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LA CORTE DI GIUSTIZIA E L’ASSISTENZA SANITARIA

Dal 1952, la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) assicura il rispetto e la corretta applicazione del diritto dell’Unione negli Stati membri. Nel corso del tempo, essa ha adottato sentenze che, riconoscendo ai cittadini diritti sempre più estesi, hanno rafforzato l’integrazione europea, segnatamente in materia di assistenza sanitaria. Le pagine che seguono presentano alcune sentenze decisive della Corte in materia.

LA SITUAZIONE GIURIDICA FINO AL 1998

Dal 1971, la questione dell'assistenza sanitaria transfrontaliera è stata disciplinata, a livello dell'Unione, dal «regolamento
n. 1408/71 sull'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità».

In generale, tale normativa consente ai pazienti di recarsi in un altro Stato membro per ricevere cure sanitarie dopo aver ottenuto un'autorizzazione previa da parte della loro cassa malattia (formulario S2). Quando detta autorizzazione viene accordata, le spese di trattamento sono, di norma, prese a carico o rimborsate al paziente secondo le tariffe praticate nel paese di cura, anche nel caso in cui tali tariffe siano più elevate di quelle del paese del paziente.

All'inizio degli anni 90, l'Unione europea è diventata uno spazio senza frontiere, il che ha facilitato la libera circolazione delle persone. Poiché sempre più pazienti hanno optato per ricevere cure sanitarie da medici stabiliti in un altro Stato membro, si è posta la questione centrale se, a tal fine, essi avessero sistematicamente bisogno di un'autorizzazione previa da parte della loro cassa malattia. Nel 1998 la Corte di giustizia si è pronunciata in due casi in cui i pazienti non avevano chiesto o ottenuto alcuna autorizzazione previa, ma desideravano cionondimeno essere rimborsati dalla loro cassa malattia.

LE SENTENZE KOHLL E DECKER DEL 1998

La sentenza Kohll: non è necessaria alcuna autorizzazione previa per le cure ambulatoriali programmate in un altro Stato membro

Nel 1994 il sig. Kohll, cittadino lussemburghese, voleva che sua figlia minorenne fosse curata da un ortodontista stabilito in Germania e aveva chiesto l'autorizzazione alla cassa malattia lussemburghese. Quest'ultima aveva respinto tale richiesta in quanto le cure non erano urgenti e potevano essere prestate in Lussemburgo. Facendo valere la libertà di prestazione dei servizi (e non il regolamento n. 1408/71), il sig. Kohll riteneva di avere il diritto di far curare la propria figlia in Germania senza autorizzazione previa e di chiedere il rimborso delle spese alla propria cassa malattia non in base alle tariffe del paese di cura (Germania), bensì in base alle tariffe praticate per questo tipo di trattamento nel suo paese d'iscrizione (Lussemburgo).

La Corte di giustizia ha dichiarato che un trattamento praticato da un professionista del settore medico doveva essere considerato un servizio. Di conseguenza, il fatto di subordinare ad autorizzazione previa la presa a carico, alle tariffe praticate nel paese del paziente, di un trattamento ambulatoriale programmato costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi, in quanto una siffatta autorizzazione scoraggia gli assicurati dal rivolgersi ai prestatori di servizi medici stabiliti in un altro Stato membro. La Corte rileva peraltro che tale normativa non è giustificata né da un rischio di grave alterazione dell'equilibrio finanziario del sistema previdenziale né da motivi di sanità pubblica (28 aprile 1998, Kohll, C-158/96).

La sentenza Decker: non è necessaria alcuna autorizzazione previa per l'acquisto, in un altro Stato membro, di prodotti o dispositivi medici dietro presentazione di ricetta medica

Un paziente può ottenere la ricetta medica relativa a medicinali o dispositivi medici da un medico stabilito in uno Stato membro e decidere di acquistare i prodotti in una farmacia situata in un altro Stato membro (sia recandovisi fisicamente, sia procedendo ad un acquisto per corrispondenza). Ciò avveniva nel caso del sig. Decker, il quale, nel 1992, acquistava occhiali in Belgio con la prescrizione di un oculista stabilito in Lussemburgo. La cassa malattia lussemburghese ha rifiutato il rimborso degli occhiali, in quanto tale acquisto era stato effettuato all'estero senza autorizzazione previa.

La Corte di giustizia ha dichiarato che il rifiuto di rimborsare prodotti medici acquistati, senza autorizzazione previa, in un altro Stato membro costituisce un ostacolo ingiustificato alla libera circolazione delle merci, in quanto un siffatto requisito non è giustificato da motivi di sanità pubblica al fine di garantire la qualità dei prodotti medici forniti in altri Stati membri. Da allora, i pazienti possono acquistare, senza autorizzazione previa, i loro prodotti o dispositivi medici in un altro Stato membro e chiederne il rimborso alla loro cassa malattia in base alle tariffe praticate nel loro paese (28 aprile 1998, Decker, C-120/95).

INFLUENZA DELLE SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA SULLA NORMATIVA DELL’UE IN MATERIA DI ASSISTENZA SANITARIA

Con la pronuncia delle sentenze Kohll e Decker il 28 aprile 1998 (v. pagine precedenti), la Corte di giustizia ha dato inizio ad una lunga serie di sentenze che hanno ispirato il legislatore dell'Unione nella modifica sostanziale della normativa dell'UE in materia di assistenza sanitaria.

Le sentenze Kohll e Decker hanno infatti fatto emergere che, accanto al sistema istituito dal regolamento n. 1408/71 e dal relativo regolamento di applicazione (il regolamento n. 574/72), che prevedono un meccanismo di autorizzazione previa per l'assunzione dell'onere di cure mediche programmate in un altro Stato membro in base alle tariffe praticate da quest'ultimo, le libertà fondamentali sancite dai trattati (la libertà di prestazione dei servizi nella causa Kohll e la libertà di circolazione delle merci nella causa Decker) possono essere fatte valere al fine di ottenere, senza autorizzazione previa da parte dell'ente previdenziale, la presa a carico di cure ambulatoriali o di acquisti di prodotti medici in un altro Stato membro in base alle tariffe praticate dal paese del paziente.

Con la sua giurisprudenza, la Corte di giustizia ha quindi progressivamente contribuito alla definizione dei criteri da prendere in considerazione al fine di garantre i diritti dei cittadini in tale settore. Questa giurisprudenza è peraltro stata codificata dal legislatore dell'Unione tramite l'adozione dei regolamenti nn. 883/04 e 987/09 e della direttiva 2011/24, che offrono oggi ai cittadini norme dettagliate sull'assunzione dell'onere relativo a cure e acquisti medici in un altro Stato membro.

GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA SUL REGOLAMENTO DEL 1971 (CODIFICATA NEI REGOLAMENTI DEL 2004 E DEL 2009)

In seguito alle sentenze Kohll e Decker, la Corte di giustizia ha avuto l'occasione di interpretare il regolamento del 1971 più volte e, in particolare, in due settori principali: le cure ospedaliere programmate e le cure ospedaliere non programmate.

Cure ospedaliere programmate

Qualora l'autorizzazione necessaria per un ricovero programmato in un altro Stato membro sia stata negata ingiustamente e, per una qualsiasi ragione, sia concessa successivamente a tale ricovero, il paziente ha diritto al rimborso delle spese sostenute secondo le modalità che si sarebbero applicate se l'autorizzazione fosse stata concessa per tempo (12 luglio 2001, Vanbraekel e a., C-368/98).
Per poter rifiutare ad un paziente l'autorizzazione a farsi ricoverare all'estero sulla base del rilievo che egli potrebbe farsi curare, dopo un certo tempo di attesa, in un ospedale del proprio paese, le autorità nazionali devono assicurare che tale tempo di attesa non ecceda il tempo accettabile sotto il profilo medico, tenuto conto dello stato di salute e dei bisogni clinici del paziente (16 maggio 2006, Watts, C-372/04). Inoltre, l'autorizzazione previa non può essere negata qualora una mancanza di materiali medici di prima necessità impedisca al paziente di ricevere le cure ospedaliere nel proprio paese in tempi ragionevoli (9 ottobre 2014, Petru, C-268/13).

Per contro, l'autorizzazione previa può essere negata se le prestazioni mediche fornite all'estero non sono rimborsabili da parte del sistema previdenziale del paziente. Tuttavia, se la metodologia di trattamento applicata all'estero corrisponde a prestazioni rimborsate nello Stato membro del paziente, l'autorizzazione previa non può essere negata adducendo che tale metodologia non è praticata in tale Stato membro (5 ottobre 2010, Elchinov, C-173/09).
Qualora un paziente abbia ottenuto l'autorizzazione a farsi curare in un ospedale di un altro Stato membro e sostenga una parte delle spese di ricovero, egli può chiedere alla propria cassa malattia il rimborso di tutte o di una parte di tali spese in funzione del costo del trattamento equivalente nel suo paese (16 maggio 2006, Watts, C-372/04).

Cure ospedaliere non programmate

Il regolamento del 1971, sostituito dal regolamento n. 883/04, prevede che il lavoratore subordinato o autonomo il cui stato di salute necessiti di cure mediche immediate durante la dimora in un altro Stato membro (cure mediche urgenti) ha diritto alla presa a carico di tali cure da parte della sua cassa malattia, senza l'autorizzazione previa di quest'ultima, in base alle tariffe praticate nel paese del trattamento.

Qualora un pensionato si rechi in viaggio in un altro Stato membro e vi debba essere ricoverato d'urgenza, la sua cassa malattia non può subordinare la presa a carico delle spese mediche ad un'autorizzazione previa, né alla condizione che la malattia di cui soffre tale persona si sia manifestata in modo improvviso, anche se tale condizione è applicabile ai lavoratori subordinati e autonomi. La differenza di trattamento fra pensionati e lavoratori si spiega con la volontà del legislatore dell'Unione di favorire la mobilità effettiva dei pensionati tenendo conto della loro vulnerabilità e dipendenza maggiori per quanto riguarda la salute (25 febbraio 2003, IKA, C-326/00).
Peraltro, qualora una persona munita di autorizzazione previa riceva cure in un altro Stato membro e i medici di tale Stato decidano di trasferirla, per ragioni mediche urgenti, in un ospedale situato in uno Stato che non fa parte dell'UE (la Svizzera, ad esempio), il paziente può continuare a beneficiare della presa a carico delle spese mediche. La cassa malattia del paziente deve infatti prestare fiducia ai medici dello Stato membro di cura, che si trovano in una situazione più favorevole per valutare quali siano le cure necessarie al paziente (12 aprile 2005, Keller, C-145/03).

Infine, qualora siano dispensate cure ospedaliere urgenti durante un viaggio in un altro Stato membro, la cassa malattia del paziente può negare il rimborso delle spese che, nello Stato di cura, sono poste a carico dei pazienti (come, ad esempio, il ticket moderatore) (15 giugno 2010, Commissione/Spagna, C-211/08).

 

GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA A TITOLO DELLA LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI (CODIFICATA NELLA DIRETTIVA DEL 2011)

In seguito alla sentenza Kohll del 1998, la Corte di giustizia ha chiarito la propria giurisprudenza relativa al caso in cui una persona decida di farsi curare in un altro Stato membro non sulla base del regolamento del 1971, bensì a titolo della libera prestazione dei servizi. Tali chiarimenti riguardano unicamente le cure mediche (ambulatoriali o ospedaliere) programmate e non le cure mediche urgenti (cure impreviste).

Cure ambulatoriali programmate a carattere non ospedaliero

In linea con la sentenza Kohll, la Corte di giustizia ha considerato che un'autorizzazione previa non era necessaria per le cure ambulatoriali non ospedaliere dispensate in un altro Stato membro da parte di prestatori non convenzionati (13 maggio 2003, Müller-Fauré e Van Riet, C-385/99). Peraltro, gli Stati membri non possono subordinare la presa a carico delle spese relative ad una cura termale all'estero alla condizione che le prospettive di successo di detta cura siano in tale luogo nettamente maggiori. (18 marzo 2004, Leichtle, C-8/02).
Gli Stati membri devono inoltre prevedere nella loro normativa nazionale la possibilità, per gli assicurati, di ottenere il rimborso delle spese relative ad analisi ed esami di laboratorio effettuati in un altro Stato membro (27 gennaio 2011, Commissione/Lussemburgo, C-490/09). Ancora, gli Stati membri non possono limitare la presa a carico delle cure ambulatoriali fornite all'estero al solo caso eccezionale in cui il sistema sanitario nazionale non disponga dei mezzi per trattare il paziente iscritto a tale sistema (27 ottobre 2011, Commissione/Portogallo, C-255/09).

La Corte di giustizia ha tuttavia ammesso che gli Stati membri possano subordinare ad un'autorizzazione previa il rimborso delle cure ambulatoriali effettuate in un altro Stato membro, qualora tali cure richiedano l'utilizzo di apparecchiature mediche pesanti (IRM, TEP-SCAN, ad esempio). Infatti, tenuto conto del loro carattere particolarmente oneroso, siffatte apparecchiature mediche devono, proprio come i servizi ospedalieri, poter essere oggetto di una politica di pianificazione onde garantire, sull'intero territorio nazionale, un'offerta di cure razionalizzata, stabile, equilibrata ed accessibile, nonché evitare sprechi di risorse finanziarie, tecniche ed umane. Il requisito della previa autorizzazione per tale tipo di cure costituisce quindi una restrizione giustificata alla libera prestazione dei servizi (5 ottobre 2010, Commissione/Francia, C-512/08).

Cure ospedaliere programmate

La Corte di giustizia ha dichiarato che, contrariamente alle cure ambulatoriali non ospedaliere (v. pagina precedente), il requisito della previa autorizzazione per le cure ospedaliere può trovare giustificazione nella necessità di assicurare un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure ospedaliere di qualità nello Stato membro in questione, di garantire un controllo dei costi ed evitare lo spreco di risorse finanziarie, tecniche ed umane. Al contempo, la Corte ha indicato che le condizioni per ottenere una siffatta autorizzazione previa devono essere giustificate, non discriminatorie e proporzionate (12 luglio 2001, Smits e Peerboms, C-157/99). Ne consegue che, nel caso di cure ospedaliere programmate, un'autorizzazione previa è sempre richiesta, che si tratti di ottenere la loro presa a carico in base alle tariffe praticate nel paese di cura (regolamenti del 2004 e del 2009) o in base alle tariffe praticate nel paese del paziente (direttiva del 2011).

L'autorizzazione previa può essere negata se esiste, nel paese del paziente, un trattamento identico o tale da presentare lo stesso grado di efficacia di quello previsto all'estero e se tale trattamento può essere dispensato tempestivamente nel paese del paziente. Al riguardo, le autorità nazionali devono prendere in considerazione il quadro clinico del paziente, i suoi antecedenti, l'evoluzione probabile della malattia nonché il grado del dolore o la natura dell'infermità (13 maggio 2003, Müller-Fauré e Van Riet, C-385/99).
Uno Stato membro non può limitare il rimborso delle spese di ricovero soltanto a talune categorie di persone (bambini, ad esempio), né limitarlo in funzione del carattere pubblico o privato dell'ospedale che fornisce le cure. Un'esclusione così ampia del rimborso delle spese di ricovero sarebbe infatti contraria al diritto dell'Unione, in quanto scoraggerebbe, o addirittura ostacolerebbe, i pazienti dal farsi ricoverare in altri Stati membri (19 aprile 2007, Stamatelaki, C-444/05).

Infine, se, per il trattamento ospedaliero di cui trattasi, le tariffe in vigore nel paese di cura sono inferiori a quelle che sono in vigore nel paese del paziente, quest'ultimo ha diritto ad un rimborso complementare corrispondente alla differenza fra tali due tariffe («integrazione differenziale») (12 luglio 2001, Vanbraekel e a., C-368/98).

 

 

RIMBORSO DELLE SPESE DI TRSFERIMENTO E DI ALLOGGIO

Quando un paziente si reca in un altro Stato membro per ricevere cure si espone inevitabilmente a spese di trasferimento e a spese di alloggio. Si è pertanto posta la questione se la cassa malattia del paziente debba rimborsare anche dette spese.

Un paziente che è autorizzato dalla propria cassa malattia a recarsi in un altro Stato membro per ricevere cure nell'ambito del regolamento del 1971 (o dei regolamenti del 2004 e del 2009) non può esigere il rimborso delle sue spese di trasferimento né, in caso di cure ambulatoriali, delle sue spese di alloggio. In caso di cure ospedaliere programmate, le spese di soggiorno e di vitto saranno invece rimborsate. L'obbligo di rimborso riguarda infatti esclusivamente le spese connesse alle cure sanitarie ottenute dal paziente nello Stato membro di cura (15 giugno 2006, Herrera, C-466/04).
Ciò vale anche quando l'autorizzazione è concessa a titolo della libera prestazione dei servizi (direttiva del 2011). Tuttavia, se le spese di trasferimento e di alloggio sono prese a carico dalla cassa malattia del paziente per trattamenti forniti sul territorio nazionale, tali spese devono essere rimborsate laddove il paziente si faccia curare in un altro Stato membro (16 maggio 2006, Watts, C-372/04).

In ogni caso (sia a titolo dei regolamenti che della direttiva), gli Stati membri sono liberi, se lo desiderano, di rimborsare le spese di trasferimento e di alloggio.

ACQUISTO PER CORRISPONDENZA DI PRODOTTI O DISPOSITIVI MEDICI

In seguito alla sentenza Decker del 1998, la Corte di giustizia ha avuto occasione di chiarire la propria giurisprudenza, in particolare nel settore degli acquisti di prodotti e dispositivi medici effettuati per corrispondenza.

Uno Stato membro non può vietare la vendita per corrispondenza di medicinali autorizzati sul proprio mercato e non soggetti a prescrizione medica. Per contro, un divieto nazionale di vendita per corrispondenza di medicinali soggetti a prescrizione medica può essere giustificato. Permettere la consegna di tali medicinali per corrispondenza e senza controllo potrebbe infatti aumentare il rischio che prescrizioni mediche vengano usate in modo abusivo o scorretto. Peraltro, la possibilità che l'etichettatura del medicinale si presenti in un'altra lingua può avere conseguenze più nefaste nel caso di medicinali soggetti a prescrizione medica (11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband, C-322/01).
Infine, uno Stato membro non può fissare prezzi uniformi per i medicinali soggetti a prescrizione medica, in quanto la fissazione di siffatti prezzi potrebbe ostacolare l'accesso al mercato delle farmacie straniere e delle farmacie per corrispondenza (19 ottobre 2016, Deutsche Parkinson Vereinigung, C-148/15).

 

PER SAPERNE DI PIÚ

Per rispondere alle questioni pratiche delle persone che desiderano ricevere cure
in uno Stato membro diverso dal loro, sono stati istituiti, in ciascuno Stato membro,
«punti di contatto nazionali» dedicati alla normativa dell'Unione in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera. L'elenco aggiornato di tali punti di contatto nazionali può essere consultato su Internet al seguente indirizzo: https://ec.europa. eu/health/sites/health/files/cross_border_care/docs/cbhc_ncp_en.pdf