CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA
presentate il 2 aprile 2020(1)
Causa C‑3/19
Asmel società consortile a r.l.
contro
A.N.A.C. - Autorità Nazionale Anticorruzione,
nei confronti di:
A.N.A.C.A.P. - Associazione Nazionale Aziende Concessionarie Servizi entrate
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato, (Italia)]
«Rinvio pregiudiziale – Aggiudicazione di appalti pubblici – Centrali di committenza – Piccoli comuni – Limitazione a soli due modelli organizzativi pubblici di centrale di committenza – Divieto di intervento di capitale privato – Margine di discrezionalità degli Stati membri – Limitazione territoriale delle relative attività»
1. Il diritto italiano vigente all’epoca dei fatti, come interpretato dal Consiglio di Stato (Italia), consente che gli enti locali di piccole dimensioni ricorrano a centrali di committenza per l’acquisto di lavori, beni e servizi, purché ciò avvenga secondo modelli organizzativi esclusivamente pubblicistici, quali i consorzi tra comuni o le unioni di comuni.
2. Il giudice del rinvio dubita che tale misura sia compatibile con il diritto dell’Unione, in quanto potrebbe limitare il ricorso alle centrali di committenza in modo non compatibile con la direttiva 2004/18/CE (2), applicabile ratione temporis alle date indicate nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, e con «i principi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza nell’ambito degli appalti pubblici».
I. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione. Direttiva 2004/18
3. Ai sensi del quindicesimo considerando:
«In alcuni Stati si sono sviluppate tecniche di centralizzazione delle committenze. Diverse amministrazioni aggiudicatrici sono incaricate di procedere ad acquisti o di aggiudicare appalti pubblici/stipulare accordi quadro destinati ad altre amministrazioni aggiudicatrici. Tali tecniche consentono, dato il volume degli acquisti, un aumento della concorrenza e dell’efficacia della commessa pubblica. Occorre pertanto prevedere una definizione comunitaria di centrale di committenza destinata alle amministrazioni aggiudicatrici. Occorre altresì fissare le condizioni in base alle quali, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento, le amministrazioni aggiudicatrici che acquistano lavori, forniture e/o servizi facendo ricorso ad una centrale di committenza possono essere considerate come aventi rispettato le disposizioni della presente direttiva».
4. Il sedicesimo considerando dispone quanto segue:
«Al fine di tener conto delle diversità esistenti negli Stati membri, occorre lasciare a questi ultimi la facoltà di prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere ad accordi quadro, a centrali di committenza, ai sistemi dinamici di acquisizione ad aste elettroniche e al dialogo competitivo, quali sono definiti e disciplinati dalla presente direttiva».
5. L’articolo 1 («Definizioni») dispone quanto segue:
«(...)
9. Si considerano “amministrazioni aggiudicatrici”: lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico.
Per “organismo di diritto pubblico” s’intende qualsiasi organismo:
a) istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale,
b) dotato di personalità giuridica, e
c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
Gli elenchi, non limitativi, degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico che soddisfano i criteri di cui al secondo comma, lettere a), b), e c), figurano nell’allegato III. Gli Stati membri notificano periodicamente alla Commissione le modificazioni intervenute nei loro elenchi.
10. Una “centrale di committenza” è un’amministrazione aggiudicatrice che:
– acquista forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici, o
– aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici.
(...)».
6. L’articolo 11 («Appalti pubblici e accordi quadro stipulati da centrali di committenza») così dispone:
«1. Gli Stati membri possono prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di acquistare lavori, forniture e/o servizi facendo ricorso ad una centrale di committenza.
2. Le amministrazioni aggiudicatrici che acquistano lavori, forniture e/o servizi facendo ricorso ad una centrale di committenza nei casi di cui all’articolo 1, paragrafo 10, sono considerate in linea con la presente direttiva a condizione che detta centrale l’abbia rispettata».
B. Diritto italiano
1. Testo unico degli enti locali (3)
7. Ai sensi dell’articolo 30, comma 1:
«Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni».
8. L’articolo 31, comma 1, così dispone:
«Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all’articolo 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti».
9. L’articolo 32, comma 1, prevede quanto segue:
«L’unione di comuni è l’ente locale costituito da due o più comuni, di norma contermini, finalizzato all’esercizio associato di funzioni e servizi».
2. Codice dei contratti pubblici (4)
10. Ai sensi dell’articolo 3, comma 25, sono amministrazioni aggiudicatrici:
«le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti».
11. Conformemente all’articolo 3, comma 34, la centrale di committenza è:
«un’amministrazione aggiudicatrice che:
– acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o
– aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori».
12. Secondo la versione iniziale dell’articolo 33, comma 3‑bis: (5)
«I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici».
13. Ai sensi della versione modificata (6) (nel 2014) dello stesso articolo 33, comma 3‑bis:
«I Comuni non capoluogo di provincia procedono all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento».
II. Fatti e questione pregiudiziale
14. Asmel società consortile a r.l. (in prosieguo: «Asmel s.c.a.r.l.») è una società consortile a responsabilità limitata, costituita il 23 gennaio 2013, composta dal Consorzio Asmez (24%) (7), dall’associazione privata Asmel (25%) (8) e dal Comune di Caggiano (51%).

15. Nel corso degli anni, Asmel s.c.a.r.l. ha svolto attività di centrale di committenza a favore degli enti locali (9).
16. Il rapporto tra Asmel s.c.a.r.l. e i comuni non associati prevedeva che le Giunte di questi ultimi adottassero le decisioni di contrarre, nelle quali:
– da un lato, facevano riferimento a una precedente delibera con la quale accettavano di aderire all’associazione Asmel e di formare un consorzio ai sensi dell’articolo 33, comma 3‑bis, del CCP;
– dall’altro, affidavano ad Asmel s.c.a.r.l. il compito di sviluppare i processi di acquisto pubblico su una piattaforma informatica (10).
17. A seguito di diversi esposti, l’Autorità nazionale anticorruzione (in prosieguo: l’«A.N.A.C.») ha avviato un’indagine, in base alla quale ha constatato la non rispondenza di Asmel s.c.a.r.l. e del Consorzio Asmez ai modelli organizzativi previsti dal CCP per le centrali di committenza.
18. Ad avviso dell’A.N.A.C., Asmel s.c.a.r.l. era un ente di natura privatistica, essendo segnatamente una società di diritto privato costituita a sua volta da altre associazioni. Essa non poteva pertanto qualificarsi come centrale di committenza in quanto l’ordinamento italiano esige forme pubbliche di attuazione, mediante enti pubblici o associazioni di enti locali, quali l’unione dei comuni e il consorzio tra i comuni sorti a seguito di accordi ai sensi dell’articolo 30 del T.U.E.L. Essa ha altresì precisato che, anche ammettendo il ricorso a soggetti privati, si dovrebbe trattare di organismi in house che esercitino un’attività limitata al territorio dei comuni fondatori, mentre nel caso di specie risultava insussistente sia il requisito concernente il controllo analogo, sia una delimitazione territoriale dell’attività prestata.
19. L’A.N.A.C. ha ritenuto che Asmel s.c.a.r.l. esercitasse la sua attività di acquisto di beni per gli enti aderenti, ma che questi ultimi partecipassero solo indirettamente a detta centrale di committenza. Essa ha chiarito che gli enti locali aderivano in un primo momento all’associazione Asmel e successivamente, mediante deliberazione della Giunta, affidavano alla Asmel s.c.a.r.l. le funzioni di acquisto.
20. Con deliberazione del 30 aprile 2015, n. 32, l’A.N.A.C. ha escluso che la società Asmel s.c.a.r.l. potesse essere qualificata come organismo di diritto pubblico, ha imposto nei confronti di quest’ultima un divieto di svolgere attività di intermediazione negli acquisti pubblici e ha dichiarato illegittime le gare da essa poste in essere.
21. Asmel s.c.a.r.l. ha impugnato la deliberazione dell’A.N.A.C. dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia). A suo avviso, pur essendo un ente di diritto comune, aveva personalità giuridica, soddisfaceva esigenze di interesse generale, non aveva carattere industriale o commerciale, era finanziata dagli enti locali aderenti e operava sotto la loro influenza dominante. Di conseguenza, essa sosteneva di essere un’amministrazione aggiudicatrice che rispondeva ai requisiti per essere considerata come «centrale di committenza».
22. Il Tribunale di primo grado ha respinto il ricorso di Asmel s.c.a.r.l. con sentenza del 22 febbraio 2016, n. 2339. Detto giudice, considerate le modalità di finanziamento e il controllo sulla gestione, ha escluso che tale società potesse essere qualificata come organismo di diritto pubblico. Esso ha constatato che quest’ultima non risultava conforme ai modelli organizzativi imposti dal CCP per le centrali di committenza e ha dichiarato che il suo ambito di operatività doveva essere limitato al territorio dei comuni fondatori.
23. Asmel s.c.a.r.l. ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, deducendo vari motivi, due dei quali, per quanto qui rileva, sono stati ritenuti rilevanti da detto giudice:
– che è errato ritenere il modello organizzativo costituito da una società consortile incompatibile con le disposizioni del CCP in materia di centrali di committenza, e
– che il CCP non impone alcun limite territoriale di operatività a tali centrali di committenza.
24. Il Consiglio di Stato dichiara che gli enti pubblici territoriali rientrano tra le amministrazioni aggiudicatrici enunciate all’articolo 3, comma 25, del CCP. In linea di principio, uno qualsiasi di tali enti può assumere la funzione di centrale di committenza (articolo 3, comma 34, del CCP). Tuttavia, i piccoli comuni devono farlo attraverso un «preciso modello organizzativo» (articolo 33, comma 3‑bis, del CCP), che differisce dal modello generalmente previsto per altre amministrazioni.
25. Conformemente a questo «preciso modello», i piccoli comuni (11) possono avvalersi di centrali di committenza unicamente sotto una delle seguenti due formule: a) le unioni di cui all’articolo 32 del T.U.E.L. e b) i consorzi di enti locali di cui all’articolo 31 del T.U.E.L (12).
26. Ad avviso del Consiglio di Stato, il suddetto obbligo a carico dei piccoli comuni sembra contrastare con la possibilità di ricorrere alle centrali di committenza senza limitazione di forme di cooperazione.
27. Esso rileva nella normativa nazionale anche un ulteriore ostacolo in relazione ai consorzi di comuni, che esclude la partecipazione di soggetti privati (13). Tale esclusione potrebbe essere in contrasto con i principi del diritto dell’Unione europea di libera circolazione dei servizi e di massima apertura alla concorrenza, limitando ai soli soggetti pubblici italiani, tassativamente individuati, l’esercizio di una prestazione di servizi qualificabile come attività di impresa e che, in tale prospettiva, potrebbe essere svolta in modo migliore in regime di libera concorrenza nel mercato interno.
28. Inoltre, esso ritiene che la normativa interna, sebbene non definisca un ambito di operatività per le centrali di committenza, stabilisca una corrispondenza tra il territorio dei comuni che si avvalgono di queste ultime e l’ambito di operatività delle stesse. Detto ambito è circoscritto, quindi, al territorio dei comuni compresi nell’unione dei comuni o che costituiscono il consorzio. Ad avviso del Consiglio di Stato, anche detta delimitazione contrasterebbe con il principio di libera circolazione dei servizi e il principio di massima apertura alla concorrenza, poiché istituisce zone di esclusiva nell’operatività delle centrali di committenza.
29. In tale contesto, il Consiglio di Stato sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«Se osta al diritto [dell’Unione], una norma nazionale, come l’art. 33, comma 3 bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che limita l’autonomia dei comuni nell’affidamento ad una centrale di committenza a due soli modelli organizzativi quali l’unione dei comuni se già esistente ovvero il consorzio tra comuni da costituire.
In ogni caso, se osta al diritto [dell’Unione], e, in particolare, ai principi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza nell’ambito degli appalti pubblici di servizi, una norma nazionale come l’art. 33, comma 3 bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che, letto in combinato disposto con l’art. 3, comma 25, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in relazione al modello organizzativo dei consorzi di comuni, esclude la possibilità di costituire figure di diritto privato quali, ad es., il consorzio di diritto comune con la partecipazione anche di soggetti privati.
Se osta al diritto [dell’Unione] e, in particolare, ai principi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza nell’ambito degli appalti pubblici di servizi, una norma nazionale, come l’art. 33, comma 3 bis, che, ove interpretato nel senso di consentire ai consorzi di comuni che siano centrali di committenza di operare in un territorio corrispondente a quello dei comuni aderenti unitariamente considerato, e, dunque, al massimo, all’ambito provinciale, limita l’ambito di operatività delle predette centrali di committenza».
III. Procedimento dinanzi alla Corte
30. L’ordinanza di rinvio è pervenuta presso la cancelleria della Corte il 3 gennaio 2019.
31. Hanno presentato osservazioni scritte Asmel s.c.a.r.l., il governo italiano e la Commissione europea, i quali hanno partecipato all’udienza tenutasi il 29 gennaio 2020.
IV. Valutazione
A. Ricevibilità delle questioni pregiudiziali
32. Sia la Commissione che il governo italiano sollevano obiezioni in merito alla ricevibilità delle questioni pregiudiziali.
33. Secondo il governo italiano, tali questioni sono, nel loro insieme, irricevibili in quanto ipotetiche. Esso afferma che, qualunque sia la risposta della Corte, essa non consentirebbe di accogliere il ricorso proposto dinanzi al giudice del rinvio, poiché ad Asmel s.c.a.r.l. non è stato affidato alcun servizio di committenza sulla base di una procedura competitiva.
34. L’obiezione non può essere accolta dal momento che, spettando al giudice del rinvio valutare la necessità della questione pregiudiziale ai fini della risoluzione della controversia di cui è adito, solo qualora l’ipotesi contraria fosse dimostrata in modo evidente (situazione che non si sostanzia nel caso di specie) la Corte potrebbe rifiutarsi di rispondere ad essa.
35. Tale obiezione del governo italiano verte più sul merito della controversia che sulla ricevibilità del rinvio stesso. Chiarire a quale tipologia di centrali di committenza, pubbliche o a partecipazione privata, possano rivolgersi i piccoli comuni non è un problema ipotetico, bensì effettivo, la cui soluzione richiede di confrontare i limiti imposti dalla normativa italiana rispetto al diritto dell’Unione.
36. La Commissione rileva, anzitutto, che la disposizione applicata dall’A.N.A.C., la cui compatibilità con il diritto dell’Unione viene messa in dubbio dal Consiglio di Stato, pare essere stata abrogata, sicché gli eventuali danni subiti da Asmel s.c.a.r.l., oggetto del rinvio, sarebbero venuti meno. Da tale circostanza potrebbe conseguire che la controversia sia divenuta priva di oggetto.
37. L’abrogazione cui fa riferimento la Commissione è quella che, nel 2016, ha interessato il testo dell’articolo 33, comma 3‑bis, del CCP, a seguito della sua modifica nel 2014. Spetta al giudice nazionale verificare l’impatto di tale abrogazione sul procedimento a quo, tuttavia, per quanto di rilievo in questa sede, non può parlarsi di perdita dell’oggetto del rinvio pregiudiziale, soprattutto se la controversia dev’essere decisa in base alla norma in vigore al momento in cui si sono verificati i fatti (14).
38. Quanto all’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione con riferimento alla terza questione pregiudiziale, essa sarà trattata nell’ambito dell’analisi della questione stessa.
B. Osservazioni preliminari
39. Il Consiglio di Stato vuole sapere, in breve, se è conforme al diritto dell’Unione un modello organizzativo che, per gli enti locali di piccole dimensioni, ammette (15) il ricorso alle centrali di committenza solo in base a due formule (l’unione dei comuni e il consorzio tra i comuni).
40. L’ordinanza di rinvio cita la libera prestazione dei servizi (articolo 56 TFUE) quale principio che sarebbe rimesso in discussione dalla legislazione italiana, pur citando esplicitamente le disposizioni della direttiva 2004/18 relative alle centrali di committenza.
41. In materia di aggiudicazione di appalti pubblici, la giurisprudenza della Corte richiama le libertà fondamentali del TFUE ogniqualvolta la direttiva che disciplina la corrispondente materia non sia applicabile. Nel caso di specie, la direttiva che disciplinava ratione temporis l’aggiudicazione di appalti pubblici (e, quindi, il regime giuridico delle centrali di committenza nel diritto dell’Unione) era la direttiva 2004/18.
42. Inoltre, lo stesso CCP riproduce, al suo articolo 3, comma 34, la definizione di centrale di committenza di cui all’articolo 1, paragrafo 10, della direttiva 2004/18, lasciando trasparire che tale norma nazionale recepisce la direttiva nel diritto interno.
43. Condivido, pertanto, l’opinione della Commissione secondo cui la risposta alle questioni pregiudiziali dev’essere data nell’ambito della direttiva 2004/18.
44. È infine irrilevante che l’ordinanza di rinvio non specifichi il valore di nessuno degli appalti pubblici impugnati nell’ambito del procedimento principale, al fine di sapere se sia raggiunta la soglia di applicazione della direttiva 2004/18. La descrizione della portata delle attività di Asmel s.c.a.r.l. porta a presumere che la stessa superi la soglia minima fissata dall’articolo 7 della direttiva 2004/18 (16), ed è a tale attività, in generale, che fa riferimento l’ordinanza di rinvio.
45. Anche se la risposta finale che fornirò alle tre questioni pregiudiziali è unica, ritengo più opportuno esaminarle separatamente, nell’ordine proposto dal Consiglio di Stato.
C. Prima questione pregiudiziale
46. Ad avviso del giudice del rinvio, l’articolo 33, comma 3‑bis, del CCP «limita l’autonomia dei comuni nell’affidamento ad una centrale di committenza a due soli modelli organizzativi quali l’unione dei comuni se già esistente ovvero il consorzio tra comuni da costituire». Esso chiede se tale disposizione sia contraria al diritto dell’Unione (senza ulteriori precisazioni) (17).
47. Definire la maggiore o minore portata dell’autonomia di cui dispongono gli enti locali in ciascuno Stato membro, cui si riferisce il giudice a quo, rientra nella competenza del legislatore costituente, o del legislatore ordinario, di tali Stati, senza che il diritto dell’Unione imponga regole precise in materia.
48. Mi concentrerò quindi sulla direttiva 2004/18, che ha introdotto nel diritto dell’Unione le «centrali di committenza», rispecchiando una prassi comune in alcuni Stati membri, volta a consentire alle amministrazioni pubbliche di acquistare beni o servizi attraverso tale sistema centralizzato (18).
49. Pur non essendo applicabile ratione temporis, la direttiva 2014/24/UE (19) ha scelto di mantenere tale tecnica di centralizzazione delle committenze, anche in termini più categorici rispetto alla direttiva precedente (20).
50. In base alla definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 10, della direttiva 2004/18, «una “centrale di committenza” è un’amministrazione aggiudicatrice che (...) acquista forniture e/o servizi destinati alle amministrazioni aggiudicatrici, o (...) aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati alle amministrazioni aggiudicatrici».
51. Ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2004/18, gli Stati membri possono prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di «acquistare lavori, forniture e/o servizi facendo ricorso ad una centrale di committenza» (21).
52. L’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18 definisce che sono amministrazioni aggiudicatrici: «lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico».
53. Nulla osta, nell’economia della direttiva 2004/18, a che, a condizioni tassative, enti privati siano integrati in un organismo di diritto pubblico. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 9, secondo comma, della direttiva 2004/18, lo status di organismo di diritto pubblico dipende da una serie di fattori relativi alla sua origine e alla sua personalità giuridica (22), da un lato, e alla sua dipendenza e al suo controllo da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico, dall’altro lato (23).
54. Un soggetto privato potrebbe quindi, in linea di principio, far parte di un ente pubblico qualificato come amministrazione aggiudicatrice, a condizione che tale ente soddisfi i requisiti appena menzionati (24).
55. Secondo l’ordinanza di rinvio, quando si tratta di enti locali di piccole dimensioni, essi sono tenuti ad aggregarsi in forme di personalità esclusivamente pubbliche, quali le unioni dei comuni o i consorzi tra i comuni, al fine di creare centrali di committenza a carattere locale. Tali centrali di committenza, alle quali possono rivolgersi gli enti locali di piccole dimensioni per l’acquisto di lavori, forniture e servizi, non consentono, quindi, la partecipazione di soggetti privati.
56. La direttiva 2004/18, pur imponendo che le centrali di committenza siano amministrazioni aggiudicatrici, non obbliga gli Stati membri a far sì che ogni organismo di diritto pubblico (con o senza partecipazione privata) che abbia lo status di amministrazione aggiudicatrice ricorra ad esse.
57. La direttiva 2004/18 conferisce agli Stati membri, in tale ambito, ampia discrezionalità. Il considerando 16, «[a]l fine di tener conto delle diversità esistenti negli Stati membri», sottolinea che è opportuno «lasciare a questi ultimi la facoltà di prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere (...) a centrali di committenza, (...) quali sono [definite e disciplinate] dalla presente direttiva».
58. Il riflesso normativo di tale considerando è incarnato dall’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2004/18, al quale si è fatto in precedenza riferimento. Conformemente a quest’ultimo, gli Stati membri possono scegliere di prevedere la possibilità per le loro amministrazioni aggiudicatrici (in questo caso, gli enti locali) di far ricorso ad una centrale di committenza.
59. A mio avviso, questa stessa possibilità di scelta si estende alla scelta della normativa che meglio soddisfi gli interessi pubblici, dal momento che la direttiva 2004/18 non introduce norme specifiche in merito all’ammissione di soggetti privati nelle centrali di committenza. Sarà quindi sufficiente che la norma nazionale non alteri i contorni essenziali di tale istituto e che imponga a dette centrali di conformarsi, nel loro funzionamento, alle disposizioni della direttiva 2004/18 (articolo 11, paragrafo 2, ultima parte).
60. La recente sentenza Irgita (25) fornisce alcune chiavi interpretative valide anche ai fini del rinvio pregiudiziale in esame. Benché sia stata pronunciata in un contesto diverso (26), pur se nel settore dell’aggiudicazione di appalti pubblici, e in relazione a una norma (l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2014/24) che non riguarda le centrali di committenza, essa sottolinea che detta norma non priva gli Stati membri «della libertà di favorire una modalità di prestazione di servizi, di esecuzione di lavori o di approvvigionamento di forniture a scapito di altre» (27).
61. Nella sentenza Irgita, la Corte di giustizia:
– dichiara che «la libertà degli Stati membri di scegliere il modo di prestazione di servizi mediante il quale le amministrazioni aggiudicatrici provvederanno alle proprie esigenze deriva anche dal considerando 5 della direttiva 2014/24» (28).
– fa riferimento alla direttiva 2014/23/UE (29), come argomento ulteriore, nella misura in cui essa mette in luce la libertà degli Stati membri di scegliere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori o la prestazione dei servizi (30). Per suffragare tale posizione, essa menziona l’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva (31).
62. Basandomi, quindi, su tale libertà di scelta degli Stati membri, ritengo che la direttiva 2004/18 non osti a che uno Stato membro scelga di imporre ai propri enti locali di piccole dimensioni, qualora vogliano avvalersi di una centrale di committenza propria, di ricorrere a modelli di collaborazione di natura esclusivamente pubblicistica, quali le unioni di comuni e i consorzi tra comuni.
63. Gli Stati membri, lo ribadisco, sono liberi di configurare formule o tecniche di centralizzazione degli acquisti pubblici (a livello nazionale, regionale, provinciale o locale) in funzione dei loro interessi e delle circostanze specifiche di ciascun momento (32). Allo stesso modo, essi possono, come ulteriormente confermerebbe l’articolo 37, paragrafo 1, ultima parte, della direttiva 2014/24, «prevedere che determinati appalti siano realizzati mediante ricorso alle centrali di committenza o a una o più centrali di committenza specifiche».
64. Le unioni di comuni e i consorzi tra i comuni sono modelli organizzativi degli enti locali che condividono la natura pubblicistica di questi ultimi. Non sorprende, pertanto, che la norma nazionale che disciplina tali modelli, istituiti per la gestione congiunta di servizi o l’esercizio congiunto di funzioni pubbliche, non preveda la partecipazione agli stessi di soggetti privati o di imprese private.
65. Il legislatore nazionale può scegliere tra un sistema decentralizzato di acquisizioni pubbliche locali (in cui ogni comune affida separatamente i rispettivi appalti di beni, lavori o servizi) e un sistema centralizzato o aggregato (ovvero un modello di acquisti congiunti da parte di più comuni o di centrali di committenza a cui questi ultimi si rivolgono) (33).
66. Per quanto riguarda questo secondo modello, si ribadisce che la direttiva 2004/18 lascia il legislatore nazionale libero di definirlo. Tale libertà include, sebbene tale direttiva non lo preveda espressamente (come anche la direttiva 2014/24), la facoltà di imporre detto sistema in via obbligatoria a talune amministrazioni aggiudicatrici.
67. Nulla impedirebbe la partecipazione di soggetti privati alle centrali di committenza. Tuttavia, non vedo in che modo la direttiva 2004/18, né qualsiasi altra norma del diritto dell’Unione, osterebbe a che il modello organizzativo pubblico, proprio delle unioni di comuni e dei consorzi tra i comuni, fosse trasferito alle centrali di committenza istituite nell’ambito di tali unioni o consorzi, quale strumento a disposizione dei rispettivi comuni per acquistare lavori, servizi e forniture.
68. È però vero che la libertà del legislatore nazionale non è illimitata, come dimostrato anche dalla sentenza Irgita, in un contesto contiguo, e che l’opzione prescelta dal legislatore non può essere in contraddizione con le norme e i principi del TFUE né con le libertà da esso sancite (34).
69. Su questo punto, il Consiglio di Stato si limita ad affermare che, poiché «una centrale di committenza è (...) un’impresa che offre il servizio dell’acquisto di beni e servizi a favore delle amministrazioni aggiudicatrici» (35), la limitazione imposta dal legislatore italiano potrebbe violare la libera prestazione di servizi, riconosciuta dall’articolo 57 del TFUE.
70. Il fatto che una centrale di committenza possa essere qualificata come operatore economico nelle sue relazioni con i terzi (36) non è di per sé sufficiente per determinare l’applicazione pura e semplice degli articoli 56 e 57 TFUE, allorché tale nozione non può essere scollegata da quella di amministrazione aggiudicatrice e che quest’ultima, conformemente alla direttiva 2004/18, riconosce come tali solo «lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico».
71. Sono quindi d’accordo con il governo italiano quando sostiene che la qualifica di centrale di committenza incaricata, in via permanente, della funzione propria delle amministrazioni aggiudicatrici per conto delle pubbliche amministrazioni può essere riservata dal legislatore nazionale a soggetti di diritto pubblico (37).
72. Ai sensi della direttiva 2004/18, tali centrali di committenza non erano in concorrenza, in un mercato di servizi delle centrali di committenza inesistente, con soggetti privati che offrivano tali medesimi servizi agli enti pubblici. Diversamente avviene per quanto riguarda il fatto che imprese o soggetti privati possano offrire la loro collaborazione agli enti pubblici, a fronte di un compenso, nel caso di attività meramente ausiliarie, di prestazione di supporto alle attività di committenza delle amministrazioni aggiudicatrici (ad esempio sotto forma di consulenza).
73. La situazione può essere cambiata a seguito della direttiva 2014/24, il cui articolo 37, paragrafo 4, consente l’aggiudicazione di un «appalto pubblico di servizi per la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze».
74. Il fatto che tale aggiudicazione possa avvenire «senza applicare le procedure di cui alla presente direttiva», come dichiara espressamente la disposizione stessa, potrebbe essere spiegato con la circostanza che essa deve andare a beneficio di centrali di committenza di natura pubblicistica (eventualmente, con partecipazione privata limitata e sotto il controllo pubblico). In caso contrario, ovvero se l’aggiudicazione potesse essere effettuata a beneficio di un soggetto privato, sarebbe difficile comprendere il motivo per cui l’appalto possa essere aggiudicato a tale soggetto senza il previo assoggettamento di quest’ultimo alle procedure previste dalla direttiva 2014/24.
75. Sulla base di tali premesse, ritengo che non sia possibile l’applicazione diretta degli articoli 56 e 57 TFUE nel caso di specie. A prescindere dal fatto che tutti gli elementi della controversia sono circoscritti all’interno dell’Italia, senza che risulti alcun collegamento transfrontaliero (38), è dirimente che l’interpretazione del diritto dell’Unione da considerare prevalente (la direttiva 2004/18) non imponga alle centrali di committenza costituite da enti locali di piccole dimensioni di includere necessariamente soggetti privati.
76. Non ritengo che la norma italiana, valutata dal punto di vista del diritto della concorrenza (39) nell’ambito degli appalti pubblici, lo violi di per sé. La concorrenza oggetto di tutela ai sensi del diritto dell’Unione in tale ambito è, principalmente, quella che sussiste tra gli operatori economici che offrono lavori, beni o servizi alle amministrazioni aggiudicatrici. A condizione che queste ultime (nella fattispecie, le centrali di committenza costituite in seno alle unioni di comuni e ai consorzi tra i comuni) rispettino le procedure della direttiva 2004/18 per rifornirsi di tali forniture, la concorrenza tra detti operatori economici è preservata.
77. In altri termini, l’accesso obbligatorio degli enti locali di piccole dimensioni alle proprie centrali di committenza (tramite le unioni dei comuni e i consorzi tra i comuni) non significa che sia chiuso il mercato concorrenziale affinché gli operatori economici interessati forniscano a tali amministrazioni pubbliche i beni, i lavori o i servizi di cui hanno bisogno.
D. Seconda questione pregiudiziale
78. Il Consiglio di Stato desidera sapere se sia contraria al diritto dell’Unione («in particolare, ai principi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza nell’ambito degli appalti pubblici di servizi») una norma nazionale che «esclude la possibilità di costituire figure di diritto privato quali, ad es., il consorzio di diritto comune con la partecipazione anche di soggetti privati».
79. Devo rilevare, anzitutto, che, nonostante il suo tenore letterale, la seconda questione pregiudiziale non comporta interrogativi circa l’obbligo, per i consorzi di comuni, di consentire in generale la partecipazione di soggetti privati. Il dubbio del giudice del rinvio, inteso nel suo contesto, verte piuttosto sulla conformità con il diritto dell’Unione del divieto di una siffatta partecipazione del settore privato alle centrali di committenza costituite in seno a tali consorzi.
80. Così interpretata, la risposta a tale dubbio è desumibile, a mio avviso, dalla risposta fornita alla prima questione pregiudiziale, sicché non vi sarebbe nulla da aggiungere.
81. La Commissione sostiene (40), però, che la decisione dell’A.N.A.C. all’origine della controversia vada oltre quanto consentito laddove impedisce in termini assoluti ad Asmel s.c.a.r.l. di svolgere l’attività di «soggetto aggregatore» in qualsiasi circostanza, negandole la qualifica di amministrazione aggiudicatrice (41).
82. A giudizio della Commissione, una disposizione nazionale, come quella in esame nella presente causa, che escluda i soggetti creati secondo una forma giuridica determinata e con la partecipazione di soggetti privati, risulta compatibile con il diritto dell’Unione a condizione che, per gli affidamenti diversi (42) da quelli oggetto di tale disposizione, detti soggetti possano essere qualificati come organismi di diritto pubblico ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18.
83. In udienza, la Commissione ha mitigato la sua posizione: dopo aver confermato che l’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2004/18 è compatibile con una norma nazionale come quella controversa, che limita a due i modelli organizzativi di centrali di committenza cui gli enti locali di piccole dimensioni possono ricorrere, ha chiarito che la sua obiezione si limitava solo agli metodi di aggiudicazione degli appalti pubblici diversi da quelli che implicano il ricorso a tali centrali.
84. Non credo, da parte mia, che la Corte debba pronunciarsi su tale osservazione della Commissione, allorché la questione del giudice del rinvio si limita agli affidamenti specifici delle unioni di comuni e dei consorzi di comuni per la costituzione di centrali di committenza permanenti, e non ad affidamenti diversi. La questione se gli enti locali abbiano la facoltà di aggiudicare appalti per conto proprio, in un regime di acquisti non centralizzato, esula dal rinvio pregiudiziale.
E. Terza questione pregiudiziale
85. Il Consiglio di Stato adotta come premessa l’interpretazione della norma nazionale controversa «nel senso di consentire ai consorzi di comuni che siano centrali di committenza di operare in un territorio corrispondente a quello dei comuni aderenti unitariamente considerato, e, dunque, al massimo, all’ambito provinciale».
86. Sulla base di tale interpretazione, il giudice a quo desidera sapere se tale norma nazionale sia contraria ai principi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza in materia di appalti pubblici di servizi.
87. Sia il governo italiano che la Commissione formulano alcune riserve in merito al modo in cui tale dubbio è presentato:
– il governo italiano afferma che non è possibile comprendere con chiarezza le ragioni dedotte dal giudice del rinvio, rendendo impossibile per il governo adottare una posizione in proposito. A suo avviso, detto giudice sostiene tesi contraddittorie allorché, da un lato (43), afferma che la norma istituirebbe «per i piccoli comuni (…) zone di esclusiva nell’operatività delle centrali di committenza» (il che, secondo il governo italiano, parrebbe costituire un vantaggio per il consorzio di comuni); e, dall’altro, afferma che la limitazione territoriale implica uno svantaggio per le centrali di committenza.
– La Commissione ritiene che la questione sia ipotetica, in quanto la limitazione geografica costituirebbe un vantaggio, più che uno svantaggio, per una centrale di committenza come Asmel s.c.a.r.l., dal momento che estenderebbe (e non ridurrebbe) il suo ambito di operatività, che sarebbe diverso da quello delle unioni di comuni e dei consorzi tra comuni.
88. A mio parere, la questione non è ipotetica. Il problema sollevato, al di là della formulazione letterale di cui all’ordinanza di rinvio, è se sia contraria al diritto dell’Unione (vale a dire, ai principi già menzionati) la limitazione dell’ambito di operatività territoriale di talune centrali di committenza, ovvero quelle istituite dalle unioni di comuni e dai consorzi di comuni.
89. È certo che tale dubbio sarebbe pienamente rilevante al fine di risolvere una possibile controversia futura in relazione con la costituzione di un consorzio (pubblico) di comuni come centrale di committenza, il che non costituisce l’oggetto diretto del procedimento principale. Se lo ricolleghiamo alla decisione dell’A.N.A.C. vertente sull’operato di Asmel s.c.a.r.l. quale centrale di committenza al servizio di qualsiasi comune, senza limitazioni geografiche in quanto tale, le obiezioni sollevate dalla Commissione assumono una certa rilevanza.
90. Tuttavia, ancora una volta, deve prevalere la presunzione di rilevanza della questione pregiudiziale, come sottoposta dal giudice a quo. Se quest’ultimo ritiene imprescindibile una risposta della Corte su un punto di diritto che, a suo parere, richiede l’interpretazione di una norma dell’Unione, la Corte deve fornire una risposta, salvo quando essa sia manifestamente non necessaria ai fini del procedimento principale, il che non avviene nel caso di specie.
91. Quanto al merito, non rinvengo nella direttiva 2004/18 alcuna disposizione che imponga agli Stati membri il rispetto di norme imperative allorché individuano gli ambiti di influenza territoriale delle centrali di committenza costituite dalle unioni di comuni e dai consorzi tra comuni.
92. Inoltre, appare coerente, a mio parere, con la concezione di tali forme di cooperazione tra enti pubblici locali che le centrali di committenza da essi costituite si limitino ai loro rispettivi territori unitariamente considerati. Dal punto di vista dei comuni che ricevono i servizi della centrale di committenza, gli effetti del rapporto che collega quest’ultima con i comuni non possono riflettersi che sui loro rispettivi territori.
93. Si ribadisce che le difficoltà che possono presentarsi per legittimare tali forme potrebbero derivare dall’obbligo di rispettare le libertà fondamentali dei Trattati. Tuttavia, per le ragioni che ho esposto in relazione alla prima questione pregiudiziale, ritengo che non siano stati violati né l’articolo 56 TFUE né le norme del diritto della concorrenza. In ogni caso, dal testo dell’ordinanza di rinvio non si evince in modo chiaro per quale motivo una di tali libertà possa essere limitata.
94. Aggiungo che, quanto ai soggetti che forniscono lavori, beni o servizi ai comuni attraverso le centrali di committenza da essi costituite, nessun elemento indica che tali lavori, servizi o forniture debbano provenire da imprese situate nel territorio dei comuni aderenti. In altri termini, non vi è motivo di ritenere che il mercato sia chiuso alle imprese situate al di fuori di tale territorio, siano esse italiane o di un qualsiasi altro Stato membro.
V. Conclusioni
95. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere al Consiglio di Stato (Italia) come segue:
«Il diritto dell’Unione e, in particolare, l’articolo 11 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, non osta ad una norma nazionale in forza della quale, secondo l’interpretazione del giudice del rinvio, gli enti locali di piccole dimensioni devono acquistare lavori, beni e servizi mediante centrali di committenza costituite secondo due modelli organizzativi specifici, quali l’unione di comuni o il consorzio di comuni, il cui ambito di operatività è limitato al territorio di detti comuni unitariamente considerato».