Causa T‑297/11

Buzzi Unicem SpA

contro

Commissione europea

«Concorrenza – Procedimento amministrativo – Decisione di richiesta di informazioni – Necessità delle informazioni richieste – Principio di buona amministrazione – Obbligo di motivazione – Proporzionalità»

Massime – Sentenza del Tribunale (Settima Sezione) del 14 marzo 2014

1.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Indicazione del fondamento giuridico e dello scopo della richiesta – Portata – Inosservanza dell’obbligo di motivazione – Insussistenza

(Art. 101 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18, § 3)

2.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Rispetto dei diritti della difesa – Possibilità per l’impresa interessata di avvalersi pienamente di detti diritti solo dopo l’invio della comunicazione degli addebiti

(Art. 101 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003)

3.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Indicazione del fondamento giuridico e dello scopo della richiesta – Necessità di un collegamento tra le informazioni richieste e l’infrazione oggetto d’indagine – Margine di discrezionalità della Commissione – Sindacato giurisdizionale – Portata

(Art. 101 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18, § 3)

4.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Diritti della difesa – Rispetto del principio generale del diritto dell’Unione che prescrive una tutela contro gli interventi arbitrari o sproporzionati delle pubbliche autorità

(Art. 101 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18, § 3)

5.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Poteri della Commissione – Possibilità di rivolgere una domanda che richieda una formattazione dei dati richiesti – Limiti

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18)

6.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Diritti della difesa – Diritto al silenzio assoluto – Insussistenza – Diritto di rifiutarsi di fornire una risposta che implicherebbe il riconoscimento di un’infrazione

(Art. 101 TFUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47 e 48, § 2; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18)

7.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Diritti della difesa – Diritto di rifiutarsi di fornire una risposta che implicherebbe il riconoscimento di un’infrazione – Domande della Commissione aventi per conseguenza simili risposte – Valutazione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18)

8.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Poteri della Commissione – Limite – Necessità di un collegamento tra le informazioni richieste e l’infrazione oggetto d’indagine – Carattere pubblico delle informazioni richieste

(Art. 101 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18, § 1)

9.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Poteri della Commissione – Limite – Rispetto del principio di proporzionalità – Richiesta d’informazioni già in possesso della Commissione – Violazione di detto principio – Richiesta volta ad ottenere precisazioni rispetto ad informazioni fornite precedentemente – Ammissibilità

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18, § 3)

10.    Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Modalità – Scelta da operare tra una semplice richiesta di informazioni e una decisione – Rispetto del principio di proporzionalità – Sindacato giurisdizionale

(Art. 101 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18, §§ da 1 a 3)

11.    Concorrenza – Procedimento amministrativo – Richiesta di informazioni – Obbligo per la Commissione di esaminare con diligenza e imparzialità tutti gli elementi pertinenti – Invio di più richieste successive – Violazione del principio di buona amministrazione – Insussistenza

(Art. 101 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18)

1.      Gli elementi essenziali della motivazione di una decisione di richiesta di informazioni sono definiti dallo stesso articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. Tale disposizione prevede che la Commissione indichi le basi giuridiche e lo scopo della domanda, precisi le informazioni richieste e stabilisca un termine entro il quale esse devono essere fornite. L’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 precisa, inoltre, che la Commissione deve indicare altresì le sanzioni previste dall’articolo 23, deve indicare o comminare le sanzioni di cui all’articolo 24 e fare menzione inoltre del diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso la decisione. Al riguardo, la Commissione non è tenuta a comunicare al destinatario di una decisione siffatta tutte le informazioni di cui è in possesso in merito a presunte infrazioni, né a procedere ad una rigorosa qualificazione giuridica delle infrazioni stesse, ma essa deve precisare chiaramente le supposizioni che intende verificare.

Pertanto, sebbene la motivazione di una decisione redatta in termini molto generali, che avrebbero meritato una precisazione, sia a tal proposito criticabile, può tuttavia considerarsi che un riferimento a presunte infrazioni, letto congiuntamente ad una decisione di avvio del procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, corrisponda al grado minimo di chiarezza che consente di concludere che le prescrizioni dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento predetto sono state rispettate.

(v. punti 22, 23, 30, 36)

2.      Nel procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 1/2003, è solo dopo l’invio della comunicazione degli addebiti che l’impresa interessata può pienamente avvalersi dei suoi diritti della difesa. Laddove, infatti, tali diritti fossero estesi alla fase che precede l’invio della comunicazione degli addebiti, risulterebbe compromessa l’efficacia dell’indagine della Commissione, in quanto l’impresa interessata sarebbe in grado, già dalla fase d’indagine preliminare, di identificare le informazioni note alla Commissione e, pertanto, quelle che possono esserle ancora nascoste.

Tuttavia, le misure istruttorie adottate dalla Commissione nel corso della fase di indagine preliminare, segnatamente le misure di accertamento e le richieste di informazioni, implicano per loro natura la contestazione di un’infrazione e sono atte a determinare conseguenze importanti sulla situazione delle imprese sospettate. È dunque importante evitare che i diritti della difesa possano essere irrimediabilmente compromessi nel corso di questa fase del procedimento amministrativo, posto che le misure istruttorie adottate possono avere un carattere determinante per la costituzione delle prove dell’illegittimità di comportamenti delle imprese atti a far sorgere la loro responsabilità.

Non si può tuttavia imporre alla Commissione di indicare, al momento della fase di indagine preliminare, oltre alle presunte infrazioni che essa intende verificare, gli indizi, vale a dire gli elementi che la inducono a considerare l’ipotesi di una violazione dell’articolo 101 TFUE. In effetti, un obbligo del genere rimetterebbe in discussione l’equilibrio stabilito dalla giurisprudenza tra preservare l’efficacia delle indagini e preservare i diritti della difesa dell’impresa interessata.

(v. punti 26, 27, 31)

3.      L’obbligo, imposto dall’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 alla Commissione, di indicare la base giuridica e lo scopo della richiesta di informazioni costituisce un’esigenza fondamentale al fine di far apparire il carattere giustificato delle informazioni richieste alle imprese interessate, ma anche di consentire alle stesse di comprendere la portata del loro dovere di collaborazione pur facendo salvi nel contempo i loro diritti di difesa. Ne consegue che la Commissione può chiedere soltanto la comunicazione di informazioni che le consentano di accertare le presunte infrazioni che giustificano lo svolgimento dell’inchiesta e sono indicate nella richiesta di informazioni.

Tenuto conto dell’ampio potere di controllo e di accertamento della Commissione, spetta a quest’ultima valutare la necessità delle informazioni che essa richiede alle imprese interessate. Per quanto riguarda il controllo che il Tribunale esercita su tale valutazione della Commissione, la nozione di «informazioni necessarie» deve essere interpretata in funzione delle finalità per le quali sono stati conferiti alla Commissione i poteri di accertamento di cui trattasi. L’esigenza di una correlazione tra la richiesta di informazioni e la presunta infrazione è quindi soddisfatta allorché, in questa fase del procedimento, si può legittimamente considerare che tale richiesta presenti un rapporto con la presunta infrazione, nel senso che la Commissione possa ragionevolmente supporre che il documento le sarà utile nell’accertare l’esistenza dell’infrazione.

(v. punti 28, 85)

4.      V. il testo della decisione.

(v. punti 43, 44)

5.      Giacché occorre intendere per fornitura di informazioni ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 non solo la produzione di documenti, ma anche l’obbligo di rispondere a domande riguardanti tali documenti, la Commissione non è limitata a richiedere solo di produrre dati esistenti indipendentemente da qualsiasi intervento dell’impresa interessata. Essa può pertanto rivolgere ad un’impresa domande che richiedono una formattazione dei dati richiesti.

Tuttavia, l’esercizio di tale prerogativa è delimitato dal rispetto di almeno due principi. Da un lato, le domande rivolte ad un’impresa non possono costringerla ad ammettere di aver commesso un’infrazione. Dall’altro, la fornitura delle risposte a tali questioni non deve rappresentare un onere sproporzionato rispetto alle necessità dell’indagine.

(v. punti 56, 57)

6.      Il diritto al silenzio assoluto non può essere riconosciuto a un’impresa destinataria di una decisione di richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. Infatti, il riconoscimento di un diritto siffatto andrebbe oltre quanto è necessario per preservare i diritti della difesa delle imprese e costituirebbe un ostacolo ingiustificato allo svolgimento, da parte della Commissione, del compito di vigilanza sul rispetto delle regole di concorrenza nel mercato comune. Un diritto al silenzio può essere riconosciuto all’impresa interessata soltanto nei limiti in cui essa sarebbe costretta a fornire risposte attraverso le quali sarebbe indotta ad ammettere l’esistenza dell’infrazione, che deve essere provata dalla Commissione.

Per preservare l’effetto utile dell’articolo 18 del regolamento n.1/2003, la Commissione può quindi obbligare le imprese a fornirle tutte le informazioni necessarie per quanto attiene ai fatti di cui esse possono avere conoscenza e a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui siano in possesso, anche se essi possono servire ad accertare l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale. Tale potere di richiedere informazioni della Commissione non contrasta né con l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, né con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Esso non è neppure contrario agli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Il fatto di essere obbligati a rispondere a domande vertenti puramente su aspetti di fatto poste dalla Commissione e a soddisfare le richieste della stessa di produrre documenti preesistenti non è idoneo a costituire una violazione del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, enunciato all’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, o di quello del diritto ad un processo equo, enunciato all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che offrono, nel settore del diritto della concorrenza, una protezione equivalente a quella garantita dall’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Nulla impedisce, infatti, al destinatario di una richiesta di informazioni di dimostrare, in un momento successivo nell’ambito del procedimento amministrativo o nel corso di un procedimento dinanzi al giudice dell’Unione, che i fatti esposti nelle sue risposte o i documenti comunicati hanno un significato diverso da quello considerato dalla Commissione.

(v. punti 60‑62)

7.      Per quanto riguarda le risposte alle domande che la Commissione potrebbe rivolgere alle imprese, occorre distinguere a seconda che esse possano essere qualificate come puramente fattuali o meno. È solo nel caso in cui una domanda non possa essere qualificata come attinente puramente ai fatti che occorre verificare se essa implichi una risposta attraverso la quale l’impresa interessata sarebbe indotta ad ammettere l’esistenza dell’infrazione, che deve essere provata dalla Commissione.

A tal riguardo occorre distinguere tra due tipi di situazioni. Da un lato, ove la Commissione constati una violazione delle norme sulla concorrenza basandosi sulla supposizione che i fatti accertati possono trovare spiegazione soltanto in funzione della sussistenza di un comportamento anticoncorrenziale, il giudice dell’Unione sarà indotto ad annullare la decisione di cui trattasi qualora le imprese interessate adducano un’argomentazione che ponga in una luce diversa i fatti accertati dalla Commissione e che consenta, quindi, di sostituire una spiegazione plausibile dei fatti diversa da quella considerata dalla Commissione per concludere per la sussistenza di un’infrazione. Infatti, in un’ipotesi del genere, non si può considerare che la Commissione abbia fornito la prova della sussistenza di un’infrazione al diritto della concorrenza. Questioni che, pur se non possono essere qualificate come puramente attinenti ad aspetti di fatto, comportano una risposta la cui interpretazione, presa in considerazione dalla Commissione, potrà essere contestata dall’impresa interessata con tali modalità non creano a vantaggio di quest’ultima un diritto al silenzio.

D’altro lato, qualora la Commissione sia stata in grado di dimostrare la partecipazione di un’impresa a riunioni tra imprese aventi carattere manifestamente anticoncorrenziale, incombe a quest’ultima fornire una diversa spiegazione del contenuto di tali riunioni. Del pari, quando la Commissione si basa su elementi di prova che sono, in linea di principio, sufficienti a dimostrare l’esistenza dell’infrazione, l’impresa interessata non può limitarsi ad evocare la possibilità che si sia verificata una circostanza atta a pregiudicare il valore probatorio di tali elementi di prova affinché la Commissione abbia l’onere di dimostrare che detta circostanza non ha potuto incidere sul loro valore probatorio. Al contrario, a meno che la prova in questione non possa essere fornita dall’impresa interessata a causa del comportamento della stessa Commissione, incombe all’impresa interessata dimostrare adeguatamente, da un lato, la sussistenza della circostanza da essa invocata e, dall’altro, che tale circostanza mette in discussione il valore probatorio degli elementi di prova sui quali si basa la Commissione. Relativamente a questioni che avrebbero per oggetto o per effetto di indurla a fornire alla Commissione elementi del genere, un’impresa dispone necessariamente del diritto al silenzio. In caso contrario, infatti, essa sarebbe indotta ad ammettere l’esistenza dell’infrazione, che deve essere provata dalla Commissione.

(v. punti 63, 75‑77)

8.      Informazioni, come quelle sui codici di avviamento postale dei siti di approvvigionamento, sui siti di destinazione e sul luogo di consegna oppure sulle distanze percorse dal prodotto, dal luogo di approvvigionamento all’indirizzo di consegna, pur se sono per loro natura reperibili dalla Commissione, costituiscono il complemento logico di informazioni in possesso unicamente dell’impresa. Pertanto la loro eventuale natura pubblica non è atta ad impedire che esse possano essere considerate necessarie ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.

(v. punti 87, 88)

9.      Perché una decisione di richiesta di informazioni possa rispettare il principio di proporzionalità, non è sufficiente che l’informazione richiesta sia connessa all’oggetto dell’indagine. Occorre altresì che l’obbligo di fornire un’informazione, imposto ad un’impresa, non costituisca per quest’ultima un onere sproporzionato rispetto alle necessità dell’inchiesta.

Se ne deve dedurre che una decisione che impone al destinatario di fornire nuovamente informazioni richieste in precedenza per il motivo che solo talune di esse sarebbero, secondo la Commissione, non esatte potrebbe apparire come costituente un onere sproporzionato rispetto alle necessità dell’indagine e non sarebbe conforme, pertanto, né al principio di proporzionalità né al requisito di necessità. È, infatti, possibile per la Commissione, in una situazione del genere, delimitare con precisione le informazioni che ritiene debbano essere corrette dall’impresa interessata.

Del pari, l’intento di agevolare la trattazione delle risposte fornite dalle imprese non può giustificare che sia imposto a queste ultime di fornire, con un nuovo formato, informazioni già in possesso della Commissione. Pur se le imprese hanno un obbligo di collaborazione attiva, il quale implica che esse tengono a disposizione della Commissione tutti gli elementi di informazione riguardanti l’oggetto dell’indagine, detto obbligo di collaborazione attiva non può arrivare sino alla formattazione delle informazioni già in possesso della Commissione.

Orbene, una decisione della Commissione che richiede la fornitura di informazioni più precise di quelle fornite fino a quel momento deve essere considerata giustificata dalle necessità dell’indagine. In effetti, la ricerca di tutti gli elementi pertinenti che confermano o smentiscono l’esistenza di una violazione delle regole di concorrenza può comportare che la Commissione chieda alle imprese di precisare o di fornire dettagli riguardo a talune informazioni di ordine fattuale che le sono state in precedenza comunicate. Pertanto, la circostanza che la decisione di richiesta di informazioni miri ad ottenere vuoi nuove informazioni vuoi informazioni più dettagliate è idonea a giustificare la necessità delle informazioni richieste.

(v. punti 97‑99, 101, 104)

10.    Il principio di proporzionalità, che costituisce parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni non eccedano i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti.

In forza dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può richiedere informazioni ad un’impresa mediante semplice domanda o con decisione, senza che tale disposizione subordini l’adozione di una decisione ad una previa semplice domanda. La scelta da essa operata tra una semplice domanda di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e una decisione di richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, dello stesso regolamento rientra nell’ambito del controllo di proporzionalità che spetta al giudice dell’Unione. Un tale controllo deve dipendere dalle necessità di un’istruttoria adeguata, tenuto conto delle particolarità della fattispecie.

(v. punti 118‑121)

11.    Allorché le istituzioni dell’Unione dispongono di un potere discrezionale, il rispetto delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi riveste un’importanza ancor più fondamentale. Fra queste garanzie si annoverano, in particolare, l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare con diligenza e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie. Qualora la richiesta d’informazioni, pur avendo un oggetto affine a quello delle precedenti domande di informazioni, si distingua per il grado di precisione delle sue domande o per la presenza di nuovi quesiti, circostanze quali l’ampiezza dell’indagine svolta dalla Commissione e il numero di imprese interessate, come pure la tecnicità del mercato dei prodotti interessato, sono idonee a giustificare il fatto che la Commissione emani in successione più richieste di informazioni che in parte si sovrappongono, senza violare il principio di buona amministrazione.

(v. punti 147, 148)