L’attività giudiziaria

A | La Corte di giustizia nel 2022
B | Il Tribunale nel 2022
C | La giurisprudenza nel 2022

 
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A | La Corte di giustizia nel 2022

La Corte di giustizia può essere adita principalmente mediante:

  • domande di pronuncia pregiudiziale
    Quando un giudice nazionale nutre dubbi sull’interpretazione di una norma dell’Unione o sulla sua validità, sospende il procedimento pendente dinanzi ad esso e adisce la Corte di giustizia. Ottenuti i chiarimenti grazie alla decisione resa dalla Corte di giustizia, il giudice nazionale può definire la controversia sottopostagli. Nelle cause che richiedono una risposta in tempi brevissimi (ad esempio in materia di asilo, di controllo alle frontiere, di sottrazione di minori, ecc.), è previsto un procedimento pregiudiziale d’urgenza («PPU»);
  • ricorsi diretti, volti a:
    • ottenere l’annullamento di un atto dell’Unione («ricorso di annullamento»)
    • far accertare che uno Stato membro non rispetta il diritto dell’Unione («ricorso per inadempimento’). Se lo Stato membro non si adegua alla sentenza con cui è accertato l’inadempimento, un secondo ricorso, denominato ricorso per «doppio inadempimento», può portare la Corte a infliggergli una sanzione pecuniaria;
  • impugnazioni, dirette contro le decisioni emesse dal Tribunale a seguito delle quali la Corte di giustizia può annullare la decisione del Tribunale;
  • domande di parere sulla compatibilità con i trattati di un accordo che l’Unione intende concludere con uno Stato terzo o con un’organizzazione internazionale (presentate da uno Stato membro o da un’istituzione europea).

Evoluzione e attività della Corte di giustizia

Nel 2022 la composizione della Corte di giustizia è rimasta immutata, al pari dei testi che disciplinano le sue attività, vale a dire lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il regolamento di procedura.

Dopo due anni profondamente segnati dalla crisi sanitaria, il 2022 è stato l’anno del rientro generalizzato del personale nei locali dell’istituzione e del ritorno a condizioni di funzionamento normali, in particolare per quanto riguarda la tenuta delle udienze. Gli sviluppi tecnologici imposti dalle misure sanitarie dei due anni precedenti sono comunque stati sfruttati per concretizzare taluni importanti progetti mirati ad avvicinare la giustizia europea al cittadino.

Così, dal 26 aprile 2022, la Corte di giustizia offre un sistema di streaming delle udienze che, sul modello del progetto delle visite a distanza lanciato nel 2021, intende rafforzare la sua dimensione di «Corte dei cittadini», più accessibile per il grande pubblico. Le trasmissioni sono concepite in modo da consentire a chiunque lo desideri di seguire le udienze come se fosse fisicamente presente a Lussemburgo, nell’aula delle udienze, grazie all’interpretazione simultanea dei dibattimenti nelle lingue necessarie al corretto svolgimento dell’udienza.

Dal punto di vista statistico, il 2022 è stato ancora una volta caratterizzato da un’attività intensa. Sono state introdotte dinanzi alla Corte di giustizia 806 cause. Come negli anni precedenti, si tratta per lo più di domande di pronuncia pregiudiziale e di impugnazioni che, con rispettivamente 546 e 209 cause, rappresentano da sole più del 93% di tutte le cause proposte nel 2022. Le tematiche da esse affrontate sono molteplici e delicate come la salvaguardia dei valori fondamentali dell’Unione europea, la protezione dei dati personali, dei consumatori o dell’ambiente, senza dimenticare la fiscalità, la concorrenza e gli aiuti di Stato. Si noteranno, inoltre, numerose cause legate alla crisi sanitaria o alla guerra in Ucraina.

I diversi collegi giudicanti della Corte di giustizia si sono pronunciati in 808 cause. Un numero elevato (78) di cause è stato giudicato dalla Grande Sezione e due di esse, vertenti sul nesso tra il rispetto dello Stato di diritto e l’esecuzione del bilancio dell’Unione, sono state definite in seduta plenaria (cause C‑156/21, Ungheria/Parlamento e Consiglio, e C‑157/21, Polonia/ Parlamento e Consiglio).

Grazie a un più frequente ricorso alle ordinanze, in particolare nell’ambito delle impugnazioni, la durata complessiva dei procedimenti (16,4 mesi) è rimasta simile a quella dell’anno precedente (16,6 mesi); si rileva, tuttavia, un incremento della durata media della trattazione dei procedimenti pregiudiziali (17,3 mesi, contro 16,7 mesi nel 2021), indice dell’accresciuta complessità delle questioni sottoposte alla Corte di giustizia.

Al 31 dicembre 2022, il numero di cause pendenti dinanzi alla Corte di giustizia era pari a 1 111, vale a dire, con due unità di differenza, lo stesso numero registrato al 31 dicembre 2021 (1 113 cause).

Alla luce di questi dati statistici e tenuto conto del fatto che, a partire dal luglio 2022, il Tribunale può contare su 54 giudici (due per Stato membro) grazie al completamento della riforma dell’architettura giurisdizionale dell’Unione decisa nel 2015, la Corte di giustizia ha presentato al legislatore dell’Unione una domanda di modifica dello Statuto vertente su due punti. L’obiettivo perseguito è quello di consentire alla Corte di giustizia di preservare la sua capacità di emanare decisioni di qualità entro termini ragionevoli, ma anche di concentrarsi maggiormente sulle proprie missioni centrali di organo giurisdizionale costituzionale e supremo dell’Unione.

In primo luogo, la domanda di modifica consiste nel trasferire al Tribunale la competenza pregiudiziale in cinque materie chiaramente circoscritte, che di rado sollevano questioni di principio, per le quali esiste una consistente giurisprudenza della Corte di giustizia e che rappresentano un numero di cause abbastanza significativo perché il previsto trasferimento produca un effetto concreto sul suo carico di lavoro: il sistema comune dell’IVA, le accise, il codice doganale e la classificazione tariffaria delle merci nella nomenclatura combinata, la compensazione pecuniaria e l’assistenza dei passeggeri nonché il sistema di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra.

La competenza pregiudiziale del Tribunale in una causa non pregiudicherebbe la facoltà, per quest’ultimo, di rinviarla dinanzi alla Corte di giustizia qualora esso reputi che la causa richieda una decisione di principio che potrebbe compromettere l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione. La Corte di giustizia avrebbe altresì la possibilità di procedere, in via eccezionale, al riesame della decisione emessa dal Tribunale ove sussistessero gravi rischi che detta unità o coerenza fossero compromesse.

In secondo luogo, in un contesto caratterizzato da un elevato numero di impugnazioni proposte avverso le decisioni del Tribunale, al fine di preservare l’efficacia di detta procedura e di consentire alla Corte di giustizia di concentrarsi sulle impugnazioni che sollevano questioni di diritto rilevanti, nella domanda legislativa si auspica un’estensione della procedura di ammissione preventiva delle impugnazioni entrata in vigore il 1° maggio 2019 (articolo 58 bis dello Statuto).

Tale estensione riguarderebbe le impugnazioni proposte contro le decisioni del Tribunale vertenti su decisioni delle commissioni di ricorso indipendenti di taluni organi dell’Unione che non erano stati inizialmente menzionati nell’articolo 58 bis dello Statuto all’atto della sua entrata in vigore il 1° maggio 2019 (ad esempio, l’Agenzia dell’Unione europea per le ferrovie e quella per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, l’Autorità bancaria europea o, ancora, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati e quella delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali).

Koen Lenaerts

Presidente della Corte di giustizia dell’Unione europea

806 cause promosse

546 procedimenti pregiudiziali di cui 5 PPU

Stati membri che hanno presentato il maggior numero di domande:

Germania 98

Italia 63

Bulgaria 43

Spagna 41

Polonia 39

37 ricorsi diretti di cui:, including: 35 ricorsi per inadempimento e 2 ricorsi per «doppio inadempimento»

209 impugnazioni contro le decisioni del Tribunale

6 domande di gratuito patrocinio

La parte che non è in grado di sostenere le spese di giudizio può chiedere di essere ammessa al gratuito patrocinio.

808 cause definite

564 procedimenti pregiudiziali di cui 7 PPU

36 dricorsi diretti di cui 17 inadempimenti accertati contro 12 Stati membri

196 impugnazioni contro le decisioni del Tribunale di cui 38 hanno portato all’annullamento della decisione adottata dal Tribunale

1 parere

Durata media dei procedimenti: 16,4 mesi

Durata media dei procedimenti pregiudiziali d’urgenza: 4,5 mesi

1 111 cause pendenti al 31 dicembre 2022

Principali materie trattate:

Aiuti di Stato 58

Ambiente 46

Concorrenza 38

Diritto istituzionale 38

Fiscalità 80

Politica sociale 73

Proprietà intellettuale 33

Ravvicinamento delle legislazioni 89

Spazio di libertà, sicurezza e giustizia 132

Trasporti 49

Membri della Corte di giustizia

La Corte di giustizia è composta da 27 giudici e da 11 avvocati generali.

I giudici e gli avvocati generali sono designati di comune accordo dai governi degli Stati membri, previa consultazione del comitato con l’incarico di fornire un parere sull’adeguatezza dei candidati proposti ad esercitare le funzioni di cui trattasi. Il loro mandato dura sei anni ed è rinnovabile.

Essi vengono scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che riuniscano le condizioni richieste per l’esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali, ovvero che siano in possesso di competenze notorie.

I giudici esercitano le loro funzioni in piena imparzialità e indipendenza.

I giudici della Corte di giustizia designano tra loro il presidente e il vicepresidente. I giudici e gli avvocati generali nominano il cancelliere per un mandato di sei anni.

Gli avvocati generali hanno il compito di presentare con assoluta imparzialità e in piena indipendenza un parere giuridico denominato «conclusioni» nelle cause loro sottoposte. Tale parere non è vincolante, ma fornisce un ulteriore punto di vista sull’oggetto della controversia.

Nel 2022, non è stato nominato nessun nuovo membro della Corte di giustizia.

K. Lenaerts

Presidente

L. Bay Larsen

Vicepresidente

A. Arabadjiev

Presidente della Prima Sezione

A. Prechal

Presidente della Seconda Sezione

K. Jürimäe

Presidente della Terza Sezione

C. Lycourgos

Presidente della Quarta Sezione

E. Regan

Presidente della Quinta Sezione

M. Szpunar

Primo Avvocato generale

M. Safjan

Presidente dell’Ottava Sezione

P. G. Xuereb

Presidente della Sesta Sezione

L. S. Rossi

Presidente della Nona Sezione

D. Gratsias

Presidente della Decima Sezione

M. L. Arastey Sahún

Presidente della Settima Sezione

J. Kokott

Avvocato generale

M. Ilešič

Giudice

J.-C. Bonichot

Giudice

T. von Danwitz

Giudice

S. Rodin

Giudice

F. Biltgen

Giudice

M. Campos Sánchez-Bordona

Avvocato generale

N. J. Cardoso da Silva Piçarra

Giudice

G. Pitruzzella

Avvocato generale

I. Jarukaitis

Giudice

P. Pikamäe

Avvocato generale

A. Kumin

Giudice

N. Jääskinen

Giudice

N. Wahl

Giudice

J. Richard de la Tour

Avvocato generale

A. Rantos

Avvocato generale

I. Ziemele

Giudice

J. Passer

Giudice

A. M. Collins

Avvocato generale

M. Gavalec

Giudice

N. Emiliou

Avvocato generale

Z. Csehi

Giudice

O. Spineanu-Matei

Giudice

T. Ćapeta

Avvocato generale

L. Medina

Avvocato generale

A. Calot Escobar

Cancelliere

Ordine protocollare in vigore dal 07/10/2022

B | Il Tribunale nel 2022

Il Tribunale può essere adito, in primo grado, mediante ricorsi diretti proposti dalle persone fisiche o giuridiche, quando sono ricorsi diretti proposti dalle persone fisiche o giuridiche, quando sono individualmente e direttamente interessate (individui, società, associazioni, ecc.) e dagli Stati membri contro gli atti delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione europea, e mediante ricorsi diretti volti a ottenere il risarcimento dei danni causati dalle istituzioni o dai loro agenti.

Gran parte del suo contenzioso è di natura economica: proprietà intellettuale (marchi, disegni e modelli dell’Unione europea), concorrenza, aiuti di Stato e vigilanza bancaria e finanziaria.

Il Tribunale è altresì competente a pronunciarsi in materia di funzione pubblica sulle controversie tra l’Unione europea e i suoi agenti.

Le decisioni del Tribunale possono essere impugnate, limitatamente alle questioni di diritto, dinanzi alla Corte di giustizia. Nelle cause che sono già state oggetto di un doppio esame (da parte di una commissione di ricorso indipendente, poi da parte del Tribunale), la Corte di giustizia ammette la domanda di impugnazione soltanto se solleva una questione importante per l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione.

Evoluzione e attività del Tribunale

Il 2022 è stato segnato dal ritorno della guerra sul nostro continente. Questo evento terribile deve rappresentare un momento di presa di coscienza collettiva per tutti gli europei. La pace non deve mai essere data per scontata e richiede l’impegno di tutti. La nostra istituzione è al cuore di questo impegno. La Corte di giustizia e il Tribunale hanno, infatti, il compito di garantire il rispetto dello stato di diritto e di operare per la protezione della dignità umana. Nell’Unione, i conflitti non si risolvono con le minacce e le armi, ma attraverso il confronto dialettico e il diritto. In tale contesto, il Tribunale è chiamato, in particolare, talvolta in tempi molto brevi, a controllare la legittimità delle misure restrittive adottate dall’Unione nei confronti di persone o entità legate all’aggressione perpetrata dalla Federazione russa a partire dal febbraio 2022. La Grande Sezione del Tribunale ha così potuto pronunciare la sentenza RT France/Consiglio, nel quadro di un procedimento accelerato, cinque mesi dopo l’introduzione della causa. Ad oggi, sono state avviate più di 70 cause vertenti su misure restrittive collegate al conflitto armato. È motivo di onore per la nostra Unione che tali misure non siano frutto di arbitrarietà e siano quindi soggette al controllo da parte di giudici indipendenti e imparziali.

Più che mai, le cause sottoposte al Tribunale hanno rispecchiato le grandi sfide sociali che il nostro continente è chiamato ad affrontare. Oltre alle misure restrittive, che non riguardano soltanto l’aggressione a danno dell’Ucraina, si tratta, in particolare, della regolamentazione sotto il profilo della concorrenza dei giganti del digitale e della disciplina degli aiuti di Stato, segnatamente nel settore fiscale e nel settore dell’energia e dell’ambiente. Si tratta altresì del diritto bancario e finanziario, della protezione dei dati personali, della politica commerciale comune o, ancora, della regolamentazione dei mercati dell’energia. Alla luce dei recenti sviluppi legislativi e del contesto internazionale caratterizzato da tensioni sempre maggiori, potrebbe rendersi necessaria un’intensificazione del controllo sulla legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione.

Sia chiaro: il Tribunale è pienamente consapevole delle proprie responsabilità. Esso dispone delle risorse per farvi fronte. Lo scorso anno, detto organo giurisdizionale ha accolto otto nuovi membri, il cui arrivo ha completato l’attuazione della riforma avviata dal regolamento 2015/2422. Nella sua attuale composizione di 54 membri, l’organo giurisdizionale può contare ormai su due giudici per Stato membro. In vista del nuovo triennio apertosi nel settembre 2022, il Tribunale ha altresì intensificato la riflessione sulla propria organizzazione e sui propri metodi di lavoro, ponendo l’accento sull’approfondimento del controllo giurisdizionale, sull’accompagnamento delle parti nel corso dell’intero procedimento e sulla durata dei procedimenti (16,2 mesi in media nel 2022). Il Tribunale, così rafforzato e riorganizzato, si è prefisso un obiettivo: rendere una giustizia di qualità, comprensibile per il cittadino, con tempistiche coerenti con le aspettative del mondo d’oggi.

L’architettura giurisdizionale dell’Unione deve adattarsi continuamente alle sfide del nostro tempo. È in questo spirito che, nel novembre 2022, la Corte di giustizia ha presentato una domanda legislativa volta, segnatamente, a definire le materie specifiche in cui il Tribunale potrà essere competente a pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali sottoposte dai giudici degli Stati membri (articolo 256 TFUE). Il Tribunale è pronto a sostenere la Corte di giustizia, chiamata a far fronte a un carico di lavoro crescente. Strettamente coinvolto nelle riflessioni che hanno condotto a questa iniziativa, il Tribunale ne sta preparando sin d’ora l’attuazione.

Marc van der Woude

Presidente of the General Court

904 cause promosse

858 cause definite

760 ricorsi diretti di cui:

1 474 cause pendenti (al 31 dicembre 2022)

Principali materie di ricorso:

Innovazioni giurisprudenziali

Al Tribunale, come altrove, un’emergenza scaccia l’altra. Mentre le controversie sorte nel contesto della pandemia di Covid-19 lo conducono ancora su sentieri inesplorati, come testimonia la sentenza Roos e a./Parlamento del 27 aprile 2022 (T‑710/21, T‑722/21 e T‑723/21) in cui è stata esaminata per la prima volta la legittimità di talune restrizioni imposte dalle istituzioni dell’Unione europea per proteggere la salute del proprio personale, l’aggressione militare perpetrata dalla Federazione russa a danno dell’Ucraina il 24 febbraio 2022 ha dato origine a un nuovo focolaio di contenziosi. Nella sua sentenza RT France/Consiglio del 27 luglio 2022 (T‑125/22), il Tribunale, riunito in Grande Sezione, si è pronunciato in maniera inedita, mediante procedimento accelerato, sulla legittimità delle misure restrittive adottate dal Consiglio e dirette a vietare la radiodiffusione di contenuti audiovisivi.

Tuttavia, per quanto importanti, tali temi d’attualità non possono oscurare i numerosi progressi giurisprudenziali realizzati dal Tribunale in contesti più classici.

Così, in materia istituzionale, nella sentenza Verelst/Consiglio del 12 gennaio 2022 (T‑647/20), il Tribunale ha affrontato per la prima volta la questione della legittimità della decisione di esecuzione 2020/1117 relativa alla nomina dei procuratori europei della Procura europea, adottata in applicazione del regolamento 2017/1939 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione di detta Procura. Al termine del suo esame, esso è giunto alla conclusione che il Consiglio disponeva di un ampio margine di discrezionalità in sede di valutazione e comparazione dei meriti dei candidati al posto di procuratore europeo di uno Stato membro, aggiungendo che, nella specie, la selezione e la nomina del candidato prescelto erano avvenute nel rispetto dei limiti di detto ampio potere discrezionale. Nel settore degli appalti pubblici, nella sentenza Leonardo/Frontex del 26 gennaio 2022 (T‑849/19), il Tribunale ha esaminato la ricevibilità di un ricorso di annullamento contro un bando di gara e i relativi allegati proposto da un’impresa che non aveva partecipato alla gara di appalto indetta tramite detto bando. Pronunciandosi in formazione ampliata, esso ha dichiarato che un’impresa in grado di dimostrare che la sua partecipazione a una procedura di gara era stata resa impossibile dalle prescrizioni del capitolato d’oneri poteva far valere il proprio interesse ad agire in relazione a vari documenti di un appalto. Infine, in materia di concorrenza, nella sentenza Illumina/Commissione del 13 luglio 2022 (T‑227/21), il Tribunale si è pronunciato per la prima volta sull’applicazione del meccanismo di rinvio, previsto dall’articolo 22 del regolamento 139/2004 sulle concentrazioni, a un’operazione la cui notifica non era richiesta nello Stato che ne aveva domandato il rinvio, ma che implicava l’acquisizione di un’impresa la cui importanza per la concorrenza non si rifletteva nel suo fatturato. Nel caso di specie, il Tribunale ha ammesso, in linea di principio, che la Commissione può dichiararsi competente in una situazione siffatta.

Savvas S. Papasavvas

Vicepresidente del Tribunale

Membri del Tribunale

Il Tribunale è composto da due giudici per Stato membro.

I giudici sono scelti tra persone che offrano tutte le garanzie di indipendenza e possiedano la capacità per l’esercizio di alte funzioni giurisdizionali. Essi sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri, previa consultazione di un comitato incaricato di fornire un parere sull’adeguatezza dei candidati. Il loro mandato è di sei anni ed è rinnovabile. Gli stessi designano tra loro, per tre anni, il presidente e il vicepresidente. I giudici nominano il cancelliere per un mandato di sei anni.

I giudici esercitano le loro funzioni in piena imparzialità e indipendenza.

Nel gennaio 2022, hanno assunto le proprie funzioni quali giudici del Tribunale il sig. Ioannis Dimitrakopoulos (Grecia), il sig. Damjan Kukovec (Slovenia) e la sig.ra Suzanne Kingston (Irlanda).

Nel luglio 2022, hanno assunto le proprie funzioni quali giudici del Tribunale il sig. Tihamér Tóth (Ungheria) e la sig.ra Beatrix Ricziová (Slovacchia).

Nel settembre 2022, hanno assunto le proprie funzioni quali giudici del Tribunale la sig. ra Elisabeth Tichy-Fisslberger (Austria), il sig. William Valasidis (Grecia) e il sig. Steven Verschuur (Paesi Bassi).

M. van der Woude

Presidente

S. Papasavvas

Vicepresidente

D. Spielmann

Presidente della Prima Sezione

A. Marcoulli

Presidente della Seconda Sezione

F. Schalin

Presidente della Terza Sezione

R. da Silva Passos

Presidente della Quarta Sezione

J. Svenningsen

Presidente della Quinta Sezione

M. J. Costeira

Presidente della Sesta Sezione

K. Kowalik-Bańczyk

Presidente della Settima Sezione

A. Kornezov

Presidente dell’Ottava Sezione

L. Truchot

Presidente della Nona Sezione

O. Porchia

Presidente della Decima Sezione

M. Jaeger

Giudice

S. Frimodt Nielsen

Giudice

H. Kanninen

Giudice

J. Schwarcz

Giudice

M. Kancheva

Giudice

E. Buttigieg

Giudice

V. Tomljenović

Giudice

S. Gervasoni

Giudice

L. Madise

Giudice

V. Valančius

Giudice

N. Półtorak

Giudice

I. Reine

Giudice

P. Nihoul

Giudice

U. Öberg

Giudice

C. Mac Eochaidh

Giudice

G. De Baere

Giudice

R. Frendo

Giudice

T. R. Pynnä

Giudice

J. C. Laitenberger

Giudice

R. Mastroianni

Giudice

J. Martín y Pérez de Nanclares

Giudice

G. Hesse

Giudice

M. Sampol Pucurull

Giudice

M. Stancu

Giudice

P. Škvařilová-Pelzl

Giudice

I. Nõmm

Giudice

G. Steinfatt

Giudice

R. Norkus

Giudice

T. Perišin

Giudice

D. Petrlík

Giudice

M. Brkan

Giudice

P. Zilgalvis

Giudice

K. Kecsmár

Giudice

I. Gâlea

Giudice

I. Dimitrakopoulos

Giudice

D. Kukovec

Giudice

S. Kingston

Giudice

T. Tóth

Giudice

B. Ricziová

Giudice

E. Tichy- Fisslberger

Giudice

W. Valasidis

Giudice

S. Verschuur

Giudice

E. Coulon

Cancelliere

Ordine protocollare in vigore dal 19/09/2022

C | La giurisprudenza nel 2022

Focus

È valido il regolamento che subordina l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello Stato di diritto

Sentenze Ungheria/Parlamento e Consiglio e Polonia/Parlamento e Consiglio del 16 febbraio 2022 (C‑156/21 e C‑157/21)

Lo Stato di diritto

È uno dei valori fondamentali dell’Unione in cui rientrano:

  • il principio di legalità, in base al quale il processo legislativo deve essere trasparente, responsabile, democratico e pluralistico;
  • il principio di certezza del diritto;
  • il divieto di arbitrarietà del potere esecutivo;
  • il principio di tutela giurisdizionale effettiva (accesso a una giustizia indipendente e imparziale);
  • il principio della separazione dei poteri;
  • il principio di non discriminazione e di uguaglianza di fronte alla legge.

Al fine di proteggere il bilancio dell’Unione e gli interessi finanziari di quest’ultima da pregiudizi derivanti da violazioni dello Stato di diritto, quale valore fondamentale su cui l’Unione è fondata, l’Unione si è dotata di un nuovo regime di condizionalità.

Tale regime, introdotto con il regolamento 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio, subordina il beneficio di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto dei principi dello Stato di diritto da parte degli Stati membri. Il regolamento di cui trattasi consente al Consiglio, al termine di un’indagine condotta dalla Commissione, di adottare misure – come la sospensione dei pagamenti o rettifiche finanziarie – per proteggere il bilancio dell’Unione e i suoi interessi finanziari quando tali violazioni rischiano di comprometterli.

Il regolamento di cui trattasi è stato contestato dall’Ungheria e dalla Polonia dinanzi alla Corte di giustizia. In considerazione della loro importanza eccezionale, le cause sono state decise dalla Corte di giustizia in seduta plenaria.

Il 16 febbraio 2022, la Corte di giustizia ha respinto i ricorsi dell’Ungheria e della Polonia.

La Corte di giustizia sottolinea che l’Unione è fondata su valori comuni agli Stati membri, tra cui lo Stato di diritto. Questi valori comuni definiscono l’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune e sono stati accettati da tutti gli Stati membri all’atto della loro adesione all’Unione. Il rispetto dei principi dello Stato di diritto costituisce così un obbligo di risultato per gli Stati membri, che discende direttamente dalla loro appartenenza all’Unione. Ad esso è subordinato il godimento, da parte di detti Stati, di tutti gli altri diritti derivanti dall’applicazione dei Trattati.

Le violazioni dei principi dello Stato di diritto commesse in uno Stato membro possono compromettere gravemente gli interessi finanziari dell’Unione. Gli Stati membri possono garantire una sana gestione finanziaria solo se le autorità pubbliche agiscono in conformità della legge, se le violazioni del diritto sono effettivamente perseguite e se le decisioni arbitrarie o illegittime delle autorità pubbliche possono essere soggette a un effettivo controllo giurisdizionale da parte di un potere giudiziario indipendente e imparziale. L’Unione deve pertanto essere in grado di difendere i suoi interessi finanziari, segnatamente, mediante misure di protezione del bilancio dell’Unione. La Corte di giustizia constata, quindi, che il regime introdotto con il regolamento impugnato rientra a pieno titolo nella nozione di regole finanziarie che stabiliscono le modalità relative all’esecuzione del bilancio dell’Unione [articolo 322 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)]. Il regolamento è quindi stato correttamente adottato su detta base giuridica.

In risposta a taluni argomenti sollevati dall’Ungheria e dalla Polonia, la Corte di giustizia spiega altresì che il meccanismo di condizionalità non elude la procedura prevista all’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea (TUE). Le due procedure perseguono finalità diverse e hanno un oggetto distinto. In particolare, l’articolo 7 TUE consente di rispondere a qualsiasi violazione grave e persistente di uno dei valori fondanti dell’Unione o a qualsiasi rischio evidente di una siffatta violazione, mentre il regolamento impugnato si applica soltanto alle violazioni dei principi dello Stato di diritto e unicamente se sussistono motivi fondati per ritenere che dette violazioni abbiano un’incidenza sul bilancio.

La Corte di giustizia respinge altresì l’argomento secondo cui i principi dello Stato di diritto non avrebbero un contenuto sostanziale concreto nel diritto dell’Unione. Tali principi sono stati ampiamente sviluppati nella sua giurisprudenza e sono quindi precisati nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Essi trovano la loro fonte in valori comuni riconosciuti e applicati dagli Stati membri nei propri ordinamenti giuridici. Di conseguenza, gli Stati membri sono in grado di determinare con sufficiente precisione il contenuto essenziale nonché i requisiti derivanti da ciascuno di tali principi.

Infine, l’attuazione del meccanismo di condizionalità richiede che venga accertato un nesso effettivo tra una violazione di un principio dello Stato di diritto e un pregiudizio o un rischio serio di pregiudizio alla sana gestione finanziaria dell’Unione. Tale attuazione impone altresì rigidi requisiti procedurali nei confronti della Commissione. Pertanto, l’Ungheria e la Polonia non possono sostenere che i poteri accordati alla Commissione e al Consiglio sono troppo ampi. La Corte di giustizia ne conclude che il regolamento impugnato soddisfa i requisiti della certezza del diritto.

Articolo 7 TUE

Questa disposizione descrive la procedura che consente di sospendere taluni diritti derivanti dall’applicazione dei Trattati a uno Stato membro in caso di violazione grave e persistente dei valori comuni agli Stati membri di cui all’articolo 2 TUE, tra cui figura lo Stato di diritto. Secondo l’Ungheria e la Polonia, il regolamento «condizionalità», istituendo una procedura parallela, consentiva illegittimamente di eludere le condizioni previste in maniera precisa all’articolo 7 TUE nell’ottica di sanzionare uno Stato membro.

Il rispetto dello Stato di diritto è stato oggetto di numerose sentenze della Corte di giustizia, tra cui:

  • sentenza Associação Sindical dos Juízes Portugueses (Indipendenza dei giudici – Riduzione delle retribuzioni nel pubblico impiego nazionale) del 27 febbraio 2018 (C‑64/16) ;
  • sentenza Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici – Limitazione del diritto e dell’obbligo degli organi giurisdizionali nazionali di sottoporre domande di pronuncia pregiudiziale alla Corte) del 15 luglio 2021 (C‑791/19) ;
  • sentenza Repubblika (Indipendenza dei giudici di uno Stato membro – Procedura di nomina – Potere del Primo ministro – Partecipazione di un Comitato per le nomine in magistratura) del 20 aprile 2021 (C‑896/19).

Il principio di certezza del diritto

Il principio di cui trattasi esige che le norme di diritto siano chiare e precise e che la loro applicazione sia prevedibile per i soggetti dell’ordinamento, in particolare quando esse possono avere conseguenze sfavorevoli. Pertanto, una normativa deve consentire agli interessati di conoscere senza ambiguità i loro diritti e i loro obblighi e di regolarsi di conseguenza.

Focus

Sentenza Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore) dell’8 novembre 2022 (C‑873/19)

Al fine di proteggere l’ambiente e migliorare la qualità dell’aria, il regolamento dell’Unione europea relativo all’omologazione dei veicoli a motore vieta l’utilizzo di impianti che agiscono sul sistema di controllo delle emissioni di gas inquinanti al fine di ridurne l’efficacia (impianti detti «di manipolazione»). Tuttavia, esistono tre eccezioni a tale divieto, in particolare, quando «l’impianto si giustifica per la necessità di proteggere il motore da danni o avarie e di un funzionamento sicuro dei veicoli».

La Deutsche Umwelthilfe, un’associazione tedesca per la tutela dell’ambiente, ritiene che l’Ufficio federale tedesco della motorizzazione civile abbia violato il divieto di cui trattasi autorizzando, per taluni veicoli Volkswagen, l’utilizzo di un software che riduce il ricircolo dei gas inquinanti , in particolare dell’ossido di azoto (NOx). Detto software, denominato «intervallo termico», consentiva di adattare la percentuale di depurazione dei gas di scarico in funzione della temperatura esterna. L’installazione di detto software comportava, quindi, che il ricircolo dei gas inquinanti fosse pienamente efficace solo a una temperatura esterna superiore ai 15°C. Orbene, per l’anno 2018, la temperatura media annua in Germania è stata di 10,4°C.

La Deutsche Umwelthilfe ha contestato l’autorizzazione dinanzi a un giudice tedesco. Quest’ultimo si è rivolto alla Corte di giustizia per ottenere chiarimenti su due questioni.

1. Il giudice tedesco osserva che, in base al diritto tedesco, la Deutsche Umwelthilfe non può proporre un ricorso avverso l’autorizzazione rilasciata dall’Ufficio federale poiché il regolamento europeo da essa invocato non mira a tutelare i singoli cittadini. Il giudice tedesco chiede alla Corte di giustizia se tale impossibilità sia compatibile con la Convenzione di Aarhus e con il diritto a un ricorso effettivo sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Nella sua sentenza dell’8 novembre 2022, la Corte di giustizia dichiara che, conformemente alla Convenzione di Aarhus, letta alla luce della Carta, un’associazione per la tutela dell’ambiente, legittimata ad agire in giudizio, non può essere privata della possibilità di far controllare, dai giudici nazionali, il rispetto di talune norme del diritto dell’Unione in materia ambientale. Una siffatta associazione deve quindi poter contestare giudizialmente un’autorizzazione rilasciata per degli impianti di manipolazione.

2. Il giudice tedesco chiede altresì se la «necessità» di ricorrere all’impianto di «intervallo termico», che consente eccezionalmente di giustificarne l’installazione per proteggere il motore o il suo funzionamento in sicurezza, debba essere valutata tenendo conto della tecnologia esistente alla data dell’autorizzazione o se occorra prendere in considerazione altre circostanze.

La Corte di giustizia sottolinea che un impianto di manipolazione, come un «intervallo termico», può essere eccezionalmente giustificato se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

  • l’impianto deve rispondere strettamente alla necessità di evitare i rischi immediati di danni o avarie al motore, causati da un malfunzionamento di una componente del sistema di ricircolo dei gas di scarico;
  • tali danni devono presentare una gravità tale da comportare un concreto pericolo in occasione della guida del veicolo;
  • al momento dell’autorizzazione dell’impianto o del veicolo che ne è provvisto, nessun’altra soluzione tecnica consente di evitare tali rischi.

Infine, quand’anche la necessità sia dimostrata, l’impianto di manipolazione deve, in ogni caso, essere vietato, se è concepito in maniera tale da funzionare, in condizioni normali di circolazione, per la maggior parte dell’anno. Infatti, in un tal caso, l’eccezione sarebbe applicata più spesso del divieto il che arrecherebbe un pregiudizio sproporzionato al principio stesso della limitazione delle emissioni di ossido di azoto (NOx).

La Corte di giustizia si pronuncia di frequente in cause in materia ambientale. Tra le sentenze più recenti si annoverano:

  • sentenza «Ville de Paris e a.» (Omologazione dei veicoli – Valori delle emissioni di ossidi di azoto – Procedure di prova delle emissioni in condizioni reali di guida) del 13 gennaio 2022 (C‑177/19 P e a.);
  • sentenze GSMB Invest, Volkswagen e Porsche Inter Auto e Volkswagen Volkswagen (Veicoli diesel – Emissioni di ossido di azoto (NOx) – Impianti di manipolazione vietati – «Intervallo termico») del 14 luglio 2022 (C‑128/20 e a.);
  • sentenza Commissione/Spagna (Valori limite – NO2) del 22 dicembre 2022 (C‑125/20);
  • sentenza Ministre de la Transition écologique e Premier ministre(Responsabilità dello Stato per l’inquinamento atmosferico) del 22 dicembre 2022 (C‑61/21).

Focus

Diritto all’oblio e diritto all’informazione

Sentenza Google (Deindicizzazione di contenuti asseritamente inesatti) dell’8 dicembre 2022 (C‑460/20)

Regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD)

Entrato in vigore nel 2018, il RGPD offre ai cittadini un maggiore controllo sui loro dati personali e responsabilizza i soggetti che li detengono.

Tra i diritti sanciti dal RGPD figurano:

  • il diritto di informazione sul trattamento dei dati;
  • il diritto di accesso ai dati detenuti;
  • il diritto di ottenere la rettifica dei dati inesatti o incompleti;
  • il diritto alla cancellazione dei dati trattati illecitamente o che non sono più necessari per le finalità per le quali sono stati trattati (meglio noto come «diritto all’oblio»);
  • il diritto alla portabilità dei dati (recuperare i dati forniti a un titolare del trattamento).

La protezione dei dati di carattere personale è disciplinata, a livello dell’Unione europea, dal regolamento generale sulla protezione dei dati.

Tuttavia, il diritto alla protezione dei dati personali non è assoluto. Esso deve essere contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità. Tra questi altri diritti fondamentali figura il diritto alla libertà di informazione.

Nella sentenza Google, pronunciata l’8 dicembre 2022, la Corte di giustizia ha ricordato l’importanza di detto contemperamento e ha provveduto ad attuarlo in risposta a una questione posta dalla Corte federale di giustizia tedesca sul diritto all’oblio.

La controversia riguardava due dirigenti di un gruppo di società di investimenti che avevano chiesto a Google di deindicizzare i risultati delle ricerche effettuate a partire dai loro nomi. I risultati di dette ricerche contenevano link verso alcuni articoli di stampa che presentavano in modo critico il modello di investimento di tale gruppo. I due dirigenti sostenevano che detti articoli contenevano affermazioni inesatte. Essi chiedevano, inoltre, che le loro fotografie, visualizzate sotto forma di miniature (thumbnails) al di fuori di ogni elemento contestuale, fossero eliminate dall’elenco di detti risultati.

Google ha rifiutato di accogliere tali domande, rinviando al contesto professionale nel quale si inserivano tali articoli e fotografie e argomentando che ignorava se le informazioni contenute in tali articoli fossero esatte o meno.

La Corte federale di giustizia tedesca, investita della controversia, ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare il regolamento generale sulla protezione dei dati alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Il regolamento prevede, infatti, espressamente che il diritto alla cancellazione è escluso allorché il trattamento dei dati personali di cui trattasi sia necessario all’esercizio del diritto alla libertà di informazione.

La Corte di giustizia sottolinea che il diritto alla protezione della vita privata e alla protezione dei dati personali prevale, di regola, sul legittimo interesse degli utenti di Internet ad avere accesso all’informazione. Tale equilibrio può nondimeno dipendere dalla natura dell’informazione di cui trattasi e dal suo carattere sensibile per la vita privata dell’interessato. Esso dipende altresì dall’interesse del pubblico a disporre dell’informazione, il quale può variare a seconda del ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica.

Tuttavia, il diritto alla libertà d’espressione e di informazione non può essere preso in considerazione quando le informazioni incluse nel contenuto indicizzato (e che non presentano un’importanza minore) si rivelano inesatte.

Quando una persona presenta una richiesta di deindicizzazione, al gestore del motore di ricerca incombono taluni obblighi:

  • Il gestore deve verificare se un contenuto possa continuare ad essere incluso nell’elenco dei risultati delle ricerche effettuate mediante il suo motore di ricerca. Se la richiesta contiene elementi di prova sufficienti, il gestore del motore di ricerca è tenuto ad accoglierla.
  • Se la richiesta non dimostra in modo manifesto l’inesattezza delle informazioni, il gestore non è tenuto a procedere alla cancellazione. In tale caso, tuttavia, il richiedente deve poter adire l’autorità di controllo della protezione dei dati o l’autorità giudiziaria affinché queste effettuino le verifiche necessarie e ingiungano, se del caso, a tale gestore di adottare le misure che ne conseguono.
  • Il gestore deve inoltre avvertire gli utenti di Internet dell’esistenza di un procedimento amministrativo o giurisdizionale vertente sull’asserito carattere inesatto di un contenuto.
  • Esso deve verificare se la visualizzazione delle foto in forma di miniature (thumbnails) sia necessaria per l’esercizio del diritto alla libertà di informazione degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a tali foto. La visualizzazione di fotografie di una persona costituisce infatti un’ingerenza particolarmente significativa nella sua vita privata. Il fatto che detto accesso contribuisca a un dibattito di interesse generale costituisce un elemento fondamentale da prendere in considerazione nel bilanciamento con altri diritti fondamentali.

La protezione dei dati personali è una materia che dà origine a un numero considerevole di cause dinanzi alla Corte di giustizia.

Di seguito alcune sentenze recenti collegate con l’evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione:

  • sentenza Facebook Ireland e Schrems del 16 luglio 2020 sul livello di protezione da garantire in caso di trasferimento di dati personali verso un paese terzo (C‑311/18);
  • sentenza La Quadrature du Net e a. del 6 ottobre 2020 sul divieto di una normativa nazionale che impone la trasmissione o la conservazione generalizzata e indifferenziata di dati sul traffico e sull’ubicazione (C‑511/18 e a.);
  • sentenza Prokuratuur del 2 marzo 2021 sull’accesso delle autorità pubbliche a dati relativi al traffico o a dati relativi all’ubicazione ai fini della lotta contro le forme gravi di criminalità (C‑746/18);
  • sentenza Facebook Ireland e a, del 15 giugno 2021 sui poteri delle autorità nazionali di controllo (C‑645/19) ;
  • sentenza Vyriausioji tarnybinės etikos komisija del 1o agosto 2022 sulla trasparenza delle dichiarazioni di interessi privati dei lavoratori o dirigenti del settore pubblico (C‑184/20).

Focus

Guerra in Ucraina: divieto di diffusione imposto a taluni media filo-russi e libertà di espressione

Sentenza RT France/Consiglio del 27 luglio 2022 (T‑125/22)

Il procedimento sommario

In attesa della decisione finale del Tribunale, in data 8 marzo 2022, RT France ha chiesto al Presidente del Tribunale di sospendere immediatamente gli effetti della decisione di divieto delle attività di radiodiffusione. Tale domanda, denominata procedimento sommario, è stata respinta il 30 marzo. Il Presidente ha dichiarato, in particolare, che RT France non aveva dimostrato che il divieto le arrecava un danno irreparabile. Non sussisteva pertanto una particolare urgenza tale da giustificare detta sospensione prima della pronuncia di una decisione definitiva nella causa.

Il 24 febbraio 2022 la Federazione russa ha avviato una guerra di aggressione contro l’Ucraina. Nel quadro della sua politica estera e di sicurezza comune, l’Unione europea ha reagito a detta violazione del diritto internazionale, in particolare imponendo sanzioni alla Federazione russa. Il 1° marzo 2022, il Consiglio dell’Unione europea ha vietato le attività di radiodiffusione di taluni media all’interno dell’Unione o dirette all’Unione per contrastare azioni di propaganda russa.

Il divieto ha riguardato, in particolare, RT France, un canale televisivo finanziato dal bilancio statale russo che, l’8 marzo 2022, ha adito il Tribunale dell’Unione europea per ottenere l’annullamento di detta decisione del Consiglio.

Vista l’importanza e l’urgenza della causa, il Tribunale si è riunito in Grande Sezione (15 giudici) e ha applicato d’ufficio, per la prima volta, il procedimento accelerato, il che gli ha consentito di pronunciarsi in meno di cinque mesi.

Nella sua sentenza del 27 luglio, il Tribunale respinge integralmente il ricorso. La sentenza si fonda su tre elementi essenziali.

  • Il Consiglio dispone di un ampio margine nel definire le misure restrittive in materia di politica estera e di sicurezza comune. Esso può ricorrere a un divieto temporaneo di diffusione di contenuti di taluni media finanziati dal bilancio dello Stato russo se detti media sostengono l’aggressione militare da parte della Russia. L’attuazione uniforme di un divieto di tale natura può essere realizzata meglio a livello dell’Unione che a livello nazionale.
  • Il divieto di radiodiffusione, deciso senza sentire preliminarmente RT France, non integra una violazione dei diritti della difesa. Il contesto eccezionale e di estrema urgenza connesso allo scoppio di una guerra alle frontiere dell’Unione imponeva una reazione rapida. L’attuazione immediata di misure restrittive a carico di un vettore di propaganda a favore dell’aggressione militare era essenziale per garantire la loro efficacia.
  • La libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica. Tale libertà è applicabile non solo alle idee accolte favorevolmente o ritenute inoffensive, ma anche a quelle che offendono, scioccano o turbano. Ciò consegue alle esigenze del pluralismo, della tolleranza e dello spirito di apertura senza le quali non esiste una società democratica.

Tuttavia, può risultare necessario, nelle società democratiche, sanzionare le forme di espressione che diffondono, giustificano o incitano l’odio fondato sull’intolleranza, l’uso e l’apologia della violenza.

La misura di divieto adottata nei confronti di RT France persegue tale obiettivo. Essa mira a tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza dell’Unione, minacciati dalla sistematica campagna di propaganda messa in atto dalla Russia, e a esercitare pressione sulle autorità russe, affinché queste pongano fine all’aggressione militare. Tale misura è altresì proporzionata poiché è adeguata e necessaria agli scopi perseguiti. Sussistono sufficienti indizi concreti, precisi e concordanti indicanti che RT France sosteneva attivamente la politica destabilizzante e aggressiva condotta dalla Federazione russa, sfociata infine in un’offensiva militare su larga scala contro l’Ucraina. Nessuno degli elementi presentati da RT France consente di attestare che detto canale riservasse alle informazioni sulla guerra in corso un trattamento complessivamente equilibrato e rispettoso dei principi in materia di «doveri e responsabilità» degli organi di informazione audiovisivi.

Le misure restrittive o sanzioni

Sono strumenti di cui l’Unione europea dispone per promuovere gli obiettivi della sua politica estera e di sicurezza comune. Si tratta, in particolare, di salvaguardare i valori dell’Unione, i suoi interessi fondamentali e la sua sicurezza, di consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo e i principi di diritto internazionale, di preservare la pace e di prevenire i conflitti, oltre a rafforzare la sicurezza internazionale.

Queste misure possono riguardare governi di paesi terzi o entità non statali (ad esempio imprese) e individui (come gruppi terroristici). Nella maggior parte dei casi, le misure riguardano individui o entità e consistono nel congelamento di beni e in divieti di viaggio all’interno dell’UE.

Il Tribunale è chiamato a pronunciarsi in un ampio numero di cause implicanti misure restrittive: si tratta, in particolare, di sanzioni adottate nel contesto di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o in considerazione della situazione in Siria e in Bielorussia o ancora nei confronti della Repubblica democratica del Congo.

Focus

Ammenda record pari a EUR 4,125 miliardi inflitta a Google per le restrizioni imposte ai produttori di dispositivi mobili Android

Sentenza Google e Alphabet/Commissione (Google Android) del 14 settembre 2022 (T‑604/18)

Google è un’impresa del settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione specializzata nei prodotti e servizi collegati a Internet. Essa trae la parte essenziale del suo ricavato dal suo prodotto-faro, il motore di ricerca Google Search. Il suo modello commerciale è basato sull’interazione tra, da un lato, un certo numero di prodotti e servizi proposti abitualmente senza spese per gli utenti e, dall’altro, servizi di pubblicità in linea che utilizzano i dati raccolti presso i suddetti utenti. Google propone, inoltre, il sistema operativo Android, di cui, nel luglio 2018, erano equipaggiati circa l’80% dei dispositivi mobili intelligenti utilizzati in Europa, secondo la Commissione europea.

A seguito delle denunce indirizzate alla Commissione, nel 2015 quest’ultima ha avviato una procedura nei confronti di Google. Tale procedura è sfociata, nel 2018, in una sanzione di EUR 4,343 miliardi inflitta a Google per aver imposto restrizioni illegali ai produttori di dispositivi mobili Android nonché agli operatori di reti mobili. Queste restrizioni consistevano nell’imporre ai produttori di dispositivi mobili:

  • di preinstallare Google Search e Chrome per poter ottenere la licenza operativa per Play Store;
  • di astenersi dal vendere dispositivi equipaggiati con versioni Android senza l’approvazione di Google;
  • di rinunciare alla preinstallazione di un servizio di ricerca concorrente per poter ottenere una parte degli introiti pubblicitari di Google.

Secondo la Commissione, queste restrizioni avevano lo scopo di consolidare la posizione dominante del motore di ricerca di Google e i suoi introiti ottenuti mediante gli annunci pubblicitari collegati a queste ricerche.

Che cos’è un abuso di posizione dominante?

La posizione dominante è una condizione di forza economica propria di un’impresa che le conferisce il potere di ostacolare il mantenimento di una effettiva concorrenza e di agire in modo indipendente dai propri concorrenti, dai propri clienti, dai propri fornitori e dal consumatore finale.

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea vieta alle imprese di abusare della propria posizione dominante per restringere o falsare la concorrenza, ad esempio imponendo prezzi abusivi, accordi di vendita in esclusiva o premi fedeltà volti a sottrarre i fornitori ai loro concorrenti.

Si tratta dell’ammenda più elevata mai inflitta in Europa da un’autorità di vigilanza sulla concorrenza. Google ha presentato un ricorso dinanzi al Tribunale per contestare la decisione della Commissione.

Nel caso della causa Google e Alphabet, il fascicolo era composto da oltre 100 000 pagine. All’udienza sono intervenuti 72 avvocati e rappresentanti per 13 diverse parti (la parte ricorrente, Google e Alphabet, la parte convenuta, la Commissione europea, e 11 intervenienti a sostegno della ricorrente o della convenuta). L’udienza si è protratta per cinque giorni.

La causa è stata definita nella sentenza Google e Alphabet/Commissione del 14 settembre 2022. Il Tribunale ha in ampia misura confermato la decisione della Commissione, respingendo gran parte del ricorso. Tuttavia, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non aveva dimostrato a sufficienza l’idoneità di talune condotte di Google a restringere la concorrenza e che essa non avrebbe dovuto negare a Google la possibilità di presentare in udienza i propri argomenti al riguardo. Al termine della propria valutazione dell’insieme delle circostanze, il Tribunale riduce infine l’ammontare dell’ammenda inflitta a Google a EUR 4,125 miliardi.

Verifica dei fatti e della corretta applicazione del diritto da parte del Tribunale

Le cause in materia di concorrenza dinanzi al Tribunale sono spesso complesse e voluminose. Il Tribunale si pronuncia in primo grado: esso verifica pertanto non soltanto la corretta applicazione del diritto da parte della Commissione, ma anche se sia stata fornita prova sufficiente dei fatti. I fascicoli possono contenere elementi di prova e studi economici dettagliati volti a provare o contestare gli effetti dei comportamenti delle imprese sul mercato.

Sentenza Qualcomm/Commissione del 15 giugno 2022 (T‑235/18)

In un’altra causa vertente su un abuso di posizione dominante, il Tribunale ha integralmente annullato la decisione della Commissione che aveva inflitto a Qualcomm un’ammenda pari a circa EUR 1 miliardo per aver abusato della sua posizione dominante sul mercato dei chipset LTE (componenti elettroniche installate negli smartphone e nei tablet). A parere della Commissione, detto abuso era caratterizzato dall’esistenza di accordi che prevedevano premi a titolo di incentivo, in forza dei quali la Apple doveva rifornirsi esclusivamente dalla Qualcomm per il suo fabbisogno di chipset LTE. Il Tribunale ha riscontrato varie irregolarità procedurali che hanno pregiudicato i diritti della difesa della Qualcomm, in particolare la mancata registrazione di taluni colloqui nel corso dell’indagine. Il Tribunale ha altresì osservato che l’analisi della Commissione sugli effetti anticoncorrenziali degli accordi non aveva tenuto conto di tutte le circostanze di fatto pertinenti, segnatamente, dell’assenza per Apple di alternative tecniche ai chipset LTE.

Le sentenze più importanti dell’anno

Ambiente



La Corte di giustizia e l’ambiente
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La protezione della fauna e della flora, l’inquinamento atmosferico, della terra e dell’acqua e i rischi connessi alle sostanze nocive rappresentano altrettante sfide che l’Unione europea contribuisce ad affrontare adottando norme rigorose. Lo stesso vale per la fissazione di valori limite per le emissioni inquinanti, in particolare negli agglomerati urbani.

  • Nell’ambito di un procedimento d’infrazione contro l’Italia, la Commissione ha chiesto alla Corte di giustizia di accertare che detto Stato membro è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in ragione del mancato rispetto, sistematico e continuato, dei valori limite annuali per le emissioni di biossido di azoto (NO2) in diverse zone, vale a dire nelle città di Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Genova, Firenze, Roma e Catania. Nella sua sentenza, la Corte ha accolto il ricorso della Commissione, constatando che l’Italia ha violato i suoi obblighi derivanti dalla direttiva 2008/50 poiché non ha provveduto a evitare il superamento sistematico e continuato dei valori limite fissati per il biossido di azoto. L’Italia è altresì venuta meno agli obblighi ad essa incombenti non avendo adottato, a partire dall’11 giugno 2010, misure – quali piani più adatti per migliorare la qualità dell’aria o misure aggiuntive specifiche per tutelare le categorie sensibili di popolazione – appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per il NO2 nelle zone interessate.
    Sentenza Commissione/Italia (valori limite di NO2) del 12 maggio 2022 (C‑573/19)

  • Il naufragio, nel novembre 2002, della petroliera Prestige al largo delle coste della Galizia (Spagna) ha causato una grande marea nera che ha toccato le coste spagnole e francesi. Si tratta della più grave catastrofe ambientale mai subita dalla Spagna. Nell’ambito di una causa vertente sui danni causati dalla marea nera dovuta a tale naufragio, la Corte di giustizia ha dichiarato che una sentenza emessa da un organo giurisdizionale britannico che conferma un lodo pronunciato al termine di un arbitrato avviato nel Regno Unito non poteva impedire il riconoscimento di una sentenza spagnola di condanna di un assicuratore al risarcimento di detti danni. Essa ha infatti ritenuto che un lodo arbitrale può impedire il riconoscimento delle decisioni giudiziarie degli altri Stati membri solo se il suo contenuto avrebbe potuto anche costituire l’oggetto di una decisione giudiziaria adottata nel rispetto del regolamento n. 44/2001. Nella specie, essa ha negato che la sentenza britannica possa impedire il riconoscimento della sentenza resa in Spagna a seguito di un’azione diretta avviata dalla vittima contro l’assicuratore per ottenere il risarcimento effettivo del danno da essa subito.
    Sentenza in London Steam-Ship Owners’ Mutual Insurance Association del 20 giugno 2022 (C‑700/20)

La direzione della Ricerca e documentazione propone agli operatori del diritto, nell’ambito della sua Compilazione delle sintesi, una «Selezione delle sentenze più importanti» e un «Bollettino mensile di giurisprudenza» della Corte di giustizia e del Tribunale.

Energia

In un contesto segnato dalla guerra in Ucraina e dalla dipendenza energetica del continente europeo dal resto del mondo, l’Unione europea garantisce l’approvvigionamento e la sicurezza energetica sul proprio territorio. Essa contribuisce ad assicurare il funzionamento del mercato dell’energia e a contenere i rialzi dei prezzi dell’energia, in particolare del prezzo del gas e dell’energia elettrica. Inoltre, essa assicura l’interconnessione delle reti energetiche degli Stati membri. L’Unione promuove altresì lo sviluppo delle energie rinnovabili e la riduzione della dipendenza da energie fossili. Gli investimenti degli Stati membri possono compromettere la concorrenza sul mercato dell’energia; la loro compatibilità con il diritto dell’Unione è pertanto soggetta alla valutazione del Tribunale.

  • L’Austria contestava la decisione della Commissione che ha approvato l’aiuto all’investimento erogato dall’Ungheria a favore di un’impresa statale per lo sviluppo di due reattori nucleari in costruzione sul sito della centrale di Paks. Il Tribunale ha esaminato gli argomenti dedotti dall’Austria, che sosteneva, in particolare, che l’aiuto causasse distorsioni sproporzionate della concorrenza e disparità di trattamento che comportavano l’esclusione dei produttori di energia rinnovabile dal mercato dell’energia elettrica. Esso ha concluso che l’analisi compiuta dalla Commissione era corretta, completa e consentiva di riconoscere la compatibilità dell’aiuto di Stato concesso con il diritto dell’Unione. Infatti, l’energia elettrica prodotta dai nuovi reattori era disponibile sul mercato all’ingrosso per tutti gli operatori del mercato in maniera trasparente. Non vi era quindi il rischio che l’energia elettrica prodotta dalla società Paks II fosse monopolizzata in contratti a lungo termine, dato che questo tipo di contratto rappresenta un rischio per la liquidità del mercato.
    Sentenza Austria/Commissione del 30 novembre 2022 (T‑101/18)

  • Nel 2015, il gestore del sistema di trasporto di gas ungherese (FGSZ) ha avviato un progetto di cooperazione regionale diretto ad accrescere l’indipendenza energetica introducendo il gas del mar Nero nella rete. Tale progetto prevedeva la creazione di capacità incrementale, in particolare tra l’Austria e l’Ungheria. Nel 2018, l’autorità di regolamentazione austriaca ha approvato la proposta del gestore del sistema di trasporto di gas austriaco (GCA) richiamandosi a detta parte del progetto, mentre il suo omologo ungherese (MEKH), su proposta della FGSZ, ha adottato una decisione contraria. Nell’agosto 2019, in mancanza di una decisione coordinata tra le autorità di regolamentazione nazionali interessate, l’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER) si è dichiarata competente al riguardo e ha approvato la parte del progetto come proposta dalla GCA. Chiamato a pronunciarsi su due ricorsi proposti dalla MEKH e dalla FGSZ avverso la decisione dell’ACER, il Tribunale ha dichiarato inapplicabili le disposizioni del regolamento 2017/459 relative alla procedura di creazione di capacità incrementale per il trasporto di gas. L’ACER non era quindi competente ad adottare la decisione di approvazione e il Tribunale ha di conseguenza annullato detta decisione.
    Sentenza MEKH e FGSZ/ACER del 16 marzo 2022 (cause riunite T‑684/19 and T‑704/19)

Consumatori



Che cosa ha fatto la Corte di giustizia per me?
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La Corte di giustizia: garantire i diritti dei consumatori dell’Unione
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Il rispetto dei diritti dei consumatori, la loro prosperità e il loro benessere sono valori fondamentali nello sviluppo delle politiche dell’Unione. La Corte di giustizia controlla l’applicazione delle norme che proteggono i consumatori al fine di garantire la salvaguardia della loro salute, della loro sicurezza e dei loro interessi economici e giuridici, a prescindere dal luogo in cui risiedono o in cui si trovano e da cui effettuano i loro acquisti all’interno dell’Unione.

  • In base al diritto dell’Unione, un consumatore che abbia concluso con un professionista un contratto in Internet o a mezzo telefono dispone, in via di principio, di 14 giorni per recedere dal contratto senza dover fornire alcuna motivazione per la sua decisione. Tuttavia, tale diritto di recesso è escluso per gli eventi culturali o sportivi, al fine di proteggere gli organizzatori dal rischio di posti invenduti. La Corte di giustizia ha precisato che detta esclusione si applica anche in caso di acquisto online di biglietti per un concerto presso un fornitore di servizi di biglietteria, quando il rischio economico ricade sull’organizzatore del concerto.
    Sentenza CTS Eventim del 31 marzo 2022 (C‑96/21)

  • La Corte di giustizia ha dichiarato che un vettore aereo non europeo (nella specie, United Airlines) che non ha concluso un contratto di trasporto con i passeggeri, ma che ha effettuato il volo, può essere tenuto a versare la compensazione pecuniaria ai passeggeri in caso di ritardo prolungato del volo. Infatti, il vettore che, nell’ambito della propria attività di trasporto di passeggeri, decida di effettuare un determinato volo costituisce il vettore aereo operativo. Si ritiene dunque che tale vettore agisca in nome del vettore contrattuale (Lufthansa). La Corte ha tuttavia sottolineato che il vettore aereo operativo (United Airlines) che sia tenuto a pagare una compensazione pecuniaria al passeggero conserva il diritto di chiedere un risarcimento a chiunque, inclusi i terzi, conformemente al diritto nazionale applicabile.
    Sentenza United Airlines del 7 aprile 2022 (C‑561/20)

  • A seguito del ritardo di oltre tre ore del loro volo in partenza da New York a destinazione di Budapest, i passeggeri si sono rivolti all’autorità ungherese responsabile dell’applicazione del regolamento sui diritti dei passeggeri aerei per ottenere dal vettore LOT la compensazione pecuniaria prevista da tale regolamento. Tale autorità ha effettivamente constatato la violazione del regolamento e ha imposto alla LOT di versare una compensazione di EUR 600 a ciascun passeggero coinvolto. Tale decisione è stata impugnata dalla LOT dinanzi a un giudice ungherese. Detto giudice si è rivolto alla Corte di giustizia per stabilire se l’autorità di cui trattasi potesse imporre a un vettore aereo il pagamento di una siffatta compensazione o se detta prerogativa fosse riservata ai giudici nazionali. La Corte ha dichiarato che l’autorità nazionale responsabile dell’applicazione del regolamento può, in seguito a reclami individuali, imporre a un vettore di versare una compensazione pecuniaria ai passeggeri a condizione che lo Stato membro interessato le abbia attribuito una competenza in tal senso.
    Sentenza LOT (Compensazione pecuniaria imposta dall’autorità amministrativa) del 29 settembre 2022 (C‑597/20)

  • Nell’ambito di un procedimento pregiudiziale avviato da un giudice lituano, la Corte di giustizia ha interpretato la direttiva concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei consumatori. Nella specie, si trattava di diversi tipi di bombe da bagno effervescenti aventi l’aspetto di prodotti alimentari e implicanti un rischio di intossicazione per i consumatori, in particolare per i bambini. La Corte ha dichiarato che uno Stato membro può, a determinate condizioni, limitare la distribuzione di prodotti cosmetici che possono essere confusi con prodotti alimentari, perché ne hanno l’aspetto, e comportare così rischi per la salute. Essa ha precisato che l’interesse di proteggere la salute e la sicurezza dei consumatori può prevalere sul diritto di commercializzare determinati prodotti cosmetici.
    Sentenza Get Fresh Cosmetics del 2 giugno 2022 (C‑122/21)

Parità di trattamento



La Corte di giustizia: garantire la parità di trattamento e tutelare i diritti delle minoranze
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La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sancisce l’uguaglianza davanti alla legge di tutti gli individui in quanto esseri umani, lavoratori, cittadini o parti in un procedimento giudiziario. In particolare, la direttiva 2000/78 assicura un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, vietando tutte le discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. La Corte di giustizia si è pronunciata in numerose cause concernenti presunte discriminazioni, dirette o indirette, sottolineando la necessità di rispettare il principio di proporzionalità tra l’obiettivo perseguito dalle norme in questione e il principio della parità di trattamento.

  • In un procedimento pregiudiziale avviato da un giudice spagnolo, la Corte di giustizia si è pronunciata sulla compatibilità della normativa nazionale relativa alle prestazioni di sicurezza sociale dei collaboratori domestici con la direttiva dell’Unione sulla parità in materia di sicurezza sociale. Il sistema speciale di sicurezza sociale spagnolo applicabile ai collaboratori domestici non comprendeva la tutela contro la disoccupazione. Rilevando che i collaboratori domestici sono principalmente persone di sesso femminile, la Corte ha dichiarato che la direttiva osta a detta esclusione che pone in una situazione di particolare svantaggio i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile e costituisce così una discriminazione indiretta fondata sul sesso. Essa non è peraltro giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata su detto criterio.
    Sentenza TGSS (Disoccupazione dei collaboratori domestici) del 24 febbraio 2022 (C‑389/20)

  • Nell’ambito di un procedimento pregiudiziale avviato da un giudice portoghese, la Corte di giustizia si è pronunciata sulla compatibilità della normativa nazionale relativa al calcolo dell’indennità a titolo di ferie annuali non godute con la direttiva dell’Unione relativa al lavoro tramite agenzia interinale. Essa ha stabilito che il metodo di calcolo di detta indennità e dell’indennità per ferie corrispondente previsto nel regime speciale applicabile ai lavoratori tramite agenzia interinale comportava per loro uno svantaggio dal punto di vista del numero di giorni di ferie retribuite e dell’importo dell’indennità per ferie. L’indennità di cui trattasi deve essere almeno identica a quella che si applicherebbe ai lavoratori se fossero stati direttamente impiegati dall’impresa utilizzatrice per svolgervi il medesimo lavoro per la stessa durata.
    Sentenza Luso Temp del 12 maggio 2022 (C‑426/20)

  • Il Tribunal du travail francophone de Bruxelles (Tribunale del lavoro di Bruxelles di lingua francese) ha chiesto alla Corte di giustizia se i termini «la religione o le convinzioni personali» presenti nella direttiva riguardante la parità di trattamento in materia di impiego e di condizioni di lavoro debbano essere interpretati come due aspetti di uno stesso criterio protetto o, al contrario, come due criteri distinti. Esso ha inoltre chiesto alla Corte se il divieto di portare il velo, contenuto nel regolamento interno di una società, costituisca una discriminazione diretta basata sulla religione. La controversia verteva sulla mancata presa in considerazione della candidatura spontanea di L.F., una giovane donna di fede musulmana, dopo che quest’ultima aveva affermato, durante un colloquio, che si sarebbe rifiutata di togliersi il velo come prevedeva la politica di neutralità promossa da detto regolamento interno.
    Nella sua sentenza, la Corte di giustizia ha stabilito che la religione e le convinzioni personali (in particolare, filosofiche o spirituali) rappresentano un solo e unico motivo di discriminazione. Ciò considerato, la regola interna di un’impresa che vieta di indossare in modo visibile segni religiosi, filosofici o spirituali non costituisce una discriminazione diretta se applicata in maniera generale e indiscriminata a tutti i lavoratori. Tuttavia, essa può implicare una discriminazione indiretta qualora venga dimostrato che l’obbligo apparentemente neutro che essa contiene comporta, di fatto, un particolare svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata religione o ideologia. Tale discriminazione indiretta può però essere giustificata, a determinate condizioni, da una finalità legittima. In sede di valutazione dell’esistenza di una giustificazione, il giudice nazionale può riconoscere, nell’ambito del bilanciamento degli interessi divergenti, una maggiore importanza a quelli della religione o delle convinzioni personali rispetto a quelli risultanti, in particolare, dalla libertà d’impresa, purché ciò derivi dal suo diritto interno.
    Sentenza S.C.R.L. (Abbigliamento con connotazione religiosa) del 13 ottobre 2022 (C‑344/20)

  • Un giudice italiano ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione, segnatamente con il principio di non discriminazione, del limite di età di 30 anni, previsto dalla normativa nazionale come limite massimo di ammissione al concorso pubblico per l’assunzione dei commissari di polizia. La Corte ha ritenuto che detta limitazione costituisca una disparità di trattamento basata sull’età, rimettendo tuttavia al giudice nazionale il compito di verificare se essa sia giustificata da un’esigenza professionale essenziale e determinante, come il requisito di idoneità fisiche particolari legate alle funzioni effettivamente esercitate da un commissario di polizia. Compete altresì al giudice nazionale verificare se detta stessa limitazione persegua una finalità legittima e se essa sia proporzionata a tale finalità, valutando segnatamente se la prova di efficienza fisica eliminatoria prevista nell’ambito del concorso costituisca una misura adeguata e meno restrittiva.
    Sentenza Ministero dell’Interno (Limite di età per l’assunzione dei commissari di polizia) del 17 novembre 2022 (C‑304/21)

  • A è stata eletta segretaria generale di un’organizzazione di lavoratori nel 1993. Tale funzione politica, che era fondata sulla fiducia, includeva tuttavia taluni elementi caratteristici di un’attività lavorativa: A era assunta a tempo pieno, percepiva una retribuzione mensile e rientrava nell’ambito di applicazione della legge sui congedi retribuiti. Rieletta ogni quattro anni, A ha ricoperto l’incarico di segretaria generale di detta organizzazione fino al 2011, data in cui, raggiunta l’età di 63 anni, aveva superato il limite di età previsto per presentarsi alle elezioni per la carica di segretario generale programmate nello stesso anno. Il giudice danese adito mediante un ricorso del Ligebehandlingsnævnet (Commissione per la parità di trattamento), mandatario di A contro HK/Danmark e HK/Privat, si è rivolto alla Corte di giustizia per sapere se la direttiva relativa alla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro fosse applicabile a detta situazione. La Corte ha dichiarato che un limite di età previsto dallo statuto di un’organizzazione di lavoratori per l’eleggibilità alla carica di segretario generale rientra nell’ambito di applicazione di detta direttiva. Né la natura politica di una tale carica, né il metodo di assunzione (l’elezione) rilevano ai fini della sua applicazione in tale contesto.
    Sentenza HK/Danmark e HK/Privat del 2 giugno 2022 (C‑587/20)

Famiglia

L’Unione europea è dotata di una normativa che forma una base solida e coerente per la protezione dei dati personali a prescindere dalle modalità e dal contesto di raccolta, conservazione, trattamento e trasferimento di tali dati. La Corte di giustizia assicura che i dati personali trattati o conservati siano strettamente necessari e non ledano in maniera sproporzionata il diritto alla vita privata.

  • Nel quadro di un procedimento pregiudiziale riguardante il trasferimento della residenza di un minore dalla Svezia in Russia, la Corte di giustizia ha dichiarato che un giudice di uno Stato membro non resta competente a statuire in materia di affidamento del minore sulla base del regolamento «Bruxelles II bis» quando la residenza abituale del minore è stata lecitamente trasferita, nel corso del procedimento, nel territorio di uno Stato terzo che è parte della convenzione dell’Aia del 1996.
    Sentenza CC (Trasferimento della residenza abituale del minore verso uno Stato terzo) del 14 luglio 2022 (C‑572/21)

  • Una cittadina dell’Unione priva della cittadinanza tedesca si è vista negare dalle autorità tedesche l’erogazione di assegni familiari nei primi tre mesi dalla data in cui ha stabilito la propria residenza in Germania. Tale diniego si fondava sul fatto che detta persona non percepiva alcun reddito in Germania. Posto che detto requisito non trova applicazione nei confronti dei cittadini tedeschi che rientrino a seguito di un soggiorno in un altro Stato membro, la cittadina dell’Unione ha contestato detto diniego dinanzi a un giudice tedesco, che si è rivolto alla Corte di giustizia. Quest’ultima ha dichiarato che una siffatta differenza di trattamento integra una discriminazione dal diritto dell’Unione. Tuttavia, essa ha sottolineato che dalla normativa dell’Unione emerge che, diversamente dal caso in cui (come nella specie) la persona stabilisce la propria residenza abituale nello Stato membro interessato, un soggiorno soltanto temporaneo non sarebbe sufficiente per poter rivendicare tale parità di trattamento.
    Sentenza Familienkasse Niedersachsen-Bremen del 1o agosto 2022 (C‑411/20)

  • Nel gennaio 2019, l’Austria ha istituito un meccanismo di adeguamento per calcolare l’importo forfettario degli assegni familiari e quello di vari vantaggi fiscali che essa concedeva ai lavoratori i cui figli risiedevano in modo permanente in un altro Stato membro. L’adeguamento poteva avvenire al rialzo o al ribasso in funzione del livello generale dei prezzi nello Stato membro interessato. La Commissione ha ritenuto che tale meccanismo di adeguamento e la differenza di trattamento che ne derivava principalmente per i lavoratori migranti rispetto ai cittadini nazionali fossero contrari al diritto dell’Unione. Essa ha quindi proposto un ricorso per inadempimento contro l’Austria dinanzi alla Corte di giustizia. Con la sua sentenza, la Corte ha constatato che il meccanismo di adeguamento di cui trattasi, che teneva conto dello Stato di residenza dei figli del lavoratore, era contrario al diritto dell’Unione, in quanto costituiva una discriminazione indiretta ingiustificata, fondata sulla cittadinanza dei lavoratori migranti.
    Sentenza Commissione/Austria del 16 giugno 2022 (C‑328/20)

Dati personali



La Corte di giustizia nel mondo digitale
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L’Unione europea è dotata di una normativa che forma una base solida e coerente per la protezione dei dati personali a prescindere dalle modalità e dal contesto di raccolta, conservazione, trattamento e trasferimento di tali dati. La Corte di giustizia assicura che i dati personali trattati o conservati siano strettamente necessari e non ledano in maniera sproporzionata il diritto alla vita privata.

  • La Proximus, un fornitore di servizi di telecomunicazioni in Belgio, compila anche elenchi telefonici contenenti il nome, l’indirizzo e il numero di telefono degli abbonati dei diversi fornitori di servizi telefonici accessibili al pubblico. Tali dati di contatto sono comunicati alla Proximus dagli operatori, salvo il caso in cui un abbonato abbia espresso la volontà di non comparire negli elenchi telefonici. Nel quadro di una domanda di revoca del consenso di un abbonato, un giudice belga ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sugli obblighi gravanti sulla Proximus quale titolare del trattamento di dati personali. A parere della Corte, detto titolare deve mettere in atto misure tecniche e organizzative adeguate per informare gli altri titolari del trattamento della revoca del consenso dell’interessato. Questi altri titolari sono quelli che gli hanno fornito tali dati o ai quali esso stesso ha trasmesso i dati in questione. Il titolare è altresì tenuto ad adottare misure ragionevoli per informare i gestori dei motori di ricerca in Internet di una richiesta di cancellazione rivoltagli dall’interessato.
    Sentenza Proximus (Elenchi telefonici elettronici pubblici) del 27 ottobre 2022 (C‑129/21)

  • La Corte di giustizia si è pronunciata nuovamente sulla possibilità per lo Stato di imporre ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica l’obbligo di conservazione generalizzata e indiscriminata dei dati relativi al traffico e all’ubicazione. Essa ha precisato che, quand’anche, come prevedeva una legge tedesca, i dati relativi al traffico siano conservati solo per dieci settimane e i dati relativi all’ubicazione per quattro settimane, il numero considerevole di dati raccolti consente comunque di tracciare un profilo completo degli interessati. Tale grave ingerenza nella vita privata può essere ammessa solo in caso di minaccia grave e attuale per la sicurezza nazionale, in particolare in caso di minaccia terroristica. In assenza di minacce di tale natura, le autorità di sicurezza dispongono di altre misure ai fini della lotta alla criminalità, come la conservazione generalizzata e indiscriminata degli indirizzi IP (vale a dire, un numero identificativo attribuito a un apparecchio collegato alla rete Internet), la conservazione mirata e la conservazione rapida (il «quick freeze», a seguito di un’ingiunzione di conservare temporaneamente i dati attualmente trattati e archiviati).
    Sentenza SpaceNet e a. del 20 settembre 2022 (cause riunite C‑793/19 e C‑794/19)

  • La Ligue des droits humains (LDH) è un’associazione senza fini di lucro, che ha investito la Corte costituzionale belga, nel luglio 2017, di un ricorso diretto all’annullamento della legge del 25 dicembre 2016 che recepisce nell’ordinamento del Belgio, al contempo, la direttiva PNR (sull’uso dei dati del codice di prenotazione), la direttiva API (concernente l’obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate) e la direttiva 2010/65 (relativa alle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri). Secondo la LDH, questa legge violerebbe il diritto al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, garantiti dall’ordinamento belga e da quello dell’Unione. La Corte di giustizia ha dichiarato che il rispetto dei diritti fondamentali richiede una limitazione dei poteri previsti dalla direttiva PNR allo stretto necessario. Essa ha ritenuto che, in assenza di una minaccia terroristica reale e attuale o prevedibile alla quale sia confrontato uno Stato membro, il diritto dell’Unione osta a una normativa nazionale che prevede il trasferimento e il trattamento dei dati PNR dei voli intra-UE nonché dei trasporti effettuati con altri mezzi all’interno dell’Unione.
    Sentenza Ligue des droits humains del 21 giugno 2022 (C‑817/19)

  • La Corte di cassazione francese ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sul rapporto tra le pertinenti disposizioni della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, della direttiva e del regolamento sugli abusi di mercato. Le misure legislative nazionali in esame obbligavano gli operatori di servizi di comunicazione elettronica, a titolo preventivo, a una conservazione generalizzata e indiscriminata dei dati relativi al traffico per un anno a decorrere dal giorno della registrazione. Tali misure miravano a contribuire al contrasto dei reati di abuso di mercato, di cui fa parte l’abuso di informazioni privilegiate. La Corte ha dichiarato che il diritto dell’Unione non autorizza una conservazione generalizzata e indiscriminata dei dati relativi al traffico e dei dati di localizzazione per finalità di contrasto dei reati di abuso di mercato e, in particolare, dell’abuso di informazioni privilegiate. Le misure che prevedono detta conservazione eccedono i limiti dello stretto necessario e non possono essere giustificate in una società democratica.
    Sentenza VD e SR del 20 settembre 2022 (cause riunite C‑339/20 e C‑397/20)

Spazio di libertà, sicurezza e giustizia

Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne si articola intorno a più assi: la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in materia civile e penale, la cooperazione di polizia, il controllo alle frontiere esterne, l’asilo e l’immigrazione. La cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri si concretizza, in particolare, nel mandato d’arresto europeo, decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto in un altro Stato membro di una persona ricercata e della sua consegna ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena privativa della libertà. Per quanto attiene all’asilo, il diritto dell’Unione stabilisce le condizioni che i cittadini di paesi terzi o gli apolidi devono soddisfare per poter beneficiare di una protezione internazionale (direttiva sui rifugiati). La Corte è di frequente chiamata a precisare la portata delle norme applicabili.

  • Nel contesto della crisi migratoria, l’Austria ha ripristinato il controllo di frontiera alle sue frontiere con l’Ungheria e la Slovenia a partire dalla metà di settembre 2015. Successivamente, detto controllo è stato prorogato in più occasioni. Un giudice austriaco, dinanzi al quale un cittadino contestava tale controllo, ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla sua compatibilità con il diritto dell’Unione. La Corte ha dichiarato che, in caso di minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna, uno Stato membro può ripristinare un controllo di frontiera alle sue frontiere con altri Stati membri ma senza superare una durata massima totale di sei mesi. Solo in caso di sopravvenienza di una nuova minaccia grave può essere giustificato applicare nuovamente una tale misura.
    Sentenza Landespolizeidirektion Steiermark e a. (Durata massima del controllo di frontiera alle frontiere interne) del 26 aprile 2022 (C‑368/20)

  • Nel giugno 2016, le autorità giudiziarie italiane hanno emesso un mandato d’arresto europeo (MAE) nei confronti di KL, un cittadino italiano residente in Francia, ai fini dell’esecuzione di una pena di dodici anni e sei mesi di reclusione. Tale pena corrisponde al cumulo di quattro pene inflitte per quattro reati commessi in Italia, tra cui quello qualificato come «devastazione e saccheggio». La cour d’appel d’Angers (Corte d’appello di Angers, Francia) ha rifiutato la consegna di KL alle autorità giudiziarie italiane, poiché due delle condotte non costituivano reato in Francia. Infatti, gli elementi costitutivi del reato di «devastazione e saccheggio» sono diversi nei due Stati membri interessati: secondo la legge italiana, detto reato si riferisce ad atti di distruzione e danneggiamento molteplici e massicci, che causano, in particolare, una violazione dell’ordine pubblico, mentre, nel diritto francese, il fatto di mettere in pericolo l’ordine pubblico attraverso la distruzione di massa di beni mobili o immobili non costituisce una fattispecie di reato specifica. La Corte di giustizia ha dichiarato che non è richiesta una corrispondenza esatta tra gli elementi costitutivi del reato di cui trattasi nello Stato membro emittente e nello Stato membro di esecuzione. L’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può quindi rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo per il motivo che solo una parte dei fatti che compongono detto reato nello Stato membro emittente costituisce reato anche nello Stato membro di esecuzione.
    Sentenza Procureur général près la cour d’appel d’Angers del 14 luglio 2022 (C‑168/21)

  • Un cittadino russo che ha contratto, all’età di 16 anni, una rara forma di cancro del sangue è attualmente in cura nei Paesi Bassi. La sua terapia medica, non autorizzata in Russia, consiste, in particolare, nella somministrazione di cannabis terapeutica al fine di alleviare la sua sofferenza. Il Tribunale dell’Aia ha chiesto alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione osti all’adozione di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento in una fattispecie di questo tipo. La Corte ha considerato che il diritto dell’Unione vi si oppone allorché sussistono gravi e comprovati motivi per ritenere che il rimpatrio di tale persona possa esporla, a causa dell’indisponibilità di cure adeguate a fini analgesici nel paese di destinazione, a un rischio reale di un aumento rapido, significativo e irrimediabile del dolore causato dalla sua malattia, che sarebbe in contrasto con la dignità umana.
    Sentenza Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis terapeutica) del 22 novembre 2022 (C‑69/21)

  • Nel 2019, I, cittadino egiziano, ha presentato una domanda di protezione internazionale in Grecia mentre era ancora minorenne. All’atto della domanda, I ha espresso il desiderio di essere ricongiunto con S, suo zio, anch’egli cittadino egiziano, il quale soggiornava regolarmente nei Paesi Bassi. Il segretario di Stato dei Paesi Bassi ha respinto la richiesta di presa in carico di I presentata dalle autorità greche, con la motivazione che l’identità di I e, pertanto, il preteso vincolo di parentela con S, non potevano essere dimostrati. Detto medesimo segretario di Stato ha respinto il reclamo di I e di S in quanto manifestamente irricevibile, motivando che il regolamento Dublino III non prevede la possibilità per i richiedenti protezione internazionale di contestare una decisione di rigetto di una richiesta di presa in carico adottata dalle autorità nazionali competenti. A seguito dell’impugnazione di detto rigetto dinanzi al Tribunale dell’Aia (Paesi Bassi), quest’ultimo si è rivolto alla Corte di giustizia, la quale ha risposto che il regolamento Dublino III, in combinato disposto con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, impone allo Stato membro di conferire al minore non accompagnato un diritto di ricorso giurisdizionale avverso una decisione di rifiuto di presa in carico. Per contro, il parente di detto minore non beneficia di un siffatto diritto di ricorso.
    Sentenza Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Rifiuto di presa in carico di un minore egiziano non accompagnato) del 1o agosto 2022 (C‑19/21)

Salvataggio in mare

Nel contesto delle operazioni di salvataggio in mare si è posta la questione della portata dei poteri riconosciuti alle autorità dello Stato membro del porto di approdo, in materia di sicurezza marittima e ambientale, ai fini del controllo delle navi battenti bandiera di un altro Stato membro dell’Unione europea.

  • Sea Watch è un’organizzazione umanitaria tedesca che svolge un’attività sistematica di ricerca e soccorso di persone nel Mar Mediterraneo, servendosi di navi. A seguito delle operazioni di salvataggio condotte nel corso del 2020, due delle sue navi sono state oggetto di ispezioni e di misure di fermo da parte delle capitanerie dei porti di Palermo e di Porto Empedocle (Italia), che sono state contestate dalla Sea Watch. Un giudice italiano si è rivolto alla Corte di giustizia per chiarire l’estensione dei poteri di controllo e di fermo dello Stato di approdo nei confronti di navi gestite dalle organizzazioni umanitarie. La Corte ha dichiarato che dette navi possono essere sottoposte a controlli da parte dello Stato di approdo. Tuttavia, quest’ultimo può adottare provvedimenti di fermo soltanto in caso di evidente pericolo per la sicurezza, la salute o l’ambiente, cosa che spetta allo Stato di approdo dimostrare. La Corte ha altresì sottolineato l’importanza del principio di leale cooperazione, secondo il quale gli Stati membri, tra cui quello che riveste la qualità di Stato di approdo e quello che riveste la qualità di Stato di bandiera, sono tenuti a cooperare e a concertarsi nell’esercizio dei loro rispettivi poteri.
    Sentenza Sea Watch del 1o agosto 2022 (cause riunite C‑14/21 e C‑15/21)

Accesso ai documenti

La trasparenza della vita pubblica è un principio chiave dell’Unione. Pertanto, ogni cittadino o persona giuridica dell’Unione può, in linea di principio, accedere ai documenti delle istituzioni. Tuttavia, in determinati casi, detto accesso può essere negato.

  • La Agrofert è una società holding ceca inizialmente costituita dal sig. Andrej Babiš, Primo ministro della Repubblica ceca dal 2017 al 2021. In una risoluzione, il Parlamento europeo ha sostenuto che il sig. Babiš continuava a controllare il gruppo Agrofert anche dopo la sua nomina quale Primo ministro. Ritenendo inesatta tale affermazione e volendo conoscere le fonti e le informazioni di cui disponeva il Parlamento, la Agrofert ha presentato una domanda di accesso a diversi documenti. Nella sua risposta, il Parlamento ha individuato taluni documenti come accessibili al pubblico e ha negato l’accesso a una lettera inviata dalla Commissione al Primo ministro ceco e a una relazione della Commissione. Investito di un ricorso proposto dalla Agrofert contro tale decisione del Parlamento, il Tribunale ne ha confermato la validità. Il Tribunale ha constatato, in capo alla società Agrofert, la sopravvenuta mancanza dell’interesse ad agire avverso la decisione di diniego di accesso alla relazione, che le era stata nel frattempo comunicata, e ha respinto il ricorso contro la decisione di diniego di accesso alla lettera inviata al Primo ministro, poiché la sua divulgazione poteva pregiudicare l’obiettivo delle attività di indagine della Commissione.
    Sentenza Agrofert/Parlamento del 28 settembre 2022 (T‑174/21)

Concorrenza e aiuti di stato

L’Unione europea applica un insieme di regole volte a tutelare la libera concorrenza. Le pratiche che hanno per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno sono vietate. Più specificamente, il diritto dell’Unione vieta determinati accordi o scambi di informazioni tra un’impresa e i suoi concorrenti che possano avere un siffatto oggetto o effetto, nonché lo sfruttamento abusivo, da parte di un’impresa, di una posizione dominante su un determinato mercato. Nella medesima ottica, sono vietati, in linea di principio, gli aiuti di Stato, salvo che essi siano giustificati e non falsino il gioco della concorrenza in modo contrario all’interesse generale.

  • Nel 2009, la Commissione ha inflitto un’ammenda pari a EUR 1,06 miliardi a Intel Corporation per aver abusato della sua posizione dominante sul mercato mondiale dei processori tra il 2002 e il 2007. Nel 2014, il Tribunale ha confermato la decisione. Intel ha impugnato la sentenza di cui trattasi dinanzi alla Corte di giustizia che, nel 2017, l’ha annullata per un errore di diritto. Il Tribunale si era, a torto, limitato a constatare che gli sconti controversi potevano, per loro natura, avere effetti restrittivi della concorrenza, senza analizzare se detti sconti spiegassero concretamente tali effetti. La Corte di giustizia ha quindi rinviato la causa dinanzi al Tribunale affinché si pronunciasse nuovamente su di essa. Nella sua sentenza del 26 gennaio 2022, il Tribunale ha ritenuto che l’analisi della Commissione sull’idoneità degli sconti controversi a restringere la concorrenza fosse incompleta e ha pertanto annullato parzialmente la decisione della Commissione. Per quanto riguarda l’incidenza di un siffatto annullamento parziale della decisione impugnata sull’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione a Intel, il Tribunale ha ritenuto di non essere in grado di individuare l’importo dell’ammenda afferente unicamente alle restrizioni allo scoperto. Di conseguenza, ha annullato integralmente l’articolo della decisione impugnata che infligge a Intel un’ammenda pari a EUR 1,06 miliardi a titolo dell’infrazione constatata.
    Sentenza Intel Corporation/Commissione del 26 gennaio 2022 (T‑286/09 RENV)

  • Il 27 settembre 2017, la Commissione europea ha constatato che le società Scania AB, Scania CV AB e Scania Deutschland GmbH, tre entità del gruppo Scania, attive nella produzione e vendita di autocarri pesanti adibiti ai trasporti di lunga distanza, avevano violato il diritto della concorrenza dell’Unione. La Commissione contestava a dette società di aver partecipato, dal gennaio 1997 al gennaio 2011, con i loro concorrenti, ad accordi sul mercato degli autocarri medi e pesanti nello Spazio economico europeo (SEE). Detta decisione è stata adottata a seguito di un procedimento detto «ibrido», che associa il procedimento di transazione e il procedimento amministrativo ordinario in materia di intese. Il procedimento di transazione consente alle parti nei casi di intese di riconoscere la loro responsabilità e di ricevere, in cambio, una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta. Le società del gruppo Scania avevano confermato alla Commissione la propria volontà di partecipare a discussioni in vista di una transazione. Tuttavia, esse si sono in seguito ritirate da detto procedimento. La Commissione ha quindi adottato una decisione di transazione nei confronti delle imprese che avevano presentato una domanda in tal senso e ha proseguito l’indagine riguardante le società del gruppo Scania, che si sono viste infliggere un’ammenda pari a EUR 880 523 000. Il Tribunale ha integralmente respinto il ricorso delle società del gruppo avverso la decisione della Commissione, con conseguente mantenimento dell’ammenda inflitta dalla Commissione.
    Sentenza Scania e a./Commissione del 2 febbraio 2022 (T‑799/17)

  • Il 4 maggio 2022 il Tribunale ha confermato la decisione della Commissione che approva l’aiuto per il salvataggio di EUR 36 660 000 concesso dalla Romania alla compagnia aerea rumena TAROM, principalmente attiva nel trasporto nazionale e internazionale di passeggeri, di merci e di posta. La compagnia aerea Wizz Air Hungary ha contestato detta decisione dinanzi al Tribunale. Quest’ultimo ha confermato la decisione della Commissione poiché l’aiuto mira a prevenire i problemi di ordine sociale che l’interruzione dei servizi della compagnia aerea rumena comporterebbe, tenuto conto del cattivo stato delle infrastrutture stradali e ferroviarie rumene.
    Sentenza Wizz Air Hungary/Commissione del 4 maggio 2022 (T‑718/20)

  • Il governo della Comunità autonoma di Valencia ha concesso alla Fundación Valencia, una fondazione collegata alla società calcistica Valencia CF, una garanzia per un prestito bancario di EUR 75 milioni, mediante il quale essa ha acquisito il 70,6% delle azioni del Valencia CF. Detta garanzia è stata ulteriormente incrementata di EUR 6 milioni. Nel 2016, la Commissione ha ritenuto che si trattasse di aiuti di Stato incompatibili con il diritto dell’Unione e ne ha ordinato il recupero. Il Valencia CF ha contestato detta decisione dinanzi al Tribunale che, nel 2020, l’ha annullata (T‑732/16). La Commissione ha quindi impugnato la sentenza del Tribunale dinanzi alla Corte di giustizia. La Corte ha respinto l’impugnazione dichiarando che il Tribunale non aveva imposto alla Commissione un onere della prova eccessivo e si era, giustamente, limitato a constatare che detta istituzione non aveva soddisfatto le condizioni che essa stessa si era imposta adottando, sotto forma di una comunicazione, regole relative all’analisi delle garanzie offerte dagli Stati membri.
    Sentenza Commissione/Valencia Club de Fútbol del 10 novembre 2022 (C‑211/20 P)

Proprietà intellettuale



La proprietà intellettuale dinanzi al Tribunale dell’Unione europea
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La Corte di giustizia e il Tribunale garantiscono l ’interpretazione e l ’applicazione della normativa adottata dall’Unione per tutelare la totalità dei diritti esclusivi sulle creazioni intellettuali. La tutela della proprietà intellettuale (diritti d’autore) e industriale (diritto dei marchi, protezione di disegni e modelli) accresce la competitività delle imprese favorendo un contesto idoneo alla creatività e all’innovazione. Il diritto dell’ Unione protegge altresì il know-how riconosciuto di un prodotto in una zona geografica dell’Unione mediante le denominazioni di origine protetta (DOP).

  • La denominazione «Feta» è stata registrata come denominazione di origine protetta (DOP) nel 2002. A partire da quel momento, tale denominazione può essere utilizzata unicamente per un formaggio proveniente da un’area geografica delimitata in Grecia e conforme al disciplinare applicabile a detto prodotto. La Danimarca riteneva che il regolamento n. 1151/2012 si applicasse soltanto ai prodotti venduti nell’Unione e non riguardasse le esportazioni verso paesi terzi. Pertanto, essa non ha impedito ai propri produttori di esportare i propri prodotti con la denominazione «Feta». La Commissione ha avviato un procedimento per inadempimento contro la Danimarca ritenendo che avesse violato gli obblighi derivanti da detto regolamento. La Corte di giustizia ha dichiarato che il regolamento non esclude i prodotti destinati all’esportazione dalle azioni illecite che esso vieta, segnatamente dalle violazioni del diritto di proprietà intellettuale che tutela le DOP. Essa ha quindi constatato che la Danimarca era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti non avendo impedito l’utilizzo della denominazione «Feta» per i formaggi destinati all’esportazione verso paesi terzi.
    Sentenza Commissione/Danimarca del 14 luglio 2022 (C‑159/20)

  • Nel giugno 2017, il governo del Principato di Andorra ha presentato una domanda per registrare il seguente segno figurativo quale marchio dell’Unione europea per un’ampia gamma di prodotti e di servizi:


    La registrazione di detto marchio è stata respinta dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e il governo del Principato di Andorra ha, pertanto, presentato ricorso dinanzi al Tribunale. Per poter essere registrato, un marchio dell’Unione non deve, in particolare, avere un carattere descrittivo, il che esclude che esso possa limitarsi a una semplice descrizione dei prodotti o dei servizi cui si riferisce. Nella sua sentenza, il Tribunale ha concluso che il marchio Andorra presenta un carattere descrittivo. Il pubblico di riferimento può percepirlo come un’indicazione della provenienza dei prodotti e dei servizi di cui trattasi. Si tratta di un impedimento alla registrazione assoluto che giustifica di per sé che il segno non possa essere registrato come marchio dell’Unione europea.
    Sentenza Govern d’Andorra/EUIPO (Andorra) del 23 febbraio 2022 (T‑806/19)

  • Il Tribunale ha respinto i tre ricorsi proposti dalla Apple Inc. contro le decisioni dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) che hanno concluso per la decadenza del segno denominativo «THINK DIFFERENT». Nel 1997, nel 1998 e nel 2005, la Apple Inc. aveva ottenuto la registrazione del segno denominativo «THINK DIFFERENT» come marchio dell’Unione europea, in particolare per prodotti informatici e delle telecomunicazioni. Su richiesta della Swatch AG, constatando che i marchi contestati non erano stati oggetto di un uso effettivo per i prodotti di cui trattasi per un periodo ininterrotto di cinque anni, l’EUIPO ha dichiarato la decadenza dei marchi contestati. Il Tribunale ha confermato la decisione dell’EUIPO: a suo avviso, gravava sulla Apple Inc. l’onere di dimostrare l’uso effettivo di tali marchi per i prodotti di cui trattasi nei cinque anni precedenti la data di deposito delle domande di decadenza, condizione che essa non ha provveduto a soddisfare.
    Sentenze Apple/EUIPO – Swatch (Think different) dell’8 giugno 2022 (cause riunite T‑26/21, T‑27/21 e T‑28/21)

  • Nel 2017, la società britannica Golden Balls ha presentato all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) una domanda di decadenza del marchio BALLON D’OR poiché, a suo parere, detto marchio non era stato utilizzato a sufficienza per determinati prodotti e servizi. Il marchio BALLON D’OR era stato in precedenza registrato a favore della società francese Les Éditions P. Amaury, titolare dei diritti relativi al Pallone d’oro (un premio assegnato al miglior calciatore dell’anno). Nel 2021, l’EUIPO ha dichiarato la decadenza di tale marchio per la maggior parte dei prodotti e dei servizi per i quali era stato registrato. Chiamato a pronunciarsi su un ricorso proposto dalla società Les Éditions P. Amaury avverso la decisione dell’EUIPO, il Tribunale ha annullato detta decisione nella parte concernente la dichiarazione di decadenza per i servizi di intrattenimento. Per contro, il Tribunale ha confermato la decadenza di tale marchio per i servizi consistenti nella trasmissione o nel montaggio di programmi televisivi, nella produzione di spettacoli o film e nella pubblicazione di libri, riviste, periodici o giornali.
    Sentenza Les Éditions P. Amaury/EUIPO – Golden Balls (BALLON D’OR) del 6 luglio 2022 (T‑478/21)

Fiscalità

Le imposte dirette rientrano in linea di principio nella competenza degli Stati membri. Tuttavia, tali imposte, ad esempio quelle gravanti sulle società, devono rispettare le regole di base dell’Unione europea, come il divieto degli aiuti di Stato. Per tale ragione, le decisioni anticipate in materia fiscale («tax ruling») di taluni Stati membri che hanno concesso a società multinazionali un trattamento fiscale particolare sono soggette al controllo della Commissione e il giudice dell’Unione è chiamato a pronunciarsi su di esse.

  • Le decisioni tributarie anticipate sono decisione adottate, su richiesta delle imprese, dall’amministrazione tributaria di taluni Stati membri, che stabiliscono in anticipo l’imposta cui tali imprese saranno assoggettate. Avendo la propria sede legale nel Granducato di Lussemburgo, la Fiat Chrysler Finance Europe ha ottenuto dalle autorità tributarie lussemburghesi una decisione tributaria anticipata che approvava un metodo di determinazione della remunerazione della Fiat Chrysler Finance Europe, quale società integrata, per i servizi forniti ad altre società del gruppo Fiat/Chrysler. Nel 2015, la Commissione ha ritenuto che detta decisione anticipata costituisse un aiuto al funzionamento incompatibile con il mercato interno ai sensi del diritto dell’Unione. Fiat Chrysler Finance Europe e il Lussemburgo hanno proposto ricorsi dinanzi al Tribunale, che, nel 2019, ha convalidato l’approccio della Commissione e respinto i ricorsi. Fiat Chrysler Finance Europe e l’Irlanda hanno contestato, sotto vari profili, l’analisi compiuta dal Tribunale per determinare l’esistenza di un vantaggio economico, più in particolare dal punto di vista delle norme applicabili in materia di aiuti di Stato. La Corte di giustizia ha annullato la sentenza del Tribunale e la decisione della Commissione. Secondo la Corte, la Commissione ha applicato un principio di libera concorrenza distinto da quello definito dal diritto lussemburghese, benché, in assenza di armonizzazione al riguardo da parte del diritto dell’Unione, soltanto le disposizioni nazionali siano pertinenti ai fini dell’analisi della questione se determinate operazioni debbano essere esaminate alla luce del principio di libera concorrenza.
    Sentenza Les Éditions P. Amaury/EUIPO –Sentenza Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione e Irlanda/ Commissione dell’8 novembre 2022 (cause riunite C‑885/19 P e C‑898/19 P)

Stato di diritto



La tutela dello Stato di diritto nell’Unione
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La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – norme vincolanti con un impatto concreto nel mondo
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La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, al pari del Trattato sull’Unione europea, fa espressamente riferimento allo Stato di diritto come uno dei valori comuni agli Stati membri dell’Unione sui quali quest’ultima si fonda. La Corte di giustizia è sempre più spesso chiamata a pronunciarsi sulla questione del rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri, sia nell’ambito di ricorsi per inadempimento proposti contro questi ultimi dalla Commissione europea, sia nell’ambito di domande di pronuncia pregiudiziale provenienti dai giudici nazionali. La Corte di giustizia deve quindi verificare se questo valore fondante sia rispettato a livello nazionale, segnatamente per quanto attiene al potere giudiziario e, più in particolare, nel quadro del processo di nomina dei giudici o del regime disciplinare a loro applicabile.

  • In risposta a una questione pregiudiziale proposta dal Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), la Corte di giustizia ha dichiarato che il semplice fatto che un giudice sia stato nominato in un’epoca in cui lo Stato membro di sua appartenenza non costituiva ancora un regime democratico non rimette in discussione l’indipendenza e l’imparzialità di tale giudice nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali successive. In particolare, le circostanze che hanno accompagnato la prima nomina di detto giudice non consentono, da sole, di far sorgere dubbi legittimi e seri negli amministrati.
    Sentenza Getin Noble Bank del 29 marzo 2022 (C‑132/20)

Misure restrittive e politica estera

Le misure res trit tive o « sanzioni» costituiscono uno strumento essenziale della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Unione europea. Esse sono utilizzate nel quadro di un’azione integrata e globale che comprende, in particolare, un dialogo politico. L’Unione vi ricorre, segnatamente, per preservare i valori, gli interessi fondamentali e la sicurezza dell’Unione, per prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale. Le sanzioni cercano, in effetti, di suscitare nelle persone o nelle entità che ne sono colpite un cambiamento politico o di comportamento nell’ottica di promuovere gli obiettivi della PESC.

  • A seguito di gravi violazioni dei diritti umani in Libia, nell’ottobre 2020 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato misure restrittive nei confronti di Yevgeniy Viktorovich Prigozhin, un imprenditore russo che intrattiene relazioni strette con il gruppo Wagner, coinvolto in operazioni militari in tale Stato. La decisione è stata prorogata nel luglio 2021. Le misure in parola consistono nel congelamento di fondi delle persone che intraprendono o sostengono atti che minacciano la pace, la stabilità o la sicurezza della Libia. Il sig. Prigozhin ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso avverso dette misure per ottenerne l’annullamento. Il Tribunale ha respinto il ricorso. Esso ha considerato, in particolare, che gli elementi di prova forniti, come gli estratti del rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite e gli articoli di stampa (comprendenti fotografie e testimonianze) provenienti da varie fonti, quali agenzie di stampa o media, consentivano di identificare il gruppo Wagner e contenevano informazioni precise e concordanti sulle attività di detto gruppo che minacciavano la pace, la sicurezza e la stabilità in Libia. Il fascicolo probatorio conteneva elementi concreti, precisi e concordanti che dimostravano le strette e molteplici relazioni intrattenute dal sig. Prigozhin con il gruppo Wagner.
    Sentenza Prigozhin/Consiglio del 1o giugno 2022 (T‑723/20)

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