SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

30 gennaio 2020 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo BROWNIE – Marchi nazionali denominativi anteriori BROWNIES, BROWNIE, Brownies e Brownie – Impedimento alla registrazione relativo – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001] – Uso effettivo del marchio anteriore – Articolo 42, paragrafi 2 e 3 del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 47, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2017/1001]»

Nella causa T‑598/18,

Grupo Textil Brownie, SL, con sede in Barcellona (Spagna), rappresentato da D. Pellisé Urquiza e J.C. Quero Navarro, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da M. Capostagno, A. Folliard‑Monguiral e H. O’Neill, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale,

The Guide Association, con sede in Londra (Regno Unito), rappresentata da T. St Quintin, barrister, e M. Jhittay, solicitor,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 4 luglio 2018 (procedimento R 2680/2017-2), relativa a un procedimento di opposizione tra la The Guide Association e il Grupo Textil Brownie,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da S. Frimodt Nielsen, presidente, V. Kreuschitz (relatore) e N. Półtorak, giudici,

cancelliere: M. Marescaux, amministratrice

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 ottobre 2018,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 gennaio 2019,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 gennaio 2019,

in seguito all’udienza del 6 novembre 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 30 aprile 2015 il sig. Juan Morera Morral ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo BROWNIE.

3        I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 18, 25 e 35 ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, segnatamente, alla descrizione seguente:

–        classe 18: «Bauli e valigie; bauli da viaggio; bauli; portafogli; sacchi da campeggiatori; borse da sport; sacchi per alpinisti; borse da spiaggia; reti per la spesa; borse con ruote per la spesa; sacchi da viaggio; borse della spesa; sacchi [buste, borsette] in cuoio per imballaggio; borsette; scatole in cuoio o in cartone-cuoio; marsupi porta-bebé; cartelle scolastiche; scatole in cuoio o in cartone-cuoio; custodie da viaggio; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; astucci portachiavi; borse a tracolla per portare bambini; sacche; valigie; articoli di valigeria; Valigette per documenti; zaini; tracolle portabebè; borsellini; Borse lavorate a maglia; cartelle, buste [articoli di pelle]; porta-musica; valigie-fodera per vestiti per il viaggio»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; Cappotti; Corredini da neonato; Accappatoi da bagno; Espadrillas; Antisdrucciolevoli per calzature; Maschere per dormire; Carcasse di cappelli; Abbigliamento per automobilisti; Bavaglini non di carta; Costumi da bagno; Bandane [foulards]; Sciarpe; Fasce per la testa [abbigliamento]; Scarpe da bagno; Sandali da bagno; Bluse; Accappatoi; Boa [pelliccia da collo]; Body [giustacuori]; Berretti; Scaldapiedi [non elettrici]; Tasche di indumenti; Stivaletti con lacci; Stivali; Scarponi da sci; Scarpe per calciatori; Scarponcini; Culottes [biancheria intima]; Mutandine per bebè; Calzini; Scaldamuscoli; Scarpe; Scarpe per l’atletica; Scarpe da spiaggia; Mutande; Camicie; Camicette a maniche corte; Maglie sportive; Tee-shirt; Camiciole; Tomaie di stivali; Petti di camicie; Cappucci [indumenti]; Casule; Panciotti; Scialli; Calosce [soprascarpe di gomma]; Giacche; Gilè per la pesca; Giubbe; Abbigliamento impermeabile; Abbigliamento per ciclisti; Cinture portafoglio [abbigliamento]; Cinture [abbigliamento]; Berrette [cuffie]; Sottovesti [indumenti intimi]; Indumenti confezionati; Tute [indumenti]; Talloniere; Cravatte; Corsaletti; Busti; Copribusti; Colletti; Colli finti [colletti staccabili]; Grembiuli [indumenti]; Scarpe per lo sport; Costumi da carnevale; Sottogonne; Stole [pellicce]; Guaine [sottovesti]; Gonne; Minigonne a pantalone; Fodere confezionate [parti di indumenti]; Foulards [fazzoletti]; Soprabiti; Gabardine [indumenti]; Scarpe da ginnastica; Cuffie da bagno; Cuffie per la doccia; Guanti da sci; Guanti [abbigliamento]; Ferramenti per calzature; Maglie; Leggings [pantaloni]; Biancheria personale; Livree; Reggicalze da uomo; Reggicalze da donna; Reggicalze da donna; Manicotti [abbigliamento]; Manipoli [liturgia]; Mantiglie; Calze; Calze antisudorifiche; Maglieria; Manopole [abbigliamento]; Mitre [abbigliamento]; Paraorecchie [abbigliamento]; Tomaie; Pantaloni; Collant; Fazzoletti da taschino [abbigliamento]; Foulard da collo; Parka; Calzerotti; Sparati di camicie; Mantelline; Pellicce; Abiti scamiciati; Pellicce [indumenti]; Pigiama; Solette; Costumi da spiaggia; Ghette; Poncho; Indumenti lavorati a maglia; Scaldacolli; Pullover; Polsini [abbigliamento]; Punte di calzature [spunterbi]; Rinforzi al tallone per le calze; Abbigliamento in pelle; Abbigliamento in finta pelle; Abbigliamento per ginnastica; Indumenti di carta; Sopravvesti; Biancheria personale antisudorifica; Sandali; Sari; Sarong; Calzoncini da bagno; Mutandine [slip]; Sottascelle; Calotte; Copricapo [cappelleria]; Cappelleria; Cappelli a cilindro; Cappelli di carta [abbigliamento]; Reggiseno; Suole; Maglioni; Tacchi; Tacchetti per scarpe da calcio; Reggicalze da donna; Soggoli [indumenti]; Toghe; Sotto-piedi; Maschere; Mute per sci nautico; Turbanti; Uniformi; Veli [indumenti]; Camici; Abbigliamento; Guardoli per calzature; Visiere [cappelleria]; Scarpe; Zoccoli [calzature]; Articoli d’abbigliamento confezionati»;

–        classe 35: «Servizi di vendita al dettaglio e al minuto in negozi, nonché vendita tramite Internet di capi di vestiario da donna, compresi articoli, complementi e accessori d’abbigliamento».

4        La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 106/2015 del 10 giugno 2015.

5        Il 2 settembre 2015 la The Guide Association, interveniente, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 46 del regolamento 2017/1001), alla registrazione del marchio richiesto, segnatamente per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 3.

6        L’opposizione si fondava sulla serie di marchi del Regno Unito denominativi anteriori BROWNIES, BROWNIE, Brownies e Brownie (in prosieguo, congiuntamente: il «marchio anteriore»), che designavano segnatamente i prodotti e i servizi rientranti nelle classi 6, 18, 25, 26 e 41 e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 6: «Portachiavi»;

–        classe 18: «Zaini; zainetti; zaini per bambini»

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, solo per ragazze»;

–        classe 26: «Distintivi; stemmi; nastri; fronzoli [ricami]; nomi di pattuglie, toppe con motivi di pattuglia, tutti sotto forma di ricami; chiusure a nodo»;

–        classe 41: «Organizzazione di attività di gruppo nei settori dell’educazione, della cultura e dell’intrattenimento; esecuzione di corsi e di stage nel settore del campeggio, dello sport, delle attività domestiche, dei lavori su legno».

7        I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento 2017/1001] e all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 2017/1001).

8        Il 19 febbraio 2016 il sig. Morera Morral ha chiesto l’iscrizione nel registro dei marchi dell’Unione europea del trasferimento alla ricorrente, il Grupo Textil Brownie, SL, della sua domanda di marchio dell’Unione europea.

9        Il 26 agosto 2016 la ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 47, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2017/1001), che l’interveniente adduca la prova che il marchio anteriore era stato oggetto di uso effettivo.

10      Il 18 gennaio 2017 l’interveniente ha prodotto diversi documenti, consistenti in una dichiarazione sull’onore del suo direttore delle risorse umane (in prosieguo: la «dichiarazione sull’onore») e in cinque allegati, come prova dell’uso effettivo del marchio anteriore (in prosieguo: la «seconda serie di documenti»).

11      Il 23 ottobre 2017 la divisione di opposizione ha parzialmente accolto l’opposizione per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 3 e l’ha respinta quanto al resto. In particolare, essa ha considerato che l’interveniente aveva addotto la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 6. A tal riguardo, essa si è basata non solo sui documenti presentati dall’interveniente il 18 gennaio 2017, espressamente come prova dell’uso effettivo del marchio anteriore (v. punto 10 supra), ma altresì su documenti, consistenti in sei allegati, da essa già prodotti dinanzi all’EUIPO il 14 aprile 2016, congiuntamente ai fatti, alle prove e alle osservazioni a sostegno della sua opposizione (in prosieguo: la «prima serie di documenti»). Inoltre, essa ha constatato che esisteva un rischio di confusione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, tra i marchi in conflitto per quanto riguarda i prodotti e servizi di cui al precedente punto 3, che erano identici o simili a quelli per i quali l’interveniente aveva addotto la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore. Invece, in assenza di somiglianza tra tali prodotti e servizi contraddistinti dal marchio anteriore e quelli per i quali la ricorrente aveva chiesto la registrazione del marchio richiesto, non sussisteva un nesso tra i marchi in conflitto per quanto riguardava questi ultimi prodotti e servizi, cosicché si doveva respingere il motivo di opposizione previsto dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

12      Il 18 dicembre 2017 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001, avverso la decisione della divisione di opposizione.

13      Con decisione del 4 luglio 2018 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. In particolare, da un lato, essa ha considerato che l’interveniente aveva addotto la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 6 (punti da 16 a 52 della decisione impugnata). Dall’altro, essa ha fatto propria la motivazione indicata nella decisione della divisione di opposizione secondo cui l’opposizione per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 3 doveva essere accolta (punto 53 della decisione impugnata).

 Conclusioni delle parti

14      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        accogliere il ricorso e la domanda di registrazione;

–        condannare l’interveniente alle spese.

15      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

16      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        confermare la decisione impugnata;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Considerazioni preliminari

17      In via preliminare, si deve ricordare che, nel caso di specie, la domanda di marchio dell’Unione europea è stata depositata presso l’EUIPO il 30 aprile 2015 (v. punto 1 supra). Il deposito è quindi avvenuto, da un lato, prima dell’entrata in vigore del regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, recante modifica del regolamento n. 207/2009, che modifica il regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario, e che abroga il regolamento (CE) n. 2869/95 della Commissione relativo alle tasse da pagare all’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) (GU 2015, L 341, pag. 21), il 23 marzo 2016 (v. articolo 4, primo comma, del regolamento 2015/2424) e, dall’altro, prima della data di applicazione del regolamento 2017/1001, il 1o ottobre 2017 (v. articolo 212, secondo comma, del regolamento 2017/1001).

18      In tali circostanze, è giocoforza constatare che la presente controversia continua ad essere disciplinata dal regolamento n. 207/2009, nella sua versione anteriore alle modifiche apportate dal regolamento 2015/2424, almeno per quanto riguarda le disposizioni di natura non strettamente procedurale (v. per analogia, ordinanze del 30 maggio 2013, Shah e Shah/Three-N-Products, C‑14/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:349, punto 2; del 13 giugno 2013, DMK Deutsches Milchkontor/UAMI, C‑346/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:397, punto 2 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza del 2 marzo 2017, Panrico/EUIPO, C‑655/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:155, punto 2).

19      Inoltre, è già stato giudicato che, al fine di valutare l’esistenza di un motivo relativo di opposizione, occorre porsi al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea contro il quale è stata proposta opposizione basandosi su un marchio anteriore. Occorre pertanto esaminare i vari aspetti del marchio anteriore come si presentavano al momento del deposito della domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea contro cui tale marchio è invocato [sentenza del 17 ottobre 2018, Golden Balls/EUIPO – Les Éditions P. Amaury (GOLDEN BALLS), T‑8/17, non pubblicata, EU:T:2018:692, punto 76]. La circostanza che il marchio anteriore potrebbe perdere lo status di marchio registrato in uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), punto ii), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 2, lettera a), punto ii), del regolamento 2017/1001] e dell’articolo 42, paragrafo 3, di tale medesimo regolamento, in un momento successivo al deposito della domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea contro cui è stata presentata opposizione sulla base di tale marchio anteriore, in particolare a seguito di un eventuale recesso dall’Unione europea dello Stato membro interessato conformemente all’articolo 50 TUE senza che disposizioni specifiche al riguardo siano state previste in un eventuale accordo concluso ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2, TUE, è, pertanto, in linea di principio, irrilevante per l’esito dell’opposizione. Neppure l’esistenza di un interesse ad agire per un ricorso dinanzi al Tribunale avverso una decisione delle commissioni di ricorso dell’EUIPO che accoglie una siffatta opposizione basata su un tale marchio nazionale anteriore – o che conferma una decisione della divisione di opposizione in tal senso – è in linea di principio intaccata [v., per analogia, sentenza dell’8 ottobre 2014, Fuchs/UAMI – Les Complices (Stella in un cerchio), T‑342/12, EU:T:2014:858, punti da 23 a 29].

 Sul motivo unico

 Sulla portata del motivo unico

20      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce un motivo unico, che afferma vertere sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. A tal riguardo, essa si limita a sostenere che non fosse necessario affrontare la questione dell’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto, dal momento che l’interveniente non aveva dimostrato l’uso effettivo del marchio anteriore. Come giustamente osservano l’EUIPO e, in sostanza, l’interveniente, la ricorrente non adduce quindi argomenti specifici che possano suffragare un motivo vertente su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009.

21      Tuttavia, come riconoscono altresì l’EUIPO e, in sostanza, l’interveniente, dall’insieme del ricorso emerge inequivocabilmente che la ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale l’interveniente aveva effettivamente dimostrato di aver fatto un uso effettivo del marchio anteriore per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 6. Il fatto che l’EUIPO e l’interveniente abbiano difeso, in particolare a tal riguardo, la decisione impugnata dimostra, inoltre, che, tenuto conto del ricorso, erano effettivamente in grado di comprendere che la ricorrente deduceva un errore della commissione di ricorso nella valutazione dell’uso effettivo del marchio anteriore. In tali circostanze, sarebbe eccessivo esigere, come propone l’interveniente, che la ricorrente citi espressamente le disposizioni specifiche che possono essere violate da un siffatto errore.

22      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve considerare che la ricorrente solleva un motivo unico a sostegno del proprio ricorso che verte, in sostanza, su una violazione dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 e attraverso il quale essa deduce che la commissione di ricorso ha riconosciuto erroneamente che l’interveniente aveva dimostrato l’uso effettivo del marchio anteriore per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 6. All’udienza, la ricorrente ha confermato che il ricorso doveva essere inteso in tal senso.

23      A sostegno del suo unico motivo, la ricorrente afferma che gli elementi di prova dell’uso presentati dall’interveniente all’EUIPO non erano sufficienti per dimostrare un uso serio del marchio anteriore. A tal riguardo, essa invoca, in sostanza, cinque argomenti.

24      In primo luogo, la maggior parte degli elementi di prova prodotti dall’interveniente non rientrerebbe nel periodo di riferimento.

25      In secondo luogo, non sarebbe dimostrato che i cataloghi prodotti dall’interveniente siano effettivamente stati oggetto di una diffusione sufficiente presso il pubblico di riferimento. Inoltre, non sarebbe dimostrato che le pagine dei cataloghi prodotte corrispondano effettivamente alle copertine di detti cataloghi, dal momento che questi ultimi non sono stati prodotti integralmente. Il fascicolo non conterrebbe neppure elementi di prova indipendenti idonei a confermare l’autenticità delle date indicate sui cataloghi prodotti.

26      In terzo luogo, taluni elementi di prova riguarderebbero un segno che differisce dal marchio anteriore al punto da alterarne il carattere distintivo. Inoltre, il suo utilizzo sarebbe destinato a scopo decorativo e non di marchio.

27      In quarto luogo, la dichiarazione sull’onore non sarebbe né obiettiva né suffragata da elementi di prova concordanti. In particolare, la sola fattura prodotta a sostegno della dichiarazione sull’onore sarebbe indirizzata alla The Guide Association Scotland che sarebbe membro dell’interveniente. Pertanto, tale fattura riguarderebbe un uso interno del marchio anteriore e non un uso pubblico verso l’esterno. Inoltre, i codici prodotto che figurano in tale fattura non sarebbero gli stessi di quelli contenuti nei cataloghi prodotti dall’interveniente. Non sarebbe quindi possibile sapere se si tratti degli stessi prodotti.

28      In quinto luogo, dal momento che gli elementi di prova prodotti dall’interveniente non sarebbero idonei a dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore nel corso del periodo di riferimento, non si dovrebbe procedere a una valutazione globale di tali elementi nel caso di specie.

29      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente e considerano che la commissione di ricorso ha correttamente concluso, all’esito di una valutazione globale degli elementi di prova sottoposti dall’interveniente, che questi ultimi erano tali da dimostrare che l’interveniente aveva fatto un uso effettivo del marchio anteriore nel corso del periodo di riferimento.

 Valutazione del motivo unico

30      Secondo una giurisprudenza costante, dall’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, letto alla luce del considerando 10 del medesimo regolamento (divenuto considerando 24 del regolamento 2017/1001), e dalla regola 22, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU 1995, L 303, pag. 1) [divenuto articolo 10, paragrafo 3, del regolamento delegato (UE) 2018/625 della Commissione, del 5 marzo 2018, che integra il regolamento (UE) 2017/1001 e abroga il regolamento delegato (UE) 2017/1430 (GU 2018, L 104, pag. 1)], emerge che la ratio legis del requisito secondo il quale il marchio anteriore deve essere stato oggetto di uso effettivo per essere opponibile a una domanda di marchio dell’Unione europea consiste nel limitare i conflitti tra due marchi, a meno che non vi sia un legittimo motivo economico per l’assenza di uso effettivo del marchio anteriore derivante da una funzione effettiva di quest’ultimo sul mercato. Per contro, dette disposizioni non sono dirette a valutare il successo commerciale, né a controllare la strategia economica di un’impresa, e nemmeno a riservare la tutela dei marchi soltanto ai loro sfruttamenti commerciali quantitativamente rilevanti [v. sentenza del 17 gennaio 2013, Reber/UAMI – Wedi & Hofmann (Walzer Traum), T‑355/09, non pubblicata, EU:T:2013:22, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].

31      Un marchio forma oggetto di un uso effettivo quando, conformemente alla sua funzione essenziale che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, è usato al fine di trovare o mantenere uno sbocco per tali prodotti e servizi, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio (v., per analogia, sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 43). Inoltre, la condizione relativa all’uso effettivo del marchio esige che questo, come tutelato nel territorio pertinente, sia utilizzato pubblicamente e verso l’esterno [sentenza dell’8 luglio 2004, Sunrider/UAMI – Espadafor Caba (VITAFRUIT), T‑203/02, EU:T:2004:225, punto 39; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 37].

32      La valutazione dell’effettività dell’uso effettivo del marchio deve fondarsi sull’insieme dei fatti e delle circostanze idonee a dimostrare l’effettività del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per conservare o creare quote di mercato per i prodotti o per i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio (sentenza dell’8 luglio 2004, VITAFRUIT, T‑203/02, EU:T:2004:225, punto 40; v. altresì, per analogia, sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 43).

33      Per quanto riguarda la rilevanza dell’uso del marchio anteriore, occorre tener conto, in particolare, del volume commerciale di tutti gli atti d’uso, da un lato, e della durata del periodo durante il quale sono stati compiuti atti d’uso nonché della frequenza di tali atti, dall’altro [sentenze dell’8 luglio 2004, MFE Marienfelde/UAMI – Vétoquinol (HIPOVITON), T‑334/01, EU:T:2004:223, punto 35, e dell’8 luglio 2004, VITAFRUIT, T‑203/02, EU:T:2004:225, punto 41].

34      Per esaminare, in una fattispecie, l’effettività dell’uso del marchio anteriore, occorre procedere a una valutazione complessiva tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 2004, HIPOVITON, T‑334/01, EU:T:2004:223, punto 36, nonché dell’8 luglio 2004, VITAFRUIT, T‑203/02, EU:T:2004:225, punto 42).

35      È alla luce di tali principi che occorre analizzare i cinque specifici argomenti dedotti dalla ricorrente. (v. punti da 24 a 28 supra).

–       Sul primo argomento della ricorrente

36      La ricorrente sostiene, in primo luogo, che la maggior parte degli elementi di prova prodotti dall’interveniente non rientra nel periodo di riferimento.

37      Secondo l’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, nella sua versione applicabile ratione temporis nel caso di specie, ossia, precedente alle modifiche apportate dal regolamento 2015/2424 (v. punto 18 supra), il periodo di riferimento rispetto al quale il titolare di un marchio nazionale anteriore, che si è opposto alla registrazione di un marchio dell’Unione europea, deve fornire la prova che il marchio nazionale anteriore è stato oggetto di un uso effettivo nello Stato membro in cui è protetto corrisponde ai cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio dell’Unione europea. Poiché la pubblicazione della domanda di marchio dell’Unione europea è avvenuta, nel caso di specie, il 10 giugno 2015 (v. punto 4 supra), il periodo di riferimento è quello compreso tra il 10 giugno 2010 e il 9 giugno 2015, come constatato, giustamente, dalla commissione di ricorso al punto 29 della decisione impugnata.

38      Nei limiti in cui la ricorrente sostiene che taluni elementi di prova non rientrano nel periodo di riferimento, occorre osservare che discende inequivocabilmente dall’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 che è solo l’uso effettivo a dover intervenire durante il periodo di riferimento. Nella misura in cui elementi di prova invocati al fine di dimostrare l’uso effettivo vertono su un uso durante il periodo di riferimento non si può esigere che tali elementi di prova siano stati essi stessi stabiliti nel corso di tale periodo di riferimento. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente, secondo cui taluni elementi di prova non rientrano nel periodo di riferimento per il solo motivo che essi sarebbero stati stabiliti al di fuori di detto periodo, non è, in quanto tale, idoneo a smentirne il valore probatorio alla luce dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009.

39      Per quanto attiene alla prima serie di documenti, la commissione di ricorso ha rilevato, al punto 33 della decisione impugnata, che l’allegato 2 conteneva segnatamente la stampa di una pagina del sito Internet dell’interveniente effettuata l’11 aprile 2016 che faceva riferimento a una campagna condotta tra gennaio e agosto 2014 intitolata «The Big Brownie Birthday» e che l’allegato 5 conteneva in particolare due articoli: «South East Brownies celebrate 100th birthday», datato 18 gennaio 2014, e «North West Brownies bid for sleepover world record», in data 28 settembre 2014. Come giustamente constatato, in sostanza, dalla commissione di ricorso, tali documenti riguardano effettivamente eventi che si sono verificati durante il periodo di riferimento, il che è peraltro riconosciuto dalla ricorrente. Per quanto attiene a tali due allegati, alla luce di quanto constatato al precedente punto 38, gli argomenti della ricorrente sono infondati in punto di fatto.

40      Per quanto riguarda l’allegato 4 della prima serie di documenti, la commissione di ricorso ha rilevato, al punto 38 della decisione impugnata, che essa conteneva segnatamente una stampa effettuata il 13 aprile 2016 di una pagina del punto vendita on-line di un negozio denominato «Guides, Brownies & Rainbows» nella quale sono elencati diversi articoli di abbigliamento che fanno parte dell’uniforme ufficiale dei «Brownies». La commissione di ricorso ha altresì rilevato che detto allegato conteneva altre stampe simili di molteplici punti vendita on-line, effettuate il 13 e il 14 aprile 2016, che presentavano borse, tazze e articoli di abbigliamento facenti parte dell’uniforme dei «Brownies».

41      A tal riguardo, la commissione di ricorso ha, in sostanza, rammentato, correttamente, al punto 39 della decisione impugnata, che elementi di prova vertenti su un uso effettuato prima o dopo il periodo di riferimento non erano, a priori, irrilevanti. Infatti, dalla giurisprudenza emerge che la presa in considerazione di siffatti elementi di prova vertenti su un uso effettuato prima o dopo il periodo di riferimento è possibile, in quanto consente di confermare o di valutare meglio la portata dell’utilizzo del marchio anteriore nonché le reali intenzioni del titolare durante tale periodo. Tuttavia, siffatti elementi di prova possono essere presi in considerazione solo se sono stati prodotti altri elementi di prova vertenti, questi, sul periodo di riferimento [v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2012, El Corte Inglés/UAMI – Pucci International (PUCCI), T‑39/10, non pubblicata, EU:T:2012:502, punti 25 e 26; del 16 giugno 2015, Polytetra/UAMI – EI du Pont de Nemours (POLYTETRAFLON), T‑660/11, EU:T:2015:387, punto 54, e dell’8 aprile 2016, Frinsa del Noroeste/EUIPO – Frisa Frigorífico Rio Doce (FRISA), T‑638/14, non pubblicata, EU:T:2016:199, punti 38 e 39].

42      Di conseguenza, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto, al punto 40 della decisione impugnata che, benché tali stampe di pagine di negozi on-line contenute nell’allegato 4 della prima serie di documenti fossero successive al periodo di riferimento, esse contenevano elementi giustificativi aggiuntivi dell’uso del marchio anteriore nel corso del periodo di riferimento, data la vicinanza temporale dell’uso al quale si riferivano e poiché fornivano prove di continuità dell’uso nel tempo. La ricorrente non deduce alcun argomento concreto che possa mettere in discussione la presa in considerazione di tali stampe di pagine Internet in quanto elementi che consentono di confermare o di valutare meglio la portata di uso del marchio anteriore nonché le intenzioni reali del titolare nel corso di tale periodo. Essa si limita, infatti, a sostenere che tali stampe di pagine Internet non mostrano che i prodotti di cui trattasi sono stati effettivamente proposti alla vendita nei negozi on-line nel corso del periodo di riferimento, cosa che la commissione di ricorso non ha tuttavia sostenuto.

43      Inoltre, la commissione di ricorso ha giustamente rilevato, al punto 40 della decisione impugnata, che la stampa di una pagina di un negozio on-line che mostra una t-shirt sui cui era stampato l’elemento verbale «brownies» con caratteri stilizzati menzionava, espressamente, che tale prodotto era ivi venduto dal 4 marzo 2015 e quindi da una data compresa nel periodo di riferimento. In tal senso, è quindi in modo erroneo che la ricorrente afferma in generale che tali stampe di pagine Internet non dimostrano che il pubblico poteva acquistare i prodotti di cui trattasi nel corso del periodo di riferimento.

44      Per quanto riguarda, infine, gli altri documenti che fanno parte della prima serie di documenti, è sufficiente constatare che la commissione di ricorso non si è fondata su questi ultimi, di modo che le censure della ricorrente avverso la loro asserita presa in considerazione sono, in ogni caso, inoperanti.

45      Per quanto attiene alla seconda serie di documenti, dai punti da 34 a 37 della decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso ha tenuto conto del documento principale, vale a dire della dichiarazione sull’onore, rilasciata sotto forma di un «witness statement» (dichiarazione testimoniale) il 12 gennaio 2017, nonché dei suoi allegati 1 e 2, vale a dire, da un lato, le copie delle copertine e di alcune pagine del contenuto dei cataloghi Guiding Essentials per gli anni 2010/11, 2011/12, 2012/13, 2013/14 e 2014/15 (allegato 1) e, dall’altro, una fattura del 6 ottobre 2014 emessa dalla Guide Association Trading Services Ltd e indirizzata alla The Guide Association Scotland (allegato 2).

46      Come ammette la ricorrente stessa, la dichiarazione sull’onore rinvia a fatti che si sono svolti nel corso del periodo di riferimento. Sulla base di quanto constatato al precedente punto 38, il valore probatorio di tale documento non può essere escluso a motivo della sua data e occorre quindi tenerne conto. Per quanto attiene agli allegati 1 e 2 alla dichiarazione sull’onore, si deve constatare che essi riguardano un uso effettuato nel corso del periodo di riferimento, circostanza che peraltro la ricorrente non contesta.

47      Quanto agli altri documenti che fanno parte della seconda serie di documenti, è sufficiente constatare nuovamente che la commissione di ricorso non si è fondata su questi ultimi, cosicché eventuali censure della ricorrente contro la loro presa in considerazione sono, in ogni caso, inoperanti.

48      Pertanto, l’argomento della ricorrente, secondo cui la commissione di ricorso ha tenuto conto di elementi probatori che non rientrano nel periodo di riferimento, deve essere respinto.

–       Sul secondo argomento della ricorrente

49      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che non è dimostrato che i cataloghi prodotti dall’interveniente siano effettivamente stati oggetto di una diffusione sufficiente presso il pubblico di riferimento. Inoltre, non sarebbe dimostrato che le pagine prodotte corrispondano effettivamente alle copertine di detti cataloghi, dal momento che questi ultimi non sono stati prodotti integralmente. Il fascicolo non conterrebbe neppure elementi di prova indipendenti idonei a confermare l’autenticità delle date indicate sui cataloghi.

50      A tal riguardo, è, indubbiamente, già stato giudicato che in linea di principio è necessario dimostrare che il materiale pubblicitario, recante menzione del marchio anteriore il cui uso effettivo deve essere dimostrato, ha trovato una diffusione sufficiente presso il pubblico di riferimento per dimostrare il carattere effettivo dell’uso del marchio in questione [v., in tal senso, sentenze dell’8 marzo 2012, Arrieta D. Gross/UAMI – International Biocentric Foundation e a. (BIODANZA), T‑298/10, non pubblicata, EU:T:2012:113, punto 68; del 2 febbraio 2017, Marcas Costa Brava/EUIPO – Excellent Brands JMI (Cremcaffé by Julius Meinl), T‑686/15, non pubblicata, EU:T:2017:53, punto 61, e del 7 giugno 2018, Sipral World/EUIPO – La Dolfina (DOLFINA), T‑882/16, non pubblicata, EU:T:2018:336, punto 60].

51      Tuttavia, dalla giurisprudenza rammentata ai precedenti punti 32 e 34 risulta altresì che, nell’ambito della valutazione delle prove dell’uso effettivo di un marchio, non si tratta di analizzare ogni prova in modo isolato, ma congiuntamente, al fine d’identificarne il senso più probabile e più coerente. Così, anche se il valore probatorio di un elemento di prova è limitato, nella misura in cui, considerato singolarmente, non dimostra con certezza se e in che modo i prodotti riguardati sono stati immessi sul mercato, e anche se tale elemento non è pertanto decisivo di per sé, può tuttavia essere preso in considerazione nella valutazione complessiva dell’uso effettivo del marchio di cui trattasi. Ciò avviene, ad esempio, quando tale elemento si aggiunge ad altri elementi di prova [sentenze del 9 dicembre 2014, Inter-Union Technohandel/UAMI – Gumersport Mediterranea de Distribuciones (PROFLEX), T‑278/12, EU:T:2014:1045, punti da 64 a 69, e del 7 settembre 2016, Victor International/EUIPO – Ovejero Jiménez e Becerra Guibert (VICTOR), T‑204/14, non pubblicata, EU:T:2016:448, punto 74].

52      Nel caso di specie, come emerge segnatamente dai precedenti punti 39, 40, 43 e 45, i cataloghi costituivano elementi tra altri, presentati dall’interveniente al fine di dimostrare l’uso effettivo. Di conseguenza, nel caso di specie, potevano legittimamente essere presi in considerazione dalla commissione di ricorso nell’ambito della valutazione complessiva degli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore prodotti dall’interveniente.

53      Per quanto attiene alle altre censure mosse dalla ricorrente riguardanti i cataloghi, si deve rammentare che dalla giurisprudenza emerge che, per valutare il valore probatorio di un documento, occorre verificare la verosimiglianza e la veridicità dell’informazione in esso contenuta. Si deve tener conto, segnatamente, da chi il documento proviene, in quali circostanze è stato elaborato, a chi è destinato e se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile [sentenze del 7 giugno 2005, Lidl Stiftung/UAMI – REWE-Zentral (Salvita), T‑303/03, EU:T:2005:200, punto 42; del 23 settembre 2009, Cohausz/UAMI – Izquierdo Faces (acopat), T‑409/07, non pubblicata, EU:T:2009:354, punto 49, e del 13 gennaio 2011, Park/UAMI – Bae (PINE TREE), T‑28/09, non pubblicata, EU:T:2011:7, punto 64].

54      A tal riguardo, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto, al punto 37 della decisione impugnata, che lo stile generale delle pagine dei cataloghi prodotti dall’interveniente corrispondeva a quello delle copertine dei cataloghi prodotti dall’interveniente. Di conseguenza, è a priori plausibile che le pagine dei cataloghi prodotti costituiscano effettivamente estratti del contenuto dei cataloghi di cui è stata prodotta la copertina. In tali circostanze, spetta, in linea di principio, alla ricorrente dedurre argomenti comprovati che possano minare tale plausibilità. Tuttavia, nel caso di specie, la ricorrente si limita, in sostanza, a presentare congetture senza alcun indizio concreto a sostegno del suo argomento.

55      Infatti, in primo luogo, la ricorrente sostiene che nulla dimostra che le copertine corrispondano alle pagine prodotte poiché i cataloghi sono incompleti e non esiste alcun elemento diretto a indicare che le pagine corrispondono agli anni indicati sulle copertine. Con questo vago argomento, la ricorrente non giunge tuttavia a privare di plausibilità il fatto che le pagine dei cataloghi prodotti costituiscono effettivamente estratti del contenuto dei cataloghi per gli anni indicati sulle copertine dei prodotti.

56      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che gli estratti dei cataloghi indicano che i prodotti in essi menzionati possono essere acquistati solo in tre modi diversi: on-line sul sito Internet dell’interveniente, nei suoi negozi o per telefono. La circostanza, addotta dalla ricorrente, che i prodotti di cui trattasi fossero altresì venduti da negozi on-line diversi da quelli dell’interveniente (v. punti da 40 a 43 supra) sarebbe in contraddizione quindi con l’autenticità dei cataloghi o, al contrario, i cataloghi sarebbero in contraddizione con il fatto che i prodotti di cui trattasi erano altresì venduti da negozi on-line diversi da quelli dell’interveniente. Tuttavia, tenuto conto degli estratti dei cataloghi prodotti dall’interveniente, si deve constatare che non vi è indicato che i canali di vendita menzionati dalla ricorrente costituiscono le sole fonti presso le quali è possibile procurarsi articoli sui quali è apposto il marchio anteriore. Le formulazioni riprese nei cataloghi prodotti non escludono infatti che dettaglianti diversi dall’interveniente vendano altresì prodotti siffatti. Come osserva correttamente l’EUIPO non è anomalo che tali altri dettaglianti non siano menzionati nei cataloghi dell’interveniente. Interrogata al riguardo all’udienza, la ricorrente non è stata in grado d’identificare una formulazione precisa nei cataloghi che indicherebbe inequivocabilmente che i canali di vendita menzionati nei cataloghi costituiscano le sole fonti presso le quali è possibile procurarsi articoli sui quali è apposto il marchio anteriore. Tale argomento della ricorrente è quindi privo di fondamento in fatto, cosicché non può nemmeno costituire un indizio idoneo a privare di plausibilità il fatto che le pagine dei cataloghi prodotte costituiscono effettivamente estratti del contenuto dei cataloghi la cui copertina è stata prodotta.

57      In terzo luogo, la ricorrente insiste sul fatto che i codici prodotto ripresi nei cataloghi non corrispondono a quelli ripresi nella fattura prodotta come allegato 1 alla dichiarazione sull’onore prodotta nell’ambito della seconda serie di documenti. A tal riguardo, è giocoforza constatare che perlomeno taluni codici prodotto ripresi in detta fattura corrispondono a quelli contenuti nel catalogo 2014/15, come ad esempio i codici prodotto da 3141 a 3146 per t-shirt a maniche corte, i codici prodotto da 3148 a 3150 per t-shirt a maniche lunghe, i codici prodotto da 3156 a 3158 per pullover con cappuccio con cerniera, il codice prodotto 3169 per pantaloni, il codice prodotto 2183 per fasce e il codice prodotto 2187 per un portafoglio. Interrogata al riguardo all’udienza, la ricorrente non è stata neppure in grado d’individuare i codici prodotto precisi contenuti nei cataloghi prodotti dall’interveniente che non corrisponderebbero a quelli indicati nella fattura summenzionata. Risulta quindi che tale argomento della ricorrente è privo di qualsiasi fondamento in fatto e che non è neppure in grado di privare di plausibilità il fatto che le pagine dei cataloghi prodotti costituiscono effettivamente estratti del contenuto dei cataloghi la cui copertina è stata prodotta.

58      Ne consegue che anche il secondo argomento della ricorrente deve essere respinto.

–       Sul terzo argomento della ricorrente

59      In terzo luogo, secondo la ricorrente, taluni elementi di prova riguardano un segno che differisce dal marchio anteriore al punto da alterarne il carattere distintivo. Inoltre, il suo utilizzo sarebbe effettuato a scopo decorativo e non in qualità di marchio.

60      A tal riguardo, da un lato, occorre rilevare che, sebbene l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009 nella sua versione applicabile ratione temporis nel caso di specie, ossia precedente alle modifiche apportate dal regolamento 2015/2424 (v. precedente punto 18) [divenuto articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento 2017/1001], si riferisca unicamente all’uso di un marchio dell’Unione europea, esso deve applicarsi, per analogia, all’uso di un marchio nazionale, atteso che l’articolo 42, paragrafo 3, del medesimo regolamento prevede che il paragrafo 2 di tale articolo si applichi ai marchi nazionali anteriori di cui all’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), di detto regolamento, «fermo restando che l’utilizzazione nel[l’Unione] è sostituita dall’utilizzazione nello Stato membro in cui il marchio nazionale anteriore è tutelato» [sentenza del 14 luglio 2014, Vila Vita Hotel und Touristik/UAMI – Viavita (VIAVITA), T‑204/12, non pubblicata, EU:T:2014:646, punto 24].

61      Dall’altro lato, per quanto riguarda la portata dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009 e dell’articolo 42, paragrafo 2 e 3, del medesimo regolamento, occorre rammentare che, in forza di un’applicazione combinata di tali disposizioni, la prova dell’uso effettivo di un marchio anteriore, nazionale o dell’Unione europea, su cui si basa un’opposizione contro una domanda di marchio dell’Unione europea, comprende anche la prova dell’utilizzazione del marchio anteriore in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo di tale marchio nella forma in cui esso è stato registrato [v. sentenza dell’8 dicembre 2005, Castellblanch/UAMI – Champagne Roederer (CRISTAL CASTELLBLANCH), T‑29/04, EU:T:2005:438, punto 30 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Specsavers International Healthcare e a., C‑252/12, EU:C:2013:497, punto 21].

62      Lo scopo dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009, è di evitare di imporre una rigida conformità tra la forma utilizzata del marchio e quella in cui il marchio è stato registrato e di consentire al titolare di quest’ultimo di apportare al segno, in vista del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza modificarne il carattere distintivo, permettono di adattarlo meglio alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi da esso contraddistinti. In situazioni di questo tipo, allorché il segno utilizzato in commercio differisce dalla forma in cui è stato registrato unicamente per elementi trascurabili, in modo tale che i due segni possano essere considerati come complessivamente equivalenti, la citata disposizione prevede che l’obbligo di utilizzare il marchio registrato possa essere adempiuto fornendo la prova dell’utilizzazione del segno che ne costituisce la forma utilizzata in commercio [sentenza del 23 febbraio 2006, Il Ponte Finanziaria/UAMI – Marine Enterprise Projects (BAINBRIDGE), T‑194/03, EU:T:2006:65, punto 50].

63      La constatazione di un’alterazione del carattere distintivo del marchio quale registrato richiede un esame del carattere distintivo e dominante degli elementi aggiunti alla luce delle qualità intrinseche di ognuno di tali elementi nonché della posizione relativa dei diversi elementi nella configurazione del marchio [v. sentenza del 10 giugno 2010, Atlas Transport/UAMI – Hartmann (ATLAS TRANSPORT), T‑482/08, non pubblicata, EU:T:2010:229, punto 31 e giurisprudenza ivi citata].

64      Occorre quindi esaminare se, nel caso di specie, le differenze tra il segno nella sua forma registrata e il segno nelle forme utilizzate sul marchio sono tali da alterare il carattere distintivo del marchio anteriore nella forma sotto cui è stato registrato.

65      A questo proposito, si deve rammentare (v. punto 6 supra) che il marchio anteriore, come registrato, consiste in una serie di marchi denominativi che includono il segno verbale Brownies. Dal punto 48 della decisione impugnata e dal fascicolo del procedimento dinanzi all’EUIPO, trasmesso al Tribunale, emerge che una parte degli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore forniti dall’interveniente riguardano l’uso di tale marchio con la seguente forma, se del caso rappresentata da una cornice rettangolare irregolare:

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66      Come correttamente constatato dalla commissione di ricorso al punto 48 della decisione impugnata, la parola «brownies» è chiaramente leggibile in tale forma di uso del marchio anteriore. È altresì correttamente che, allo stesso punto 48, la commissione di ricorso ha rammentato che emergeva dalla giurisprudenza che, quando un marchio era composto da elementi verbali e figurativi, i primi erano, in linea di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farebbe più facilmente riferimento ai prodotti di cui trattasi citando il nome piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio [v. sentenza del 22 maggio 2008, NewSoft Technology/UAMI – Soft (Presto! Bizcard Reader), T‑205/06, non pubblicata, EU:T:2008:163, punto 54 e giurisprudenza ivi citata]. Parimenti, la commissione di ricorso non può essere censurata per aver ritenuto, al punto 49 della decisione impugnata, che gli elementi figurativi del marchio riprodotto al precedente punto 65 non ricoprivano un ruolo importante nell’impressione complessiva del segno e non avevano contenuto semantico intrinseco che conferirebbe al marchio un carattere distintivo o designerebbe i prodotti riguardati. Infatti, detti elementi figurativi si limitano alla presentazione della parola «brownies» in caratteri tipografici stilizzati gialli e a quella del punto sulla lettera «i» in forma di fiore, nonché eventualmente, a quella di una cornice rettangolare irregolare.

67      Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto, in sostanza, al punto 50 della decisione impugnata, che le differenze tra, da un lato, il marchio utilizzato nella forma ricordata al precedente punto 65 e, dall’altro, il marchio anteriore nella forma con cui è stato registrato non erano tali da alterare il carattere distintivo di quest’ultimo. Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, l’utilizzo del marchio in tale prima forma deve quindi essere ritenuto un utilizzo del marchio anteriore.

68      In tale contesto, è irrilevante che taluni prodotti contenuti nei cataloghi prodotti dall’interveniente contengano parole rappresentate in una stilizzazione essenzialmente identica a quella rammentata al precedente punto 65. Tale circostanza non modifica il fatto che la parola «brownies» rimane l’elemento distintivo nel segno così stilizzato e che, di conseguenza, l’uso del marchio in questa forma è considerato uso del marchio anteriore quale registrato.

69      Infine, nei limiti in cui la ricorrente sostiene che l’uso del segno anteriore nella forma stilizzata rammentata al precedente punto 65 sembra essere effettuato a scopo decorativo e non come marchio, si deve rammentare che la funzione essenziale di un marchio è garantire l’identità di origine dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato (v. punto 31 supra). Poiché almeno l’elemento verbale «brownie» che compare nel marchio stilizzato nella forma rammentata al precedente punto 65 ha un certo carattere distintivo, si deve constatare che il marchio anteriore, come stilizzato, è in linea di principio in grado di svolgere questa funzione essenziale. La circostanza che, in considerazione della sua particolare stilizzazione, un marchio figurativo, pur possedendo un determinato carattere distintivo, può altresì essere usato per decorare il prodotto su cui è apposto non pregiudica la capacità di un siffatto marchio di svolgere la funzione essenziale di un marchio. Ciò è tanto più vero per il settore dell’abbigliamento, inteso in senso lato, nel quale non è raro apporre una forma stilizzata di un marchio sui prodotti riguardati. Di conseguenza, anche se, nel caso di specie, l’apposizione del marchio, come stilizzato, può essere utilizzata anche come decorazione dei prodotti riguardati, in considerazione del suo carattere distintivo, essa svolge tuttavia contemporaneamente la funzione essenziale di un marchio.

70      Ne consegue che il terzo argomento della ricorrente dev’essere respinto.

–       Sul quarto argomento della ricorrente

71      In quarto luogo, la ricorrente rileva che la dichiarazione sull’onore non è né obiettiva né suffragata da elementi di prova concordanti. In particolare, la sola fattura prodotta a sostegno della dichiarazione sull’onore sarebbe indirizzata alla The Guide Association Scotland che sarebbe membro dell’interveniente. Pertanto, tale fattura riguarderebbe un uso interno del marchio anteriore e non un uso pubblico verso l’esterno. Inoltre, i codici prodotto contenuti in tale fattura non sarebbero gli stessi di quelli contenuti nei cataloghi prodotti dall’interveniente. Non sarebbe quindi possibile stabilire se si tratti degli stessi prodotti.

72      Per quanto attiene alla dichiarazione sull’onore, si deve rammentare che dall’articolo 78, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 97, paragrafo 1, lettera f), del regolamento 2017/1001] emerge che le dichiarazioni scritte, rese sotto giuramento o in forma solenne, ovvero che, conformemente alle disposizioni del diritto dello Stato in cui viene redatta la dichiarazione, abbiano effetto equivalente, fanno parte dei mezzi istruttori che l’EUIPO può segnatamente adottare.

73      Nel caso di specie, la dichiarazione sull’onore è stata effettuata sotto forma di un «witness statement» (dichiarazione testimoniale). Si tratta quindi della forma descritta dalla norma 32.4, paragrafo 1, delle Civil Procedure Rules (norme di procedura civile) applicabili in Inghilterra e in Galles, ai sensi della quale «[u]na dichiarazione testimoniale è una dichiarazione scritta firmata da una persona e contenente una testimonianza che tale persona avrebbe il diritto di rendere oralmente».

74      Si deve altresì rammentare la giurisprudenza secondo cui, per valutare il valore probatorio di un documento, occorre verificare la verosimiglianza e la veridicità dell’informazione in esso contenuta. Si deve quindi tener conto, segnatamente, della provenienza del documento, delle circostanze in cui è stato elaborato, del suo destinatario e chiedersi se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (v. punto 53 supra).

75      Nei limiti in cui la ricorrente invoca le direttive concernenti l’esame dell’EUIPO, da un lato, si deve rammentare che queste ultime non costituiscono atti giuridici vincolanti per l’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione (v. sentenza del 6 giugno 2019, Deichmann/EUIPO, C‑223/18 P, non pubblicata, ECLI:EU:C:2019:471, punto 49 e giurisprudenza ivi citata). Dall’altro, è giocoforza constatare che, al punto 35 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che il valore probatorio delle dichiarazioni rese dagli interessati stessi o dai loro dipendenti pesa in genere meno di prove provenienti da una fonte indipendente, il che corrisponde al passo delle direttive concernenti l’esame dell’EUIPO citato dalla ricorrente. Tale specifico argomento della ricorrente è, pertanto, in ogni caso, inoperante.

76      Come correttamente rammentato, in sostanza, dalla commissione di ricorso al punto 35 della decisione impugnata nonché dalla ricorrente, dalla giurisprudenza risulta che, quando, come nel caso di specie, una dichiarazione è stata redatta ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009 da uno dei membri del personale che ricopre funzioni di direzione della parte che deve dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore, a suddetta dichiarazione può essere attribuito valore probatorio soltanto se essa è corroborata da altri elementi di prova (v. sentenza del 9 dicembre 2014, PROFLEX, T‑278/12, EU:T:2014:1045, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

77      Nel caso di specie, la commissione di ricorso, al punto 36 della decisione impugnata, ha rilevato che la dichiarazione sull’onore riguardava il fatturato annuo di abbigliamento, borse, distintivi, articoli di cancelleria, tazze e portachiavi venduti sul mercato del Regno Unito con il marchio anteriore tra il 2009 e il 2016. La commissione di ricorso ha osservato che, secondo la dichiarazione sull’onore, le quantità vendute sarebbero state relativamente elevate. Risulta, inoltre, dall’impianto sistematico della decisione impugnata che la commissione di ricorso ha ritenuto che gli elementi di prova da essa successivamente valutati, vale a dire, in primo luogo, i cataloghi presentati come allegato 1 alla dichiarazione sull’onore (punto 37 della decisione impugnata; v, altresì, punti da 50 a 57 supra), in secondo luogo, le stampe di pagina di diversi negozi on-line contenute nell’allegato 4 alla prima serie di documenti (punti da 38 a 40 della decisione impugnata; v. altresì punti da 40 a 43 supra) e, in terzo luogo, la fattura presentata come allegato 2 alla dichiarazione sull’onore (punti da 41 a 43 della decisione impugnata), corroborassero le informazioni che emergevano dalla dichiarazione sull’onore.

78      Per quanto riguarda specificamente tale fattura, la ricorrente sostiene che essa non può essere presa in considerazione dal momento che riguarda un uso interno del marchio anteriore e non un uso pubblico verso l’esterno.

79      A tal proposito, l’EUIPO e l’interveniente rammentano, giustamente, che nelle sue osservazioni del 29 giugno 2017 presentate nell’ambito del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, l’interveniente aveva prodotto prove dalle quali discende che il destinatario della fattura di cui trattasi, la The Guide Association Scotland (nota anche come Girlguiding Scotland), è un ente di beneficenza indipendente scozzese, dotato dei propri statuti e del proprio consiglio di amministrazione.

80      La ricorrente sostiene, certamente, in modo corretto, che il destinatario della fattura fa parte della rete globale Girlguiding UK, ciò che peraltro l’EUIPO e l’interveniente non negano. Tuttavia, la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui il destinatario della fattura di cui trattasi è un’associazione che è membro dell’interveniente per il fatto che quest’ultima è un’associazione più vasta e che si tratta di un’unica entità, è contraddetta dalle prove menzionate al precedente punto 79, prodotte dall’interveniente nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO. Il fatto che due enti di beneficenza giuridicamente indipendenti l’uno dall’altro collaborino nell’ambito di una rete alla quale appartengono non significa che si tratti in realtà di uno stesso soggetto giuridico, come sostiene la ricorrente.

81      Ciò è tanto più vero per quanto attiene alla fattura di cui trattasi, dal momento che quest’ultima non proviene dall’interveniente stessa, ma dal suo ramo commerciale, ossia la società distinta Guide Association Trading Services.

82      In tale contesto, si deve rammentare che, quando il titolare di un marchio rivendica atti di uso di tale marchio da parte di un terzo a sostegno dell’affermazione del suo uso effettivo, egli afferma, implicitamente, che tale uso è stato effettuato con il suo consenso, conformemente all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (v. sentenza del 13 gennaio 2011, PINE TREE, T‑28/09, non pubblicata, EU:T:2011:7, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

83      Ne consegue che, a differenza di quanto afferma la ricorrente, l’uso del marchio anteriore suffragato dalla fattura di cui trattasi non può essere ritenuto come proveniente dall’impresa titolare del marchio anteriore o da una rete di distribuzione da essa posseduta o controllata.

84      Pertanto, la commissione di ricorso non ha commesso errori di valutazione nel considerare, in sostanza, ai punti 41 e 42 della decisione impugnata, che la fattura riguardava un uso pubblico e verso l’esterno del marchio anteriore e che occorreva quindi tenerne conto al fine di valutare se l’interveniente avesse effettivamente dimostrato di aver fatto un uso effettivo del marchio anteriore.

85      Per quanto attiene, infine, all’argomento della ricorrente vertente sul fatto che i codici prodotto presenti sulla fattura in questione non sarebbero gli stessi di quelli contenuti nei cataloghi prodotti dall’interveniente, si deve rinviare alle considerazioni svolte al precedente punto 57, da cui discende che tale argomento è infondato.

86      Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che i cataloghi presentati come allegato 1 alla dichiarazione sull’onore, le stampe di pagine di diversi negozi on-line contenute nell’allegato 4 alla prima serie di documenti e la fattura presentata come allegato 2 alla dichiarazione sull’onore costituissero elementi di prova corroboranti la dichiarazione sull’onore e che si dovesse pertanto conferire valore probatorio a detta dichiarazione.

87      Ne consegue che il quarto argomento della ricorrente deve essere respinto.

–       Sul quinto argomento della ricorrente

88      In quinto luogo, secondo la ricorrente, dal momento che gli elementi di prova prodotti dall’interveniente non sono idonei a dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore nel corso del periodo di riferimento, non si deve procedere a una valutazione globale di tali elementi nel caso di specie.

89      Tenuto conto delle considerazioni del Tribunale presentate nei precedenti punti da 36 a 87, per quanto attiene agli argomenti della ricorrente dal primo al quarto, è giocoforza constatare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l’interveniente ha effettivamente presentato elementi di prova rilevanti per l’uso effettivo del marchio anteriore nel corso del periodo di riferimento e la commissione di ricorso era legittimata a prenderli in considerazione ai fini di una valutazione complessiva. Ne consegue che il quinto argomento della ricorrente deve essere respinto.

90      In ogni caso, la valutazione complessiva degli elementi di prova effettuata dalla commissione di ricorso ai punti 51 e 52 della decisione impugnata non è viziata da alcun errore di valutazione. Infatti, quest’ultima ha considerato, in sostanza, che la dichiarazione sull’onore era sostenuta da diversi cataloghi, una fattura, pagine di negozi on-line, articoli e pubblicazioni e che tali elementi di prova dimostravano che l’interveniente aveva fatto un uso effettivo del marchio anteriore per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 6. Come rammentato, giustamente, dall’EUIPO, i prodotti dell’interveniente recanti il marchio anteriore sono destinati principalmente a un pubblico di nicchia specifico, vale a dire ragazze dai sette ai dieci anni, membri dell’associazione Girlguiding UK, il cui numero ammonta a circa 200 000 secondo i dati forniti nella dichiarazione sull’onore. In tali circostanze, il fatturato attestato dalla dichiarazione sull’onore deve essere ritenuto relativamente elevato per il settore riguardato. Tenuto conto altresì della circostanza che tale fatturato è essenzialmente costante per tutto il periodo di riferimento, la commissione di ricorso ha correttamente concluso che, nel complesso, l’interveniente aveva dimostrato di aver fatto un uso effettivo del marchio anteriore.

–       Conclusione

91      Nessuno degli argomenti dedotti dalla ricorrente nel ricorso a sostegno del suo unico motivo è quindi fondato.

92      Nei limiti in cui la ricorrente ha, inoltre, sostenuto, all’udienza, che la decisione impugnata non sarebbe conforme alla prassi decisionale delle commissioni di ricorso dell’EUIPO, si deve osservare che la ricorrente non ha presentato un siffatto argomento nel ricorso, cosa che ha ammesso all’udienza.

93      Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge che l’EUIPO è tenuto a esercitare le proprie competenze in conformità ai principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio della parità di trattamento e il principio di «buona amministrazione». Alla luce di questi ultimi due principi, l’EUIPO, nell’ambito della valutazione di prove dirette a dimostrare l’uso effettivo di un marchio anteriore, deve prendere in considerazione le decisioni già adottate su domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso. Orbene, i principi della parità di trattamento e di «buona amministrazione» devono essere conciliati con il rispetto della legalità. Di conseguenza, colui che adduce l’assenza di uso effettivo di un marchio anteriore, invocata a sostegno di un’opposizione, non può invocare a proprio vantaggio un’eventuale illegittimità commessa in favore di altri al fine di ottenere una decisione identica (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti da 73 a 76 e giurisprudenza ivi citata).

94      Nel caso di specie, è emerso che, contrariamente a quanto è avvenuto per determinate prove prodotte dinanzi all’EUIPO nell’ambito di altri procedimenti e allo scopo di dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore, la commissione di ricorso era legittimata a ritenere che le prove prodotte dall’interveniente fossero sufficienti per dimostrare che quest’ultima aveva fatto un uso effettivo del marchio anteriore.

95      In tali circostanze, la ricorrente non può, in ogni caso, invocare utilmente, al fine di inficiare tale conclusione, precedenti decisioni dell’EUIPO e non è quindi necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di tale argomento presentato per la prima volta in udienza.

96      Di conseguenza, si deve respingere il motivo unico sollevato dalla ricorrente, le sue conclusioni, sia di annullamento, sia di riforma, nonché il ricorso nella sua interezza.

 Sulle spese

97      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il Grupo Textil Brownie, SL è condannato alle spese.

Frimodt Nielsen

Kreuschitz

Półtorak

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 gennaio 2020.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.