CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MELCHIOR WATHELET
presentate il 20 novembre 2014 (1)
Causa C‑170/13
Huawei Technologies Co. Ltd
contro
ZTE Corp.,
ZTE Deutschland GmbH
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Düsseldorf (Germania)]
«Concorrenza – Articolo 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Azione per contraffazione esperita dal titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma stabilita da un organismo di normazione – Impegno a concedere licenze a terzi a condizioni FRAND (Fair, Reasonable and Non-Discriminatory terms) ossia, a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie»
I – Introduzione
1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, depositata dal Landgericht Düsseldorf (Germania) nella cancelleria della Corte il 5 aprile 2013, verte sull’interpretazione dell’articolo 102 TFUE.
2. L’oggetto principale della causa è costituito da un brevetto cosiddetto «essenziale ai fini dell’applicazione di una norma stabilita da un organismo di normazione» (in prosieguo: un «BEN») e, per la prima volta, la Corte è chiamata a esaminare se, ed eventualmente, a quali condizioni, un’azione per contraffazione, promossa dal titolare di un BEN nei confronti di un’impresa che realizza prodotti che danno esecuzione a tale norma, costituisca un abuso di posizione dominante.
3. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede la Huawei Technologies Co. Ltd (in prosieguo: la «Huawei»), un’impresa di dimensioni mondiali, attiva nel settore delle telecomunicazioni e con sede a Shenzhen (Cina), contrapposta alla ZTE Corp., con sede a Shenzhen, e alla ZTE Deutschland GmbH, (in prosieguo: la «ZTE»), con sede a Düsseldorf (Germania), che appartengono a un gruppo di imprese, anch’esso di dimensioni mondiali, operante nel medesimo settore. Con la sua azione per contraffazione, la Huawei chiede la cessazione della contraffazione, la presentazione di dati contabili, il ritiro dei prodotti nonché la determinazione del risarcimento.
4. L’azione per contraffazione riguarda un brevetto europeo di cui è titolare la Huawei e registrato al n. EP 2 090 050 B 1 (in prosieguo: il «brevetto controverso»). La Repubblica federale di Germania è uno degli Stati membri contraenti indicati da tale brevetto, che si configura come un brevetto «essenziale» ai fini dell’applicazione della norma (2) «Long Term Evolution» (LTE) stabilita dall’Istituto europeo delle norme di telecomunicazione (in prosieguo: l’«ETSI») (3), il che implica che chiunque utilizzi la norma LTE ricorre necessariamente al metodo di tale brevetto.
5. Il brevetto controverso è stato notificato all’ETSI dalla Huawei che, il 4 marzo 2009, si è impegnata con l’ETSI a concedere licenze a terzi a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie, generalmente denominate «FRAND» (Fair, Reasonable and Non-Discriminatory) (in prosieguo: le «condizioni FRAND») (4).
6. In seguito al «fallimento» (5) delle trattative sulla conclusione di un contratto di licenza a condizioni FRAND, la Huawei ha esperito dinanzi al giudice del rinvio un’azione per contraffazione nei confronti della ZTE al fine di richiedere la cessazione della contraffazione, la presentazione di dati contabili, il ritiro dei prodotti nonché la determinazione del risarcimento. Secondo la ZTE, tale azione inibitoria costituisce un abuso di posizione dominante, in quanto essa è disposta a negoziare la conclusione di un contratto di licenza.
7. Il comportamento del titolare di un BEN, che si sia impegnato a concedere licenze a terzi a condizioni FRAND, ha dato luogo a una molteplicità di ricorsi dinanzi ai giudici di vari Stati membri e di paesi terzi. I molteplici ricorsi in parola, basati non solo sul diritto della concorrenza ma anche sul diritto civile, hanno dato origine a una pluralità di soluzioni giuridiche divergenti e, di conseguenza, a un notevole grado di incertezza sulla legittimità di taluni comportamenti del titolare di un BEN e di imprese che, applicando una norma stabilita da un organismo europeo di normazione, ricorrono al metodo di un BEN.
8. Alla luce delle questioni sollevate dal giudice del rinvio, limiterò le presenti conclusioni esclusivamente al diritto della concorrenza e, in particolare, alla questione dell’abuso di posizione dominante.
9. Ciò non significa tuttavia che la questione di cui trattasi nel procedimento principale, le cui origini, a mio parere, attengono essenzialmente alla mancanza di chiarezza sulla nozione stessa e sul contenuto delle condizioni FRAND, non possa essere risolta adeguatamente, o addirittura meglio, in altre branche del diritto o mediante meccanismi diversi da quelli del diritto della concorrenza.
10. È sufficiente, al riguardo, sottolineare che un impegno a concedere licenze a condizioni FRAND non equivale a una licenza a condizioni FRAND né dà una qualsivoglia indicazione riguardo alle condizioni FRAND che devono essere convenute, in via di principio, dalle parti in causa.
11. Se è vero che le condizioni di licenza FRAND rientrano nella competenza esclusiva delle parti e, se del caso, dei giudici civili o dei tribunali arbitrali, mi sembra tuttavia evidente che il rischio di cattiva volontà delle parti in causa o di rottura delle trattative in tale settore possa essere, almeno in parte, evitato o attenuato, qualora gli organismi di normazione stabiliscano condizioni minime o un quadro o alcune «regole di buona condotta» per la negoziazione delle condizioni di licenza FRAND. In mancanza, le azioni inibitorie ma anche le norme sull’abuso di posizione dominante, che dovrebbero costituire l’ultima ratio, sono utilizzate come argomento di negoziazione o come mezzo di pressione dal titolare di un BEN o dall’impresa che utilizza la norma e ricorre al metodo di tale BEN.
II – Contesto normativo
A – La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
12. L’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), intitolato «Libertà d’impresa», prevede quanto segue:
«È riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali».
13. L’articolo 17 della Carta, intitolato «Diritto di proprietà», così dispone:
«1. Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale.
2. La proprietà intellettuale è protetta».
14. L’articolo 47 della Carta, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», stabilisce che:
«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.
(…)».
15. L’articolo 52 della Carta, intitolato «Portata e interpretazione dei diritti e dei principi», al paragrafo 1, prevede quanto segue:
«Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».
B – La direttiva 2004/48/CE
16. L’articolo 9 della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (6), intitolato «Misure provvisorie e cautelari», prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri assicurano che le competenti autorità giudiziarie possano, su richiesta dell’attore,
a) emettere nei confronti del presunto autore della violazione un’ingiunzione interlocutoria volta a prevenire qualsiasi violazione imminente di un diritto di proprietà intellettuale, (…)
(…)».
17. L’articolo 10 di tale direttiva 2004/48, intitolato «Misure correttive», così prevede:
«1. Salvo il risarcimento dei danni dovuto al titolare del diritto a causa della violazione, e senza indennizzo di alcun tipo, gli Stati membri assicurano che la competente autorità giudiziaria possa ordinare, su richiesta dell’attore, le misure adeguate da adottarsi per le merci riguardo alle quali ess[a] ha accertato che violino un diritto di proprietà intellettuale e, nei casi opportuni, per i materiali e gli strumenti principalmente utilizzati per la realizzazione o la fabbricazione di tali merci. Siffatte misure comprendono:
a) il ritiro dai circuiti commerciali;
b) l’esclusione definitiva dai circuiti commerciali; oppure
c) la distruzione.
(…)
3. Nel considerare la richiesta di misure correttive si tiene conto della necessità di proporzionalità tra la gravità della violazione e i mezzi di ricorso ordinati, nonché degli interessi dei terzi».
18. L’articolo 11 della medesima direttiva, intitolato «Ingiunzioni», così dispone:
«Gli Stati membri assicurano che, in presenza di una decisione giudiziaria che ha accertato una violazione di un diritto di proprietà intellettuale, le autorità giudiziarie possano emettere nei confronti dell’autore della violazione un’ingiunzione diretta a vietare il proseguimento della violazione. (…)».
19. L’articolo 12 della direttiva 2004/48, intitolato «Misure alternative», così dispone:
«Gli Stati membri possono stabilire che nei casi adeguati e su richiesta del soggetto cui potrebbero essere applicate le misure di cui alla presente sezione, l’autorità giudiziaria competente può ordinare il pagamento alla parte lesa di un indennizzo pecuniario invece dell’applicazione delle misure di cui alla presente sezione, se tale soggetto ha agito in modo non intenzionale e senza negligenza, se l’esecuzione di tali misure gli causerebbe un danno sproporzionato e se l’indennizzo pecuniario alla parte lesa sembra ragionevolmente soddisfacente».
20. L’articolo 13 della direttiva 2004/48, intitolato «Risarcimento del danno», prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri assicurano che, su richiesta della parte lesa, le competenti autorità giudiziarie ordinino all’autore della violazione, implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un’attività di violazione di risarcire al titolare del diritto danni adeguati al pregiudizio effettivo da questo subito a causa della violazione.
Allorché l’autorità giudiziaria fissa i danni:
a) tiene conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno subito dalla parte lesa, i benefici realizzati illegalmente dall’autore della violazione, e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione;
b) oppure in alternativa alla lettera a) può fissare, in casi appropriati, una somma forfettaria in base ad elementi quali, per lo meno, l’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti qualora l’autore della violazione avesse richiesto l’autorizzazione per l’uso del diritto di proprietà intellettuale in questione.
2. Nei casi in cui l’autore della violazione è stato implicato in un’attività di violazione senza saperlo o senza avere motivi ragionevoli per saperlo, gli Stati membri possono prevedere la possibilità che l’autorità giudiziaria disponga il recupero dei profitti o il pagamento di danni che possono essere predeterminati».
C – La politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale
21. A sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale, lo scopo di tale organismo di normazione è di creare norme adeguate agli obiettivi tecnici del settore europeo delle telecomunicazioni e di ridurre il rischio per l’ETSI, i suoi membri e i terzi che applicano le norme dell’ETSI di perdere investimenti destinati all’elaborazione, all’adozione e all’applicazione di norme a causa dell’indisponibilità della proprietà intellettuale essenziale per l’applicazione di dette norme. A tal fine, la politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale mira a realizzare un equilibrio tra le esigenze di normazione a fini di uso pubblico nel settore delle telecomunicazioni e i diritti dei titolari di diritti di proprietà intellettuale. L’articolo 3, paragrafo 2, della politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale dispone che, al momento dell’applicazione delle norme, i titolari del diritto di proprietà intellettuale devono essere adeguatamente ed equamente remunerati in caso di utilizzo della loro proprietà intellettuale.
22. L’articolo 4, paragrafo 1, della politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale prevede che ciascuno dei suoi membri, segnatamente durante il processo di elaborazione di una norma cui esso partecipa, adotti i provvedimenti necessari per informare al più presto l’ETSI dei suoi diritti di proprietà intellettuale, essenziale ai fini dell’applicazione della norma. Un membro che presenti una proposta tecnica relativa a una norma deve quindi informare l’ETSI di qualsiasi diritto di proprietà intellettuale di cui è titolare e che possa risultare essenziale ai fini dell’applicazione della norma in caso di adozione della proposta.
23. L’articolo 6, paragrafo 1, della politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale dispone che, quando l’ETSI viene informato su un diritto di proprietà intellettuale, essenziale ai fini dell’applicazione di una norma, il suo direttore generale invita immediatamente il titolare di detto diritto ad assumere, entro tre mesi, l’impegno irrevocabile ad essere disponibile alla concessione di licenze a condizioni FRAND concernenti detto diritto di proprietà intellettuale. Nel caso in cui non sia sottoscritto alcun impegno FRAND, l’ETSI esamina se i lavori sulle parti in questione della norma debbano essere sospesi fino a quando la controversia non sia definita e/o se sottoporre una norma pertinente ad approvazione (7). Se il titolare di diritti di proprietà intellettuale rifiuta di sottoscrivere un impegno FRAND conformemente al suddetto articolo 6, paragrafo 1, di detta politica, l’ETSI verifica se esista una tecnologia alternativa e se così non è i lavori sulla norma in questione vengono interrotti (8). Ai sensi dell’articolo 14 della politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale, la violazione di tale testo da parte di un membro costituisce violazione dei suoi obblighi nei confronti dell’ETSI.
24. Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 6, della politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale, la proprietà intellettuale è considerata «essenziale», in particolare quando non è possibile, per ragioni tecniche, realizzare prodotti conformi alla norma senza violare detta proprietà. Tuttavia, l’ETSI non controlla né la validità né il carattere essenziale della proprietà intellettuale di cui è stato informato da uno dei suoi membri.
25. La politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale non definisce con precisione cosa si debba intendere per condizioni di licenza FRAND. Spetta al titolare e all’utilizzatore del brevetto negoziare i termini e le condizioni d’uso di un BEN (9). Inoltre, la politica dell’ETSI sulla proprietà intellettuale non contiene neppure norme o disposizioni che indichino come debbano essere definite le controversie nel caso in cui le parti non giungano ad un accordo su condizioni FRAND stabilite in concreto (10).
III – Procedimento principale e questioni pregiudiziali
26. La ZTE propone e commercializza in Germania, tra l’altro, stazioni base dotate di un software LTE (in prosieguo: i «prodotti controversi»). Secondo il giudice del rinvio, i prodotti controversi, proposti e commercializzati dalla ZTE, sono indubbiamente adeguati al software LTE e funzionano in base alla norma LTE. Dato che il brevetto controverso di cui è titolare la Huawei è essenziale ai fini dell’applicazione della norma LTE, la ZTE sfrutta automaticamente tale brevetto.
27. Dalla decisione di rinvio emerge che, tra il novembre 2010 e la fine di marzo 2011, la Huawei e la ZTE hanno discusso, in particolare, della contraffazione del brevetto e della possibilità di concludere un contratto di licenza. La Huawei «ha indicato l’importo ritenuto dalla stessa ragionevole a titolo di diritti». La ZTE «propendeva per una concessione reciproca di licenze». Dalla decisione di rinvio emerge altresì che, il 30 gennaio 2013, la ZTE ha formulato una proposta di contratto di licenze reciproche e ha offerto, ma non versato, un importo a titolo di diritti da corrispondere alla Huawei (ossia EUR 50). Inoltre, il giudice del rinvio osserva che «[l]e parti non si sono scambiate alcuna proposta concreta relativamente a un contratto di licenza». Il 28 aprile 2011 la Huawei ha esperito, dinanzi al giudice del rinvio, l’azione che dà luogo al presente procedimento pregiudiziale.
28. La ZTE si è opposta, dinanzi all’Ufficio europeo dei brevetti (OEB), al rilascio del brevetto controverso con la motivazione che il brevetto non sarebbe stato valido. Con decisione del 25 aprile 2013, l’Ufficio europeo dei brevetti ha confermato la validità del brevetto, respingendo la domanda della ZTE. Tale decisione è attualmente oggetto di un ricorso.
29. Il giudice del rinvio rileva che lo sfruttamento, da parte della ZTE, del brevetto controverso è illegittimo. Tuttavia, esso ritiene possibile invocare l’obbligatorietà della licenza per respingere l’azione inibitoria in base, segnatamente, all’articolo 102 TFUE, qualora si potesse considerare che, esercitando l’azione inibitoria, la Huawei abusa della «posizione dominante dalla stessa incontestabilmente detenuta» (11).
30. Secondo il giudice del rinvio, due criteri consentono di stabilire il momento a partire dal quale il titolare di un BEN viola l’articolo 102 TFUE abusando della sua posizione dominante nei confronti di un contraffattore.
31. In primo luogo, il giudice del rinvio rileva che il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), nella sua sentenza del 6 maggio 2009, «norma Orange Book» (KZR 39/06, in prosieguo: la «sentenza Orange‑Book‑Standard») (12), ha considerato che il titolare di un brevetto che esercita un’azione inibitoria della contraffazione, allorché il convenuto può chiedere che gli sia concessa una licenza per tale brevetto, commette un abuso di posizione dominante solo nel caso in cui siano soddisfatte le seguenti condizioni:
«Da una parte, il convenuto deve aver proposto, incondizionatamente, all’attore di concludere un contratto di licenza (e siffatta proposta non deve contenere, in particolare, una clausola che limiti la licenza solo ai casi di contraffazione), restando inteso che il convenuto deve sentirsi vincolato dalla sua proposta e l’attore è tenuto ad accettarla, poiché il suo rifiuto avrebbe come effetto di ostacolare in modo iniquo il convenuto o di violare il principio di non discriminazione.
Se il convenuto ritiene che l’importo dei diritti richiesto dall’attore sia abusivamente elevato oppure se l’attore rifiuta di fissare l’importo dei diritti, la proposta di contratto è considerata incondizionata se prevede che l’attore debba determinare equamente l’importo dei diritti.
D’altra parte, quando sfrutta l’oggetto del brevetto prima dell’accettazione della proposta da parte dell’attore, il convenuto deve osservare gli obblighi che, ai fini dello sfruttamento del brevetto, saranno ad esso incombenti in base al futuro contratto di licenza. Ciò implica, in particolare, che il convenuto debba redigere un conto degli atti di sfruttamento dallo stesso compiuti, conformemente alle condizioni di un contratto non discriminatorio, e che debba adempiere agli obblighi di pagamento che ne derivano.
Nell’adempimento di tale obbligo di pagamento, il convenuto non è tenuto a versare direttamente i diritti all’attore. Esso può infatti depositare l’importo dei diritti presso un Amtsgericht [tribunale cantonale]».
32. In secondo luogo, il giudice del rinvio osserva che, in un comunicato stampa (13) relativo a una comunicazione degli addebiti inviata alla Samsung Electronics e a. (COMP/C‑3/39.939) nell’ambito di un procedimento per contraffazione nel mercato dei telefoni cellulari, la Commissione europea ha sostenuto, in via preliminare, che l’esercizio di un’azione inibitoria era illecito alla luce dell’articolo 102 TFUE, in quanto la causa verteva su un BEN, il titolare del brevetto aveva comunicato a un organismo di normazione la sua disponibilità a concedere licenze a condizioni FRAND e il contraffattore era esso stesso disposto a negoziare siffatta licenza.
33. Tuttavia, come rilevato dal giudice del rinvio, la Commissione non spiega, nel suo comunicato stampa, a quali condizioni sia possibile ritenere che un contraffattore sia disposto a negoziare. Essa non farebbe neppure riferimento ai criteri stabiliti dal Bundesgerichtshof nella sentenza Orange‑Book‑Standard.
34. Il giudice del rinvio ritiene che se si applicassero al caso di specie i criteri stabiliti dal Bundesgerichtshof, la ZTE non potrebbe validamente invocare l’obbligatorietà della licenza, cosicché il ricorso per contraffazione dovrebbe essere accolto. Esso ritiene che, in tale ipotesi, la Huawei non fosse tenuta ad accettare una delle proposte presentate per iscritto dalla ZTE ai fini della conclusione del contratto di licenza, e ciò per due ragioni rilevate dal giudice del rinvio.
35. In primo luogo, le proposte di contratto della ZTE dovrebbero essere considerate insufficienti, poiché non si trattava di proposte «incondizionate» ai sensi della giurisprudenza del Bundesgerichtshof in quanto limitate esclusivamente ai prodotti che danno luogo a contraffazione.
36. In secondo luogo, indipendentemente dalla questione se l’importo dei diritti sia stato correttamente stabilito, la ZTE non ha versato l’importo dei diritti dalla stessa direttamente calcolato (ossia EUR 50), giacché non esistono elementi che indichino che l’Amtsgericht avrebbe disposto di riscuotere tale importo ai fini del suo deposito. Peraltro, il giudice del rinvio rileva che la ZTE ha omesso di rendere conto, debitamente ed esaustivamente, degli atti di sfruttamento compiuti.
37. Per contro, il giudice del rinvio ritiene che se si applicasse la tesi propugnata dalla Commissione nel comunicato stampa, l’azione inibitoria della Huawei dovrebbe essere respinta in quanto abusiva. Dato che la Huawei fonda la sua azione su un BEN, la ZTE è obbligata a farne uso per poter immettere sul mercato i prodotti controversi adeguati al software LTE. Detto giudice ricorda che la Huawei ha dichiarato all’ETSI di essere disponibile a concedere licenze a terzi e rileva che la ZTE era, almeno alla data rilevante (al termine delle trattative orali), «disposta a negoziare» secondo la tesi della Commissione. Tale disponibilità a negoziare si manifesterebbe in ogni caso nelle proposte di contratto scritte presentate dalla ZTE (proposte che riprendono, in parte, le proposte della Huawei). Il giudice del rinvio ritiene che, nell’ambito della tesi della Commissione, la disponibilità a negoziare non sia compromessa dalla circostanza che le parti non giungano a un accordo sul contenuto di talune clausole del contratto né, in particolare, sull’importo dei diritti da versare.
38. Ciò premesso, il Landgericht Düsseldorf ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il titolare di un [BEN], che abbia dichiarato dinanzi a un organismo di normalizzazione la sua disponibilità a concedere a terzi una licenza a [condizioni FRAND], abusi della sua posizione dominante qualora eserciti un’azione inibitoria nei confronti di un contraffattore, benché quest’ultimo abbia manifestato la sua disponibilità a negoziare siffatta licenza,
oppure
se si debba ritenere che un abuso di posizione dominante possa essere ravvisato soltanto qualora il contraffattore abbia presentato al titolare del brevetto, ai fini della conclusione di un contratto di licenza, una proposta incondizionata accettabile che il titolare non può rifiutare senza ostacolare in modo iniquo il contraffattore o senza violare il principio di non discriminazione, e qualora il contraffattore, in previsione della concessione della licenza, abbia già adempiuto gli obblighi contrattuali derivanti a suo carico dagli atti di sfruttamento precedentemente compiuti.
2) Nel caso in cui l’abuso di posizione dominante sia ravvisabile nella semplice disponibilità a negoziare del contraffattore:
se, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, siffatta disponibilità a negoziare debba rispondere a specifici requisiti qualitativi e/o temporali. Se il contraffattore possa essere ritenuto disponibile a negoziare quando abbia dichiarato (verbalmente), solo in modo generico, la propria disponibilità ad avviare trattative, o se il contraffattore debba aver già avviato le trattative, indicando ad esempio, in concreto, a quali condizioni è disponibile a concludere il contratto di licenza.
3) Nel caso in cui l’abuso di posizione dominante sia subordinato alla presentazione di una proposta contrattuale incondizionata e accettabile:
se, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, siffatta proposta debba rispondere a specifici requisiti qualitativi e/o temporali. Se la proposta debba contemplare tutte le regole che, di norma, sono contenute nei contratti di licenza stipulati nel settore tecnico considerato. Se, in particolare, la proposta possa essere subordinata alla condizione dello sfruttamento effettivo del brevetto summenzionato oppure della sua validità.
4) Nel caso in cui l’abuso di posizione dominante sia subordinato all’adempimento, da parte del contraffattore, degli obblighi derivanti dalla licenza da attribuire:
se, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, gli adempimenti del contraffattore debbano rispondere a specifici requisiti. Se il contraffattore sia tenuto a dar conto degli atti di sfruttamento compiuti e/o a versare diritti di licenza. Se, eventualmente, il contraffattore possa adempiere l’obbligo di pagamento dei diritti di licenza mediante la prestazione di una garanzia.
5) Se le condizioni alle quali si può ritenere che il titolare di un [BEN] abbia commesso un abuso di posizione dominante siano applicabili anche quando il titolare fa valere in giudizio altri diritti che traggono origine dalla contraffazione (presentazione di dati contabili, richiamo di prodotti, risarcimento dei danni)».
IV – Procedimento dinanzi alla Corte
39. Hanno presentato osservazioni scritte la Huawei, la ZTE, i governi olandese e portoghese nonché la Commissione. La Huawei, la ZTE, i governi olandese e finlandese, nonché la Commissione, hanno formulato osservazioni orali all’udienza che si è tenuta l’11 settembre 2014.
V – Analisi
A – Osservazioni preliminari
40. La Corte è chiamata a precisare se, ed eventualmente, a quali condizioni, un’azione per contraffazione promossa dal titolare di un BEN, che si è impegnato a concedere licenze a condizioni FRAND, costituisca un abuso di posizione dominante. Le questioni sollevate dal giudice del rinvio non riguardano le condizioni specifiche di una licenza FRAND, aspetto rientrante nella competenza delle parti e, se del caso, dei giudici civili e dei tribunali arbitrali, ma mirano piuttosto a stabilire, alla luce del diritto della concorrenza, l’ambito nel quale si deve procedere alla negoziazione delle licenze di un BEN a condizioni FRAND.
41. Secondo il giudice del rinvio, il titolare di un BEN si trova in una posizione di forza nella negoziazione delle licenze per effetto del suo diritto a esperire azioni inibitorie. Pertanto, si dovrebbe garantire che il titolare di un BEN non possa imporre, ad esempio, diritti eccessivi in violazione del suo impegno a concedere licenze a condizioni FRAND, comportamento qualificato come «patent hold‑up» (14).
42. Tuttavia, il giudice del rinvio rileva altresì che una limitazione del diritto di esperire azioni inibitorie riduce notevolmente il margine di negoziazione del titolare di un BEN, dato che quest’ultimo potrebbe non disporre di mezzi di pressione sufficienti per svolgere trattative su un piano di parità con il contraffattore. Esso aggiunge che il titolare del BEN deve tollerare lo sfruttamento illecito del suo brevetto, indipendentemente dal se e dal quando sarà concluso un contratto di licenza e, solo a posteriori, a una data non prevedibile, detto titolare potrà ottenere il risarcimento del danno la cui applicabilità e il cui importo sono incerti, e ciò, anche se le negoziazioni relative al contratto di licenza si protraggono per motivi unicamente ascrivibili alla responsabilità del contraffattore. Tale comportamento è stato qualificato come «patent hold‑out» o come «reverse patent hold‑up».
43. Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se il titolare di un BEN, che si è impegnato nei confronti di un organismo di normazione, nella fattispecie l’ETSI, a concedere licenze a terzi a condizioni FRAND, abusi della sua posizione dominante qualora eserciti un’azione inibitoria nei confronti di un contraffattore, sebbene quest’ultimo fosse «disponibile a negoziare» siffatta licenza.
44. Nell’ambito della medesima questione, il giudice del rinvio prevede una seconda ipotesi in base alla quale sussisterebbe un abuso di posizione dominante solo nel caso in cui il contraffattore avesse presentato al titolare del BEN una proposta incondizionata accettabile che il titolare non avrebbe potuto rifiutare senza ostacolare in modo iniquo il contraffattore o senza violare il principio di non discriminazione, e qualora il contraffattore, in previsione della licenza, avesse già adempiuto gli obblighi contrattuali derivanti a suo carico dagli atti di sfruttamento precedentemente compiuti.
45. A mio parere, per fornire una risposta utile e completa alla prima questione del giudice del rinvio, occorre esaminare congiuntamente le due ipotesi dallo stesso menzionate.
46. Le questioni pregiudiziali seconda, terza e quarta vertono, rispettivamente, sulle forme di manifestazione della disponibilità a negoziare del contraffattore, sulle modalità della sua proposta e dell’adempimento, da parte di quest’ultimo, degli obblighi derivanti dalla licenza da attribuire. La risposta a tali questioni dipende in gran parte dalla risposta alla prima questione. La quinta questione verte sui mezzi di ricorso, diversi dall’azione inibitoria, di cui dispone il titolare di un BEN per tutelare la sua proprietà intellettuale. Dato che le questioni sollevate dal giudice del rinvio riguardano principalmente la legittimità dell’azione inibitoria, incentrerò le mie conclusioni su tale azione.
B – La giurisprudenza Orange‑Book‑Standard del Bundesgerichtshof e il comunicato stampa della Commissione nella causa Samsung Electronics e a.
47. È evidente che le questioni sollevate dal giudice del rinvio sono state ampiamente ispirate dalla sentenza Orange‑Book‑Standard del Bundesgerichtshof e dal comunicato stampa della Commissione nella causa Samsung Electronics e a.
48. Riguardo a tale sentenza, occorre rilevare la sussistenza di notevoli differenze di fatto tra tale causa e il procedimento principale. Il brevetto controverso consiste in un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione della norma LTE derivante da un accordo concluso tra le imprese (tra cui la Huawei e la ZTE) partecipanti al processo di normazione all’interno dell’ETSI, mentre la norma in questione nella causa Orange‑Book‑Standard del Bundesgerichtshof era una norma de facto (15). Pertanto, nella suddetta causa, non sussisteva alcun impegno, da parte del titolare del brevetto in questione, a concedere licenze a condizioni FRAND. È normale, in tal caso, che il potere di negoziazione riconosciuto al titolare del brevetto sia più ampio di quanto non sia nel caso di un BEN il cui titolare sia membro di un organismo europeo di normazione, come il richiedente la licenza, e che un’azione inibitoria da parte sua sia considerata, alla fine, abusiva solo se i diritti dallo stesso richiesti siano manifestamente eccessivi.
49. Alla luce di tale notevole differenza di fatto con il procedimento principale, ritengo che detta sentenza non sia applicabile in via analogica alla causa in esame.
50. Se è vero, per contro, che il comunicato stampa nella causa Samsung Electronics e a. riguarda proprio un BEN il cui titolare ha espresso, a un organismo di normazione, il suo impegno a concedere licenze a condizioni FRAND, mi sembra tuttavia che una semplice disponibilità del contraffattore a negoziare (16), di natura estremamente vaga e non vincolante, non può essere in nessun caso sufficiente (17) a limitare il diritto del titolare del BEN a esperire un’azione (18) inibitoria.
51. Ritengo che dall’applicazione pura e semplice al caso di specie della giurisprudenza Orange‑Book‑Standard del Bundesgerichtshof o del comunicato stampa derivino situazioni di sovra o sotto tutela, rispettivamente, del titolare di un BEN, degli utilizzatori del metodo dei brevetti o dei consumatori (19).
52. Risulta quindi necessario individuare una soluzione intermedia.
C – La presunzione dell’esistenza di una posizione dominante
53. Occorre rilevare, come sottolineato dalla Commissione, che il giudice del rinvio parte dall’ipotesi che la Huawei detenga una posizione dominante (20) e non ha chiesto chiarimenti alla Corte né riguardo ai criteri di determinazione del mercato rilevante (21), né riguardo alla constatazione di una posizione dominante (22).
54. Il governo portoghese e la Commissione hanno limitato le loro osservazioni all’eventuale abuso di posizione dominante da parte del titolare di un BEN, mentre la Huawei (23), la ZTE (24) e il governo olandese, nello loro osservazioni, hanno affrontato solo marginalmente la questione dell’esistenza di una posizione dominante.
55. Secondo costante giurisprudenza, la Corte può pronunciarsi sull’interpretazione o sulla validità di un testo dell’Unione, solo sulla base dei fatti ad essa indicati dal giudice nazionale. Peraltro, una modifica delle questioni pregiudiziali sotto il profilo sostanziale sarebbe incompatibile con il ruolo assegnato alla Corte dall’articolo 267 TFUE e con l’obbligo della Corte di dare ai governi degli Stati membri e alle parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 23 del suo Statuto, tenuto conto del fatto che, in base alla suddetta disposizione, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio (25).
56. Nella fattispecie, poiché il giudice del rinvio non ha ammesso né la necessità né la pertinenza di una questione relativa all’esistenza di una posizione dominante, la Corte non può procedere a siffatta analisi.
57. Tuttavia, occorre rilevare che, nella sua decisione di rinvio, il giudice del rinvio non ha precisato che avrebbe constatato l’esistenza incontestabile di una posizione dominante da parte del titolare di un BEN nel procedimento principale solo dopo aver pienamente esaminato tutte le circostanze e il contesto specifico della fattispecie. Considero, al pari del governo olandese, che il fatto che un’impresa detenga un BEN non implica necessariamente che essa benefici di una posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE (26) e spetta al giudice nazionale esaminare, caso per caso, se si verifica effettivamente tale situazione (27).
58. Dato che la constatazione dell’esistenza di una posizione dominante impone all’impresa interessata la responsabilità particolare (28) di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva, tale constatazione non può fondarsi su ipotesi. Sebbene la circostanza che chiunque utilizzi una norma fissata da un organismo di normazione debba fare obbligatoriamente ricorso al metodo di un BEN, necessitando così di una licenza del titolare di tale brevetto, possa far sorgere una presunzione semplice dell’esistenza di una posizione dominante da parte del titolare di tale brevetto, ritengo che si debba poter superare tale presunzione mediante indizi concreti e circostanziati.
D – L’abuso di posizione dominante o lo sfruttamento abusivo della dipendenza tecnologica
59. Occorre rilevare che la risposta alle questioni sollevate dal giudice del rinvio richiede, alla luce del diritto della concorrenza, una ponderazione tra, da un lato, il diritto di proprietà intellettuale e il diritto alla tutela giurisdizionale del titolare di un BEN (la Huawei) e, dall’altro, la libertà d’impresa di cui beneficiano, in forza dell’articolo 16 della Carta, gli operatori economici, come le imprese che applicano la norma LTE (la ZTE). Infatti, l’adozione di un’ingiunzione oggetto di un’azione inibitoria limita notevolmente tale libertà (29) e può, quindi, falsare la concorrenza (30).
1. Il diritto di proprietà intellettuale
60. Dal fascicolo sottoposto alla Corte emerge che, malgrado l’impegno assunto con l’ETSI a concedere licenze a terzi a condizioni FRAND, la Huawei non ha rinunciato al suo diritto di esperire azioni inibitorie contro persone che sfruttino il metodo del brevetto controverso senza la sua autorizzazione. Per contro, da tale impegno deriva inequivocabilmente che la Huawei accetta (31) di rendere redditizio il brevetto controverso non solo sfruttandolo direttamente ma anche concedendo licenze. Inoltre, la Huawei accetta che diritti fissati a condizioni FRAND costituiscano un compenso equo e adeguato per lo sfruttamento, da parte di terzi, di detto brevetto.
61. Come rilevato nelle osservazioni della Huawei, della ZTE, dei governi olandese, portoghese e della Commissione, ritengo che, ai sensi di una costante giurisprudenza, l’esercizio di un diritto esclusivo collegato a un diritto di proprietà intellettuale, ossia, nella fattispecie, il diritto di esperire un’azione inibitoria in caso di contraffazione, non possa costituire di per sé un abuso di posizione dominante (32). Infatti, tale diritto è, per il titolare di un brevetto, il mezzo essenziale (33) per far valere la sua proprietà intellettuale la cui tutela è specificamente riconosciuta dall’articolo 17, paragrafo 2, della Carta (34).
62. Ne consegue che qualsiasi restrizione al diritto di esperire tali azioni costituisce necessariamente una limitazione rilevante della proprietà intellettuale e può quindi essere ammessa solo in circostanze eccezionali e puntualmente circoscritte.
63. Tuttavia, il diritto alla proprietà intellettuale non è un diritto assoluto. Pertanto, senza parlare di abuso di diritto, il considerando 12 della direttiva 2004/48 precisa che «[l]a presente direttiva non dovrebbe incidere sull’applicazione delle regole di concorrenza, in particolare gli articoli [101 TFUE e 102 TFUE]. Le misure previste nella presente direttiva non dovrebbero essere utilizzate per limitare indebitamente la concorrenza con modalità che contravvengono al trattato». Ne consegue che il diritto di esperire azioni inibitorie per tutelare la proprietà intellettuale non è un diritto assoluto e intangibile e deve conciliarsi, nell’interesse generale, con le regole di concorrenza previste, in particolare, dagli articoli 101 TFUE e 102 TFUE (35). L’articolo 12 di tale direttiva prevede, ad esempio, che il pagamento al titolare di un diritto di proprietà intellettuale di un risarcimento pecuniario anziché l’imposizione di un’ingiunzione possa essere ordinato dalle autorità giurisdizionali competenti su richiesta della persona passibile di ingiunzione in talune circostanze. Pertanto, limitazioni al diritto di esperire azioni inibitorie e la sostituzione di tale diritto con un risarcimento pecuniario sono espressamente previste dalla suddetta direttiva (36).
64. Inoltre, il titolare di un diritto di proprietà intellettuale può limitare esso stesso il modo in cui intende esercitarlo.
65. Al riguardo, ritengo che l’impegno della Huawei, di cui trattasi nel procedimento principale, di concedere licenze a terzi a condizioni FRAND sia in parte simile a una «licenza di diritto» (37). Contrariamente alle licenze obbligatorie che sono imposte dalla legge (38), il titolare di un brevetto può, di propria iniziativa, autorizzare il ricorso, da parte di terzi, al metodo del suo brevetto a talune condizioni. Rilevo che, in caso di licenza di diritto, al licenziatario di un brevetto, in via di principio, non può essere opposta un’ingiunzione (39).
2. Il diritto alla tutela giurisdizionale
66. Il diritto alla tutela giurisdizionale e la possibilità di far valere i propri diritti dinanzi a un giudice sono riconosciuti dall’articolo 47 della Carta. Al punto 51 della sentenza ZZ (C‑300/11, EU:C:2013:363), la Corte ha dichiarato, tuttavia, che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta ammetteva limitazioni all’esercizio dei diritti consacrati dall’articolo 47 della stessa, sottolineando che, alla luce dell’importanza del diritto fondamentale sancito all’articolo 47 della Carta, occorreva tener conto del fatto che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta esige che ogni limitazione (40) rispetti, segnatamente, il contenuto essenziale del diritto fondamentale di cui trattasi e richiede, inoltre, che, in ossequio al principio di proporzionalità, questa sia necessaria e corrisponda effettivamente ad obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione (41).
67. Orbene, anche se la Carta non istituisce una gerarchia tra i diritti fondamentali dalla stessa riconosciuti, fatta eccezione per la dignità umana che è inviolabile (42) senza possibilità di deroghe, l’esercizio di un’azione inibitoria può costituire un abuso di posizione dominante solo in circostanze eccezionali, alla luce dell’importanza del diritto alla tutela giurisdizionale.
3. La libertà d’impresa e la concorrenza non falsata
68. Secondo costante giurisprudenza, la nozione di «sfruttamento abusivo di una posizione dominante» è oggettiva e riguarda il comportamento dell’impresa in posizione dominante atto ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già indebolito e che ha come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza (43).
69. La Huawei, la ZTE, i governi olandese e portoghese nonché la Commissione ritengono che la constatazione di un abuso di posizione dominante, in seguito all’esercizio di un’azione inibitoria, presupponga, secondo una costante giurisprudenza, l’esistenza di «circostanze eccezionali» (44). Rilevo che «[d]alla giurisprudenza sopra esposta consegue che, affinché il rifiuto di [un titolare] di un diritto di [proprietà intellettuale] di [concedere una licenza per lo sfruttamento di tale proprietà] indispensabile per esercitare una data attività possa essere qualificato abusivo, è sufficiente che siano integrate tre condizioni cumulative, e cioè che tale rifiuto costituisca ostacolo alla comparsa di un nuovo prodotto per il quale esiste una domanda potenziale dei consumatori, che sia ingiustificato e idoneo a escludere qualsiasi concorrenza sul mercato derivato» (45).
70. È vero, come rilevato dalla Huawei, che tale giurisprudenza si fonda su situazioni di fatto che non sono direttamente paragonabili a quelle del procedimento principale. È evidente che, come nelle cause che hanno dato luogo a tale giurisprudenza, una licenza del brevetto controverso è indispensabile per la realizzazione dei prodotti e dei servizi conformi alla norma LTE. Tuttavia, a differenza di tali cause che vertono sul rifiuto di concedere licenze d’uso di diritti di proprietà intellettuale, la Huawei ha notificato (46) il brevetto controverso all’ETSI e si è impegnata volontariamente a concedere licenze a terzi per tale brevetto a condizioni FRAND, il che, prima facie, non può essere assimilato a un rifiuto, come quelli previsti nella giurisprudenza citata alla nota 44 delle presenti conclusioni. Pertanto, tale giurisprudenza è solo parzialmente applicabile nel procedimento principale, in cui tutto dipenderà dal modo in cui la Huawei ha rispettato il suo impegno con l’ETSI di concedere, a condizioni FRAND, licenze relative al brevetto controverso.
71. Al riguardo, rilevo che la notifica, da parte della Huawei, di tale brevetto all’ETSI e il suo impegno hanno influito sullo svolgimento del procedimento di normazione e sul contenuto stesso della norma LTE (47). Infatti, l’incorporazione del metodo del brevetto controverso nella norma LTE e l’indispensabilità di una conseguente licenza creano un rapporto di dipendenza tra il titolare di un BEN e le imprese che realizzano prodotti e servizi conformi a tale norma. Tale dipendenza di tipo tecnologico comporta una dipendenza economica.
72. Al punto 9 della sentenza Volvo (EU:C:1988:477) la Corte ha dichiarato che «l’esercizio del diritto esclusivo, da parte di chi abbia brevettato un modello relativo a parti componenti della carrozzeria di automobili, può essere vietato dall’articolo [102 TFUE] qualora dia luogo, da parte di un’impresa in posizione dominante, a determinati comportamenti abusivi, come l’arbitrario rifiuto di fornire pezzi di ricambio ad officine di riparazione indipendenti, il fissare i prezzi dei pezzi di ricambio ad un livello non equo o la decisione di non produrre più pezzi di ricambio per un dato modello malgrado il fatto che numerose vetture di questo modello siano ancora in circolazione, purché questi comportamenti possano pregiudicare il commercio fra Stati membri».
73. Sono del parere che le indicazioni, fornite dalla Corte in tale sentenza sui comportamenti atti a costituire abusi di posizione dominante, siano caratterizzate, da un lato, da un rapporto di dipendenza tra il titolare di un diritto di proprietà intellettuale in posizione dominante e altre imprese e, dall’altro, dallo sfruttamento abusivo di tale posizione da parte di detto titolare attraverso mezzi diversi da quelli che regolano la normale concorrenza (48).
74. In tali circostanze, caratterizzate, da un lato, dalla dipendenza tecnologica del contraffattore in seguito all’incorporazione in una norma del metodo di un brevetto e, dall’altro, da comportamenti sleali o irragionevoli (49) del titolare di un BEN, in contrasto con il suo impegno a concedere licenze a condizioni FRAND, dinanzi a un contraffattore mostratosi oggettivamente disposto, desideroso e idoneo a concludere siffatta licenza, l’esercizio di un’azione inibitoria costituisce un ricorso a mezzi diversi da quelli che regolano la normale concorrenza, pregiudica il meccanismo della concorrenza (50) a danno, in particolare, dei consumatori e delle imprese che hanno investito nell’elaborazione, nell’adozione e nell’applicazione della norma (51) e deve essere considerato abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.
75. È evidente che siffatta constatazione di un abuso di posizione dominante, nel contesto della normazione e dell’impegno a concedere licenze per un BEN a condizioni FRAND, può essere effettuata solo in seguito a un esame non solo del comportamento del titolare del BEN ma anche di quello del contraffattore.
E – L’applicazione al caso di specie
1. Sulla prima questione
76. Sebbene la Corte non sia competente, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ad applicare l’articolo 102 TFUE al caso concreto, tuttavia, nell’ambito della cooperazione giudiziaria istituita da detto articolo e in base al contenuto del fascicolo, essa può fornire al giudice del rinvio gli elementi di interpretazione dell’articolo 102 TFUE che potrebbero essergli utili per confrontarli con i fatti specifici che esso è chiamato a valutare (52).
77. Va da sé che lo sfruttamento senza licenza di un brevetto viola, in linea di principio, la proprietà intellettuale del suo titolare e quest’ultimo dispone di una pluralità di mezzi di ricorso, ai sensi della direttiva 2004/48, per assicurare il rispetto dei suoi diritti, tra i quali l’azione inibitoria. In un caso del genere, il contraffattore deve avviare trattative con il titolare di un brevetto, al fine di concludere un contratto di licenza, prima della commissione di un’infrazione.
78. Il procedimento principale si differenzia da quanto esposto supra, in quanto il titolare si è impegnato, nei confronti di un organismo di normazione (di cui è membro, come il presunto contraffattore), a concedere una licenza a terzi a condizioni FRAND.
79. Ritengo che gli orientamenti applicabili a un caso del genere siano i seguenti.
80. Nei limiti in cui il contraffattore sia e resti «idoneo» a concludere e a rispettare una licenza a condizioni FRAND e, in particolare, a pagare diritti di licenza adeguati, il titolare del BEN deve adottare, tenuto conto delle questioni importanti in discussione, talune iniziative concrete, prima di esperire un’azione inibitoria, al fine di rispettare il suo impegno e osservare la sua particolare responsabilità ai sensi dell’articolo 102 TFUE.
81. Ciò è tanto più indispensabile in quanto non è certo che il contraffattore di un BEN sappia necessariamente di sfruttare il metodo di un brevetto che sia, al contempo, valido ed essenziale ai fini dell’applicazione di una norma. Per la norma LTE, sembra che siano stati notificati all’ETSI come essenziali più di 4 700 brevetti e che, per un’alta percentuale, tali brevetti possano non essere validi o essenziali ai fini dell’applicazione della norma (53).
82. È quindi possibile che anche una grande impresa di telecomunicazioni come la ZTE non abbia potuto verificare preventivamente il carattere essenziale e la validità di tutti i brevetti, relativi alla norma LTE, notificati all’ETSI. Occorre tener conto altresì del fatto che il settore delle telecomunicazioni è in costante evoluzione e che le imprese (e quindi i potenziali contraffattori) devono reagire con rapidità per commercializzare i loro prodotti e servizi. Non ritengo quindi irragionevole che licenze di un BEN, concesse a condizioni FRAND, siano negoziate e concluse ex post, ossia dopo l’inizio dello sfruttamento del metodo di tale brevetto.
83. Quali sono, date queste premesse, le iniziative concrete che devono essere intraprese dal titolare di un BEN prima di esperire un’azione inibitoria (54) salvo abusare della sua posizione dominante?
84. Da un lato, esso deve, a meno che non sia dimostrato che il presunto contraffattore ne è pienamente informato, avvertire quest’ultimo per iscritto e con la motivazione dell’infrazione di cui trattasi, indicando con precisione il BEN pertinente e in qual modo esso è oggetto di un’infrazione da parte del contraffattore. Siffatta iniziativa non costituisce un onere sproporzionato a suo carico, giacché la stessa sarebbe in ogni caso necessaria per fondare un’azione inibitoria.
85. Dall’altro, esso deve comunicare, in ogni caso, al presunto contraffattore una proposta scritta di licenza a condizioni FRAND che dovrà contenere tutte le clausole contenute di norma in un contratto di licenza nel settore di attività in questione, segnatamente l’importo preciso dei diritti e il modo in cui gli stessi sono calcolati.
86. Un obbligo di tal genere non è neppure sproporzionato in quanto il titolare di un BEN si è impegnato volontariamente a rendere in tal modo redditizia la sua proprietà intellettuale, limitando così volontariamente il modo di esercitare il suo diritto esclusivo. È altresì ragionevole attendersi che esso elabori e rediga siffatta proposta sin dal momento in cui ottiene il brevetto e in cui assume l’impegno a concedere licenze a condizioni FRAND. Inoltre, dato che tale impegno, da parte del titolare di un BEN, comprende l’obbligo di non discriminazione tra i licenziatari, esso è l’unico a disporre delle informazioni necessarie a garantire il rispetto di tale obbligo, soprattutto nel caso in cui abbia già concluso altri contratti di licenza.
87. Una volta adottate tali iniziative, quali sono gli obblighi del presunto contraffattore?
88. Esso deve reagire alla proposta del titolare del BEN con serietà e diligenza. Qualora non accetti la proposta, deve presentare, entro breve termine, al titolare del BEN una controproposta scritta ragionevole riguardante le clausole sulle quali non concorda. Come rilevato dal giudice del rinvio, l’esercizio di un’azione inibitoria non costituirebbe un abuso di posizione dominante se il comportamento del contraffattore fosse puramente tattico e/o dilatorio e/o non serio.
89. Il termine per lo scambio delle proposte e delle controproposte nonché la durata delle trattative (55) devono essere valutati tenendo conto della «visibilità commerciale» di cui dispone il titolare di un BEN per rendere redditizio il suo brevetto nel settore in questione.
90. Spetta al giudice del rinvio verificare se e in quale misura i comportamenti della Huawei e della ZTE siano conformi agli orientamenti esposti in precedenza. Aggiungerei alcuni commenti rilevando che lo svolgimento e il contenuto esatto dei contatti tra la Huawei e la ZTE non emergono chiaramente dalla decisione di rinvio. Inoltre, nelle loro osservazioni dinanzi alla Corte, la Huawei (56) e la ZTE (57) ne danno descrizioni assai diverse se non addirittura contradditorie.
91. In ogni caso, dalla decisione di rinvio emerge che, nelle sue discussioni con la ZTE, svoltesi tra il novembre 2010 e la fine di marzo 2011 (58), la Huawei ha indicato l’importo che essa riteneva ragionevole a titolo di diritti. Spetta al giudice del rinvio valutare il contenuto di tale «proposta» (59) della Huawei e se la stessa risponda alle condizioni e alle ipotesi esposte ai paragrafi 84 e 85 delle presenti conclusioni.
92. Inoltre, il giudice del rinvio deve verificare se, in base all’importo dei diritti proposto dalla Huawei e della risposta della ZTE, esistesse realmente la possibilità di negoziare le condizioni FRAND. Al riguardo, ritengo che il giudice del rinvio debba valutare se la proposta della ZTE di una concessione reciproca di licenze (60) e il pagamento di diritti pari a EUR 50 fossero adeguati nel caso di specie e rispondessero alle condizioni e alle ipotesi esposte al paragrafo 88 delle presenti conclusioni.
93. Peraltro, qualora le trattative non siano avviate o non abbiano un esito positivo, il comportamento del presunto contraffattore non può essere considerato dilatorio o non serio se quest’ultimo chiede che tali condizioni siano fissate o da un giudice o da un tribunale arbitrale. In tal caso, sarebbe legittimo che il titolare di un BEN chieda al contraffattore, o di costituire una garanzia bancaria per il pagamento dei diritti (61), o di depositare una somma a titolo provvisorio (62) presso il giudice o il tribunale arbitrale per lo sfruttamento precedente e successivo del BEN.
94. Ciò varrebbe anche nel caso in cui, durante le trattative, il contraffattore si riservasse il diritto, dopo la conclusione di un contratto di licenza, di contestare dinanzi a un giudice o a un tribunale arbitrale, da un lato, la validità di tale brevetto e, dall’altro, l’irregolarità se non addirittura l’esistenza stessa dell’uso che esso faceva o avrebbe fatto del metodo del brevetto.
95. Infatti, per quanto riguarda la validità del BEN, ritengo, al pari del giudice del rinvio, della Huawei, della ZTE e della Commissione, che risponda a un interesse pubblico il fatto che il presunto contraffattore abbia la facoltà di contestare, dopo la conclusione di un contratto di licenza, la validità di un BEN (ciò che è stato fatto dalla ZTE). Come rilevato dalla Commissione, l’errata concessione di un brevetto può costituire un ostacolo al legittimo esercizio di un’attività economica. Inoltre, se le imprese, che realizzano prodotti e servizi conformi a una norma, non potessero rimettere in discussione la validità di un brevetto dichiarato essenziale per quest’ultima, potrebbe risultare de facto impossibile controllare la validità di tale brevetto poiché le altre imprese non avrebbero interesse ad agire in tal senso (63).
96. Quanto all’uso del metodo di un brevetto, le imprese che applicano una norma non devono pagare naturalmente per la proprietà intellettuale che non sfruttano (64). Ne consegue che il presunto contraffattore può rimettere in discussione, successivamente, l’uso da parte sua del metodo di un brevetto e l’essenzialità del brevetto ai fini dell’applicazione della norma in questione.
97. Alla luce delle mie risposte alla prima questione, ritengo che una risposta alla seconda e alla terza questione non sia necessaria.
2. Sulla quarta questione del giudice del rinvio
98. La quarta questione si fonda sulla premessa che dalla sentenza Orange‑Book‑Standard del Bundesgerichtshof deriva che il contraffattore, anche prima della conclusione di un contratto di licenza, deve rispettare gli obblighi cui sarà tenuto ai sensi del futuro contratto. Ritengo che siffatto obbligo non debba essere imposto, in caso di sfruttamento di un BEN, quando il titolare del brevetto si è impegnato a concedere licenze a condizioni FRAND. Tuttavia, come emerge dalla mia risposta alla prima questione, il contraffattore deve mostrarsi oggettivamente disposto, desideroso e idoneo a concludere siffatto contratto di licenza. In tali circostanze, il titolare di un BEN può richiedere la prestazione di una garanzia bancaria per il pagamento futuro dei diritti o il deposito di una somma a titolo provvisorio per lo sfruttamento precedente e successivo del suo brevetto.
3. Sulla quinta questione
99. Con tale questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se il titolare di un BEN abusi di una posizione dominante quando fa valere in giudizio altri diritti che traggono origine da una contraffazione, ossia la presentazione di dati contabili, il ritiro dei prodotti e il risarcimento del danno.
100. Dato che le misure correttive previste dall’articolo 10 della direttiva 2004/48 (65) possono consistere nell’esclusione, dai mercati cui si riferisce la norma, dei prodotti e dei servizi del contraffattore di un BEN, le considerazioni esposte ai paragrafi da 77 a 89 e da 93 a 96, relative all’azione inibitoria, si applicano mutatis mutandis alle misure correttive previste dall’articolo 10 della medesima direttiva.
101. Per contro, non rilevo alcun ostacolo, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, alla proposizione di una domanda giudiziale diretta ad ottenere la presentazione di dati contabili, che miri a verificare l’uso fatto dal contraffattore del metodo di un BEN al fine di ottenere diritti FRAND per tale brevetto. Spetta al giudice in questione garantire che la misura sia ragionevole e proporzionata.
102. Infine, ritengo che una domanda di risarcimento danni per atti di sfruttamento precedenti che violino il BEN non ponga alcun problema con riferimento all’applicazione dell’articolo 102 TFUE. Dato che mira esclusivamente a risarcire il titolare di un BEN per le precedenti infrazioni al suo brevetto, siffatta domanda non conduce, come rilevato dalla Commissione, «né all’esclusione dal mercato di prodotti conformi a una norma, né all’accettazione, da parte di un potenziale licenziatario, di condizioni di licenza sfavorevoli per lo sfruttamento successivo di un BEN».
VI – Conclusione
103. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Landgericht Düsseldorf nel seguente modo:
1) La proposizione da parte del titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma, che si sia impegnato nei confronti di un organismo di normazione a concedere a terzi una licenza a condizioni FRAND (Fair, Reasonable and Non‑Discriminatory) ossia, a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie, di una domanda di misure correttive o di un’azione inibitoria nei confronti di un contraffattore ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 10 e dell’articolo 11 della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, che possono condurre all’esclusione, dai mercati cui si riferisce la norma, dei prodotti e dei servizi del contraffattore di un brevetto essenziale, costituisce un abuso della sua posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, qualora sia dimostrato che il titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma non ha rispettato il suo impegno, benché il contraffattore si sia mostrato oggettivamente disposto, desideroso e idoneo a concludere siffatta licenza.
2) Il rispetto di tale impegno implica che, prima di presentare una domanda di misure correttive o di esperire un’azione inibitoria, e salvo abusare della sua posizione dominante, il titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma deve, a meno che non sia dimostrato che il presunto contraffattore ne è pienamente informato, avvertire quest’ultimo per iscritto e con motivazione dell’infrazione di cui trattasi, indicando con precisione il brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma pertinente e in qual modo esso è oggetto di un’infrazione da parte del contraffattore. Il titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma deve comunicare, in ogni caso, al presunto contraffattore una proposta scritta di licenza a condizioni FRAND, che dovrà contenere tutte le clausole contenute di norma in un contratto di licenza nel settore di attività in questione, segnatamente l’importo preciso dei diritti e il modo in cui esso è calcolato.
3) Il contraffattore deve reagire a tale proposta con serietà e diligenza. Qualora non accetti la proposta del titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma, esso deve presentare a quest’ultimo, entro breve termine, una controproposta scritta ragionevole riguardo alle clausole sulle quali non concorda. La presentazione di una domanda di misure correttive o l’esercizio di un’azione inibitoria non costituisce un abuso di posizione dominante se il comportamento del contraffattore è puramente tattico e/o dilatorio e/o non serio.
4) Qualora le trattative non siano avviate o non abbiano un esito positivo, il comportamento del presunto contraffattore non può essere considerato dilatorio o non serio se quest’ultimo chiede che le condizioni FRAND siano fissate o da un giudice o da un tribunale arbitrale. In tal caso, è legittimo, per il titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma, chiedere al contraffattore o di costituire una garanzia bancaria per il pagamento dei diritti o di depositare una somma a titolo provvisorio presso il giudice o il tribunale arbitrale per lo sfruttamento precedente e successivo del suo brevetto.
5) Il comportamento di un contraffattore non può essere considerato dilatorio o non serio, durante le trattative per la conclusione di un contratto di licenza a condizioni FRAND, neppure se detto contraffattore si riserva il diritto, dopo la conclusione di siffatta licenza, di contestare dinanzi a un giudice o a un tribunale arbitrale la validità di tale brevetto, l’uso da parte sua del metodo del brevetto e l’essenzialità del brevetto ai fini dell’applicazione della norma in questione.
6) La proposizione, da parte del titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma, di una domanda giudiziale diretta ad ottenere la presentazione di dati contabili non costituisce un abuso di posizione dominante. Spetta al giudice in questione garantire che la misura sia ragionevole e proporzionata.
7) La proposizione, da parte del titolare di un brevetto essenziale ai fini dell’applicazione di una norma, di una domanda di risarcimento danni per atti di sfruttamento precedenti, che mira unicamente a risarcirlo per le precedenti infrazioni al suo brevetto, non costituisce un abuso di posizione dominante.