CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 21 novembre 2013 (1)

Causa C‑360/12

Coty Germany GmbH, già Coty Prestige Lancaster Group GmbH,

contro

First Note Perfumes NV

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Germania)]

«Competenza internazionale in materia civile – Regolamento (CE) n. 40/94 – Articolo 93, paragrafo 5 – Competenza in materia di contraffazione del marchio comunitario – Regolamento (CE) n. 44/2001 – Articolo 5, punto 3 – Competenza speciale in materia di illeciti civili – Atto commesso dal convenuto in un altro Stato membro che si configura come collaborazione al compimento dell’atto di contraffazione o dell’illecito civile commesso nel territorio dello Stato membro in cui ha sede il giudice adito»





I –          Introduzione

1.        Con la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Germania) viene chiesto alla Corte di dichiarare se sia possibile fondare la competenza internazionale di un giudice di uno Stato membro sulla sola imputazione di atti asseritamente illeciti, commessi da un terzo, a un convenuto che vi avrebbe partecipato indirettamente in un altro Stato membro, come se quest’ultimo avesse anche agito nel distretto del giudice adito.

2.        Tale questione viene sollevata, in primo luogo, in modo del tutto inedito, nell’ambito dell’interpretazione della regola di competenza enunciata all’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (2), a titolo di un presunto contributo indiretto del convenuto ad atti di contraffazione commessi da un terzo.

3.        Per quanto attiene, in secondo luogo, all’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (3), il presente rinvio pregiudiziale è in linea con una serie di cause recenti relative all’eventuale ammissibilità di un collegamento con gli atti illeciti di un terzo, al fine di stabilire l’esistenza del criterio di competenza previsto dalla suddetta disposizione (4). L’analisi di tale aspetto della causa rivela un contrasto tra due orientamenti giurisprudenziali, uno dei quali è favorevole a un’interpretazione di tale disposizione meno estensiva rispetto all’altra, di cui la Corte dovrà tener conto.

4.        Inoltre, le due questioni sollevate dal giudice a quo interagiscono, giacché la prima è diretta, in particolare, a stabilire in quale misura, sempreché un’estensione di competenza come quella ipotizzata sia ammessa nell’ambito dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, tale interpretazione possa essere applicata in via analogica all’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario. Si dovrà quindi procedere anche all’esame dei possibili rapporti tra questi due regolamenti.

5.        In concreto, il presente rinvio pregiudiziale è successivo all’azione promossa dinanzi a un giudice tedesco da una società tedesca nei confronti di una società belga, in ragione del fatto che quest’ultima avrebbe partecipato ad una violazione del marchio comunitario detenuto dalla prima e avrebbe contribuito al compimento di atti di concorrenza sleale nei suoi riguardi. In tale contesto, alla Corte viene chiesto se la competenza dei giudici tedeschi possa essere fondata sulla circostanza che la convenuta, che ha agito in Belgio, abbia asseritamente prestato la propria collaborazione per il compimento degli atti illeciti commessi in Germania da un imprenditore tedesco che, invece, non è stato convenuto in giudizio.

II –       Il procedimento principale, le questioni pregiudiziali e il procedimento dinanzi alla Corte

6.        La Coty Germany GmbH (5) (in prosieguo: la «Coty Germany») produce e distribuisce, in Germania, profumi e cosmetici. Essa commercializza, in particolare, un profumo da donna contenuto in un flacone che riproduce un marchio comunitario tridimensionale, di cui detiene i diritti dopo aver provveduto alla relativa registrazione.

7.        La First Note Perfumes N.V. (in prosieguo: la «First Note Perfumes») esercita, in Belgio, un’attività di commercio all’ingrosso di profumi. Nel gennaio 2007, essa ha venduto uno dei prodotti del suo catalogo a Stefan P. Warenhandel (in prosieguo: «Stefan P.»), la cui sede commerciale era ubicata in Germania. Il giudice del rinvio precisa che la consegna dei flaconi di profumo da donna, dopo che questi erano stati ordinati, è avvenuta in Belgio. Successivamente, ossia nell’agosto 2007, secondo la Coty Germany, Stefan P. ha rivenduto tali prodotti nel territorio tedesco.

8.        Ritenendo che la distribuzione di un profumo in un flacone simile al marchio comunitario di cui essa è titolare configurasse un’ipotesi di contraffazione, di pubblicità comparativa illecita e di imitazione sleale, la Coty Germany ha investito un tribunale tedesco di un ricorso promosso unicamente nei confronti della First Note Perfumes (6), diretto a che quest’ultima fosse condannata, da un lato, a trasmettere le informazioni relative al suo fornitore, dall’altro, a risarcire per intero il danno che l’attrice avrebbe subito in precedenza e successivamente a causa della distribuzione di tale prodotto in Germania, nonché a rimborsarle le spese sostenute prima della fase contenziosa.

9.        Poiché il rigetto in primo grado di tali domande è stato confermato in appello, data la mancanza di competenza internazionale dei giudici tedeschi, la Coty Germany ha proposto ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesgerichtshof. Essa ha fatto valere la violazione del marchio comunitario in questione e l’uso di pratiche costituenti concorrenza sleale.

10.      Per quanto riguarda il marchio comunitario, il Bundesgerichtshof rileva che la competenza internazionale dei giudici tedeschi dipende, conformemente all’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario (7), dalla questione se la Coty Germany abbia validamente sostenuto che l’unica convenuta aveva commesso un atto di contraffazione in Germania.

11.      Orbene, la First Note Perfumes può aver partecipato a un atto di tal genere, nel territorio tedesco, solo a causa della vendita, effettuata in Belgio, dei flaconi di profumo controversi a Stefan P., il quale avrebbe poi commesso, in Germania, una contraffazione del marchio ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), del suddetto regolamento (8). A tal riguardo, la Coty Germany ha fatto valere che la First Note Perfumes aveva contribuito alla presunta violazione dei suoi diritti in Germania, dato che, non ignorando il fatto che il suo cliente tedesco intendeva rivendervi i prodotti acquistati in Belgio, essa l’aveva in tal modo aiutato e, pertanto, era anche responsabile dell’elemento costitutivo della contraffazione.

12.      Inoltre, per quanto riguarda le richieste della Coty Germany, basate sulla violazione del diritto tedesco in materia di concorrenza sleale (9), l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I (10) potrebbe costituire il fondamento della competenza dei giudici tedeschi, relativamente all’azione promossa contro la First Note Perfumes, in base al luogo di realizzazione dell’evento dannoso. I quesiti formulati dal giudice del rinvio riguardo al regolamento sul marchio comunitario si porrebbero quindi, mutatis mutandis, anche in tale contesto.

13.      Con decisione depositata il 31 luglio 2012, il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento [sul marchio comunitario] debba essere interpretato nel senso che un atto di contraffazione è stato commesso in uno Stato membro (Stato membro A), ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento [sul marchio comunitario], in caso di partecipazione, con un atto compiuto in un altro Stato membro (Stato membro B), alla violazione dei diritti di marchio commessa nel primo Stato membro (Stato membro A).

2)      Se l’articolo 5, punto 3, del regolamento [Bruxelles I] debba essere interpretato nel senso che l’evento dannoso è avvenuto in uno Stato membro quando l’atto illecito oggetto del procedimento o assunto a fondamento delle richieste avanzate è stato commesso in un altro Stato membro (Stato membro B) e consiste nella partecipazione all’atto illecito (illecito principale) commesso nel primo Stato membro (Stato membro A)».

14.      La Coty Germany, la First Note Perfumes, i governi del Regno Unito e svizzero, nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte alla Corte. All’udienza del 19 settembre 2013 sono comparse le parti nel procedimento principale, il governo tedesco e la Commissione.

III –       Analisi

A –          Osservazioni preliminari

15.      Preciso innanzi tutto che, poiché la data dei fatti all’origine della controversia nel procedimento principale risale al 2007, sono applicabili ratione temporis soltanto le disposizioni del regolamento sul marchio comunitario e quelle del regolamento Bruxelles I, come indicate nelle questioni pregiudiziali, escluse le disposizioni equivalenti dei regolamenti (CE) n. 207/2009 (11) e (UE) n. 1215/2012 (12), che hanno rispettivamente modificato i primi due testi normativi. Del resto, le disposizioni pertinenti nella presente causa non sono state oggetto di modifiche tali da incidere sul loro contenuto.

16.      Aggiungo che la chiave di volta delle due questioni sollevate dal giudice del rinvio risiede nella costante giurisprudenza della Corte derivante dalla sentenza Bier, cosiddetta «Mines de Potasse d’Alsace» (13). Ne deriva che, per la competenza in materia di illeciti civili, l’espressione «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto», contenuta nell’articolo 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles (14), si riferisce sia al luogo dell’evento causale all’origine del danno sia al luogo in cui tale danno si è concretizzato, cosicché il convenuto può essere citato in giudizio, a scelta dell’attore, dinanzi ai giudici di entrambi i luoghi in parola.

17.      Se è vero che tale opzione vale anche per l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, che ha sostituito la suddetta convenzione (15), sussistono dubbi, che si riflettono nella seconda questione, quanto alla possibilità di estendere tale opzione in modo da includervi un collegamento connesso agli atti commessi da una persona non citata, più in particolare sotto il profilo del luogo di concretizzazione del danno. Con la prima questione viene chiesto anzitutto alla Corte di dichiarare se la suddetta giurisprudenza possa essere applicata in modo analogo ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario, oppure se tale disposizione debba essere interpretata in modo autonomo e, in ogni caso, se possa derivarne un criterio di competenza per qualsiasi giudice investito di un’azione per contraffazione in una situazione come quella del procedimento principale.

B –          Sull’interpretazione dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario

–             Considerazioni introduttive

18.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte se l’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario debba essere interpretato nel senso che consente di radicare, in base al luogo dell’atto di contraffazione di un marchio comunitario ascritto a uno dei presunti autori di tale contraffazione, che non è parte della controversia, una competenza giurisdizionale nei confronti di un altro presunto autore di detta contraffazione che, a sua volta, non ha agito nel distretto del giudice adito.

19.      Più in concreto, il Bundesgerichtshof si chiede se, nella fattispecie, un atto di contraffazione, ai sensi del suddetto articolo, sia stato commesso in Germania, in quanto la vendita dei flaconi di profumo controversi, da parte della First Note Perfumes, a Stefan P., benché avvenuta in Belgio, ha contribuito alla violazione del marchio comunitario detenuto dalla Coty Germany, che è stata commessa da Stefan P. in Germania, cosicché i giudici tedeschi sarebbero competenti nei confronti della First Note Perfumes.

20.      Il giudice del rinvio e la Coty Germany si sono pronunciati a favore di una risposta in senso affermativo, contrariamente alla First Note Perfumes e alla Commissione. Il governo tedesco ha sostenuto che l’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario non prevede alcuna competenza dei tribunali fondata sul luogo del risultato della contraffazione, ma consente un’attribuzione di competenza quando più persone abbiano partecipato consapevolmente a un’infrazione transfrontaliera contro un marchio comunitario. I governi del Regno Unito e svizzero non hanno presentato osservazioni al riguardo.

21.      A sostegno della sua analisi, il giudice del rinvio parte dal principio che, al fine di stabilire se il giudice di uno Stato membro sia competente, l’individuazione del luogo in cui l’atto di contraffazione è stato commesso ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario dovrebbe rispondere agli stessi criteri utilizzati per l’individuazione del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I.

22.      Ritengo, tuttavia, per le ragioni che saranno esposte di seguito, che siffatta analogia non possa essere ammessa. Pertanto, la prima delle disposizioni in parola dovrebbe essere interpretata, a mio avviso, come una norma distinta dalla seconda.

–             Esclusione dell’applicazione in via analogica della giurisprudenza relativa all’interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I

23.      Il giudice del rinvio considera che la risposta alla questione di stabilire in quale Stato membro sia stato commesso un presunto atto di contraffazione ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario dipenderebbe sia dal luogo dell’evento causale all’origine del danno (16) sia dal luogo in cui quest’ultimo si è verificato (17), conformemente alla giurisprudenza derivante dalla citata sentenza Mines de Potasse d’Alsace. Esso fa valere che tale interpretazione, che applica in via analogica l’alternativa ammessa per l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, sarebbe accolta dalla maggior parte della dottrina (18) e sarebbe altresì conforme alla ratio e alla finalità di queste due disposizioni.

24.      Anche supponendo che questi due elementi di collegamento siano del tutto pertinenti, secondo la Corte, in applicazione del suddetto articolo, si dovrebbe poi esaminare se, nella fattispecie, uno di essi possa reputarsi accertato relativamente alla First Note Perfumes, il che presupporrebbe che gli atti di contraffazione commessi in Germania dal presunto autore principale, vale a dire Stefan P., possano essere ad essa ascritti in quanto la medesima vi ha indirettamente partecipato. Ne deriverebbe che i giudici tedeschi sarebbero competenti a statuire nei confronti dalla First Note Perfumes anche se Stefan P. non è stato citato.

25.      A mio avviso, tuttavia, più argomenti depongono a sfavore della possibilità di interpretare l’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario alla luce della giurisprudenza relativa all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I.

26.      In primo luogo, ricordo che il collegamento tra questi due strumenti normativi è espressamente previsto dal regolamento sul marchio comunitario, nel senso che il suo articolo 90, paragrafo 1, il cui contenuto è annunciato in termini più lapidari al considerando 15, stabilisce il principio dell’applicazione della Convenzione di Bruxelles in caso di azione giudiziaria vertente su un marchio comunitario, il che vale parimenti per il regolamento Bruxelles I (19).

27.      Sussistono, tuttavia, eccezioni a tale principio. In particolare, l’articolo 90, paragrafo 2, lettera a), del regolamento sul marchio comunitario esclude l’applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I alle procedure derivanti dalle azioni e dalle domande di cui all’articolo 92 del primo regolamento in parola (20), ossia, in particolare, «tutte le azioni in materia di contraffazione» (21). Tenuto conto di tale esclusione, l’articolo 93 del regolamento sul marchio comunitario prevede vari criteri di competenza, applicabili «a cascata», che sono specifici della materia oggetto di tale disposizione e che si differenziano, talvolta in modo considerevole, da quelli previsti nel regolamento Bruxelles I (22), in particolare al suo paragrafo 5 (23). Sin da questa fase, sottolineo che l’affermazione espressa (24) del fatto che l’articolo 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles non sia applicabile alle azioni per contraffazione, al quale l’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario si sostituisce fissando una regola di competenza specifica in materia, impedisce a mio avviso un’interpretazione congiunta di queste due disposizioni.

28.      Contrariamente al punto di vista espresso dal giudice del rinvio, ritengo che la specificità di quest’ultima disposizione non possa essere negata, soprattutto alla luce, in secondo luogo, della genesi di tale disposizione. A tal proposito, i lavori preparatori indicano che, ancor prima che avesse inizio la fase legislativa propriamente detta, il processo di elaborazione del progetto di regolamento sul marchio comunitario ha incluso la presa in considerazione delle regole di competenza contenute nella Convenzione di Bruxelles e della giurisprudenza della Corte relativa alla loro interpretazione (25). In seno alla Commissione, il gruppo di lavoro sul marchio comunitario ha rilevato che tali regole sembravano insufficienti per disciplinare i problemi particolari, posti dalla violazione dei diritti derivanti da siffatto titolo unico, che si verificavano in più Stati membri. In particolare, il suddetto gruppo ha ritenuto che, in considerazione della specificità del marchio comunitario, fosse necessario modificare la regola derivante dall’articolo 5, punto 3, di tale convenzione (26). Aggiungo che il tenore di ciò che costituisce la particolarità del criterio di competenza speciale previsto all’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario (27) non è stato mai rimesso in discussione, nonostante la serie di modifiche di cui tale regolamento è stato oggetto (28).

29.      In terzo luogo, elementi contestuali confermano la tesi secondo cui i redattori del regolamento sul marchio comunitario hanno inteso stabilire una differenza tra tale disposizione e quella contenuta nella Convenzione di Bruxelles. Infatti, il confronto con strumenti adottati in settori simili dimostra che il legislatore comunitario ha optato consapevolmente per l’esclusione del criterio di competenza contenuto all’articolo 5, punto 3, di tale convenzione, soluzione che esso ha scelto di adottare in altri testi relativi alla proprietà intellettuale (29) e da cui si è invece discostato nel regolamento (CE) n. 2100/94 sui ritrovati vegetali (30). Tale contrasto non può ridursi all’errore redazionale che sembra suggerito dal giudice del rinvio. Esso è, a mio avviso, tanto più rivelatore in quanto la redazione e l’adozione di quest’ultimo strumento sono contemporanee a quelle del regolamento sul marchio comunitario.

30.      In quarto luogo, ritengo che la serie di motivazioni che hanno indotto la Corte ad adottare la distinzione tra il luogo dell’evento generatore e il luogo di concretizzazione del danno, che vale per l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, non sia applicabile in via analogica all’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario, alla luce delle numerose differenze quanto al contenuto di ciascuna di queste due disposizioni.

31.      Infatti, da un lato, la nozione di luogo in cui l’atto di contraffazione è stato commesso è più ristretta di quella del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto (31). Dall’altro, la terminologia utilizzata nel suddetto articolo 93, paragrafo 5, sembra indicare un comportamento attivo, che sarebbe più significativo se applicato al luogo dell’evento generatore piuttosto che al luogo di concretizzazione del danno, mentre l’interpretazione estensiva dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I sembra esser stata resa possibile dalla terminologia più neutra impiegata in quest’ultimo articolo (32). Infine, sottolineo che la portata della competenza attribuita dall’una o dall’altra di tali disposizioni differisce sotto vari aspetti (33), il che riduce parimenti la pertinenza di un collegamento fra le stesse.

32.      Dalla formulazione letterale del suddetto articolo 93, paragrafo 5 (34), è possibile evincere, a mio avviso, alcune particolarità, rapportate al contesto in cui tale testo è stato redatto, indicative del fatto che il medesimo non fa sorgere alcuna competenza in base al luogo di concretizzazione del danno. L’applicazione per analogia della giurisprudenza Mines de Potasse d’Alsace, relativamente a tale disposizione, dev’essere quindi esclusa.

33.      Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, l’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario che, in deroga ai paragrafi da 1 a 4 di detto articolo 93, istituisce una competenza in base al luogo in cui è stato commesso l’atto di contraffazione, deriverebbe dalle stesse considerazioni relative all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I. A tal proposito, esso fa riferimento all’esistenza di un nesso particolarmente stretto tra la controversia e i giudici del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto, nesso che giustificherebbe un’attribuzione di competenza a questi ultimi per motivi di buona amministrazione della giustizia e di economia processuale.

34.      Alla luce di tale argomento, può sussistere un ultimo interrogativo. Esso consiste nello stabilire se, pur non essendo possibile un’interpretazione in via analogica, i principi guida su cui si è fondata l’interpretazione del regolamento Bruxelles I debbano essere nondimeno applicati per l’interpretazione dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario, anche se quest’ultimo strumento non ne fa menzione. Tra questi principi, figurano le esigenze di uno stretto collegamento tra la controversia e il giudice adito, di una buona amministrazione della giustizia e di economia processuale, ma anche di prevedibilità delle regole di competenza e di certezza del diritto.

35.      Al riguardo, rilevo che queste diverse esigenze derivano anzitutto da principi interpretativi, sanciti dalla Corte nell’ambito della sua giurisprudenza relativa alla Convenzione di Bruxelles, poi al regolamento Bruxelles I, il quale ne menziona alcuni in modo espresso (35). Esse risultano sia da condizioni rientranti implicitamente in disposizioni analizzate dalla Corte che da considerazioni di carattere generale e dettate dal buon senso. Tali principi universali potrebbero essere quindi applicati ad un altro strumento, sempreché ciò non sia vietato né dal tenore né dalla finalità della regola di competenza in questione.

36.      Preciso che non possono essere tratti argomenti dal fatto che la mancanza di prevedibilità o di certezza del diritto potrebbe derivare da un’interpretazione non uniforme delle disposizioni di questi due strumenti, poiché procedere a una fusione tra gli stessi equivarrebbe a negare la circostanza che le regole di competenza previste dal regolamento sul marchio comunitario costituiscono in un certo senso una lex specialis rispetto a quelle previste dal regolamento Bruxelles I. Le scelte operate dal legislatore comunitario in tale altro contesto giuridico devono essere rispettate.

37.      Pertanto, propongo alla Corte di procedere a un’interpretazione autonoma dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario, pur tenendo conto delle esigenze summenzionate, sempreché tale regolamento lo consenta, al fine di rispondere alla prima questione pregiudiziale.

–             Valutazione relativa all’eventuale estensione della competenza in base al luogo di concretizzazione del danno anche causato da un terzo non convenuto

38.      La Corte è invitata a pronunciarsi sull’eventuale possibilità di stabilire una competenza per collegamento secondo la quale l’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario consentirebbe di citare un convenuto per il solo fatto che esso abbia partecipato indirettamente, in uno Stato membro, a un presunto atto di contraffazione commesso in via principale, in un altro Stato membro, da un terzo che non è convenuto nell’azione promossa dinanzi ai giudici di questo secondo Stato membro.

39.      Orbene, emerge, a mio avviso, dall’articolo 94, paragrafo 2, del regolamento sul marchio comunitario che la regola di competenza enunciata all’articolo 93, paragrafo 5, di tale regolamento si fonda sul principio di territorialità, inteso qui in senso restrittivo (36). È previsto, infatti, che un giudice competente in base a tale criterio sia «competente soltanto per gli atti commessi o minacciati nel territorio dello Stato membro in cui è situato», mentre i giudici la cui competenza sia fondata su uno degli altri quattro paragrafi del suddetto articolo 93 sono anche competenti per atti di contraffazione commessi al di fuori del territorio nazionale.

40.      Inoltre, i lavori preparatori del regolamento sul marchio comunitario inducono a ritenere che il criterio di competenza speciale risultante dall’articolo 93, paragrafo 5, di questo dev’essere interpretato in senso restrittivo. Tale approccio si impone per motivi propri di tale strumento, attinenti alla difficoltà di conciliare la natura unitaria della tutela accordata dal marchio comunitario (37) e il rischio di violazioni plurilocalizzate nel territorio dell’Unione (38). La First Note Perfumes, il governo tedesco e la Commissione insistono, giustamente, sul fatto che, in caso di contraffazione di un marchio comunitario, ogni Stato membro potrebbe essere considerato, in pratica, quale luogo di concretizzazione della contraffazione, dato che il diritto tutelato dispiega i suoi effetti su tutto il territorio dell’Unione.

41.      Aggiungo che l’idea di un giudice unificato era stata inizialmente prevista dal legislatore (39) e risulta che l’attribuzione della competenza ai giudici nazionali, infine accolta, costituisce un compromesso. Ciò depone a favore di un’interpretazione che limiti l’avvio del contenzioso relativo a tale titolo di proprietà intellettuale uniforme. L’obiettivo di evitare che siano pronunciate decisioni contraddittorie è del resto espressamente menzionato nel preambolo del regolamento sul marchio comunitario (40).

42.      Un altro obiettivo di tale regolamento, che emerge dai lavori preparatori (41), è quello consistente nella lotta contro il «forum shopping». Ciò milita anche contro un’interpretazione estensiva secondo la quale sarebbe possibile citare una persona sospettata di aver partecipato al compimento di un atto di contraffazione, a qualunque livello di collegamento, che sarebbe connesso all’attività illecita di un’altra persona, a sua volta non convenuta in giudizio.

43.      Infine, occorre chiedersi se i principi guida, definiti dalla Corte nell’ambito dell’interpretazione del regolamento Bruxelles I (42), giustifichino un’interpretazione contraria dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario. A mio avviso, tale ipotesi non deve ricorrere nel caso di specie, tenuto conto delle peculiarità di tale criterio di competenza sopra descritte. Mi sembra che, nel contesto proprio della tutela del titolo di proprietà intellettuale unificato, costituito dal marchio comunitario, il legislatore abbia individuato alcune priorità connesse, anzitutto, alla concentrazione della controversia dinanzi ai giudici di un solo Stato membro, ossia quello in cui l’atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso.

44.      Ritengo quindi che si debba rispondere alla prima questione pregiudiziale nel senso che, affinché un presunto atto di contraffazione sia considerato come commesso in uno Stato membro ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario, e consenta così di fondare la competenza dei tribunali di tale Stato membro, non è sufficiente che il convenuto abbia partecipato indirettamente, con un atto verificatosi in un altro Stato membro, alla violazione dei diritti inerenti al marchio comunitario commessa nel primo Stato membro da un terzo non convenuto in giudizio.

C –          Sull’interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I

–             Considerazioni introduttive

45.      La seconda questione verte sul problema di stabilire se l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I debba essere interpretato nel senso che consentirebbe di radicare una competenza giurisdizionale nei confronti di uno dei presunti autori del danno asserito, sebbene tale convenuto non abbia agito nel distretto del giudice adito, qualora l’atto illecito fatto valere a suo carico sia stato commesso in un altro Stato membro e consista nella partecipazione a un «illecito principale» (43), commesso, nello Stato membro in cui ha sede il suddetto giudice, da un altro presunto autore.

46.      Al riguardo, il giudice del rinvio, la Coty Germany, nonché i governi tedesco e svizzero si sono dichiarati favorevoli ad ammettere siffatto criterio di competenza fondato sul collegamento con i comportamenti di un terzo. Il governo del Regno Unito ha adottato una posizione meno netta, giacché ha proposto di subordinare tale possibilità a condizioni circostanziate, ossia che essa sia ammessa unicamente qualora esista un nesso sufficientemente chiaro e diretto tra il presunto atto illecito commesso nello Stato membro in cui ha sede il giudice adito e le attività del convenuto in un altro Stato membro. Per contro, la First Note Perfumes e la Commissione si sono pronunciate contro tale opzione.

–             Insegnamenti che devono essere tratti dalla giurisprudenza

47.      Innanzi tutto, occorre ricordare che tutte le disposizioni del regolamento Bruxelles I devono essere interpretate in modo autonomo, facendo riferimento al sistema e alle finalità di quest’ultimo (44).

48.      Ai sensi del suo considerando 11 «[l]e norme sulla competenza [previste dal suddetto regolamento] devono presentare un alto grado di prevedibilità ed articolarsi intorno alla competenza del principio del domicilio del convenuto, e tale competenza deve sempre essere disponibile salvo in alcuni casi rigorosamente determinati, nei quali la materia del contendere o l’autonomia delle parti giustifichi un diverso criterio di collegamento».

49.      Così, solo in deroga al principio fondamentale enunciato all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I, che attribuisce una competenza generale ai giudici dello Stato membro nel cui territorio il convenuto è domiciliato, il capo II, sezione 2, di tale regolamento prevede un certo numero di attribuzioni di competenze speciali, tra cui quella dell’articolo 5, punto 3, del regolamento medesimo (45).

50.      Per quanto riguarda, in particolare, la regola di competenza prevista al suddetto articolo 5, punto 3, la Corte ha già dichiarato che la medesima trova il suo fondamento nell’esistenza di un collegamento particolarmente stretto tra la contestazione e i giudici del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire, il che giustifica un’attribuzione di competenza a questi ultimi ai fini della buona amministrazione della giustizia e dell’economia processuale (46), conformemente all’orientamento fornito dal considerando 12 del regolamento Bruxelles I in parola. Infatti, l’individuazione del luogo dell’evento causale deve consentire di radicare la competenza del giudice che ricopre obiettivamente la miglior posizione per valutare se ricorrano gli elementi costitutivi della responsabilità della persona convenuta (47).

51.      Quale regola di competenza speciale, che ha così natura derogatoria, tale disposizione deve essere interpretata in modo restrittivo e, pertanto, non consente un’interpretazione che vada oltre le ipotesi prese in considerazione esplicitamente (48), posto che l’inversione della regola generale relativa alla competenza dei giudici del domicilio del convenuto non può essere ammessa.

52.      Tuttavia, conformemente alla costante giurisprudenza derivante dalla citata sentenza Mines de Potasse d'Alsace, l’espressione «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire», riportata dall’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, concerne sia il luogo in cui il danno si è concretizzato sia il luogo dell’evento causale che è all’origine di tale danno (49).

53.      Orbene, la Corte ha già fornito in parte una risposta negativa alla seconda questione sollevata nella causa in esame per quanto attiene a uno di questi due fattori di collegamento, ossia il luogo dell’evento causale, riguardo al quale la possibilità di una competenza fondata unicamente su un’imputazione a titolo di complicità è stata esclusa. Infatti, dalla citata sentenza Melzer risulta che «l’articolo 5, punto 3, del regolamento [Bruxelles I] deve essere interpretato nel senso che non consente di radicare, in base al luogo dell’evento generatore ascritto ad uno dei presunti autori di un danno, che non è parte in causa, la competenza giurisdizionale nei confronti di un altro presunto autore di tale danno che non ha agito nel distretto del giudice adito».

54.      È vero che, facendo riferimento alla nozione di «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto», il giudice del rinvio sembra considerare, nella seconda questione, sia il luogo dell’evento causale che il luogo della concretizzazione del danno. Infatti, alla luce delle circostanze di fatto del procedimento principale, la competenza dei giudici tedeschi potrebbe fondarsi su uno o l’altro di tali criteri, sempreché sia possibile tener conto, riguardo alla First Note Perfumes, degli atti compiuti in Germania da Stefan P.

55.      Tuttavia, occorre osservare che detto giudice non è stato in grado di prendere in considerazione i contributi della citata sentenza Melzer, dato che la medesima è stata pronunciata in una data successiva al deposito della sua domanda di pronuncia pregiudiziale. Così, nonostante la formulazione in termini generali della questione sollevata, le mie successive osservazioni si limiteranno al criterio di competenza relativo al luogo in cui il danno si è realizzato (50), in quanto l’altro aspetto del problema sollevato dalla causa in esame è già stato contemplato dalla Corte nell’ambito della causa Melzer.

56.      La Corte si è anche pronunciata riguardo al collegamento risultante dal luogo di concretizzazione del danno, in una sentenza ancor più recente, concernente un settore specifico, ossia un atto illecito consistente in una violazione dei diritti d’autore. Infatti, ai sensi della citata sentenza Pinckney, «l’articolo 5, punto 3, del regolamento [Bruxelles I] deve essere interpretato nel senso che, in caso di asserita violazione dei diritti patrimoniali d’autore garantiti dallo Stato membro del giudice adito, quest’ultimo è competente a conoscere di un’azione per responsabilità presentata dall’autore di un’opera nei confronti di una società con sede in un altro Stato membro e che ha ivi riprodotto la citata opera su un supporto materiale che è stato poi venduto, da alcune società con sede in un terzo Stato membro, tramite un sito Internet accessibile anche nel distretto del giudice adito. Tale giudice è competente esclusivamente a conoscere del solo danno cagionato nel territorio dello Stato membro in cui esso ha sede». Occorrerà trarne conseguenze, purché l’applicazione in via analogica di tale soluzione sia possibile, anche nell’ambito della causa in esame.

–             Valutazione relativa all’eventuale estensione della competenza in base al luogo di concretizzazione del danno anche causato da un terzo indipendente

57.      Con la seconda questione pregiudiziale, come riformulata alla luce dell’acquis giurisprudenziale precedentemente esposto, viene chiesto in sostanza alla Corte di dichiarare se l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I debba essere interpretato nel senso che consente di radicare, in base al luogo di concretizzazione di un danno il cui evento generatore è ascritto a uno dei presunti autori di tale danno, una competenza giurisdizionale nei confronti di un altro presunto autore del suddetto danno che, a sua volta, non ha agito nel distretto del giudice adito.

58.      Occorre sottolineare che, tenuto conto del principio dell’interpretazione autonoma di cui le disposizioni del regolamento Bruxelles I devono essere oggetto, è necessario operare una netta distinzione tra, da un lato, i presupposti della responsabilità extracontrattuale rientranti nella valutazione sul merito della causa ai sensi della legge applicabile alla controversia e, dall’altro, gli elementi di collegamento nello spazio che risultano pertinenti in fase di determinazione della competenza giurisdizionale secondo le nozioni contenute nel suddetto regolamento. Conformemente alla giurisprudenza della Corte (51), non sussiste alcun adeguamento sistematico tra questi due gruppi di norme, cosicché non può essere sufficiente, a mio avviso, affinché un giudice possa dichiararsi competente sul fondamento dell’articolo 5, punto 3, di tale regolamento, segnatamente in base al luogo di concretizzazione dell’evento dannoso, che il diritto applicabile o la legge del foro ammetta il risarcimento di un danno di un certo tipo o secondo modalità particolari, come l’imputazione alla convenuta di atti commessi da un terzo, che essa avrebbe aiutato, come viene ipotizzato dal giudice del rinvio.

59.      Se si dovesse ammettere un approccio di tal genere, quanto alla nozione di luogo di concretizzazione del danno ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, la Corte si troverebbe di fronte alla necessità di creare una «soglia» quantitativa e/o qualitativa di imputazione a partire dalla quale, in caso di più intervenienti nella commissione di un atto illecito, uno di essi potrebbe essere convenuto o meno nel luogo di concretizzazione del danno risultante, inter alia, dalla sua azione. Tale problema specifico non si poneva nella causa Melzer summenzionata poiché, per quanto riguarda il luogo dell’evento generatore del danno, l’atto di ciascuno degli autori che avevano agito in Stati membri diversi può essere isolato nello spazio più agevolmente di quanto possa essere fatto relativamente al luogo della sua concretizzazione. Al riguardo, sebbene le circostanze di fatto del presente procedimento principale consentano di operare una chiara distinzione tra la responsabilità principale e la responsabilità accessoria (52), non si deve perdere di vista il fatto che altre configurazioni potrebbero rivelarsi più complesse, sia sul piano quantitativo (53) che sul piano qualitativo (54).

60.      Su quest’ultimo punto, rammento che il governo del Regno Unito propone di subordinare l’ammissione della regola di competenza ipotizzata a un criterio attinente all’esistenza di un «nesso sufficientemente chiaro e diretto» tra le attività del convenuto in un primo Stato membro e il presunto atto illecito commesso da un terzo nello Stato membro in cui ha sede il giudice adito, suggerendo poi una concreta applicazione alla luce delle circostanze del procedimento principale (55). Tuttavia, la considerazione del problema da siffatta prospettiva presupporrebbe la definizione di criteri materiali che possono essere difficili da delineare (56) e vi è il rischio di dover procedere in ogni caso di specie ad una valutazione dei fatti, complessa e lunga, simile a un esame del merito della controversia. A mio avviso, ciò sarebbe contrario all’obiettivo del regolamento Bruxelles I, consistente nel definire regole di competenza che siano, al contempo, comuni a tutti gli Stati membri e prevedibili per le parti della controversia (57), e quindi di un uso tanto certo quanto rapido.

61.      Inoltre, mi sembra legittimo temere che un’interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, tanto estensiva quanto quella invocata dalla Coty Germany, sfoci nella generalizzazione del forum actoris e favorisca così il forum shopping. Orbene, come evidenziato dalla Corte (58), ammettendo la competenza generale dei giudici del domicilio del convenuto ed escludendo chiaramente la competenza dei giudici del domicilio dell’attore, il legislatore dell’Unione ha optato per un principio che doveva essere soggetto al minor numero possibile di eccezioni. Inoltre, il moltiplicarsi dei fori competenti presenta l’inconveniente di accentuare il rischio di decisioni incompatibili che il regolamento Bruxelles I ha proprio lo scopo di evitare (59), posto che il riconoscimento reciproco delle decisioni è impossibile in un caso di specie di tal genere (60).

62.      Nel presente caso di specie, la giustificazione di tale deroga, fondata sull’esistenza di un collegamento particolarmente stretto tra la controversia e i giudici del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto, è, a mio avviso, assente. Infatti, se si dovesse ammettere la competenza dei giudici tedeschi unicamente in base ad un collegamento con gli atti commessi in Germania da un terzo, presunto autore dell’illecito principale asserito, ciò darebbe luogo a un risultato non conforme alla suddetta giustificazione. In concreto, tali giudici sarebbero indotti a valutare la responsabilità di una convenuta che ha asseritamente concorso al compimento di tale atto illecito mediante atti commessi unicamente in un altro Stato membro.

63.      È lecito temere che siffatta interpretazione estensiva favorisca strategie contenziose consistenti, per la presunta vittima, nel limitarsi a citare in giudizio la controparte più solvibile dinanzi a un tribunale nel cui distretto si trova uno degli elementi di collegamento connessi all’attività di un’altra persona che ha partecipato alla realizzazione del danno asserito. Orbene, in tal modo, l’attore potrebbe facilmente eludere quanto specificamente disposto all’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I (61), al fine di consolidare un contenzioso multiparte e di evitare, in tal caso, la pronuncia di decisioni incompatibili (62). Il rischio, in generale, di siffatte manovre non può essere perso di vista, anche se, nella fattispecie, risulta che il motivo per cui l’attrice non ha citato il terzo, presunto autore dell’illecito principale, riguarda la conclusione di un accordo stragiudiziale con lo stesso (63).

64.      Pertanto, mi sembra che il luogo di concretizzazione del danno, causato da atti volontari commessi da persone diverse dal convenuto, in una presunta catena di cause, non dovrebbe creare di per sé un criterio di competenza nei confronti di quest’ultimo, e ciò tanto più che l’ampiezza di tale catena causale non è chiaramente delimitata e potrebbe essere quindi infinita. In altri termini, l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I non dovrebbe consentire, a mio avviso, di convenire in giudizio il presunto responsabile di un atto illecito asserito dinanzi a un giudice la cui sede si trova in uno Stato membro in cui esso non è domiciliato per il solo fatto che un altro atto illecito asserito, commesso da un terzo non citato in giudizio, abbia prodotto effetti dannosi in tale Stato membro e l’atto del convenuto abbia reso possibili gli atti che detto terzo ha deciso di commettere successivamente.

65.      Mi sembra che tale posizione sia in linea con l’interpretazione accolta dalla Corte nella citata sentenza Melzer, il cui contenuto potrebbe essere, a mio avviso, generalizzato, cosicché un’estensione della competenza giurisdizionale nei confronti di uno dei presunti autori del danno, che non ha commesso alcun atto illecito nel distretto del giudice adito, non sarebbe ammessa né in base al luogo dell’evento generatore ascritto a un altro presunto autore che, a sua volta, non è stato convenuto in giudizio, né in base al luogo di concretizzazione del danno derivante dal suddetto evento generatore. Infatti, a mio giudizio, sarebbe preferibile, affinché un giudice possa dichiararsi competente, ritenere che debba sussistere un nesso di causalità sufficiente nei confronti dell’unico convenuto citato.

66.      Nonostante tali considerazioni, non posso non constatare, salvo ritenere che la posizione recentemente adottata dalla Corte nella citata sentenza Pinckney (64) sia specifica del caso particolare in questione (65), che la motivazione ivi contenuta può condurre, nella causa in esame, ad una soluzione contraria a quella che sembrerebbe poter derivare dalla citata sentenza Melzer.

67.      Infatti, nella sentenza Pinckney, la Corte ha dichiarato che, «per quanto riguarda la dedotta violazione di un diritto patrimoniale d’autore, la competenza a conoscere di un’azione in materia di illeciti civili dolosi o colposi è già stabilita, a favore del giudice adito, dato che lo Stato membro nel cui territorio si trova tale giudice tutela i diritti patrimoniali fatti valere dal ricorrente e il danno dedotto può concretizzarsi nel distretto del giudice adito» (66).

68.      Se si dovesse ammettere la trasposizione ad altri tipi di illeciti (67), tale logica potrebbe comportare, a mio parere, che un giudice è competente, in base al luogo di concretizzazione del danno, dato che, come nel presente procedimento principale, tale danno risulta dalla circostanza che il prodotto sospetto «rischia» di essere messo a disposizione dei consumatori nello Stato membro in cui ha sede tale giudice e che un atto di tal genere è sanzionato a titolo di responsabilità civile in forza della lex fori. Alla luce della citata sentenza Pinckney, la circostanza che l’atto asseritamente illecito abbia prodotto effetti, certamente nel distretto del giudice adito, ma a causa dei comportamenti di un terzo indipendente che ha agito al di fuori dello Stato membro, tanto del foro quanto dell’attore, e che non è stato convenuto in giudizio, risulta essere un dato irrilevante.

69.      Orbene, dal momento che i fatti all’origine della causa in esame presentano analogie con quelli della causa Pinckney (68), mentre le differenze tra tali cause non mi sembrano decisive (69), mi è difficile trovare argomenti che consentano di discostarsi dalla via così tracciata ai fini dell’individuazione del luogo di concretizzazione del danno ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I.

70.      Pertanto, ritengo che se intendesse attenersi, in questa sede, all’approccio estensivo prescelto nella citata sentenza Pinckney, la Corte dovrebbe rispondere alla seconda questione pregiudiziale in senso affermativo, nei termini di seguito riportati. Tuttavia, a fini di esaustività, formulerò altresì una proposta di risposta in senso negativo, in subordine, per il caso in cui la Corte ritenga, viceversa, che la posizione adottata nella suddetta sentenza fosse specifica della situazione rientrante nell’ambito della causa che vi ha dato luogo.

IV – Conclusione

71.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesgerichtshof come segue:

1)      L’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario dev’essere interpretato nel senso che non consente di radicare, in base al luogo dell’atto di contraffazione di un marchio comunitario ascritto a uno dei presunti autori di tale contraffazione, una competenza giurisdizionale nei confronti di un altro presunto autore di detta contraffazione che non ha agito nel distretto del giudice adito.

2)      L’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dev’essere interpretato nel senso che consente di radicare una competenza giurisdizionale, in base al luogo di concretizzazione del danno la cui origine è ascritta a uno dei presunti autori di tale danno, nei confronti di un altro presunto autore del suddetto danno che non ha agito nel distretto del giudice adito.

In subordine:

L’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dev’essere interpretato nel senso che non consente di radicare, né in base al luogo dell’evento generatore del danno ascritto a uno dei presunti autori di tale danno, né in base al luogo di concretizzazione di tale danno, una competenza giurisdizionale nei confronti di un altro presunto autore del suddetto danno che non ha agito nel distretto del giudice adito.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 11, pag. 1, in prosieguo: il «regolamento sul marchio comunitario».


3 – GU 2001, L 12, pag. 1, in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I».


4 – V. sentenze del 16 maggio 2013, Melzer (C‑228/11) e del 3 ottobre 2013, Pinckney (C‑170/12), nonché la causa ancora pendente Hi Hotel HCF (C‑387/12).


5 – Già Coty Prestige Lancaster Group GmbH.


6 – Dal fascicolo emerge che la Coty Germany afferma di aver concluso un accordo stragiudiziale con Stefan P., consistente nella rinuncia ad agire in giudizio nei suoi confronti a condizione che il medesimo ponesse fine alle pratiche contestate, a pena di sanzioni penali, fermo restando che il tribunale tedesco adito avrebbe sentito quest’ultimo in qualità di testimone nell’ambito del procedimento avviato nei confronti della First Note Perfumes.


7 – L’articolo 93 del suddetto regolamento è intitolato «Competenza internazionale». Il suo paragrafo 5 prevede, in particolare, che «[l]e procedure derivanti dalle azioni e domande di cui all’articolo 92 [, di cui fanno parte le azioni per contraffazione,] possono parimenti essere avviate dinanzi ai tribunali dello Stato membro in cui l’atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso».


8 – Tale disposizione definisce i contorni del «diritto esclusivo» di cui gode il titolare del marchio.


9 – Ossia la pubblicità comparativa sleale ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2, punto 6, della legge tedesca contro la concorrenza sleale (Gesetz gegen den unlauteren Wettbewerb), nonché l’imitazione sleale ai sensi dell’articolo 4, punto 9, lettere a) e b), della medesima legge.


10 – La suddetta disposizione enuncia una regola di competenza speciale secondo cui, «in materia di illeciti civili dolosi o colposi», «[l]a persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro (...) davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».


11 – Regolamento (CE) del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1), entrato in vigore il 13 aprile 2009.


12 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 351, pag. 1). Conformemente al suo articolo 81, tale regolamento è applicabile a decorrere dal 10 gennaio 2015, salvo per quanto riguarda gli articoli 75 e 76 del medesimo.


13 – Sentenza del 30 novembre 1976 (21/76, Racc. pag. 1735).


14 – Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968 (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalle convenzioni successive relative all’adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»).


15 – L’applicazione in via analogica della citata giurisprudenza Mines de Potasse d’Alsace è giustificata dall’equivalenza delle disposizioni in questione (v., in particolare, sentenza del 25 ottobre 2012, Folien Fischer e Fofitec, C‑133/11, punti 31 e 32).


16 – «Handlungsort», in lingua tedesca, o luogo dell’evento generatore del danno.


17 – «Erfolgsort», in lingua tedesca, o luogo di realizzazione del danno.


18 – V., in particolare, la giurisprudenza e la dottrina tedesche menzionate da Magnus, U., e Mankowski, P., European Commentaries on Private International Law, Brussels I Regulation, 2a ed., Sellier, Munich, 2012, pag. 247, nota 1380.


19 – Conformemente all’articolo 68, paragrafo 2, del regolamento Bruxelles I.


20 – Azioni relativamente alle quali i tribunali dei marchi comunitari hanno competenza esclusiva ratione materiae in applicazione di detto articolo 92.


21 – È possibile osservare un certo paradosso nel fatto che l’articolo 90 del regolamento sul marchio comunitario faccia un riferimento di principio alle regole «di diritto comune» in materia di competenza giurisdizionale, derivanti dal regolamento Bruxelles I, prima che il lungo elenco contenuto all’articolo 92 escluda dall’ambito di applicazione di quest’ultimo strumento normativo la maggior parte delle azioni che possono essere concretamente promosse a proposito dei marchi comunitari (Gastinel, E., La marque communautaire, LGDJ, Paris, 1998, pag. 203, n. 395).


22 – Il paragrafo 1 di detto articolo 93 prevede la competenza di principio dei tribunali dello Stato membro in cui il convenuto ha il domicilio o una stabile organizzazione, al pari dell’articolo 2 del regolamento Bruxelles I. Il suo paragrafo 2 è, per contro, profondamente innovativo rispetto al suddetto regolamento nel prevedere che i giudici dello Stato membro in cui l’attore è domiciliato sono competenti quando il convenuto non ha né domicilio né stabile organizzazione nell’Unione europea. Il suo paragrafo 3 prevede la competenza sussidiaria dei tribunali dello Stato membro nel quale ha sede l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ,che si trova ad Alicante (Spagna). Il suo paragrafo 4 consente di derogare a tali regole di competenza mediante proroghe di competenza espresse o tacite, come nel regolamento Bruxelles I.


23 – Il contenuto di tale disposizione è richiamato alla nota 7 delle presenti conclusioni.


24 – Contenuta all’articolo 90, paragrafo 2, lettera a), del regolamento sul marchio comunitario.


25 – V., in particolare, il «Memorandum on the creation of an EEC trade mark» adottato il 6 luglio 1976 dalla Commissione [SEC(76) 2462, pag. 36, punti 155 e 156].


26 – V. il documento di lavoro della Commissione del mese di ottobre 1979 intitolato «The need for a European trade mark System. Competence of the European Community to create one» (III/D/1294/79‑EN).


27 – Sin dalla prima proposta di regolamento, presentata il 25 novembre 1980 [COM(80) 635 def.] è stato accolto il criterio del collegamento con il luogo in cui l’atto di contraffazione è stato commesso, fermo restando che il medesimo è stato ulteriormente esteso ai casi in cui tale atto minaccia di essere commesso. Ciò vale anche per la limitazione dell’estensione della competenza che ne deriva agli atti che si presumono commessi nel territorio dello Stato membro i cui giudici sono così designati.


28 – Le modifiche successive di tale testo, elencate sul sito dell’UAMI (http://oami.europa.eu/ows/rw/pages/CTM/legalReferences/originalRegulations.fr.do), non hanno inciso su tale disposizione, salvo che per una semplice rinumerazione.


29 – V., ad esempio, l’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, sui disegni e modelli comunitari (GU 2002 L 3, pag. 1), che riproduce il criterio di competenza contenuto all’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario.


30 – L’articolo 101, paragrafo 3, del regolamento del Consiglio, del 27 luglio 1994, concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali (GU L 227, pag. 1) dispone che «[p]er le procedure relative alle azioni intentate per casi di infrazione è altresì possibile adire i tribunali del luogo in cui l’atto lesivo è stato compiuto», al pari dell’articolo 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles.


31 – La Corte ha posto in risalto il fatto che, «con la sua ampia formulazione, l’[articolo 5, punto 3,] della [C]onvenzione [di Bruxelles] comprende i più svariati casi di responsabilità» (punto 18 della sentenza Mines de Potasse d’Alsace, cit.).


32 – V., in tal senso, Tritton, G., Intellectual Property in Europe, Sweet & Maxwell, London, 2002, pag. 1025, paragrafi da 13 a 101.


33 – L’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I attribuisce una competenza di portata più ampia rispetto a quanto avviene ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario, che la limita ai fatti verificatisi nel territorio dello Stato membro ove ha sede il giudice adito (v. anche articolo 94, paragrafo 2, di quest’ultimo regolamento). Il primo di tali testi prevede una competenza speciale, designando un tribunale in particolare, mentre il secondo fa riferimento, in via generale, «ai tribunali dello Stato membro» pertinente. Inoltre, il primo non include la competenza nei confronti di un convenuto domiciliato al di fuori dell’Unione, contrariamente al secondo.


34 – V., in particolare, Fawcett, J., e Torremans, P., Intellectual Property and Private International Law, Clarendon Press, Oxford, 1998, pag. 330; Huet, A., «La marque communautaire: la compétence des juridictions des États membres pour connaître de sa validité et de sa contrefaçon (Règlement CE n. 40/94 du Conseil du 20 décembre 1993)», J.D.I., 1994, 3, pag. 635.


35 – Gli obiettivi attinenti alla «prevedibilità» delle regole di competenza e alla necessità di «agevolare la buona amministrazione della giustizia», che non comparivano nella Convenzione di Bruxelles, sono oggetto dei considerando 11 e 12 del suddetto regolamento.


36 – Al riguardo, M. Desantes Real sottolinea che il suddetto articolo 93, paragrafo 5, attribuisce il massimo rispetto al principio di territorialità in quanto, normalmente, il fatto illecito avviene solo in un unico Stato e se è stato commesso in più Stati, occorre separare i ricorsi («La marca comunitaria y el Derecho internacional privado», Marca y Diseño Comunitarios, Arazandi, Pamplona, 1996, pag. 225).


37 – Il secondo considerando del suddetto regolamento sottolinea che il marchio comunitario gode di una protezione uniforme e produce i suoi effetti a livello dell’Unione.


38 – In tal senso, alla pagina 31 del suo documento di lavoro relativo al progetto di regolamento sul marchio comunitario (citato alla nota 26 delle presenti conclusioni), la Commissione ha indicato che «[t]he system instituted by the Judgments Convention fails, however, to solve the special problems which arise where one Community trade mark can be infringed in several Member States» (il corsivo è mio).


39 – V. pag. 36, punto 156, del memorandum cui fa riferimento la nota 25 delle presenti conclusioni.


40 – Secondo il suo quindicesimo considerando, «è indispensabile che le decisioni (…) sulle contraffazioni dei marchi comunitari abbiano effetto e si estendano all’insieme della Comunità, essendo questo il solo mezzo per evitare decisioni contrastanti dei tribunali e dell’Ufficio e per impedire che venga pregiudicato il carattere unitario del marchio comunitario». V. anche il suo sedicesimo considerando.


41 – V. pag. 76 della proposta di regolamento menzionata nella nota 27 delle presenti conclusioni.


42 – Menzionati al paragrafo 34 delle presenti conclusioni.


43 – Conformemente alla qualificazione accolta dal giudice del rinvio.


44 – V., in particolare, sentenze citate Melzer, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata, nonché Pinckney, punto 23.


45 – Sentenze citate Melzer, punto 23, e Pinckney, punto 24.


46 – Sentenze citate Melzer, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata, nonché Pinckney, punto 27.


47 – Sentenze citate Melzer, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata, nonché Pinckney, punto 28.


48 – Sentenze citate Melzer, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata, nonché Pinckney, punto 25.


49 – Sentenze citate Melzer, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata, nonché Pinckney, punto 26.


50 – Nella causa Pinckney, la questione consisteva anch’essa nello stabilire se un giudice potesse dichiararsi competente in base al criterio della concretizzazione del danno (v. sentenza Pinckney, cit., punto 29), ma in circostanze diverse da quelle del presente procedimento principale, poiché si trattava della violazione dei diritti patrimoniali di un autore che sarebbe avvenuta attraverso un sito Internet accessibile nel distretto del giudice adito, ove tali diritti erano tutelati.


51 – Così, la Corte ha costantemente ritenuto che fossero competenti soltanto i giudici del luogo del danno diretto, sebbene il danno indiretto fosse risarcibile in forza della legge del foro o della legge applicabile al merito della causa. V., per quanto riguarda il risarcimento del danno indiretto, sentenza dell’11 gennaio 1990, Dumez France e Tracoba (C‑220/88, Racc. pag. I‑49), e, per quanto riguarda il danno conseguente a un danno iniziale subito dalla vittima in un altro Stato membro, sentenza del 19 settembre 1995, Marinari (C‑364/93, Racc. pag. I‑2719, punti da 16 a 19).


52 – Qualificandola come «partecipazione all’illecito (…) principale», il giudice del rinvio chiarisce che la situazione ipotizzata è quella di un danno derivante indirettamente dagli atti della convenuta, ma direttamente da quelli del terzo, che viene considerato l’autore principale.


53 – Ci si dovrebbe così chiedere se la posizione della Corte debba essere la stessa in caso di compartecipazione perfetta, vale a dire con una causalità in parti eguali, oppure nel caso in cui due soggetti intervengano direttamente ma in proporzioni diverse.


54 – Anche supponendo che l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I consenta, in taluni casi, di convenire nello Stato membro del luogo di concretizzazione del danno una qualsiasi delle persone che si presumono intervenute nella commissione dell’asserito illecito, sarebbe ancora necessario che la Corte definisse in modo preciso la natura dell’imputazione che autorizza siffatta competenza per collegamento.


55 – Tale governo precisa che, tenuto conto dei fatti del procedimento principale, tale criterio presupporrebbe che l’attore fosse in grado di provare che, quando ha venduto i prodotti al terzo interessato in uno Stato membro, il convenuto sapeva effettivamente o avrebbe potuto ragionevolmente prevedere che tale vendita avrebbe avuto come conseguenza diretta l’atto illecito asserito, commesso da detto terzo in un altro Stato membro.


56 – Potrebbero essere accolti criteri diversi da quello proposto dal governo del Regno Unito, come la prevedibilità del danno e del luogo di concretizzazione dello stesso, o l’esistenza di una precisa volontà del convenuto quando ha contribuito al compimento dell’atto illecito asserito.


57 – L’obiettivo della certezza del diritto, che comprende la prevedibilità del giudice competente, è stato preso in considerazione nella citata sentenza Melzer (punto 35), ed evidenziato nel considerando 16 della nuova versione del regolamento Bruxelles I risultante dal regolamento n. 1215/2012.


58 – Per quanto attiene già alla Convenzione di Bruxelles, v. sentenze citate Dumez France e Tracoba, punto 19, nonché Marinari, punto13.


59 – Conformemente al considerando 15 di tale regolamento, «[i]l funzionamento armonioso della giustizia presuppone che si riduca al minimo la possibilità di pendenza di procedimenti paralleli e che non vengano emesse, in due Stati membri, decisioni tra loro incompatibili».


60 – L’articolo 34, punto 3, del regolamento in parola prevede che l’incompatibilità di una pronuncia giurisdizionale con un’altra sia motivo di diniego di riconoscimento al di fuori dello Stato membro in cui la prima è stata emessa.


61 – A norma del suddetto articolo 6, punto 1, una persona può inoltre essere convenuta, «in caso di pluralità di convenuti, davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato, sempre che tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica ed una decisione unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili».


62 – Sia la First Note Perfumes che la Commissione sottolineano il fatto che i giudici tedeschi avrebbero potuto fondare agevolmente la loro competenza sull’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, qualora Stefan P. fosse stato convenuto in giudizio in modo congiunto.


63 – V. nota 6 delle presenti conclusioni.


64 – V. il dispositivo di tale sentenza, citato al paragrafo 56 delle presenti conclusioni.


65 – Il punto 30 di tale sentenza precisa che la Corte doveva «determinare (…) le circostanze in cui, ai fini dell’articolo 5, punto 3, del regolamento [Bruxelles I], il danno derivante da un’asserita violazione dei diritti patrimoniali di un autore si concretizza o può concretizzarsi in uno Stato membro diverso da quello in cui il convenuto ha riprodotto l’opera dell’autore su un supporto materiale che è stato poi venduto tramite un sito Internet accessibile anche nel distretto del giudice adito» (il corsivo è mio).


66 – V. punto 43 di detta sentenza (il corsivo è mio).


67 – Fermo restando che il luogo in cui si concretizza il danno ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I può tuttavia variare in funzione della natura del diritto asseritamente violato (sentenza Pinckney, cit., punto 32).


68 – Ossia che è in discussione un atto asseritamente illecito commesso dal convenuto in un altro Stato membro, ma i cui effetti si sono verificati nello Stato membro del giudice adito a seguito dei comportamenti autonomi di un altro soggetto.


69 – Nella citata sentenza Pinckney è stato rilevato che il terzo aveva commercializzato dei compact disc attraverso un sito Internet accessibile nello Stato membro del giudice adito, ma mi sembra che tale giudice sarebbe stato altresì, se non addirittura a fortiori, competente se la vendita di tali prodotti fosse avvenuta, come nella fattispecie, in un negozio situato in tale Stato membro. Nella suddetta causa, il presunto atto illecito riguardava diritti d’autore, tutelati dalla legislazione nazionale applicabile, mentre in questo caso le affermazioni riguardano il marchio comunitario, tutelato in tutto il territorio dell’Unione, e la concorrenza sleale, ma tali differenze mi sembrano ininfluenti poiché l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I è applicabile a qualsiasi di tipo di atto illecito.