé, tale da contraddistinguerla, dato che altri operatori potevano trovarsi nella sua stessa situazione.

116    Inoltre, è importante constatare che la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 è stata adottata a seguito di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio presentata dalla Biogen Idec.

117    Orbene, nell’ambito della direttiva 2001/83 o del regolamento n. 726/2004, la procedura di rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio è concepita come una procedura bilaterale che coinvolge solamente il richiedente e l’autorità competente (v., in questo senso, sentenza del 23 ottobre 2014, Olainfarm, C‑104/13, EU:C:2014:2316, punto 34). Si tratta, infatti, di un procedimento tra il richiedente e l’amministrazione, nel corso del quale quest’ultima deve tenere conto dell’interesse del richiedente ad ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio e dell’interesse pubblico di protezione della salute umana. I terzi, come la ricorrente nel caso di specie, non possono partecipare a tale procedimento né erigersi a interlocutori del CHMP e della Commissione per quanto riguarda la valutazione dei dati scientifici relativi al medicinale di cui trattasi (v., in questo senso, sentenza del 18 dicembre 2003, Olivieri/Commissione e EMEA, T‑326/99, EU:T:2003:351, punto 94).

118    Infine, occorre sottolineare che, nella decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, la Commissione ha considerato che il Tecfidera contenente DMF era diverso dal Fumaderm, l’altro medicinale già autorizzato composto da DMF e da sali di MEF, e che, di conseguenza, il Tecfidera – dimetilfumarato, la cui domanda di autorizzazione era fondata sull’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83, e il medicinale già autorizzato Fumaderm non facevano parte di una stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83.

119    Pertanto, risulta dalla procedura di adozione e dal contenuto della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 che la situazione individuale della ricorrente non è stata presa in considerazione nell’adozione della detta decisione di esecuzione, anche laddove la Commissione ha in essa considerato che il Tecfidera e il medicinale già autorizzato Fumaderm non facevano parte di una stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83.

120    La ricorrente era pertanto interessata dalla decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 unicamente nella sua qualità oggettiva di produttore di medicinali, in particolare di medicinali generici, alla stessa stregua di qualsiasi altro operatore economico che si trovasse, nello stesso momento e potenzialmente, in una situazione identica.

121    Pertanto, non è dimostrato che la ricorrente fosse individualmente interessata dalla decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014.

122    In secondo luogo, per quanto riguarda l’esistenza di un atto regolamentare non comportante misure di esecuzione, occorre sottolineare che la nozione di «atto regolamentare», ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, comprende tutti gli atti non legislativi di portata generale (sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 28).

123    Nella fattispecie, occorre ricordare che la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 presenta una portata generale per quanto riguarda le valutazioni contestate dalla ricorrente (v. precedenti punti da 85 a 96). Inoltre, è pacifico che tale decisione di esecuzione non costituisce un atto legislativo.

124    La detta decisione di esecuzione è dunque un atto regolamentare nella parte in cui essa constata, al considerando 3, che il Tecfidera non rientra nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm.

125    Secondo una giurisprudenza costante, l’espressione «che non comportano alcuna misura di esecuzione», ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, dev’essere interpretata alla luce dell’obiettivo di detta disposizione consistente, come emerge dalla sua genesi, nell’evitare che un singolo sia costretto a violare la legge per poter accedere al giudice. Orbene, qualora un atto regolamentare produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di una persona fisica o giuridica senza richiedere misure di esecuzione, quest’ultima rischierebbe di essere privata di tutela giurisdizionale effettiva se non disponesse di un rimedio dinanzi al giudice dell’Unione al fine di contestare la legittimità di detto atto regolamentare. Infatti, in mancanza di misure di esecuzione, una persona fisica o giuridica, ancorché direttamente interessata dall’atto in questione, non sarebbe in grado di ottenere un controllo giurisdizionale dell’atto se non dopo aver violato le disposizioni dell’atto medesimo facendone valere l’illegittimità nell’ambito dei procedimenti avviati nei suoi confronti dinanzi ai giudici nazionali (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 58 e giurisprudenza citata).

126    Per contro, quando un atto regolamentare comporta misure di esecuzione, il sindacato giurisdizionale sul rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione è garantito indipendentemente dalla provenienza di dette misure, siano esse misure dell’Unione o misure degli Stati membri. Le persone fisiche o giuridiche che, in considerazione dei requisiti di ricevibilità previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, non possono impugnare direttamente dinanzi al giudice dell’Unione un atto regolamentare dell’Unione sono protette contro l’applicazione, nei loro confronti, di un atto di tal genere, grazie alla possibilità di impugnare le misure di esecuzione che l’atto medesimo comporta (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 59 e giurisprudenza citata).

127    Qualora l’applicazione di un tale atto spetti alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione, le persone fisiche o giuridiche possono proporre dinanzi ai giudici dell’Unione un ricorso diretto avverso le misure di applicazione alle condizioni stabilite all’articolo 263, quarto comma, TFUE e dedurre, a sostegno di tale ricorso, l’illegittimità dell’atto di base in questione, ai sensi dell’articolo 277 TFUE (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 60 e giurisprudenza citata.

128    La Corte ha, pertanto, ripetutamente dichiarato che, per valutare se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione, occorre fare riferimento alla posizione della persona che invoca il diritto di ricorso a norma dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE. È quindi irrilevante accertare se l’atto di cui trattasi comporti misure di esecuzione nei confronti di altri singoli (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 61 e giurisprudenza citata).

129    Inoltre, nell’ambito di tale valutazione, occorre far esclusivo riferimento all’oggetto del ricorso e, nel caso in cui un ricorrente si limiti a chiedere l’annullamento parziale di un atto, sono soltanto le misure di esecuzione che tale parte dell’atto eventualmente comporta che vanno, se del caso, prese in considerazione (v. sentenza del 10 dicembre 2015, Kyocera Mita Europe/Commissione, C‑553/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:805, punto 45 e giurisprudenza citata; v., altresì, in questo senso, sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 61).

130    Infine, la formulazione dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE non richiede, affinché una misura sia qualificata come misura di esecuzione di un atto regolamentare, che tale atto costituisca la base giuridica di tale misura. Una stessa misura può essere una misura di attuazione sia dell’atto le cui disposizioni costituiscono la sua base giuridica sia di un atto diverso qualora gli effetti giuridici di quest’ultimo si produrranno, in tutto o in parte, nei confronti della parte ricorrente, soltanto mediante tale misura (sentenza del 13 marzo 2018, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, C‑244/16P, EU:C:2018:177, punto 72).

131    La questione se le misure di esecuzione abbiano o meno carattere meccanico è irrilevante (sentenza del 13 marzo 2018, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, C‑244/16 P, EU:C:2018:177, punto 47). In altri termini, la questione se l’atto regolamentare impugnato lasci o meno un potere discrezionale alle autorità incaricate delle misure di esecuzione non è pertinente per determinare se comporti misure di esecuzione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE (sentenza del 6 giugno 2013, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, T‑279/11, EU:T:2013:299, punto 53; v. altresì, in questo senso, ordinanza del 14 luglio 2015, Forgital Italy/Consiglio, C‑84/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:517, punto 44).

132    Al riguardo, da una parte, si deve rilevare che il contenuto del considerando 3 della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 è riprodotto nella decisione impugnata. Inoltre, è pacifico che la decisione impugnata è fondata sulla decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014. Infatti, nella sua memoria di intervento, la Commissione ha precisato che il diniego di convalida espresso nella decisione impugnata era direttamente connesso alle valutazioni operate nella decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014. Nelle sue risposte scritte ai quesiti posti dal Tribunale, la Commissione ha aggiunto che l’EMA era vincolata dal contenuto del considerando 3 della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014.

133    Dall’altra parte, occorre ricordare che, nel corso di una riunione tenutasi tra i servizi della Commissione e la Biogen Idec il 16 maggio 2013, la Commissione ha sottolineato che, nelle decisioni che accordavano un’autorizzazione all’immissione in commercio, non veniva emessa alcuna dichiarazione sull’esclusiva sui dati in quanto l’esclusiva sui dati era una nozione dinamica soggetta a modifiche in caso di trasferimento di elementi patrimoniali tra società. Inoltre, come ha spiegato la Commissione nella sua memoria di intervento, l’EMA, nell’ambito della procedura di convalida, verifica se il periodo regolamentare di protezione dei dati per il medicinale di riferimento sia scaduto. Nelle sue risposte scritte ai quesiti del Tribunale, l’EMA ha precisato che, per determinare se il medicinale di riferimento fosse autorizzato da meno di otto anni, occorreva verificare se il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale di riferimento detenesse anche autorizzazioni per altri prodotti contenenti la stessa sostanza attiva. Infine, come hanno spiegato l’EMA e la Commissione all’udienza, le verifiche effettuate dall’EMA nell’ambito della sua competenza di convalida consistono, più in generale, nel valutare se il fascicolo del richiedente un’autorizzazione all’immissione in commercio sia completo alla luce dell’articolo 8, paragrafo 3, e dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83.

134    Pertanto, si deve rilevare che la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, in cui si accerta che il Tecfidera non faceva parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm, ha spiegato i suoi effetti giuridici nei confronti della ricorrente unicamente tramite la decisione impugnata, adottata in seguito alla presentazione di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio secondo una procedura cosiddetta «abbreviata» (v. precedente punto 8) e con cui è stata negata la convalida di tale domanda.

135    Vero è che la Corte ha dichiarato che sarebbe artificioso obbligare il concorrente di un beneficiario di una misura nazionale che non costituisce un aiuto di Stato a chiedere alle autorità nazionali di concedergli tale beneficio e a impugnare l’atto di rigetto di detta domanda dinanzi a un organo giurisdizionale nazionale, al fine di indurre quest’ultimo a interrogare la Corte in merito alla validità della decisione della Commissione relativa alla suddetta misura (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 66 e giurisprudenza citata).

136    Tuttavia, nel caso di specie, è solo presentando una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale generico del Tecfidera che la ricorrente è stata in grado di dimostrare, in maniera appropriata, le ragioni per le quali la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 poteva produrre effetti diretti, concreti e certi sulla sua situazione giuridica. Pertanto, la presentazione di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale generico del Tecfidera non può essere qualificata come artificiosa dato che ha permesso alla ricorrente di dimostrare che essa era in grado di produrre un medicinale generico del Tecfidera e che aveva deciso di commercializzare tale medicinale. Occorre aggiungere che, in seguito alla presentazione di tale domanda, l’EMA ha verificato se il medicinale di riferimento designato dalla ricorrente e cioè il Tecfidera, beneficiasse di un periodo di protezione regolamentare dei dati in applicazione dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004.

137    Ne consegue, da un lato, che la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 implica misure di esecuzione, nella parte in cui essa accerta, al considerando 3, che il Tecfidera non fa parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm, e, dall’altro, che la decisione impugnata, rivolta alla ricorrente, costituisce una di tali misure.

138    In ogni caso, nulla osta a che una parte ricorrente deduca un’eccezione di irricevibilità contro un atto di portata generale per il motivo che, entro il termine previsto per proporre un ricorso di annullamento fondato sull’articolo 263 TFUE, essa non era in grado di comprovare un interesse ad agire direttamente contro quest’ultimo (v., per analogia, sentenza del 27 marzo 2019, Canadian Solar Emea e a./Consiglio, C‑236/17 P, EU:C:2019:258, punto 103, e conclusioni dell’avvocato generale Pitruzzella nella causa Compagnie des pêches de Saint-Malo, C‑212/19, EU:C:2020:179, paragrafi 49 e 50).

139    Secondo una giurisprudenza costante, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove quest’ultima abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento di detto atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (v. sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 55 e giurisprudenza citata).

140    Al contrario, non sussiste interesse ad agire qualora l’esito favorevole di un ricorso non sia comunque idoneo a dare soddisfazione al ricorrente (v. sentenza del 23 novembre 2017, Bionorica e Diapharm/Commissione, C‑596/15 P e C‑597/15 P, EU:C:2017:886, punto 85 e giurisprudenza citata).

141    L’interesse ad agire di un ricorrente deve essere concreto e attuale. Esso non può riguardare una situazione futura ed ipotetica (v. sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 56 e giurisprudenza citata).

142    L’interesse ad agire costituisce quindi il presupposto essenziale e preliminare di qualsiasi azione giurisdizionale (v. sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 58 e giurisprudenza citata).

143    Nella fattispecie, è vero che, il 27 febbraio 2014, vale a dire alla vigilia della pubblicazione di una sintesi della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, la ricorrente, dinanzi all’Ufficio europeo dei brevetti, ha proposto opposizione nei confronti di un brevetto europeo rilasciato nel maggio 2013 alla Biogen Idec, che riguardava «composizioni e loro utilizzazioni per la cura della sclerosi a placche» e che ricomprendeva l’utilizzazione di DMF nella cura della sclerosi a placche mediante dosaggi specifici approvati per il Tecfidera. Inoltre, la Biogen ha prodotto una pubblicazione della ricorrente che, da una parte, riguarda gli ingredienti farmaceutici attivi che erano in fase di sviluppo nel corso del primo trimestre 2014 e che, dall’altra, menziona il DMF per la cura della sclerosi a placche.

144    Tuttavia, occorre rilevare che la pubblicazione della ricorrente, prodotta dalla Biogen, menziona il fatto che lo sviluppo del DMF si trovava in una fase precoce nel corso del primo trimestre dell’anno 2014. Inoltre, si deve constatare che la ricorrente ha sostenuto, senza essere contraddetta dalle altre parti nel corso dell’udienza, che l’iter di sviluppo di un medicinale generico comportava molteplici fasi e studi al fine di produrre i dati richiesti dalla pratica di domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. Essa ha parimenti fatto valere che i risultati di taluni di tali studi restavano incerti sino alla conclusione di questi ultimi. Essa ha precisato che taluni tra gli studi necessari, come alcuni studi di bioequivalenza, non potevano iniziare o essere condotti finché il medicinale di riferimento, nella fattispecie il Tecfidera, non fosse in commercio.

145    Pertanto, da una parte, le spiegazioni fornite dalla ricorrente dimostrano che il suo interesse a richiedere direttamente l’annullamento della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 non era concreto e attuale, ma futuro, alla data in cui essa avrebbe avuto diritto di proporre un ricorso di annullamento contro la detta decisione di esecuzione, in quanto non era pensabile che essa presentasse una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale generico del Tecfidera a tale data e in quanto un periodo di tempo ampiamente eccedente il termine per il ricorso di annullamento era necessario per la presentazione di una siffatta domanda. Dall’altra parte, le dette spiegazioni dimostrano parimenti che la capacità della ricorrente di rispettare le condizioni di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale generico del Tecfidera era incerta alla data in cui essa avrebbe avuto diritto di proporre ricorso di annullamento contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014.

146    Pertanto, alla luce della situazione della ricorrente tra la data in cui una sintesi della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e la data di scadenza del termine per il ricorso di annullamento esperibile contro tale atto, non è dimostrato che la ricorrente disponesse di un interesse concreto e attuale ad agire direttamente contro la detta decisione di esecuzione.

147    È stato del resto dichiarato che una mera dichiarazione di intenti nel senso di fare ingresso nel mercato, in quanto vertente su una situazione futura e incerta, non può essere sufficiente per dimostrare un interesse ad agire concreto e attuale (v., in questo senso, sentenza del 23 novembre 2017, Bionorica e Diapharm/Commissione, C‑596/15 P e C‑597/15 P, EU:C:2017:886, punti 114 e 115).

148    Di conseguenza, si deve constatare che non risulta dagli elementi agli atti che la ricorrente fosse legittimata a proporre, sul fondamento dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto all’annullamento della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014.

149    Il motivo di irricevibilità dell’eccezione di illegittimità è dunque respinto.

2.      Sul merito

150    La ricorrente sostiene che la Commissione ha applicato un criterio errato e ha commesso un errore manifesto di valutazione nel concludere che il Tecfidera e il Fumaderm erano diversi e che, di conseguenza, il Tecfidera non rientrava nell’autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm. Infatti, in primo luogo, la ricorrente fa valere che, per stabilire se il Tecfidera e il Fumaderm fossero diversi ai fini dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale, la Commissione ha applicato un criterio errato che non prendeva in considerazione tutti i fattori rilevanti. In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, se il CHMP e la Commissione avessero applicato il criterio appropriato e preso in considerazione tutti i fattori rilevanti, essi non avrebbero potuto decidere che il Tecfidera non rientrava nell’ambito di applicazione dell’autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm. Riguardo al contenuto del ricorso, il Tribunale ritiene che queste due censure debbano essere esaminate congiuntamente in quanto esse mirano entrambe, di fatto, a far valere che la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 è viziata da errore manifesto di valutazione poiché, nell’adottare tale decisione, la Commissione si è fondata su elementi che non costituivano l’insieme dei dati disponibili e appropriati da prendere in considerazione. Più precisamente, la ricorrente fa valere che, in presenza di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di una sostanza attiva che faceva parte di un’associazione di sostanze medicinali precedentemente autorizzata, la valutazione dell’esistenza di una differenza tra tale associazione e tale sostanza attiva isolata dipende dalla questione di stabilire se le singole sostanze attive dell’associazione apportino un contributo terapeutico documentato e rilevante in seno alla detta associazione.

151    Pertanto, innanzitutto, il Tribunale dedicherà alcune osservazioni preliminari alla pertinenza del motivo unico e all’ampiezza del sindacato giurisdizionale. Il Tribunale valuterà poi se la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione quando ha adottato la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, esaminando di seguito le seguenti quattro questioni: in primo luogo, l’autorizzazione globale all’immissione in commercio e i suoi obiettivi, in secondo luogo, il diritto dell’Unione applicabile e l’evoluzione delle conoscenze scientifiche tra il 1994 e 2014, in terzo luogo, il principio di mutuo riconoscimento delle decisioni adottate dalle autorità nazionali e, in quarto luogo, i dati di cui disponevano o potevano disporre la Commissione e l’EMA in ordine al ruolo del MEF nel Fumaderm.

a)      Osservazioni preliminari

152    In via preliminare, occorre verificare la pertinenza del motivo unico e determinare l’ampiezza del sindacato giurisdizionale.

1)      Sulla pertinenza del motivo unico

153    Nell’ambito delle sue risposte alle misure di organizzazione del procedimento menzionate al precedente punto 63, l’EMA ha sostenuto che dalla formulazione della decisione impugnata risultava che essa era fondata su due basi giuridiche distinte l’una dall’altra, e cioè, da un lato, l’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, e, dall’altro, la decisione di esecuzione della Commissione del 30 gennaio 2014. L’EMA ha altresì specificato che la decisione impugnata si basava su un raffronto tra le composizioni qualitative quanto alle sostanze attive del Fumaderm e del Tecfidera, da una parte, e sulla decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, dall’altra. Secondo l’EMA, tali due basi giuridiche sono distinte, in quanto alla loro origine vi sono ragionamenti leggermente diversi.

154    Alla luce di quanto precede, l’EMA ha sostenuto, nelle sue risposte scritte ai quesiti del Tribunale, che il motivo unico era inconferente in quanto la ricorrente non aveva contestato uno dei punti della motivazione della decisione impugnata, e cioè il raffronto tra le composizioni qualitative del Fumaderm e del Tecfidera, effettuato dall’EMA stessa nella fase della convalida della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Dimethyl Fumarate Pharmaceutical Works Polpharma.

155    Tuttavia, in primo luogo, è importante constatare che, nella decisione impugnata, l’EMA ha innanzitutto ricordato i termini del considerando 3 della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, che a sua volta rinvia alle valutazioni operate dal CHMP. L’EMA ha poi ricordato le disposizioni dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004. Infine, l’EMA ha attirato l’attenzione sul fatto che il Tecfidera e il Fumaderm differivano per la loro composizione qualitativa quanto alle sostanze attive. Al riguardo, essa ha menzionato il contenuto dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83. L’EMA ha aggiunto che, come precisato dalla Commissione nella sua decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, il Tecfidera e il Fumaderm non facevano parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale e che era evidente che il Tecfidera beneficiava del proprio periodo di tutela dei dati autonomo, della durata di otto anni.

156    L’EMA ne ha dedotto che, alla luce della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, che riconosce che il Tecfidera e il Fumaderm non appartengono alla stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale, e alla luce dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, essa non era in grado di convalidare la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio presentata dalla ricorrente per una versione generica del Tecfidera.

157    Pertanto, risulta dalla decisione impugnata che, in quest’ultima, l’EMA si è fondata esclusivamente sulla conclusione, figurante già nella decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, secondo la quale «il [MEF] e il [DMF] sono entrambi attivi e (...) non sono la stessa sostanza attiva in quanto non rientrano nello stesso gruppo funzionale terapeutico [, e] si ritiene pertanto che il Tecfidera contenente il DMF sia diverso dal Fumaderm, l’altro medicinale già autorizzato costituito dal DMF e dai sali del MEF».

158    La decisione impugnata non può dunque essere interpretata nel senso che l’EMA abbia direttamente operato un raffronto tra le composizioni qualitative del Fumaderm e del Tecfidera, nella fase della convalida della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio presentata dalla ricorrente per un medicinale generico del Tecfidera.

159    Peraltro, dato che la Commissione si era già pronunciata sul raffronto tra le composizioni qualitative del Fumaderm e del Tecfidera, non vi era motivo, per l’EMA, di procedere ad un proprio raffronto tra le composizioni qualitative del Fumaderm e del Tecfidera.

160    In secondo luogo, occorre sottolineare che l’interpretazione della decisione impugnata, effettuata dall’EMA nell’ambito delle sue risposte scritte ai quesiti posti dal Tribunale, non è compatibile con le spiegazioni da essa fornite nel controricorso e nella controreplica.

161    Certo, nel controricorso, l’EMA ha spiegato che la constatazione dell’esistenza di autorizzazioni all’immissione in commercio globali diverse sulla base di un raffronto del riassunto delle caratteristiche dei prodotti in questione (in prosieguo: lo «RCP») poteva essere effettuata nel corso della convalida di qualsiasi domanda di autorizzazione di una versione generica del Tecfidera, si tratti di una domanda formulata presso l’EMA ovvero presso un’autorità nazionale competente. Inoltre, l’EMA ha specificato che la sua decisione era fondata sul fatto che il Tecfidera non rientrava nell’autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm dato che le composizioni qualitative quanto alle sostanze attive del Tecfidera e del Fumaderm erano diverse.

162    Tuttavia, nello stesso controricorso, l’EMA ha sostenuto che il criterio del raffronto tra le composizioni qualitative dei due medicinali, così come autorizzati, poteva essere soddisfatto in due modi: o in esito ad un raffronto degli RCP riguardanti rispettivamente il Fumaderm e il Tecfidera, come indicato dall’EMA nella sua lettera del 3 agosto 2011 (v. precedente punto 12), o in seguito ad una valutazione sfociata nella conclusione che il DMF e il MEF erano sostanze attive diverse (criterio applicato dalla Commissione all’epoca del rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera). Inoltre, risulta dagli atti scritti dell’EMA che quest’ultima ha sostenuto che essa avrebbe potuto limitarsi a raffrontare gli RCP riguardanti i medicinali controversi e che la mera constatazione, sulla base di un raffronto tra i detti RCP, dell’esistenza di una composizione qualitativa quanto alle sostanze attive diverse permetteva di trarre una conclusione. In altri termini, l’EMA ha spiegato che «sarebbe stato possibile» seguire un modo di procedere del genere nel caso di specie e che era questo il modo di procedere che sarebbe stato seguito in futuro. Per contro, l’EMA non ha mai sostenuto, nel controricorso e nella controreplica, che questo fosse il modo di procedere da essa effettivamente seguito nel caso di specie, nella decisione impugnata. È un fatto rivelatore al riguardo che, a sostegno della sua argomentazione, l’EMA si sia fondata più volte sull’orientamento da essa suggerito nella sua lettera del 3 agosto 2011, e non sul contenuto della decisione impugnata. Inoltre, la decisione impugnata non contiene alcun riferimento agli RCP riguardanti rispettivamente il Fumaderm e il Tecfidera.

163    Si deve pertanto respingere l’argomentazione dell’EMA relativa al fatto che il motivo unico sarebbe inconferente in quanto la ricorrente non avrebbe contestato uno dei punti della motivazione della decisione impugnata.

2)      Sull’ampiezza del sindacato giurisdizionale

164    Qualora la decisione dell’autorità amministrativa sia il risultato di valutazioni tecniche complesse, per esempio in ambito medico-farmacologico, queste ultime, in linea di principio, sono soggette ad un sindacato giurisdizionale limitato, il quale implica che il giudice comunitario non può sostituire la sua valutazione degli elementi di fatto a quella di detta autorità [v. sentenza del 19 novembre 2008, Schräder/OCVV (SUMCOL 01), T‑187/06, EU:T:2008:511, punto 60 e giurisprudenza citata].

165    Infatti, qualora un’istituzione dell’Unione sia chiamata ad effettuare valutazioni complesse, essa dispone di un ampio potere discrezionale il cui esercizio è soggetto ad un sindacato giurisdizionale che si limita a verificare se il provvedimento di cui trattasi non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere o se l’autorità competente non abbia manifestamente ecceduto i limiti del suo potere discrezionale (v. sentenza dell’11 dicembre 2014, PP Nature-Balance Lizenz/Commissione, T‑189/13, non pubblicata, EU:T:2014:1056, punto 34 e giurisprudenza citata).

166    Tuttavia, anche se il giudice dell’Unione riconosce all’amministrazione un margine discrezionale in materia economica o tecnica, ciò non implica che egli debba astenersi dal controllare l’interpretazione di dati di tale natura da parte dell’amministrazione. Infatti, il giudice dell’Unione è tenuto, in particolare, non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte [v. sentenza del 19 novembre 2008, Schräder/OCVV (SUMCOL 01), T‑187/06, EU:T:2008:511, punto 61 e giurisprudenza citata].

167    Il controllo giurisdizionale, anche se ha portata limitata, richiede che le istituzioni dell’Unione, da cui promana l’atto di cui trattasi, siano in grado di dimostrare dinanzi alla Corte che l’atto è stato adottato attraverso un effettivo esercizio del loro potere discrezionale, che presuppone la valutazione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze rilevanti della situazione che tale atto era inteso a disciplinare (v., in questo senso, sentenze dell’8 luglio 2010, Afton Chemical, C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 34, e del 30 aprile 2015, Polynt e Sitre/ECHA, T‑134/13, non pubblicata, EU:T:2015:254, punto 53).

168    Al fine di stabilire se un’istituzione abbia commesso un manifesto errore nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento di un atto, gli elementi di prova addotti dalla parte ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nell’atto di cui si tratta (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2011, Francis/Commissione, T‑257/07, EU:T:2011:444, punto 86 e giurisprudenza citata).

169    Per quanto riguarda il parere del CHMP, il Tribunale non può sostituire la propria valutazione a quella di tale comitato. Infatti, il sindacato giurisdizionale si esercita soltanto sulla regolarità del funzionamento del comitato nonché sulla coerenza interna e sulla motivazione del suo parere. Sotto quest’ultimo aspetto, il giudice è unicamente autorizzato a verificare se il parere contenga una motivazione che consenta di valutare le considerazioni sulle quali esso è fondato e se esso stabilisca un nesso comprensibile tra le constatazioni mediche o scientifiche e le conclusioni che contiene. A tale proposito, occorre sottolineare che il CHMP è tenuto a indicare, nel suo parere, le principali relazioni e perizie scientifiche su cui esso si fonda e a precisare, in caso di divergenza significativa, le ragioni per le quali esso si scosta dalle conclusioni delle relazioni o delle perizie prodotte dalle imprese interessate. Tale obbligo si impone in maniera del tutto particolare in caso di incertezza scientifica. Garantendo il contraddittorio e la trasparenza nella consultazione del comitato, tale obbligo permette di accertarsi che la sostanza considerata abbia formato oggetto di una valutazione scientifica approfondita e obiettiva, fondata su un raffronto delle tesi scientifiche più rappresentative e delle posizioni scientifiche addotte dai laboratori farmaceutici interessati (v. sentenza dell’11 dicembre 2014, PP Nature-Balance Lizenz/Commissione, T‑189/13, non pubblicata, EU:T:2014:1056, punto 52 e giurisprudenza citata).

170    Infine, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito di un ricorso di annullamento, la legittimità dell’atto impugnato deve essere valutata in base agli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento in cui l’atto è stato adottato (v. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 37 e giurisprudenza citata; sentenza del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 260) e agli elementi di informazione di cui l’istituzione autrice dell’atto poteva disporre al momento in cui lo ha emanato [sentenza del 9 settembre 2009, Brink’s Security Luxembourg/Commissione, T‑437/05, EU:T:2009:318, punto 96; v., altresì, in questo senso, sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (France) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 157].

171    Un ricorrente non può pertanto far valere, dinanzi al giudice dell’Unione, elementi di fatto posteriori all’atto la cui legittimità viene contestata o dei quali l’autore dell’atto non poteva aver conoscenza al momento dell’adozione di quest’ultimo. Gli argomenti fondati su siffatti elementi sono infatti inconferenti.

172    È alla luce di queste considerazioni che occorre verificare se la Commissione non abbia commesso alcun errore manifesto di valutazione nel considerare, nella decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, che il Tecfidera, composto unicamente da DMF, non faceva parte dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm rilasciata dal BfArM nel 1994.

b)      Sullautorizzazione allimmissione in commercio globale e sui suoi obiettivi

173    La ricorrente sostiene che il fatto che il Tecfidera sia autorizzato secondo una procedura diversa, per un’indicazione diversa e con una denominazione commerciale diversa rispetto al Fumaderm non costituisce un fattore che possa essere invocato in quanto tale per sostenere che il Tecfidera non rientra nell’ambito di applicazione dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm. Essa fa valere che l’attività terapeutica, o l’assenza di siffatta attività, dei sali di MEF in seno al Fumaderm costituisce la chiave che permette di stabilire se esista una qualsiasi differenza rilevante tra il Tecfidera e il Fumaderm ai fini dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale. La ricorrente aggiunge che l’efficacia terapeutica dei sali di MEF nel Fumaderm dev’essere rilevante. Infatti, sarebbe improprio considerare «diversi» due prodotti per il semplice motivo che uno di essi contenga un composto particolare che provochi un qualunque effetto farmaceutico assente nel prodotto messo a confronto. In caso contrario, il titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio potrebbe ottenere troppo facilmente un ulteriore lungo periodo di tutela regolamentare dei dati aggiungendo o ritirando, al momento di estendere il prodotto a una nuova indicazione terapeutica, una sostanza attiva sotto il profilo farmaceutico, ma clinicamente non rilevante. Lo stesso varrebbe per una sostanza dotata di un’attività rilevante, che sia presente in una associazione, ma in dose troppo esigua per produrre un qualsiasi effetto terapeutico significativo, e che potrebbe, anch’essa, essere ritirata dall’associazione senza alcuna incidenza sensibile sull’attività terapeutica. La ricorrente asserisce che, se modifiche del genere fossero ricompensate con il riconoscimento di un nuovo periodo di tutela regolamentare dei dati unicamente per il fatto che le sostanze attive interessate avevano dato prova, singolarmente, di una (certa) attività terapeutica, ciò contravverrebbe agli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2001/83 e non permetterebbe di trovare un giusto equilibrio tra la protezione degli interessi delle società innovatrici e l’esigenza di favorire la produzione di medicinali generici alla luce dell’interesse generale.

174    L’EMA contesta l’argomento della ricorrente secondo il quale il criterio giuridico applicato dalla Commissione per determinare se due medicinali facciano parte di autorizzazioni all’immissione in commercio globali distinte potrebbe offrire alle imprese un mezzo per eludere le norme relative alla tutela regolamentare dei dati. Secondo l’EMA, il rischio di elusione menzionato dalla ricorrente è del tutto ipotetico.

175    L’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 (v. precedente punto 8) persegue l’obiettivo di conciliare, da un lato, una sufficiente tutela dei lavori di ricerca e di sviluppo svolti dalle imprese farmaceutiche innovatrici e, dall’altro, la volontà di evitare le prove superflue sull’uomo e sugli animali. In tal senso, a termini del considerando 9 della direttiva medesima, occorre «precisare ancora meglio i casi in cui non è necessario fornire i risultati delle prove tossicologiche, farmacologiche e/o cliniche ai fini dell’autorizzazione di un medicinale essenzialmente simile a un medicinale già autorizzato, senza peraltro svantaggiare le ditte innovatrici», mentre nel considerando 10 si fa presente che «considerazioni di ordine pubblico si oppongono alla ripetizione delle prove sull’uomo o sull’animale, non motivate da un’imperiosa necessità» (sentenza del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione, T‑472/12, EU:T:2015:637, punto 62).

176    La nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale di cui all’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, come modificata (v. precedente punto 7), si colloca nel solco di una consolidata giurisprudenza della Corte, che ha sviluppato tale nozione, in particolare, al fine di tenere conto dell’obiettivo della procedura cosiddetta «abbreviata», che è quello di permettere di risparmiare tempo e spese necessarie a raccogliere i risultati delle prove farmacologiche, tossicologiche e cliniche e di evitare che siano ripetute prove sull’uomo o sull’animale. Tale obiettivo risulterebbe manifestamente compromesso se il produttore di un medicinale iniziale potesse estendere in maniera indefinita il periodo di protezione regolamentare dei dati, impedendo in tal modo ai produttori di medicinali generici di utilizzarlo come medicinale di riferimento al termine del periodo di protezione regolamentare dei dati espressamente previsto dal legislatore al fine di conciliare gli interessi delle imprese innovatrici e l’interesse generale (v. sentenza del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione, T‑472/12, EU:T:2015:637, punto 63 e giurisprudenza citata).

177    È alla luce della formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 e dell’obiettivo perseguito da tale disposizione che il Tribunale ha dichiarato, da una parte, che il campo di applicazione dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale, quale definito al secondo comma dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, come modificata, ricomprendeva gli sviluppi oggetto di autorizzazioni all’immissione in commercio distinte secondo la procedura centralizzata e, dall’altra, che il fatto che un titolare fosse riuscito ad ottenere, attraverso detta procedura, un’autorizzazione all’immissione in commercio per nuove indicazioni terapeutiche sotto un nuovo nome era pertanto privo di rilevanza ai fini dell’applicazione del periodo di protezione regolamentare dei dati (sentenza del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione, T‑472/12, EU:T:2015:637, punto 82). A tale riguardo, la Corte ha altresì dichiarato che la nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, ricomprendeva tutti gli sviluppi successivi del medicinale iniziale, a prescindere dalle loro procedure di autorizzazione, ossia mediante la modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio iniziale di tale medicinale o mediante l’ottenimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio distinta (sentenza del 28 giugno 2017, Novartis Europharm/Commissione, C‑629/15 P e C‑630/15 P, EU:C:2017:498, punto 72).

178    Infine, si deve aggiungere che proprio alla luce dell’obiettivo di «favorire la ricerca di nuove indicazioni terapeutiche che comportino consistenti benefici clinici, nonché un miglioramento del benessere e della tutela della vita dei pazienti» vegliando nel contempo a «mantenere il necessario equilibrio tra la promozione di tali innovazioni e l’esigenza di agevolare la produzione di medicinali generici» il legislatore ha previsto, all’articolo 10, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 2001/83, che il periodo di esclusiva commerciale di dieci anni di cui gode un medicinale di riferimento era aumentato di un anno «se durante i primi otto anni di tale decennio il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ott[eneva] un’autorizzazione per una o più indicazioni terapeutiche nuove che, in occasione della valutazione scientifica ai fini dell’autorizzazione, [erano] ritenute portatrici di un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti». Tale estensione di un anno del periodo di esclusiva commerciale costituisce pertanto, dal punto di vista del legislatore dell’Unione, l’adeguato premio riconosciuto per ricompensare gli investimenti in nuove indicazioni terapeutiche (v., in questo senso, sentenza del 28 giugno 2017, Novartis Europharm/Commissione, C‑629/15 P e C‑630/15 P, EU:C:2017:498, punti 77 e 78).

179    Nella stessa logica, l’articolo 10, paragrafo 5, della direttiva 2001/83 prevede che, «[o]ltre al disposto del paragrafo 1, qualora per una sostanza di impiego medico ben nota sia presentata una richiesta per una nuova indicazione, viene concesso per i relativi dati un periodo di esclusiva non cumulativo di un anno, a condizione che la nuova indicazione sia stata oggetto di significativi studi preclinici e clinici». L’articolo 10, paragrafo 5, della direttiva 2001/83 riguarda le sostanze ben note che rientrano nella composizione di medicinali per i quali il periodo di protezione regolamentare dei dati è scaduto. Inoltre, la protezione dei dati della durata di un anno, prevista da tale disposizione, si applica unicamente ai dati relativi alla nuova indicazione, e non a tutti i dati relativi al medicinale precedentemente autorizzato.

180    Ne consegue che la circostanza, menzionata al considerando 3 della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, che la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera fosse fondata sull’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83, vale a dire su una domanda «completa» (v. precedente punto 5), è ininfluente con riferimento all’ambito di applicazione della nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale (v. precedente punto 177). Inoltre, è alla luce degli obiettivi menzionati ai precedenti punti da 174 a 179 che occorre verificare se, come sostiene sostanzialmente la ricorrente, esistesse, all’epoca, un rischio che la Biogen Idec beneficiasse di un periodo di protezione regolamentare dei dati integrale, della durata di otto anni, per il solo motivo che, al momento di chiedere un’autorizzazione all’immissione in commercio per un’indicazione diversa da quella a cui si riferiva il Fumaderm, essa aveva ritirato il MEF, che rientrava nella composizione del Fumaderm, ma che non era clinicamente rilevante o il cui dosaggio era troppo esiguo per produrre un qualunque effetto terapeutico significativo in seno al Fumaderm.

c)      Sul diritto dellUnione applicabile e sullevoluzione delle conoscenze scientifiche dal 1994 al 2014

181    La ricorrente fa valere che, nella fattispecie, non era possibile supporre che i sali di MEF nel Fumaderm apportassero un contributo terapeutico rilevante in quanto il Fumaderm era stato valutato in precedenza dal BfArM e aveva ottenuto da quest’ultimo un’autorizzazione all’immissione in commercio. A tale riguardo, la ricorrente sottolinea che la direttiva 2001/83 non richiede la dimostrazione dell’esistenza di un contributo terapeutico per tutte le sostanze attive contenute in associazioni di sostanze medicinali fisse. Inoltre, il contenuto degli orientamenti relativi alle associazioni di sostanze medicinali e, più precisamente, il livello probatorio richiesto da tali orientamenti, sarebbe evoluto nel corso del tempo. Inoltre, poiché gli orientamenti non sono giuridicamente vincolanti, sarebbe possibile scostarsene.

182    Nella replica, la ricorrente contesta l’affermazione dell’EMA secondo la quale il criterio giuridico appropriato è quello esposto da quest’ultima nella sua lettera del 3 agosto 2011 alla Biogen Idec (v. precedente punto 12) e secondo il quale l’autorizzazione di un’associazione di sostanze medicinali non è considerata rientrante nelle autorizzazioni all’immissione in commercio globali delle diverse sostanze attive che compongono tale associazione. Infatti, da un lato, tale interpretazione non risulterebbe né dalla formulazione letterale della direttiva 2001/83 né dall’avviso ai richiedenti. Dall’altro lato, l’EMA fornirebbe una giustificazione a posteriori e la semplicità del criterio proposto da quest’ultima non sarebbe coerente con la procedura seguita nel caso di specie. Infatti, se l’interpretazione proposta dall’EMA fosse corretta, la discussione relativa alla possibilità che il Tecfidera beneficiasse di un periodo integrale di tutela regolamentare dei dati e la valutazione scientifica operata nella fattispecie dalla Commissione non avrebbero mai dovuto aver luogo.

183    L’EMA sostiene che la conclusione secondo la quale il Fumaderm e il Tecfidera non rientrano nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale è possibile, dato che il Fumaderm è stato autorizzato in quanto associazione fissa contenente le due sostanze attive DMF e MEF, mentre il Tecfidera è stato autorizzato in quanto monoterapia contenente unicamente la sostanza attiva DMF. Tale approccio rispecchierebbe l’applicazione di due principi da lungo tempo stabiliti nella normativa. Il primo principio sarebbe connesso alla nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale e alla valutazione secondo la quale due medicinali rientrano in autorizzazioni all’immissione in commercio globali distinte quando essi differiscono per la loro composizione qualitativa quanto alle sostanze attive. Secondo tale primo principio, se un prodotto è stato autorizzato in quanto associazione fissa, ciò presuppone automaticamente che la sua composizione qualitativa quanto alle sostanze attive è diversa dalla composizione qualitativa di qualsiasi medicinale autorizzato in quanto monoterapia. Il secondo principio adottato dall’EMA è connesso all’armonizzazione delle norme dell’Unione relative all’autorizzazione dei medicinali per uso umano, che garantirebbe che, in seno all’Unione, i medicinali siano autorizzati secondo le stesse regole e norme in materia di qualità, di sicurezza e di efficacia.

184    In primo luogo, è pacifico tra le parti che, quando la Biogen Idec ha presentato una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera, era la prima volta che, a livello di Unione, si poneva il problema di stabilire se un’associazione di sostanze medicinali autorizzata, da una parte, e un componente di tale associazione, dall’altra, appartenessero o meno alla stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale.

185    Tale constatazione è confermata dalle modifiche apportate alla parte dell’avviso ai richiedenti dedicata alla nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale.

186    Infatti, nella sua versione del giugno 2013, l’avviso ai richiedenti specificava soltanto:

«Se il medicinale valutato contiene una modifica di una sostanza esistente e appartiene allo stesso richiedente [titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio], si deve precisare nel corso della procedura di [autorizzazione all’immissione in commercio] se il medicinale contenga, o meno, una nuova sostanza attiva. Tale precisazione influisce sull’esistenza o meno di una [autorizzazione all’immissione in commercio globale]. Tale valutazione sarà operata secondo i criteri enunciati all’allegato I alla fine di questo capo e la conclusione figurerà almeno nella relazione di valutazione. Se quest’ultima non precisa che il medicinale contiene una nuova sostanza attiva, si riterrà che il medicinale in questione contenga la stessa sostanza attiva e rientri nell’[autorizzazione all’immissione in commercio globale].»

187    Orbene, è posteriormente alla decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, e cioè nel luglio 2015, che la parte dell’avviso ai richiedenti dedicata alla nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale ha previsto le condizioni di applicazione di tale nozione alle domande vertenti su un componente di un’associazione di sostanze medicinali precedentemente autorizzata.

188    Infatti, al punto 2.3, paragrafo 3, dell’avviso ai richiedenti, nella sua versione del 2015, si afferma in particolare:

«Se il medicinale in corso di valutazione contiene solo una sostanza attiva che faceva parte di un’associazione di sostanze medicinali autorizzata, il nuovo medicinale formerà un medicinale nuovo e unico soggetto ad una [autorizzazione all’immissione in commercio] distinta. Qualora, nel corso della procedura di valutazione dell’associazione di sostanze medicinali già autorizzata, il [titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio] avesse dimostrato che ciascuna sostanza dell’associazione fissa apportava un contributo terapeutico documentato in seno all’associazione e che, pertanto, i composti costituiscono tutti sostanze attive diverse, l’autorizzazione di tale nuovo medicinale non è considerata rientrante nell’[autorizzazione all’immissione in commercio globale] dell’associazione di sostanze medicinali già autorizzata come enunciato all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83/CE».

189    In secondo luogo, nella decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, la Commissione ha autorizzato l’immissione in commercio del Tecfidera e ha considerato che tale medicinale non rientrava nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm. L’immissione in commercio del Fumaderm era stata autorizzata dal BfArM nel 1994, vale a dire più di quindici anni prima della presentazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera.

190    Alla data in cui l’autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm è stata concessa, l’esame delle domande di autorizzazione all’immissione in commercio relative ad associazioni di sostanze medicinali era disciplinato, in primo luogo, dalla direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, 22, pag. 369), più volte modificata, in secondo luogo, dalla direttiva 75/318/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti le norme ed i protocolli analitici, tossicofarmacologici e clinici in materia di sperimentazione delle specialità medicinali (GU 1975, L 147, pag. 1), più volte modificata, e, in terzo luogo, dalla seconda direttiva 75/319/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1975, L 147, pag. 13), più volte modificata.

191    L’articolo 4, secondo comma, punto 8, lettera b), della direttiva 65/65, nella versione risultante dalla direttiva 87/21/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986 (GU1987, L 15, pag. 36), prevedeva che, «[p]er quanto riguarda[va] una nuova specialità contenente componenti noti ma non ancora associati a fini terapeutici, d[ovevano] essere forniti i risultati delle prove farmacologiche, tossicologiche e cliniche relative all’associazione, ma non [era] necessario fornire la documentazione relativa a ciascuno dei singoli componenti».

192    Inoltre, come risulta dalle risposte scritte dell’EMA ai quesiti del Tribunale, le informazioni e i documenti che dovevano essere allegati alla domanda di autorizzazione all’immissione in commercio in applicazione dell’articolo 4 della direttiva 65/65 erano menzionati all’allegato I della direttiva 75/318, come modificata dalla direttiva 91/507/CEE della Commissione, del 19 luglio 1991 (GU 1991, L 270, pag. 32). Tale allegato comprendeva quattro parti dedicate, rispettivamente, al sommario del fascicolo, alle prove chimiche, farmaceutiche e biologiche dei medicinali, alle prove tossicologiche e farmacologiche e alla documentazione clinica.

193    La terza parte di tale allegato, dedicata alle prove tossicologiche e farmacologiche, conteneva un punto II che verteva sull’esecuzione delle prove. Al punto II F, dedicato alla farmacodinamica, intesa come lo studio delle variazioni provocate dal farmaco nelle funzioni degli organismi, siano esse normali o sperimentalmente alterate, si affermava:

«Le associazioni di medicinali possono scaturire da premesse farmacologiche o da indicazioni cliniche.

Nel primo caso lo studio farmacodinamico deve mettere in luce quelle interazioni che rendono l’associazione stessa raccomandabile per l’uso clinico.

Nel secondo caso, poiché la giustificazione scientifica dell’associazione deve essere fornita dall’esperimento clinico, si deve verificare se gli effetti che si attendono dall’associazione sono evidenziabili sull’animale e controllare almeno la portata degli effetti collaterali.

Quando in un’associazione entra una nuova sostanza attiva, quest’ultima deve essere stata ampiamente studiata in precedenza.»

194    Al punto II G, dedicato alla farmacocinetica, intesa come lo studio della sorte che il prodotto subisce negli organismi, comprendente lo studio dell’assorbimento, della ripartizione, della biotrasformazione e dell’escrezione della sostanza, si affermava che, «[n]el caso di nuove associazioni di sostanze già conosciute e studiate secondo le disposizioni della presente direttiva, le indagini farmacocinetiche po[teva]no non essere richieste, qualora le prove tossicologiche e gli esami clinici lo giustific[assero]».

195    La quarta parte di tale allegato, dedicata alla documentazione clinica, conteneva, al punto C, intitolato «Presentazione dei risultati», un punto C.6 così formulato: «[l]e informazioni relative ad una nuova associazione di sostanze medicinali devono essere identiche a quelle previste per un nuovo medicinale e giustificare l’associazione per quanto riguarda la sicurezza e l’efficacia terapeutica della combinazione proposta».

196    Orbene, in primo luogo, i documenti prodotti dalle parti dinanzi al Tribunale non permettono di stabilire se il Fumaderm scaturisse da premesse farmacologiche o da indicazioni cliniche. Gli elementi del fascicolo non permettono neppure di stabilire se il BfArM abbia considerato che il MEF e il DMF erano sostanze note o nuove. Più in generale, i detti elementi non permettono di prendere conoscenza del metodo utilizzato dal BfArM per analizzare il Fumaderm e le diverse sostanze che lo compongono.

197    Il fascicolo di cui dispone il Tribunale contiene invece la pubblicazione di Nieboer, C., de Hoop, D., van Loenen, A.C., Langendijk, P.N.J.e van Dijk, E., intitolata «Systemic therapy with fumaric acid derivatives: New possibilities in the treatment of psoriasis» (J Am Acad Dermatol, 1989; 20(4):601–608, in prosieguo: lo «studio di Nieboer e a. del 1989»), di cui disponeva l’EMA nell’esame della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera. In tale pubblicazione viene specificato che una nuova terapia, detta «terapia a base di acido fumarico», era divenuta popolare nel corso dei venti anni precedenti in Europa occidentale tra migliaia di pazienti affetti da psoriasi. Tale terapia è stata introdotta da un biochimico che era a sua volta affetto da psoriasi e che ha pubblicato alcuni lavori nel 1959 e nel 1966. Lo studio di Nieboer e a. del 1989 precisa poi che tale terapia è stata standardizzata da un medico generico tedesco che vi ha aggiunto una rigorosa dieta alimentare e che ha pubblicato alcuni studi nel 1982 e nel 1984. Lo studio di Nieboer e a. del 1989 specifica altresì che una clinica specializzata in tale terapia è stata fondata in Svizzera. Inoltre, risulta da un’altra pubblicazione, risalente al 1998, che figura nel fascicolo sottoposto al Tribunale e di cui l’EMA e la Commissione potevano avere conoscenza in occasione dell’esame della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera, che esteri di acido fumarico sono stati prescritti a partire dal 1959 da un ristretto gruppo di medici in Germania, in Svizzera e nei Paesi Bassi.

198    In secondo luogo, occorre sottolineare che gli atti normativi menzionati ai precedenti punti da 190 a 195 non contengono alcuna precisazione sulla forma che può presentare la giustificazione dell’associazione di sostanze medicinali per quanto riguarda la sicurezza e l’efficacia terapeutica.

199    Quando nella terza parte dell’allegato I della direttiva 75/318 si prevede che, nel caso delle associazioni di medicinali che scaturiscono da premesse farmacologiche, lo studio farmacodinamico deve mettere in luce le interazioni che rendono l’associazione di per sé «raccomandabile» per l’uso clinico, tale allegato non precisa come tali interazioni debbano essere messe in luce. Inoltre, tale disposizione riguarda il carattere «raccomandabile» dell’associazione nel suo insieme. Infine, nel caso delle associazioni di medicinali che scaturiscono da indicazioni cliniche, questa stessa parte dell’allegato I della direttiva 75/318 menziona gli effetti attesi dell’«associazione», che possono essere messi in evidenza presso l’animale.

200    In terzo luogo, come ha precisato l’EMA nelle sue risposte scritte ai quesiti rivolti dal Tribunale, gli elementi che, secondo il Consiglio dell’Unione europea, dovevano accompagnare una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un’associazione di sostanze medicinali nel 1994 figuravano in realtà all’allegato V della raccomandazione 83/571/CEE del Consiglio, del 26 ottobre 1983, relativa alle prove per l’immissione sul mercato delle specialità medicinali (GU 1983, L 332, pag. 11). Tale allegato V, dal titolo «Associazione di sostanze medicinali specializzate», costituiva una nota esplicativa per l’applicazione della parte terza, capitolo II, lettera C, punto 2, dell’allegato della direttiva 75/318 [divenuta parte quarta, lettera C, punto 6, dell’allegato della direttiva 75/318 come modificata, menzionato al precedente punto 195], ai fini dell’autorizzazione di immissione sul mercato di un nuovo medicinale.

201    Al riguardo, è vero che all’allegato V della raccomandazione 83/571 si affermava in particolare quanto segue:

«I richiedenti dovranno giustificare lo scopo dell’associazione di elementi attivi che si propongono. Tali farmaci verranno accettati soltanto se l’associazione proposta è razionale e basata su validi principi terapeutici.

(...)

Le indicazioni necessarie per le associazioni di sostanze medicinali specializzate devono essere tali da giustificare la presenza di ogni componente per ognuna delle indicazioni stesse. La preparazione deve essere formulata in modo che la quantità e la proporzione di ciascuno dei suoi componenti siano appropriate a tutti gli usi raccomandati.

(...)

Sarà necessario procedere ad un esame clinico di una nuova associazione rispetto a uno o più dei suoi componenti allo scopo di determinare in che modo ciascuno di essi concorre al risultato finale.

(...)

Si dovrebbe sempre tener conto delle possibili interazioni fra i componenti. Quando esiste la possibilità di un’interazione farmaceutica, farmacocinetica o farmacodinamica, il richiedente dovrebbe presentare i dati per comprovare che tale interazione manca oppure che la si conosce nei minimi particolari.»

202    Tuttavia, dal tenore letterale, dal contenuto e dal contesto della sua adozione non risulta che tale documento producesse effetti giuridici vincolanti per gli Stati membri e, più precisamente, per le autorità nazionali.

203    Inoltre, come osserva la ricorrente, il contenuto degli orientamenti relativi alle associazioni di sostanze medicinali e l’ampiezza delle informazioni chieste ai richiedenti hanno avuto un notevole sviluppo al riguardo tra, da un lato, la data di autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm, il 9 agosto 1994, e, dall’altro, il momento in cui la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 è stata adottata.

204    In altri termini, l’esame delle varie versioni succedutesi delle raccomandazioni o degli orientamenti relativi alle associazioni di sostanze medicinali dimostra che esse sono state progressivamente integrate e che tali integrazioni sono state dirette a distinguere diversi tipi di associazioni di sostanze medicinali e a raccomandare alle autorità nazionali di chiedere un numero crescente di informazioni presso i richiedenti.

205    A tale proposito, gli orientamenti nella loro versione rivista nell’aprile 1996 (Note for Guidance concerning the application of section C.6 Part 4 of the Annex to Directive 75/318/EEC as amended) presentano le seguenti differenze rispetto alla raccomandazione 83/571:

–        essi prevedono che il richiedente deve chiaramente precisare se l’indicazione rivendicata consiste in una terapia di prima intenzione (destinata ai pazienti che non ricevevano alcuna delle sostanze in questione) o in una terapia di seconda intenzione (attuata quando la monoterapia non ha dimostrato un rapporto rischi/benefici soddisfacente), ovvero corrisponde ad altri usi. Tali orientamenti, nella loro versione rivista nell’aprile 1996, precisano che gli sviluppi clinici devono essere condotti in conseguenza;

–        essi contengono una sezione dedicata agli studi farmacodinamici e farmacocinetici che menzionano condizioni ulteriori che possono essere imposte ai richiedenti. Tali studi presentano un’importanza particolare per quanto concerne le interazioni tra le sostanze che compongono l’associazione. Così, gli orientamenti, nella loro versione rivista nell’aprile 1996, specificano che il ricorrente deve dimostrare che le varie sostanze non pregiudicano il loro rispettivo profilo farmacocinetico;

–        essi contengono una sezione dedicata alla composizione e al dosaggio che raccomanda che i dosaggi proposti siano giustificati. È così precisato che «[i]l dosaggio di ciascuna sostanza nella combinazione fissa dev’essere tale che la combinazione sia sicura ed efficace per un sottogruppo di popolazione significativo e che la valutazione del rapporto rischi/benefici della combinazione fissa sia pari o superiore a quella di ciascuna delle sue sostanze prese separatamente», che «[i]l multilevel factorial design può essere utilizzato, ma [che] esistono altresì mezzi di conferma per provare che la combinazione è superiore alle sue sostanze», e che «[s]trumenti descrittivi, come i response surface methods, possono essere utili (v. le informazioni sul rapporto dose-risposta per sostenere l’autorizzazione del prodotto)»;

–        essi contengono un punto dedicato alle sperimentazioni terapeutiche che prevede che sperimentazioni cliniche di conferma sono necessarie per dimostrare l’efficacia, preferibilmente attraverso comparazioni di gruppi paralleli nei quali la combinazione fissa è comparata alla sua sostanza singola. L’inclusione di un gruppo placebo è raccomandata ove possibile.

206    Occorre aggiungere che l’allegato V della raccomandazione 83/571 non menzionava espressamente la necessità che ciascuna sostanza dell’associazione di sostanze medicinali fissa apporti un contributo documentato in seno all’associazione. Infatti, sono gli orientamenti nella loro versione rivista nell’aprile 1996 che hanno accennato per la prima volta al fatto che ciascuna sostanza dell’associazione di sostanze medicinali fissa doveva apportare un «contributo documentato» in seno all’associazione. Successivamente, gli orientamenti, nella loro versione adottata nel 2009 (Guideline on clinical development of fixed combination medicinal products), hanno menzionato un contributo «terapeutico» documentato.

207    Più in generale, negli orientamenti che hanno fatto seguito agli orientamenti rivisti nel 1996, le raccomandazioni sono state ulteriormente rafforzate e le informazioni e i ragguagli attesi dai richiedenti si sono moltiplicati e sono stati precisati.

208    Così, alla data in cui la decisione di autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm è stata adottata, nessun atto giuridicamente vincolante prevedeva, in maniera precisa, le condizioni a cui era subordinato il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio relativa ad un’associazione di sostanze medicinali, né il modo in cui dovesse essere giustificata l’associazione di sostanze medicinali. Inoltre, è vero che la raccomandazione 83/571 prevedeva già che i richiedenti erano tenuti a giustificare l’associazione particolare di principi attivi che era proposta e che una nuova associazione dovesse formare oggetto di sperimentazioni cliniche per definire il ruolo svolto da ciascuno dei suoi componenti nell’insieme. Tuttavia, tali condizioni, che figuravano in un atto non vincolante, restavano limitate e poco precise quanto al modo di applicarle, in particolare relativamente alle condizioni formulate in seguito, per tener conto, tra l’altro, dell’evoluzione del livello della tecnica.

209    Al riguardo, si deve constatare che, in una lettera inviata alla Commissione il 1° maggio 2013, prodotta dinanzi al Tribunale da quest’ultima, la Biogen Idec ha specificato che il BfArM aveva approvato il Fumaderm in quanto associazione di quattro ingredienti attivi. Tuttavia, la Biogen Idec ha precisato che, «[s]econdo il BfArM (…), il fascicolo del Fumaderm non cont[eneva] dati clinici sui principi farmaceutici attivi (API) particolari; esso cont[eneva] solo dati di sicurezza ed efficacia sull’associazione di sostanze medicinali considerata globalmente, non essendo note le proprietà del DMF considerato isolatamente».

210    È altresì importante rilevare che, in risposta ad un quesito rivolto dal Tribunale all’udienza, il rappresentante dell’EMA ha specificato che, a sua conoscenza, la nozione di «sostanza attiva» non era stata definita a livello di Unione prima dell’entrata in vigore della direttiva 2001/83. Orbene, la detta direttiva è entrata in vigore dopo la decisione del BfArM che autorizzava l’immissione in commercio del Fumaderm.

211    Infine, nel 2013, veniva ancora dichiarato che, allo stato del diritto dell’Unione, era difficile evitare, finché l’armonizzazione dei provvedimenti necessari a garantire la tutela della salute non fosse più completa, che sussistessero differenze fra gli Stati membri nella qualificazione dei prodotti nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83 (v. sentenza del 3 ottobre 2013, Laboratoires Lyocentre, C‑109/12, EU:C:2013:626, punto 45 e giurisprudenza citata).

212    In terzo luogo, ai sensi del considerando 7 della direttiva 2001/83, «i concetti di nocività e di effetto terapeutico possono essere esaminati solo in relazione reciproca e hanno soltanto un significato relativo, da valutare in base al grado di sviluppo della scienza e tenendo conto della destinazione del medicinale».

213    Al riguardo, è già stato dichiarato che, per stabilire se un prodotto rientri nella definizione di «medicinale», ai sensi della direttiva 2001/83, le autorità nazionali, che agiscono sotto il controllo del giudice, devono decidere caso per caso, tenendo conto di tutte le caratteristiche del prodotto, in particolare, della composizione, delle proprietà farmacologiche, immunologiche o metaboliche quali possono essere stabilite allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, delle modalità d’uso, dell’ampiezza della sua diffusione, della conoscenza che ne hanno i consumatori e dei rischi che possono derivare dalla sua utilizzazione (v. sentenza del 10 luglio 2014, D. e G., C‑358/13 e C‑181/14, EU:C:2014:2060, punto 42 e giurisprudenza citata).

214    Un’autorizzazione all’immissione in commercio è quindi concessa in relazione allo stato delle conoscenze scientifiche alla data del suo rilascio.

215    Nella fattispecie, si deve ricordare che un periodo di oltre quindici anni è intercorso tra la decisione di autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm e la presentazione di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera. Orbene, risulta dal fascicolo sottoposto al Tribunale che, nel corso di un periodo del genere, le conoscenze scientifiche relative alle sostanze che compongono il Fumaderm, la loro attività rispettiva nonché i mezzi per studiarle sono notevolmente evoluti.

216    Inoltre, risulta dai documenti agli atti che, al momento dell’esame della questione se il Tecfidera facesse parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm, la Biogena Idec ha presentato prove posteriori alla decisione del BfArM e che tali prove sono state prese in considerazione dal CHMP. Infatti, nella sua domanda diretta ad ottenere che il Tecfidera beneficiasse dello status di «nuova sostanza attiva», la Biogen Idec ha fatto riferimento a vari studi pubblicati dopo la decisione del BfArM. Inoltre, a sostegno della sua domanda, la Biogen Idec ha prodotto in particolare una lettera in data 9 settembre 2013 dal titolo «commenti sulle differenze di struttura chimica tra il Tecfidera e l’associazione di sostanze medicinali Fumaderm». Orbene, la letteratura scientifica menzionata in tale lettera, salvo un’eccezione, è successiva alla decisione del BfArM. Infine, nell’EPAR, il CHMP ha considerato che il MEF e il DMF erano entrambi attivi e che essi non costituivano la stessa sostanza attiva, in particolare sulla base di dati posteriori alla decisione del BfArM prodotti dalla Biogen Idec.

217    Alla luce di quanto precede, si deve constatare che, nella fattispecie, la Commissione ha dovuto affrontare la nuova questione di stabilire se l’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale, la cui sola sostanza attiva era un componente di un’associazione di sostanze medicinali precedentemente autorizzata, facesse o meno parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale concessa alla detta associazione. Inoltre, tale nuova questione si poneva in un contesto particolare caratterizzato dal fatto che la decisione di autorizzazione all’immissione in commercio dell’associazione di sostanze medicinali controversa era stata adottata da un’autorità nazionale nel 1994, vale a dire più di quindici anni prima della presentazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale composto da una sola sostanza attiva. Orbene, nel 1994, lo stato del diritto dell’Unione e le conoscenze scientifiche erano significativamente diverse.

218    In tale contesto particolare, si deve constatare che è con ragione che, da una parte, la Commissione non ha seguito l’orientamento esposto dall’EMA nella sua lettera alla Biogen Idec in data 3 agosto 2011, secondo il quale l’autorizzazione di un’associazione di sostanze medicinali non era considerata rientrante nelle autorizzazioni all’immissione in commercio globali delle varie sostanze attive singole conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 (v. precedente punto 12), e che, dall’altra parte, nella sua lettera del 18 settembre 2013, essa ha chiesto al CHMP di valutare se il DMF fosse diverso dal Fumaderm composto da DMF e da sali di MEF (v. precedente punto 18).

d)      Sul principio di mutuo riconoscimento delle decisioni adottate dalle autorità nazionali

219    La ricorrente fa valere che era essenziale che la Commissione verificasse se fosse dimostrato che i sali di MEF avevano, sotto il profilo terapeutico, un’attività rilevante in seno al Fumaderm. Tuttavia, il CHMP e la Commissione avrebbero omesso di procedere a tale verifica. Nessun elemento disponibile proverebbe che tale criterio del contributo terapeutico documentato sia stato effettivamente applicato nel corso della valutazione iniziale del Fumaderm, relativamente ai sali di MEF. Inoltre, nulla proverebbe che, nel corso della valutazione del Tecfidera, il CHMP, in un qualsiasi momento, abbia chiesto al BfArM di fornirgli informazioni al fine di accertarsi se l’attività dei sali di MEF in seno al Fumaderm fosse stata correttamente valutata.

220    L’EMA invoca il principio del mutuo riconoscimento e sostiene che è escluso che un’autorità regolamentare, come la Commissione o essa stessa, possa rivedere la valutazione di un’altra autorità regolamentare nell’ambito dell’esame di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale. Infatti, l’EMA non sarebbe giuridicamente legittimata, salvo circostanze eccezionali (ad esempio nel caso di un’adizione ai sensi dell’articolo 31 della direttiva 2001/83), a procedere ad un riesame della valutazione scientifica iniziale di un medicinale autorizzato. L’EMA aggiunge che la questione della valutazione dell’effetto terapeutico sia del DMF sia del MEF in seno al Fumaderm era già stata affrontata nell’ambito della valutazione operata dal BfArM e che, se così non fosse stato, il Fumaderm non avrebbe potuto essere autorizzato in quanto associazione di sostanze medicinali.

221    L’EMA contesta l’argomento della ricorrente secondo il quale il contributo terapeutico presunto del MEF in seno al Fumaderm non è mai stato verificato in occasione della valutazione del CHMP né preso in considerazione nella procedura decisionale della Commissione. Infatti, la verifica del contributo terapeutico documentato del MEF nel Fumaderm non sarebbe entrata, de facto, nell’ambito della valutazione che la Commissione aveva chiesto al CHMP di operare in ordine al DMF. Inoltre, tale verifica esulerebbe de lege dall’ambito di applicazione della valutazione del CHMP, poiché quest’ultimo non sarebbe legittimato, nel contesto dell’autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera, a riaprire la valutazione scientifica del Fumaderm effettuata dal BfArM.

222    Infine, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 conterrebbe un riferimento chiaro all’autorizzazione del Fumaderm da parte del BfArM e al fatto che il Fumaderm è stato autorizzato in quanto medicinale contenente le sostanze attive MEF e DMF. Un riferimento del genere implicherebbe necessariamente un rinvio alla valutazione scientifica del contributo terapeutico di ciascuna sostanza dell’associazione che ha portato all’autorizzazione del Fumaderm in quanto associazione di sostanze medicinali.

223    Vero è che, per quanto riguarda la procedura di mutuo riconoscimento menzionata all’articolo 28, paragrafo 2, della direttiva 2001/83, la Corte ha considerato che non può essere accolta l’interpretazione secondo cui lo Stato membro a cui sia stata presentata una domanda di mutuo riconoscimento sarebbe in condizione, anche al di fuori dell’ipotesi di un rischio per la sanità pubblica di cui all’articolo 29 della detta direttiva, di procedere ad una nuova valutazione dei dati relativi all’analogia essenziale che hanno portato lo Stato membro di riferimento ad accettare una domanda abbreviata (v., in questo senso, sentenza del 16 ottobre 2008, Synthon, C‑452/06, EU:C:2008:565, punto 31). La Corte ha aggiunto che non soltanto un’interpretazione del genere sarebbe in contrasto con la formulazione stessa degli articoli 28 e 29 della direttiva 2001/83, ma essa priverebbe tali disposizioni del loro effetto utile. Infatti, qualora uno Stato membro, chiamato a riconoscere un’autorizzazione già concessa da un altro Stato membro, potesse subordinare tale riconoscimento ad una seconda valutazione di tutta o di parte della richiesta di autorizzazione, ciò equivarrebbe a privare di qualsiasi senso la procedura di mutuo riconoscimento istituita dal legislatore dell’Unione e a compromettere seriamente il conseguimento degli obiettivi della direttiva 2001/83, quali, in particolare, la libera circolazione dei medicinali nel mercato interno (sentenza del 16 ottobre 2008, Synthon, C‑452/06, EU:C:2008:565, punto 32).

224    È altresì vero che, riguardo alla procedura decentrata, menzionata all’articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2001/83, la Corte ha considerato che, una volta constatato l’accordo generale degli Stati membri nei quali la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio era stata presentata, le autorità competenti di detti Stati membri non possono avere la facoltà, in sede di adozione della decisione relativa all’immissione in commercio di tale medicinale nel loro territorio, di rimettere in discussione l’esito di questa procedura. Oltre che contraria al tenore letterale dell’articolo 28, paragrafo 5, della direttiva 2001/83, un’interpretazione che ammetta tale facoltà priverebbe di senso la procedura decentrata e comprometterebbe, in particolare, il conseguimento dell’obiettivo della libera circolazione dei medicinali espresso al considerando 14 di tale direttiva (sentenza del 14 marzo 2018, Astellas Pharma, C‑557/16, EU:C:2018:181, punto 26).

225    Tuttavia, innanzitutto, nelle sentenze menzionate ai precedenti punti 223 e 224, la Corte non ha dovuto pronunciarsi su cause in cui, come nel caso di specie, l’EMA fosse stata investita di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio come quella riguardante il Tecfidera nel contesto della procedura centralizzata prevista dal regolamento n. 726/2004 e nelle quali la Commissione fosse l’autorità che doveva adottare una decisione su tale domanda.

226    Infatti, occorre rilevare che, nelle cause in cui sono state pronunciate le sentenze del 16 ottobre 2008, Synthon (C‑452/06, EU:C:2008:565), e del 14 marzo 2018, Astellas Pharma (C‑557/16, EU:C:2018:181), alla Corte erano sottoposte questioni vertenti sulle competenze delle autorità degli Stati membri nel contesto della procedura di mutuo riconoscimento o della procedura decentrata. Orbene, risulta dagli articoli 28 e 29 della direttiva 2001/83 che tali procedure riguardano la concessione di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale in più di uno Stato membro, e, pertanto, le relazioni tra gli Stati membri.

227    Non può quindi dedursi dalle sentenze del 16 ottobre 2008, Synthon (C‑452/06, EU:C:2008:565), e del 14 marzo 2018, Astellas Pharma (C‑557/16, EU:C:2018:181), fatte valere dall’EMA nel suo controricorso, che la Commissione non avesse diritto di chiedere al CHMP di procedere ad una nuova valutazione scientifica di un medicinale già autorizzato da un’autorità nazionale o, quanto meno, di chiedere al BfArM le informazioni necessarie per verificare la valutazione operata in precedenza da tale autorità nazionale.

228    Si deve poi rilevare che, ai sensi del considerando 19 del regolamento n. 726/2004, l’EMA dovrebbe avere principalmente il compito di fornire alle istituzioni dell’Unione e agli Stati membri pareri scientifici del più alto livello per consentire loro l’esercizio dei poteri loro conferiti dalla normativa dell’Unione, nel settore dei medicinali, per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali. Sempre ai sensi del considerando 19 del regolamento n. 726/2004, solo quando l’EMA avrà proceduto ad una valutazione scientifica unica del più alto livello della qualità, sicurezza ed efficacia dei medicinali ad alta tecnologia, l’Unione dovrebbe rilasciare un’autorizzazione all’immissione in commercio con una procedura rapida che assicuri una stretta cooperazione tra Commissione e Stati membri.

229    Risulta dal regolamento n. 726/2004 che l’EMA è incaricata di coordinare le risorse scientifiche esistenti messe a sua disposizione dagli Stati membri ai fini della valutazione, della sorveglianza e della farmacovigilanza dei medicinali e che essa è composta in particolare dal CHMP, che è incaricato di elaborare il parere dell’EMA su ogni questione relativa alla valutazione dei medicinali per uso umano. Ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 1, primo comma, del regolamento no 726/2004, l’EMA fornisce agli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione pareri scientifici del più alto livello su ogni questione inerente alla valutazione della qualità, della sicurezza e dell’efficacia dei medicinali per uso umano o veterinario che le venga sottoposta in forza della normativa dell’Unione relativa ai medicinali. Ai sensi dell’articolo 60 del regolamento n. 726/2004, a richiesta della Commissione, l’EMA raccoglie, per quanto riguarda i medicinali autorizzati, tutte le informazioni disponibili sui metodi adottati dalle autorità competenti degli Stati membri per determinare il valore terapeutico aggiunto di ogni nuovo medicinale.

230    Infine, si deve sottolineare che, ai sensi del considerando 12 della direttiva 2001/83, in caso di disaccordo tra Stati membri in merito alla qualità, sicurezza od efficacia di un medicinale, si dovrà effettuare una valutazione scientifica del problema a livello di Unione per arrivare ad una decisione univoca sull’oggetto del disaccordo, vincolante per gli Stati membri interessati. Tale decisione dovrebbe essere adottata secondo una procedura rapida che garantisca una stretta collaborazione tra la Commissione e gli Stati membri. Per giunta, ai sensi del considerando 17 del regolamento n. 726/2004, l’Unione dovrebbe disporre dei mezzi per procedere ad una valutazione scientifica dei medicinali presentati secondo le procedure d’autorizzazione decentrate. Inoltre, per garantire l’armonizzazione effettiva delle decisioni amministrative adottate dagli Stati membri rispetto ai medicinali presentati secondo procedure d’autorizzazione decentrate, è necessario che l’Unione disponga dei mezzi per risolvere le divergenze tra Stati membri in merito alla qualità, sicurezza ed efficacia dei medicinali.

231    Così, ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, quando uno stesso medicinale è stato oggetto di due o più domande di autorizzazione all’immissione in commercio, presentate a norma dell’articolo 8 e degli articoli 10, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 di tale direttiva, e gli Stati membri hanno adottato decisioni divergenti in merito all’autorizzazione di detto medicinale, alla sospensione o alla revoca della stessa, uno Stato membro o la Commissione o il richiedente o il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio possono adire il CHMP, affinché si applichi la procedura di cui agli articoli 32, 33 e 34 della stessa direttiva.

232    Occorre altresì rilevare che, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, in casi particolari che coinvolgono gli interessi dell’Unione, gli Stati membri, la Commissione, il richiedente o il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio deferiscono la questione al CHMP affinché si applichi la procedura di cui agli articoli 32, 33 e 34 di tale direttiva prima che sia presa una decisione sulla domanda, sulla sospensione o sulla revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio, oppure su qualsiasi altra variazione dell’autorizzazione all’immissione in commercio che appaia necessaria.

233    Con l’adozione della direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/83 (GU 2004, L 136, pag. 34), il legislatore dell’Unione ha conferito alla Commissione la competenza ad adottare atti produttivi di effetti vincolanti nei confronti degli Stati membri, in particolare dopo aver modificato l’articolo 31 della direttiva 2001/83.

234    Quando il CHMP è investito di questioni che presentano un interesse per l’Unione, nell’ambito della procedura di cui all’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, spetta a tale comitato realizzare, a livello di Unione, la propria valutazione del medicinale interessato. La valutazione operata da tale comitato è indipendente da quella compiuta dalle autorità nazionali. Al riguardo, non può essere opposta al CHMP, alla luce delle informazioni che esso è chiamato ad analizzare per la prima volta, la valutazione di tali informazioni che un’autorità nazionale abbia potuto operare in passato (sentenza del 3 dicembre 2015, PP Nature-Balance Lizenz/Commissione, C‑82/15 P, non pubblicata, EU:C:2015:796, punto 37; v., altresì, in questo senso, sentenza del 19 settembre 2019, GE Healthcare/Commissione, T‑783/17, EU:T:2019:624, punto 101).

235    La procedura prevista dall’articolo 31 della direttiva 2001/83 può quindi, in particolare su iniziativa della Commissione, sfociare, a seguito di una valutazione indipendente operata dal CHMP, in una decisione della Commissione nella quale essa obbliga le autorità competenti degli Stati membri interessati ad adottare a loro volta una decisione sul fondamento dell’articolo 116 della direttiva 2001/83, e cioè una decisione di sospendere, revocare o variare un’autorizzazione all’immissione in commercio allorché si ritenga che il medicinale interessato sia nocivo o privo di efficacia terapeutica, che il rapporto rischio/beneficio non sia favorevole, o che il medicinale non abbia la composizione qualitativa o quantitativa dichiarata.

236    Tenuto conto di quanto precede, e senza che occorra pronunciarsi sull’applicabilità dell’articolo 31 della direttiva 2001/83 nel caso di specie, si deve constatare che, nell’ambito delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio attuate a livello di Unione o negli Stati membri, l’EMA e la Commissione svolgono una funzione particolare, non paragonabile a quella delle autorità nazionali. Il principio di mutuo riconoscimento, fatto valere dall’EMA, non può pertanto ostare a che, in seguito alla presentazione di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio nell’ambito della procedura centralizzata, il CHMP esamini le valutazioni precedentemente operate da un’autorità nazionale o proceda direttamente a una valutazione indipendente. Ciò si verifica in particolare qualora una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio sia presentata a livello di Unione per una sostanza rientrante nella composizione di un’associazione di sostanze medicinali autorizzata quindici anni prima sul piano nazionale e qualora i dati in possesso del CHMP siano tali da privare di plausibilità l’ipotesi che la sostanza ritirata dalla detta associazione, nella fattispecie il MEF, svolga un ruolo in seno a quest’ultima.

237    Ciò vale tanto più nel caso di specie in quanto, in seguito alla domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera presentata in applicazione della procedura centralizzata, l’EMA, tramite il CHMP, poi la Commissione, si sono pronunciate sulla questione se il Tecfidera rientrasse nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm. Tale valutazione, a livello di Unione, aveva influenza sul periodo di tutela regolamentare dei dati riguardanti il Tecfidera e poteva ostare alla concessione, da parte delle autorità competenti degli Stati membri o da parte della Commissione, di un’autorizzazione all’immissione in commercio per un medicinale generico del Tecfidera. Quindi, la questione di stabilire se il Tecfidera rientrasse nella stessa autorizzazione globale all’immissione in commercio del Fumaderm, e, in tale contesto, la questione di stabilire se il MEF svolgesse un ruolo in seno al Fumaderm, configuravano un caso particolare che presentava un interesse per l’Unione, da una parte, alla luce degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2001/83 in generale, e cioè l’obiettivo essenziale di salvaguardia della salute pubblica e l’obiettivo di libera circolazione dei medicinali, e, dall’altra parte, alla luce degli obiettivi perseguiti dalla nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale ricordati ai precedenti punti da 174 a 179.

238    Il comportamento della Commissione nel corso della procedura che ha preceduto l’adozione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, come pure le analisi effettuate dal CHMP su richiesta di tale istituzione in ordine al Tecfidera, confermano il ruolo particolare svolto dall’uno e dall’altra. Essi mostrano che la Commissione non ha ritenuto di essere vincolata dalla decisione adottata dal BfArM nel 1994. Infatti, la Commissione ha considerato che la constatazione secondo cui il Tecfidera non apparteneva alla stessa autorizzazione globale del Fumaderm era subordinata alla valutazione dello status di «nuova sostanza attiva» del Tecfidera. Di conseguenza, la Commissione, con lettera del 18 settembre 2013, ha chiesto al CHMP di valutare se il DMF fosse diverso dal Fumaderm (v. precedente punto 18). In seguito a tale richiesta, i relatori hanno esaminato nel contempo se il DMF e il MEF fossero sostanze attive diverse e se il Fumaderm, composto da MEF e da DMF, fosse diverso dal DMF in termini di sicurezza ed efficacia. Orbene, la richiesta formulata dalla Commissione il 18 settembre 2013, nonché i dati raccolti e l’esame condotto dal CHMP in seguito a tale richiesta, potevano sfociare in valutazioni e in una conclusione eventualmente in contrasto con la decisione del BfArM di autorizzare l’immissione in commercio del Fumaderm in qualità di associazione di sostanze medicinali.

e)      Sui dati di cui disponevano o potevano disporre lEMA e la Commissione in ordine al ruolo del MEF in seno al Fumaderm

239    È importante ricordare che, nella sua lettera del 18 settembre 2013 inviata al presidente del CHMP, la Commissione ha affermato che la Biogen Idec aveva chiesto che fosse esaminata la questione se la sostanza attiva DMF potesse essere qualificata come nuova sostanza attiva. La Commissione ha poi precisato che una nuova sostanza attiva era definita come una sostanza chimica non autorizzata in precedenza come medicinale nell’Unione. Inoltre, essa ha sottolineato che il DMF non era stato precedentemente autorizzato in quanto medicinale nell’Unione, ma faceva parte del medicinale Fumaderm che era stato autorizzato in Germania nel 1994 (v. precedente punto 18).

240    In seguito all’invio di tale lettera, e in seguito alle valutazioni effettuate dai relatori in una relazione congiunta del 18 ottobre 2013 (v. precedente punto 22), il CHMP, nel corso di una riunione tenutasi il 24 ottobre 2013, ha sollevato due obiezioni nei confronti della domanda di concessione dello status di «nuova sostanza attiva» al DMF (v. precedente punto 23). Tali obiezioni erano dirette, in primo luogo, a precisare se il DMF e il MEF fossero esteri o derivati l’uno dall’altro e, in secondo luogo, a trattare, in termini di sicurezza e/o di efficacia, delle differenze cliniche rilevanti tra, da un lato, il DMF e, dall’altro, il DMF associato al MEF. Il 4 novembre 2013, la Biogen Idec ha fornito le sue risposte alle obiezioni sollevate dal CHMP. In una relazione congiunta dell’11 novembre 2013, i relatori hanno analizzato le risposte della Biogen Idec e hanno formulato la loro valutazione (v. precedente punto 25).

241    Nell’EPAR, il CHMP ha considerato che il MEF e il DMF erano entrambi attivi e non corrispondevano alla stessa sostanza attiva, in quanto la loro parte attiva terapeutica non era la stessa. Il CHMP ne ha dedotto che non era necessario indagare oltre sulle differenze significative potenziali relativamente al profilo sicurezza/efficacia. Inoltre, sulla base degli elementi di prova scientifici e conformemente alle precisazioni fornite dalla Commissione nella sua lettera del 18 settembre 2013, il CHMP ha ritenuto che il DMF fosse diverso dal Fumaderm composto da DMF e da sali di MEF. Quest’ultima constatazione, nonché un richiamo al contenuto della lettera della Commissione del 18 settembre 2013, figurano parimenti nel parere del CHMP del 21 novembre 2013 (v. precedente punto 26).

242    In questo contesto il CHMP ha raccolto dati clinici riguardanti in particolare l’attività farmacologica del MEF considerato isolatamente e l’attività farmacologica del MEF in seno al Fumaderm. Tali dati clinici sono stati prodotti dalla ricorrente dinanzi al Tribunale a sostegno delle sue affermazioni.

243    La ricorrente fa valere, in sostanza, che gli elementi di prova prodotti dalla Biogen Idec e presi in considerazione nel corso della procedura che ha preceduto l’adozione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 non erano né sufficienti né abbastanza solidi per permettere di concludere nel senso dell’esistenza di una «differenza» rilevante tra il Tecfidera e il Fumaderm. In particolare, la ricorrente sostiene che il CHMP non avrebbe potuto concludere, sulla base degli elementi di prova disponibili, che i sali di MEF avevano un’attività terapeutica rilevante in seno all’associazione di DMF e di sali di MEF del Fumaderm. Pertanto, la sola sostanza attiva rilevante nel Fumaderm sarebbe il DMF. Tali constatazioni sarebbero del resto corroborate dal fatto che le sperimentazioni cliniche disponibili non dimostravano un’attività terapeutica del MEF considerato isolatamente.

244    L’EMA sostiene che il CHMP ha giustamente concluso per l’attività farmacologica del MEF sulla base di sperimentazioni cliniche limitate in quanto, da un lato, tali sperimentazioni erano documentate da dati non clinici e, dall’altro, il Fumaderm aveva già ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio e la sua attività farmacologica era già stata stabilita dall’autorità competente di uno Stato membro. L’EMA aggiunge che le affermazioni espresse dalla ricorrente contro la valutazione operata dal CHMP sono inconferenti. Infatti, nell’ambito della sua contestazione della valutazione dei dati clinici e non clinici operata dal CHMP, la ricorrente non considererebbe l’obiettivo perseguito da tale valutazione e partirebbe dall’errato presupposto secondo cui il CHMP era tenuto a procedere ad una valutazione dell’efficacia terapeutica del MEF in seno al Fumaderm. Orbene, il BfArM avrebbe già effettuato tale valutazione e il fatto che il Fumaderm fosse stato autorizzato in quanto associazione di sostanze medicinali implicherebbe che il MEF e il DMF, nel corso di tale valutazione, si siano rivelati tali da apportare un contributo terapeutico documentato nell’associazione. Quindi, il CHMP non sarebbe stato tenuto a procedere di nuovo ad una siffatta valutazione nell’ambito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera. L’EMA precisa che il CHMP ha analizzato i dati clinici prodotti dalla Biogen Idec, poi fatti valere dalla ricorrente, unicamente per determinare l’attività farmacologica del MEF. Poiché i dati clinici relativi al MEF isolato sono relativamente limitati, l’attività del MEF sarebbe stata verificata indirettamente, raffrontando i dati provenienti da pazienti esposti al MEF in associazione con DMF con quelli provenienti da pazienti esposti al DMF isolato. Al riguardo, l’EMA precisa che il CHMP ha fatto riferimento alla pubblicazione di Nieboer, C., de Hoop, D., Langendijk, P.N.J., van Loenen, A.C. e Gubbels, J., dal titolo «Fumaric acid therapy in psoriasis: a double-blind comparison between fumaric acid compound therapy and monotherapy with dimethylfumaric acid ester» (Dermatologica., 1990; 181(1):33–37, in prosieguo: lo «studio di Nieboer e a. del 1990»), al solo fine di corroborare la conclusione secondo la quale il MEF è attivo sotto il profilo farmacologico.

245    In primo luogo, relativamente all’attività clinica del MEF considerato isolatamente, il CHMP ha esaminato lo studio di Nieboer e a. del 1989 (v. precedente punto 197), che descrive sei schemi terapeutici a base di DMF e di MEF utilizzati nella cura della psoriasi.

246    Nel controricorso, l’EMA sottolinea che le ricerche condotte nell’ambito di tale studio hanno rivelato che «il tasso di prurigine [aveva] registrato una diminuzione più significativa nel gruppo che aveva ricevuto [MEF] rispetto al gruppo che aveva ricevuto placebo» e che «[d]ifferenze significative (p<0,05) [era]no state osservate tra i tassi finali di desquamazione e di prurigine dei due gruppi» di pazienti che avevano ricevuto dosaggi diversi di MEF.

247    Secondo l’EMA, risulta chiaramente da quanto precede che la somministrazione di MEF ha fornito risultati diversi da quelli ottenuti dalla somministrazione del placebo per quanto riguarda il criterio della prurigine e che dosi diverse di MEF hanno prodotto risultati molto diversi per quanto riguarda il criterio della desquamazione e della prurigine.

248    Tuttavia, da una parte, nella relazione di valutazione comune dei relatori del 18 ottobre 2013, questi ultimi affermano che lo studio di Nieboer e a. del 1989 verte su formulazioni dei prodotti non pienamente descritte e su una popolazione i cui criteri di inclusione e la cui gravità dei sintomi non sono maggiormente evidenziati. Del resto, la relazione di valutazione comune dei relatori dell’11 novembre 2013 precisa che «(…) il DMF e i sali di MEF non presentano alcuna differenza clinicamente rilevante riguardo alla sicurezza [, che] è impossibile concludere per l’esistenza di differenze clinicamente rilevanti riguardo all’efficacia, poiché i soli dati disponibili provengono dallo studio [di Nieboer e a. del 1989, e che,] nella fattispecie solo dieci pazienti affetti da psoriasi hanno preso unicamente MEF in uno studio la cui metodologia non può essere valutata in maniera attendibile».

249    Dall’altra parte, nell’EPAR, il CHMP specifica che i dati clinici disponibili relativamente al MEF isolato sono derivati dalla letteratura pubblicata e sono limitati.

250    Così, gli elementi agli atti mostrano che lo studio di Nieboer e a. del 1989 non fornisce dati rilevanti e sufficienti per quanto riguarda l’attività clinica del MEF considerato isolatamente.

251    In ogni caso, occorre rilevare che lo studio di Nieboer e a. del 1989 ha messo a confronto il sale di sodio di MEF (MEF‑Na) con un placebo. Orbene, il MEF‑Na non rientra nella composizione del Fumaderm (v. precedente punto 2). Inoltre, riguardo al raffronto tra il gruppo che ha ricevuto una dose giornaliera di 240 mg di sale di sodio di MEF (MEF‑Na) e il gruppo che ha ricevuto il placebo, viene precisato che non esisteva alcuna differenza quanto ai casi di miglioramento, di mancanza di miglioramento o di peggioramento. Nello stesso studio, si spiega che il tasso medio finale è lo stesso nei due gruppi e che il tasso di prurigine ha registrato una diminuzione significativa nel gruppo che aveva ricevuto MEF-Na. Gli autori dello studio spiegano altresì che uno studio comparativo tra l’assunzione giornaliera di 720 mg di MEF‑Na e l’assunzione giornaliera di 240 mg di MEF‑Na è stato condotto in quanto il dosaggio giornaliero di 240 mg di MEF‑Na si era rivelato inefficace. Orbene, sempre nello studio di Nieboer e a. del 1989, gli autori constatano che non è stata rilevata alcuna differenza tra l’assunzione di 720 mg di MEF‑Na e l’assunzione di 240 mg di MEF‑Na per quanto riguarda il numero di pazienti che hanno avuto un miglioramento.

252    In secondo luogo, relativamente al confronto tra il DMF isolato e l’associazione di DMF e di sali di MEF, in primo luogo, l’EMA sottolinea, riguardo allo studio di Nieboer e a. del 1989, che il CHMP, nell’EPAR, ha altresì «evidenziato che gli effetti del trattamento [era]no stati osservati prima quando il DMF era associato a MEF rispetto a quando il DMF era somministrato isolatamente». Secondo l’EMA, solo l’attività farmacologica del MEF può spiegare il fatto che la somministrazione di DMF in associazione con MEF produce effetti in maniera più rapida rispetto alla somministrazione del DMF isolato.

253    Tuttavia, innanzitutto, occorre ricordare che la metodologia dello studio di Nieboer e a. del 1989 non ha potuto essere valutata in maniera attendibile (v. precedente punto 248). Così, gli elementi agli atti mostrano che tale studio non fornisce elementi rilevanti per quanto riguarda il ruolo del MEF in seno al Fumaderm.

254    Risulta poi dalla relazione di valutazione comune dei relatori del 18 ottobre 2013 che lo studio di Nieboer e a. del 1989 non permetteva di formulare una valutazione quanto alla portata dell’attività farmacologica esercitata dal DMF e dal MEF nell’ambito del Fumaderm. I relatori hanno infatti considerato, in sostanza, che la rispettiva attività del DMF e del MEF doveva essere descritta in maniera più approfondita dalla Biogen Idec per rendere più facile accertare il ruolo svolto dal MEF nel Fumaderm.

255    Inoltre, nello studio di Nieboer e a. del 1989, gli autori hanno sottolineato che, nell’ambito dell’associazione del DMF e del MEF, il dosaggio di DMF era notevolmente più elevato rispetto al dosaggio utilizzato per le prove vertenti sul DMF isolato. Quindi, tenuto conto dei dosaggi utilizzati, i risultati dello studio di Nieboer e a. del 1989 non erano sufficienti per dedurne che gli effetti del trattamento fossero stati constatati più rapidamente con una combinazione di DMF e di MEF che con il DMF isolato.

256    Infine, nello studio di Nieboer e a. del 1989, gli autori hanno precisato che la questione se l’aggiunta di sali di MEF al DMF avesse un effetto aggiuntivo o addirittura un effetto potenziale sarebbe oggetto di studio.

257    In secondo luogo, occorre ricordare che, nell’esame della questione se il Tecfidera rientrasse nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm, il CHMP ha parimenti esaminato lo studio di Nieboer e a. del 1990 (v. precedente punto 244), che riguarda una sperimentazione condotta in doppio cieco al fine di confrontare gli effetti del DMF in quanto agente unico e l’associazione del DMF e del MEF.

258    A questo proposito, l’EMA fa valere che, in seguito allo studio di Nieboer e a. del 1990, il CHMP ha concluso che «(…) la percentuale di miglioramento (vale a dire, una diminuzione di oltre la metà del tasso di gravità della psoriasi) era del 55% nel gruppo trattato con DMF e dell’80% nel gruppo trattato con l’associazione DMF/sale di MEF» e che «[l]a curva del tasso totale e dei vari parametri sui quattro mesi dello studio poneva in evidenza una tendenza ad ottenere effetti più rapidi nel gruppo che aveva ricevuto l’associazione DMF/sale di MEF rispetto a quello che aveva ricevuto il trattamento a base di DMF isolato». L’EMA ne deduce che la somministrazione del DMF in associazione col MEF produce effetti diversi da quelli ottenuti con la somministrazione del solo DMF.

259    Tuttavia, nello studio di Nieboer e a. del 1990, gli autori spiegano, preliminarmente, che il DMF e i sali di MEF formano gli ingredienti attivi delle compresse gastroresistenti abitualmente prescritte nell’ambito di terapie a base di acido fumarico. Secondo gli autori, tale associazione sembra fondata su fattori storici più che su un indirizzo terapeutico razionale.

260    Inoltre, come sostiene la ricorrente, la sintesi operata dal CHMP non rispecchia in maniera adeguata le principali constatazioni e conclusioni degli autori, che erano:

–        che «[l]e differenze rilevate tra i due gruppi non sono sembrate sensibili»;

–        che l’evoluzione dell’indice medio totale nei due gruppi che hanno seguito il trattamento a base di DMF isolato, da un lato, e a base di DMF e di MEF, dall’altro, «non è mai stata sensibilmente diversa [in qualunque momento]», che, «[d]i conseguenza, neppure i diversi parametri hanno mostrato differenze sensibili nel corso del tempo» e che, «[i]n capo a quattro mesi, i risultati non presentavano alcuna differenza statistica»;

–        che «[l]’evoluzione dell’indice totale e dei vari parametri nel corso dei quattro mesi dello studio hanno mostrato che il risultato era tendenzialmente più rapido con [l’associazione di DMF e di MEF] rispetto alla monoterapia [a base di DMF isolato]», ma che, «[c]iononostante, tale differenza non era sensibile e l’indice finale era lo stesso nei due gruppi»;

–        che, in sintesi, «[era] lecito affermare che il trattamento della psoriasi con [l’associazione di DMF e di MEF] non conduce[va] ad un risultato clinico migliore rispetto alla monoterapia [a base di DMF isolato]».

261    Inoltre, nella pubblicazione di Rostami-Yazdi, M., Clement, B. e Mrowietz, U., dal titolo «Pharmacokinetics of anti-psoriatic fumaric acid esters in psoriasis patients» (Arch Dermatol Res., 2010; 302(7):531‑538), di cui disponeva il CHMP nell’esame Tecfidera, gli autori hanno interpretato i risultati dello studio Nieboer e a. del 1990 nel senso che esso mostrava «che il componente essenziale del Fumaderm era il DMF dato che il trattamento della psoriasi con una combinazione di DMF e di MEF, in confronto ad una monoterapia a base di DMF, non era superiore».

262    In terzo luogo, nella loro relazione di valutazione comune del 18 ottobre 2013, i relatori hanno specificato che esisteva un interesse particolare per quanto riguardava il contributo dei sali di MEF all’attività farmacologica del Fumaderm. Orbene, benché il Fumaderm fosse stato autorizzato e immesso in commercio in Germania per la cura della psoriasi nel 1994, i relatori hanno rilevato che la Biogen Idec non aveva realizzato uno studio clinico con il Fumaderm sui pazienti affetti da sclerosi a placche, il che complicava la valutazione.

263    Inoltre, è importante ricordare che, malgrado il fatto che essi disponessero dei risultati dello studio Nieboer e a. del 1989 e dello studio di Nieboer e a. del 1990, i relatori, nella loro relazione di valutazione comune del 18 ottobre 2013, hanno affermato che la Biogen Idec doveva descrivere in maniera più approfondita in che misura il DMF e il MEF esercitassero rispettivamente la loro attività farmacologica in quanto componenti del prodotto Fumaderm, al fine di stabilire il ruolo svolto dal MEF in seno al Fumaderm. Così essi hanno ritenuto, in sostanza, che pochissimi dati clinici fossero stati presentati dalla Biogen Idec e che essa dovesse descrivere in maniera più approfondita l’attività rispettiva esercitata dal DMF e dal MEF per rendere più facile accertare il ruolo svolto dal MEF nel Fumaderm.

264    In quarto luogo, e soprattutto, è importante sottolineare che, nella loro relazione congiunta dell’11 novembre 2013, i relatori hanno analizzato le risposte della Biogen Idec e considerato che la sostanza attiva DMF contenuta nel medicinale Tecfidera non poteva essere qualificata come «nuova sostanza attiva», in quanto non sarebbe risultato dai dati forniti che le proprietà del DMF differissero significativamente, in termini di sicurezza e/o efficacia, dal prodotto Fumaderm che era a quel momento autorizzato e che conteneva una combinazione di DMF e di sali di MEF.

265    Risulta da quanto precede che gli studi clinici esaminati dal CHMP non permettevano di concludere che la somministrazione del DMF in associazione con il MEF producesse effetti differenti da quelli ottenuti unicamente con la somministrazione di DMF. Le informazioni di cui disponevano l’EMA e la Commissione erano invece tali da privare di plausibilità l’ipotesi che il MEF svolgesse un ruolo terapeutico in seno al Fumaderm.

266    In allegato al controricorso, l’EMA ha prodotto la decisione di autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm e i suoi allegati risalenti al 1994, e cioè, in particolare, l’RCP di tale medicinale e le condizioni alle quali era subordinata la sua immissione in commercio.

267    In via preliminare, occorre rilevare che, in risposta ad un quesito scritto posto dal Tribunale, l’EMA e la Commissione hanno specificato che esse non erano in possesso di tali documenti al momento dell’adozione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014.

268    In ogni caso, è importante constatare che, nell’RCP del Fumaderm, viene specificato che «il meccanismo di azione degli esteri di acido fumarico nel trattamento della psoriasi comune non è stato ancora chiarito» e che «nessuno studio preclinico è disponibile a causa dell’assenza di modelli animali appropriati».

269    Del resto, talune spiegazioni che figurano nei documenti prodotti tendono a mettere in dubbio il ruolo del MEF in seno al Fumaderm.

270    Infatti, occorre ricordare che il BfArM ha concesso due autorizzazioni all’immissione in commercio, la prima riguardante il Fumaderm prae o Fumaderm iniziale, la seconda riguardante il Fumaderm. La quantità di DMF contenuta in una compressa di Fumaderm prae è quattro volte meno elevata della quantità di DMF contenuta in una compressa di Fumaderm (v. precedente punto 2).

271    Orbene, nell’allegato dedicato alle condizioni di immissione in commercio del Fumaderm prae e del Fumaderm, il BfArM spiega che il Fumaderm prae non può essere una terapia per la psoriasi, in quanto la sua efficacia clinica non è stata dimostrata. Al riguardo, il BfArM precisa che è possibile ammettere che un pretrattamento di tre settimane con il Fumaderm prae migliora la tolleranza del trattamento con il Fumaderm. Tuttavia, il BfArM precisa che è ancora impossibile comprendere perché la percentuale di miscela dei tre composti di acido fumarico nel Fumaderm prae debba essere completamente diversa da quella presente nel Fumaderm. Il BfArM aggiunge che è necessario un esame più approfondito.

272    Vero è che, nell’RCP del Fumaderm, si precisa che, per quanto riguarda la tossicità acuta, i componenti delle compresse gastroresistenti del Fumaderm si sono rivelati meno tossici in combinazione che singolarmente. Tuttavia, come ha ricordato l’EMA nel controricorso, la relazione di valutazione congiunta dell’11 novembre 2013 precisa che «[il DMF e il MEF] sembrano presentare un potenziale nefrotossico analogo, il che concorda con le reazioni avverse osservate dopo il trattamento mediante esteri di fumarato presso pazienti affetti da psoriasi». In tale relazione, si afferma altresì che, «[c]ome si è menzionato (…) nella sezione relativa alla tossicità renale, una certa dose limite di esteri di fumarato (indipendentemente dal tenore di DMF e di MEF) basta apparentemente a indurre [reazioni avverse] gastrointestinali (nonché renali)». Inoltre, è importante ricordare che, nella loro relazione congiunta dell’11 novembre 2013, i relatori hanno esaminato le risposte della Biogen Idec e hanno considerato che la sostanza attiva DMF contenuta nel medicinale Tecfidera non poteva essere qualificata come «nuova sostanza attiva», in quanto non risultava dai dati forniti che le proprietà del DMF differissero significativamente, in termini di sicurezza e/o efficacia, rispetto al Fumaderm che era a quel momento autorizzato e che conteneva una miscela di DMF e di sali di MEF. L’EPAR relativa al Tecfidera contiene del resto alcuni riferimenti quanto all’esperienza acquisita riguardo alla sicurezza, in seguito alla commercializzazione del Fumaderm.

273    Ne consegue che, nell’adozione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, l’EMA e la Commissione disponevano o potevano disporre di dati tali da privare di plausibilità l’ipotesi che il MEF svolgesse un ruolo in seno al Fumaderm.

274    Esisteva dunque un rischio che la Biogen Idec ottenesse un periodo integrale e supplementare di tutela regolamentare dei dati, della durata di otto anni, per il solo motivo che, al momento di richiedere un’autorizzazione all’immissione in commercio per un’indicazione diversa da quella prevista dal Fumaderm, essa aveva ritirato il MEF che rientrava nella composizione del Fumaderm, ma che non era clinicamente rilevante o il cui dosaggio era troppo esiguo per produrre un qualsiasi effetto terapeutico significativo in seno al Fumaderm.

275    In siffatte circostanze particolari, la concessione, a favore della Biogen Idec, di un nuovo periodo di tutela regolamentare dei dati, di una durata di otto anni, per un medicinale che prevede una nuova indicazione terapeutica associata ad una modifica del dosaggio del medicinale, sarebbe tale da contravvenire agli obiettivi perseguiti dagli articoli 6 e 10 della direttiva 2001/83 (v. precedenti punti da 174 a 179). Infatti, un siffatto periodo di tutela regolamentare dei dati non garantirebbe un giusto equilibrio tra la tutela degli interessi delle società innovatrici e l’esigenza di favorire la produzione di medicinali generici. Inoltre, tale tutela contrasterebbe con l’obiettivo della procedura cosiddetta «abbreviata», che è quello di risparmiare il tempo e le spese necessarie per raccogliere i risultati delle prove farmacologiche, tossicologiche e cliniche ed evitare la ripetizione delle prove sull’uomo o sull’animale.

276    Tale conclusione non è rimessa in discussione dal fatto, ricordato dall’EMA, che, nell’EPAR, il CHMP ha anche preso in considerazione l’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/83 e le disposizioni dell’allegato I, parte II, punto 3, della stessa direttiva (v. precedente punto 29).

277    Infatti, in primo luogo, si deve constatare che tali disposizioni sono state applicate unicamente per esaminare se il MEF e il DMF, considerati singolarmente, e non in seno ad un’associazione di sostanze medicinali, costituissero sostanze attive diverse. Così, nell’EPAR, il CHMP ha constatato che il MEF e il DMF erano entrambi attivi e non costituivano la medesima sostanza attiva, in quanto essi non condividevano la stessa parte attiva terapeutica. Come esso ha ricordato nel suo parere rivisto del 21 novembre 2013 (v. precedente punto 26), il CHMP, nell’EPAR, ha considerato che il DMF era diverso dal Fumaderm, composto da DMF e da MEF, «sulla base di un esame degli elementi di prova scientifici e conformemente alle precisazioni fornite dalla Commissione nella sua lettera del 18 settembre 2013». Orbene, tra le precisazioni fornite dalla Commissione rientrava la circostanza che il DMF faceva parte del medicinale Fumaderm che era stato autorizzato in Germania nel 1994.

278    In secondo luogo, da un lato, le disposizioni dell’allegato I, parte II, punto 3, della direttiva 2001/83 si applicano qualora si tratti di valutare il rapporto tra un medicinale essenzialmente simile e un prodotto già autorizzato quando la sostanza attiva del medicinale essenzialmente simile contiene la stessa parte attiva terapeutica associata ad un complesso/derivato di sali/esteri. Esse riguardano quindi il rapporto tra un potenziale medicinale generico e un medicinale di riferimento. Tali disposizioni non riguardano, come nella fattispecie, l’esame del rapporto tra due medicinali di riferimento al fine di determinare se essi rientrino nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale. In realtà, le disposizioni dell’allegato I, parte II, punto 3, della direttiva 2001/83 mirano a valutare se la sostanza attiva interessata costituisca o meno una «nuova sostanza attiva». Come risulta dai precedenti punti da 26 a 39, il CHMP, nel suo parere rivisto e nell’EPAR, aveva inizialmente concluso nel senso che il DMF era una nuova sostanza attiva. La Commissione aveva riportato tale conclusione nel progetto di decisione di esecuzione da essa sottoposto al comitato permanente dei medicinali per uso umano istituito dall’articolo 121, paragrafo 1, della detta direttiva. Tuttavia, in seguito alle obiezioni sollevate al riguardo in seno a tale comitato, il riferimento allo status di nuova sostanza attiva per quanto riguarda il DMF è stato eliminato dal considerando 3 della detta decisione di esecuzione, quale adottata dalla Commissione. Di conseguenza, l’EPAR è stata modificata con l’aggiunta di una nota in cui si precisava che la dichiarazione finale del parere del CHMP sull’attribuzione di tale status al DMF era superata.

279    Dall’altro lato, si deve rilevare che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/83 enuncia la definizione di medicinale generico. Al riguardo, occorre constatare che è vero che qualsiasi medicinale, che, in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/83, può aspirare alla qualifica di medicinale generico di un medicinale di riferimento precedentemente autorizzato rientra necessariamente nella stessa autorizzazione globale di tale medicinale. Tuttavia, la circostanza che un medicinale sfugga alla qualificazione di medicinale generico ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/83 non osta necessariamente a che tale medicinale rientri nella stessa autorizzazione globale di un medicinale precedentemente autorizzato. La nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 è pertanto più ampia della definizione di medicinale generico prevista all’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/83.

280    Per quanto riguarda il rapporto tra un’associazione di sostanze medicinali e le sostanze che la compongono, è pacifico che il contributo terapeutico documentato di ciascuna di queste sostanze in seno a tale associazione è una condizione dell’autorizzazione della detta associazione come composto di sostanze attive diverse. Nelle sue risposte scritte ai quesiti del Tribunale, la Commissione ha del resto sottolineato che «esiste[va] una correlazione evidente tra l’accertamento del contributo terapeutico di ciascuna delle varie sostanze attive contenute in un’associazione di sostanze medicinali fissa e la risposta alla questione se una sostanza attiva unica utilizzata in un medicinale diverso [potesse] essere qualificata come sostanza attiva identica a quelle incluse nell’associazione fissa». Così, la valutazione di una differenza tra un’associazione di sostanze medicinali e le sostanze che la compongono dipende dall’esistenza di un contributo terapeutico documentato di ciascuna delle dette sostanze in seno alla detta associazione. Ne consegue che la constatazione secondo la quale il MEF e il DMF sono due sostanze attive diverse, qualora esse siano analizzate singolarmente alla luce dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/83, non permette di concludere ce il DMF isolato sia diverso, e quindi rientri in un’autorizzazione all’immissione in commercio globale diversa, rispetto a un’associazione di sostanze medicinali composta da MEF e da DMF. Infatti, per ricavare una siffatta conclusione, è necessario dimostrare che il MEF e il DMF apportano, ciascuno, un contributo terapeutico in seno alla detta associazione.

281    In terzo luogo, risulta chiaramente dal considerando 3 della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 che la valutazione secondo la quale il Tecfidera è diverso dal Fumaderm e non rientra nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale di tale associazione di sostanze medicinali è fondata su due constatazioni: la constatazione del CHMP che il MEF e il DMF sono entrambi attivi e non corrispondono alla stessa sostanza attiva e la constatazione che un’autorizzazione all’immissione in commercio era già stata rilasciata al Fumaderm in quanto associazione di sostanze medicinali composta da DMF e da MEF.

282    Nella fattispecie, tali constatazioni non erano sufficienti per concludere che il Tecfidera rientrasse in un’autorizzazione all’immissione in commercio globale distinta rispetto al Fumaderm. Infatti, tenuto conto degli obiettivi dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale, del diritto dell’Unione applicabile alle associazioni di sostanze medicinali nel 1994 e dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche tra il 1994 e il 2014, della funzione particolare svolta dall’EMA e dalla Commissione, nonché dei dati di cui disponevano o potevano disporre queste ultime e che erano tali da privare di plausibilità l’ipotesi che il MEF svolgesse un ruolo in seno al Fumaderm (v. precedenti punti da 175 a 275), si deve ritenere che la Commissione non potesse legittimamente concludere che il Tecfidera rientrava in un’autorizzazione all’immissione in commercio globale diversa rispetto al Fumaderm precedentemente autorizzato senza aver verificato o chiesto al CHMP di verificare se, ed eventualmente come, il BfArM avesse valutato il ruolo del MEF in seno al Fumaderm e senza neppure aver chiesto al CHMP di verificare il ruolo svolto dal MEF in seno al Fumaderm.

283    Orbene, in primo luogo, si deve constatare che, come risulta dalle risposte scritte ai quesiti posti dal Tribunale, né l’EMA né la Commissione disponevano, prima dell’adozione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, del fascicolo che aveva condotto all’autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm. Occorre peraltro ricordare che, alla data di adozione di tale decisione di esecuzione, l’EMA non era in possesso dei documenti prodotti in allegato al controricorso, e cioè le decisioni, in lingua tedesca, di autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm prae e del Fumaderm e i relativi allegati (v. precedente punto 266). A titolo comparativo, è possibile rilevare che, in applicazione dell’articolo 28 della direttiva 2001/83, che riguarda la procedura di mutuo riconoscimento e la procedura decentrata, tutti gli Stati membri sono destinatari dei fascicoli di domanda di autorizzazione all’immissione in commercio e delle valutazioni operate dallo Stato di riferimento (v. parimenti l’articolo 60 del regolamento n. 726/2004 menzionato al precedente punto 229).

284    Si deve altresì rilevare che, in risposta ad un quesito posto dal Tribunale, la ricorrente ha prodotto la decisione con la quale il BfArM ha respinto la sua domanda di accesso ai documenti relativi all’autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm (v. precedente punto 51). In tale decisione, il BfArM ha specificato che, per i medicinali la cui autorizzazione era stata richiesta prima del 6 settembre 2005, non esisteva alcun obbligo di redigere o di pubblicare una relazione pubblica di valutazione e che, di conseguenza, le informazioni alle quali la ricorrente aveva richiesto l’accesso non erano di pubblico dominio.

285    Non è del resto dimostrato che, nel corso della valutazione del Tecfidera, la Biogen Idec abbia fornito all’EMA o alla Commissione i dati che erano stati prodotti ai fini del rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm. Al riguardo, è importante sottolineare che, nelle sue risposte scritte ai quesiti posti dal Tribunale, l’EMA ha precisato che non era possibile indicare con certezza il documento o i documenti e la letteratura scientifica in suo possesso nel corso della valutazione del Tecfidera che erano stati parimenti esaminati dal BfArM nel contesto della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Fumaderm.

286    Inoltre, risulta dagli elementi agli atti, in particolare dalle risposte scritte ai quesiti posti dal Tribunale, che, nel corso della procedura che ha preceduto l’adozione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, l’EMA e la Commissione non hanno chiesto informazioni al BfArM. Esse non hanno neppure verificato se quest’ultimo avesse valutato il ruolo del MEF in seno al Fumaderm o esaminato come il BfArM avesse condotto la sua analisi.

287    In secondo luogo, risulta dagli elementi agli atti che il CHMP, poi la Commissione nella sua decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, si sono limitati a specificare che il DMF faceva parte di un’associazione di sostanze medicinali già autorizzata, e cioè il Fumaderm, e che esso non era mai stato autorizzato in quanto medicinale nell’Unione.

288    In terzo luogo, è pacifico che, malgrado le circostanze particolari del caso di specie, l’EMA, e più precisamente il CHMP, si è limitata, nell’EPAR vertente sul Tecfidera, a valutare se i sali di MEF, considerati isolatamente, fossero attivi sotto il profilo farmacologico (v. precedente punto 242). Per contro, l’esame condotto non ha avuto ad oggetto la valutazione del ruolo del MEF in seno al Fumaderm né la richiesta di informazioni al BfArM al riguardo.

289    Tenuto conto di tutto quanto precede, si deve constatare che, prima dell’adozione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, la Commissione non ha esaminato il complesso dei dati rilevanti che dovevano essere presi in considerazione per concludere che il Tecfidera e il Fumaderm rientravano in un’autorizzazione all’immissione in commercio globale distinta.

290    Tale conclusione non è rimessa in discussione dalle conclusioni dell’avvocato generale Bobek nelle cause riunite Novartis Europharm/Commissione (C‑629/15 P e C‑630/15 P, EU:C:2016:1003) richiamate dall’EMA.

291    È vero che, al paragrafo 43 delle sue conclusioni nelle cause riunite Novartis Europharm/Commissione (C‑629/15 P e C‑630/15 P, EU:C:2016:1003), l’avvocato generale Bobek ha affermato che l’elemento più importante di un medicinale è la sua sostanza attiva. Egli ha aggiunto che un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata per un medicinale a base di una sostanza attiva diversa da quella del medicinale originale difficilmente può essere considerata come uno sviluppo alla luce della formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83. Egli ha precisato che, se differenze nella sostanza attiva non dovessero portare a una diversa autorizzazione all’immissione in commercio globale, sarebbe stato difficile comprendere quale tipo di innovazione potesse attribuire al richiedente un diverso periodo di tutela regolamentare dei dati. Inoltre, al paragrafo 45 delle dette conclusioni, l’avvocato generale Bobek ha specificato che gli esempi forniti dalla Commissione rispetto alle modifiche apportate al medicinale iniziale che non rientravano nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale riguardavano tutti casi in cui esisteva una modifica alla sostanza attiva (o all’associazione di sostanze attive) contenuta nel medicinale originale e che ciò valeva, anzitutto, per le associazioni fisse di sostanze attive ai sensi dell’articolo 10 ter della direttiva 2001/83, in secondo luogo, per la separazione della sostanza attiva da una precedente associazione di sostanze attive o ancora, in terzo luogo, per una modifica di una sostanza attiva esistente equivalente a una nuova sostanza attiva. Egli ne ha dedotto, al paragrafo 46 delle sue conclusioni, che la nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale si fondava sull’identità del titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio e della sostanza attiva (o delle sostanze attive) e che, qualora mutasse il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio o la sostanza attiva, non trovava più applicazione la stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale.

292    Tuttavia, è importare constatare che, nella sentenza del 28 giugno 2017, Novartis Europharm/Commissione (C‑629/15 P e C‑630/15 P, EU:C:2017:498), la Corte non ha fornito alcuna indicazione che andasse nel senso proposto dall’avvocato generale Bobek. Inoltre, nella causa in cui sono state pronunciate le dette conclusioni, la Corte non era investita della questione se un’autorizzazione all’immissione in commercio accordata a livello di Unione per un componente di un’associazione di sostanze medicinali in precedenza autorizzata da un’autorità nazionale rientrasse nella stessa autorizzazione globale dell’associazione controversa. Inoltre, si deve sottolineare che, come risulta dai precedenti punti da 150 a 282, un indirizzo unicamente fondato su una differenza di sostanze attive presentava il rischio di condurre, nel caso di specie, alla concessione di una tutela regolamentare dei dati in contrasto con gli obiettivi perseguiti dalla nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale.

293    Alla luce di tutto quanto precede e, più precisamente, dal momento che, malgrado le circostanze particolari del caso di specie, né il CHMP né la Commissione hanno valutato il ruolo svolto dal MEF in seno al Fumaderm o chiesto informazioni al BfArM al riguardo, occorre accogliere il motivo unico fatto valere dalla ricorrente con il quale quest’ultima rileva che la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 è viziata da errore manifesto di valutazione nella parte in cui la Commissione ha concluso che il Tecfidera non faceva parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm.

294    Non essendo tale conclusione fondata né su una censura relativa alla violazione del principio di buona amministrazione, né sul contenuto degli allegati C.1 e C.2 delle osservazioni della ricorrente sulle memorie di intervento, né sul contenuto dell’allegato R.8 delle risposte scritte della ricorrente ai quesiti del Tribunale, non è necessario pronunciarsi sulla ricevibilità della detta censura, contestata dall’EMA, nonché sulla ricevibilità dei detti allegati.

295    Si deve pertanto accogliere l’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente e dichiarare inapplicabile la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 nella parte in cui, in tale decisione di esecuzione, la Commissione ha considerato che il Tecfidera non faceva parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale del Fumaderm.

296    Di conseguenza, la decisione impugnata, che si fonda sulla decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014, risulta priva di fondamento e dev’essere annullata.

 IV.      Sulle spese

297    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché l’EMA è risultata sostanzialmente soccombente, essa va condannata a sopportare le proprie spese oltre a quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

298    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Commissione sopporterà le proprie spese.

299    Infine, in applicazione dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, la Biogen sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) del 30 luglio 2018 con cui è stata negata la convalida della domanda presentata dalla Pharmaceutical Works Polpharma S.A. al fine di ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio di una versione generica del medicinale Tecfidera è annullata.

2)      Per il resto, il ricorso è respinto.

3)      L’EMA sopporterà, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Pharmaceutical Works Polpharma.

4)      La Biogen Netherlands BV e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

da Silva Passos

Valančius

Reine

Truchot

 

      Sampol Pucurull

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 maggio 2021.

Firme


Indice


I. Fatti

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sul primo capo della domanda, diretto ad ottenere che il Tribunale dichiari ricevibile e fondata l’eccezione di illegittimità sollevata contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014

B. Sul secondo capo della domanda, diretto all’annullamento della decisione impugnata

1. Sulla ricevibilità

a) Sulla qualificazione della decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014 come «atto di portata generale»

b) Sull’esistenza di un nesso tra la decisione impugnata e le valutazioni contestate dalla ricorrente

c) Sul diritto della ricorrente di proporre un ricorso diretto contro la decisione di esecuzione del 30 gennaio 2014

2. Sul merito

a) Osservazioni preliminari

1) Sulla pertinenza del motivo unico

2) Sull’ampiezza del sindacato giurisdizionale

b) Sull’autorizzazione all’immissione in commercio globale e sui suoi obiettivi

c) Sul diritto dell’Unione applicabile e sull’evoluzione delle conoscenze scientifiche dal 1994 al 2014

d) Sul principio di mutuo riconoscimento delle decisioni adottate dalle autorità nazionali

e) Sui dati di cui disponevano o potevano disporre l’EMA e la Commissione in ordine al ruolo del MEF in seno al Fumaderm

IV. Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.