SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)
24 ottobre 1997(1)
[234s«CECA Ricorso di annullamento Aiuti concessi dagli Stati Decisioni
individuali che autorizzano la concessione di aiuti di Stato a imprese
siderurgiche Incompatibilità con le disposizioni del Trattato Retroattività
Artt. 4, lett. b) e c), e 95, primo e secondo comma, del Trattato»[s
Nella causa T-239/94,
Association des aciéries européennes indépendantes (EISA), associazione di diritto
belga, con sede a Bruxelles, con l'avvocato Alexandre Vandencasteele, del foro di
Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo, presso lo studio dell'avv. Ernest
Arendt, 8-10, rue Mathias Hardt,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Michel Nolin e
Ben Smulders, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio
eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, Centre Wagner,
Kirchberg,
convenuta,
sostenuta da
Consiglio dell'Unione europea,rappresentato dai signori Rüdiger Bandilla e
Stephan Marquardt, rispettivamente direttore e amministratore presso il servizio
giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor
Alessandro Morbilli, direttore generale della direzione Affari giuridici della Banca
europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,
Repubblica federale di Germania,rappresentata dai signori Ernst Röder,
Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, e Bernd Kloke,
Oberregierungsrat presso lo stesso ministero, in qualità di agenti, con domicilio
eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata della Repubblica federale di
Germania, 20-22, avenue Emile Reuter,
Repubblica italiana, rappresentata dal professor Umberto Leanza, capo del servizio
del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente,
assistito dall'avvocato dello Stato, Pier Giorgio Ferri, con domicilio eletto in
Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata d'Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,
e
Ilva Laminati Piani SpA,società di diritto italiano, con sede a Roma, con gli avv.ti
Aurelio Pappalardo, del foro di Trapani, e Massimo Merola, del foro di Roma, con
domicilio eletto in Lussemburgo, presso lo studio dell'avv. Alain Lorang, 51, rue
Albert 1°,
intervenienti,
avente ad oggetto l'annullamento delle decisioni della Commissione 12 aprile 1994,
94/256/CECA-94/261/CECA, riguardanti gli aiuti che vari Stati intendono accordare
a imprese siderurgiche stabilite nei loro rispettivi territori (GU L 112,
rispettivamente pagg. 45, 52, 58, 64, 71 e 77),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE
(Prima Sezione ampliata),
composto dal signor A. Saggio, presidente, dal signor A. Kalogeropoulos, dalla
signora V. Tiili, dai signori A. Potocki e R. M. Moura Ramos, giudici,
cancelliere: H. Jung,
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25
febbraio 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
- Il Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (in
prosieguo: il «Trattato») vieta, in linea di principio, gli aiuti di Stato ad imprese
siderurgiche, dichiarando, all'art. 4, lett. c), incompatibili col mercato comune del
carbone e dell'acciaio e, di conseguenza, vietati alle condizioni previste dal detto
Trattato «le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti
da essi, in qualunque forma».
- L'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato stabilisce quanto segue:
«In tutti i casi non previsti dal presente Trattato, nei quali una decisione o una
raccomandazione della Commissione appaia necessaria per attuare, mentre è in
funzione il mercato comune del carbone e dell'acciaio e conformemente alle
disposizioni dell'articolo 5, uno degli scopi della Comunità, quali sono definiti agli
articoli 2, 3 e 4, questa decisione o questa raccomandazione può essere presa con
parere conforme del Consiglio deliberante all'unanimità e dopo consultazione del
comitato consultivo.
La stessa decisione o raccomandazione, presa nella medesima forma, determina
eventualmente le sanzioni applicabili».
- Nell'intento di rispondere alle esigenze della ristrutturazione del settore siderurgico,
la Commissione si è basata sulle precitate disposizioni dell'art. 95 del Trattato per
istituire, a partire dall'inizio degli anni '80, un regime comunitario degli aiuti che
autorizza la concessione di aiuti statali alla siderurgia in taluni casi tassativamente
elencati. Tale regime è stato successivamente adattato per far fronte alle difficoltà
congiunturali dell'industria siderurgica. Il codice comunitario degli aiuti alla
siderurgia in vigore durante il periodo considerato nel caso in esame risulta così il
quinto della serie ed è stato adottato con la decisione della Commissione 27
novembre 1991, 3855/91/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore
della siderurgia (GU L 362, pag. 57; in prosieguo: il «codice degli aiuti»). Emerge
dal suo preambolo che esso istituisce, al pari dei precedenti codici, un sistema
comunitario diretto ad applicarsi agli aiuti, specifici o meno, concessi dagli Stati in
qualunque forma. Il codice non autorizza né gli aiuti al funzionamento né gli aiuti
alla ristrutturazione, a meno che non si tratti di aiuti per la chiusura di impianti.
Fatti all'origine della causa
- Di fronte all'aggravamento della situazione economica e finanziaria nel settore
siderurgico, la Commissione presentava un piano di ristrutturazione nella sua
comunicazione SEC (92) 2160 def. del 23 novembre 1992 indirizzata al Consiglio
e al Parlamento europeo, intitolata «Per il rafforzamento della competitività
dell'industria siderurgica. Necessità di una nuova ristrutturazione». Detto piano
partiva dalla constatazione del permanere di una sovraccapacità produttiva di
carattere strutturale e mirava principalmente a realizzare, in base ad una
partecipazione volontaria delle imprese siderurgiche, una riduzione sostanziale e
definitiva delle capacità di produzione dell'ordine di almeno 19 milioni di
tonnellate. Esso prevedeva, a tale scopo, un insieme di provvedimenti concomitanti
nel settore sociale, nonché incentivi finanziari, ivi compresi aiuti comunitari.
Contemporaneamente, la Commissione conferiva un mandato esplorativo ad un
esperto indipendente, il signor Braun, ex direttore generale della direzione generale
dell'industria presso la Commissione, il cui compito fondamentale consisteva
nell'effettuare la rilevazione dei i progetti di chiusura di imprese del settore
siderurgico durante il periodo considerato nella comunicazione di cui sopra, che
riguardava gli anni 1993-1995. Il signor Braun presentava in data 29 gennaio 1993
la sua relazione, intitolata «Le ristrutturazioni in corso o previste nell'industria
siderurgica», dopo aver preso contatto con i dirigenti di circa 70 imprese.
- Nelle sue conclusioni del 25 febbraio 1993 il Consiglio accoglieva favorevolmente
i principi fondamentali del programma presentato dalla Commissione, a seguito
della relazione Braun, al fine di ottenere una riduzione sostanziale delle capacità
produttive. La ristrutturazione duratura del settore siderurgico doveva essere
agevolata da «un insieme di misure di accompagnamento di durata limitata, che
rispettassero rigorosamente le norme sul controllo degli aiuti di Stato», fermo
restando che, in merito agli aiuti di Stato, «la Commissione [confermava]
l'importanza da essa riposta in un'applicazione rigorosa e oggettiva del codice degli
aiuti e [avrebbe provveduto] affinché le eventuali deroghe che potessero essere
proposte al Consiglio in forza dell'art. 95 del Trattato contribuissero pienamente
al necessario impegno complessivo di riduzione delle capacità produttive. Il
Consiglio [ si sarebbe pronunciato] rapidamente su tali proposte in base a criteri
oggettivi».
- Seguendo tale orientamento, il Consiglio e la Commissione affermavano, nella loro
dichiarazione congiunta figurante nel verbale del Consiglio 17 dicembre 1993 il
quale menziona l'accordo globale raggiunto in seno al Consiglio per dare il parere
conforme ex art. 95, primo e secondo comma del Trattato, sugli aiuti di Stato alle
imprese pubbliche Sidenor (Spagna), Sächsische Edelstahlwerke GmbH
(Germania), Corporación de la Siderurgia Integral (CSI, Spagna), Ilva (Italia),
EKO Stahl AG (Germania) e Siderurgia Nacional (Portogallo) che essi
«[consideravano] che l'unico mezzo per pervenire ad una siderurgia comunitaria
sana, competitiva sul mercato mondiale, [era] di porre definitivamente fine alle
sovvenzioni pubbliche alla siderurgia e di chiudere gli impianti non redditizi. Dando
il suo consenso unanime alle proposte fondate sull'art. 95 che [erano] sottoposte
al suo esame, il Consiglio [riaffermava] l'importanza da esso riposta
nell'applicazione rigorosa del codice agli aiuti [...] e, in mancanza di autorizzazioni
in forza del codice, nell'art. 4, lett. c), del Trattato CECA. Fermo restando il diritto
di ciascun Stato membro di chiedere una decisione ai sensi dell'art. 95 del Trattato
CECA, e conformemente alle sue conclusioni 25 febbraio 1993, il Consiglio si
[dichiarava] fermamente deciso ad evitare qualsiasi nuova deroga sulla base dell'art.
95 per aiuti in favore di un'impresa specifica».
- Il 22 dicembre 1993, in forza dell'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, il
Consiglio emetteva parere conforme sulla concessione degli aiuti summenzionati
destinati ad accompagnare la ristrutturazione o la privatizzazione delle imprese
pubbliche interessate.
- In tale contesto giuridico e fattuale, per agevolare una nuova ristrutturazione
dell'industria siderurgica, la Commissione adottava il 12 aprile 1994, a seguito del
parere conforme del Consiglio di cui sopra, sei decisioni individuali fondate sull'art.
95, primo e secondo comma, del Trattato, che autorizzavano la concessione di aiuti
di Stato non conformi ai criteri che consentivano, in base al soprammenzionato
codice degli aiuti, di derogare all'art. 4, lett. c), del Trattato. La Commissione
autorizzava rispettivamente, in dette sei decisioni, gli aiuti che la Germania
intendeva accordare all'impresa siderurgica EKO Stahl AG, Eisenhüttenstadt
(decisione 94/256/CECA, GU L 112, pag. 45, in prosieguo: la «decisione 94/256»),
gli aiuti che il Portogallo intendeva accordare all'impresa siderurgica Siderurgia
Nacional (decisione 94/257/CECA, GU L 112, pag. 52), gli aiuti che la Spagna
intendeva accordare all'impresa pubblica di siderurgia integrata Corporación de la
Siderurgia Integral (CSI) (decisione 94/258/CECA, GU L 112, pag. 58), gli aiuti che
l'Italia intendeva accordare alle imprese siderurgiche del settore pubblico (gruppo
siderurgico Ilva), (decisione 94/259/CECA, GU L 112, pag. 64), gli aiuti che la
Germania intendeva accordare all'impresa siderurgica Sächsische Edelstahlwerke
GmbH, Freital/Sachsen (decisione 94/260/CECA, GU L 112, pag. 71), e gli aiuti
che la Spagna intendeva accordare alla Sidenor, impresa che produce acciai speciali
(decisione 94/261/CECA, GU L 112, pag. 77).
- Siffatte autorizzazioni erano accompagnate, in linea col parere conforme del
Consiglio, «da obblighi corrispondenti a riduzioni nette di capacità produttive per
2 milioni di tonnellate almeno di acciaio grezzo e per un massimo di 5,4 milioni di
tonnellate di laminati a caldo», secondo la comunicazione 13 aprile 1994 della
Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, (COM(94) 125 def.), mirante
a stabilire un bilancio intermedio della ristrutturazione siderurgica e ad emettere
suggerimenti volti a consolidare tale processo, conformemente alle precitate
conclusioni del Consiglio 25 febbraio 1993.
Procedimento
- In tale contesto, con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 6 giugno
1994, l'Association des aciéries européennes indépendantes (EISA) ha chiesto, ai
sensi dell'art. 33 del Trattato, l'annullamento delle suddette sei decisioni 12 aprile
1994.
- Con atto separato depositato nella cancelleria del Tribunale lo stesso giorno, la
ricorrente ha del pari presentato, a norma dell'art. 39 del Trattato, un'istanza di
sospensione dell'esecuzione dell'art. 1 delle decisioni impugnate, nella parte in cui
le stesse dichiaravano compatibili col buon funzionamento del mercato comune tali
aiuti e quindi li autorizzavano. Tale istanza è stata respinta con ordinanza del
presidente del Tribunale 15 luglio 1994, EISA/Commissione (causa T-239/94 R,
Racc. pag. II-703).
- Parallelamente, sono stati proposti altri due ricorsi dinanzi al Tribunale uno dalla
società British Steel plc, contro le suddette decisioni 94/258 e 94/259 del 12 aprile
1994, che autorizzano rispettivamente la concessione di aiuti di Stato all'impresa
CSI e al gruppo siderurgico Ilva (causa T-243/94) e l'altro dalle imprese
Wirtschaftsvereinigung Stahl, Thyssen Stahl AG, Preussag Stahl AG e Hoogovens
Groep BV contro la decisione 94/259, che autorizza la concessione di aiuti di Stato
al gruppo siderurgico Ilva (causa T-244/94).
- Nella presente fattispecie, la Repubblica federale di Germania, il Consiglio, la
Repubblica italiana e la Ilva Laminati Piani SpA (in prosieguo: l'«Ilva») con atti
depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente il 14, il 24 e il 28
ottobre e il 2 novembre 1994, hanno chiesto di intervenire nella controversia a
sostegno delle conclusioni della convenuta. Con ordinanze rispettivamente del 25
novembre, del 28 novembre e del 15 dicembre 1994, il presidente della Seconda
sezione ampliata del Tribunale ha ammesso tali interventi a sostegno delle
conclusioni della convenuta.
- Il 21 dicembre 1994, la Commissione, con decisione 94/1075/CECA riguardante un
progetto d'aiuti della Germania in favore dell'impresa siderurgica EKO Stahl
GmbH, Eisenhüttenstadt (GU L 386, pag. 18), ha ritirato la decisione 94/256 già
citata riguardante la detta impresa.
- Il 3 dicembre 1996, ai sensi dell'art. 64, n. 3, del regolamento di procedura, il
Tribunale ha posto alla Commissione alcuni quesiti ai quali quest'ultima ha risposto
nel termine impartito.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale
senza procedere ad istruttoria. Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno
risposto ai quesiti posti dal Tribunale all'udienza del 25 febbraio 1997.
Conclusioni delle parti
- La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
- annullare le summenzionate decisioni 94/256-94/261 del 12 aprile 1994;
- condannare la Commissione alle spese.
- La convenuta, sostenuta dal Consiglio e dalla Repubblica italiana, conclude che ilTribunale voglia:
- respingere il ricorso;
- condannare la ricorrente alle spese.
- La Repubblica federale di Germania conclude che il Tribunale voglia:
- respingere il ricorso nella parte in cui è diretto all'annullamento delle
summenzionate decisioni 94/256 e 94/260 del 12 aprile 1994.
- L'Ilva conclude che il Tribunale voglia:
- dichiarare il ricorso ricevibile, ma infondato;
- condannare la ricorrente al pagamento delle spese, comprese quelle
sostenute dall'Ilva.
Sulla ricevibilità del ricorso
Argomenti delle parti
- Per provare la ricevibilità del ricorso, la ricorrente sostiene che, contrariamente a
quanto afferma il governo tedesco, essa è interessata dalle decisioni impugnate, ai
sensi dell'art. 33, secondo comma del Trattato (sentenze della Corte 19 settembre
1985, cause riunite 172/83 e 226/83, Hoogovens/Commissione, Racc. pag. 2831, e
6 dicembre 1990, causa C-180/88, Wirtschaftsvereinigung Eisen und
Stahlindustrie/Commissione, Racc. pag. I-4413). Inoltre, essa precisa che molti dei
suoi membri hanno una produzione in concorrenza diretta con la produzione delle
due imprese tedesche beneficiarie degli aiuti in questione nonché con quella dei
loro acquirenti.
- La Repubblica federale di Germania contesta la legittimazione ad agire della
ricorrente, poiché questa non avrebbe dimostrato che le decisioni impugnate ledono
i suoi interessi o quelli delle imprese che essa rappresenta. In particolare, i membri
dell'EISA non sarebbero in concorrenza con le imprese EKO Stahl e Sächsische
Edelstahlwerke GmbH, in quanto non risulterebbe che esse fabbrichino gli stessi
prodotti.
Giudizio del Tribunale
- Prima di esaminare la fondatezza della eccezione di irricevibilità sollevata dalla
Repubblica federale di Germania, il Tribunale ritiene necessario valutarne la
ricevibilità alla luce del regolamento di procedura.
- La convenuta non ha sollevato tale eccezione di irricevibilità nel corso della fase
scritta. Orbene, le conclusioni di un'istanza di intervento possono avere come
oggetto soltanto l'appoggio delle conclusioni di una delle parti in causa [art. 34,
secondo comma, e 46, primo comma, dello Statuto (CECA) della Corte]. Inoltre,
l'interveniente accetta il procedimento nello stato in cui questo si trova all'atto del
suo intervento (art. 116, n. 3, del regolamento di procedura).
- Ne consegue che la Repubblica federale di Germania, interveniente, non è
legittimata ad eccepire l'irricevibilità del ricorso e che il Tribunale non è quindi
tenuto a procedere all'esame dei motivi da essa al riguardo dedotti. (v., in
proposito, la sentenza della Corte 24 marzo 1993, causa C-313/90, CIRFS e
a./Commissione, Racc. pag. I-1125).
- Tuttavia, in forza dell'art. 113 del regolamento di procedura, il Tribunale può in
qualsiasi momento esaminare d'ufficio le eccezioni d'irricevibilità di ordine
pubblico, comprese quelle sollevate dagli intervenienti (v., al riguardo, sentenze
della Corte 11 luglio 1990, cause riunite C-305/86 e C-160/87, Neotype
Techmashexport/Commissione, Racc. pag. I-2945, e 15 giugno 1993, causa C-225/91,
Matra Commissione, Racc. pag. I-3203).
- Nella fattispecie, l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica federale di
Germania pone una questione di ordine pubblico, in quanto riguarda la
legittimazione ad agire della ricorrente nonché la sua legittimazione a ricorrere ai
rimedi giurisdizionali, e, secondo la giurisprudenza summenzionata, può quindi
costituire oggetto di esame d'ufficio da parte del Tribunale.
- In tale contesto, il Tribunale sottolinea il fatto che, secondo una costante
giurisprudenza, le associazioni ai sensi dell'art. 48 del Trattato, che riuniscono
imprese del settore siderurgico e che hanno lo scopo di rappresentare gli interessi
comuni dei loro membri, sono interessateai sensi dell'art. 33, secondo comma, del
Trattato da decisioni che autorizzano l'erogazione di aiuti statali a imprese
concorrenti (v. sentenza Wirtschaftsvereinigung Eisen-und
Stahlindustrie/Commissione, citata, punto 23).
- L'EISA è un'associazione che riunisce acciaierie europee indipendenti, il che
consente di presumere che le imprese siderurgiche pubbliche che usufruiscono degli
aiuti autorizzati dalle decisioni controverse siano imprese concorrenti delle imprese
membri dell'EISA. Orbene, come affermato dalla ricorrente, non è stato contestato
né dalla convenuta, né dalle intervenienti, ad eccezione della Repubblica federale
di Germania, che le imprese rappresentate dall'EISA siano effettivamente in
concorrenza con le imprese siderurgiche pubbliche che hanno usufruito degli aiuti
autorizzati dalle decisioni controverse. Quanto alla Repubblica federale di
Germania, essa si è limitata a sostenere che «non risultava» che i membri
dell'EISA fabbricassero prodotti identici a quelli dell'EKO Stahl o della Sächsische
Edelstahlwerke, senza peraltro svolgere argomenti sufficienti a mettere in
discussione la qualità di concorrenti delle imprese rappresentate dall'EISA.
- Ne consegue che il ricorso proposto dall'EISA va dichiarato ricevibile.
Sull'oggetto della domanda di annullamento
Argomenti delle parti
- Per quanto riguarda la domanda di annullamento della citata decisione 94/256,
riguardante l'impresa EKO Stahl AG (in prosieguo: la «EKO»), la Repubblica
federale di Germania sostiene che essa è divenuta senza oggetto, poiché la
Commissione con la citata decisione 21 dicembre 1994, 94/1075 ha revocato l'atto
impugnato.
- La ricorrente fa osservare che, anche se la decisione 94/256 riguardante la EKO
fosse stata ritirata dalla Commissione, la domanda di annullamento di tale
decisione non sarebbe per questo divenuta senza oggetto, in quanto la ricorrente
ha interesse a che il Tribunale dichiari l'illegittimità delle decisioni individuali che
autorizzano la concessione di aiuti di Stato al funzionamento ai sensi dell'art. 95,
primo e secondo comma, del Trattato per evitare eventuali ripetizioni di tale prassi.
- La Commissione conferma che, con la decisione 21 dicembre 1994, 94/1075, essa
ha proceduto alla «revoca-abrogazione» della decisione 94/256 ed afferma che, di
conseguenza, poiché il ricorso di annullamento è ormai privo di oggetto, per quanto
riguarda la decisione 94/256 non vi è luogo a statuire per il Tribunale.
Giudizio del Tribunale
- Il Tribunale ritiene infondata la tesi della ricorrente. Secondo una costante
giurisprudenza, non vi è luogo a statuire su un ricorso di annullamento allorché la
decisione impugnata è stata revocata e perciò è divenuta inapplicabile (v. ad es.,
l'ordinanza della Corte 19 ottobre 1983, causa 75/83, Ferriere San
Carlo/Commissione, Racc. pag. 3123). Orbene, è pacifico che la decisione
controversa è stata revocata, divenendo in tal modo inapplicabile. Il ricorso di
annullamento proposto dall'EISA contro la decisione 94/256 è quindi divenuto
privo di oggetto, senza che occorra esaminare i motivi che hanno indotto la
Commissione a revocare tale decisione.
- Di conseguenza, non vi è luogo a statuire sulla parte del ricorso nella quale si
chiede l'annullamento della decisione 94/256.
Nel merito del ricorso
- La ricorrente deduce, a sostegno della sua domanda di annullamento, due motivi
relativi, da una parte, alla violazione del Trattato e del codice degli aiuti nonché
ad uno sviamento di potere e, dall'altra, al carattere che si sostiene essere
retroattivo delle decisioni controverse.
Sul primo motivo relativo alla violazione del Trattato e del codice degli aiuti nonché
allo sviamento di potere
- Con il primo motivo, la ricorrente deduce in primo luogo l'inosservanza del divieto
degli aiuti di Stato che si sostiene essere previsto dal Trattato e dal codice degli
aiuti nonché uno sviamento di potere, in secondo luogo, la violazione dei requisiti
di applicazione dell'art. 95, primo comma, del Trattato e, in terzo luogo, la
violazione del principio di non discriminazione sancito dal Trattato.
Argomenti delle parti
- La ricorrente sostiene anzitutto che, nelle decisioni impugnate, la Commissione
riconosce espressamente che gli aiuti di cui trattasi sono incompatibili con il
Trattato e con il codice degli aiuti. Orbene, tale istituzione non sarebbe stata
legittimata a derogare al divieto degli aiuti stabilito da tali norme basandosi sull'art.
95, primo e secondo comma del Trattato. Infatti, l'adozione delle decisioni
controverse comporterebbe una effettiva modifica del Trattato e avrebbe richiesto
un preventivo emendamento di quest'ultimo, conformemente al procedimento
previsto dall'art. N del Trattato sull'Unione europea, in seguito all'abrogazione
dell'art. 96 del Trattato CECA, operata, con effetto 1° novembre 1993, dall'art. H,
punto 21, del detto Trattato.
- Al riguardo la ricorrente sostiene che, concedendo una serie di deroghe individuali,
senza precisare le circostanze che la inducevano a derogare alle disposizioni del
codice degli aiuti in favore delle cinque imprese destinatarie delle decisioni
controverse, la Commissione si è arrogata un potere troppo vago e generale, che
va oltre una interpretazione applicativa del Trattato prevista dall'art. 95, sia nel
primo comma che nel terzo e quarto e che, comunque, non consente di verificare
se le condizioni di applicazione di tali disposizioni siano soddisfatte.
- In particolare, le decisioni impugnate non si riferirebbero ad un caso non previsto
dal Trattato, in quanto quest'ultimo, al contrario, vieta espressamente gli aiuti di
Stato, all'art. 4, lett. c). La ricorrente contesta l'argomento della Commissione
secondo il quale le decisioni controverse non autorizzerebbero aiuti di Stato vietati
dall'art. 4, lett. c), del Trattato, bensì aiuti comunitari. Al riguardo, essa sostiene
che risulta in maniera esplicita dalle decisioni impugnate che quest'ultime
approvano aiuti nazionali e non aiuti comunitari. Sarebbe evidente che l'azione
della Commissione, si limitava ad autorizzare a determinate condizioni gli Stati
membri interessati a concedere alle loro imprese un aiuto di cui essi stessi avevano
stabilito l'importo e le modalità, al di fuori di qualsiasi ambito comunitario. In tal
modo, aggirando il divieto agli aiuti di Stato stabilito dal Trattato, seppure con uno
scopo che si sostiene essere conforme agli obiettivi del Trattato, le decisioni
impugnate lederebbero il principio di una Comunità di diritto.
- Secondo tale impostazione, la ricorrente ritiene che il carattere individuale delle
deroghe al divieto degli aiuti di Stato stabilito dal Trattato, concesse con le
decisioni impugnate, dimostri che esse non hanno come oggetto quello di risolvere
un caso non previsto dal Trattato, per realizzare gli obiettivi che esso stabilisce, ma
di risolvere le difficoltà che determinate imprese dovrebbero affrontare per
assoggettarsi alle norme del Trattato, il cui rispetto viene imposto ai loro
concorrenti. Tali decisioni sarebbero dirette infatti a legittimare determinati aiuti
di Stato che non potevano rientrare nella cornice normativa definita dal Trattato.
Inoltre, anche se il problema in questione potesse essere considerato come un caso
non previsto dal Trattato, tesi contestata dalla ricorrente, il fatto di basarsi sull'art.
95, primo e secondo comma del Trattato per adottare decisioni individuali allo
scopo di risolvere un problema generale costituirebbe uno sviamento di potere.
Infatti, l'avvalersi di queste disposizioni contrasterebbe con uno degli obiettivi
fondamentali del Trattato, vale a dire la parità di trattamento degli operatori
economici.
- La ricorrente sostiene inoltre che le condizioni d'applicazione dell'art. 95, primo
comma del Trattato, non sono soddisfatte dalle decisioni controverse. Con
l'autorizzazione degli aiuti al funzionamento, tali decisioni non rientrerebbero
nell'ambito del funzionamento del mercato comune dell'acciaio e non sarebbero
dirette alla realizzazione di uno degli obiettivi della Comunità. Inoltre, esse non
sarebbero necessarie a realizzare gli obiettivi perseguiti.
- In primo luogo, la ricorrente sostiene che le decisioni impugnate non rientrano
nell'ambito del funzionamento del mercato comune dell'acciaio e non tendono alla
realizzazione di uno degli scopi della Comunità definiti agli artt. 2, 3 e 4, come
prescrive l'art. 95, primo comma, del Trattato. Infatti, tali decisioni sarebbero
dirette a mantenere artificialmente produzioni eccedentarie, per mezzo di aiuti al
funzionamento. A sostegno della sua tesi, la ricorrente afferma anzitutto che le
decisioni impugnate non contengono le informazioni necessarie per comprovare la
validità economica dei piani di ristrutturazione presentati dagli Stati membri
interessati. Peraltro, la ricorrente esprime i suoi dubbi sul valore delle dichiarazioni
secondo le quali gli aiuti di cui trattasi sarebbero gli ultimi aiuti al funzionamento
autorizzati, poiché, in passato, la Commissione è stata già indotta a disattendere tali
impegni. Sotto tale aspetto, essa sostiene che, nelle sue conclusioni del 17 dicembre
1993, il Consiglio ha tenuto a precisare che si dichiara deciso ad evitare ogni nuova
deroga per aiuti a favore di una singola impresa fermo restando il diritto di ogni
Stato membro di chiedere una decisione ai sensi dell'art. 95. La ricorrente denuncia
le difficoltàemerse al momento della presentazione delle prime relazioni degli
Stati membri, come risulta dalla comunicazione della Commissione al Consiglio e
al Parlamento europeo, del 21 giugno 1994, intitolata «Rilanciare la ristrutturazione
siderurgica comunitaria», già citatanelle quali si troverebbe la Commissione
quando controlla il rispetto delle condizioni imposte dalle decisioni impugnate.
- Le decisioni impugnate contrasterebbero perciò con la realizzazione della maggior
parte degli obiettivi definiti dagli articoli summenzionati del Trattato, tenendo
artificialmente in vita imprese economicamente inefficienti, con il conseguente
protrarsi della situazione di sovraccapacità a cui è dovuta la crisi strutturale che
colpisce l'intero settore. In questo modo, esse non permetterebbero l'instaurarsi di
condizioni che garantiscano la ripartizione più razionale della produzione, previste
all'art. 2, secondo comma, del Trattato. Inoltre, gli aiuti in questione
migliorerebbero la posizione di mercato delle imprese beneficiarie la cui politica
di produzione e/o di prezzi risulterebbe agevolata dalle sovvenzioni. Dato che
contribuirebbero a falsare in modo artificiale le condizioni di concorrenza, detti
aiuti non sarebbero tali da garantire un livello di prezzi che permettano gli
ammortamenti necessari e una normale rimunerazione dei capitali impiegati [art.
3, lett. c), del Trattato], il mantenimento di condizioni che incoraggino le imprese
a sviluppare e a migliorare il loro potenziale di produzione [art. 3, lett. d)], il
livellamento delle condizioni di vita e di lavoro della manodopera [art. 3, lett. e)],
lo sviluppo degli scambi internazionali [art. 3, lett. f)], o l'espansione regolare e la
modernizzazione della produzione e il miglioramento della qualità [art. 3, lett. g)].
Infatti, la concessione di aiuti a determinate imprese siderurgiche metterebbe a
dura prova la capacità di sopravvivenza delle altre imprese, a causa dell'artificialemantenimento in attività dei loro concorrenti. Al riguardo, la ricorrente fa osservare
che, se è vero che il codice degli aiuti in vigore durante il periodo 1980-1985
prevedeva la possibilità di concedere aiuti al funzionamento, gli effetti di tali aiuti
sulla situazione concorrenziale delle imprese erano rigorosamente limitati, all'epoca,
dall'inquadramento della produzione e dai prezzi fissato dalla Commissione, dal
1980 al 1988, nell'ambito del regime di crisi manifesta previsto all'art. 58 del
Trattato.
- In secondo luogo, le decisioni controverse non sarebbero necessarie per attuare gli
scopi perseguiti, come esige l'art. 95, primo comma, del Trattato. Sotto tale aspetto,
la ricorrente contesta l'argomento della Commissione secondo il quale tali decisioni
rientrano nell'ambito di una politica generale di riduzioni di capacità subordinate
a misure d'accompagnamento, in linea con la relazione Braun del 29 gennaio 1993,
sopra menzionata. Essa fa osservare che tale politica generale poteva essere
realizzata tramite gli strumenti legislativi e regolamentari esistenti. Dato che il
codice degli aiuti autorizza esplicitamente gli aiuti alla chiusura, una riduzione di
capacità avrebbe potuto essere ottenuta per mezzo di misure sociali
d'accompagnamento, destinate a ridurre gli oneri delle imprese in caso di chiusura.
D'altronde questa sarebbe stata la soluzione consigliata nella relazione Braun che,
secondo la ricorrente, denuncia le conseguenze dannose che risultano dagli
interventi finanziari dei poteri pubblici, analoghi a quelli autorizzati, nella
fattispecie, dalle decisioni impugnate. Peraltro, la ricorrente precisa di non aver mai
partecipato all'elaborazione del piano di ristrutturazione approvato dal Consiglio
che, contrariamente alle affermazioni di tale istituzione, non sarebbe stato
elaborato «congiuntamente con l'industria siderurgica».
- Infine, la ricorrente sostiene che le decisioni impugnate comportano una
discriminazione tra produttori, il che sarebbe contrario all'art. 4, lett. b), del
Trattato. Essa contesta anzitutto che la chiusura di impianti aventi determinate
capacità di produzione da parte delle imprese beneficiarie degli aiuti, prevista
all'art. 3 delle decisioni controverse, dimostri l'insussistenza di qualsiasi
discriminazione tra tali imprese e gli altri produttori del settore siderurgico. In
particolare, la riduzione di capacità di 750 000 tonnellate all'anno per ogni miliardo
di ecu di aiuti concesso, applicata nelle decisioni controverse, sarebbe
particolarmente favorevole, se la si paragona a quella di 516 000 tonnellate per
400 000 ecu, che saranno versati solo dopo la chiusura, negoziata tra la
Commissione e la Bresciani, un'impresa siderurgica privata italiana. Inoltre,
risulterebbe, nella fattispecie, dalla tabella relativa alle riduzioni di capacità previste
nelle decisioni impugnate, prodotta dalla Commissione, che la maggior parte delle
chiusure sono programmate per la fine del periodo durante il quale gli aiuti sono
concessi. Nel corso di tale periodo, la competitività delle imprese beneficiarie
sarebbe in tal modo artificialmente aumentata. Inoltre, determinate riduzioni
sarebbero largamente compensate da nuovi investimenti. Questi ultimi
comporterebbero un aumento di capacità di 900 000 tonnellate sia per la CSI che
per la Siderurgia Nacional. Peraltro, talune riduzioni riguarderebbero capacità più
nominali che reali. Questo sarebbe il caso dell'Ilva, nella misura di almeno 300 000
tonnellate.
- Inoltre, essa fa osservare che la discriminazione consiste altresì nel fatto che le
imprese beneficiarie degli aiuti di cui trattasi possono, in occasione della loro
ristrutturazione, ridurre i loro oneri finanziari fino ad almeno un 3,5% del fatturato
annuo, il che corrisponderebbe alla media per le imprese siderurgiche comunitarie
(art. 4 della decisione 94/256 e art. 3 delle altre decisioni controverse). Le decisioni
impugnate permetterebbero in tal modo di riportare artificialmente alla media
comunitaria gli oneri finanziari di imprese che sono inefficienti sotto l'aspetto
economico e che, perciò avrebbero un tasso d'indebitamento nettamente più
elevato. La ricorrente aggiunge che la discriminazione denunciata non può essere
attribuita agli Stati membri interessati, come sostenuto dalla Commissione, anche
se gli aiuti di cui trattasi sono stati concessi da tali Stati. Prima di prendere qualsiasi
decisione in base all'art. 95, primo e secondo comma, la Commissione sarebbe
tenuta a verificare che essa non comporti alcuna discriminazione contraria agli
obiettivi previsti dall'art. 4, lett. b), del Trattato.
- La Commissione, sostenuta dagli intervenienti, nega che gli aiuti autorizzati con le
decisioni controverse siano incompatibili con il Trattato. Essa ammette che tali
aiuti, come erano stati comunicati dagli Stati membri interessati, erano
incompatibili con il Trattato ai sensi dell'art. 4, lett. c), già citato, del Trattato
stesso e del codice degli aiuti, in quanto aiuti nazionali, tenuto conto del fatto che
essi non rientravano nel campo d'applicazione della detta decisione. Essa precisa
tuttavia che gli aiuti di cui trattasi sono stati «comunitarizzati» con le decisioni
controverse che li autorizzano in base all'art. 95, primo e secondo comma, dopo
averli subordinati a condizioni rigorose, in modo che tali aiuti possono essere
considerati compatibili con il funzionamento del mercato comune.
- La Commissione chiarisce che essa era autorizzata ad adottare le decisioni
impugnate in base all'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato. Essa sostiene
che, malgrado l'adozione di codici di aiuti alla siderurgia sempre più rigorosi,
l'industria siderurgica della Comunità attraversa, dall'inizio degli anni 90, «la sua
crisi più grave dalla prima metà degli anni '80», come risulta dal preambolo delle
cinque decisioni impugnate. Nella sentenza 3 ottobre 1985, causa 214/83,
Germania/Commissione, Racc. pag. 3053, la Corte avrebbe riconosciuto che una
situazione di crisi è una situazione non prevista dal Trattato tale da giustificare un
intervento ai sensi dell'art. 95, primo e secondo comma, del detto Trattato. Il solo
limite che la Corte avrebbe stabilito all'azione della Commissione consisterebbe nel
fatto che quest'ultima «non può, comunque, autorizzare aiuti la cui concessione sia
atta a provocare una manifesta discriminazione fra il settore pubblico ed il settore
privato. In tal caso, infatti, la concessione degli aiuti in questione implicherebbe
distorsioni della concorrenza in misura incompatibile con l'interesse comune»
(sentenza 24 febbraio 1987, causa 304/85, Falck/Commissione, Racc. pag. 871,
punto 27). Nella fattispecie, gli aiuti autorizzati con le decisioni controverse non
comporterebbero alcuna discriminazione, in quanto in particolare la Commissione
ha subordinato tali autorizzazioni alla condizione che gli oneri finanziari netti delle
imprese beneficiarie non siano inferiori al 3,5% (e al 3,2% per l'impresa AST) del
loro fatturato annuo, il che corrisponderebbe alla media attuale per le imprese
siderurgiche comunitarie. Peraltro, subordinando l'autorizzazione degli aiuti di cui
trattasi a provvedimenti di compensazione proporzionali, sotto forma di riduzioni
importanti di capacità, le decisioni impugnate s'inquadrerebbero in un piano di
ristrutturazione globale attuato altresì nell'interesse delle imprese private.
- La Commissione sottolinea che la ricorrente non ha contestato che aiuti comunitari
potessero essere concessi in base all'art. 95 del Trattato nell'ambito di decisioni
generali. L'unica questione che si pone sarebbe quindi se aiuti alla chiusura
parziale, che non erano ammissibili alla luce del codice degli aiuti, potevano
costituire l'oggetto di decisioni individuali di approvazione in base a tali
disposizioni. Un'approvazione ad hoc, secondo la procedura istituita dall'art. 95,
sarebbe possibile, dato che essa persegue la stessa finalità ed è subordinata alle
stesse condizioni degli aiuti autorizzati nell'ambito dei codici successivi. La
Commissione ritiene che questo sia qui il caso in quanto le decisioni impugnate
prevedono le tre condizioni essenziali che costituiscono i presupposti delle
concessioni di aiuti di Stato nel settore della siderurgia, secondo la prassi seguita
costantemente da tale istituzione a partire dal 1980. In particolare, la Commissione
avrebbe verificato, nella maggioranza dei casi sulla base di relazioni redatte da
esperti indipendenti, che gli aiuti autorizzati garantissero la efficienza finanziaria
dell'impresa beneficiaria. L'importo dell'aiuto sarebbe stato limitato allo stretto
necessario. Infine, l'aiuto sarebbe stato subordinato ad una contropartita, sotto
forma di riduzioni di capacità proporzionate all'importo dell'aiuto, per conformarsi
all'interesse comune.
- Di conseguenza, la Commissione contesta che il potere da lei esercitato adottando
le decisioni controverse sia stato troppo vago e generale per inquadrarsi nell'ambito
definito dall'art. 95 del Trattato. Essa ammette, come sottolineato dalla ricorrente,
che «le decisioni impugnate non stabiliscono un quadro normativo che
permetterebbe a qualsiasi impresa che si trova nelle condizioni obiettive descritte
con la normativa di beneficiare di una deroga al divieto stabilito dall'art. 4, lett. c),
del Trattato». Tuttavia, tali decisioni individuali seguirebbero la stessa logica dei
vari codici emanati dal 1980 e stabilirebbero condizioni sufficientemente chiare e
precise, cosicché le censure avanzate dalla ricorrente sarebbero prive di qualsiasi
fondamento.
- In particolare, la Commissione sostiene che, contrariamente a quanto affermato
dalla ricorrente, le decisioni impugnate tendono alla realizzazione degli obiettivi
della Comunità, come prescritto dall'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato.
Essa rammenta di aver previsto, in base alla citata relazione Braun, due azioni
parallele e complementari consistenti, da un lato, nell'elaborazione di un
programma di riduzioni di capacità di almeno 19 milioni di tonnellate e, dall'altro,
nell'attuazione di misure di accompagnamento riguardanti il settore sociale, il
miglioramento delle strutture e la stabilizzazione del mercato e delle relazioni
esterne in base a norme esistenti, vale a dire in particolare il codice degli aiuti e
gli artt. 46, 53, lett. a), e 56 del Trattato (allegato 9 al controricorso), per facilitare
la realizzazione di tale programma. Le decisioni impugnate perseguirebbero gli
obiettivi definiti agli artt. 2 e 3 del Trattato poiché prevedono la soppressione
programmata di sovraccapacità nell'ambito di un piano globale, il risanamento delle
imprese interessate e, pertanto, il mantenimento di migliaia di posti di lavoro.
- La Commissione respinge altresì le critiche della ricorrente relative al meccanismo
di sorveglianza. Essa sostiene in particolare che le relazioni degli Stati membri non
sono rilevanti nella fattispecie poiché la validità di una decisione non può essere
intaccata da atti successivi alla sua adozione.
- Il Consiglio sottolinea, da parte sua, che le decisioni impugnate costituiscono una
parte essenziale del piano di ristrutturazione elaborato dalla Commissione in
concertazione con l'industria siderurgica alla luce delle nuove difficoltà emerse nel
settore siderurgico. Le decisioni impugnate si riferirebbero ad aiuti i quali, anche
se non fossero previsti dal Trattato, contribuirebbero alla realizzazione dei suoi
obiettivi, in particolare ad un risanamento del mercato mediante chiusure parziali
di impianti di produzione nell'ambito di un programma di riduzione definitiva di
capacità. Di conseguenza tali aiuti dovrebbero essere considerati come aiuti
comunitari che non sono vietati dall'art. 4, lett. c), del Trattato, il quale vieta gli
aiuti statali per il solo motivo che tali aiuti possono in via di principio comportare
distorsioni della concorrenza contrarie agli obiettivi del Trattato. Nella fattispecie,
tale disposizione non osterebbe quindi all'autorizzazione degli aiuti in questione,
ai sensi dell'art. 95, primo comma, del Trattato. Adottando le decisioni impugnate,
la Commissione non avrebbe ecceduto i poteri conferitile da tale articolo.
- La Repubblica federale di Germania rammenta che le decisioni impugnate si
inquadrano nell'ambito dell'attuale programma di ristrutturazione della siderurgia
comunitaria, adottato dal Consiglio nelle sue conclusioni del 25 febbraio 1993. Esse
sarebbero regolarmente basate sull'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato,
in quanto si riferiscono ad una situazione che non è prevista dal Trattato né dal
codice degli aiuti, non soltanto per l'aggravamento della situazione del mercato
siderurgico, ma anche perché le imprese tedesche di cui trattavasi erano soggette,
prima della fine del 1990, ad un'economia pilotata e pianificata. Il governo tedesco
mette altresì in rilievo il parallelismo tra il codice degli aiuti e le decisioni
impugnate nel perseguimento degli obiettivi fondamentali del Trattato. In entrambi
i casi, spetterebbe allo Stato membro decidere, secondo le regole nazionali, sulla
concessione di aiuti finanziati col bilancio nazionale e sulla scelta delle imprese
beneficiarie, persino nel caso gli aiuti vengano attribuiti in forza del codice degli
aiuti. Per quanto riguarda le riduzioni di capacità stabilite nelle decisioni
controverse, esse sarebbero conformi al rapporto abituale di 750 000 tonnellate per
ogni miliardo di ecu di aiuti. Inoltre, tali decisioni non porrebbero le imprese
beneficiarie in una situazione privilegiata nei confronti delle imprese concorrenti,
in quanto esse limitano l'importo degli aiuti autorizzati allo stretto necessario,
poiché ostano ad un alleggerimento dell'indebitamento al di là del livello abituale
nel settore e prevedono un autofinanziamento appropriato da parte degli investitori
privati.
- La Repubblica italiana sostiene, da parte sua, che gli aiuti di cui trattasi non sono
incompatibili con il mercato comune dell'acciaio, nei limiti in cui essi risultino
necessari alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti dagli artt. 2, 3 e
4 del Trattato. Essa chiarisce che gli interventi finanziati con le risorse statali non
contrastano di per sé con il Trattato quando perseguono gli obiettivi in esso
definiti. In particolare, l'art. 4, che metterebbe gli aiuti di Stato sullo stesso piano
dei dazi doganali e delle restrizioni quantitative, vieterebbe soltanto la concessione
di aiuti di Stato nell'ambito di una politica statale di protezione delle imprese
nazionali. La mancanza di un divieto generale degli aiuti statali sarebbe confermata
dal fatto che l'art. 5 del Trattato include le misure di sostegno finanziario alle
imprese tra gli strumenti utilizzabili da parte della Comunità nel compimento della
sua missione. Orbene, come sottolineato dal governo italiano, il criterio che
consente di stabilire se un aiuto è legittimo non è costituito dalla provenienza del
finanziamento, statale o comunitario, ma dalla sua conformità agli obiettivi del
Trattato. Nella fattispecie, le gravi crisi della siderurgia europea avrebbero imposto
un'azione della Comunità per tutelare sia la produzione sia l'occupazione. In tale
ambito, in mancanza della normativa specifica prevista dal Trattato la Commissione
poteva basarsi sull'art. 95, primo comma, del Trattato, per autorizzare gli aiuti di
cui trattasi.
- L'Ilva sostiene che, secondo la giurisprudenza della Corte, l'art. 95, primo comma,
mira ad istituire un sistema di deroga particolare al Trattato CECA per consentire
alla Commissione di fronteggiare situazioni impreviste che giustificano
interpretazioni applicative specifiche e temporanee del Trattato, vuoi sotto formadi una decisione individuale, vuoi sotto forma di una decisione che stabilisca un
ambito normativo per una serie imprecisata di applicazioni. Al riguardo, l'adozione
di una cornice normativa generale tuttavia non sarebbe necessaria, nel caso la
situazione non lo imponga, poiché il testo dell'art. 95, primo comma, non vi fa
alcun riferimento. Comunque, nella presente fattispecie, tale cornice sarebbe
fornita dalla risoluzione del Consiglio 25 febbraio 1993, già citata. In tale ottica,
l'Ilva sostiene che non può riconoscersi al codice degli aiuti un carattere esaustivo.
Esso tenderebbe soltanto a stabilire le condizioni fondamentali secondo le quali
determinate categorie di aiuti ben precisi possono essere considerati compatibili
con il Trattato. Non osterebbe in nessun modo all'adozione di decisioni
complementari che autorizzano aiuti estranei a tali categorie o non conformi alle
condizioni previste, nel caso in cui, al termine di un esame approfondito di tali
aiuti, la Commissione consideri che essi tendono alla realizzazione di uno degli
obiettivi del Trattato e che le altre condizioni d'applicazione dell'art. 95, primo
comma, sono soddisfatte.
- Nella fattispecie, gli aiuti in questione permetterebbero di ristrutturare le imprese
interessate e di ridurre le capacità di produzione. Essi tenderebbero in tal modo
ad evitare che le economie degli Stati membri affrontino turbamenti persistenti e
gravi, ai sensi dell'art. 2, secondo comma, del Trattato. Peraltro, il risanamento
delle imprese considerate permetterebbe di salvaguardare migliaia di posti di
lavoro, conformemente all'art. 2, secondo comma, e all'art. 3, lett. e) del Trattato,
e di potenziare al massimo l'efficienza dei loro strumenti di produzione, obiettivo
previsto dall'art. 3, lett. d) e g), nel rispetto dei principi di buona gestione
economica stabiliti all'art. 3, lett. c).
- Infine, l'Ilva contesta il carattere discriminatorio degli aiuti in questione. La
situazione delle imprese beneficiarie degli aiuti autorizzati con le decisioni
impugnate si differenzierebbe sufficientemente da quella dei loro concorrenti al
momento dell'autorizzazione degli aiuti, il che escluderebbe qualsiasi
discriminazione conformemente ad una giurisprudenza consolidata (sentenza
Germania/Commissione, citata). Inoltre, in ogni caso, tale discriminazione non
sarebbe imputabile alla Commissione bensì allo Stato membro al quale va fatta
risalire l'iniziativa di chiedere alla Commissione l'autorizzazione per taluni aiuti
(sentenza Falck/Commissione, citata).
Giudizio del Tribunale
Sull'asserita violazione del divieto di aiuti di Stato e sullo sviamento di potere
- La ricorrente sostiene, in sostanza, che, autorizzando gli aiuti di cui trattasi, con le
decisioni individuali controverse, la Commissione ha utilizzato i poteri che le
conferisce l'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, per aggirare il divieto
degli aiuti di Stato che sarebbe previsto dal Trattato e dal codice degli aiuti. La sua
tesi si basa sulla premessa che tale codice di cui essa non contesta formalmente
la validità definirebbe in modo vincolante e tassativo le categorie di aiuti di Stato
che possono essere autorizzate.
- A questo proposito, occorre ricordare anzitutto l'ambito normativo nel quale
rientrano le decisioni impugnate. L'art. 4, lett. c), del Trattato vieta, in via di
principio, gli aiuti di Stato, all'interno della Comunità europea del carbone e
dell'acciaio, nella misura in cui essi possono recare pregiudizio alla realizzazione
degli obiettivi essenziali della Comunità stabiliti dal Trattato, in particolare
all'instaurazione di un regime di libera concorrenza. Ai termini di detta
disposizione, «sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune del carbone
e dell'acciaio, e per conseguenza, sono aboliti e proibiti, alle condizioni previste dal
presente Trattato, nell'interno della Comunità: (...) c) le sovvenzioni o gli aiuti
concessi dagli Stati (...) in qualunque forma».
- Tuttavia, la presenza di siffatto divieto non significa che qualsiasi aiuto statale
nell'ambito della CECA debba essere considerato incompatibile con gli obiettivi del
Trattato. L'art. 4, lett. c), interpretato alla luce di tutti gli obiettivi del Trattato,
quali sono stabiliti dai suoi artt. 2-4, non mira ad ostacolare la concessione di aiuti
statali che possano contribuire alla realizzazione degli obiettivi del Trattato. Esso
riserva alle istituzioni comunitarie la facoltà di valutare la compatibilità col Trattato
e, se del caso, di autorizzare la concessione di siffatti aiuti, nel settore cui si applica
il Trattato. Tale analisi è confermata dalla sentenza 23 febbraio 1961, De
Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità (causa 30/59, Racc. pag.
1, parte in diritto, capitolo B.I.1.b., nono 'considerando, sesto capoverso, pag. 43),
in cui la Corte ha considerato che, come alcuni contributi finanziari non statali ad
imprese produttrici di carbone o d'acciaio, autorizzati dagli artt. 55, n. 2, e 58, n. 2,
del Trattato, possono essere assegnati soltanto dalla Commissione o previa sua
espressa autorizzazione, del pari l'art. 4, lett. c), dev'essere interpretato nel senso
che esso attribuisce alle istituzioni comunitarie una competenza esclusiva nel
settore degli aiuti all'interno della Comunità.
- Nel sistema del Trattato, l'art. 4, lett. c), non osta pertanto a che la Commissione
autorizzi, in via di deroga, aiuti presi in considerazione dagli Stati membri e
compatibili con gli obiettivi del Trattato, basandosi sull'art. 95, primo e secondo
comma, al fine di far fronte a situazioni impreviste (v. sentenza della Corte 12
luglio 1962, causa 9/61, Paesi Bassi/Alta Autorità, Racc. pag. 403, in particolare
pag. 437).
- Infatti, le disposizioni di cui sopra dell'art. 95 autorizzano la Commissione ad
adottare una decisione o una raccomandazione con parere conforme del Consiglio,
deliberante all'unanimità e previa consultazione del Comitato consultivo CECA, in
tutti i casi non previsti dal Trattato nei quali detta decisione o detta
raccomandazione appaia necessaria per attuare, mentre è in funzione il mercato
comune del carbone e dell'acciaio e conformemente alle disposizioni dell'art. 5, uno
degli scopi della Comunità, quali sono definiti agli artt. 2, 3 e 4. Dette disposizioni
stabiliscono che la stessa decisione o raccomandazione, presa nella medesima
forma, determina eventualmente le sanzioni applicabili. Ne consegue che, nella
misura in cui, a differenza del Trattato CE, il Trattato CECA non attribuisce alla
Commissione o al Consiglio alcun potere specifico al fine di autorizzare gli aiuti di
Stato, la Commissione è legittimata, in forza dell'art. 95, primo e secondo comma,
ad adottare tutti i provvedimenti necessari per raggiungere gli obiettivi del Trattato
e, pertanto, ad autorizzare, seguendo il procedimento che detto articolo istituisce,
gli aiuti che le appaiano necessari per conseguire tali obiettivi.
- La Commissione è così competente, in mancanza di disposizione specifica del
Trattato, ad adottare qualsiasi decisione generale o individuale necessaria alla
realizzazione degli obiettivi di quest'ultimo. L'art. 95, primo e secondo comma, che
le conferisce tale competenza, non contiene infatti alcuna precisazione quanto alla
portata delle decisioni che la Commissione può adottare. In tale ambito, spetta ad
essa valutare, in ciascun caso, quale di questi due tipi di decisioni, generali o
individuali, sia il più appropriato per raggiungere l'obiettivo o gli obiettivi
perseguiti.
- Nel settore degli aiuti di Stato, la Commissione si è avvalsa dello strumento
giuridico dell'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato avvalendosi di due
sistemi diversi. Essa ha, da un lato, adottato decisioni generali, i «codici degli
aiuti» che prevedono una deroga generale al divieto degli aiuti di Stato per
quanto riguarda talune determinate categorie di aiuti. D'altro canto, essa ha
adottato decisioni individuali che autorizzano alcuni aiuti specifici a titolo
eccezionale.
- Nella specie, il problema consiste pertanto nel determinare l'oggetto e la portata
rispettivi del codice degli aiuti e delle decisioni individuali controverse.
- A questo proposito, occorre ricordare che il codice degli aiuti vigente durante il
periodo considerato dalle decisioni impugnate è stato istituito con la precitata
decisione 27 novembre 1991, n. 3855/91/CECA. Si trattava del quinto codice degli
aiuti, entrato in vigore il 1° gennaio 1992 e rimasto in vigore fino al 31 dicembre
1996, come stabilito dal suo articolo 9. Basato sull'art. 95, primo e secondo comma,
del Trattato, tale codice si innestava espressamente nella serie dei codici precedenti
(v., in particolare, le decisioni della Commissione 27 novembre 1985,
n. 3484/85/CECA, e 1° febbraio 1989, n. 322/89/CECA, che istituiscono norme
comunitarie per gli aiuti alla siderurgia, rispettivamente GU L 340, pag. 1, e GU
L 38, pag. 8), ai quali ci si può dunque riferire per la sua interpretazione. Dalla sua
motivazione (v., in particolare, il punto I della motivazione della decisione
n. 3855/91) emerge che esso mirava anzitutto «a non privare la siderurgia del
beneficio degli aiuti a favore della ricerca e dello sviluppo nonché di quelli destinati
ad adattare gli impianti alle nuove norme sulla tutela dell'ambiente». Nell'intento
di ridurre le sovraccapacità produttive e di riequilibrare il mercato, esso autorizzava
del pari, a talune condizioni, «gli aiuti sociali destinati a favorire una chiusura
parziale di impianti nonché gli aiuti destinati a finanziare la cessazione definitiva
di attività CECA per le imprese meno competitive». Infine, esso vietava
espressamente gli aiuti in favore del funzionamento o degli investimenti, ad
eccezione degli «aiuti regionali in favore degli investimenti in taluni Stati membri».
Potevano fruire di siffatti aiuti regionali le imprese stabilite nel territorio della
Grecia, del Portogallo o dell'ex Repubblica democratica tedesca.
- Le cinque decisioni controverse sono state dal canto loro adottate dalla
Commissione in base all'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, per
consentire, secondo le loro motivazioni, la ristrutturazione di imprese siderurgiche
pubbliche in gravi difficoltà, negli Stati membri interessati, dove il settore
siderurgico attraversava in quel momento la crisi più grave, a causa del forte
deterioramento del mercato comunitario dell'acciaio. L'obiettivo essenziale degli
aiuti di cui trattasi, era il risanamento delle imprese beneficiarie. La Commissione
precisava, nelle decisioni impugnate, che la congiuntura difficilissima nella quale si
trovava l'industria siderurgica comunitaria era dovuta a fattori economici
ampiamente imprevedibili. Essa riteneva pertanto di trovarsi di fronte ad una
situazione eccezionale che non era specificamente prevista dal Trattato (punto IV
della motivazione).
- Il raffronto fra il quinto codice degli aiuti, da un lato, e le due decisioni
controverse, dall'altro, consente quindi di evidenziare che tali diversi atti si basano
sullo stesso fondamento giuridico, vale a dire l'art. 95, primo e secondo comma, del
Trattato, e introducono deroghe al principio del divieto generale degli aiuti
enunciato dall'art. 4, lett. c), del Trattato. Essi hanno una sfera di applicazione
diversa, in quanto il codice si riferisce in generale a talune categorie di aiuti che
esso considera compatibili col Trattato, mentre le decisioni controverse autorizzano,
per motivi eccezionali e una tantum, aiuti che, in via di principio, non potrebbero
essere considerati compatibili col Trattato.
- In tale prospettiva, la tesi secondo la quale la Commissione non era autorizzata a
derogare, con decisioni individuali, al divieto degli aiuti di Stato previsto, secondo
la ricorrente, non solo dall'art. 4, lett. c), del Trattato, ma anche dal codice degli
aiuti, non può essere accolta. Infatti, il codice costituisce una cornice giuridica
vincolante soltanto per gli aiuti compatibili col Trattato da esso elencati. In tale
materia, esso istituisce un sistema complessivo destinato a garantire un trattamento
uniforme, nell'ambito di un unico procedimento, di tutti gli aiuti che rientrano nelle
categorie da esso definite. La Commissione è vincolata da tale sistema soltanto
quando valuta la compatibilità col Trattato di aiuti considerati dal codice stesso.
Essa non può pertanto autorizzare siffatti aiuti mediante una decisione individuale
in contrasto con le norme generali stabilite dal codice (v. sentenze della Corte 29
marzo 1979, dette dei «cuscinetti a sfera», causa 113/77, NTN Toyo Bearing e
a./Consiglio, Racc. pag. 1185; causa 118/87, ISO/Consiglio, Racc. pag. 1277; causa
119/77, Nippon Seiko e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1303; causa 120/77,
Koyo Seiko/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1337; causa 121/77, Nachi
Fujikoshi e a./Consiglio, Racc. pag. 1363, nonché 21 febbraio 1984, cause riunite
140/82, 146/82, 221/82 e 226/82, Walzstahl-Vereinigung e Thyssen/Commissione,
Racc. pag. 951, e 14 luglio 1988, cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86,
Peine-Salzgitter e Hoogovens/Commissione, Racc. pag. 4309, e la precitata sentenza
CIRFS e a./Commissione).
- Al contrario, gli aiuti che non rientrano nell'ambito delle categorie esentate dal
divieto per effetto delle disposizioni del codice possono fruire di una deroga
individuale a tale divieto, qualora la Commissione ritenga, nell'ambito dell'esercizio
del suo potere discrezionale in forza dell'art. 95 del Trattato, che siffatti aiuti siano
necessari per il conseguimento degli obiettivi del Trattato. Infatti, il codice degli
aiuti mira soltanto ad autorizzare in generale, e a talune condizioni, deroghe al
divieto degli aiuti a favore di determinate categorie di aiuti da esso elencate in
modo completo. La Commissione non è competente in forza dell'art. 95, primo e
secondo comma, del Trattato, che riguarda unicamente i casi non previsti dal
Trattato (v. sentenza Paesi Bassi/Alta Autorità, già citata, punto 2), a vietare talune
categorie di aiuti, poiché siffatto divieto è già previsto dallo stesso Trattato, al suo
articolo 4, lett. c). Gli aiuti che non rientrano nelle categorie che il codice esenta
da detto divieto rimangono pertanto esclusivamente soggetti all'ambito di
applicazione dell'art. 4, lett. c). Ne consegue che, qualora siffatti aiuti risultino
tuttavia necessari per realizzare gli obiettivi del Trattato, la Commissione è
legittimata ad avvalersi dell'art. 95 del Trattato, al fine di far fronte a tale
situazione imprevista, se del caso, mediante una decisione individuale (v., sopra, i
punti 40-44).
- Nel caso di specie, le decisioni controverse che autorizzano aiuti di Stato al fine
di consentire la ristrutturazione di grandi gruppi siderurgici in taluni Stati membri
non rientrano nella sfera di applicazione del codice degli aiuti. Quest'ultimo
stabilisce, a determinate condizioni, deroghe di portata generale al divieto degli
aiuti di Stato per quanto riguarda esclusivamente gli aiuti alla ricerca e allo
sviluppo, quelli in favore della tutela dell'ambiente, gli aiuti alla chiusura degli
impianti nonché gli aiuti regionali alle imprese siderurgiche stabilite nel territorio
o in una parte del territorio di taluni Stati membri. Orbene, gli aiuti al
funzionamento e alla ristrutturazione di cui trattasi nella specie non rientrano
manifestamente in nessuna delle summenzionate categorie di aiuti. Ne consegue
che le deroghe autorizzate dalle decisioni impugnate non sono subordinate alle
condizioni enunciate dal codice degli aiuti e presentano pertanto una natura
complementare rispetto a quest'ultimo, ai fini del conseguimento degli obiettivistabiliti dal Trattato (v., in prosieguo, i punti 103-109).
- Di conseguenza, le decisioni controverse non possono essere considerate deroghe
ingiustificate al quinto codice degli aiuti, ma costituiscono atti che trovano, al pari
di quest'ultimo, la loro fonte nel disposto dell'art. 95, primo e secondo comma, del
Trattato.
- Pertanto, la tesi della ricorrente, secondo la quale le decisioni impugnate sarebbero
state adottate per favorire le imprese beneficiarie degli aiuti di cui trattasi,
modificando in modo dissimulato il codice degli aiuti, è priva di qualsiasi
fondamento. Infatti, la Commissione non poteva in alcun caso privarsi, con
l'adozione del codice degli aiuti, del potere attribuitole dall'art. 95 del Trattato di
adottare atti individuali per fronteggiare situazioni impreviste. Siccome, nella
specie, la sfera di applicazione del codice degli aiuti non riguardava le situazioni
economiche che avevano indotto la Commissione ad adottare le decisioni
controverse, questa era infatti legittimata a basarsi sull'art. 95 del Trattato per
autorizzare gli aiuti di cui trattasi, purché rispettasse i presupposti di applicazione
di detto articolo.
- Per tutti i motivi che precedono il motivo relativo alla violazione del divieto degli
aiuti di Stato ed allo sviamento di potere deve essere respinto.
- Sulla denunciata violazione dell'art. 95, primo comma del Trattato
- Occorre ricordare in limine che, come già rilevato, la Commissione, in forza
dell'art. 95, primo e secondo comma del Trattato, può autorizzare aiuti di Stato
all'interno della Comunità, ogni volta che la situazione economica nel settore
siderurgico rende necessaria l'adozione di misure di questo tipo per realizzare uno
degli obiettivi della Comunità.
- Tale condizione è soddisfatta in particolare quando il settore interessato si trova
di fronte a situazioni di crisi eccezionale. A questo proposito, la Corte ha
sottolineato, nella sentenza 3 ottobre 1985, causa 214/83, Germania/Commissione,
Racc. pag. 3053, punto 30 «lo stretto nesso che esiste, in fatto di applicazione del
Trattato CECA, in periodo di crisi, fra la concessione di aiuti all'industria
siderurgica e l'opera di riorganizzazione che si rende necessaria per questa
industria» (causa 214/83, Racc. pag. 3053, punto 30). La Commissione valuta
discrezionalmente, nell'ambito di detta applicazione, la compatibilità con i principi
fondamentali del Trattato degli aiuti destinati ad accompagnare i provvedimenti di
ristrutturazione.
- Nella specie, è pacifico che, all'inizio degli anni '90, la siderurgia europea ha
conosciuto una crisi improvvisa e grave, a causa dell'azione congiunta di più fattori,
quali la recessione economica internazionale, la chiusura dei tradizionali circuiti di
esportazione, la salita alle stelle della concorrenza delle imprese siderurgiche dei
paesi in via di sviluppo e la rapida crescita delle importazioni comunitarie di
prodotti siderurgici dai paesi membri dell'Organizzazione dei Paesi Esportatori di
Petrolio (O.P.E.C.). Tenendo conto di tale contesto di crisi si deve valutare, nella
specie, se gli aiuti di cui trattasi fossero necessari, come prescrive l'art. 95, primo
e secondo comma del Trattato, per realizzare gli obiettivi fondamentali del
Trattato.
- Le decisioni controverse indicano chiaramente, al punto IV della loro motivazione,
che esse mirano al risanamento del settore siderurgico negli Stati membri
interessati, per contribuire alla realizzazione degli obiettivi del Trattato definiti agli
artt. 2 e 3. Esse sono dirette, a tal fine, a conferire una struttura sana ed efficiente
alle imprese beneficiarie degli aiuti che esse autorizzano.
- Al riguardo vanno respinte le affermazioni della ricorrente, che contesta il fatto che
le decisioni controverse abbiano realmente lo scopo di ripristinare l'efficienza
economica delle imprese beneficiarie, poiché, da un lato, esse non conterrebbero
le informazioni necessarie per comprovare l'idoneità dei piani di ristrutturazione
comunicati dagli Stati membri interessati a ripristinare tale efficienza economica e,
dall'altro, niente garantirebbe che la Commissione non autorizzerà,
successivamente, la concessione di nuovi aiuti alle stesse imprese, come si sarebbe
già verificato in passato.
- Infatti, la cronistoria e la motivazione delle decisioni controverse dimostrano
l'esistenza di un'analisi approfondita della situazione di crisi attuale della siderurgia
europea e degli strumenti più idonei per farvi fronte. La Commissione aveva
conferito un mandato esplorativo ad un esperto indipendente, il signor Braun, il cui
compito consisteva nell'effettuare la rilev azione dei progetti di chiusura di imprese
del settore siderurgico e la cui relazione è stata presentata il 29 gennaio 1993. Tale
relazione, prodotta dalla Commissione, corroborava i dati contenuti nella
comunicazione 23 novembre 1992 della Commissione al Consiglio ed al Parlamento
(v. supra, punto 4). Inoltre, risulta dagli atti che la Commissione ha esaminato
minuziosamente, con l'ausilio di esperti esterni, i piani di ristrutturazione che
accompagnavano i progetti di aiuti considerati dagli Stati membri interessati, sotto
il profilo della loro capacità di garantire l'efficienza delle imprese beneficiarie
(punto III della motivazione delle decisioni controversa). Inoltre, le comunicazioni
della Commissione al Consiglio, nel corso del procedimento conclusosi con
l'adozione delle decisioni controverse, contengono altresì un esame approfondito
delle condizioni di efficienza economica dell'impresa beneficiaria dell'aiuto di cui
trattasi.
- Inoltre, le decisioni impugnate indicano chiaramente le parti principali dei piani di
ristrutturazione destinati ad essere attuati grazie alla concessione degli aiuti di cui
trattasi. Ne risulta che questi ultimi mirano a facilitare la privatizzazione delle
imprese pubbliche beneficiarie degli aiuti di cui trattasi o di alcuni dei loro
stabilimenti, la chiusura degli impianti non redditizi, la riduzione di talune capacità
eccedentarie, e la soppressione di posti di lavoroaccompagnata, eventualmente,
da misure sociali destinate a garantire un equilibrio tra le considerazioni di ordine
sociale e le esigenze legate alla produttività futura delle imprese interessate. Questi
diversi aspetti sono esposti in modo preciso e dettagliato (v. il punto II della
motivazione delle decisioni controverse). E' grazie all'insieme di tali punti che le
decisioni controverse tendono a dotare le imprese interessate di una struttura sana
e redditizia.
- Di conseguenza, il fatto di suggerirelimitandosi ad invocare l'inefficacia di
determinati aiuti precedenti, senza esaminare le misure concrete di ristrutturazione
previste nelle decisioni controverse per garantire l'efficienza economica delle
imprese beneficiarie, che gli aiuti di cui trattasi probabilmente non consentiranno
di conseguire i risultati previsti costituisce soltanto un'anticipazione di natura
meramente speculativa ed ipotetica. Quanto agli argomenti della ricorrente che si
riferiscono ad elementi successivi all'adozione delle decisioni impugnate, menzionati
in particolare nella comunicazione del 21 giugno 1994, essi sono in ogni casoanche
ammesso che siano fondati, il che non è dimostratoprivi di rilevanza ai fini della
valutazione concernente la regolarità di tali decisioni, che non può essere intaccata
da elementi successivi alla loro adozione.
- Dopo aver stabilito che le decisioni controverse mirano effettivamente a garantire
l'efficienza economica delle imprese beneficiarie degli aiuti in questione, occorre
verificare se, nel contesto della crisi attraversata dall'industria siderurgica (v., supra,
i punti 77-79), tale finalità fa parte degli obiettivi definiti dal Trattato ai suoi artt.
2 e 3, in particolar modo invocati nella motivazione di tali decisioni.
- Ciò posto, occorre ricordare anzitutto che, tenuto conto della diversità degli
obiettivi fissati dal Trattato, la funzione della Commissione consiste nel garantire
la permanente conciliazione dei vari obiettivi, avvalendosi del suo potere
discrezionale per soddisfare l'interesse comune, conformemente alla costante
giurisprudenza della Corte (v. sentenze della Corte 13 giugno 1958, causa 9/56,
Meroni/Alta Autorità, Racc. pag. 9, in particolare pag. 43; 21 giugno 1958, causa
8/57, Groupement des hauts fourneaux et aciéries belges/Alta Autorità, Racc. pag.
213, in particolare pag. 232, e 29 settembre 1987, cause riunite 351/85 e 360/85,
Fabrique de fer de Charleroi et Dillinger Hüttenwerke/Commissione, Racc. pag.
3639, punto 15). In particolare, nella sentenza 18 marzo 1980, Valsabbia e
a./Commissione (...), la Corte ha affermato che «se in una situazione normale di
mercato è necessario giungere a un compromesso fra le varie finalità, ciò vale
ancor più in una situazione di crisi, che giustifica l'adozione di provvedimenti
eccezionali che derogano alle norme ordinarie concernenti il funzionamento del
mercato comune dell'acciaio ed implicano manifestamente l'inosservanza di
determinate finalità di cui all'art. 3, fosse anche solo quella di cui al punto (c), ove
si prescrive di vegliare all'instaurazione dei prezzi più bassi» [(cause riunite 154/78,
205/78, 206/78, 226/78, 227/78, 228/78, 263/78, 264/78, 31/79, 39/79, 83/79 e 85/79,
Racc. pag. 907, punto 55)].
- Nella fattispecie, il Tribunale constata che le decisioni controverse conciliano vari
obiettivi del Trattato, al fine di salvaguardare interessi fondamentali. Infatti, i
provvedimenti considerati da queste decisioni, cioè la razionalizzazione
dell'industria siderurgica europea tramite il risanamento di alcuni gruppi, la
chiusura degli impianti obsoleti o poco competitivi, la riduzione delle capacità
produttive eccedentarie, la privatizzazione del gruppo Ilva al fine di garantirne la
redditività e la soppressione di posti di lavoro in una misura ragionevole
concorrono infatti a realizzare gli obiettivi del Trattato, tenuto conto della
particolarità del settore siderurgico e del fatto che il persistere, o addirittura
l'aggravarsi della crisi, avrebbe rischiato di provocare, nei sistemi economici degli
Stati membri interessati, sconvolgimenti estremamente gravi e persistenti. E'
pacifico che tale settore riveste, in più Stati membri, un'importanza fondamentale,
a causa dell'ubicazione degli impianti siderurgici in regioni caratterizzate da una
situazione di sottoccupazione e dell'ampiezza degli interessi economici in gioco. In
tali circostanze, eventuali decisioni di chiusura e di soppressione di posti di lavoro,
nonché l'assunzione del controllo delle imprese interessate da parte di società
private operanti secondo la pura legge del mercato, avrebbero potuto far sorgere,
in mancanza di provvedimenti di sostegno dell'autorità pubblica, gravissime
difficoltà di ordine pubblico, in particolare aggravando il problema della
disoccupazione e rischiando di creare una situazione di crisi economica e sociale
di rilevanti dimensioni.
- In tali circostanze, cercando di risolvere siffatte difficoltà mediante il risanamento
delle imprese siderurgiche beneficiarie degli aiuti di cui trattasi, le decisioni
controverse mirano inequivocabilmente a salvaguardare «la continuità
dell'occupazione» e ad evitare «di provocare, nell'economia degli Stati membri,
turbamenti fondamentali e persistenti», come prescritto dall'art. 2, secondo comma,
del Trattato. Inoltre, esse perseguono gli obiettivi sanciti dall'art. 3, relativi, fra
l'altro, al «mantenimento di condizioni che stimolino le imprese a sviluppare e
migliorare la loro capacità di produzione» [lett. d)] e a promuovere «l'espansione
regolare e l'ammodernamento della produzione e parimenti il miglioramento della
qualità, a condizione che evitino contro le industrie concorrenti qualunque
protezione» [lett. g)]. Infatti, esse mirano a razionalizzare l'industria siderurgica
europea in particolare mediante la definitiva chiusura di impianti obsoleti o poco
competitivi (ad esempio Bagnoli in Italia, Avilés, Gijón, Biscaye e Ansiao in
Spagna) e la riduzione irreversibile delle capacità produttive di taluni prodotti (ad
esempio a Taranto, in Italia), al fine di far fronte alla situazione di sovraccapacità
produttiva (v. art. 2 delle decisioni controverse). Esse rientrano così, con le altre
summenzionate quattro decisioni individuali, che autorizzano aiuti di Stato e che
sono state adottate lo stesso giorno, nell'ambito di un programma complessivo di
ristrutturazione duratura del settore siderurgico e di riduzione delle capacità
produttive nella Comunità (v., sopra, i punti 4-6). Sotto tale profilo, si deve
sottolineare che la finalità degli aiuti di cui trattasi non è quella di garantire la pura
e semplice sopravvivenza delle imprese beneficiarie il che sarebbe incompatibile
con l'interesse comune ma di ristabilire la loro redditività pur limitando al minimo
l'incidenza degli aiuti sulla concorrenza e vigilando sull'osservanza delle norme di
concorrenza leale.
- Ne consegue che le decisioni controverse mirano a salvaguardare l'interesse
comune, conformemente agli obiettivi del Trattato. La tesi della ricorrente, secondo
la quale tali decisioni sarebbero incompatibili con la maggior parte degli obiettivi
definiti dagli artt. 2 e 3 del Trattato, deve di conseguenza essere respinta.
- Va altresì respinta l'argomentazione della ricorrente, secondo la quale gli aiuti di
cui trattasi non sarebbero necessari a raggiungere gli obiettivi che essi perseguono.
Infatti, emerge dagli atti che le cinque decisioni controverse rientrano nell'ambito
di un programma globale di ristrutturazione dell'industria siderurgica e di riduzione
della capacità di produzione nella Comunità (v., supra, i punti 4-6). Orbene, non
si può contestare alla Commissione di aver mancato di far ricorso, nell'ambito di
tale programma, ad altri strumenti che comporterebbero distorsioni inferiori
rispetto a quelle causate dagli aiuti di cui trattasi, per ripristinare l'efficienza
economica delle imprese interessate. Quand'anche fosse stato possibile prendere
in considerazione ed applicare nella realtà soluzioni alternative, il che non è
dimostrato, l'esistenza di tali opzioni non sarebbe sufficiente di per sé a provare
che gli aiuti di cui trattasi non sono necessari ai sensi dell'art. 95, primo comma, del
Trattato e a viziare le decisioni controverse, poiché la soluzione adottata dalla
Commissione non è inficiata né da un manifesto errore di valutazione, né da uno
sviamento di potere. Infatti, non spetta al Tribunale esercitare un controllo
sull'opportunità della scelta effettuata dalla Commissione, col rischio di sostituire
la propria valutazione dei fatti a quella di tale istituzione.
- Emerge da quanto precede che la ricorrente non espone alcun argomento
convincente col quale si possa mettere in dubbio che le decisioni controverse siano
state adottate conformemente alle condizioni stabilite dall'art. 95, primo e secondo
comma, del Trattato.
Sull'asserita violazione del principio di non-discriminazione
- Secondo la ricorrente, il carattere discriminatorio delle decisioni controverse
deriverebbe specialmente dal fatto che, da una parte, esse non prescriverebbero
riduzioni di capacità sufficienti come contropartita degli aiuti di cui trattasi e,
dall'altra, permetterebbero di ridurre l'indebitamento delle imprese beneficiarie ditali aiuti.
- A questo scopo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, non
deve essere stabilito alcun «rapporto quantitativo preciso» fra «l'importo degli aiuti
e l'entità delle capacità produttive da eliminare» (v., al riguardo, la citata sentenza
Germania/Commissione, punto 33). Al contrario, i fattori che possono influenzare
gli importi esatti degli aiuti da autorizzare «non sono costituiti solo dal numero di
tonnellate di capacità produttiva da eliminare, ma comprendono anche altri dati,
che variano da una regione della Comunità all'altra», quali lo sforzo di
ristrutturazione, i problemi regionali e sociali causati dalla crisi dell'industria
siderurgica, lo sviluppo della tecnica e l'adeguamento delle imprese alle esigenze
del mercato (ibidem, punto 34). Ne consegue che la valutazione della Commissione
non può essere soggetta a un controllo che si basi unicamente su criteri economici.
Essa può legittimamente tener conto di un'ampia gamma di considerazioni di
ordine politico, economico o sociale, nell'ambito dell'esercizio del suo potere
discrezionale in forza dell'art. 95 del Trattato.
- Nella fattispecie, occorre constatare che, nelle cinque decisioni controverse, la
Commissione sottolinea espressamente che gli aiuti di cui trattasi devono essere
limitati all'importo strettamente necessario cosicché non alterino le condizioni della
concorrenza in modo contrario all'interesse comune. Essa ne deduce che occorre
prevedere adeguate contropartite, considerato l'importo degli aiuti approvati in via
eccezionale, per apportare un maggior contributo agli adeguamenti strutturali che
si impongono in tale settore.
- In tale ottica, essa stabilisce, al punto V dei motivi delle decisioni impugnate, il
livello, le modalità e il calendario delle chiusure degli stabilimenti o delle riduzioni
di capacità imposte alle imprese beneficiarie, riferendosi, se necessario, al piano di
ristrutturazione comunicato dallo Stato membro interessato. Orbene, occorre
sottolineare, al riguardo, che la ricorrente non sostiene alcun argomento che possa
dimostrare che tali chiusure o tali riduzioni di capacità siano insufficienti in
considerazione dell'importanza degli aiuti autorizzati e degli obiettivi perseguiti.
- In particolare, il raffronto effettuato dalla ricorrente tra la riduzione di capacità di
750 000 tonnellate all'anno per miliardo di ecu d'aiuto versato, applicato nelle
decisioni controverse, da un lato, e quella di 516 000 tonnellate per 400 000 ecu di
aiuti, adottata in occasione delle trattative tra la Commissione e l'impresa
siderurgica pubblica italiana Bresciani, dall'altra, non è rilevante, poiché essa non
tiene conto della situazione particolare delle imprese beneficiarie degli aiuti di cui
trattasi nella fattispecie e della specificità delle decisioni controverse, adottate per
far fronte ad una situazione di crisi eccezionale, in base all'art. 95, primo comma,
del Trattato, come è già stato rilevato (v. supra i punti 87 e 89). Nello stesso ordine
di idee, la censura avanzata per il fatto che la maggior parte delle chiusure
sarebbero state previste, in tali decisioni, alla fine del periodo di versamento degli
aiuti, non è fondata. Infatti, per fissare il termine di chiusura, la Commissione
poteva legittimamente tener conto della finalità di tali aiuti, che miravano al
ristabilimento dell'efficienza economica delle imprese di cui trattasi. Inoltre, e in
ogni caso le chiusure richieste, per esempio, sono state realizzate integralmente da
parte della Sidenor e fino ai due terzi da parte dell'Ilva, quando ancora l'aiuto
versato era molto modesto, secondo le precisazioni fornite dalla Commissione e
non contestate dalla ricorrente.
- Per quanto riguarda gli argomenti relativi all'aumento della capacità della CSI che
risulterebbe dai nuovi investimenti, il Tribunale constata che tale aumento, legato
alla creazione proposta di un impianto di laminazione a caldo a Sestao alla quale
si riferisce la ricorrente allorché essa sostiene che è stata aumentata la capacità di
produzione della CSI, è dissociato dal piano di ristrutturazione sostenuto con l'aiuto
autorizzato nella decisione controversa riguardante tale impresa (punto V, primo
comma, dei motivi di tale decisione). Per quanto riguarda l'aumento di capacità
della Siderurgia Nacional, emerge dall'art. 2 della decisione che la riguarda che,
come ha spiegato la Commissione, la sostituzione dell'altoforno della fabbrica di
Seixtal con un forno ad arco elettrico di una capacità di 900 000 tonnellate non
incide sull'obbligo di tale impresa di ridurre la sua capacità di produzione di
140 000 tonnellate di laminati a caldo.
- Infine, l'argomento secondo il quale le riduzioni di capacità dell'Ilva, fino a 300 000
tonnellate all'anno, sarebbero puramente teoriche, deve altresì essere respinto. Al
riguardo, emerge dalle indicazioni della Commissione che quest'ultima ha accettato,
per la chiusura della fabbrica di Bagnoliche aveva una capacità di produzione
massima di 1,25 di tonnellate l'announa riduzione di capacità di 300 000 tonnellate
l'anno, poiché la produzione di tale stabilimento era cessata. In mancanza di
qualsiasi indicazione contraria, tale riduzione di capacità non può essere
considerata priva di carattere effettivo, in quanto la riduzione di capacità non deve
essere stabilita sulla base della produzione effettiva dell'impresa, che è in funzione
della congiuntura, ma della capacità reale di produzione che può essere messa in
funzione rapidamente e con una spesa relativamente bassa.
- Di conseguenza, nessun elemento consente di presumere che le riduzioni di
capacità imposte nelle decisioni controverse non costituiscano una contropartita
adeguata alla concessione degli aiuti di cui trattasi considerando, da una parte,
l'importo degli aiuti e, dall'altra, sia gli obiettivi economici e sociali perseguiti da
tali decisioni sia la necessità di ridurre la capacità di produzione nell'ambito del
suddetto programma globale di ristrutturazione dell'industria siderurgica approvato
dal Consiglio.
- In secondo luogo, per quanto riguarda l'incidenza degli aiuti di cui trattasi sulla
concorrenza, occorre rammentare che, se è vero che qualsiasi aiuto può favorire
un'impresa rispetto ad un'altra, la Commissione non può, comunque, autorizzare
aiuti che comportino «distorsioni della concorrenza in misura incompatibile con
l'interesse comune» (sentenza Falck/Commissione, citata, punto 27).
Concretamente, l'obbligo della Commissione di agire nell'interesse comune non
significa, come da giurisprudenza della Corte, che tale istituzione debba «agire
nell'interesse di tutti gli amministrati senza eccezione, giacché il suo compito non
implica l'obbligo di agire solo a condizione di non ledere alcun interesse. Al
contrario, essa deve agire valutando i vari interessi ed evitando conseguenze
dannose, sempreché la decisione da adottare consenta ragionevolmente di farlo. La
Commissione può, nell'interesse comune, avvalersi del suo potere di decisione come
lo richiede la situazione, anche a danno di taluni interessi particolari» (sentenza
Valsabbia e a./Commissione, citata, punto 49).
- Nella fattispecie, il Tribunale constata che le decisioni controverse approvano la
concessione di aiuti destinati in particolare a porre rimedio all'eccessivo
indebitamento delle imprese interessate, in modo da permettere il ripristino
dell'efficienza economica di tali imprese (v. il punto II della motivazione delle
decisioni controverse). Esse limitano le misure di ristrutturazione finanziaria agli
importi strettamente necessari, per non alterare «le condizioni degli scambi nella
Comunità in misura contraria al comune interesse, in particolare alla luce delle
attuali difficoltà sul mercato siderurgico» (punto IV della motivazione delle
decisioni controverse). In particolare, per non dare alle imprese interessate un
indebito vantaggio rispetto ad altre imprese del settore, la Commissione controlla
specialmente, nelle decisioni controverse, che tali imprese non beneficino fin
dall'inizio di oneri finanziari netti ad un livello inferiore al 3,5 del fatturato annuo
(3,2% per l'AST, Acciai Speciali Terni), il che, secondo le indicazioni concordi delle
parti, rappresenta l'indebitamento medio delle imprese siderurgiche comunitarie.
Più in generale, le decisioni controverse impongono, al loro art. 2, un determinato
numero di condizioni destinate a garantire che l'aiuto al finanziamento si limiti allo
stretto necessario.
- Di conseguenza, il fatto di ridurre l'indebitamento delle imprese beneficiarie ad un
livello corrispondente all'indebitamento medio delle imprese siderurgiche
comunitarie non può essere considerato contrario all'interesse comune. Infatti,
nell'ambito della sua valutazione dei vari interessi in gioco, la Commissione ha
tenuto conto delle esigenze legate al risanamento finanziario delle imprese
interessate, necessario al ripristino della loro efficienza economica, pur evitando gli
effetti sfavorevoli per gli altri operatori economici nella misura in cui lo
consentivano l'oggetto stesso e lo scopo delle decisioni controverse.
- Ne consegue che il motivo relativo alla violazione del principio di non
discriminazione è infondato.
- Ne consegue che il primo motivo deve essere respinto.
Sul secondo motivo relativo all'asserito carattere retroattivo delle decisioni controverse
Argomenti delle parti
- La ricorrente sostiene che le decisioni impugnate, adottate il 12 aprile 1994 e
pubblicate il 3 maggio 1994, hanno carattere retroattivo in quanto l'autorizzazione
degli aiuti di cui trattasi sarebbe stata considerata acquisita in seguito al parere
favorevole emesso dal Consiglio il 17 dicembre 1993 e gli Stati membri interessati
avrebbero attuato i loro programmi di aiuti a partire da tale data. Lo attesterebbe
in particolare il fatto che tali decisioni prevedevano la comunicazione, per il 15
marzo 1994, da parte di ciascuno di tali Stati membri, della prima relazione
riguardante l'impresa beneficiaria e la sua ristrutturazione. Tale retroattività, per
la quale la Commissione non avrebbe dato alcuna giustificazione soddisfacente,
violerebbe i diritti della difesa, poiché la possibilità, per la ricorrente, di proporre
ricorso, sarebbe stata ritardata di quattro mesi. Inoltre, poiché ai sensi dell'art. 39
del Trattato, i ricorsi di annullamento non hanno effetto sospensivo, gli Stati
membri interessati potrebbero, secondo la ricorrente, basarsi sul principio di
protezione del legittimo affidamento per opporsi a qualsiasi richiesta di rimborso.
- La Commissione replica che la ritardata adozione delle decisioni emanate il 12
aprile 1994 anziché il 17 dicembre 1993, è imputabile soltanto a ragioni
amministrative, il che spiegherebbe come per la prima relazione degli Stati membri
interessati, sia indicata la data del 15 marzo 1994, che figurava nei progetti di
decisioni proposti al Consiglio nel mese di dicembre 1993. Peraltro, la Commissione
ritiene che il fatto che le decisioni siano state adottate soltanto il 12 aprile 1994
non abbia avuto alcuna conseguenza per la ricorrente, la quale aveva la possibilità
di contestarne la legittimità avvalendosi davanti ai giudici nazionali dell'effetto
diretto dell'art. 4, lett. c), del Trattato (sentenza della Corte 23 aprile 1956, cause
riunite 7/54 e 9/54, Groupement des industries sidérurgiques luxemburgeois/Alta
Autorità, Racc. pag. 51). Inoltre, la Commissione sostiene che, qualora le decisioni
impugnate fossero annullate dal Tribunale, essa sarebbe tenuta a richiedere il
rimborso degli aiuti di cui trattasi, per garantire l'effetto utile della sentenza del
Tribunale, conformemente all'art. 34 del Trattato (v. sentenza CIRFS/Commissione,
citata). In ogni caso, il motivo tratto dall'illegittimità del carattere retroattivo delle
decisioni impugnate sarebbe estraneo al presente ricorso, che riguarda soltanto la
legittimità di tali decisioni e non un'eventuale responsabilità della Commissione.
Giudizio del Tribunale
- Non si contesta l'esistenza di un ritardo sensibile nell'adozione delle decisioni
controverse dopo che era stato acquisito il parere del Consiglio: quest'ultimo ha
emesso il suo parere il 22 dicembre 1993, mentre le decisioni sono state adottate
il 12 aprile 1994. Limitandosi ad invocare «ragioni amministrative», la
Commissione non fornisce nessuna motivazione precisa al riguardo.
- Occorre di conseguenza stabilire se tale ritardo ha violato i diritti della ricorrente.
- Al riguardo, l'EISA sostiene che il ritardo di cui trattasi l'ha obbligata a proporre
il suo ricorso d'annullamento contro le decisioni controverse soltanto dopo che gli
aiuti erano stati verosimilmente già concessi dagli Stati membri in seguito al parere
del Consiglio. Tuttavia, anche ammettendo che gli aiuti fossero stati versati dopo
l'emissione del parere conforme del Consiglio, il che non è dimostrato, questa
circostanza non sarebbe stata tale da privare la ricorrente di un'adeguata tutela dei
suoi diritti. Infatti, come giustamente fa osservare la Commissione, la Corte ha
riconosciuto da molto tempo l'effetto diretto del divieto degli aiuti statali previsto
all'art. 4, lett. c), del Trattato (v. sentenza Groupement des industries sidérurgiques
luxembourgeoises/Alta Autorità, citata, pag. 87), e la ricorrente avrebbe potuto
avvalersene davanti ai giudici nazionali, al fine di far constatare l'illegittimità della
concessione degli aiuti di Stato prima della loro autorizzazione da parte della
Commissione. Inoltre, la giurisprudenza comunitaria ha riconosciuto ai singoli la
possibilità di ottenere un risarcimento nel caso in cui i loro diritti siano stati lesi da
una violazione di norme del diritto comunitario che abbiano effetto diretto (v.
sentenze della Corte 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du
pêcheur e Factortame, Racc. pag. I-1029, punti 20-36, e 8 ottobre 1996, cause
riunite C-178/94, C-179/94, C-188/94, C-189/94 e C-190/94, Dillenfoker e
a./Germania, Racc. pag. I-4845, punti 20-29)). La ricorrente beneficiava quindi di
un'adeguata tutela giuridica.
- Peraltro, va respinto l'argomento della ricorrente, secondo il quale l'asserito
versamento degli aiuti di cui trattasi prima dell'adozione delle decisioni controverse
avrebbe avuto come effetto di far nascere in capo alle imprese beneficiarie un
legittimo affidamento nella compatibilità di tali aiuti con il Trattato, affidamento
di cui esse potrebbero avvalersi nel caso in cui, in seguito all'eventuale
annullamento delle decisioni controverse da parte del Tribunale, la Commissione
ingiungesse agli Stati membri di recuperare gli aiuti. Infatti, tale argomento è
irrilevante nella fattispecie poiché non ha alcun nesso con la legittimità delle
decisioni controverse.
- Ne consegue che le decisioni controverse non sono illegittime a motivo del ritardo
della Commissione nella loro adozione.
- Ne risulta da quanto sopra esposto, che il ricorso è divenuto privo di oggetto per
quanto riguarda la domanda di annullamento della decisione 94/256 e che va
respinto per il resto.
Sulle spese
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Orbene, emerge da quanto
precede che l'EISAcon la sola eccezione della domanda che mira all'annullamentodella decisione 94/256, divenuta priva di oggettoè rimasta soccombente nella sua
domanda diretta all'annullamento delle decisioni controverse. Poiché la
Commissione e l'Ilva, interveniente a suo sostegno, hanno concluso in tal senso
l'EISA va condannata, in linea di principio, alle spese sostenute da queste.
- Quanto alla domanda d'annullamento della decisione 94/256, il Tribunale ha
pronunciato un parziale non luogo a statuire. Ora, in base all'art. 87, n. 6, del
regolamento di procedura il Tribunale può disporre secondo discrezionalità sulle
spese, in particolare considerato il fatto che, da una parte, la decisione controversa
è stata revocata dalla convenuta dopo la proposizione del ricorso di annullamento
e, dall'altra, la ricorrente non ha riconosciuto l'inutilità di mantenere la domanda
su tale punto e, non avendo desistito, non ha chiesto che le spese siano sopportate
parzialmente dalla Commissione visto l'atteggiamento di quest'ultima (v. l'art. 87,
n. 5, primo comma, del regolamento di procedura).
- Ne consegue che, ammettendo che le sei decisioni impugnate abbiano avuto, per
la ricorrente, la stessa importanza, quest'ultima va condannata a pagare i 5/6 delle
spese della Commissione, parte convenuta, nonché tutte le spese dell'Ilva.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le
istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Ne consegue che il
Consiglio, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica italiana,
intervenienti, dovranno sopportare le proprie spese.
Per questi motivi,IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
- Non occorre statuire sulla domanda di annullamento della decisione della
Commissione 12 aprile 1994, 94/256/CECA, relativa alla concessione da
parte della Germania di aiuti all'impresa siderurgica EKO Stahl AG,
Eisenhüttenstadt.
- Per il resto il ricorso è respinto.
- La ricorrente è condannata a pagare i 5/6 delle spese della convenuta e
tutte le spese dell'Ilva Laminati Piani Spa, interveniente.
- Il Consiglio, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica italiana
sopporteranno ognuno le proprie spese.
Saggio Kalogeropoulos Tiili Potocki Moura Ramos
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Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 ottobre 1997.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
A. Saggio
1: Lingua processuale: il francese.
Racc.