CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 28 giugno 2011 (1)

Causa C–404/09

Commissione delle Comunità Europee

contro

Regno di Spagna

«Sito “Alto Sil” – Direttiva 85/337/CEE – Valutazione degli effetti di determinati progetti sull’ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Protezione degli habitat naturali e delle specie selvatiche – Orso bruno (Ursus arctos) – Gallo cedrone (Tetrao urogallus)»






Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – La direttiva VIA

B – La direttiva «uccelli»

C – La direttiva «habitat»

III – Fatti, fase precontenziosa e conclusioni

IV – Analisi giuridica

A – Sull’autorizzazione dei progetti «Nueva Julia» e «Ladrones» con riferimento alla zona di protezione degli uccelli «Alto Sil»

1. Sulla necessità di una valutazione dei progetti

2. Sulla valutazione dell’impatto tenuto conto degli obiettivi di protezione della ZPS «Alto Sil»

B – Sul pregiudizio per la zona di protezione degli uccelli «Alto Sil»

1. Sull’applicabilità dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat»

2. Sugli effetti dei progetti

a) Sull’occupazione delle superfici

b) Sugli effetti sulle aree adiacenti

c) Sull’effetto barriera dei progetti di estrazione mineraria a cielo aperto

d) Conclusione intermedia

3. Sulla responsabilità della Spagna

4. Sulla giustificazione del pregiudizio causato al gallo cedrone

5. Conclusione intermedia sulla seconda parte del secondo motivo di ricorso

C – Sulla protezione provvisoria del sito di importanza comunitaria (SIC) proposto «Alto Sil»

D – Sull’autorizzazione di progetti con riferimento al SIC «Alto Sil»

E – Sul deterioramento del SIC «Alto Sil»

1. Sulla distruzione di superfici con biotopi protetti

2. Sulla perturbazione di superfici adiacenti e sull’effetto barriera

3. Conclusione intermedia sulla seconda parte del quarto motivo di ricorso

F – Sulla direttiva VIA

1. Sulla necessità di una valutazione degli effetti sull’ambiente

2. Sull’impatto ambientale esaminato

V – Sulle spese

VI – Conclusione

I –    Introduzione

1.        Nel presente procedimento per inadempimento la Commissione europea accusa il Regno di Spagna di aver violato la direttiva VIA (2) e la direttiva «habitat» (3) nell’ambito dell’autorizzazione e della supervisione del funzionamento di diversi progetti di estrazione mineraria a cielo aperto nella regione Castilla e León. I progetti si trovano all’interno di una zona protetta ai sensi della direttiva «habitat» e della direttiva «uccelli» (4). La Commissione contesta la valutazione degli effetti sull’ambiente di alcuni progetti e il deterioramento della zona.

2.        Molte delle questioni giuridiche sottoposte possono essere risolte sulla scorta della giurisprudenza esistente. Sinora, però, non è stata ancora chiarita la portata dell’obbligo di evitare il degrado delle zone e la perturbazione ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», quando si tratta di effetti di progetti autorizzati prima che le disposizioni di protezione della direttiva «habitat» (5) iniziassero ad essere applicabili. Sussistono dubbi anche in merito al contenuto necessario di una valutazione dell’impatto ambientale in base alla direttiva VIA (6). Per il resto, il presente caso solleva difficoltà soprattutto in ordine alla valutazione della sua complessa fattispecie.

II – Contesto normativo

A –    La direttiva VIA

3.        L’art. 2, n. 1, definisce l’obiettivo della direttiva VIA come segue:

«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell’articolo 4».

4.        L’art. 3 della direttiva VIA descrive l’oggetto della valutazione dell’impatto ambientale:

«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e conformemente agli articoli da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:

–        l’uomo, la fauna e la flora;

–        il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;

–        i beni materiali ed il patrimonio culturale;

–        l’interazione tra i fattori di cui al primo, secondo e terzo trattino».

5.        In base all’art. 4, n. 1, e all’allegato I, n. 19, della direttiva VIA gli impianti minerari a cielo aperto con superficie del sito superiore a 25 ettari devono essere imperativamente sottoposti a valutazione a norma degli artt. 5‑10.

6.        L’art. 5 della direttiva VIA precisa quali informazioni occorra fornire nel quadro di una valutazione dell’impatto ambientale:

«(1) Nel caso dei progetti che, a norma dell’articolo 4, devono essere oggetto di una valutazione dell’impatto ambientale a norma degli articoli da 5 a 10, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il committente fornisca, nella forma opportuna, le informazioni specificate nell’allegato IV, qualora:

a)       gli Stati membri ritengano che le informazioni siano appropriate ad una determinata fase della procedura di autorizzazione ed alle caratteristiche peculiari d’un progetto specifico o d’un tipo di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio;

b)       gli Stati membri ritengano che si possa ragionevolmente esigere che un committente raccolga i dati, tenendo conto fra l’altro delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili.

(2)       (…)

(3)       Le informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1 comportano almeno:

–        una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e dimensioni;

–        una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi;

–        i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente;

–        una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale;

–        una sintesi non tecnica delle informazioni indicate nei precedenti trattini.

(4)       (…)»

7.        Le informazioni di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva VIA vengono precisate nell’allegato IV:

«(…)

4.       Una descrizione (1) dei probabili effetti rilevanti del progetto proposto sull’ambiente:

–        dovuti all’esistenza del progetto,

–        dovuti all’utilizzazione delle risorse naturali,

–        dovuti all’emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti,

e la menzione da parte del committente dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli effetti sull’ambiente.

(…)

(1)      Questa descrizione dovrebbe riguardare gli effetti diretti ed eventualmente gli effetti indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto».

B –    La direttiva «uccelli»

8.        L’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva «uccelli» prevede che gli Stati membri designino come zone di protezione speciale (in prosieguo: la «ZPS») le zone più idonee alla protezione degli uccelli di cui all’allegato I della direttiva e degli uccelli migratori.

9.        Nell’allegato I della direttiva «uccelli» si fa riferimento, in particolare, al gallo cedrone (Tetrao urogallus).

10.      L’art. 4, n. 4, primo periodo, della direttiva «uccelli» disciplina la tutela della ZPS:

«Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli, che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente articolo».

C –    La direttiva «habitat»

11.      In base all’art. 4, n. 1, e all’allegato III (fase 1) della direttiva «habitat», gli Stati membri propongono alla Commissione i siti nei quali si riscontrano habitat naturali di cui all’allegato I e specie locali di cui all’allegato II. La Commissione sceglie fra tali proposte conformemente all’art. 4, n. 2, e all’allegato III (fase 2), i siti che inserisce in un elenco dei siti di importanza comunitaria (in prosieguo: il «SIC»).

12.      Fra le specie e gli habitat da tutelare in base alla direttiva «habitat» alcuni sono considerati prioritari. In base all’art. 1, lett. d) e h), essi si distinguono per il fatto che rischiano di scomparire e l’Unione ha una responsabilità particolare per la loro conservazione.

13.      Ai fini del caso di specie sono rilevanti i seguenti habitat non prioritari di cui all’allegato I della direttiva «habitat»:

–        4030 – Lande europee secche,

–        4090 – Lande oro-mediterranee endemiche a ginestre spinose,

–        6160 – Terreni erbosi silicei oro-iberici a Festuca indigesta,

–        6510 – Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis),

–        8230 – Rocce silicee con vegetazione pioniera di Sedo-Scleranthion o di Sedo albi-Veronicion dillenii e

–        9230 – Querceti galizio-portoghesi di Quercus robur e Quercus pyrenaica.

14.      Inoltre si deve richiamare l’attenzione sull’orso bruno (Ursus arctos), indicato nell’allegato II della direttiva «habitat» come specie prioritaria.

15.      Le disposizioni sulla protezione dei siti sono contenute nell’art. 6, nn. 2‑4 della direttiva «habitat»:

«(2)      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di protezione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

(3)      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’impatto che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di protezione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’impatto sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

(4)       Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’impatto sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

(…)»

16.      Al riguardo il decimo ‘considerando’ della direttiva «habitat» enuncia quanto segue:

«considerando che qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative sugli obiettivi di protezione di un sito già designato o che sarà designato deve formare oggetto di una valutazione appropriata».

17.      L’art. 7 della direttiva «habitat» rende tali disposizioni applicabili alla ZPS di cui alla direttiva «uccelli»:

«Gli obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 79/409/CEE, per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell’articolo 4, paragrafo 2 di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 79/409/CEE, qualora essa sia posteriore».

18.      In merito a tale disciplina, il settimo ‘considerando’ della direttiva «habitat» enuncia quanto segue:

«considerando che tutte le zone designate, comprese quelle già classificate o che saranno classificate come zone di protezione speciale ai sensi della direttiva 79/409/CEE (…), dovranno integrarsi nella rete ecologica europea coerente».

III – Fatti, fase precontenziosa e conclusioni

19.      Il sito «Alto Sil», presso il corso superiore del fiume Sil, ha un’estensione di oltre 43 000 ettari ed è situato nella parte nord-occidentale della regione spagnola Castilla e León, vicino alle regioni Galizia e Asturie. Esso fa parte di una catena di vaste zone di protezione, prevalentemente adiacenti le une alle altre, che si estendono dalla Galizia alla Cantabria (7).

20.      Nel 1998 la Spagna proponeva «Alto Sil» come SIC ai sensi della direttiva «habitat» e, nel 2000, ha designato tale sito come ZPS ai sensi della direttiva «uccelli». Il 7 dicembre 2004 la Commissione inseriva il sito nella lista dei SIC ai sensi della direttiva «habitat» con il n. ES0000210 (8).

21.      Nel formulario informativo per la comunicazione dei siti alla Commissione sono elencati, tra l’altro, 10-15 esemplari di orso bruno e 42-47 esemplari maschi della sottospecie cantabrica di gallo cedrone (Tetrao urogallus cantabricus) nonché, in particolare, i seguenti habitat:

–        4030 – Lande secche europee (50% del sito, vale a dire oltre 21 000 ettari),

–        4090 – Lande oro-mediterranee endemiche a ginestre spinose (6% del sito, vale a dire circa 2 600 ettari),

–        6160 – Terreni erbosi silicei oro-iberici a Festuca indigesta (1% del sito, vale a dire circa 430 ettari),

–        8230 – Rocce silicee con vegetazione pioniera di Sedo-Scleranthion o di Sedo albi-Veronicion dillenii (13% del sito, vale a dire oltre 5 500 ettari) e

–        9230 – Querceti galizio-portoghesi a Quercus robur e Quercus pyrenaica (6% del sito, vale a dire circa 2 600 ettari).

22.      Nel 2001 la Commissione veniva a conoscenza di diversi progetti di impianti minerari a cielo aperto per l’estrazione del carbone, che potrebbero pregiudicare il sito «Alto Sil».

23.      Dopo le prime indagini, la Commissione invitava la Spagna, per la prima volta nel 2003, a prendere posizione in merito a possibili violazioni della direttiva «habitat» e della direttiva VIA. Nel 2005 essa inviava alla Spagna un primo parere motivato. In risposta a tale parere, la Spagna presentava, tra l’altro, uno studio nel quale vengono esaminati gli effetti dei diversi progetti e vengono proposte misure a protezione del sito (in prosieguo: lo «studio del 2005») (9).

24.      Successivamente a due sentenze della Corte (10), la Commissione valutava nuovamente i fatti e il 29 febbraio 2008 invitava, per la seconda volta, la Spagna a prendere posizione. Dopo la risposta 7 maggio 2008 e ulteriori contatti, il 1° dicembre 2008 seguiva un parere motivato complementare della Commissione nel quale quest’ultima fissava alla Spagna il termine del 1° febbraio 2009 per cessare la violazione del diritto dell’Unione. In seguito a ciò, la Spagna trasmetteva ulteriori informazioni sino al 30 luglio 2009.

25.      In base alle informazioni fornite, i progetti di estrazione mineraria a cielo aperto si suddividono in due gruppi.

26.       A nord del Sil e della località Villablino veniva estratto carbone da numerose cime e crinali di montagne. Fra tali progetti si trovano per lo più valli con ruscelli, cosicché essi sono situati ad una distanza tra uno e due chilometri. La Commissione contesta l’impianto minerario a cielo aperto «Feixolín» (95,86 ettari, autorizzato nel 1986, di cui è stata nel frattempo intrapresa la rinaturalizzazione) e gli impianti minerari a cielo aperto «Ampliación de Feixolín» (ampliamento di «Feixolín», 93,9 ettari) nonché «Fonfría» (350 ettari, autorizzato il 21 luglio 1999) ad esso adiacenti. Vengono pianificati, inoltre, a est e ad ovest di tali progetti, altri impianti minerari a cielo aperto. Essi sono situati tutti all’interno del sito «Alto Sil».

27.      La situazione è particolarmente complicata con riguardo all’ampliamento di «Feixolín». Alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, tale sito non era stato ancora autorizzato, ma era già stato eseguito su una superficie parziale di 35,24 ettari. Per tale ragione, il 9 novembre 2009 le autorità spagnole infliggevano una sanzione e adottavano determinate misure (11). Già l’11 giugno 2009 era stato autorizzato, però, uno sfruttamento di tale miniera su una superficie parziale di 39,62 ettari e il 7 ottobre 2009 erano state adottate determinate misure per la limitazione e la compensazione di effetti ambientali.

28.      A distanza di circa 10-15 chilometri, a sud del fiume Sil, a sudovest della località Villa Seca de Laciano sono situati gli altri progetti contestati dalla Commissione «Salguero-Prégame-Valdesegadas» (196 ettari, autorizzato nel 1986, già ampiamente rinaturalizzati), «Nueva Julia» (405 ettari, autorizzato nel 2003) e «Ladrones» (117 ettari, autorizzato nel 2003). Questi – e un altro sito progettato – confinano direttamente tra loro. Solo «Ladrones» è situato all’interno di «Alto Sil».

29.      Nonostante le informazioni fornite dalla Spagna, la Commissione continua a ritenere che il diritto dell’Unione sia stato violato e, pertanto, con il presente ricorso, depositato il 20 ottobre 2009 presso la Corte, chiede che quest’ultima voglia

1. dichiarare:

a)       che, avendo autorizzato gli impianti minerari a cielo aperto «Fonfría», «Nueva Julia» e «Ladrones» senza subordinare detta autorizzazione ad una valutazione che consentisse di individuare, descrivere e valutare in modo appropriato gli effetti diretti, indiretti e cumulativi dei progetti di estrazione mineraria a cielo aperto esistenti, il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 2, 3 e 5, nn. 1 e 3, della direttiva VIA;

b)       che, a partire dal 2000, anno in cui il sito «Alto Sil» è stato classificato come ZPS,

–        avendo autorizzato gli impianti minerari a cielo aperto «Nueva Julia» e «Ladrones» senza una valutazione appropriata dei possibili effetti di tali progetti e, in ogni caso, senza rispettare le condizioni che consentono la realizzazione di un progetto per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e in mancanza di alternative, nonostante il rischio ad essi connesso per la specie Gallo cedrone, ossia uno dei beni tutelati per i quali l’«Alto Sil» è stato classificato come ZPS, nonché avendo comunicato alla Commissione unicamente le misure compensative necessarie al fine di garantire la coerenza della Rete Natura 2000, e

–        non avendo adottato le misure necessarie al fine di evitare un degrado degli habitat e le perturbazioni significative per la specie citata, la quale ha determinato la designazione della ZPS in questione, prodotti dagli impianti minerari a cielo aperto «Feixolín», «Salguero-Prégame-Valdesegadas», «Fonfría», «Ampliación de Feixolín» e «Nueva Julia»,

relativamente alla ZPS «Alto Sil» il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 6, nn. 2, 3 e 4, in combinato disposto con l’art. 7 della direttiva «habitat»;

c)       che, a partire dal gennaio 1998, non avendo adottato, riguardo all’attività mineraria delle miniere «Feixolín», «Salguero-Prégame-Valdesegadas», «Fonfría» e «Nueva Julia», le misure necessarie al fine di salvaguardare il valore ecologico rivestito a livello nazionale dal sito proposto «Alto Sil», relativamente a tale sito il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in base all’interpretazione data dalla Corte nelle sentenze 13 gennaio 2005, causa C–117/03, Dragaggi e a., e 14 settembre 2006, causa C–244/05, Bund Naturschutz in Bayern e a.;

d)       che, a partire dal dicembre 2004,

–        avendo autorizzato progetti di estrazione mineraria a cielo aperto (nelle miniere «Feixolín», «Salguero-Prégame-Valdesegadas», «Fonfría» e «Nueva Julia») atti ad incidere significativamente sui beni tutelati che hanno determinato la designazione di «Alto Sil» come SIC, senza operare una valutazione appropriata della possibile incidenza dell’impianto in parola e, in ogni caso, senza rispettare le condizioni che consentirebbero la realizzazione dei progetti menzionati nonostante il rischio ad essi connesso per i beni tutelati a causa dei quali l’«Alto Sil» è stato designato, in mancanza di alternative, unicamente per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e solo previa comunicazione alla Commissione delle misure compensative necessarie al fine di garantire la coerenza della Rete Natura 2000,

–        nonché, non avendo adottato relativamente a tali progetti, le misure necessarie al fine di evitare un degrado degli habitat e degli habitat delle specie, nonché perturbazioni delle specie causati dalle miniere «Feixolín», «Salguero-Prégame-Valdesegadas», «Fonfría», «Nueva Julia» e «Ampliación de Feixolín»,

relativamente al SIC «Alto Sil» il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 6, nn. 2, 3 e 4, della direttiva «habitat»; e

2.      condannare il Regno di Spagna alle spese.

30.      Il Regno di Spagna chiede che la Corte voglia

a)       respingere il ricorso e

b)       condannare l’istituzione ricorrente alle spese.

31.      Fra le parti si è svolta esclusivamente la fase scritta.

IV – Analisi giuridica

32.      Scostandomi dalla struttura del ricorso, esaminerò, anzitutto, i motivi di ricorso con riferimento alla direttiva «habitat» e solo in un secondo momento analizzerò l’applicazione della direttiva VIA.

A –    Sull’autorizzazione dei progetti «Nueva Julia» e «Ladrones» con riferimento alla zona di protezione degli uccelli «Alto Sil»

33.      Nell’ambito della prima parte del secondo motivo di ricorso, la Commissione sostiene che nel 2003, nell’autorizzare i progetti «Nueva Julia» e «Ladrones», la Spagna ha violato l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat», relativamente alla ZPS «Alto Sil».

34.      Già al momento della domanda di autorizzazione di tali progetti nel 2001 (12), la Spagna aveva designato la ZPS come zona di protezione degli uccelli, sicché le procedure di autorizzazione ai sensi dell’art. 7 della direttiva «habitat» venivano sottoposte all’art. 6, nn. 2–4.

35.      A norma dell’art. 6, n. 3, primo periodo, della direttiva «habitat», qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito, ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una valutazione del suo impatto, tenendo conto degli obiettivi di conservazione previsti per tale sito. In conformità del secondo periodo, alla luce delle conclusioni della valutazione dell’impatto sul sito e fatto salvo il n. 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa.

36.      L’art. 6, n. 4, della direttiva «habitat» consente, a determinate condizioni, di attuare il progetto nonostante conclusioni negative della procedura di cui al n. 3.

1.      Sulla necessità di una valutazione dei progetti

37.      I progetti di estrazione mineraria a cielo aperto non sono né connessi né necessari alla gestione della ZPS «Alto Sil». Non trovano, quindi, applicazione le relative deroghe all’obbligo di valutazione di cui all’art. 6, n. 3, primo periodo, della direttiva «habitat».

38.      Una valutazione sarebbe stata, pertanto, necessaria, qualora i singoli progetti avessero potuto avere, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, incidenze significative sul sito. Tale situazione si verifica laddove vi sia una probabilità o un rischio che i piani o i progetti pregiudichino significativamente il sito interessato (13).

39.      Come risulta dall’art. 6, n. 3, primo periodo, della direttiva «habitat», in combinato disposto con il decimo ‘considerando’, deve essere valutata la significatività dell’incidenza dei piani o dei progetti con riguardo agli obiettivi di conservazione del sito (14).

40.      Una tale valutazione deve essere eseguita in caso di dubbi circa la mancanza di effetti significativi, tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione. Quest’ultimo costituisce uno dei fondamenti della politica di un alto livello di protezione perseguita dall’Unione in campo ambientale, conformemente all’art. 191, n. 2, primo comma, TFUE. La direttiva «habitat» deve essere interpretata alla luce di tale principio (15).

41.      Dato che nell’ambito di un procedimento per inadempimento la Commissione deve dimostrare la sussistenza dell’asserita infrazione, è anche suo compito fornire indizi sufficienti a dimostrare che un piano o un progetto, alla luce delle particolari caratteristiche e condizioni ambientali del sito interessato, è idoneo ad avere incidenze significative su tale sito per quanto riguarda gli obiettivi di protezione del medesimo (16).

42.      Gli addebiti della Commissione si riferiscono alla conservazione del gallo cedrone cantabrico. In Spagna tale sottospecie di gallo cedrone è considerata a rischio. Essa rientra incontestabilmente negli obiettivi di conservazione della zona di protezione degli uccelli «Alto Sil».

43.      Si deve valutare, pertanto, se entrambi i progetti di estrazione mineraria a cielo aperto siano idonei ad avere incidenze significative sulla conservazione del gallo cedrone cantabrico nella zona di protezione degli uccelli «Alto Sil».

44.      Il progetto «Ladrones» è situato all’interno della zona di protezione. Le superfici direttamente interessate non potrebbero perciò più contribuire alla conservazione del gallo cedrone, quanto meno sino alla rinaturalizzazione. Persino dopo la cessazione dello sfruttamento occorrerà molto tempo prima che le superfici raggiungano nuovamente una funzionalità ecologica equiparabile, sempre che ciò dovesse essere, poi, possibile.

45.      Rumore, vibrazioni e altri effetti derivanti dalla realizzazione del progetto potrebbero incidere parimenti su altre parti del sito. In base ad uno studio presentato dalla Spagna il rumore di un impianto a cielo aperto si propaga sino ad una distanza di quattro chilometri e le vibrazioni ad una distanza di 300 metri (17). I possibili effetti in oggetto hanno una particolare rilevanza, perché il progetto «Ladrones» confina direttamente con una cosiddetta area critica per la conservazione del gallo cedrone, vale a dire, presumibilmente, un habitat preferito da tale specie (18).

46.      Sebbene «Nueva Julia» sia situata al di fuori della ZPS, essa confina direttamente con la stessa. Perturbazioni di parti del sito, dovute in particolare a rumore e a vibrazioni, sono, pertanto, parimenti possibili. Ciò vale in modo particolare per l’area critica citata, che dista al massimo un chilometro dal confine con la miniera «Nueva Julia».

47.      Quanto al resto, va ricordato che l’art. 6, n. 3, primo periodo, della direttiva «habitat» non comprende solo gli effetti che si possono produrre esaminando isolatamente singoli piani o progetti, bensì include espressamente gli effetti congiunti di diversi piani e progetti. Un tale effetto congiunto è possibile nel caso di specie già per il fatto che numerosi progetti di estrazione mineraria a cielo aperto vengono realizzati o quanto meno progettati in prossimità gli uni agli altri. A tali effetti potrebbero aggiungersene altri, ad esempio quelli degli insediamenti residenziali o delle vie di comunicazione stradale in tale area. A tal riguardo, non si deve considerare solo la perturbazione della specie nelle cosiddette aree critiche, bensì anche il fatto che i vari insediamenti della specie potrebbero essere separati gli uni dagli altri, cosicché diverrebbe difficile o impossibile uno scambio tra le rispettive popolazioni (19).

48.      Entrambi i progetti di estrazione mineraria a cielo aperto sono pertanto idonei ad avere incidenze significative sulla conservazione del gallo cedrone cantabrico nella zona di protezione degli uccelli «Alto Sil». Tale giudizio viene confermato dal fatto che la stessa Spagna, nel formulario informativo standard per la zona, ha indicato i progetti di estrazione mineraria a cielo aperto come il pericolo essenziale per tale zona.

2.      Sulla valutazione dell’impatto tenuto conto degli obiettivi di protezione della ZPS «Alto Sil»

49.      Dovrebbe essere valutato, pertanto, l’impatto di entrambi i progetti sulla zona di protezione.

50.      Tale valutazione deve essere effettuata in modo tale che le autorità competenti acquisiscano la certezza che un piano o un progetto non abbia conseguenze negative sull’integrità del sito interessato, laddove le autorità sono obbligate a rifiutare l’autorizzazione richiesta se non vi è certezza che nessuno di tali effetti si verifichi (20).

51.      Relativamente ai criteri in base ai quali le autorità competenti possono acquisire la certezza necessaria, la Corte ha precisato che non deve sussistere alcun ragionevole dubbio dal punto di vista scientifico (21), fermo restando che le autorità devono fondarsi sulle migliori conoscenze scientifiche in materia (22).

52.      Né dalle argomentazioni della Spagna né dagli atti emerge che una valutazione di questo tipo sia stata eseguita con riguardo alla conservazione del gallo cedrone.

53.      Nei documenti disponibili, relativi all’autorizzazione dell’impianto a cielo aperto «Nueva Julia», il gallo cedrone non viene nemmeno menzionato.

54.      Sebbene la Spagna indichi che nella decisione di autorizzazione per l’impianto a cielo aperto «Ladrones» viene constatato che i possibili effetti di tale progetto sul gallo cedrone sono stati esaminati e giudicati soddisfacenti (23), si tratta, tuttavia, soltanto di una dichiarazione dell’autorità competente per il rilascio dell’autorizzazione e, come tale, essa non è idonea a dimostrare che l’impatto dei progetti sia stato adeguatamente esaminato. La Spagna non ha presentato alcun documento in tal senso.

55.      La Spagna sottolinea che non verrebbe colpito alcun sito per gli accoppiamenti del gallo cedrone; ciò non significa, tuttavia, che il gallo cedrone non subisca effetti pregiudizievoli in tutti gli stadi del suo sviluppo. In particolare, non è escluso che l’uso dell’area critica sopra citata, situata nella zona di incidenza di entrambi gli impianti minerari a cielo aperto, subisca ripercussioni.

56.      Infine, la Spagna invoca il citato studio del 2005, che esamina i possibili effetti del progetto «Fonfría» nonché gli effetti cumulativi con altri progetti di estrazione mineraria a cielo aperto. Nel caso di specie, però, è irrilevante se tale studio valuti sufficientemente l’impatto dei progetti «Nueva Julia» e «Ladrones» sulla protezione del gallo cedrone nella zona di protezione degli uccelli «Alto Sil». In base all’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», infatti, l’incidenza di un progetto deve essere valutata prima della sua autorizzazione (24). Le autorizzazioni di cui trattasi nel caso di specie sono state però concesse già nel 2003.

57.      Come giustamente rilevato dalla Commissione, in tale studio si constata del resto che, nell’ambito delle valutazioni dell’impatto eseguite in precedenza, gli effetti dei progetti non sarebbero stati esaminati correttamente (25).

58.      Poiché i progetti «Nueva Julia» e «Ladrones» non sono stati valutati, quindi, in modo adeguato, la loro autorizzazione viola necessariamente l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat». Un’autorizzazione ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» avrebbe presupposto che le autorità competenti acquisiscano la certezza che i progetti non avrebbero avuto effetti negativi sull’integrità del sito interessato (26). In mancanza di qualsiasi valutazione dell’impatto, tale certezza era tuttavia esclusa.

59.      Per i medesimi motivi non sussisterebbero i presupposti per un’autorizzazione ai sensi dell’art. 6, n. 4, della direttiva «habitat». In base a tale disposizione, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata, qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione da eseguire in base all’art. 6, n. 3, primo periodo, della direttiva e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica (27).

60.      È vero che la Spagna sottolinea l’importanza dell’industria mineraria per l’economia locale e sostiene che gli effetti sulla conservazione del gallo cedrone sarebbero minimi. Senza un’adeguata valutazione dell’impatto, tali considerazioni sono però irrilevanti.

61.      L’art. 6, n. 4, della direttiva «habitat» trova applicazione, infatti, solo dopo che gli effetti di un piano o progetto sono stati esaminati conformemente all’art. 6, n. 3, della direttiva. La conoscenza di tali effetti, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito, configura una condizione imprescindibile per l’applicazione dell’art. 6, n. 4. In mancanza della stessa non può essere valutato nessun presupposto applicativo di tale regime derogatorio. La valutazione di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e della questione se sussistano alternative meno dannose richiede, infatti, una ponderazione del pregiudizio che deriverebbe al sito dal piano o dal progetto previsti. Inoltre il pregiudizio del sito dev’essere identificato con precisione, al fine di poter stabilire il tipo delle eventuali misure compensative (28).

62.      La Spagna ha violato, dunque, l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat», avendo autorizzato gli impianti minerari a cielo aperto «Nueva Julia» e «Ladrones» senza valutare in modo appropriato i possibili effetti di tali progetti.

B –    Sul pregiudizio per la zona di protezione degli uccelli «Alto Sil»

63.      Con la seconda parte del secondo motivo di ricorso, la Commissione imputa alla Spagna di aver violato l’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», avendo omesso di adottare le misure necessarie per evitare il deterioramento della ZPS «Alto Sil» dovuto al funzionamento degli impianti minerari a cielo aperto «Feixolín», «Salguero-Prégame-Valdesegadas», «Fonfría», ampliamento di «Feixolín» e «Nueva Julia».

64.      L’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» stabilisce che gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare, nelle zone di protezione soggette a tale disposizione, il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi di tale direttiva.

1.      Sull’applicabilità dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat»

65.      Si deve verificare, anzitutto, se l’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» sia applicabile agli effetti prodotti da tali progetti. Tale disposizione non vale, infatti, per qualsiasi degrado o perturbazione delle zone di protezione. La Corte ha dichiarato, infatti, che se un piano o un progetto è stato autorizzato secondo la procedura di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», esso rende superflua, per quanto riguarda l’incidenza di questo piano o progetto sul sito protetto interessato, un’applicazione concomitante della norma di protezione generale di cui all’art. 6, n. 2 (29).

66.      L’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» si applica, conseguentemente, alle misure già realizzate per l’ampliamento di «Feixolín». Esse sono state realizzate senza un’autorizzazione, cosicché l’art. 6, nn. 3 e 4, non ha ancora potuto trovare applicazione.

67.      Dal risultato della precedente valutazione alla luce art. 6, nn. 3 e 4 della direttiva «habitat» deriva, inoltre, che l’art. 6, n. 2, vale anche per gli effetti prodotti dal progetto «Nueva Julia». Infatti, se per un piano o progetto è stata rilasciata un’autorizzazione in violazione dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», può configurarsi una violazione dell’art. 6, n. 2, con riferimento ad una ZPS, qualora vengano dimostrati il degrado di un habitat o la perturbazione di specie per le quali è stata designata la zona in questione (30).

68.      Potrebbe, tuttavia, ostare ad un’applicazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» agli effetti prodotti dagli impianti minerari a cielo aperto «Feixolín», «Salguero-Prégame-Valdesegadas» e «Fonfría» il fatto che tali impianti siano stati autorizzati prima che fosse applicabile il regime di protezione del sito in base alla direttiva «habitat».

69.      La Corte ha già statuito che un progetto, se è stato autorizzato prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva «habitat» o se la procedura di autorizzazione è stata avviata prima dell’adesione all’Unione da parte dello Stato membro interessato, non soggiace alle prescrizioni di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» in merito alla valutazione ex ante dei suoi effetti sulla zona interessata (31). Non sarebbe opportuno, infatti, che procedure già complesse a livello nazionale e formalmente avviate prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva siano ulteriormente appesantite e ritardate dalle specifiche prescrizioni imposte da quest’ultima e che situazioni già consolidate ne siano colpite (32).

70.      Tale giurisprudenza concerne, tuttavia, solo gli aspetti procedurali. Infatti, la Corte ha più volte ribadito che i requisiti sostanziali inerenti alla protezione del sito, ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», non vengono esclusi dalle autorizzazioni esistenti. Tale disposizione consente, così, di soddisfare lo scopo essenziale della preservazione e della protezione della qualità dell’ambiente compresa la conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche, come enunciato al primo ‘considerando’ della direttiva, qualora un piano autorizzato ai sensi dell’art. 6, n. 3, o un siffatto progetto, anche in assenza di qualsiasi errore imputabile alle autorità nazionali, si riveli successivamente idoneo a comportare deterioramenti e notevoli perturbazioni (33). Inoltre l’art. 6, n. 2, può imporre, a tal fine, di esaminare a posteriori un’autorizzazione esistente (34). Pertanto, la realizzazione di un progetto autorizzato prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva «habitat» rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione (35).

71.      L’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» impone, di conseguenza, agli Stati membri di adottare, anche per i progetti precedenti, le misure necessarie per impedire il degrado o le perturbazioni di zone di protezione. Gli interessi legittimi del titolare di autorizzazioni devono essere soddisfatti, all’occorrenza, mediante un indennizzo.

72.      Tale giurisprudenza non è in contrasto con il divieto di retroattività delle norme giuridiche. Una nuova norma giuridica, in linea di principio, è valida dalla sua entrata in vigore. Essa non è applicabile alle situazioni giuridiche sorte e consolidatesi definitivamente in vigenza della precedente normativa, bensì agli effetti futuri delle medesime (36). Per questo, ad esempio, nuove norme giuridiche sulla protezione dei brevetti possono limitare la portata della protezione di brevetti esistenti (37). Una situazione paragonabile sussiste in caso di autorizzazioni esistenti per progetti che potrebbero degradare e perturbare in modo significativo le zone di protezione. Dopo la designazione della zona, essi possono essere realizzati solo nei limiti in cui sono compatibili con la protezione della zona.

73.      Per quanto riguarda la protezione dei galli cedroni, l’affidamento legittimo in ordine al mantenimento delle autorizzazioni è, del resto, escluso già per il fatto che occorre ritenere che, prima della sua designazione come zona di protezione degli uccelli, il sito «Alto Sil», fosse già soggetto ai requisiti stringenti di tutela delle zone di fatto di protezione degli uccelli, ai sensi dell’art. 4, n. 4, primo periodo, della direttiva «uccelli» (38), anche se la Commissione non ha contestato una violazione di tale disposizione. In linea di massima, dunque, progetti che possono degradare o perturbare in modo significativo il sito non avrebbero più dovuto essere autorizzati sin dall’adesione della Spagna alla Comunità economica europea nel 1986 (39) (40).

74.      Gli effetti di progetti autorizzati prima della designazione di «Alto Sil» come ZPS soggiacciono, perciò, all’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat».

2.      Sugli effetti dei progetti

75.      L’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» impone l’adozione di misure opportune per evitare nelle zone di protezione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva di cui trattasi.

76.      Poiché il presente motivo di ricorso concerne una ZPS ai sensi della direttiva «uccelli», non è immediatamente rilevante un eventuale degrado dei suoi habitat naturali, bensì il degrado degli habitat di uccelli per i quali la ZPS è stata designata – nel caso di specie, il gallo cedrone – nonché possibili perturbazioni di tali specie.

77.      Per il degrado degli habitat viene soprattutto in rilievo l’occupazione di superfici da parte di singoli progetti (v., a tal riguardo, lett. a). Devono essere esaminate, però, anche possibili perturbazioni di superfici adiacenti dovute a rumore e vibrazioni (v., a tal riguardo, lett. b) nonché l’effetto barriera dei progetti (v., a tal riguardo, lett. c).

a)      Sull’occupazione delle superfici

78.      Tutti i progetti censurati dalla Commissione occupano superfici che non possono essere utilizzate dal gallo cedrone cantabrico perlomeno durante il funzionamento della miniera a cielo aperto, ma presumibilmente anche per un più lungo periodo successivo di rinaturalizzazione. L’occupazione delle superfici degrada una ZPS ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», qualora venga pregiudicata la protezione di specie di uccelli per le quali la ZPS è stata designata (41).

79.      I progetti «Salguero-Prégame-Valdesegadas» e «Nueva Julia» si trovano, tuttavia, al di fuori della ZPS «Alto Sil». L’occupazione delle loro superfici, quindi, non può produrre direttamente alcun degrado del sito.

80.      Gli impianti minerari a cielo aperto «Fonfría», «Feixolín» e l’ampliamento di «Feixolín» occupano, invece, superfici che rientrano nella ZPS. La Commissione sostiene che tali progetti avrebbero distrutto il biotopo 9230, querceti galizio-portoghesi di Quercus robur e Quercus pyrenaica, adatto al gallo cedrone.

81.      Né per «Feixolín» né per l’ampliamento di «Feixolín» la Commissione fornisce, però, una prova corrispondente. È vero che essa sostiene, senza essere contraddetta, che l’habitat citato sarebbe esistito immediatamente fuori dai confini di «Feixolín» ancora nel 2008. Tuttavia, tale circostanza non induce necessariamente a ritenere che dopo il 2000, all’interno di tale progetto, siano state distrutte parti di tale habitat. Ammettendo che fosse ivi esistito tale habitat, esso potrebbe essere stato distrutto prima della designazione della ZPS nel 2000. Peraltro, in base al citato studio del 2005, perlomeno il progetto precedente «Feixolín» non incide su tale tipo di habitat (42). Per l’ampliamento di «Feixolín» lo studio cita la perdita di 19,9 ettari di tale habitat (43), ma sino ad ora tale progetto è stato realizzato solo per un terzo della superficie estrattiva prevista (44). Non è da escludere, quindi, che il biotopo 9230 esista solo al di fuori della superficie sinora colpita.

82.      In base allo studio del 2005 presentato dalla Spagna, «Fonfría» ha invece distrutto 17,92 ettari del biotopo 9230, querceti galizio-portoghesi di Quercus robur e Quercus pyrenaica, adatto al gallo cedrone (45). Tale progetto è stato autorizzato nel luglio 1999 e, in base agli atti, è stato realizzato a partire dal 2001 (46), vale a dire solo dopo la designazione della ZPS.

83.      Tale intervento nella ZPS è qualitativamente più incisivo dell’abbattimento di circa 2 500 alberi per una pista da sci in una ZPS italiana di dimensioni equiparabili, che la Corte ha considerato quale violazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» (47). Infatti, un impianto minerario a cielo aperto attivo tutto l’anno intralcia l’uso di una superficie da parte degli uccelli in modo nettamente più incisivo rispetto ad una pista da sci che viene utilizzata solo in inverno.

84.      Sebbene la Spagna affermi che le superfici interessate non abbiano alcuna rilevanza per la protezione del gallo cedrone, a sostegno di tale affermazione viene tuttavia invocata soltanto la mancanza di siti per l’accoppiamento. L’accoppiamento costituisce, tuttavia, solo una fase del ciclo biologico del gallo cedrone. Pertanto, anche lo studio del 2005, presentato dalla Spagna, stabilisce che la distruzione della vegetazione pregiudica il gallo cedrone (48).

85.      La realizzazione del progetto «Fonfría» ha provocato, pertanto, un degrado della ZPS «Alto Sil», perché il biotopo 9230, querceti galizio-portoghesi di Quercus robur e Quercus pyrenaica, che poteva essere utilizzato dal gallo cedrone, è stato distrutto su una superficie di 17,92 ettari.

b)      Sugli effetti sulle aree adiacenti

86.      L’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» impone anche di evitare perturbazioni delle specie per le quali le zone sono state designate, nella misura in cui tali perturbazioni potrebbero avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della medesima direttiva.

87.      Tale protezione è molto ampia, in quanto non è necessaria la prova di una perturbazione significativa, bensì, in base al tenore letterale di tale disposizione, è già sufficiente che la perturbazione possa avere conseguenze significative.

88.      Come già evidenziato, dagli atti risultano possibili perturbazioni dovute a rumore sino ad una distanza di quattro chilometri e a vibrazioni sino ad una distanza di 300 metri. È pacifico, inoltre, tra le parti, che il gallo cedrone è molto sensibile. In base alla mappa prodotta dalla Commissione (49), numerose aree critiche per il gallo cedrone sono situate all’interno delle citate distanze dagli impianti minerari a cielo aperto contestati.

89.      In base allo studio del 2005 le perturbazioni di tale specie non devono, però, essere considerate significative per il gallo cedrone, perché gli insediamenti di tale specie erano diminuiti a tutti i bordi della sua area di ripartizione. Ciò varrebbe anche per luoghi ove non è situato alcun progetto di estrazione e in cui, in parte, sarebbero state riscontrate persino regressioni nettamente maggiori (50). Come sottolineato, a ragione, dalla Spagna, anche negli altri documenti del fascicolo le perturbazioni dovute a impianti minerari a cielo aperto non vengono descritte come un pericolo per il gallo cedrone. La Commissione non ha fornito, pertanto, la prova necessaria che le perturbazioni dovute a rumore e vibrazioni, in generale, siano da considerare significative.

90.      Ciò non vale, tuttavia, per l’area critica AS-09, la zona di accoppiamento «Robledo El Chano», che confina direttamente con l’impianto a cielo aperto «Fonfría». È vero che tale zona di accoppiamento è stata abbandonata, secondo le indicazioni della Spagna, già alla fine degli anni ’80 (51), tuttavia, in base ad un censimento della regione Castilla e León (52), presentato dalla Spagna, tale zona veniva ancora utilizzata nel 1999 e soltanto in occasione di un controllo nel 2003 essa non risultava più occupata.

91.      Il citato censimento è l’unico documento del fascicolo dal quale si deve desumere che esso è basato su una specifica osservazione dei galli cedroni in quest’area. Ad esso va attribuita, pertanto, una rilevanza maggiore rispetto alla semplice affermazione relativa al precedente abbandono del sito di accoppiamento, ad esempio nello studio del 2005. Poiché il censimento è stato effettuato dalle autorità spagnole e la Spagna non lo ha né smentito né confutato nel merito, esso dimostra adeguatamente che il gallo cedrone ha abbandonato tale sito di accoppiamento contestualmente all’inizio del funzionamento dell’impianto minerario a cielo aperto «Fonfría».

92.      Inoltre, dalla relazione di due esperti riconosciuti, che avevano partecipato anche al piano spagnolo per la conservazione del gallo cedrone cantabrico, emerge che i galli cedroni abbandonano almeno le aree boschive situate nelle immediate vicinanze dei progetti di estrazione mineraria a cielo aperto (53). Si deve ritenere, pertanto, che la perturbazione del gallo cedrone dovuta al funzionamento dell’impianto minerario a cielo aperto «Fonfría» abbia causato, nel caso concreto, l’abbandono del sito di accoppiamento «Robledo El Chano».

93.      Il funzionamento dell’impianto minerario a cielo aperto «Fonfría» ha provocato, quindi, perturbazioni significative del gallo cedrone sul sito di accoppiamento «Robledo El Chano».

c)      Sull’effetto barriera dei progetti di estrazione mineraria a cielo aperto

94.      Infine, la Commissione censura il fatto che i progetti di estrazione mineraria a cielo aperto contribuiscono all’isolamento di subpopolazioni del gallo cedrone, poiché essi sbarrano i corridoi di collegamento verso altre popolazioni.

95.      A tal fine, la Commissione si basa sulla già menzionata relazione di due esperti riconosciuti (54). Essi sono contrari a numerosi progetti di estrazione mineraria a cielo aperto nella parte settentrionale del Sil, tra i quali «Fonfría», «Feixolín» e l’ampliamento di «Feixolín». Tali progetti, cumulativamente, isolerebbero nella ZPS «Alto Sil» le popolazioni più a sud del gallo cedrone e potrebbero contribuire alla loro scomparsa.

96.      In via di principio, l’isolamento di subpopolazioni di specie protette deve essere considerato quale deterioramento della zona di protezione interessata (55).

97.      Gli impianti minerari a cielo aperto «Salguero-Prégame-Valdesegadas» e «Nueva Julia» sono situati, tuttavia, lontano dal corridoio di migrazione, il cui deterioramento è stato rilevato nella citata relazione (56). Essi non contribuiscono, pertanto, all’isolamento delle subpopolazioni di cui trattasi.

98.      Per quanto riguarda «Fonfría», «Feixolín» e l’ampliamento di «Feixolín», benché la Spagna contesti la tesi della Commissione su tale punto, manca tuttavia qualsiasi argomentazione che possa inficiare la critica scientificamente fondata. Del resto, anche nel piano spagnolo per la conservazione del gallo cedrone l’isolamento di subpopolazioni è riconosciuto come un pericolo per tale specie.

99.      Si deve constatare, pertanto, che le perturbazioni provenienti dagli impianti minerari a cielo aperto «Fonfría», «Feixolín» e l’ampliamento di «Feixolín» sono significative, nei limiti in cui contribuiscono all’isolamento di subpopolazioni del gallo cedrone.

d)      Conclusione intermedia

100. Riassumendo, si deve constatare che la realizzazione del progetto «Fonfría» ha provocato un degrado della ZPS «Alto Sil», perché il biotopo 9230, querceti galizio-portoghesi di Quercus robur e Quercus pyrenaica, che poteva essere utilizzato dal gallo cedrone, è stato distrutto su una superficie di 17,92 ettari. Tale impianto minerario a cielo aperto ha anche provocato significative perturbazioni del gallo cedrone sul sito di accoppiamento «Robledo El Chano». E, infine, sono significative le perturbazioni provenienti congiuntamente dagli impianti minerari a cielo aperto «Fonfría», «Feixolín» e l’ampliamento di «Feixolín», nei limiti in cui contribuiscono all’isolamento di subpopolazioni del gallo cedrone.

3.      Sulla responsabilità della Spagna

101. È incerto se siffatti concreti deterioramenti e perturbazioni siano di per sé idonei a configurare una violazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» da parte della Spagna.

102. A tale riguardo, si deve distinguere tra i progetti autorizzati «Fonfría» e «Feixolín», da un lato, e l’ampliamento di «Feixolín» non autorizzato, dall’altro.

103. In virtù del proprio consenso, uno Stato è pienamente responsabile degli effetti ammessi in autorizzazioni di progetti. Questo vale anche quando le norme di tutela diventano successivamente più stringenti. Le autorità competenti sono informate e possono adottare le misure necessarie. La Spagna è responsabile, dunque, per le conseguenze dei progetti «Fonfría» e «Feixolín».

104. Uno Stato membro non è, invece, direttamente responsabile per il comportamento non autorizzato di privati e per i rispettivi effetti. L’obbligo, di cui all’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», di adottare misure per evitare il deterioramento di zone protette, comprende tuttavia l’obbligo di vietare attività dannose di privati o almeno di farle cessare tempestivamente.

105. Dagli atti del fascicolo emerge che, quanto meno dal 2005, l’ampliamento di «Feixolín» è stato gestito senza autorizzazione, con la consapevolezza delle autorità competenti (57). La Spagna, però, ha vietato tali lavori solo il 6 novembre 2009. Tale situazione, incompatibile con l’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», è stata tollerata, quindi, per almeno quattro anni, nonostante essa causasse perturbazioni significative all’interno della ZPS «Alto Sil». La Spagna non ha dunque adottato tempestivamente le misure necessarie.

4.      Sulla giustificazione del pregiudizio causato al gallo cedrone

106. Il degrado e le perturbazioni potrebbero essere, però, giustificati.

107. Anche a tale proposito si deve distinguere tra i progetti autorizzati «Fonfría» e «Feixolín», da un lato, e l’ampliamento di «Feixolín» non autorizzato, dall’altro.

108. Al pari della tutela di zone di fatto di protezione degli uccelli ai sensi dell’art. 4, n. 4, della direttiva «uccelli», l’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» non prevede alcuna giustificazione basata su interessi preponderanti. La protezione del sito di cui alla direttiva «habitat» si fonda, infatti, sull’idea che degrado e perturbazioni significative di zone di protezione devono essere in ogni caso autorizzate (ed eventualmente giustificate!) in conformità dell’art. 6, nn. 3 e 4. E allorquando una tale autorizzazione si basa su un’adeguata valutazione dell’impatto, in via di principio, non rimane alcuno spazio per un’applicazione dell’art. 6, n. 2 (58).

109. L’ampliamento di «Feixolín» avrebbe richiesto un’autorizzazione in conformità dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat». In tale contesto esso avrebbe potuto essere giustificato, a determinate condizioni, nonostante un eventuale degrado della ZPS «Alto Sil». Poiché tale procedura non è stata, però, applicata, si deve respingere una giustificazione di tale progetto.

110. L’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat» non era, invece, nemmeno ancora applicabile ai progetti «Fonfría» e «Feixolín». Sarebbe, tuttavia, iniquo negare la possibilità di un’autorizzazione in via di eccezione, quale prevista dall’art. 6, n. 4, a progetti che, per motivi cronologici, non sono soggetti alla valutazione ex ante di cui all’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat». Tali progetti verrebbero limitati in modo più incisivo rispetto ai progetti successivi, ai quali è complessivamente applicabile l’art. 6, nn. 2–4.

111. Pertanto, anche in caso di progetti precedenti, in base all’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», degrado o perturbazioni significative di zone di protezione devono essere tollerate se sussistono i requisiti sostanziali di cui all’art. 6, n. 4, vale a dire motivi imperativi di prevalente interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, la mancanza di una soluzione alternativa nonché misure compensative per garantire che sia tutelata la coerenza globale di Natura 2000.

112. Anche se non è richiesta una formale valutazione dell’incidenza, tale potere discrezionale degli Stati membri per fare valere una giustificazione è tuttavia soggetto a limitazioni. Essi devono esaminare in modo scrupoloso e imparziale tutti i punti di vista rilevanti del singolo caso e, al contempo, assicurare che essi possano suffragare le conclusioni da essi dedotte (59). La ponderazione, l’esame delle alternative e le misure compensative presuppongono, quindi, una valutazione adeguata degli effetti che necessitano di giustificazione (60).

113. Nel caso di specie, la Spagna invoca lo scopo di ridurre la dipendenza da fonti energetiche esterne (sicurezza dell’approvvigionamento) e l’importanza dell’attività estrattiva per l’economia locale. Il principio della certezza del diritto richiede, inoltre, di considerare l’interesse al mantenimento delle autorizzazioni (61) diventate definitive.

114. Tali interessi devono essere contemperati con il pregiudizio causato alla ZPS «Alto Sil».

115. L’entità della perdita diretta di un habitat adatto al gallo cedrone è relativamente limitata rispetto all’insediamento complessivo di tale biotopo nella ZPS. Secondo il formulario informativo standard, sono ivi presenti circa 2 600 ettari di biotopo 9230, querceti galizio-portoghesi di Quercus robur e Quercus pyrenaica, e, secondo talune indicazioni attendibili della Spagna, presumibilmente addirittura 4 000 ettari. Le perdite dovute all’impianto minerario a cielo aperto «Fonfría» sono, quindi, inferiori all’1%.

116. La perdita di un sito per l’accoppiamento e la minaccia di isolamento delle subpopolazioni situate a sud incidono sicuramente in modo più pesante. Non è tuttavia da escludere che l’interesse alla realizzazione dei progetti di estrazione mineraria a cielo aperto prevalga sugli effetti negativi per il gallo cedrone.

117. Del resto non si impongono neppure alternative che incidano in modo meno pesante sulla ZPS. Il carbone fossile può essere estratto con i vantaggi economici dell’impianto a cielo aperto solo qualora si rinvenga a determinate condizioni. La maggior parte degli altri progetti estrattivi programmati rientra parimenti nella ZPS e potrebbe dunque avere effetti almeno altrettanto gravi.

118. La Spagna invoca, inoltre, diverse misure, in particolare nei settori della caccia, della silvicoltura, della riforestazione, della lotta contro gli incendi e della protezione di specie in via di estinzione (62), che complessivamente potrebbero essere benefiche anche per il gallo cedrone nella ZPS «Alto Sil». È possibile che esse compensino in particolare la distruzione diretta dell’habitat del gallo cedrone.

119. Tuttavia, nel caso di specie, non occorre giungere ad alcuna decisione definitiva né in merito al bilanciamento degli interessi o alla valutazione di alternative, né in merito alle misure compensative.

120. Manca, infatti, un’esauriente valutazione del deterioramento della ZPS «Alto Sil». Sino ad ora, evidentemente, le autorità competenti non hanno ancora riconosciuto che la perdita del sito di accoppiamento «Robledo El Chano» sia dovuta con ogni probabilità all’impianto a cielo aperto «Fonfría» ed esse non tengono assolutamente conto del possibile isolamento di subpopolazioni. Ogni bilanciamento degli interessi, da parte delle autorità competenti, non poggia quindi su una base adeguata e anche le misure compensative non riguardano questi due punti.

121. Il deterioramento della ZPS «Alto Sil» non è, dunque, giustificato.

5.      Conclusione intermedia sulla seconda parte del secondo motivo di ricorso

122. Pertanto, si deve constatare che, non avendo adottato le misure necessarie per evitare un deterioramento ingiustificato della ZPS «Alto Sil», dovuto al funzionamento degli impianti minerari a cielo aperto «Fonfría», «Feixolín» e ampliamento di «Feixolín», la Spagna ha violato l’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat».

C –    Sulla protezione provvisoria del sito di importanza comunitaria (SIC) proposto «Alto Sil»

123. Con il terzo motivo di ricorso la Commissione lamenta il fatto che, dal gennaio 1998, con riferimento all’attività estrattiva del carbone fossile nelle miniere «Feixolín», «Salguero-Prégame-Valdesegadas», «Fonfría» e «Nueva Julia», la Spagna non abbia adottato le misure necessarie al fine di salvaguardare il valore ecologico che il sito proposto «Alto Sil» riveste a livello nazionale.

124. In forza della direttiva «habitat», gli Stati membri sono tenuti ad adottare, per quanto riguarda i siti che ospitano tipi di habitat naturali e/o specie prioritarie e che sono selezionati al fine della loro iscrizione nell’elenco comunitario, opportune misure di protezione finalizzate a mantenere le caratteristiche ecologiche dei detti siti. Gli Stati membri non possono pertanto autorizzare interventi che potrebbero compromettere seriamente le caratteristiche degli stessi. Ciò avviene, in particolare, allorché un intervento rischia o di ridurre in maniera considerevole la superficie del sito o di comportare la scomparsa di specie prioritarie presenti nel sito, ovvero di avere come risultato la distruzione del sito o l’annientamento delle sue caratteristiche rappresentative (63).

125. I già accertati effetti pregiudizievoli per il gallo cedrone sono, di per sé, irrilevanti ai fini del presente motivo di ricorso, in quanto la protezione di tale specie viene garantita dalla ZPS «Alto Sil».

126. Tuttavia, in sede di esame del deterioramento della ZPS, è stato accertato che l’impianto minerario a cielo aperto «Fonfría» ha portato alla distruzione, su una superficie di 17,92 ettari, del biotopo 9230, querceti galizio-portoghesi di Quercus robur e Quercus pyrenaica, che poteva essere utilizzato dal gallo cedrone (64).

127. Inoltre, in base allo studio del 2005 (65) presentato dalla Spagna, a causa del progetto «Fonfría» sono andate perdute ulteriori superfici sulle quali erano presenti biotopi protetti:

–        79,31 ettari del biotopo 4030 – Lande europee secche (0,36% di tale habitat sul sito),

–        16,88 ettari del biotopo 4090 – Lande oro-mediterranee endemiche a ginestre spinose (0,64% di tale habitat sul sito),

–        6,76 ettari del biotopo 6160 – Terreni erbosi silicei oro-iberici a Festuca indigesta (1,5% di tale habitat sul sito),

–        76,05 ettari del biotopo 6510 – Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis) (non è nota l’estensione complessiva di tale habitat sul sito),

–        5,63 ettari del biotopo 8230 – Rocce silicee con vegetazione pioniera di Sedo-Scleranthion o di Sedo albi-Veronicion dillenii (0,1% di tale habitat sul sito).

128. Ad eccezione del biotopo 6510, che non viene menzionato nella comunicazione dei siti, tali biotopi fanno parte delle caratteristiche ecologiche del sito proposto «Alto Sil». Il loro deterioramento, però, non deve essere qualificato come «serio», perché le superfici interessate costituiscono solo una parte molto limitata di tali biotopi all’interno del sito proposto (66) ed essi non sono nemmeno prioritari. Ciò vale a fortiori in quanto le perdite vengono compensate altrove (67).

129. È più importante il possibile pregiudizio per l’orso bruno, specie prioritaria in forza dell’allegato II della direttiva «habitat».

130. A detta della Commissione, gli impianti minerari a cielo aperto impediscono a tale specie di utilizzare le superfici direttamente occupate e la allontanano dai luoghi limitrofi. Sulla base di una relazione peritale, la Commissione indica una distanza compresa tra i 3,5 e i 5 chilometri. Se si sommano i diversi impianti minerari a cielo aperto e le altre fonti di perturbazione, risulta che tali zone di perturbazione bloccano un’importante via migratoria dell’orso bruno, ossia il corridoio di Leitariegos (68). Le miniere «Feixolín» e «Fonfría» sono evidentemente situate all’interno di tale corridoio (69).

131. A tale riguardo, è vero che la Commissione cita la necessità di collegare il centro di diffusione occidentale dell’orso bruno sulle montagne cantabriche, alle quali appartiene il SIC «Alto Sil», con il centro di diffusione orientale, situato ad una distanza compresa tra i 50 e i 100 chilometri. Il corridoio di Leitariegos, tuttavia, non sembra direttamente connesso con tale problematica. Si tratta invece soprattutto di un collegamento nord-sud tra diverse subpopolazioni, all’interno del centro di diffusione occidentale (70).

132. Tale blocco pregiudica sicuramente la conservazione dell’orso bruno, ma è difficile affermare che, durante i sei anni di protezione provvisoria del sito, tra il 1998 e il 2004, esso abbia seriamente deteriorato le caratteristiche ecologiche del sito proposto «Alto Sil». Appare anche improbabile che esso comporti la scomparsa dell’orso bruno. La Spagna afferma, infatti, senza essere contraddetta, che tra il 1994 e il 2007 la popolazione del centro di diffusione occidentale sulle montagne cantabriche si è decisamente ripresa.

133. Non è dunque possibile riscontrare una violazione dei requisiti inerenti alla protezione provvisoria del sito proposto «Alto Sil» per effetto dei diversi progetti di estrazione mineraria a cielo aperto.

D –    Sull’autorizzazione di progetti con riferimento al SIC «Alto Sil»

134. Con la prima parte del quarto motivo di ricorso la Commissione sostiene che la Spagna avrebbe violato l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat», avendo autorizzato progetti di estrazione mineraria a cielo aperto – vale a dire gli impianti «Feixolín», «Salguero-Prégame-Valdesegadas», «Fonfría» e «Nueva Julia» – senza valutare la possibile incidenza di tali impianti e, in ogni caso, senza rispettare le condizioni che potrebbero consentire la realizzazione dei progetti nonostante i loro effetti negativi.

135. Mentre il sito «Alto Sil» quale ZPS ai sensi della direttiva «uccelli» era soggetto alle citate disposizioni sin dalla sua designazione nel 2000, quale SIC ai sensi della direttiva «habitat» tale sito era invece soggetto alle medesime disposizioni solo a partire dal 2004. Le misure di protezione previste dall’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat» devono essere adottate, infatti, solo per i siti che, in base all’art. 4, n. 2, terzo capoverso, della direttiva, sono stati iscritti nell’elenco dei siti selezionati come siti di importanza comunitaria, stilato dalla Commissione (71). Ciò è avvenuto nel 2004.

136. Per loro natura, i requisiti di cui all’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat» possono essere applicati solo alle decisioni autorizzative adottate dopo che tali disposizioni siano divenute applicabili (72).

137. Benché la Commissione fornisca indizi per il deterioramento del SIC «Alto Sil», essa non cita tuttavia nessun progetto autorizzato dopo il 2004.

138. In riferimento al presente motivo di ricorso, nelle memorie delle parti si discute di un’autorizzazione dell’ampliamento di «Feixolín», non contestata dalla Commissione. Anche se la Commissione contestasse tale procedura autorizzativa, tale autorizzazione sarebbe, tuttavia, irrilevante per il presente procedimento. Infatti, essa è stata rilasciata solo nel giugno 2009, vale a dire decorso il termine del 1° febbraio 2009 previsto dal parere motivato.

139. La controreplica contiene inoltre indizi a sostegno del fatto che nel 2008 è stata adottata una decisione con riguardo al progetto «Fonfría» (73), che probabilmente era soggetta all’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat». Tale decisione non è stata, tuttavia, dedotta in giudizio.

140. A difetto di un’autorizzazione concessa dopo il 2004, l’asserita violazione dell’art. 6, nn. 3 e 4, con riferimento al SIC «Alto Sil», non è tuttavia possibile. Pertanto, la prima parte del quarto motivo di ricorso è infondata.

E –    Sul deterioramento del SIC «Alto Sil»

141. Con la seconda parte del quarto motivo di ricorso la Commissione censura, infine, il fatto che la Spagna non abbia adottato, relativamente agli impianti minerari a cielo aperto «Feixolín», «Salguero-Prégame-Valdesegadas», «Fonfría», «Nueva Julia» e ampliamento di «Feixolín», le misure richieste dall’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat».

142. È vero che è stato testé rilevato che i progetti citati non erano soggetti alle prescrizioni dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat», relative ad una valutazione ex ante dei suoi effetti sul SIC «Alto Sil» (74). Ciò non esclude, tuttavia, che l’art. 6, n. 2, debba essere applicato agli effetti che sopraggiungono dopo che il SIC sia stato inserito nell’elenco comunitario (75).

143. In base all’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di protezione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi di tale direttiva.

1.      Sulla distruzione di superfici con biotopi protetti

144. In linea di principio, le perdite dirette di superfici con biotopi protetti (76) nell’impianto a cielo aperto «Fonfría», sopra citate, costituiscono un degrado del SIC «Alto Sil». La Commissione non ha chiarito, tuttavia, in che misura tali perdite siano intervenute solo dopo il 2004. Non appare invece improbabile che gli alberi siano stati abbattuti all’inizio dello sfruttamento a partire dal 2001. Perdite precedenti all’iscrizione del SIC nell’elenco comunitario ricadono certamente sotto la protezione provvisoria del SIC (77), ma la Spagna non doveva impedirle in base all’art. 6, n. 2.

145. Dagli atti si deve dedurre, però, che le opere non autorizzate riguardanti l’ampliamento di «Feixolín», dopo l’iscrizione del SIC nell’elenco comunitario, abbiano comportato la perdita di superfici con biotopi protetti. Le zone di estrazione (78), pari a 93,9 ettari previsti nella domanda originaria avrebbero compreso anche 77,77 ettari di biotopo protetto (79). Le opere non autorizzate riguardavano 35,24 ettari (80). Anche ammettendo che l’impianto non autorizzato avrebbe interessato tutte le superfici sulle quali non sussiste alcun biotopo protetto, esso avrebbe comunque comportato la perdita di oltre 19 ettari di biotopo protetto. Una relazione presentata dal governo spagnolo sullo stato delle superfici interessate conferma tale stima, poiché, secondo essa, è stata danneggiata quanto meno la vegetazione (81).

146. Come è stato già accertato con riguardo al deterioramento della ZPS «Alto Sil», la Spagna è responsabile per gli effetti di tale progetto (82) e non può essere presa neppure in considerazione una giustificazione.(83).

147. Pertanto, la Spagna ha violato l’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», non avendo adottato le misure necessarie per impedire, all’interno della ZPS «Alto Sil», la distruzione di biotopi di cui all’allegato I della direttiva, causata dall’ampliamento della miniera a cielo aperto «Feixolín».

2.      Sulla perturbazione di superfici adiacenti e sull’effetto barriera

148. La perturbazione dell’orso bruno, già illustrata per il periodo antecedente il 2004, sulle superfici limitrofe agli impianti minerari e il blocco del corridoio di Leitariegos, importante percorso migratorio dell’orso bruno (84), persistevano anche dopo l’iscrizione del sito nell’elenco comunitario.

149. Benché in precedenza tali effetti non avessero il peso di un «importante deterioramento» ai sensi della giurisprudenza sulla protezione provvisoria dei siti proposti, essi sono tuttavia rilevanti ai fini della direttiva «habitat». L’orso bruno non perde, infatti, solo consistenti superfici che potrebbe utilizzare, ma vengono soprattutto separate le sue subpopolazioni. Tale separazione è tanto più rilevante quanto più persiste.

150. Anche se lo studio del 2005 non considera tali effetti negativi come significativi (85), esso descrive tuttavia la possibilità di un blocco del corridoio come uno dei maggiori pericoli per la ripresa dell’orso bruno (86). La qualificazione come non significativo contraddice, quindi, i suoi stessi accertamenti.

151. Costituiscono, quindi, perturbazioni della ZPS «Alto Sil», rilevanti con riguardo alla conservazione dell’orso bruno, quanto meno il rumore e le vibrazioni degli impianti minerari a cielo aperto «Feixolín», «Fonfría» e ampliamento di «Feixolín» nonché il blocco del corridoio di Leitariegos dovuto a tali miniere.

152. Poiché gli impianti minerari a cielo aperto «Feixolín» e «Fonfría» sono stati autorizzati prima dell’iscrizione del sito nell’elenco comunitario, le perturbazioni da essi derivanti potrebbero essere, in linea di principio, giustificate. Valgono i medesimi principi già esposti con riguardo al gallo cedrone nella ZPS «Alto Sil» (87).

153. Tuttavia, le autorità competenti hanno esaminato in modo molto più approfondito (88), segnatamente mediante lo studio del 2005, il pregiudizio arrecato all’orso bruno nel SIC «Alto Sil» rispetto al pregiudizio arrecato al gallo cedrone nell’omonima ZPS. E la Commissione non mette in dubbio tale analisi dal punto di vista contenutistico. Essa costituisce quindi, in principio, una base idonea per giustificare il pregiudizio arrecato all’orso bruno.

154. Pertanto, in linea di massima, non si possono rimproverare le autorità spagnole per aver tenuto conto di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico inerenti all’ulteriore funzionamento degli impianti minerari – sicurezza dell’approvvigionamento, posti di lavoro e conservazione delle autorizzazioni – ed aver escluso alternative.

155. La citata perizia contiene persino proposte di misure che appaiono idonee alla protezione della coerenza globale di Natura 2000. Esse dovrebbero assicurare, infatti, in particolare, l’ulteriore uso del corridoio di Leitariegos da parte dell’orso bruno (89). La Commissione non mette in dubbio l’idoneità di tali misure.

156. Tuttavia, anche in questo caso non si deve decidere in modo definitivo se sussista effettivamente una giustificazione. Come sostenuto dalla stessa Spagna, per ora le misure compensative citate costituiscono solo proposte che non sono state ancora realizzate (90). Quindi mancano ancora le misure necessarie per garantire la coerenza di Natura 2000.

157. Pertanto, non può essere giustificata la mancata adozione di misure per la protezione del SIC «Alto Sil» contro il deterioramento dovuto agli impianti minerari a cielo aperto «Feixolín», «Fonfría» e ampliamento di «Feixolín».

3.      Conclusione intermedia sulla seconda parte del quarto motivo di ricorso

158. Di conseguenza, la Spagna ha violato l’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», non avendo adottato le misure necessarie per impedire l’ingiustificato deterioramento del SIC «Alto Sil» dovuto al funzionamento degli impianti minerari a cielo aperto «Feixolín», «Fonfría» e ampliamento di «Feixolín».

F –    Sulla direttiva VIA

159. Si deve esaminare, infine, il primo motivo di ricorso, con il quale la Commissione contesta l’applicazione degli artt. 2, 3 e 5, nn. 1 e 3, della direttiva VIA in sede di autorizzazione dei progetti, «Fonfría», «Nueva Julia» e «Ladrones». Si deve verificare, innanzitutto, se tali progetti richiedevano davvero una valutazione in base alla direttiva e, infine, si deve esaminare il contenuto della valutazione.

1.      Sulla necessità di una valutazione degli effetti sull’ambiente

160. In base all’art. 4, n. 1, della direttiva VIA, i progetti di cui all’allegato I sono soggetti ad una valutazione dei loro effetti sull’ambiente. La direttiva VIA, nella sua versione modificata dalla direttiva 97/11, annoverava gli impianti minerari a cielo aperto, con una superficie superiore a 25 ettari, tra i progetti di cui all’allegato I, n. 19.

161. Gli impianti minerari a cielo aperto «Nueva Julia» e «Ladrones» necessitavano, quindi, incontestabilmente e imperativamente, di una valutazione sull’impatto ambientale, poiché si tratta di una miniera a cielo aperto con una superficie superiore a 25 ettari, ai sensi dell’allegato I della direttiva VIA.

162. Dal fascicolo (91) risulta che la domanda di autorizzazione della miniera a cielo aperto «Fonfría» è stata inoltrata, invece, l’11 marzo 1998. In base all’art. 3, n. 2, della direttiva 97/11, le domande di autorizzazioni inoltrate prima del 14 marzo 1999 sono disciplinate non dalla direttiva VIA quale modificata dalla direttiva 97/11, fatta valere dalla Commissione, bensì dalla direttiva VIA nella sua versione iniziale. Si deve escludere, pertanto, una violazione della direttiva VIA quale modificata dalla direttiva 97/11.

163. Si nutrono dubbi sulla questione se il ricorso della Commissione – contrariamente al suo tenore letterale e alla sua motivazione – debba essere inteso nel senso che esso comprende una violazione della direttiva VIA nella sua versione iniziale. Ciò sarebbe ipotizzabile se entrambe le versioni della direttiva non si differenziassero notevolmente per quanto riguarda la loro applicazione al caso di specie.

164. Tuttavia esse si differenziano notevolmente.

165. Innanzitutto, solo dopo le modifiche apportate dalla direttiva 97/11 gli impianti minerari a cielo aperto con una superficie del sito superiore a 25 ettari dovevano essere imperativamente sottoposti ad una valutazione in conformità dell’art. 4, n. 1, e dell’allegato I, n. 19, della direttiva VIA. In base alla versione iniziale della direttiva VIA l’estrazione di carbone fossile e di lignite in impianto a cielo aperto era soggetto, invece, all’art. 4, n. 2, e all’allegato II, n. 2, lett. e). Essa necessitava quindi di una valutazione solo qualora, a giudizio degli Stati membri, le sue caratteristiche la richiedevano. Nel presente procedimento non si è discusso se fosse necessaria una valutazione.

166. Pertanto, il ricorso deve essere respinto su questo punto.

167. Unicamente per l’eventualità che la Corte intenda comunque trattare tale punto – ad esempio perché la Spagna sembra aver attuato la direttiva VIA, nella sua versione iniziale, nel senso che tale tipo di progetti necessitava imperativamente di una valutazione (92) – affronterò successivamente, in via subordinata, la questione se le carenze nella valutazione dell’impatto ambientale, fatte valere dalla Commissione, sussistano anche con riguardo all’impianto a cielo aperto «Fonfría».

2.      Sull’impatto ambientale esaminato

168. Per quanto concerne il contenuto delle rispettive valutazioni, la Commissione deduce che non sono stati esaminati adeguatamente gli effetti indiretti o cumulativi dei progetti su entrambe le specie interessate, vale a dire il gallo cedrone e l’orso bruno.

169. In base all’art. 2, n. 1, della direttiva VIA, i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale devono essere sottoposti ad una valutazione del loro impatto. L’art. 3 descrive il contenuto di tale valutazione e l’art. 5 precisa quali informazioni debbano essere fornite.

170. La Spagna sostiene che la valutazione degli effetti indiretti e cumulativi non sia imperativa, bensì semplicemente auspicabile. Tale tesi viene giustificata in base al tenore letterale della nota a piè di pagina dell’allegato IV, n. 4, della direttiva VIA.

171. In base a tale nota a piè di pagina, la descrizione degli effetti di un progetto dovrebbe riguardare gli effetti diretti ed eventualmente gli effetti indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi, del progetto.

172. Tale nota a piè di pagina dell’allegato IV, n. 4, della direttiva VIA deve essere interpretata in combinato disposto con l’art. 5, n. 1, che rimanda all’allegato IV. L’art. 5, n. 1, concede agli Stati membri un certo margine discrezionale per quanto concerne l’attuazione interna di tale disposizione comunitaria. Essi adottano, quindi, le misure necessarie per garantire che il committente fornisca le informazioni necessarie, nei limiti in cui essi ritengono, da un lato, che le informazioni siano rilevanti in una determinata fase della procedura autorizzativa e considerate le particolari caratteristiche di uno specifico progetto o di un determinato tipo di progetti e, dall’altro, che si possa ragionevolmente esigere dal committente di raccogliere le informazioni (93).

173. L’impiego di «dovrebbe» (in inglese: «should», in francese: «devrait») nella nota a piè di pagina dell’allegato IV, n. 4, della direttiva VIA rappresenta un’ulteriore manifestazione del margine discrezionale di cui gli Stati membri dispongono per quanto attiene ai requisiti relativi alla descrizione dell’impatto ambientale di un progetto. Tale margine discrezionale è, tuttavia, soggetto ad un sindacato giurisdizionale (94).

174. I rispettivi criteri sono dati soprattutto dall’art. 2, n. 1, e dall’art. 3 della direttiva VIA.

175. In base all’art. 2, n. 1, della direttiva VIA l’impatto ambientale di un progetto deve essere valutato se esso può essere significativo. Il contenuto di tale valutazione non viene limitato, dunque, a talune formalità, bensì deve estendersi almeno agli effetti che potrebbero essere significativi.

176. Ciò viene confermato dall’art. 3 della direttiva VIA, che definisce in termini astratti il contenuto di una valutazione dell’impatto ambientale. La valutazione individua, descrive e valuta, dunque, in modo appropriato, per ciascun caso particolare, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sull’uomo, sulla fauna e sulla flora, sul suolo, sull’acqua, sull’aria, sul clima e sul paesaggio, sui beni materiali e sul patrimonio culturale nonché sull’interazione tra tali fattori. Di conseguenza, gli effetti indiretti fanno in ogni caso parte della valutazione e devono essere considerate le circostanze del caso concreto (95).

177. Inoltre, in base all’art. 3 della direttiva VIA le autorità competenti possono essere tenute a raccogliere informazioni aggiuntive qualora siano necessarie per giungere ad una valutazione possibilmente completa degli effetti diretti e indiretti del progetto interessato sui diversi fattori e la loro interazione (96).

178. Per giunta, in base alle circostanze del caso concreto, possono essere rilevanti per una valutazione completa anche gli effetti cumulativi. Ciò emerge in particolare dal fatto che essi devono essere presi in considerazione nella decisione sulla necessità di una valutazione dell’impatto ambientale (97).

179. Ne consegue che devono essere valutati gli effetti indiretti o cumulativi qualora essi possano essere significativi in base alle circostanze del caso concreto.

180. Dalle considerazioni relative all’applicazione della direttiva «habitat» emerge che hanno particolare rilevanza proprio gli effetti indiretti e cumulativi sul gallo cedrone e sull’orso bruno dei diversi progetti di estrazione mineraria a cielo aperto all’interno e nelle vicinanze del sito «Alto Sil». La valutazione dei progetti «Fonfría», «Nueva Julia» e «Ladrones» doveva pertanto comprendere tali effetti.

181. È vero che lo studio sull’impatto ambientale riguardante l’impianto minerario a cielo aperto «Fonfría» cita gli orsi bruni, osservando che il loro habitat sarebbe situato a nord e che non sarebbe pertanto interessato (98), nonché il gallo cedrone, che utilizzerebbe la superficie occidentale poco distante dal progetto (99). Tali informazioni sono, però, palesemente insufficienti. Non vengono citati, infatti, né gli effetti sui flussi migratori di entrambe le specie né il sito di accoppiamento «Robledo El Chano».

182. Nei documenti relativi all’autorizzazione dell’impianto minerario a cielo aperto «Nueva Julia» (100) entrambe le specie non vengono nemmeno citate.

183. I documenti relativi all’autorizzazione della miniera a cielo aperto «Ladrones» sono i più esaustivi. Per quanto riguarda l’orso bruno, in essi viene accertato che sono andate perdute superfici di modesto valore e che non è stato bloccato alcun collegamento tra gli insediamenti (101). L’esame riguardante il gallo cedrone resta, invece, troppo superficiale. È vero che nella decisione di autorizzazione si afferma che i possibili effetti di tale progetto sul gallo cedrone sono stati analizzati e giudicati soddisfacenti (102). Una mera affermazione di tal genere non può dimostrare, tuttavia, che sono state realmente eseguiti gli esami necessari.

184. Occorre quindi constatare che la valutazione dell’impatto ambientale dei progetti «Fonfría», «Nueva Julia» e «Ladrones» era carente dal punto di vista del contenuto.

185. Benché lo studio del 2005 sia chiaramente più approfondito, in particolare per quanto attiene all’orso bruno, esso non può tuttavia sanare le carenze nelle valutazioni dell’impatto ambientale. Come ha giustamente sottolineato la Commissione, tali valutazioni devono essere eseguite, infatti, in base all’art. 2, n. 1, della direttiva VIA, prima dell’autorizzazione dei relativi progetti.

186. Poiché ho analizzato solo in via subordinata l’applicazione della direttiva VIA al progetto «Fonfría», si deve constatare che la Spagna, avendo autorizzato i progetti «Nueva Julia» e «Ladrones», ha violato gli artt. 2, 3 e 5, nn. 1 e 3, della direttiva VIA.

V –    Sulle spese

187. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché entrambe le parti sono solo parzialmente vittoriose, devono sopportare ciascuna rispettivamente le proprie spese.

VI – Conclusione

188. Propongo pertanto alla Corte di dichiarare quanto segue:

1.      Avendo autorizzato i progetti «Nueva Julia» e «Ladrones», il Regno di Spagna ha violato gli artt. 2, 3 e 5, nn. 1 e 3, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, quale modificata dalla direttiva 97/11/CEE, nonché l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

2.       Non avendo adottato le misure necessarie per evitare il degrado della zona di protezione speciale e del sito di importanza comunitaria «Alto Sil», dovuto al funzionamento degli impianti minerari a cielo aperto «Feixolín», «Fonfría» e ampliamento di «Feixolín», la Spagna ha violato l’art. 6, n. 2, della direttiva 92/43.

3. Il ricorso è respinto quanto al resto.

4. La Spagna e la Commissione europea sopporteranno ciascuna le proprie spese.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), nella versione modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE (GU L 73, pag. 5).


3 – Direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7), da ultimo modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882 (GU L 284, pag. 1).


4 – Direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1), consolidata dalla direttiva 30 novembre 2009, 2009/147/CE (GU 2010, L 20, pag. 70).


5 – V. al riguardo, in particolare, paragrafi 68 e segg. e 106 e segg., infra.


6 – V. al riguardo, in particolare, paragrafi 168 e segg., infra.


7 – V. http://natura2000.eea.europa.eu/N2KGisViewer.html#siteCode=ES0000210.


8 – Decisione della Commissione 7 dicembre 2004, 2004/813/CE, che stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica atlantica [notificata con il numero C(2004) 4032] (GU L 387, pag. 1, pag. 25).


9 – Informe relativeo a la queja 2001/4914 – Análisis de afecciones y propuesta de medidas, pag. 184 e segg. degli allegati al ricorso.


10 – Sentenze 13 gennaio 2005, causa C–117/03, Dragaggi e a. (Racc. pag. I–167), e 14 settembre 2006, causa C–244/05, Bund Naturschutz in Bayern e a. (Racc. pag. I‑8445).


11 – V. pag. 442 e segg. degli allegati al controricorso.


12 – V. pag. 72 degli allegati al controricorso per il progetto «Nueva Julia» e pag. 98 dei medesimi allegati per il progetto «Ladrones».


13 – Sentenze 7 settembre 2004, causa C‑127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (Racc. pag. I–7405, punto 43), e 4 ottobre 2007, causa C‑179/06, Commissione/Italia (Altamura; Racc. pag. I–8131, punto 34).


14 – V. le sentenze cit. alla nota 13, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, punti 46 e segg., nonché Altamura, punto 35.


15 – Sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (cit. alla nota 13, punto 44) e 13 dicembre 2007, causa C–418/04, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I–10947, punto 254).


16 – Sentenza Altamura (cit. alla nota 13, punto 37 e segg., e giurisprudenza ivi citata).


17 – Informe relativo a la queja 2001/4914, allegato 9 al ricorso, pag. 221 e seg.


18 – AS-03, v. Plano I, pag. 48 dell’allegato al ricorso.


19 – V. Informe sobre la incidencia de las actividades mineras sobre el urogallo cantábrico in Laciana, allegato 19 al ricorso, pag. 650 e segg.


20 – Sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (cit. alla nota 13, punti 56 e 57); 26 ottobre 2006, causa C–239/04, Commissione/Portogallo (Castro Verde; Racc. pag. I–10183, punto 20), e 20 settembre 2007, causa C–304/05, Commissione/Italia (Santa Caterina; Racc. pag. I–7495, punto 58).


21 – Sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (cit. alla nota 13, punti 59 e 67), Castro Verde (cit. alla nota 20, punto 24), nonché Commissione/Irlanda (cit. alla nota 15, punto 258).


22 – Sentenza Santa Caterina (cit. alla nota 20, punto 59).


23 – Nota 4 al punto 20 della controreplica che rinvia all’autorizzazione di tale progetto del 24 novembre 2003, pag. 105 e seg. degli allegati al controricorso.


24 – Sentenza Santa Caterina (cit. alla nota 20, punto 72).


25 – Pag. 240 degli allegati al ricorso.


26 – Sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (cit. alla nota 13, punti 56 e 57), Castro Verde (cit. alla nota 20, punto 20) e Santa Caterina (cit. alla nota 20, punto 58).


27 – Sentenza Santa Caterina (cit. alla nota 20, punto 81).


28 – Sentenza Santa Caterina (cit. alla nota 20, punto 83).


29 – Sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (cit. alla nota 13, punto 35).


30 – Sentenza Santa Caterina (cit. alla nota 20, punto 94), a titolo illustrativo, le mie conclusioni del 19 aprile 2007 nella medesima causa, paragrafo 62; v. anche la sentenza Commissione/Irlanda (cit. alla nota 15, punto 263) e le mie conclusioni del 14 settembre 2006 nella medesima causa, paragrafo 173.


31 – Sentenze 23 marzo 2006, causa C–209/04, Commissione/Austria (Lauteracher Ried; Racc. pag. I–2755, punti 53 ‑62), e 14 gennaio 2010, causa C–226/08, Stadt Papenburg (Racc. pag. I-131, punto 48).


32 – Sentenza Lauteracher Ried (cit. alla nota 31, punto 57, con riferimento alla giurisprudenza relativa alla direttiva VIA).


33 – Sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (cit. alla nota 13, punto 37).


34 – Sentenza 20 ottobre 2005, causa C–6/04, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I–9017, punto 58).


35 – Sentenza Stadt Papenburg (cit. alla nota 31, punto 49).


36 – Sentenze 6 luglio 2010, causa C–428/08, Monsanto Technology (Racc. pag. I-6765, punto 66), e 16 dicembre 2010, causa C–266/09, Stichting Natuur en Milieu (Racc. pag. I-13119, punto 32).


37 – Sentenza Monsanto Technology (cit. alla nota 36, punto 69).


38 – V. sentenze 7 dicembre 2000, causa C–374/98, Commissione/Francia (Basses Corbières; Racc. pag. I–10799, punti 47 e 57); 20 settembre 2007, causa C‑388/05, Commissione/Italia (Valloni e steppe pedegarganiche; Racc. pag. I–7555, punto 18), e 18 dicembre 2007, causa C–186/06, Commissione/Spagna (Kanal Segarra-Garrigues; Racc. pag. I–12093, punto 26).


39 – V. sentenza 2 agosto 1993, causa C–355/90, Commissione/Spagna (Santoña-Sümpfe; Racc. pag. I–4221, punto 11).


40 – Sotto questo profilo la situazione è analoga alla sentenza Commissione/Italia (Valloni e steppe pedegarganiche, cit. alla nota 38).


41 – Sentenza Commissione/Italia (Valloni e steppe pedegarganiche, cit. alla nota 38, punti 22 e 27).


42 – Pag. 235 degli allegati al ricorso.


43 – Pag. 235 degli allegati al ricorso


44 – V., in merito all’estensione dei lavori, pag. 442 degli allegati al controricorso.


45 – Pag. 235 degli allegati al ricorso.


46 – V. pag. 497 degli allegati al ricorso.


47 – Sentenza Santa Caterina (cit. alla nota 20, punto 95).


48 – Pag. 232 degli allegati al ricorso.


49 – Plano 1, pag. 48 degli allegati al ricorso. Poiché la scala applicata è errata, le distanze sono state calcolate con l’aiuto del calcolatore di distanze Google Maps (http://www.daftlogic.com/projects-google-maps-distance-calculator.htm).


50 – Pag. 239 degli allegati al ricorso.


51 – Pag. 227 degli allegati al ricorso.


52 – Situación del urogallo en Castilla y Leon, pagg. 307 e 318 degli allegati al controricorso.


53 – Pag. 651 degli allegati al ricorso.


54 – Pag. 650 e segg. degli allegati al ricorso.


55 – V., in tal senso, sentenza 20 maggio 2010, causa C–308/08, Commissione/Spagna (Iberischer Luchs; Racc. pag. I-4281, punto 25).


56 – V. la cartina a pag. 653 degli allegati al ricorso e la mappa dei diversi progetti a pag. 48.


57 – Lo studio del 2005, pag. 235 degli allegati al ricorso, indica il progetto come «explotacion activa».


58 – Sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (cit. alla nota 13, punto 35).


59 – V., in materia di controllo del potere discrezionale della Commissione, sentenze 18 luglio 2007, causa C‑326/05 P, Industrias Químicas del Vallés/Commissione (Racc. pag. I–6557, punto 77), e 6 novembre 2008, causa C–405/07 P, Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. I–8301, punto 55), e giurisprudenza rispettivamente ivi citata.


60 – V. supra, paragrafo 61 e giurisprudenza ivi citata.


61 –      V. le sentenze 1° giugno 1999, causa C–126/97, Eco Swiss (Racc. pag. I–3055, punto 46), e 13 gennaio 2004, causa C–453/00, Kühne & Heitz (Racc. pag. I–837, punto 24).


62 – V. pag. 271 e segg. degli allegati al controricorso.


63 – Sentenze Bund Naturschutz in Bayern e a. (cit. alla nota 10, punti 44 e 46); Stadt Papenburg (cit. alla nota 31, punto 49), e Iberischer Luchs (cit. alla nota 55, punto 21).


64 – V. supra, paragrafo 85.


65 – Pag. 235 degli allegati al ricorso.


66 – Vedi supra, paragrafo 114.


67 – Vedi supra, paragrafo 118.


6868 – Pagg. 672 e 675 degli allegati al ricorso. Anche Palomero e a., «Cantabrian Brown Bear Trends», Ursos 18 (2), pag. 145 e segg., pag. 155, (pag. 742 degli allegati al ricorso) citano le attività estrattive quali fonte di perturbazione e ostacoli per il movimento degli orsi bruni.


69 – Parere interno dell’autorità per la protezione della natura della regione Castilla e León 13 novembre 1998, pag. 114.


70 – Ciò si ricava anche dalla documentazione allegata al progetto LIFE «Corredores de comunicación para la conservación del oso pardo cantábrico», pag. 718 degli allegati al ricorso.


71 – V. le sentenze citate alla nota 10, Dragaggi e a., punto 25, e Bund Naturschutz in Bayern e a., punto 36.


72 – V. sentenza Stadt Papenburg (cit. alla nota 31, punto 48) per i progetti precedenti alla scadenza del termine di recepimento della direttiva nonché le conclusioni dell’Avvocato generale Sharpston 3 maggio 2007, causa C–388/05, Commissione/Italia (Valloni e steppe pedegarganiche; Racc. pag. I–7555, paragrafo 51).


73 – V. punto 7 del controricorso e l’allegato D-1, pag. 19 e segg.


74 – V. supra, paragrafi 134 e segg.


75 – V. supra, paragrafi 68 e segg.


76 – V. supra, paragrafi 126 e seg.


77 – V. supra, paragrafi 127 e seg.


78 – Pag. 212 degli allegati al ricorso.


79 – Pag. 235 degli allegati al ricorso: 45,64 ettari di biotopo 4030 – Lande europee secche; 6,52 ettari di biotopo 8220 – Pareti rocciose silicee con vegetazione casmofitica, e 19,09 ettari di biotopo 9230 – Querceti galizio-portoghesi di Quercus robur e Quercus pyrenaica.


80 – V. pag. 442 degli allegati al controricorso.


81 – V. pag. 40 degli allegati alla controreplica.


82 – V. supra, paragrafi 104 e segg.


83 – V. supra, paragrafo 109.


84 – V. supra, paragrafi 129 e segg.


85 – Pag. 237 degli allegati al ricorso.


86 – Pag. 256 degli allegati al ricorso.


87 – V. supra, paragrafi 106 e segg.


88 –      Pagg. 239 e 255 e seg. degli allegati al ricorso.


89 – Pag. 255 degli allegati al ricorso.


90 – V. punto 28 della controreplica.


91 – Pag. 38 degli allegati al controricorso.


92 – Dalla dichiarazione sull’impatto ambientale, pag. 72 degli allegati al ricorso, risulta che, in base alla trasposizione spagnola della versione originaria della direttiva VIA, il progetto doveva essere imperativamente sottoposto ad una valutazione.


93 – Sentenza 19 settembre 2000, causa C–287/98, Linster (Racc. pag. I–6917, punto 36).


94 – Sentenza Linster (cit. alla nota 93, punto 37).


95 – Sentenza 3 marzo 2011, causa C–50/09, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I-873, punto 37).


96 – Sentenza Commissione/Irlanda (cit. alla nota 95, punto 40).


97 – Sentenza 21 settembre 1999, causa C‑392/96, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I–5901, punto 76).


98 – Pag. 95 degli allegati al ricorso.


99 – Pag. 96 degli allegati al ricorso.


100 – Pag. 72 e segg. degli allegati al controricorso.


101 – Pag. 106 degli allegati al controricorso.


102 – Pag. 105 e seg. degli allegati al controricorso.