SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

22 ottobre 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 2008/95/CE – Articolo 12, paragrafo 1 – Uso effettivo di un marchio – Onere della prova – Articolo 13 – Prova dell’uso “per parte dei prodotti o servizi” – Marchio che designa un modello di automobile la cui produzione è stata interrotta – Utilizzo del marchio per i pezzi di ricambio nonché per i servizi relativi a tale modello – Utilizzo del marchio per automobili usate – Articolo 351 TFUE – Convenzione tra la Repubblica federale di Germania e la Confederazione svizzera – Reciproca protezione dei brevetti, disegni, modelli e marchi»

Nelle cause riunite C‑720/18 e C‑721/18,

aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land, Düsseldorf, Germania) con ordinanze dell’8 novembre 2018, pervenute in cancelleria il 16 novembre 2018, nei procedimenti

Ferrari SpA

contro

DU,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da M. Vilaras (relatore), presidente di sezione, N. Piçarra D. Šváby, S. Rodin e K. Jürimäe e, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Ferrari SpA, da R. Pansch, S. Klopschinski, A. Sabellek, e H. Hilge, Rechtsanwälte;

–        per DU, da M. Krogmann, Rechtsanwalt;

–        per la Commissione europea, da É. Gippini Fournier, W. Mölls, e M. Šimerdová, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008, L 299, pag. 25).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di due contenziosi tra la Ferrari SpA e DU, relativi alla cancellazione, per mancanza di uso effettivo, di due marchi di proprietà della Ferrari.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        I considerando 6 e 10 della direttiva 2008/95 erano così formulati:

«(6)      Gli Stati membri dovrebbero mantenere inoltre la piena libertà di fissare le disposizioni procedurali relative alla registrazione, alla decadenza o alla nullità dei marchi di impresa acquisiti attraverso la registrazione. Spetta loro, ad esempio, stabilire la forma delle procedure di registrazione e di nullità, decidere se debbano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione o nella procedura di nullità ovvero in entrambe, o ancora, qualora possano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione, prevedere una procedura di opposizione o un esame d’ufficio, ovvero entrambi. Gli Stati membri dovrebbero mantenere la facoltà di determinare gli effetti della decadenza o della nullità dei marchi di impresa.

(...)

(10)      È fondamentale, per agevolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, procurare che i marchi di impresa registrati abbiano negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri la medesima tutela; ciò non priva tuttavia gli Stati membri della facoltà di tutelare maggiormente i marchi di impresa che abbiano acquisito una notorietà».

4        L’articolo 7 di tale direttiva, rubricato «Esaurimento del diritto conferito dal marchio di impresa», al paragrafo 1, disponeva quanto segue:

«Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare l’uso del marchio di impresa per prodotti immessi in commercio nell’Unione europea con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso».

5        L’articolo 10 di detta direttiva intitolato «Uso del marchio di impresa», al suo paragrafo 1, primo comma, prevedeva quanto segue:

«Se, entro cinque anni dalla data in cui si è chiusa la procedura di registrazione, il marchio di impresa non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio di impresa è sottoposto alle sanzioni previste nella presente direttiva, salvo motivo legittimo per il mancato uso».

6        L’articolo 12 della medesima direttiva, intitolato «Motivi di decadenza», al paragrafo 1 stabiliva quanto segue:

«Il marchio di impresa è suscettibile di decadenza se entro un periodo ininterrotto di cinque anni esso non ha formato oggetto di uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato e se non sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso.

Tuttavia nessuno può affermare che un marchio di impresa sia decaduto qualora, tra la scadenza di detto periodo e la presentazione della domanda di decadenza, sia iniziato o reiniziato l’uso effettivo del marchio di impresa

Eventuali preparativi per l’inizio o il reinizio dell’uso del marchio di impresa avviati solo dopo che il titolare abbia saputo che potrebbe essere presentata una domanda di decadenza, non vengono presi in considerazione ove intervengano nei tre mesi che precedono la presentazione della domanda di decadenza, e al massimo allo scadere del periodo ininterrotto di cinque anni di mancato uso».

7        L’articolo 13 della direttiva 2008/95, intitolato «Procedimenti alla registrazione e motivi di decadenza o di nullità soltanto per una parte dei prodotti o servizi», prevedeva che:

«Se un impedimento alla registrazione o motivi di decadenza o di nullità di un marchio di impresa sussistono soltanto per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio di impresa è richiesto o registrato, l’impedimento alla registrazione, la decadenza o la nullità riguardano solo i prodotti o servizi di cui trattasi».

 Diritto tedesco

8        L’articolo 26 del Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen Kennzeichen (Markengesetz) (legge sulla protezione dei marchi e di altri segni distintivi), del 25 ottobre 1994 (BGBl. 1994 I, p. 3082; in prosieguo: la «legge sui marchi»), intitolata «Uso del marchio», prevede che:

«(1)      Qualora l’esercizio di diritti derivanti da un marchio registrato o il mantenimento della registrazione siano subordinati all’uso del marchio, il marchio dev’essere stato effettivamente usato dal suo titolare per i prodotti o servizi per i quali il marchio stesso è stato registrato nel territorio nazionale, salvo motivo legittimo per il suo mancato uso.

(2)      L’uso del marchio con il consenso del titolare è considerato come effettuato dal titolare.

(3)      Si considera uso di un marchio registrato anche l’uso del marchio in una forma diversa da quella registrata, a condizione che tale divergenza non alteri il carattere distintivo del marchio. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche nel caso in cui il marchio sia stato registrato nella stessa forma nella quale è stato utilizzato.

(4)      Si considera uso nel territorio nazionale l’apposizione del marchio sui prodotti o sul loro condizionamento o imballaggio quando le merci sono destinate esclusivamente all’esportazione.

(5)      Laddove l’uso sia necessario entro cinque anni dalla data di registrazione, nei casi in cui sia stata presentata opposizione alla registrazione, la data di conclusione della procedura di opposizione sostituisce la data di registrazione».

9        L’articolo 49 della legge sui marchi, intitolata «Decadenza», così dispone:

«(1)      La registrazione di un marchio è cancellata per decadenza, su domanda di parte, nel caso in cui, entro un periodo ininterrotto di cinque anni dalla data di registrazione, il marchio non abbia formato oggetto di uso ai sensi dell’articolo 26. La decadenza di un marchio non può essere tuttavia invocata qualora, tra la scadenza del periodo stesso e la proposizione della domanda di cancellazione, sia iniziato o nuovamente iniziato l’uso del marchio medesimo ai sensi dell’articolo 26. Eventuali preparativi per l’inizio o nuovo inizio dell’uso del marchio di impresa avviati solo dopo che il titolare abbia avuto notizia della possibile proposizione di una domanda di decadenza, non vengono peraltro presi in considerazione ove intervengano nei tre mesi precedenti la proposizione della domanda di cancellazione, e successivamente alla scadenza del periodo ininterrotto di cinque anni di mancato uso. (...)

(...)  

(3)      Se la causa di decadenza sussiste solo per parte dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è registrato, la registrazione è cancellata soltanto per i tali prodotti o servizi».

10      L’articolo 115 della legge sui marchi, intitolata «Revoca successiva della protezione», recita come segue:

«(1)      In luogo della richiesta o dell’azione volta alla cancellazione di un marchio a causa di decadenza (articolo 49)(…) per i marchi internazionali è presentata una richiesta o proposta un’azione volta all’esclusione dalla protezione.

(2)      Qualora una domanda di esclusione dalla protezione ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 1, sia fondata sul mancato uso, la data della registrazione è sostituita dalla data

1.      in cui la notifica di concessione della protezione è pervenuta all’Ufficio internazionale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, oppure

2.      in cui è scaduto il termine di cui all’articolo 5, paragrafo 2, dell’Intesa di Madrid sui marchi, a condizione che non siano pervenute entro tale data né la notifica di cui al paragrafo 1, né una notifica di rifiuto provvisorio della protezione».

11      L’articolo 124 della legge sui marchi, intitolata «Applicazione analogica delle disposizioni sulla validità dei marchi internazionali ai sensi dell’Intesa di Madrid sui marchi», così dispone:

«Gli articoli da 112 a 117 si applicano mutatis mutandis ai marchi oggetto di registrazione internazionale la cui protezione è stata estesa al territorio della Repubblica federale di Germania ai sensi dell’articolo 3 del protocollo relativo all’Intesa di Madrid, a condizione che le disposizioni di detto protocollo, menzionate dagli articoli da 112 a 117 siano sostituite dalle corrispondenti disposizioni di tale protocollo».

 La Convenzione del 1892

12      Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della convenzione tra la Svizzera e la Germania riguardante la reciproca protezione dei brevetti, disegni, modelli e marchi, stipulata a Berlino il 13 aprile 1892 (in prosieguo: la «convenzione del 1892»), il pregiudizio che, secondo le leggi delle parti contraenti, risulti dal fatto che un marchio di fabbrica o di commercio non sia stato utilizzato entro un dato termine, non si verifica se l’uso ha luogo nel territorio dell’altra parte.

 Fatti all’origine dei procedimenti principali e questioni pregiudiziali

13      La Ferrari è titolare del seguente marchio:

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14      Tale marchio è stato registrato il 22 luglio 1987 presso l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale come marchio internazionale n. 515 107 per i seguenti prodotti, rientranti nella classe 12, ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato:

«Veicoli; apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici, in particolare automobili e relativi ricambi».

15      Lo stesso marchio è stato altresì registrato, il 7 maggio 1990, presso il Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi, Germania), come marchio n. 11158448, per i seguenti prodotti della classe 12:

«Veicoli terrestri, aeromobili e veicoli nautici, nonché parti di questi ultimi; motori per veicoli terrestri; parti costitutive di automobili, ovvero barre di rimorchio, portabagagli, portasci, parafanghi, catene da neve, deflettori d’aria, dispositivi di trattenuta della testa, cinture di sicurezza, seggiolini per bambini».

16      Poiché il Landgericht Düsseldorf (Tribunale del Land, Düsseldorf, Germania) ha disposto la cancellazione, per decadenza, dei due marchi della Ferrari menzionati ai punti 14 e 15 della presente sentenza (in prosieguo, congiuntamente: i «marchi controversi»), per il motivo che, per un periodo ininterrotto di cinque anni, la Ferrari non aveva utilizzato effettivamente tali marchi, in Germania e in Svizzera, per i prodotti per i quali essi sono registrati, la Ferrari ha interposto appello avverso le decisioni di tale giudice dinanzi all’Oberlandesgericht Düssseldorf (Tribunale superiore del Land, Düsseldorf, Germania).

17      Il giudice del rinvio osserva che, tra il 1984 e il 1991, la Ferrari ha commercializzato un modello di automobile sportiva con il nome di «Testarossa» e, fino al 1996, i modelli 512 TR e F512 M, che le sono succeduti. Nel corso del 2014, la Ferrari avrebbe prodotto un unico esemplare del modello «Ferrari F12 TRS». Dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che, durante il periodo rilevante ai fini della valutazione dell’uso dei marchi controversi, la Ferrari ha utilizzato questi ultimi per identificare i pezzi di ricambio e accessori delle automobili sportive di lusso di valore molto elevato, commercializzate in precedenza con tali marchi.

18      Ritenendo che, per essere considerato effettivo, l’uso di un marchio non debba sempre essere significativo, e tenendo altresì conto del fatto che la Ferrari ha utilizzato i marchi controversi per automobili sportive di valore molto elevato, che sono tipicamente prodotte solo in numero esiguo, il giudice del rinvio non condivide il punto di vista del giudice di primo grado, secondo cui la portata dell’uso invocato dalla Ferrari non basta a dimostrare un uso effettivo di tali marchi.

19      Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, è dubbio se tali particolarità debbano essere prese in considerazione nel caso dei marchi in questione, nei limiti in cui tali marchi sono stati registrati non per automobili sportive di lusso di valore molto elevato ma, in generale, per automobili e relativi ricambi. Il giudice nazionale ritiene che, qualora fosse necessario esaminare se i marchi in questione abbiano formato oggetto di un uso effettivo sul mercato di massa dei veicoli a motore e relativi ricambi, si dovrebbe concludere fin dall’inizio che non vi è stato un tale uso.

20      Il giudice del rinvio aggiunge che la Ferrari sostiene di aver rivenduto, dopo l’ispezione, veicoli di seconda mano con i marchi controversi. Il giudice di primo grado avrebbe ritenuto che ciò non costituisse un nuovo uso dei marchi controversi, poiché, a seguito della prima immissione in commercio dei prodotti contrassegnati da tali marchi, i diritti che la Ferrari traeva da questi ultimi sarebbero esauriti ed essa non sarebbe in grado di vietare la rivendita di tali prodotti.

21      Dato che la nozione di «uso idoneo ad assicurare il mantenimento dei diritti connessi ad un marchio», non può avere una portata più ampia di quella di un uso che pregiudichi un marchio, gli atti di uso che non possono essere vietati a terzi dal titolare di tale marchio non possono, secondo il giudice di primo grado, costituire un uso idoneo ad assicurare il mantenimento dei diritti connessi a detto marchio. Da parte sua, la Ferrari avrebbe sostenuto che la vendita di veicoli di seconda mano recanti i marchi contestati implicava un nuovo riconoscimento da parte sua del veicolo in questione e quindi costituiva un nuovo uso idoneo ad assicurare il mantenimento dei diritti connessi ai marchi controversi.

22      Il giudice del rinvio aggiunge che, nell’ambito delle controversie principali, la Ferrari ha sostenuto di aver fornito pezzi di ricambio e accessori per i veicoli recanti i marchi controversi e di aver offerto servizi di manutenzione per tali veicoli.  Il giudice del rinvio indica, al riguardo, che il giudice di primo grado aveva constatato che, tra il 2011 e il 2016, i pezzi di ricambio effettivamente commercializzati dalla Ferrari per veicoli recanti i marchi controversi avevano generato un fatturato di circa EUR 17 000, il che non costituirebbe un uso sufficiente per il mantenimento dei diritti conferiti dai marchi controversi. Certo, esisterebbero solo 7 000 esemplari di automobili al mondo recanti i marchi controversi. Tuttavia, tale circostanza non spiegherebbe, di per sé, le quantità esigue di pezzi di ricambio commercializzati con i marchi controversi.

23      Pur essendo consapevole della giurisprudenza derivante dalla sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul (C‑40/01, EU:C:2003:145), il giudice del rinvio osserva, da un lato, che dalle «direttive concernenti l’esame sui marchi dell’Unione europea» (parte C, sezione 6, paragrafo 2.8) dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) risulta che l’applicazione di tale giurisprudenza dovrebbe rimanere eccezionale.  

24      Dall’altro lato, il giudice del rinvio ritiene che le controversie principali presentino una particolarità supplementare, dal momento che i marchi controversi coprirebbero anche parti di automobili, cosicché l’applicazione della giurisprudenza derivante dalla sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul (C‑40/01, EU:C:2003:145) avrebbe la conseguenza di far considerare l’uso dei marchi controversi per le parti di automobili come un uso di tali marchi per automobili, quand’anche queste ultime non fossero più commercializzate con detti marchi da oltre 25 anni.  Inoltre, si porrebbe la questione se l’uso effettivo di un marchio possa derivare dal fatto che il suo titolare continui ad offrire pezzi di ricambio e a proporre servizi per prodotti precedentemente commercializzati con tale marchio, ma non utilizzi quest’ultimo per designare tali pezzi o servizi.

25      Per quanto riguarda l’estensione territoriale dell’uso richiesto dall’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, il giudice del rinvio ricorda che tale disposizione richiede l’uso «nello Stato membro interessato». Infatti, basandosi sulla sentenza del 12 dicembre 2013, Rivella International/UAMI (C‑445/12 P, EU:C:2013:826, punti 49 e 50), esso constata che la Corte ha dichiarato che l’uso di un marchio in Svizzera non fornisce la prova di un uso effettivo di un marchio in Germania. Tuttavia, secondo la giurisprudenza del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), la convenzione del 1892 resterebbe in vigore e dovrebbe essere applicata dai giudici tedeschi, tenuto conto dell’articolo 351 TFUE. Una siffatta applicazione potrebbe comunque comportare difficoltà, nel caso di un marchio tedesco che, pur non potendo essere cancellato in applicazione del diritto tedesco non potrebbe neppure essere invocato in opposizione, per impedire la registrazione di un marchio dell’Unione.

26      Infine, il giudice del rinvio rileva che, nelle controversie principali, si pone anche la questione di quale parte debba sostenere l’onere della prova dell’uso effettivo di un marchio. Conformemente alla giurisprudenza tedesca, occorrerebbe applicare i principi generali del procedimento civile, ciò che significherebbe che, anche nel caso di una domanda di decadenza per mancato uso di un marchio registrato sarebbe la parte ricorrente a sopportare l’onere della prova dei fatti sui quali tale domanda è fondata, anche se si tratta di fatti negativi, quali il mancato uso di un marchio.

27      Per tener conto del fatto che le circostanze esatte dell’uso di un marchio sfuggono spesso alla conoscenza della parte richiedente la decadenza, la giurisprudenza tedesca imporrebbe al titolare del marchio interessato l’onere secondario di esporre, in modo completo e circostanziato, la maniera in cui ne ha fatto uso. Una volta soddisfatto tale onere del titolare del marchio, spetterebbe alla parte che chiede la cancellazione di tale marchio confutare tale esposizione.

28      L’applicazione di tali principi alle controversie principali consentirebbe di risolvere le medesime senza disporre l’istruzione, poiché la Ferrari avrebbe esposto in modo sufficientemente circostanziato gli atti d’uso che essa avrebbe effettuato e avrebbe altresì fatto un’offerta di prove, mentre DU si limiterebbe a contestare le affermazioni della Ferrari, senza produrre, a sua volta, prove. Si deve pertanto ritenere che non abbia soddisfatto l’onere della prova. Se, invece, quest’ultimo onere ricadesse sulla Ferrari, in quanto titolare dei marchi controversi, sarebbe necessario esaminare le prove da essa prodotte.  

29      Ciò premesso, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land, Düsseldorf) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, di identico tenore nelle due cause:

«1)      Se, nella valutazione della questione se l’uso, per natura e portata, sia effettivo ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95(...) in relazione ad un marchio registrato per una vasta categoria di prodotti — nella specie, autoveicoli terrestri, in particolare automobili e relativi ricambi – ma effettivamente utilizzato solo per uno specifico segmento di mercato — nella specie, automobili sportive di lusso di valore molto elevato e relativi ricambi – occorra tener conto del mercato della classe di prodotti della registrazione complessivamente considerata ovvero se possa essere preso in considerazione lo specifico segmento di mercato. Ove l’uso sia sufficiente per tale segmento di mercato, se il marchio oggetto della procedura di cancellazione del marchio per decadenza debba essere conservato in relazione al segmento di mercato medesimo.

2)      Se la commercializzazione di prodotti usati già immessi in commercio dal titolare del marchio nello Spazio economico europeo costituisca uso del marchio da parte dello stesso titolare ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95.

3)      Se con riguardo ad un marchio, registrato non solo per un prodotto, bensì parimenti per parti del prodotto stesso, debba ritenersi che sussista un suo uso idoneo ad assicurare il mantenimento dei relativi diritti anche con riguardo al prodotto non più in commercio, nel caso in cui vengano commercializzati accessori e pezzi di ricambio contrassegnati dal marchio de quo relativi al prodotto prima commercializzato sotto il marchio medesimo.

4)      Se, nel valutare la sussistenza di un uso effettivo, debba parimenti tenersi conto del fatto che il titolare del marchio, pur senza usare il marchio, fornisca determinati servizi per i prodotti già commercializzati.

5)      Se, ai fini dell’esame dell’uso del marchio nello Stato membro interessato (nella specie: la Germania), ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95/CE, conformemente all’articolo 5 della Convenzione [del 1892] debbano essere presi in considerazione anche gli usi del marchio in Svizzera.

6)      Se l’imposizione al titolare di un marchio, cui sia stata contestata la decadenza del marchio stesso, dell’onere di fornire ampia prova del suo uso, accollando peraltro il rischio derivante dell’impossibilità della prova al soggetto che ne chieda la cancellazione, sia compatibile con la direttiva 2008/95».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima e sulla terza questione

30      Con la prima e la terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 12, paragrafo 1, e 13 della direttiva 2008/95 debbano essere interpretati nel senso che si debba ritenere che un marchio registrato per una categoria di prodotti e i pezzi di ricambio che li compongono, quali automobili e relativi ricambi, abbia formato oggetto di «uso effettivo», ai sensi del suddetto articolo 12, paragrafo 1, per tutti i prodotti che rientrano in tale categoria e per i relativi pezzi di ricambio, qualora sia stato utilizzato solo per alcuni di questi prodotti, quali le auto sportive di lusso di valore molto elevato, o solo per i pezzi di ricambio o gli accessori di alcuni di tali prodotti.

31      In primo luogo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, il titolare di un marchio può essere privato dei suoi diritti se, per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio non ha formato di uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e non sussistono motivi legittimi per il mancato uso del medesimo.

32      La Corte ha dichiarato che l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che sussiste un «uso effettivo» del marchio allorché questo assolve alla sua funzione essenziale che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio (sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 43).

33      Nel verificare l’uso effettivo del marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possono provare la realtà del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per le merci ovvero i servizi contrassegnati dal marchio, la natura di tali merci o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio (sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 43).

34      La circostanza che l’uso del marchio non riguardi merci offerte sul mercato ex novo, bensì prodotti già in commercio, non esclude di per sé che tale uso sia effettivo, qualora il detto marchio sia realmente utilizzato dal suo titolare per elementi che entrano nella composizione o nella struttura di tali prodotti ovvero per merci o servizi che sono direttamente pertinenti ai prodotti già in commercio e puntano a soddisfare i bisogni della medesima clientela (sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 43).

35      Da tale giurisprudenza risulta che l’uso, da parte del suo titolare, di un marchio registrato per i pezzi di ricambio che costituiscono parte integrante dei prodotti contrassegnati da tale marchio può costituire un «uso effettivo», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, non solo per i pezzi di ricambio stessi, ma anche per i prodotti contrassegnati da tale marchio. A tal riguardo è indifferente che la registrazione di detto marchio copra non solo i prodotti interi, ma anche i loro pezzi di ricambio.

36      In secondo luogo, dall’articolo 13 della direttiva 2008/95 risulta che, se sussiste un motivo di decadenza, come quello previsto dall’articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva, soltanto per parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio è richiesto o registrato, la decadenza riguarda solo i prodotti o servizi di cui trattasi.

37      Per quanto riguarda la nozione di «parte dei prodotti o servizi» di cui all’articolo 13 della direttiva 2008/95, si deve rilevare che il consumatore che desideri acquistare un prodotto o un servizio rientrante in una categoria di prodotti o servizi definita in modo particolarmente preciso e circoscritto, ma all’interno della quale non è possibile operare divisioni significative, assocerà a un marchio registrato per tale categoria di prodotti o servizi l’insieme dei prodotti o dei servizi ad essa appartenenti, in modo tale che tale marchio assolverà la funzione essenziale di garantire l’origine per tali prodotti o tali servizi. In tali circostanze, è sufficiente richiedere al titolare di tale marchio di fornire la prova dell’uso effettivo del suo marchio per una parte dei prodotti o dei servizi che rientrano in tale categoria omogenea (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, ACTC/EUIPO, C‑714/18 P, EU:C:2020: 573, punto 42.

38      Per quanto riguarda, invece, prodotti o servizi riuniti in una categoria ampia, che può essere suddivisa in più sottocategorie autonome, è necessario imporre al titolare di un marchio registrato per tale categoria di prodotti o servizi la prova dell’uso effettivo del suo marchio per ciascuna di tali sottocategorie autonome, altrimenti può decadere dai suoi diritti al marchio per le sottocategorie autonome per le quali non ha fornito tale prova (v.per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, ACTC/EUIPO, C‑714/18 P, EU:C:2020:573, punto 43).

39      Infatti, se il titolare di un marchio ha registrato il suo marchio per una vasta gamma di prodotti o servizi che potrebbe eventualmente commercializzare, ma non lo ha fatto per un periodo ininterrotto di cinque anni, il suo interesse a beneficiare della protezione del suo marchio per questi prodotti o servizi non può prevalere sull’interesse dei concorrenti a utilizzare un segno identico o simile per detti prodotti o servizi, o addirittura di chiedere la registrazione di tale segno come marchio (v.per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, ACTC/EUIPO, C‑714/18 P, EU:C:2020:573, punto 43).

40      Per quanto riguarda il criterio o i criteri pertinenti da utilizzare per individuare una sottocategoria coerente di prodotti o servizi che possa essere considerata in modo autonomo, il criterio dello scopo o della destinazione dei prodotti o dei servizi di cui trattasi costituisce un criterio essenziale ai fini della definizione di una sottocategoria autonoma di prodotti (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, ACTC/EUIPO, C‑714/18 P, EU:C:2020:573, punto 44).

41      Occorre pertanto valutare concretamente, principalmente in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali il titolare di un marchio ha fornito la prova dell’uso del suo marchio, se essi costituiscano una sottocategoria autonoma rispetto ai prodotti e ai servizi rientranti nella classe di prodotti o di servizi interessata, in modo da mettere in relazione i prodotti o i servizi per i quali è stato provato l’uso effettivo del marchio con la categoria dei prodotti o dei servizi coperti dalla registrazione di tale marchio (sentenza del 16 luglio 2020, ACTC/EUIPO, C‑714/18, EU:C:2020:573, punto 46).

42      Dalle considerazioni esposte ai punti da 37 a 41 della presente sentenza risulta che la nozione di «segmento specifico del mercato», richiamata dal giudice del rinvio, non è, in quanto tale, pertinente ai fini della valutazione della questione se i prodotti o i servizi per i quali il titolare di un marchio ha utilizzato quest’ultimo rientrino in una sottocategoria autonoma della categoria dei prodotti o dei servizi per i quali tale marchio è stato registrato.

43      Infatti, come risulta dal punto 37 della presente sentenza, a tale riguardo rileva soltanto la questione se il consumatore che desideri acquistare un prodotto o un servizio rientrante nella categoria di prodotti o di servizi cui si riferisce il marchio in questione assocerà a tale marchio l’insieme dei prodotti o dei servizi appartenenti a tale categoria.

44      Orbene, tale ipotesi non può essere esclusa per il solo motivo che, secondo un’analisi economica, i diversi prodotti o servizi inclusi in detta categoria appartengono a mercati diversi o a segmenti diversi di un mercato. Ciò vale a maggior ragione in quanto sussiste un legittimo interesse del titolare di un marchio ad ampliare la gamma di prodotti o servizi per i quali il suo marchio è registrato (v.per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, ACTC/EUIPO, C‑714/18 P, EU:C:2020:573, punto 51).

45      Nella fattispecie, nei limiti in cui il giudice nazionale afferma che il titolare dei marchi di cui trattasi nelle controversie principali ha utilizzato tali marchi per pezzi di ricambio e accessori per «automobili sportive di lusso di valore molto elevato», occorre rilevare, in primo luogo, che dalle considerazioni esposte ai punti 40 e da 42 a 44 della presente sentenza risulta che il semplice fatto che i prodotti per i quali è stato utilizzato un marchio siano venduti ad un prezzo particolarmente elevato e, di conseguenza, possano appartenere ad un mercato specifico non è sufficiente per ritenere che essi costituiscano una sottocategoria autonoma della classe di prodotti per la quale tale marchio è stato registrato.

46      In secondo luogo, è vero che le automobili qualificate come «sportive» sono automobili ad elevate prestazioni e quindi idonee ad essere utilizzate negli sport motoristici. Tuttavia, questa è solo una delle possibili destinazioni per tali automobili, che possono essere utilizzate, come qualsiasi altra automobile, anche per il trasporto su strada di persone e dei loro effetti personali.

47      Orbene, quando i prodotti contrassegnati da un marchio hanno, come avviene di frequente, diversi scopi e destinazioni, non è possibile determinare l’esistenza di una sottocategoria distinta di prodotti considerando, isolatamente, ciascuno degli scopi che tali prodotti possono avere in quanto un tale approccio non consentirebbe di individuare in modo coerente sottocategorie autonome e avrebbe la conseguenza di limitare eccessivamente i diritti del titolare del marchio (v.per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, ACTC/EUIPO, C‑714/18 P, EU:C:2020:573, punto 51).

48      Ne consegue che la mera circostanza che le automobili per le quali un marchio è stato utilizzato siano qualificate come «sportive» non è sufficiente per ritenere che esse rientrino in una sottocategoria autonoma di automobili.

49      In terzo luogo, infine, la nozione di «lusso», a cui rinviano i termini «di lusso», utilizzati dal giudice del rinvio, potrebbe essere pertinente per diversi tipi di automobili, per cui nemmeno il fatto che le automobili per le quali è stato utilizzato un marchio siano qualificate come «automobili di lusso» è sufficiente a ritenere che esse costituiscano una categoria autonoma di automobili.

50      Risulta, pertanto, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, che il fatto che la società titolare dei marchi di cui trattasi nelle controversie principali abbia utilizzato tali marchi per pezzi di ricambio e accessori per «automobili sportive di lusso di valore molto elevato» non è sufficiente per concludere che essa abbia utilizzato tali marchi solo per alcuni dei prodotti contrassegnati dai medesimi, ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2008/95.

51      Tuttavia, anche se la circostanza che un marchio sia stato utilizzato per prodotti classificati come «di valore molto elevato» non può essere sufficiente per ritenere che tali prodotti costituiscano una sottocategoria autonoma dei prodotti per i quali tale marchio è stato registrato, essa è tuttavia rilevante ai fini della valutazione della questione se tale marchio abbia formato oggetto di un «uso effettivo» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95.

52      Tale circostanza è infatti idonea a dimostrare che, nonostante il numero relativamente esiguo di unità di prodotti venduti con il marchio di cui trattasi, l’uso che è stato fatto di tale marchio non è stato puramente simbolico, ma costituisce un uso di tale marchio fatto conformemente alla sua funzione essenziale, uso che, secondo la giurisprudenza citata al punto 32 della presente sentenza, deve essere qualificato come «uso effettivo», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95.

53      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, alla prima e alla terza questione occorre rispondere dichiarando che gli articoli 12, paragrafo 1, e 13 della direttiva 2008/95 devono essere interpretati nel senso che occorre ritenere che un marchio registrato per una categoria di prodotti e di pezzi di ricambio che li compongono abbia formato oggetto di un «uso effettivo», ai sensi di detto articolo 12, paragrafo 1, per l’insieme dei prodotti rientranti in tale categoria e per i pezzi di ricambio che li compongono, se ha formato oggetto di un siffatto uso solo per alcuni di tali prodotti, quali le automobili sportive di lusso di valore molto elevato, o solamente per pezzi di ricambio o gli accessori che compongono alcuni di detti prodotti, a meno che non risulti dai fatti e dalle prove pertinenti che il consumatore che desidera acquistare gli stessi prodotti li percepisce come costituenti una sottocategoria autonoma della categoria dei prodotti per la quale il marchio di cui trattasi è stato registrato.

 Sulla seconda questione

54      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che un marchio può formare oggetto di un effettivo utilizzo da parte del suo titolare, in caso di rivendita, da parte di quest’ultimo, di prodotti di seconda mano, immessi in commercio con tale marchio.

55      Va rilevato che, certo, la rivendita, in quanto tale, di un prodotto di seconda mano recante un marchio non significa che tale marchio sia «usato» ai sensi della giurisprudenza citata al punto 32 della presente sentenza. Tale marchio è infatti stato usato quando è stato apposto, dal suo titolare, sul nuovo prodotto al momento della prima immissione in commercio di tale prodotto.

56      Tuttavia, se il titolare del marchio di cui trattasi usa effettivamente tale marchio, conformemente alla sua funzione essenziale di garantire l’identità di origine dei prodotti per i quali è stato registrato, al momento della rivendita di prodotti di seconda mano, tale uso può costituire un «uso effettivo» di tale marchio ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95.

57      L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, relativo all’esaurimento dei diritti conferiti dal marchio, conferma tale interpretazione.

58      Da tale disposizione emerge, infatti, che il diritto conferito dal marchio non consente al suo titolare di vietarne l’uso per prodotti già immessi in commercio nell’Unione con tale marchio da detto titolare o con il suo consenso.

59      Ne consegue che un marchio può essere usato per prodotti già immessi in commercio con tale marchio. Il fatto che il titolare del marchio non possa vietare a terzi l’uso del suo marchio per prodotti già immessi in commercio con quest’ultimo non significa che non possa farne uso egli stesso per tali prodotti.

60      Pertanto, alla seconda questione occorre rispondere dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, deve essere interpretato nel senso che un marchio può formare oggetto di un uso effettivo da parte del suo titolare, al momento della rivendita, da parte di quest’ultimo, di prodotti di seconda mano, immessi in commercio con tale marchio.

 Sulla quarta questione

61      Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, debba essere interpretato nel senso che un marchio forma oggetto di un uso effettivo da parte del suo titolare quando quest’ultimo fornisce taluni servizi relativi ai prodotti commercializzati anteriormente con tale marchio, senza tuttavia usare detto marchio all’atto della fornitura di tali servizi.

62      Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, citata al punto 34 della presente sentenza, l’uso effettivo, da parte del suo titolare, di un marchio registrato per determinati prodotti, per servizi che si riferiscono direttamente ai prodotti già in commercio e che sono destinati a soddisfare le esigenze della clientela di tali prodotti, può costituire un «uso effettivo» di tale marchio, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95.

63      Emerge tuttavia dalla stessa giurisprudenza che un siffatto uso presuppone l’utilizzazione effettiva del marchio interessato al momento della fornitura dei servizi di cui trattasi. In mancanza di un uso di tale marchio, infatti, non si può evidentemente parlare di «uso effettivo» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95.

64      Pertanto, alla quarta questione occorre rispondere dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che un marchio forma oggetto di un uso effettivo da parte del suo titolare quando il medesimo fornisce taluni servizi relativi ai prodotti commercializzati anteriormente con tale marchio, a condizione che tali servizi siano forniti con detto marchio.

 Sulla quinta questione

65      Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 351 TFUE debba essere interpretato nel senso che consente a un giudice di uno Stato membro di applicare una convenzione conclusa anteriormente al 1º gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti all’Unione, anteriormente alla data della loro adesione, come la convenzione del 1892, che prevede che l’uso di un marchio registrato in tale Stato membro nel territorio dello Stato terzo parte contraente di tale convenzione deve essere preso in considerazione per determinare se tale marchio abbia formato oggetto di un «uso effettivo», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95.

66      Occorre rilevare che, nei limiti in cui l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 fa riferimento ad un uso effettivo di un marchio «nello Stato membro interessato», esso esclude la presa in considerazione di un uso effettuato in uno Stato terzo, come la Confederazione svizzera.

67      Tuttavia, poiché la Convenzione del 1892 è anteriore al 1° gennaio 1958, si applica l’articolo 351 del TFUE. Conformemente al secondo comma di tale disposizione, gli Stati membri hanno l’obbligo di ricorrere a tutti i mezzi atti a eliminare le incompatibilità esistenti fra una convenzione conclusa anteriormente all’adesione di uno Stato membro e il trattato FUE.

68      Ne consegue che il giudice del rinvio ha l’obbligo di verificare se un’eventuale incompatibilità fra il diritto dell’Unione e la convenzione del 1892 possa essere evitata fornendo a quest’ultima un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione, ove possibile e nel rispetto del diritto internazionale (v., per analogia, sentenza del 18 novembre 2003, Budějovický Budvar, C‑216/01, EU:C:2003:618, punto 169).

69      Ove non sia possibile procedere ad un’interpretazione conforme della convenzione del 1892, la Repubblica federale di Germania sarebbe tenuta ad adottare le misure necessarie per eliminare l’incompatibilità di tale convenzione con il diritto dell’Unione, se del caso procedendo alla sua denuncia. Tuttavia, in attesa di una siffatta eliminazione, l’articolo 351, primo comma, TFUE, l’autorizza a continuare ad applicare tale convenzione (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2003, Budějovický Budvar, C‑216/01, EU:C:2003:618, punti da 170 a 172).

70      È vero che, come osserva il giudice del rinvio, l’applicazione della Convenzione del 1892 da parte della Repubblica federale di Germania può dar luogo a difficoltà, in quanto un marchio registrato in Germania, pur potendo essere mantenuto nel registro soltanto sulla base del suo uso effettivo nel territorio della Confederazione svizzera, non potrebbe essere invocato per fare opposizione alla registrazione di un marchio dell’Unione, dal momento che, nell’ipotesi di una richiesta di prova dell’uso effettivo di tale marchio presentata nell’ambito del procedimento di opposizione, il titolare di detto marchio non sarebbe in grado di fornire siffatta prova per il solo territorio dell’Unione.

71      Tuttavia, tali difficoltà sono la conseguenza inevitabile dell’incompatibilità della Convenzione del 1892 con il diritto dell’Unione e possono svanire solo con l’eliminazione di tale incompatibilità, alla quale la Repubblica federale di Germania è tenuta a procedere ai sensi dell’articolo 351, secondo comma, TFUE.

72      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, alla quinta questione occorre rispondere dichiarando che l’articolo 351, primo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che consente al giudice di uno Stato membro di applicare una convenzione conclusa tra uno Stato membro dell’Unione e uno Stato terzo anteriormente al 1° gennaio 1958 o, nel caso di Stati che aderiscono all’Unione, anteriormente alla data della loro adesione, come la convenzione del 1892, che prevede che l’uso di un marchio registrato in tale Stato membro nel territorio di detto Stato terzo deve essere preso in considerazione per determinare se tale marchio abbia formato oggetto di un «uso effettivo» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, in attesa che uno dei mezzi di cui al secondo comma di tale disposizione consenta di eliminare le eventuali incompatibilità tra il Trattato FUE e la suddetta convenzione.

 Sulla sesta questione

73      Con la sesta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che l’onere della prova della circostanza che un marchio abbia formato oggetto di un «uso effettivo», ai sensi di detta disposizione, grava sul titolare di tale marchio.

74      A tale riguardo, il giudice del rinvio precisa che, conformemente ai principi generali di procedura civile applicabili in Germania, in caso di domanda di decadenza di un marchio per mancato uso, l’onere della prova del mancato uso del marchio di cui trattasi grava sul richiedente, essendo il titolare di tale marchio tenuto solo a esporre, in maniera completa e dettagliata, il modo in cui ne ha fatto uso, senza tuttavia fornire la prova di detto uso.

75      Occorre rilevare che è vero che il considerando 6 della direttiva 2008/95 enuncia, tra l’altro, che gli Stati membri dovrebbero mantenere la piena libertà di fissare le disposizioni procedurali relative alla decadenza dei marchi acquisiti attraverso la registrazione.

76      Tuttavia, non se ne può dedurre che la questione dell’onere della prova dell’uso effettivo, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 nell’ambito di un procedimento vertente sulla decadenza di un marchio per mancato uso costituisca una disposizione procedurale del genere rientrante nella competenza degli Stati membri (v., per analogia, sentenza del 19 giugno 2014, Oberbank e a., C‑217/13 e C‑218/13, EU:C:2014:2012, punto 66).

77      Infatti, se la questione dell’onere della prova dell’uso effettivo di un marchio nell’ambito di un procedimento di decadenza per mancato uso relativo a tale marchio dipendesse dall’ordinamento nazionale degli Stati membri, potrebbe derivarne, per i titolari di marchi, una tutela variabile in funzione della legge interessata, cosicché l’obiettivo di una «medesima tutela negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri», fissato nel considerando 10 della direttiva 2008/95 e giudicato «fondamentale» da quest’ultimo, non sarebbe raggiunto (v., per analogia, sentenza del 19 giugno 2014, Oberbank e a., C‑217/13 e C‑218/13, EU:C:2014:2012, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

78      Si deve altresì ricordare che, nella sentenza del 26 settembre 2013, Centrotherm Systemtechnik/UAMI e centrotherm Clean Solutions (C‑610/11 P, EU:C:2013:593, punto 61), la Corte ha dichiarato, per quanto riguarda la decadenza di un marchio dell’Unione, che il principio secondo il quale spetta al titolare del marchio addurre la prova dell’uso effettivo del medesimo, si limita in realtà a tradurre quanto postulano il buon senso e un elementare imperativo di efficacia della procedura.

79      La Corte ne ha dedotto che, in linea di principio, incombe al titolare del marchio dell’Unione oggetto di una domanda di decadenza dimostrare l’uso effettivo di tale marchio (sentenza del 26 settembre 2013, Centrotherm Systemtechnik/UAMI e centrotherm Clean Solutions, C‑610/11 P, EU:C:2013:593, punto 63).

80      Orbene, tali considerazioni sono valide anche per quanto riguarda la prova dell’uso effettivo, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, di un marchio registrato in uno Stato membro.

81      Infatti, è giocoforza constatare che il titolare del marchio contestato è il soggetto più idoneo a fornire la prova degli atti concreti che consentono di suffragare l’affermazione secondo cui il suo marchio ha formato oggetto di un uso effettivo (v., per analogia, sentenza del 19 giugno 2014, Oberbank e a., C‑217/13 e C‑218/13, EU:C:2014:2012, punto 70).

82      Di conseguenza, alla sesta questione occorre rispondere dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che l’onere della prova del fatto che un marchio abbia formato oggetto di un «uso effettivo», ai sensi di tale disposizione, grava sul titolare di detto marchio.

 Sulle spese

83      Nei confronti delle parti nel procedimento principale le presenti cause costituiscono un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 12, paragrafo 1 e l’articolo 13 della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, devono essere interpretati nel senso che occorre ritenere che un marchio registrato per una categoria di prodotti e di pezzi di ricambio che li compongono abbia formato oggetto di un «uso effettivo», ai sensi di detto articolo 12, paragrafo 1, per l’insieme dei prodotti rientranti in tale categoria e per i pezzi di ricambio che li compongono, se ha formato oggetto di un siffatto uso solo per alcuni di tali prodotti, quali le automobili sportive di lusso di valore molto elevato, o soltanto per i pezzi di ricambio o gli accessori che compongono alcuni di detti prodotti, a meno che non risulti dai fatti e dalle prove pertinenti che il consumatore che desidera acquistare gli stessi prodotti li percepisce come costituenti una sottocategoria autonoma della categoria dei prodotti per la quale il marchio di cui trattasi è stato registrato.

2)      L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, deve essere interpretato nel senso che un marchio può formare oggetto di un uso effettivo da parte del suo titolare, al momento della rivendita, da parte di quest’ultimo, di prodotti di seconda mano, immessi in commercio con tale marchio.

3)      L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che un marchio forma oggetto di un uso effettivo da parte del suo titolare quando il medesimo fornisce taluni servizi relativi ai prodotti commercializzati anteriormente con tale marchio, a condizione che tali servizi siano forniti con detto marchio.

4)      L’articolo 351, primo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che consente al giudice di uno Stato membro di applicare una convenzione conclusa tra uno Stato membro dell’Unione europea e uno Stato terzo anteriormente al 1° gennaio 1958 o, nel caso di Stati che aderiscono all’Unione, anteriormente alla data della loro adesione, come la convenzione tra la Svizzera e la Germania riguardante la reciproca protezione dei brevetti, disegni, modelli e marchi, stipulata a Berlino il 13 aprile 1892, come modificata, che prevede che l’uso di un marchio registrato in tale Stato membro nel territorio di detto Stato terzo deve essere preso in considerazione per determinare se tale marchio abbia formato oggetto di un «uso effettivo» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, in attesa che uno dei mezzi di cui al secondo comma di tale disposizione consenta di eliminare le eventuali incompatibilità tra il trattato FUE e la suddetta convenzione.

5)      L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che l’onere della prova del fatto che un marchio abbia formato oggetto di un «uso effettivo», ai sensi di tale disposizione, grava sul titolare di detto marchio.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.