L’attività giudiziaria

A | La Corte di giustizia nel 2024
B | Il Tribunale nel 2024
C | La giurisprudenza nel 2024

 
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A | La Corte di giustizia nel 2024

La Corte di giustizia può essere adita principalmente mediante domande di pronuncia pregiudiziale. Quando un giudice nazionale nutre dubbi sull’interpretazione di una norma dell’Unione o sulla sua validità, sospende il procedimento pendente dinanzi ad esso e adisce la Corte di giustizia. Ottenuti i chiarimenti grazie alla decisione resa dalla Corte di giustizia, il giudice nazionale può definire la controversia sottopostagli. Nelle cause che richiedono una risposta entro un termine estremamente breve (ad esempio in materia di asilo, di controllo alle frontiere, di sottrazione di minori, ecc.), è previsto un procedimento pregiudiziale d’urgenza.

La Corte può altresì essere adita mediante ricorsi diretti, volti a ottenere l’annullamento di un atto dell’Unione («ricorso di annullamento»), o a far accertare che uno Stato membro non rispetta il diritto dell’Unione («ricorso per inadempimento»). In caso di mancato rispetto, da parte dello Stato membro della sentenza con cui è accertato il suo inadempimento, un secondo ricorso, denominato ricorso per «doppio inadempimento», può portare la Corte a infliggergli una sanzione pecuniaria.

Possono, inoltre, essere proposte impugnazioni avverso le decisioni emesse dal Tribunale. La Corte di giustizia può annullare dette decisioni del Tribunale.

Infine, possono essere proposte alla Corte di giustizia domande di parere per verificare la compatibilità con i trattati di un accordo che l’Unione intende concludere con uno Stato terzo o con un’organizzazione internazionale (presentate da uno Stato membro o da un’istituzione europea).

Evoluzione e attività della Corte di giustizia

Koen Lenaerts

Presidente della Corte di giustizia dell’Unione europea

L’anno trascorso è stato caratterizzato dall’adozione e dall’attuazione della riforma legislativa dell’architettura giurisdizionale dell’Unione europea mediante il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 2024/2019 volto, su richiesta della Corte di giustizia, a riequilibrare il carico del contenzioso tra i due organi giurisdizionali dell’Unione beneficiando del raddoppio del numero dei giudici del Tribunale deciso dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 2015/2422 nel 2015. La Corte di giustizia potrà in tal modo continuare ad adempiere, in termini ragionevoli, il suo compito di interpretazione del diritto dell’Unione pur registrando un incremento significativo del contenzioso portato dinanzi ad essa, oltre a un aumento del numero di cause complesse e sensibili vertenti, in particolare, su questioni di natura costituzionale o collegate ai diritti fondamentali. Nel 2024 sono state così introdotte più di 900 nuove cause dinanzi alla Corte di giustizia, una cifra vicina al record del 2019, che conferma la tendenza al rialzo osservata negli ultimi anni e sottolinea la necessità di questa riforma.

In concreto, essa si è essenzialmente tradotta in un trasferimento parziale della competenza pregiudiziale dalla Corte di giustizia al Tribunale. Detto trasferimento, che ha acquisito efficacia dal 1º ottobre 2024, verte su sei materie specifiche, vale a dire il sistema comune di imposta sul valore aggiunto, i diritti di accisa, il codice doganale, la classificazione tariffaria delle merci nella nomenclatura combinata, la compensazione pecuniaria e l’assistenza dei passeggeri in caso di negato imbarco o di ritardo o cancellazione di servizi di trasporto, nonché il sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.

La Corte di giustizia resta tuttavia competente a conoscere delle domande di pronuncia pregiudiziale che, pur rientrando in una di queste materie specifiche, vertono anche su altre materie o sollevano questioni indipendenti di interpretazione del diritto primario (compresa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), del diritto internazionale pubblico o dei principi generali del diritto dell’Unione.

La riforma dovrebbe portare a un alleggerimento non trascurabile del carico di lavoro della Corte di giustizia in materia pregiudiziale, come tendono a confermare le prime stime relative agli ultimi tre mesi dell’anno trascorso.

Un’altra parte della riforma mira a preservare l’efficacia del procedimento di impugnazione avverso le decisioni del Tribunale. Al fine di consentire alla Corte di giustizia di concentrarsi sulle impugnazioni che sollevano questioni di diritto importanti, la procedura di ammissione preventiva delle impugnazioni si estende, a far data dal 1º settembre 2024, alle decisioni del Tribunale relative alle decisioni di sei nuove commissioni di ricorso indipendenti di organi o organismi europei, che si sono aggiunte alle quattro commissioni di ricorso inizialmente considerate all’atto dell’introduzione di detta procedura. Quest’ultima è stata, inoltre, estesa alle controversie relative all’esecuzione di contratti contenenti una clausola compromissoria.

Infine, la riforma mira a rafforzare la trasparenza del procedimento pregiudiziale e a consentire così una migliore comprensione delle decisioni pronunciate dalla Corte di giustizia o dal Tribunale. D’ora in poi, le osservazioni scritte depositate nelle cause pregiudiziali saranno infatti pubblicate sul sito Internet dell’istituzione, entro un termine ragionevole a decorrere della conclusione della causa, salvo che l’autore di dette osservazioni non vi si opponga.

Oltre alla modifica dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’attuazione della riforma ha implicato la modifica del regolamento di procedura della Corte di giustizia e del regolamento di procedura del Tribunale, segnatamente al fine di precisare le modalità di trattamento iniziale delle domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte nell’ambito dello «sportello unico» e la procedura applicabile alle domande trasmesse al Tribunale dalla Corte di giustizia. Il regolamento di procedura di quest’ultima contiene, inoltre, ulteriori novità intese a tener conto degli insegnamenti tratti dalla crisi sanitaria e dell’evoluzione delle tecnologie, in particolare, per quanto riguarda la possibilità, per le parti o per i loro rappresentanti, di comparire in videoconferenza nel rispetto di precise condizioni giuridiche e tecniche, la tutela dei dati personali nell’ambito del trattamento delle cause, le modalità di deposito e di notifica degli atti processuali mediante l’applicazione e-Curia e la ritrasmissione di determinate udienze online.

Le Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale e le Istruzioni pratiche alle parti sono state adattate di conseguenza.

Sul piano della sua composizione, l’istituzione è stata segnata, nel giugno 2024, dal decesso di M. Ilešič (Slovenia), giudice presso la Corte di giustizia dal 2004.

Essa si è inoltre congedata dal giudice Safjan (Polonia), nel gennaio 2024, ed è stata interessata nel mese di ottobre da un rinnovo parziale molto consistente della sua composizione, con la cessazione dalle funzioni di otto membri: il vicepresidente Bay Larsen (Danimarca), il giudice Bonichot (Francia), la giudice Prechal (Paesi Bassi), il giudice Xuereb (Malta), la giudice Rossi (Italia), il giudice Wahl (Svezia) e gli avvocati generali Pikamäe (Estonia) e Collins (Irlanda), e con l’assunzione delle funzioni da parte di nove nuovi membri: il giudice Smulders (Paesi Bassi), l’avvocato generale Spielmann (Lussemburgo), i giudici Condinanzi (Italia) e Schalin (Svezia), l’avvocato generale Biondi (Italia), i giudici Gervasoni (Francia) e Fenger (Danimarca), la giudice Frendo (Malta) e l’avvocato generale Norkus (Lituania).

Per quanto riguarda le statistiche dell’anno trascorso, esse riflettono un numero molto elevato sia di cause introdotte dinanzi alla Corte (920, vale a dire quasi un centinaio in più rispetto a ciascuno dei tre anni precedenti), sia di cause definite (863 cause, vale a dire 80 in più rispetto all’anno precedente), fermo restando che quest’ultimo numero si spiega in ampia misura alla luce dei vincoli imposti dal rinnovo parziale della Corte. Il numero di cause pendenti era quindi, al 31 dicembre 2024, pari a 1 206. La durata media dei procedimenti, considerando tutti i tipi di cause, si è assestata nel 2024 su 17,7 mesi.

920
cause promosse
573
procedimenti pregiudiziali di cui
6
procedimenti pregiudiziali d’urgenza
Stati membri che hanno presentato il maggior numero di domande
Italia
98
Germania
66
Polonia
47
Austria
39
Bulgaria
38
53
ricorsi diretti di cui
39
ricorsi per inadempimento e
3
ricorsi per «doppio inadempimento»
277
impugnazioni contro le decisioni del Tribunale
15
domande di gratuito patrocinio
1
domanda di parere
La parte che non è in grado di sostenere le spese di giudizio può chiedere di essere ammessa al gratuito patrocinio.
863
cause definite
580
procedimenti pregiudiziali di cui
5
procedimenti pregiudiziali d’urgenza
53
ricorsi diretti di cui
26
inadempimenti accertati contro
16
Stati membri
1
sentenza per «doppio inadempimento»
213
impugnazioni contro le decisioni del Tribunale di cui
48
hanno portato all’annullamento della decisione del Tribunale
Durata media dei procedimenti:
17,7 mesi
Durata media dei procedimenti pregiudiziali d’urgenza:
3,3 mesi
1 206
cause pendenti al 31 dicembre 2024
Principali materie trattate
Spazio di libertà, sicurezza e giustizia
141
Aiuti di Stato e concorrenza
137
Politica economica e monetaria
103
Ravvicinamento delle legislazioni
85
Tutela del consumatore
63
Ambiente
62
Fiscalità
61
Politica estera e di sicurezza comune
57
Politica sociale
48
Proprietà intellettuale
45

I membri della Corte di giustizia

La Corte di giustizia è composta da 27 giudici e da 11 avvocati generali.

I giudici e gli avvocati generali sono designati di comune accordo dai governi degli Stati membri, previa consultazione del comitato con l’incarico di fornire un parere sull’adeguatezza dei candidati proposti ad esercitare le funzioni di cui trattasi. Il loro mandato è di sei anni ed è rinnovabile.

Essi vengono scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che riuniscano le condizioni richieste per l’esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali, ovvero che siano in possesso di competenze notorie.

I giudici esercitano le loro funzioni in piena imparzialità e indipendenza.

I giudici della Corte di giustizia designano tra loro il presidente e il vicepresidente. I giudici e gli avvocati generali nominano il cancelliere per un mandato di sei anni.

Gli avvocati generali hanno il compito di presentare, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, un parere giuridico denominato «conclusioni» nelle cause loro sottoposte. Tale parere non è vincolante, ma fornisce un ulteriore punto di vista sull’oggetto della controversia.

Con il rinnovo parziale della Corte di giustizia, intervenuto nell’ottobre 2024, hanno assunto le proprie funzioni nove nuovi membri: il giudice Smulders (Paesi Bassi), l’avvocato generale Spielmann (Lussemburgo), i giudici Condinanzi (Italia) e Schalin (Svezia), l’avvocato generale Biondi (Italia), i giudici Gervasoni (Francia) e Fenger (Danimarca), la giudice Frendo (Malta) e l’avvocato generale Norkus (Lituania).

In memoriam 

Il giudice sloveno Marko Ilešič è deceduto nel giugno 2024, nell’esercizio delle sue funzioni. È stato il primo membro di tale nazionalità nominato giudice presso la Corte dopo l’adesione della Slovenia all’Unione europea nel 2004. Rispettato e ammirato, sia a livello professionale che personale, per le sue qualità giuridiche e intellettuali e per le sue vaste conoscenze linguistiche, nonché per la sua grande umanità, il giudice Ilešič ha apportato un contributo importante allo sviluppo e alla promozione del diritto dell’Unione e alla diffusione della cultura slovena.

K. Lenaerts

Presidente

T. von Danwitz

Vicepresidente

F. Biltgen

Presidente della Prima Sezione

K. Jürimäe

Presidente della Seconda Sezione

C. Lycourgos

Presidente della Terza Sezione

I. Jarukaitis

Presidente della Quarta Sezione

M. L. Arastey Sahún

Presidente della Quinta Sezione

M. Szpunar

Primo avvocato generale

S. Rodin

Presidente dell’Ottava Sezione

A. Kumin

Presidente della Sesta Sezione

N. Jääskinen

Presidente della Nona Sezione

D. Gratsias

Presidente della Decima Sezione

M. Gavalec

Presidente della Settima Sezione

J. Kokott

Avvocata generale

A. Arabadjiev

Giudice

M. Campos Sánchez-Bordona

Avvocato generale

E. Regan

Giudice

N. J. Cardoso da Silva Piçarra

Giudice

J. Richard de la Tour

Avvocato generale

A. Rantos

Avvocato generale

I. Ziemele

Giudice

J. Passer

Giudice

N. Emiliou

Avvocato generale

Z. Csehi

Giudice

O. Spineanu-Matei

Giudice

T. Ćapeta

Avvocata generale

L. Medina

Avvocata generale

B. Smulders

Giudice

D. Spielmann

Avvocato generale

M. Condinanzi

Giudice

F. Schalin

Giudice

A. Biondi

Avvocato generale

S. Gervasoni

Giudice

N. Fenger

Giudice

R. Frendo

Giudice

R. Norkus

Avvocato generale

A. Calot Escobar

Cancelliere

Ordine protocollare in vigore dal 09/10/2024

B | Il Tribunale nel 2024

Il Tribunale può essere adito, in primo grado, mediante ricorsi diretti proposti dalle persone fisiche o giuridiche (individui, società, associazioni, ecc.), quando sono individualmente e direttamente interessate, e dagli Stati membri contro gli atti delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione europea, e mediante ricorsi diretti volti a ottenere il risarcimento dei danni causati dalle istituzioni o dai loro agenti.

Le decisioni del Tribunale possono essere impugnate, limitatamente alle questioni di diritto, dinanzi alla Corte di giustizia. Nelle cause che sono già state oggetto di un doppio esame (da parte di una commissione di ricorso indipendente, poi da parte del Tribunale), la Corte di giustizia ammette la domanda di impugnazione soltanto se solleva una questione importante per l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione.

A partire dal 1º ottobre 2024, il Tribunale è altresì competente a conoscere delle domande di pronuncia pregiudiziale, trasferite dalla Corte di giustizia, che rientrano esclusivamente in una o più delle seguenti sei materie specifiche: sistema comune di imposta sul valore aggiunto; diritti di accisa; codice doganale; classificazione tariffaria delle merci nella nomenclatura combinata; compensazione pecuniaria e assistenza dei passeggeri in caso di negato imbarco o di ritardo o cancellazione di servizi di trasporto; sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.

Gran parte del suo contenzioso è di natura economica: proprietà intellettuale (marchi, disegni e modelli dell’Unione europea), concorrenza, aiuti di Stato e vigilanza bancaria e finanziaria. Il Tribunale è altresì competente a pronunciarsi in materia di funzione pubblica sulle controversie tra l’Unione europea e i suoi agenti.

Evoluzione e attività del Tribunale

Marc van der Woude

Presidente del Tribunale dell'Unione europea

Il 2024 è stato, per il Tribunale, un anno particolarmente importante, in quanto segnato dall’entrata in vigore del regolamento 2024/2019 che ha riformato l’architettura giurisdizionale dell’Unione europea. Il parziale trasferimento della competenza pregiudiziale della Corte di giustizia al Tribunale è divenuto così effettivo il 1º ottobre 2024.

In forza dello Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea , il Tribunale è ora competente a conoscere delle domande di pronuncia pregiudiziale che rientrano esclusivamente in una o più materie specifiche tra le seguenti sei: sistema comune dell’IVA, diritti di accisa, codice doganale, classificazione tariffaria delle merci, compensazione pecuniaria e assistenza dei passeggeri in caso di negato imbarco o di ritardo o cancellazione di servizi di trasporto e sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (nuovo articolo 50 ter). Tra il 1º ottobre e il 31 dicembre 2024, 19 domande di pronuncia pregiudiziale sono state oggetto di una decisione di trasferimento.

Al suo interno, il Tribunale ha dovuto riorganizzare la propria struttura nominando i dieci giudici riuniti nella sezione designata per trattare le domande di pronuncia pregiudiziale, oltre al presidente di detta sezione, Papasavvas, vicepresidente del Tribunale. Ai fini di un trattamento ottimale delle domande di pronuncia pregiudiziale, il Tribunale ha altresì designato tre giudici chiamati a esercitare le funzioni di avvocato generale. Inoltre, il suo regolamento di procedura prevede ora la possibilità di deliberare, in particolare in alcune cause pregiudiziali, in sezione intermedia, composta di nove giudici.

Parimenti, a partire dal 1º settembre 2024, è stata prevista un’estensione della procedura di ammissione preventiva delle impugnazioni contro le decisioni del Tribunale vertenti su una decisione di una commissione di ricorso indipendente di uno degli organi o degli organismi dell’Unione (nuovo articolo 58 bis dello Statuto della Corte, inserito anch’esso dal regolamento 2024/2019). Tale parte della riforma accresce anche la responsabilità del Tribunale nell’assicurare la coerenza e l’uniformità del diritto negli ambiti del diritto interessati.

La riforma ha coinciso con la partenza, il 7 ottobre 2024, di cinque membri del Tribunale, nominati giudici presso la Corte di giustizia. Hanno così lasciato il Tribunale il giudice Gervasoni, i presidenti di sezione Spielmann e Schalin, la giudice Frendo e il giudice Norkus. Il Tribunale li ringrazia per il loro lungo e importante contributo alla sua giurisprudenza. In pari data, i giudici Cassagnabère e Meyer hanno prestato giuramento in qualità di nuovi membri del Tribunale.

Questa ampia riorganizzazione e le partenze dei membri non hanno tuttavia rallentato l’attività giudiziaria del Tribunale, che ha potuto, nel corso del 2024, definire 922 cause. Posto che nel corso di tale anno sono state introdotte solo 786 cause, il numero di cause pendenti ha registrato una riduzione. La durata media dei procedimenti, pari a 18,5 mesi, dimostra una gestione efficace delle cause, fermo restando che il Tribunale è in grado di rispondere ancor più rapidamente quando le peculiarità della causa lo richiedono. Infatti esso ha potuto emettere la sua prima sentenza nel settore dei mercati digitali entro un termine di 8,2 mesi (sentenza T-1077/23 Bytedance/Commissione).

Nel 2024, il 20,2% delle cause concluse è stato definito da collegi ampliati. Il Tribunale ha inoltre mantenuto il suo approccio consistente nel definire le cause che presentano una certa importanza, segnatamente per lo Stato di diritto, in Grande Sezione, composta da 15 giudici (v. il capitolo «Le sentenze più importanti dell’anno»). In tale formazione solenne, il Tribunale si è pronunciato nelle cause Ordre néerlandais des avocats du barreau de Bruxelles e a./Consiglio, Medel e a./Consiglio e Fridman e a./Consiglio e Timchenko e Timchenko/Consiglio.

Forte della sua nuova competenza in materia pregiudiziale, nonché di nuove responsabilità a seguito dell’estensione della procedura di ammissione preventiva delle impugnazioni, il Tribunale si è dotato di tutti gli strumenti necessari per un trattamento efficace e proattivo delle cause di cui è investito, preparandosi nel contempo al prossimo triennio che inizierà nell’ottobre 2025.

786
cause promosse
667
ricorsi diretti di cui:
Proprietà intellettuale e industriale
268
Funzione pubblica dell’Unione europea
76
Aiuti di Stato e concorrenza
33
7
ricorsi proposti dagli Stati membri
30
domande di gratuito patrocinio
19
rinvii pregiudiziali
La parte che non è in grado di sostenere le spese di giudizio può chiedere di essere ammessa al gratuito patrocinio.

Innovazioni giurisprudenziali

Savvas Papasavvas

Vicepresidente del Tribunale dell’Unione europea

Il 2024 segna il ritorno al centro della scena della Grande Sezione, il collegio più solenne del Tribunale che, sino ad oggi, è stato interpellato solo raramente e in maniera episodica. Composta di quindici giudici, la Grande Sezione è investita delle cause più importanti e di quelle che presentano una difficoltà in diritto o circostanze particolari (articolo 28, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale). Detto collegio giudicante ha così pronunciato, nel corso dell’anno passato, sei decisioni che raggruppano numerose cause nel contesto, da un lato, delle aggressioni perpetrate dalla Russia contro l’Ucraina e, dall’altro, dell’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza, nell’ambito del piano di rilancio NextGenerationEU.

Anzitutto, nelle sue sentenze dell’11 settembre 2024, Fridman e a./Consiglio e Timchenko e Timchenko/Consiglio (T-635/22 e T-644/22), il Tribunale ha confermato la competenza del Consiglio ad instaurare obblighi di dichiarazione dei fondi e di cooperazione con le autorità nazionali competenti da parte delle persone oggetto di misure restrittive, da un lato, e ad assimilare l’inosservanza di tali obblighi a un’elusione delle misure di congelamento di capitali, dall’altro.

Inoltre, nelle sentenze del 2 ottobre 2024, Ordre néerlandais des avocats du barreau de Bruxelles e a./Consiglio, Ordre des avocats à la cour de Paris et Couturier/Consiglio e ACE/Consiglio (T-797/22, T-798/22 e T-828/22 ), il Tribunale ha confermato la legittimità del divieto di fornire, direttamente o indirettamente, servizi di consulenza giuridica al governo russo e alle persone giuridiche, alle entità e agli organismi stabiliti in Russia (regolamento del Consiglio [UE] n. 833/2014) concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina. Le cause vertevano sulla questione se esista un diritto fondamentale di rivolgersi ad un avvocato, in particolare in situazioni che non presentano alcun collegamento con un procedimento giurisdizionale. Il Tribunale ha respinto il ricorso, ma si è, segnatamente, sforzato di precisare la portata del diritto a un ricorso effettivo (articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) e del diritto al segreto professionale (articolo 7).

Infine, con un’ordinanza del 4 giugno 2024, Medel e a./Consiglio (da T-530/22 a T-533/22), il Tribunale ha respinto le domande di annullamento della decisione di esecuzione con cui il Consiglio ha approvato la valutazione del piano per la ripresa e la resilienza della Polonia e ha specificato i traguardi e gli obiettivi che devono essere raggiunti da tale Stato membro affinché il contributo finanziario messo a sua disposizione nella decisione impugnata possa essere erogato. La Grande Sezione ha considerato che le ricorrenti, quattro associazioni rappresentative di giudici a livello internazionale i cui membri erano, di norma, associazioni nazionali di categoria ivi comprese associazioni polacche, non avevano la legittimazione ad agire.

Questo nuovo slancio dato alla Grande Sezione continuerà di certo nel corso del 2025, posto che altre cause sono attualmente pendenti dinanzi a detto collegio. Esso sarà probabilmente accompagnato da rinvii alla sezione intermedia, creata dal regolamento (UE, Euratom) 2024/2019 per completare la varietà di formazioni solenni di cui il Tribunale dispone.

922
cause definite
832
ricorsi diretti di cui:
Proprietà intellettuale e industriale
276
Aiuti di Stato e concorrenza
98
Funzione pubblica dell’Unione europea
76
1
Rinvio pregiudiziale
Durata media dei procedimenti
18,5 mesi
Percentuale delle decisioni impugnate dinanzi alla Corte di giustizia
35%
1 705
cause pendenti (al 31 dicembre 2024)
Principali materie trattate
Diritto istituzionale
552
Proprietà intellettuale e industriale
322
Politica economica e monetaria
167
Aiuti di Stato e concorrenza
153
Funzione pubblica dell’UE
112
Misure restrittive
91
Accesso ai documenti
41
Agricoltura
30
Appalti pubblici
29
Sanità pubblica
24

I membri del Tribunale

Il Tribunale è composto da due giudici per Stato membro.

I giudici sono scelti tra persone che offrano tutte le garanzie di indipendenza e possiedano la capacità per l’esercizio di alte funzioni giurisdizionali. Essi sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri, previa consultazione di un comitato incaricato di fornire un parere sull’adeguatezza dei candidati. Il loro mandato è di sei anni ed è rinnovabile. Gli stessi designano tra loro, per tre anni, il presidente e il vicepresidente. I giudici nominano il cancelliere per un mandato di sei anni.

I giudici esercitano le loro funzioni in piena imparzialità e indipendenza.

Nel contesto del trasferimento parziale, a partire dal 1º ottobre 2024, della competenza pregiudiziale della Corte di giustizia al Tribunale, quest’ultimo ha nominato il sig. Martín y Pérez de Nanclares e la sig.ra Brkan in veste di giudici chiamati a esercitare le funzioni di avvocato generale per il trattamento delle domande di pronuncia pregiudiziale e il sig. Gâlea quale sostituto in caso di impedimento.

Nell’ottobre 2024 hanno assunto le proprie funzioni presso il Tribunale due nuovi membri, i giudici Cassagnabère (Francia) e Meyer (Lussemburgo), in sostituzione dei giudici Gervasoni e Spielmann, entrambi nominati presso la Corte di giustizia.

M. van der Woude

Presidente

S. Papasavvas

Vicepresidente

A. Marcoulli

Presidente della Seconda Sezione

R. da Silva Passos

Presidente della Quarta Sezione

J. Svenningsen

Presidente della Quinta Sezione

M. J. Costeira

Presidente della Sesta Sezione

K. Kowalik-Bańczyk

Presidente della Settima Sezione

A. Kornezov

Presidente dell’Ottava Sezione

L. Truchot

Presidente della Nona Sezione

O. Porchia

Presidente della Decima Sezione

R. Mastroianni

Presidente della Prima Sezione

P. Škvařilová-Pelzl

Presidente della Terza Sezione

M. Jaeger

Giudice

H. Kanninen

Giudice

J. Schwarcz

Giudice

M. Kancheva

Giudice

E. Buttigieg

Giudice

V. Tomljenović

Giudice

L. Madise

Giudice

N. Półtorak

Giudice

I. Reine

Giudice

P. Nihoul

Giudice

U. Öberg

Giudice

C. Mac Eochaidh

Giudice

G. De Baere

Giudice

T. Pynnä

Giudice

J. Laitenberger

Giudice

J. Martín y Pérez de Nanclares

Giudice

G. Hesse

Giudice

M. Sampol Pucurull

Giudice

M. Stancu

Giudice

I. Nõmm

Giudice

G. Steinfatt

Giudice

T. Perišin

Giudice

D. Petrlík

Giudice

M. Brkan

Giudice

P. Zilgalvis

Giudice

K. Kecsmár

Giudice

I. Gâlea

Giudice

I. Dimitrakopoulos

Giudice

D. Kukovec

Giudice

S. Kingston

Giudice

T. Tóth

Giudice

B. Ricziová

Giudice

E. Tichy-Fisslberger

Giudice

W. Valasidis

Giudice

S. Verschuur

Giudice

S. L. Kalėda

Giudice

L. Spangsberg Grønfeldt

Giudice

H. Cassagnabère

Giudice

R. Meyer

Giudice

V. Di Bucci

Cancelliere

Ordine protocollare in vigore dal 09/10/2024

C | La giurisprudenza nel 2024

Focus

Pacchetto Mobilità 2020: concorrenza leale e miglioramento delle condizioni di lavoro per un trasporto su strada più sicuro, sostenibile ed equo

Sentenza Lituania e a./Parlamento e Consiglio del 4 ottobre 2024 (da C‑541/20 a C‑555/20)

Pacchetto Mobilità 2020

Nel 2020, l’Unione europea ha adottato un insieme di riforme nel settore del trasporto su strada finalizzate a realizzare i seguenti due obiettivi principali:

1. Migliorare le condizioni di lavoro per i conducenti:

  • – vietando il riposo settimanale a bordo dei veicoli;

    – garantendo ritorni regolari al domicilio o alla sede di attività (ogni tre o quattro settimane) per trascorrervi il periodo di riposo;

    – anticipando la data di entrata in vigore dell’obbligo di installare tachigrafi intelligenti di seconda generazione.

2. Instaurare una concorrenza leale:

  • – imponendo il ritorno dei veicoli in una sede di attività sita nello Stato membro di stabilimento dell’impresa di trasporto interessata ogni otto settimane;

    – introducendo un periodo di attesa di quattro giorni dopo un ciclo di cabotaggio in uno Stato membro ospitante (durante il quale non è consentito ai trasportatori non residenti effettuare, con lo stesso veicolo, trasporti di cabotaggio in detto Stato membro);

    – qualificando i conducenti come «lavoratori distaccati» in determinati casi specifici cosicché essi beneficino delle condizioni di lavoro e retributive in vigore nello Stato membro ospitante.

Il cabotaggio è il trasporto realizzato all’interno di uno Stato membro da un vettore non stabilito nello stesso. Esso è consentito fintantoché non è effettuato in modo da costituire un’attività permanente in tale Stato membro.

Il tachigrafo intelligente di seconda generazione è un dispositivo elettronico che registra i tempi di guida, le pause e i periodi di riposo dei conducenti. Esso contribuisce a garantire la sicurezza su strada, il rispetto delle condizioni di lavoro degli autisti e la prevenzione delle frodi.

Il Pacchetto mobilità si compone di tre atti legislativi concernenti il regime giuridico del trasporto su strada. Questa riforma ambiziosa ha generato accesi dibattiti sfociati in una serie di azioni giudiziarie. Sette Stati membri – la Lituania, la Bulgaria, la Romania, Cipro, l’Ungheria, Malta e la Polonia – hanno proposto dinanzi alla Corte di giustizia quindici ricorsi di annullamento avverso talune disposizioni del Pacchetto mobilità.

La sentenza della Corte ne ha ampiamente confermato la validità.

Pur riconoscendo che il miglioramento delle condizioni di lavoro dei conducenti può tradursi in un incremento dei costi a carico delle imprese di trasporto, la Corte ha sottolineato che dette regole, applicabili indistintamente in tutta l’Unione, non discriminano le imprese di trasporto stabilite negli Stati membri situati «alla periferia dell’Unione». L’eventuale maggiore incidenza di dette norme su talune imprese dipende dalla loro scelta economica di fornire i propri servizi a destinatari siti in Stati membri lontani dal loro luogo di stabilimento.

Quanto alla qualifica di «lavoratori distaccati» (che consente ai conducenti di beneficiare delle condizioni di lavoro e retributive minime dello Stato membro ospitante, invece che di quelle, se del caso meno favorevoli, dello Stato membro di stabilimento del vettore), si tratta di una misura destinata a garantire condizioni di lavoro eque e a contrastare le pratiche di concorrenza sleale. Tale evoluzione, seppur vantaggiosa per i lavoratori, ha suscitato discussioni tra gli Stati membri, alcuni dei quali, segnatamente quelli con un costo del lavoro basso, hanno temuto un incremento dei costi per le proprie imprese e la complessità a livello amministrativo delle nuove norme. La Corte ha confermato detta misura adottata dal legislatore dell’Unione nell’ottica di raggiungere un giusto equilibrio tra i diversi interessi coinvolti.

Quanto all’obbligo di rispettare un periodo di attesa di quattro giorni dopo un ciclo di cabotaggio in uno Stato membro ospitante, la Corte ha sottolineato che esso mira a proteggere le imprese locali e a prevenire una concorrenza sleale, evitando che i trasporti di cabotaggio ripetuti sfocino, di fatto, in un’attività permanente nello Stato membro ospitante. Taluni Stati membri hanno contestato detto obbligo, in quanto esso limiterebbe la flessibilità delle imprese costringendole ad adeguare i loro itinerari per evitare periodi di inattività che comporterebbero perdite di ricavi. La Corte ha respinto tali argomenti sottolineando che la misura si limita a vietare, in detto periodo, i trasporti di cabotaggio nello stesso Stato membro ospitante, il che non impedisce la realizzazione di altre operazioni di trasporto internazionale o di cabotaggio in altri Stati membri.

Tuttavia, la Corte ha annullato l’obbligo, per i veicoli, di ritornare alla sede di attività dell’impresa di trasporti ogni otto settimane. Essa ha dichiarato che il Parlamento e il Consiglio non avevano dimostrato di disporre di elementi sufficienti per valutare la proporzionalità di detta misura e le sue ripercussioni sociali, ambientali ed economiche.

Focus

Sentenza Herbaria Kräuterparadies II (C‑240/23)

La società tedesca Herbaria produce la bevanda «Blutquick» commercializzata come integratore alimentare. Detta bevanda contiene ingredienti da produzione biologica, ma è anche addizionata con vitamine non vegetali e gluconato di ferro. Sul suo imballaggio sono apposti il logo di produzione biologica dell’Unione e un riferimento alle «coltivazioni biologiche controllate».

Nel gennaio 2012, le autorità tedesche avevano vietato alla Herbaria di fare riferimento alla produzione biologica protetta poiché il diritto dell’Unione consente di aggiungere vitamine e sostanze minerali ai prodotti trasformati recanti la denominazione «biologico» solo se il loro impiego è previsto per legge.

La Corte di giustizia, adita in via pregiudiziale nell’ambito di una prima causa (causa C‑137/13), aveva dichiarato che l’impiego di tali sostanze deve ritenersi previsto per legge quando una norma dell’Unione o una norma nazionale conforme impongano direttamente la loro aggiunta in un alimento affinché quest’ultimo possa essere commercializzato. Posto che il caso delle vitamine e del gluconato di ferro aggiunti al «Blutquick» non risponde a tale requisito, il ricorso della Herbaria è stato respinto dal giudice tedesco che si era rivolto alla Corte.

La causa è stata poi portata dinanzi alla Corte amministrativa federale tedesca, dinanzi alla quale la Herbaria non ha più contestato il divieto di apporre il logo di produzione biologica dell’Unione, ma ha invocato una disparità di trattamento tra il suo prodotto e un prodotto simile importato dagli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti sono, infatti, riconosciuti dal diritto europeo come paese terzo le cui norme di produzione e di controllo sono equivalenti a quelle dell’Unione europea. Secondo la Herbaria, ciò consentirebbe di commercializzare all’interno dell’Unione come prodotti biologici prodotti importati dagli Stati Uniti conformi alle norme di produzione di quest’ultimo paese. Questa situazione comporterebbe una disparità di trattamento poiché i prodotti concorrenti americani potrebbero fregiarsi del logo di produzione biologica dell’Unione senza rispettare le norme di produzione biologica applicabili all’interno di essa.

La Corte amministrativa federale tedesca ha chiesto alla Corte di pronunciarsi al riguardo.

Nella sua sentenza, la Corte ha dichiarato che solo i prodotti conformi all’insieme delle prescrizioni del regolamento relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici possono utilizzare il logo biologico dell’Unione. Tale logo non può pertanto essere utilizzato per prodotti fabbricati in un paese terzo secondo norme solo equivalenti a quelle previste dal diritto dell’Unione. Tale divieto si estende anche all’utilizzo di termini riferiti a tale produzione.

La Corte sottolinea che consentire l’utilizzo di detto logo e di detti termini sia per prodotti – fabbricati all’interno dell’Unione o in paesi terzi – conformi alle norme europee di produzione biologica, sia per prodotti fabbricati in paesi terzi secondo norme ad esse solo equivalenti nuocerebbe alla concorrenza leale nel mercato interno dei prodotti biologici. Ciò potrebbe, inoltre, indurre in errore i consumatori, mentre la ragion d’essere del logo consiste nell’informare i consumatori, in modo chiaro e senza ambiguità, del fatto che il prodotto è pienamente conforme alle prescrizioni stabilite dal regolamento.

La Corte dichiara invece che il logo di produzione biologica del paese terzo può essere utilizzato per prodotti fabbricati in detto paese, anche quando contiene termini che fanno riferimento alla produzione biologica.

Il logo biologico dell’Unione europea

Il logo biologico dell’Unione europea fornisce un’identità visiva coerente ai prodotti biologici dell’Unione. Ciò rende più facile per i consumatori identificare i prodotti biologici e aiuta gli agricoltori a commercializzarli in tutti gli Stati membri.

Il logo biologico è riservato ai prodotti certificati come biologici da un organismo autorizzato che garantisce il rispetto di norme rigorose di produzione, trattamento, trasporto e immagazzinamento. Il logo può essere utilizzato solo sui prodotti che contengono almeno il 95% di ingredienti biologici e che inoltre rispettano condizioni rigorose per il restante 5%. Lo stesso ingrediente non può essere presente in forma biologica e non biologica.

Il regolamento 2018/848

Il regolamento 2018/848, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, mira a garantire una concorrenza leale, l’efficace funzionamento del mercato interno in detto settore e la fiducia dei consumatori nei prodotti etichettati come biologici.

Esso stabilisce norme di produzione generali e dettagliate. In materia di etichettatura, esso impone il rispetto di regole sull’informazione dei consumatori, segnatamente per evitare confusione o induzione in errore. Esso introduce anche disposizioni specifiche riguardanti l’etichettatura dei prodotti biologici e in conversione al fine di tutelare sia gli interessi degli operatori, facendo sì che i loro prodotti siano correttamente identificati sul mercato e godano di una concorrenza leale, sia l’interesse dei consumatori.

Altre sentenze della Corte di giustizia riguardanti i prodotti biologici

Sentenza del 12 ottobre 2017, Kamin und Grill Shop (C-289/16)

Secondo il regolamento 834/2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, un operatore che commercializza prodotti biologici è tenuto ad assoggettare la sua impresa a un sistema di controllo. Gli operatori che vendono prodotti direttamente al consumatore o all’utilizzatore finale possono essere esonerati da detto obbligo a determinate condizioni. La Corte di giustizia ha dichiarato che è necessario che la vendita avvenga in presenza, contemporaneamente, dell’operatore o del suo personale addetto alla vendita e del consumatore finale. Di conseguenza, gli operatori che commercializzano tali prodotti online non possono beneficiare di detto esonero.

Sentenza del 26 febbraio 2019, Œuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C-497/17)

Il regolamento 834/2007 non autorizza l’apposizione del logo biologico dell’Unione su prodotti provenienti da animali che sono stati oggetto di macellazione rituale senza previo stordimento, svolta secondo i requisiti fissati dal regolamento 1099/2009, relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento.

Sentenza del 29 aprile 2021, Natumi (C-815/19)

Il regolamento n. 889/2008, recante modalità di applicazione del regolamento 834/2007, osta all’utilizzo di una polvere ottenuta a partire da sedimenti dell’alga Lithothamnium calcareum puliti, essiccati e macinati, in quanto ingrediente non biologico di origine agricola nella trasformazione di alimenti biologici (in particolare, di bevande biologiche a base di riso e di soia) ai fini del loro arricchimento in calcio.

Focus

Accesso del pubblico ai contratti di acquisto di vaccini contro il COVID-19

Sentenze Auken e a./Commissione e Courtois e a./Commissione (T-689/21 e T-761/21)

Nel giugno 2020, l’Unione europea ha avviato la sua strategia in materia di acquisto di vaccini contro il COVID‑19. In tale contesto, la Commissione ha sottoscritto un accordo con i 27 Stati membri che l’autorizzavano a concludere, a loro nome, accordi preliminari di acquisto con taluni fabbricanti.

Posto che il ricorso precoce alla vaccinazione rientra nell’interesse della sanità pubblica, il termine di messa a punto dei vaccini da parte delle imprese farmaceutiche è stato abbreviato. Per compensare i rischi assunti da dette imprese, la Commissione e gli Stati membri hanno integrato nella loro strategia vaccinale il principio della condivisione dei rischi tra produttore e Stati membri, riducendo così la responsabilità del fabbricante in caso di effetti indesiderati del suo prodotto.

Le versioni dei contratti rese pubbliche presentavano alcuni passaggi cancellati, omettendo informazioni sui rischi finanziari, sulle donazioni o rivendite, nonché sulle dichiarazioni di assenza di conflitto.

Nel 2021 alcuni cittadini e deputati europei hanno contestato il diniego parziale della Commissione europea di fornire un accesso completo a taluni documenti collegati ai contratti di acquisto di vaccini del 2020. Le domande di accesso vertevano sulle clausole relative all’indennizzo per le imprese farmaceutiche. Secondo dette clausole, i laboratori dovevano risarcire le vittime in caso di errori legati a dolo o inadempimento grave in sede di fabbricazione, mentre negli altri casi detta responsabilità gravava sugli Stati membri.

I cittadini e i deputati chiedevano anche di accedere alle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini. Essi intendevano far luce sulle modalità con cui erano state condotte le trattative, in particolare, in merito a un super contratto del maggio 2021 per l’acquisto di 1,8 miliardi di dosi di vaccino aggiuntive per un importo di 35 miliardi di euro.

La Commissione aveva concesso soltanto un accesso parziale a detti documenti e ne aveva pubblicato versioni con parti espunte, invocando la riservatezza delle cause e la tutela della vita privata.

Investito di due ricorsi avverso le decisioni della Commissione, il Tribunale le ha annullate in parte.

Per quanto attiene alla richiesta di un accesso più ampio alle clausole relative all’indennizzo, il Tribunale ha ricordato che la ragione del loro inserimento nei contratti – vale a dire compensare i rischi affrontati dalle imprese farmaceutiche connessi all’abbreviazione del termine di messa a punto dei vaccini – era stata avallata dagli Stati membri ed era di dominio pubblico. Esso ha dichiarato che la Commissione non aveva dimostrato in che modo un accesso più ampio a tali clausole, a talune definizioni contenute nei contratti (come quelle di «dolo» e di «ogni ragionevole sforzo») e alle clausole relative alle donazioni e alle rivendite dei vaccini, arrecherebbe concretamente pregiudizio agli interessi commerciali delle imprese farmaceutiche interessate.

Per quanto attiene alla domanda relativa alla divulgazione – nelle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi – dell’ identità dei membri della squadra negoziale, il Tribunale ha confermato che essa perseguiva un obiettivo di interesse pubblico. Solo la divulgazione di detta identità consente, infatti, di verificare l’assenza di una situazione di conflitto di interessi con riferimento ai membri della squadra negoziale. Orbene, detta trasparenza nel processo di negoziazione dei contratti rafforza la fiducia dei cittadini dell’Unione nella strategia vaccinale della Commissione e contribuisce a contrastare la diffusione di informazioni false. Il Tribunale ha quindi dichiarato che la Commissione non aveva correttamente bilanciato gli interessi in gioco, connessi all’assenza di conflitti di interessi e al rischio di una violazione del diritto alla vita privata.

L’accesso del pubblico ai documenti: un elemento chiave della trasparenza

Il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio mira ad accordare al pubblico l’accesso più ampio possibile ai documenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione. Esso intende rafforzare la trasparenza, la legittimità e la responsabilità delle istituzioni.

Tale diritto non è però assoluto. Esso conosce eccezioni al fine di tutelare determinati interessi pubblici o privati, come la sicurezza pubblica, la riservatezza delle discussioni interne e della consulenza legale, gli interessi finanziari, economici o commerciali o, ancora, la protezione dei dati personali.

Le istituzioni devono conciliare la trasparenza e la tutela di detti interessi, valutando in ciascun caso se la divulgazione rischi di arrecare loro pregiudizio. La divulgazione può infine essere richiesta se è dimostrata la sussistenza di un interesse pubblico prevalente.

In caso di diniego dell’accesso, il richiedente può chiedere un riesame presso l’istituzione interessata, e poi – in caso di nuovo diniego – adire il Mediatore europeo o presentare un ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.

Alcuni principi sanciti dal Tribunale e dalla Corte di giustizia

Nella sentenza De Capitani/Parlamento (), il Tribunale ha ritenuto che le istituzioni dell’Unione potessero negare l’accesso a determinati documenti rientranti nel processo legislativo solo in casi debitamente giustificati.

L’istituzione o l’organo che nega l’accesso deve dimostrare come detto accesso comprometterebbe in modo «concreto, effettivo e ragionevolmente prevedibile» l’interesse tutelato da una delle eccezioni previste dal regolamento n. 1049/2001. Come dichiarato dalla Corte di giustizia nella sentenza ClientEarth/Commissione (C-57/16 P), un pregiudizio ipotetico o vago non è sufficiente a giustificare un tale diniego.

La questione dell’accesso alle memorie depositate da uno Stato membro o da un’istituzione nell’ambito di procedimenti giurisdizionali dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea è stata affrontata in numerose importanti sentenze. Nella causa Commissione/Breyer (C-213/15 P), la Corte di giustizia ha ritenuto che le memorie di uno Stato membro, detenute dalla Commissione, rientrino nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1049/2001. Se la riservatezza di tali memorie deve essere preservata per l’intera durata del procedimento giurisdizionale, la Commissione non può, in mancanza di altro motivo, negare l’accesso a tali memorie dopo la conclusione del procedimento.

La Corte di giustizia aveva già sancito detta presunzione generale di non divulgazione in pendenza del procedimento giurisdizionale nella sentenza Svezia e a./API e Commissione (C-514/07 P, C-528/07 P e C-532/07 P) con riferimento alle memorie depositate da un’istituzione dell’Unione. Tuttavia, una volta concluso il procedimento, ciascuna domanda deve essere valutata caso per caso per verificare se si applichino le eccezioni del regolamento.

Focus

Misure restrittive adottate relativamente ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina

Sentenze Mazepin / Consiglio del 20 marzo 2024(T-743/22); Fridman e a. / Consiglio e Timchenko e Timchenko / Consiglio dell’11 settembre 2024(T-635/22 e T-644/22); NSD / Consiglio dell’11 settembre 2024(T-494/22)

Le misure restrittive o «sanzioni» costituiscono uno strumento essenziale della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. Esse possono essere adottate sotto forma di congelamento dei beni, di divieto di entrata nel territorio dell’Unione oppure di sanzioni economiche. Il loro obiettivo consiste nel difendere i valori fondamentali, gli interessi essenziali e la sicurezza dell’Unione, esercitando una pressione sulle persone o sulle entità che ne sono destinatari, ivi compresi governi di paesi terzi, affinché modifichino la propria politica o il proprio comportamento.

Le azioni che compromettono l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina compiute dalla Russia a partire dal 2014 e, soprattutto, la sua guerra di aggressione avviata contro detto Stato nel 2022, hanno intensificato le sanzioni dell’Unione contro persone fisiche e giuridiche che forniscono un sostegno al governo russo. Suscitando contestazioni sotto il profilo della loro legittimità e della loro portata, le decisioni adottate dal Consiglio in materia sono state oggetto di decine di cause avviate dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.

Esse illustrano il tentativo di conciliare la fermezza delle sanzioni imposte, necessaria ai fini della loro efficacia, e la protezione dei diritti individuali. Il Tribunale ha confermato gli ampi poteri riconosciuti all’Unione per contrastare i sostegni economici e materiali al governo russo, richiedendo tuttavia prove e una giustificazione solida delle misure adottate.

Sentenza NSD / Consiglio (T-494/22)

Il Tribunale ha confermato le sanzioni imposte alla società russa National Settlement Depository (NSD). Considerata dal Consiglio essenziale all’interno del sistema finanziario in Russia, detta società forniva sostegno materiale e finanziario sia al governo russo che alla banca centrale russa.

Il Tribunale ha rilevato che, quale istituzione finanziaria di importanza sistemica, la NSD ha agevolato la mobilitazione da parte del governo russo di risorse considerevoli, utilizzate per azioni di destabilizzazione dell’Ucraina. Esso ha altresì respinto gli argomenti della NSD secondo cui le misure restrittive hanno comportato il congelamento di fondi appartenenti a clienti non interessati dalle sanzioni, osservando che questi ultimi possono adire i giudici nazionali per contestare una violazione del loro diritto di proprietà, quale effetto collaterale di misure applicate contro la NSD.

Sentenza Mazepin / Consiglio (=T-743/22)

Il Tribunale dell’Unione europea ha annullato il mantenimento del sig. Nikita Mazepin, ex pilota di Formula 1, nell’elenco delle persone oggetto delle sanzioni. Il suo nome è stato ivi inserito dal Consiglio in ragione dell’associazione con suo padre, il sig. Dmitry Mazepin, un imprenditore influente la cui attività genera ricavi importanti per il governo russo e che sarebbe stato il principale sponsor delle attività del figlio come pilota da corsa nella scuderia Haas.

Il Tribunale ha considerato che l’associazione tra il sig. Dmitry Mazepin e suo figlio non era sufficientemente dimostrata, osservando, in particolare, che quest’ultimo non era più pilota da corsa all’interno della scuderia di cui trattasi al momento dell’adozione della decisione impugnata. Il Tribunale ha inoltre sottolineato che il solo legame familiare non è sufficiente, di per sé, a dimostrare interessi comuni tali da giustificare il mantenimento delle sanzioni nei confronti del sig. Nikita Mazepin.

Sentenze Fridman e a. / Consiglio e Timchenko e Timchenko / Consiglio (T-635/22 e T-644/22)

Il Tribunale ha confermato l’obbligo per le persone e le entità sanzionate di dichiarare i loro fondi e di cooperare con le autorità competenti al fine di evitare l’elusione del congelamento dei fondi mediante costruzioni giuridiche e finanziarie. Tali obblighi, imposti dal Consiglio, sono stati ritenuti necessari per garantire l’efficacia e l’uniformità delle sanzioni in tutti gli Stati membri. Il Tribunale ha altresì respinto le contestazioni secondo cui il Consiglio avrebbe esercitato competenze penali riservate agli Stati membri, ritenendo che dette misure non hanno natura penale e che la loro adozione rispetta pienamente il quadro previsto dal diritto dell’Unione.

Sanzioni dell’Unione europea contro la Russia

A partire dal marzo 2014, l’Unione ha progressivamente imposto misure restrittive mirate nei confronti della Russia in risposta, segnatamente, all’annessione illegale della Crimea (2014) e all’aggressione militare contro l’Ucraina (2022).

Tali misure mirano a indebolire la base economica della Russia, privandola di tecnologie e di mercati essenziali e riducendo considerevolmente la sua capacità di combattere. L’Unione ha altresì adottato sanzioni nei confronti della Bielorussia, dell’ Iran e della Corea del Nord in risposta al sostegno da essi fornito alla Russia nella guerra contro l’Ucraina.

Più di 2 300 persone ed entità (banche, partiti politici, imprese, gruppi paramilitari) sono oggetto delle sanzioni. Esse comprendono:

  • il divieto di entrare nell’Unione europea;
  • il congelamento dei beni;
  • il blocco dei fondi.

Il Consiglio stima il valore dei beni privati congelati all’interno dell’Unione in 24,9 miliardi di euro. Gli attivi della Banca centrale russa bloccati all’interno dell’Unione ammontano a 210 miliardi di euro.

Le misure restrittive, imposte sulla base di decisioni del Consiglio, sono oggetto di costante monitoraggio. Esse sono prorogate, o modificate se del caso, qualora il Consiglio ritenga che i loro obiettivi non sono stati raggiunti.

Le sentenze più importanti dell’anno

Diritti fondamentali


L’Unione europea assicura la protezione dei diritti fondamentali attraverso, in particolare, la Carta dei diritti fondamentali, che elenca i diritti individuali, civici, politici, economici e sociali dei cittadini europei. Il rispetto dei diritti dell’uomo costituisce uno dei valori su cui si fonda l’Unione e un obbligo essenziale nell’ambito dell’attuazione delle sue politiche e dei suoi programmi.


La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – norme vincolanti con un impatto concreto nel mondo

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  • Nel 2022, in risposta all’intensificarsi dell’aggressione russa contro l’Ucraina, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato sanzioni volte a esercitare pressione sulla Russia. Tra tali misure rientra il divieto di fornire servizi di consulenza giuridica al governo russo e alle persone giuridiche, alle entità o agli organismi stabiliti in Russia. Alcuni avvocati belgi e francesi hanno chiesto al Tribunale dell’Unione europea di annullare detto divieto. A loro avviso, esso viola i diritti fondamentali che garantiscono l’accesso alla consulenza giuridica di un avvocato. Il Tribunale ha ricordato il diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva, che include il diritto di essere consigliato e rappresentato da un avvocato in un contesto contenzioso, attuale o probabile. Tuttavia, esso ha osservato che il divieto contestato non riguarda i servizi di consulenza giuridica legati a un procedimento giurisdizionale, né quelli forniti a persone fisiche. Esso ha pertanto respinto i ricorsi.

    Sentenze Ordre néerlandais des avocats du barreau de Bruxelles e a./Consiglio, Ordre des avocats à la Cour de Paris e Couturier/Consiglio e ACE/Consiglio del 2 ottobre 2024 (T-797/22, T-798/22 e T-828/22)

  • Nel 2006, il giornale Le Monde ha pubblicato un articolo che collegava la squadra di calcio del Real Madrid a voci di doping. Condannato in Spagna per diffamazione, esso ha contestato l’esecuzione di detta sentenza in Francia, in nome della libertà di stampa. Investita di tale questione dalla Cour de cassation francese, la Corte di giustizia ha dichiarato che il riconoscimento reciproco delle sentenze può essere limitato se viola manifestamente i diritti fondamentali. Secondo la Corte, sanzioni sproporzionate a carico dei media, come risarcimenti danni di importo eccessivo, rischiano di dissuadere la stampa dal coprire temi di interesse pubblico, il che è incompatibile con i valori democratici dell’Unione europea.

    Sentenza Real Madrid Club de Fútbol del 4 ottobre 2024 (C‑633/22)

Dati personali

L’Unione europea è dotata di una normativa dettagliata in materia di protezione dei dati personali. Il trattamento e la conservazione di tali dati devono rispondere alle condizioni di liceità stabilite dalla normativa, limitarsi allo stretto necessario e non devono ledere in maniera sproporzionata il diritto alla vita privata.


La Corte di giustizia nel mondo digitale

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  • Un cittadino tedesco ha contestato dinanzi a un giudice tedesco il rifiuto, da parte della città di Wiesbaden, di rilasciargli una nuova carta d’identità che non contenesse le sue impronte digitali. Il giudice tedesco ha chiesto alla Corte di giustizia di verificare la validità del regolamento europeo che prevede l’obbligo di inserire due impronte digitali nelle carte d’identità. La Corte ha dichiarato che detto obbligo, giustificato dalla lotta contro la fabbricazione di carte d’identità false e contro l’usurpazione d’identità, è compatibile con i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali. Tuttavia, essa ha dichiarato invalido il regolamento, adottato secondo una base giuridica errata, mantenendo i suoi effetti sino al 31 dicembre 2026 per consentire l’adozione di un nuovo testo. Il regolamento si basava, infatti, erroneamente, sull’articolo 21, paragrafo 2, TFUE (libera circolazione dei cittadini), invece che sull’articolo 77, paragrafo 3, TFUE (spazio di libertà, sicurezza e giustizia), che richiede l’unanimità al Consiglio.

    Sentenza Landeshauptstadt Wiesbaden del 21 marzo 2024 (C‑61/22)

  • In Bulgaria, una persona è stata iscritta nel registro di polizia nell’ambito di indagini preliminari relative al reato di falsa testimonianza. Dopo essere stata condannata a una pena detentiva di un anno con sospensione condizionale e aver scontato tale pena, detta persona ha chiesto di essere cancellata dal registro. Secondo il diritto bulgaro, i dati che la riguardano sono conservati in tale registro senza alcuna limitazione di durata diversa dal verificarsi del decesso della persona. La Corte suprema amministrativa bulgara ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla compatibilità di detta normativa con il diritto dell’Unione. Quest’ultima ha risposto che la conservazione generale e indifferenziata di dati biometrici e genetici di persone che hanno subito una condanna penale, fino al loro decesso, è contraria al diritto dell’Unione. La normativa nazionale deve prevedere l’obbligo, per il titolare del trattamento, di verificare periodicamente se tale conservazione sia ancora necessaria e consentire all’interessato di chiedere la cancellazione dei suoi dati qualora tale necessità sia venuta meno.

    Sentenza Direktor na Glavna direktsia «Natsionalna politsia» pri MVR - Sofia del 30 gennaio 2024 (C‑118/22)

  • In due sentenze distinte, la Corte di giustizia ha fornito chiarimenti fondamentali in materia di poteri di indagine delle autorità.

    In una causa vertente su un decreto francese diretto a proteggere le opere coperte da un diritto d’autore o da un diritto connesso dai reati commessi su Internet, la Corte ha precisato che gli Stati membri possono imporre ai fornitori di accesso a Internet un obbligo di conservazione generalizzata e indifferenziata degli indirizzi IP per consentire all’autorità pubblica competente di identificare la persona sospettata di aver commesso un reato. Tuttavia, detta conservazione non deve consentire di trarre conclusioni precise sulla vita privata dell’interessato. Per conseguire un siffatto risultato le modalità di conservazione devono garantire una separazione effettivamente stagna delle diverse categorie di dati conservati. In situazioni atipiche, quando le specificità di un procedimento nazionale possono, per il fatto di mettere in relazione dati e informazioni raccolti, consentire di trarre conclusioni precise sulla vita privata dell’interessato, l’accesso deve essere assoggettato a un previo controllo da parte di un giudice o di un ente amministrativo indipendente.

    Sentenza La Quadrature du Net II del 30 aprile 2024 (C‑470/21)

  • In una causa austriaca, la polizia aveva tentato di sbloccare il telefono cellulare del destinatario di un pacco contenente cannabis. Chiamata a pronunciarsi sulla validità di detta indagine alla luce di una direttiva per la protezione dei dati personali utilizzati dalla polizia e dalle autorità giudiziarie, la Corte di giustizia ha precisato che l’accesso ai dati contenuti in un telefono cellulare non è necessariamente limitato alla lotta contro i reati gravi. Infatti, in caso contrario, ciò creerebbe un rischio di impunità per i reati in generale e quindi un rischio per la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione. Un siffatto accesso, che costituisce un’ingerenza grave nei diritti degli interessati alla protezione dei loro dati personali presuppone, tuttavia, una previa autorizzazione da parte di un giudice o di un’autorità indipendente e deve essere proporzionato. Il legislatore nazionale deve, inoltre, definire gli elementi da prendere in considerazione ai fini di tale accesso, quali la natura dei reati pertinenti, e il proprietario del telefono deve essere informato non appena tale comunicazione non rischi più di compromettere le indagini.

    Sentenza Bezirkshauptmannschaft Landeck del 4 ottobre 2024 (C‑548/21)

Parità di trattamento e diritto del lavoro

L’Unione europea conta quasi 200 milioni di lavoratori. Un gran numero di cittadini beneficia quindi direttamente delle disposizioni del diritto del lavoro europeo, che stabilisce norme minime in materia di condizioni di lavoro e di occupazione, integrando in tal modo le politiche perseguite dagli Stati membri.


La Corte di giustizia: garantire la parità di trattamento e tutelare i diritti delle minoranze

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  • Dopo aver rassegnato le dimissioni per accedere alla pensione anticipata, un dipendente del Comune di Copertino (Italia) ha chiesto il versamento di un’indennità finanziaria per i suoi giorni di ferie non goduti. Tuttavia, la normativa italiana esclude detto diritto per i lavoratori del settore pubblico. La Corte di giustizia, interrogata sull’interpretazione della direttiva sull’orario di lavoro, ha confermato che un lavoratore ha diritto a un’indennità finanziaria se non ha goduto di tutti i suoi giorni di ferie prima della fine del suo contratto, anche in caso di dimissioni volontarie. Considerazioni di carattere economico, come la gestione della spesa pubblica, non possono giustificare la privazione di detto diritto. Un’eccezione è tuttavia ipotizzabile se il lavoratore si è astenuto deliberatamente dal godere dei suoi giorni di ferie e se il datore di lavoro lo ha sufficientemente informato del rischio di perdere tali ferie e l’ha invitato a usufruirne.

    Sentenza Comune di Copertino del 18 gennaio 2024 (C‑218/22)

  • Ritenendo che alcune norme della FIFA avessero ostacolato il suo ingaggio da parte di un club di calcio belga, un ex calciatore professionista in Francia le ha contestate dinanzi ai giudici belgi. Tali norme, tratte dal regolamento della FIFA sullo status e i trasferimenti dei calciatori, impongono al giocatore e al suo nuovo club il pagamento di indennità ove il giocatore risolva il suo contratto senza «giusta causa» prima del termine di scadenza. Esse possono comportare anche l’applicazione di sanzioni sportive, come il divieto per il nuovo club di ingaggiare nuovi giocatori, e ostano al rilascio di un certificato internazionale di trasferimento finché è pendente una controversia in merito alla risoluzione del contratto. Interpellata dalla cour d’appel de Mons (Corte d’appello di Mons, Belgio), la Corte di giustizia ha dichiarato che tali norme non rispettano la libertà di circolazione dei giocatori e il diritto della concorrenza dell’Unione europea.

    Sentenza FIFA del 4 ottobre 2024 (C‑650/22)

Cittadinanza europea

Chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro è automaticamente un cittadino dell’Unione europea. La cittadinanza dell’Unione è complementare alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce. I cittadini dell’Unione godono di diritti specifici garantiti dai Trattati europei.

  • La Commissione europea ha proposto dinanzi alla Corte di giustizia dei ricorsi contro la Repubblica ceca e la Polonia in ragione del fatto che detti Stati membri limitano il diritto di aderire a un partito politico soltanto ai propri cittadini. Secondo la Commissione, tale situazione pone i cittadini dell’Unione residenti in questi due Stati, senza esserne cittadini, in una situazione meno favorevole sotto il profilo dell’eleggibilità alle elezioni comunali ed europee. La Corte ha accolto la posizione della Commissione e ha concluso che la Repubblica ceca e la Polonia hanno violato gli obblighi ad esse incombenti in forza dei Trattati. Infatti, i cittadini che risiedono in uno Stato membro senza averne la cittadinanza devono avere pari accesso ai medesimi mezzi, tra cui l’appartenenza a un partito politico, dei cittadini di detto Stato per esercitare utilmente i loro diritti elettorali. La Corte ha ritenuto che detta differenza di trattamento non possa essere giustificata da ragioni attinenti al rispetto dell’identità nazionale della Polonia o della Repubblica ceca.

    Sentenze Commissione/Repubblica ceca (C‑808/21) e Commissione/Polonia del 19 novembre 2024 (C‑814/21)

  • La Corte di giustizia ha dichiarato che uno Stato membro non può rifiutarsi di riconoscere il cambiamento di prenome e di genere legalmente acquisito in un altro Stato membro. Detto diniego integra un ostacolo alla libera circolazione e al diritto di soggiorno all’interno dell’Unione. Posto il carattere fondamentale dell’identità personale, che comprende il prenome e il genere, un siffatto diniego crea difficoltà a livello amministrativo e privato contrarie al diritto dell’Unione.

    Sentenza Mirin del 4 ottobre 2024 (C‑4/23)

Consumatori

La politica europea dei consumatori mira a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici e giuridici dei consumatori, a prescindere dal luogo in cui risiedono, in cui si trovano o in cui effettuano i loro acquisti all’interno dell’Unione.


La Corte di giustizia: garantire i diritti dei consumatori dell’Unione

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  • Un’associazione tedesca dei consumatori ha contestato dinanzi a un giudice tedesco il modo in cui la catena di supermercati Aldi Süd ha pubblicizzato riduzioni di prezzo. Secondo l’associazione, Aldi Süd non può calcolare una riduzione di prezzo sulla base del prezzo immediatamente precedente all’offerta, ma, conformemente al diritto dell’Unione europea, deve farlo sulla base del prezzo più basso praticato negli ultimi 30 giorni. Interrogata da un giudice tedesco, la Corte di giustizia ha confermato che una riduzione di prezzo annunciata in una pubblicità deve essere calcolata sulla base del prezzo più basso degli ultimi 30 giorni. In tal modo si impedisce ai professionisti di indurre in errore i consumatori aumentando il prezzo praticato prima di annunciare una riduzione di prezzo ed esponendo così false riduzioni di prezzo.

    Sentenza Aldi Süd del 26 settembre 2024 (C‑330/23)

Ambiente

L’Unione europea si impegna per preservare e migliorare la qualità dell’ambiente e per proteggere la salute umana. Il suo approccio si basa sui principi di precauzione e di prevenzione e sul principio «chi inquina paga».


La Corte di giustizia e l’ambiente

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  • Una direttiva europea impedisce dal 2019 l’immissione sul mercato di prodotti di plastica oxo-degradabile, che si sbriciolano sotto l’effetto dell’ossidazione. Alcune società britanniche che producono un additivo pro-ossidante che, secondo loro, consente alla plastica di biodegradarsi più rapidamente della plastica oxo-degradabile hanno adito il Tribunale dell’Unione europea. Esse hanno chiesto il risarcimento del danno subito a causa del fatto che il divieto di immissione sul mercato di plastica oxo-degradabile si applica anche alla plastica che esse definiscono come «oxo-biodegradabile». Il Tribunale ha respinto il ricorso ritenendo che il legislatore europeo non abbia commesso alcun errore manifesto. Infatti, secondo gli studi scientifici, il livello di biodegradazione della plastica contenente un additivo pro-ossidante è basso o addirittura inesistente. Inoltre, detto tipo di plastica non è adatta a nessuna forma di compostaggio. Infine, il suo riciclaggio risulta problematico poiché le tecnologie attualmente disponibili non consentono di identificare la plastica contenente un additivo pro-ossidante e di isolarla dalla plastica convenzionale.

    Sentenza Symphony Environmental Technologies e Symphony Environmental/Parlamento e a. del 31 gennaio 2024 (T‑745/20)

  • Il lupo, specie rigorosamente tutelata dalla convenzione di Berna, è stato oggetto di due sentenze della Corte di giustizia, in cui quest’ultima ha esaminato la direttiva «habitat». In Austria, alcune organizzazioni ambientaliste hanno contestato dinanzi a un giudice del Tirolo l’autorizzazione temporanea ad abbattere un lupo che aveva ucciso circa 20 pecore. La Corte ha confermato la validità del divieto di caccia al lupo in detto Stato membro, poiché in esso la popolazione di detta specie non si trova in uno stato di conservazione soddisfacente. Inoltre, in Spagna, un’associazione per la protezione del lupo iberico ha impugnato una legge della Comunità autonoma di Castiglia e León che qualifica il lupo come specie cacciabile a nord del fiume Duero (dove può essere oggetto di misure di gestione, mentre beneficia di una rigorosa tutela a sud di detto fiume). In risposta alle questioni sollevate da un tribunale spagnolo, la Corte ha negato che il lupo possa essere designato come specie cacciabile a livello regionale quando il suo stato di conservazione a livello nazionale è insoddisfacente.

    Sentenze WWF Österreich e a., dell’11 luglio 2024 (C‑601/22) e ASCEL, del 29 luglio 2024 (C‑436/22)

  • L’acciaieria Ilva, sita a Taranto, in Puglia (Italia meridionale), è una delle più grandi acciaierie d’Europa. I suoi significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona sono stati accertati nel 2019 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Varie misure per la riduzione del suo impatto sono state previste sin dal 2012, ma la loro attuazione è stata ripetutamente differita. Numerosi abitanti della zona attorno all’acciaieria hanno agito dinanzi alla giustizia italiana. La Corte di giustizia, adita da un Tribunale di Milano, ha considerato che non sembrano essere stati soddisfatti requisiti importati per la concessione e il mantenimento dell’autorizzazione all’esercizio, imposti dalla direttiva relativa alle emissioni industriali. L’esercizio dell’acciaieria dovrà quindi essere sospeso ove emerga che presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana.

    Sentenza Ilva e a., del 25 giugno 2024 (C‑626/22)

Società dell’informazione

L’Unione europea svolge un ruolo chiave nello sviluppo della società dell’informazione, nell’ottica di creare un ambiente favorevole all’innovazione e alla competitività proteggendo nel contempo i diritti dei consumatori e assicurando la certezza del diritto. Essa garantisce mercati digitali equi e aperti ed elimina gli ostacoli ai servizi online transfrontalieri nel mercato interno per assicurare la libera circolazione.


La Corte di giustizia nel mondo digitale

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  • Una legge italiana impone ai fornitori di servizi online stabiliti fuori dall’Italia, quali Airbnb, Expedia, Google e Amazon, obblighi amministrativi al fine dichiarato di garantire l’efficace applicazione del diritto dell’Unione. Tali fornitori devono, in particolare, iscriversi in un registro speciale, fornire relazioni sullo stato economico e versare contributi economici. Adita da un giudice italiano, la Corte di giustizia ha dichiarato dette misure incompatibili con il diritto dell’Unione. Essa ha ricordato che i fornitori di servizi online sono soggetti principalmente alla normativa dello Stato membro in cui sono stabiliti, nella specie l’Irlanda o il Lussemburgo. Gli Stati membri, come l’Italia, dove essi esercitano le loro attività sono tenuti al rispetto del principio di reciproco riconoscimento e, in generale, non possono imporre obblighi supplementari idonei a limitare la libera prestazione di detti servizi.

    Sentenze Airbnb Ireland e Amazon Services Europe (cause riunite C‑662/22 e C‑667/22), Expedia (C‑663/22), Google Ireland e Eg Vacation Rentals Ireland (cause riunite C‑664/22 e C‑666/22), Amazon Services Europe (C‑665/22) del 30 maggio 2024.

  • La Bytedance Ltd è una società che, attraverso le sue società figlie, fornisce la piattaforma di social network online TikTok. La Commissione ha designato la Bytedance come gatekeeper di un servizio di piattaforma di base, in applicazione del regolamento europeo sui mercati digitali (Digital Market Act), il che le impone di rispettare un complesso mirato di obblighi giuridici volto a consentire ad altre imprese di contestare il gatekeeper e ad impedire determinate pratiche sleali. Chiamato a pronunciarsi sul ricorso della Bytedance avverso detta decisione, il Tribunale dell’Unione europea ha ricordato che il legislatore dell’Unione ha adottato il regolamento europeo sui mercati digitali per migliorare il funzionamento del mercato interno. Constatando che i criteri previsti in detto regolamento, segnatamente il valore di mercato mondiale e il numero di utenti, sono soddisfatti nel caso di specie, il Tribunale ha concluso che la Commissione poteva correttamente ritenere che la Bytedance fosse un gatekeeper e ha quindi respinto il ricorso.

    Sentenza Bytedance/Commissione del 17 luglio 2024 (T‑1077/23)

Concorrenza, aiuti di Stato e tax ruling

L’Unione europea garantisce il rispetto delle norme a tutela della libera concorrenza. Le pratiche che hanno per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno sono vietate e possono essere sanzionate con ammende. Gli aiuti di Stato sono peraltro vietati se incompatibili con il mercato interno, e in tale materia i Trattati attribuiscono alla Commissione un’importante missione di controllo.


Il Tribunale – Garantire il rispetto del diritto dell’Unione da parte delle Istituzioni UE

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  • Il progetto di collegamento fisso dello stretto di Fehmarn prevede un tunnel sotto il Mar Baltico tra Rødby, sull’isola danese di Lolland, e Puttgarden in Germania. L’ente pubblico danese Femern A/S è responsabile del suo finanziamento, della sua costruzione e della sua gestione. La Commissione ha deciso che le misure finanziarie concesse alla Femern A/S dalla Danimarca costituiscono un aiuto di Stato, tuttavia compatibile con il mercato interno. La Danimarca e due gestori di traghetti, Scandlines Danmark e Scandlines Deutschland, hanno chiesto l’annullamento di detta decisione dinanzi al Tribunale dell’Unione europea. Quest’ultimo ha respinto i ricorsi, ritenendo che il vantaggio selettivo concesso alla Femern A/S rafforzi la sua posizione sul mercato dei servizi di trasporto rispetto alle altre imprese del mercato e incida sugli scambi tra gli Stati membri. Tuttavia, il progetto di collegamento fisso è di interesse europeo comune, apportando un contributo importante agli obiettivi della politica dei trasporti dell’Unione.

    Sentenze Scandlines Danmark e Scandlines Deutschland/Commissione; Danimarca/Commissione e Scandlines Danmark e Scandlines Deutschland/Commissione del 28 febbraio 2024 (T‑7/19, T‑364/20 e T‑390-20)

  • La Qualcomm, una società americana che fabbrica chip per telefoni cellulari e tablet, è stata accusata dall’Icera di praticare prezzi predatori. La Nvidia, dopo aver acquistato l’Icera, ha fornito nuove informazioni su tali accuse. Nel 2019 la Commissione europea ha inflitto alla Qualcomm un’ammenda di 242 milioni di euro per abuso di posizione dominante, accusandola di vendere chip sottocosto alla Huawei e alla ZTE per eliminare l’Icera, sua concorrente. Il Tribunale dell’Unione europea ha respinto la maggior parte degli argomenti della Qualcomm, fatta eccezione per il calcolo dell’ammenda. Il Tribunale ha dichiarato che la Commissione si era discostata, senza giustificazione, dai suoi orientamenti del 2006 e ha ridotto l’ammenda a 238,7 milioni di euro.

    Sentenza Qualcomm/Commissione del 18 settembre 2024 (T‑671/19)

  • Nel 2017 la Commissione europea aveva inflitto un’ammenda di circa 2,4 miliardi di euro a Google per aver abusato della sua posizione dominante su vari mercati nazionali della ricerca su Internet. La Commissione ha constatato che, in 13 paesi dello Spazio economico europeo (SEE), Google privilegiava, nei suoi risultati di ricerca, il proprio comparatore di prodotti rispetto ai comparatori di prodotti concorrenti. Infatti, i risultati di Google erano collocati in cima, valorizzati all’interno di «boxes» attraenti, mentre quelli dei concorrenti erano relegati in semplici link generici, spesso retrocessi dagli algoritmi. Il Tribunale dell’Unione europea ha sostanzialmente confermato detta decisione e la Corte di giustizia ha respinto l’impugnazione di Google e Alphabet, convalidando l’ammenda.

    Sentenza Google e Alphabet/Commissione (Google Shopping) del 10 settembre 2024 (C‑48/22 P)

  • Google ha lanciato la sua piattaforma pubblicitaria AdSense nel 2003. Detta piattaforma consente ai gestori di siti Internet di realizzare introiti visualizzando pubblicità legate alle ricerche degli utenti. Per utilizzare detto servizio, taluni editori di siti hanno dovuto firmare con Google contratti contenenti clausole che impediscono o limitano la visualizzazione di pubblicità concorrenti. Nel 2019, a seguito delle denunce di numerose imprese, tra cui Microsoft e Expedia, la Commissione europea ha inflitto a Google un’ammenda di 1,49 miliardi di euro per abuso di posizione dominante. Investito di un ricorso avverso detta decisione, il Tribunale dell’Unione europea ha dichiarato che la Commissione aveva commesso errori nel valutare la durata delle clausole e la quota di mercato da esse coperta e che essa non aveva, pertanto, correttamente dimostrato l’esistenza di una posizione dominante. Il Tribunale ha quindi annullato integralmente la decisione.

    Sentenza Google AdSense/Commissione del 18 settembre 2024 (T‑334/19)

  • Nel 2021 la Commissione ha constatato che le banche Deutsche Bank, Bank of America, Crédit Agricole e Credit Suisse (ora UBS Group) avevano partecipato a un cartello nel settore delle obbligazioni sovranazionali, sovrane e di agenzie emesse in dollari statunitensi («SSA Bonds»), scambiando informazioni sensibili e coordinando le loro strategie di negoziazione. La Commissione ha inflitto ammende alla Bank of America (12,6 milioni di euro), alla Credit Suisse (11,9 milioni di euro) e alla Crédit Agricole (3,9 milioni di euro), mentre la Deutsche Bank è stata esentata dall’ammenda per la sua collaborazione. Pronunciandosi sul ricorso della Crédit Agricole e della Credit Suisse, il Tribunale dell’Unione europea ha confermato l’accertamento dell’infrazione da parte della Commissione e ha mantenuto l’importo delle ammende inflitte nel 2021.

    Sentenza Crédit agricole e Crédit agricole Corporate and Investment Bank/Commissione e UBS Group e Credit Suisse Securities (Europe)/Commissione del 6 novembre 2024 (T‑386/21 e T‑406/21)

  • Nel 2018 la Vodafone, una società britannica di telecomunicazioni, ha annunciato alla Commissione europea la sua intenzione di acquisire le attività di telecomunicazione della Liberty Global in Germania, in Repubblica ceca, in Ungheria e in Romania. La Commissione europea ha dato il suo consenso nel 2019, a determinate condizioni. Temendo la posizione dominante della Vodafone su taluni mercati, tre imprese tedesche hanno adito il Tribunale dell’Unione europea per ottenere l’annullamento della decisione della Commissione. Il Tribunale ha respinto detti ricorsi, ritenendo che la Commissione avesse validamente considerato che le parti della concentrazione non sono concorrenti sui mercati interessati, vale a dire quello della fornitura al dettaglio di servizi di trasmissione di segnali televisivi in Germania.

    Sentenze NetCologne/Commissione, Deutsche Telekom/Commissione e Tele Columbus/Commissione del 13 novembre 2024 (T‑58/20, T‑64/20 e T‑69/20)

  • Le imposte dirette rientrano, in linea di principio, nella competenza degli Stati membri. Tuttavia, esse devono rispettare le regole di base dell’Unione europea, come il divieto di aiuti di Stato. Pertanto, l’Unione controlla la legittimità delle decisioni anticipate in materia fiscale («tax ruling») degli Stati membri che accordano alle imprese un trattamento fiscale particolare. Nel 2016 la Commissione europea ha ritenuto che alcune società del gruppo Apple avessero beneficiato, dal 1991 al 2014, di vantaggi fiscali costitutivi di un aiuto di Stato concesso dall’Irlanda. Tale aiuto riguardava il trattamento fiscale degli utili generati da attività della Apple al di fuori degli Stati Uniti. Nel 2020 il Tribunale dell’Unione europea ha annullato la decisione adottata dalla Commissione, ritenendo che quest’ultima non avesse sufficientemente dimostrato l’esistenza di un vantaggio selettivo a favore di tali società. Chiamata a pronunciarsi in sede di impugnazione, la Corte di giustizia ha annullato la sentenza del Tribunale e ha statuito definitivamente sulla controversia, confermando la decisione della Commissione. L’Irlanda ha concesso alla Apple un aiuto incompatibile con il mercato interno, avendo riconosciuto a detta impresa un trattamento fiscale che deroga alle norme irlandesi in materia di tassazione degli utili delle società non residenti. Detto Stato membro è pertanto tenuto a recuperare tale aiuto.

    Sentenza Commissione/Irlanda e a. del 10 settembre 2024 (C‑465/20 P)

Proprietà intellettuale

La normativa adottata dall’Unione europea per proteggere la proprietà intellettuale (diritti d’autore) e industriale (diritto dei marchi, protezione di disegni e modelli) accresce la competitività delle imprese favorendo un ambiente idoneo alla creatività e all’innovazione.


La proprietà intellettuale dinanzi al Tribunale dell’Unione europea

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  • Nel settembre 2021 la società Escobar Inc. (Puerto Rico, Stati Uniti) ha chiesto all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) la registrazione del segno denominativo Pablo Escobar come marchio dell’Unione. Il colombiano Pablo Escobar, deceduto nel 1993, è ritenuto un barone della droga e un narcoterrorista fondatore del cartello di Medellín (Colombia). L’EUIPO ha rifiutato la registrazione del marchio ritenendolo contrario all’ordine pubblico e al buon costume. Investito dalla società Escobar di un ricorso avverso detto rifiuto, il Tribunale dell’Unione europea ha confermato la decisione dell’EUIPO sottolineando che il nome di Pablo Escobar è associato al traffico di droga e al narcoterrorismo, cosicché il marchio sarebbe percepito come in contrasto con le norme morali fondamentali e con i valori indivisibili e universali sui quali si fonda l’Unione.

    Sentenza Escobar/EUIPO (Pablo Escobar) del 17 aprile 2024 (T‑255/23)

  • Il marchio dell’Unione europea Big Mac è stato registrato nel 1996 a favore della catena americana McDonald’s. Nel 2017, ritenendo che detto marchio non fosse stato oggetto di un uso effettivo per taluni prodotti e servizi, la catena di ristorazione rapida irlandese Supermac’s ha chiesto all’EUIPO di dichiararne la decadenza. L’EUIPO ha accolto la domanda della Supermac’s ma solo parzialmente. Non soddisfatta, la Supermac’s ha adito il Tribunale dell’Unione europea. Questi ha limitato ulteriormente la tutela conferita alla McDonald’s dal marchio Big Mac. La catena americana ha così perso detto marchio per gli alimenti a base di pollame e per i panini con pollo, per i servizi di ristorazione e il «drive-in», nonché per la preparazione di piatti da asporto. Il Tribunale ha ritenuto che la McDonald’s non abbia dimostrato di aver fatto, per detti prodotti e servizi, un uso effettivo del marchio Big Mac per un periodo ininterrotto di cinque anni nell’Unione.

    Sentenza Supermac’s/EUIPO McDonald’s International Property (BIG MAC) del 5 giugno 2024 (>T‑58/23)

  • Il 24 febbraio 2022, primo giorno dell’invasione russa su larga scala dell’Ucraina, Roman Gribov, guardia di frontiera ucraina sull’Isola dei Serpenti, nel mar Nero, ha emesso un grido di guerra contro le navi russe: «Русский военный корабль, иди на **й» («Russian warship, go f**k yourself» in inglese). L’Administration of the State Border Guard Service of Ukraine ha chiesto all’EUIPO di registrare come marchio dell’Unione europea un marchio costituito da detto grido di guerra e dalla sua traduzione inglese. L’EUIPO ha respinto tale domanda. Investito di un ricorso dell’amministrazione ucraina, il Tribunale dell’Unione europea ha confermato il rigetto. Esso ha ritenuto che tale frase, divenuta un simbolo della lotta dell’Ucraina contro l’aggressione russa, non sarebbe percepita come l’indicazione di un’origine commerciale.

    Sentenza Administration of the State Border Guard Service of Ukraine/EUIPO (RUSSIAN WARSHIP, GO F**K YOURSELF) del 13 novembre 2024 (T‑82/24)

  • Nel 2016 la società tedesca Puma ha ottenuto presso l’EUIPO la registrazione di un disegno o modello comunitario di scarpe sportive. La società dei Paesi Bassi Handelsmaatschappij J. Van Hilst ha chiesto all’EUIPO di dichiarare la nullità di detto disegno o modello sostenendo che, dodici mesi prima della presentazione della domanda di registrazione, la cantante Rihanna, appena nominata direttrice artistica della Puma, aveva pubblicato su Instagram immagini in cui indossava scarpe che mostravano un disegno o modello con caratteristiche simili. L’EUIPO ha ritenuto che il disegno o modello era stato reso pubblico prima della domanda di registrazione, il che ne giustificava l’annullamento. Il Tribunale dell’Unione europea ha respinto il ricorso della Puma contro la decisione dell’EUIPO e ha confermato che le immagini tratte dall’account Instagram di cui trattasi sono sufficienti a dimostrare la divulgazione del disegno o modello anteriore, poiché consentono di identificare tutte le sue caratteristiche essenziali.

    Sentenza Puma/EUIPO - Handelsmaatschappij J. Van Hilst (Scarpe), del 6 marzo 2024 (T‑647/22)

Politica commerciale

La politica commerciale comune è una competenza esclusiva dell’Unione europea, in forza della quale essa conclude, in particolare, accordi commerciali internazionali. Il fatto che l’Unione si esprima con una sola voce sulla scena mondiale la pone in una posizione di forza in materia di commercio internazionale. L’azione dell’Unione in questo settore deve tuttavia rispettare il quadro costituzionale dell’Unione.

  • Nel 2019 alcuni accordi UE-Marocco sulla pesca e sui prodotti agricoli sono stati estesi al territorio del Sahara occidentale senza il consenso esplicito del suo popolo. Il Fronte Polisario, riconosciuto dall’ONU come un rappresentante privilegiato del popolo saharawi, ha contestato le decisioni del Consiglio dell’Unione europea che approvavano detti accordi dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, che li ha annullati. Investita di un’impugnazione avverso le sentenze del Tribunale, la Corte di giustizia ha ritenuto che gli accordi violassero il diritto internazionale, poiché il popolo saharawi, titolare del diritto all’autodeterminazione, non era stato validamente consultato. Il suo consenso non poteva nemmeno essere presunto, poiché gli accordi non apportavano alcun beneficio concreto al popolo saharawi sotto forma di una compensazione finanziaria proporzionata che tenesse conto dello sfruttamento delle risorse naturali del Sahara occidentale e delle acque adiacenti ad esso.

    Sentenze Commissione e Consiglio/Fronte Polisario del 4 ottobre 2024 (cause riunite C‑778/21 P e C‑798/21 P; cause riunite C‑779/21 P e C‑799/21 P)

  • Un sindacato degli agricoltori francese ha contestato dinanzi all’amministrazione francese l’etichettatura dei meloni e dei pomodori coltivati nel Sahara occidentale. Detti prodotti venivano esportati nell’Unione europea indicando il Marocco come paese di origine, indicazione questa che la Confédération paysanne ha denunciato come ingannevole e contraria al diritto internazionale. Essa ha preteso un’etichettatura specifica recante la loro vera origine. La Corte di giustizia ha precisato che il Sahara occidentale è un territorio distinto da quello del Marocco ai sensi del diritto dell’Unione. Pertanto, i prodotti provenienti da detto territorio devono indicare la loro origine reale, ossia il Sahara occidentale, per garantire un’informazione trasparente ed evitare che i consumatori siano tratti in inganno. Tuttavia, la Corte ha anche dichiarato che gli Stati membri, come la Francia, non possono adottare unilateralmente divieti di importazione per prodotti non correttamente etichettati. Tale competenza è riservata esclusivamente all’Unione nell’ambito della sua politica commerciale comune.

    Sentenza Confédération paysanne (Meloni e pomodori del Sahara occidentale) del 4 ottobre 2024 (C‑399/22)

Migrazione e asilo

L’Unione europea ha adottato un insieme di norme per istituire una politica migratoria europea efficace, umanitaria e sicura. Il sistema europeo comune di asilo definisce norme minime applicabili al trattamento di tutti i richiedenti asilo e delle loro domande in tutta l’Unione.

  • Secondo la direttiva «qualifiche», le persone registrate presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) sono escluse dallo status di rifugiato nell’Unione europea. Tuttavia, tali persone devono, in linea di principio, ottenere lo status di rifugiato se l’assistenza o la protezione di detto organismo cessa. Nell’ambito di una controversia riguardante apolidi di origine palestinese, un giudice bulgaro ha adito la Corte di giustizia per chiarire i criteri che consentono di considerare cessata detta assistenza. La Corte ha sottolineato che, vista la situazione presente nella Striscia di Gaza, l’incapacità dell’UNRWA di fornire condizioni di vita degne o condizioni di sicurezza minime nella zona interessata costituisce una siffatta cessazione.

    Sentenza Zamestnik-predsedatel na Darzhavna agentsia za bezhantsite (Status di rifugiato – apolide di origine palestinese) del 13 giugno 2024 (C‑563/22)

  • La Corte di giustizia ha condannato l’Ungheria a versare una somma forfettaria di 200 milioni di euro e una penalità di 1 milione di euro al giorno per la mancata esecuzione di una sentenza da essa pronunciata in materia di asilo nel dicembre 2020. L’Ungheria non ha adempiuto gli obblighi ad essa incombenti con riferimento all’accesso alla procedura di protezione internazionale, al trattenimento dei richiedenti in zone di transito e all’allontanamento dei cittadini il cui soggiorno è irregolare. Astenendosi deliberatamente dall’applicare la politica comune dell’Unione, essa ha arrecato un pregiudizio grave al principio di solidarietà tra gli Stati membri e all’unità del diritto dell’Unione. Tale inadempimento inedito ed eccezionalmente grave trasferisce sugli altri Stati membri una responsabilità ingiustificata nell’accoglienza e nella gestione dei richiedenti asilo.

    Sentenza Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale II) del 13 giugno 2024 (C‑123/22)

Cooperazione giudiziaria

Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia comprende misure per promuovere la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri. Questa cooperazione si fonda sul riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e mira ad armonizzare i diritti nazionali al fine di contrastare la criminalità transnazionale garantendo la protezione dei diritti delle vittime, delle persone sottoposte ad indagine e delle persone detenute all’interno dell’Unione.

  • Un giudice italiano ha condannato un uomo, autore dell’omicidio della sua ex compagna, a versare un risarcimento ai familiari della vittima. Tuttavia, poiché l’autore era insolvente, lo Stato italiano ha versato un indennizzo soltanto ai figli della vittima e al suo coniuge. I genitori, la sorella e i figli della vittima hanno quindi adito un tribunale italiano chiedendo un indennizzo «equo ed adeguato». La Corte di giustizia, chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione della direttiva sull’indennizzo delle vittime di reato, ha dichiarato che un regime nazionale che esclude automaticamente alcuni familiari da qualsiasi indennizzo per il solo fatto che siano presenti altri familiari non garantisce un «indennizzo equo ed adeguato» per le vittime indirette. Un tale regime deve tener conto di altre considerazioni, come le conseguenze materiali derivanti, per tali familiari, dalla morte della persona deceduta o il fatto che essi erano a suo carico.

    Sentenza Burdene del 7 novembre 2024 (C‑126/23)

  • La polizia francese è riuscita ad infiltrarsi nel servizio di telecomunicazioni cifrate EncroChat, utilizzato su scala mondiale mediante telefoni cellulari criptati a scopi di traffico illecito di stupefacenti. Attraverso un server di Europol, l’Ufficio federale di polizia criminale tedesco poteva consultare i dati così intercettati, che riguardavano gli utenti di EncroChat in Germania. Dando seguito ad ordini europei di indagine emessi da una Procura tedesca, un tribunale francese ha autorizzato la trasmissione di tali dati nonché il loro utilizzo nell’ambito di procedimenti penali in Germania. Il Tribunale del Land di Berlino si è quindi interrogato sulla legittimità di tali decisioni. La Corte di giustizia ha risposto che un pubblico ministero può adottare, a determinate condizioni, un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già raccolte da un altro Stato membro. La sua emissione non richiede che siano rispettate le condizioni applicabili alla raccolta di prove nello Stato di emissione. Tuttavia, deve esistere la possibilità di un controllo giurisdizionale successivo sul rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate.

    Sentenza M.N. (EncroChat) del 30 aprile 2024 (C‑670/22)

Politica estera e di sicurezza comune

Strumento essenziale della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Unione europea, le misure restrittive o «sanzioni» sono utilizzate nell’ambito di un’azione integrata e globale che comprende, in particolare, un dialogo politico. L’Unione vi ricorre, segnatamente, per preservare i valori, gli interessi fondamentali e la sicurezza dell’Unione, per prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale. Le sanzioni cercano, infatti, di suscitare nelle persone o nelle entità che ne sono colpite un cambiamento politico o di comportamento nell’ottica di promuovere gli obiettivi della PESC.

  • Nel 2008 l’Unione europea ha istituito la missione civile Eulex Kosovo, per indagare sui reati e sulle persone scomparse o uccise in Kosovo nel 1999. L’anno successivo, essa ha istituito una commissione speciale, incaricata di esaminare le denunce presentate per violazioni dei diritti umani commesse da Eulex Kosovo nell’esercizio del suo mandato. A seguito delle denunce presentate da KS e KD, parenti prossimi di persone scomparse o uccise in Kosovo, detta commissione ha concluso che erano stati violati diversi diritti fondamentali. Successivamente, KS e KD hanno adito il Tribunale dell’Unione europea per chiedere il risarcimento del danno asseritamente legato alle indagini svolte durante la missione. Il Tribunale si è dichiarato manifestamente incompetente.

    A seguito di impugnazione, la Corte di giustizia ha chiarito le competenze dei giudici dell’Unione nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC). Essa ha dichiarato la propria competenza a interpretare o valutare la legittimità degli atti o delle omissioni rientranti nella PESC che non si ricolleghino direttamente a scelte politiche o strategiche (come, ad esempio, gli atti relativi all’assunzione del personale di Eulex Kosovo). Essa ha sottolineato che una siffatta interpretazione restrittiva dell’eccezione alla sua competenza giurisdizionale nel settore della PESC è conforme al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, riferendosi a tal riguardo alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. La Corte ha pertanto annullato parzialmente la decisione del Tribunale e ha dichiarato che i giudici dell’Unione sono competenti a pronunciarsi su una parte degli atti o dei comportamenti menzionati dai ricorrenti nei loro ricorsi per risarcimento danni.

    Sentenza KS e KD/Consiglio e a. del 10 settembre 2024 (cause riunite C‑29/22 P e C‑44/22 P)

  • Sempre nell’ambito della PESC, il Tribunale dell’Unione europea ha confermato la legittimità del divieto, adottato dal Consiglio dell’Unione europea, di fornire servizi di consulenza giuridica al governo russo e alle persone giuridiche, entità e organismi stabiliti in Russia (v. su tale medesima sentenza anche la rubrica «Diritti fondamentali» e il capitolo «Innovazioni giurisprudenziali»).

    Sentenza Ordre néerlandais des avocats du barreau de Bruxelles e a./Consiglio (T‑797/22, T‑798/22, T‑828/22)

La direzione della Ricerca e documentazione propone agli operatori del diritto, nell’ambito della sua Compilazione delle sintesi, una «Selezione delle sentenze più importanti dell’anno» e un «Bollettino mensile di giurisprudenza» della Corte di giustizia e del Tribunale.

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